GPII 1991 Insegnamenti - Le visite pastorali del Vescovo di Roma


1. Carissimi fratelli e sorelle, il brano evangelico odierno ci presenta folle numerose di malati e sofferenti che si stringono attorno a Gesù. Egli li conforta con la parola e, con gesti semplici ma eloquenti, li guarisce e li salva. Venuto dal Padre per annunciare e realizzare la salvezza di tutto l'uomo e di tutti gli uomini, Gesù mostra una particolare predilezione per coloro che sono feriti nel corpo e nello spirito: i poveri, i peccatori, gli indemoniati, i malati, gli emarginati. Egli si rivela così "medico dei corpi e delle anime", buon Samaritano dell'uomo, unico Salvatore dell'umanità. Nei confronti della suocera di Pietro, l'atteggiamento e il gesto di Gesù sono emblematici: "Accostatosi la sollevo, prendendola per mano", annota l'evangelista. Significative le conseguenze: "La febbre la lascio e si mise a servirli", per indicare da una parte che la guarigione è superamento del male e uscita dall'isolamento; e, dall'altra, restituzione ad una vita "piena" che mette in grado chi è risanato di servire gli altri e di seguire Cristo come discepolo.


2. Ma l'opera salvifica di Cristo non si esaurisce con la sua persona e nell'arco della sua vita terrena; essa continua nella Chiesa e attraverso la Chiesa, sacramento dell'amore e della tenerezza di Dio verso l'uomo. Inviando in missione i suoi discepoli Gesù conferisce loro un duplice mandato: quello di annunziare il Vangelo della salvezza e della pace e quello di "curare gli infermi". Fedele a questo insegnamento, la Chiesa ha scritto pagine bellissime e ha esercitato una presenza significativa nel mondo della sofferenza, specialmente attraverso gli innumerevoli santi della carità e le istituzioni e le opere da essi suscitate.

L'assistenza agli infermi è parte integrante della sua missione. I poveri e i sofferenti li avrete sempre con voi, ammonisce Gesù, e la Chiesa continuamente li incontra sulla sua strada, considerando l'uomo malato "via privilegiata" per incontrare Cristo.

Ciò è vero anche per questo nostro tempo nel quale, nonostante le molteplici acquisizioni della scienza e della tecnica permangono ancora antiche malattie e se ne evidenziano delle nuove. La condizione dell'uomo sulla terra, la sofferenza interiore, la lotta della quale abbiamo avuto eco nella confessione del giusto e paziente Giobbe, nella prima lettura di questa liturgia, suscita interrogativi inquietanti sul "perché" della vita e della morte, sul senso della malattia e della sofferenza e, non raramente, sulla paternità di Dio e il destino trascendente dei suoi figli. Si tratta di vere "lacerazioni" interiori che pongono domande esistenziali, alle quali l'azione pastorale della Chiesa deve rispondere alla luce della fede, avendo davanti agli occhi il Crocifisso, dove appare tutto il mistero salvifico di Dio Padre, che per amore verso tutti gli uomini non ha risparmiato il proprio Figlio.


3. La celebrazione del Sinodo pastorale diocesano e il progetto di una "nuova evangelizzazione" che da esso dovrà scaturire per gli anni futuri della Chiesa di Roma, non potrà trascurare un settore tanto delicato e urgente come quello del servizio ai malati e sofferenti, che sono porzione eletta del popolo di Dio. Ogni comunità ecclesiale dovrà sentirsi "responsabile" di questa pastorale. Non sono concepibili deleghe a poche persone o a gruppi particolari. Tutti e ciascuno, secondo i doni e le possibilità, sono chiamati a farsene carico, recando la luce del Vangelo e la forza della grazia a coloro che soffrono e a quanti si prendono cura della loro assistenza, siano essi familiari ovvero medici, infermieri, personale amministrativo e tecnico. E sempre con umanità, con dedizione generosa, con amore evangelico. Molti sono gli aspetti e le implicazioni di tale impegno. La comunità cristiana, infatti, è chiamata a lottare con tutte le forze contro ogni forma di malattia, favorendo la ricerca e il sano progresso; vigilando sempre pero che tutto ciò favorisca la salute integrale dell'uomo, la difesa e la promozione dei diritti fondamentali della persona, primo fra tutti quello della vita.

Questo implica uno sforzo di umanizzazione, soprattutto degli ambienti sanitari, che va coniugato con la proposta dei valori etici, umani e soprannaturali, specialmente là dove sono rinnegati o misconosciuti. Connesso con questo c'è l'impegno dell'evangelizzazione vera e propria, rivolto sia ai malati, in modo che vivano la loro esperienza alla luce dell'insegnamento e dell'esempio di Cristo Redentore, sia a coloro che li curano, affinché lo facciano con competenza, con coerenza, con ispirazione evangelica.


4. Le istanze appena ricordate devono trovare attuazione anche nella vostra comunità parrocchiale, dove sorge, tra l'altro, l'antico e glorioso Ospedale di S.

Spirito, in cui hanno operato grandi Santi della carità, tra cui San Camillo de Lellis, San Vincenzo Pallotti e la Beata Agostina, Suora della Carità. Inseritevi, attraverso prestazioni volontarie, nel servizio di assistenza; allargate il vostro cuore a tutti i malati del quartiere, affinché a nessuno manchi la consolazione e la speranza. Sono, questi, i pensieri che desidero condividere con voi, cari fedeli della Parrocchia di Santa Maria in Traspontina, in occasione di questa mia visita, come Vescovo e Pastore delle vostre anime. Insieme con l'Arcivescovo Monsignor Camillo Ruini, Pro-Vicario Generale, e con Monsignor Remigio Ragonesi, Vescovo Ausiliare del Settore Ovest, saluto tutti i presenti; in particolare il Parroco, Padre Enrico Pinci, e i suoi confratelli; soprattutto il Padre John Malley, Priore Generale dei Carmelitani, ai quali è affidata la cura di questa comunità parrocchiale.

Saluto gli appartenenti alle varie Associazioni cattoliche, delle quali ricordo l'Oratorio "Santa Maria in Traspontina", il Terzo Ordine Carmelitano, il Cammino Neocatecumenale, il Rinnovamento dello Spirito, la Legio Mariae presidio "Roveto Ardente". Saluto ancora le Religiose che prestano la loro preziosa collaborazione nell'ambito delle iniziative parrocchiali: le Operaie Parrocchiali, le Suore della Provvidenza e dell'Immacolata Concezione, le Suore di Maria Bambina e le Francescane Missionarie di Maria. A tutti dico: continuate a collaborare con i buoni Padri Carmelitani per condividere la vostra fede e per dilatare i rapporti di carità e di animazione cristiana verso tutti i fratelli. Amate la vostra Chiesa e mettetevi sotto il patrocinio della Madonna, che qui venerate col titolo di "Mater Intemerata", meglio nota come Santa Maria in Traspontina. In questa domenica, in cui la diocesi di Roma celebra la Giornata di preghiera e di offerte per le nuove Chiese, fate sentire la vostra solidarietà nei confronti delle nuove Comunità che sorgono in Roma e che non hanno ancora la propria Chiesa.

Siate vicini a coloro che sono impegnati a costruirne una propria, come punto di riferimento delle loro aspirazioni spirituali, religiose ed umane, come luogo dove, secondo il salmo responsoriale che abbiamo sentito poco fa, il "Signore risana i cuori affranti e fascia le loro ferite". Egli vi assista e vi sorregga! Al Consiglio pastorale e ai gruppi parrocchiali Voglio soprattutto ringraziare per questo incontro, per questi doni molto significativi e per la presentazione molto accurata, adeguata, della vostra comunità, dell'impegno dei parrocchiani e della parrocchia come comunità viva, come "comunità di comunità", comunità di famiglie, comunità di fede, comunità di generazioni. Ci ha detto il vostro parroco che questa parrocchia è molto legata a San Pietro, anzi, è una sosta per i pellegrini. Direi di più: molto in San Pietro dipende dalla parrocchia Santa Maria in Traspontina, specialmente per quanto riguarda le confessioni. Allora, devo ringraziarvi per questa buona vicinanza. E poi mi ricordo che San Pietro e la Madonna del Carmine sono per me luoghi tradizionali e consueti.

Da bambino ho vissuto in una cittadina e in una parrocchia dove vi era anche un monastero, un convento carmelitano, e dove ho imparato questa grande tradizione carmelitana che ha le radici nel Vecchio Testamento, col profeta Elia, e che poi si è rinnovata e ripristinata nel Medio Evo ed è arrivata sino a noi, fin qui, vicino al Vaticano, e fino a questo Papa che è legato a questa tradizione carmelitana dai suoi anni più giovanili. Allora, vi ringrazio per tutto, vi ringrazio per questo impegno dentro la parrocchia, impegno comunitario e personale: l'uno e l'altro si intrecciano, si completano. Poi vi ringrazio anche per tutto quello che la vostra parrocchia fa per i pellegrini di Roma e soprattutto per quelli che qui vengono da fuori città, italiani e non. Vi auguro una buona continuazione sotto la protezione della Madonna del Carmine, del suo "scapolare", come si vede nel Terzo Ordine Carmelitano.

Alle religiose E' stato detto tutto, non ci sarebbe niente da aggiungere... Forse una piccola cosa va aggiunta. Monsignor Ragonesi, che voi conoscete come Vescovo del Settore Ovest che circonda il Vaticano, dice: io sono il Vescovo più ricco di famiglie religiose nel mondo. E' un "capitalista" ..., ha un "capitale spirituale", perché il vostro "capitalismo evangelico" è questo, e voi lo rappresentate. E' quel "capitalismo" che non nuoce a nessuno, non toglie niente ai poveri, anzi, cerca di dare e di offrire tutto. Voi vivete con questa donazione completa, perfetta, che è propria di Gesù ed è anche propria del mistero trinitario.

Data: 1991-02-10
Domenica 10 Febbraio 1991

Angelus Domini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: C'è un terzo e un quarto mondo in cui permangono vastissime fasce di povertà e di miseria

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Ricorre oggi di frequente l'espressione "civiltà del lavoro", la quale, esclusa ogni enfasi retorica e senza alcun riferimento demagogico, ha un preciso, e certamente positivo, significato. Essa dice infatti che il lavoro, inteso e attuato secondo la sua autentica natura, costituisce uno dei fattori fondamentali della civiltà umana. All'origine del processo, che nei tempi moderni ha portato al riscatto e all'elevazione del lavoro, c'è non solo lo sforzo dell'uomo, ma anche, e decisivo, l'influsso della Rivelazione contenuta nell'Antico e nel Nuovo Testamento. Da essa si ricava tutta una serie di linee programmatiche, che ben possono qualificarsi come "il vangelo del lavoro". Qualunque sia il tipo di attività a cui l'uomo attende, essa ha sempre un'intrinseca dignità che va molto al di là del quadro economico e produttivo, per i valori umani e morali che esprime ed incarna. E' perciò necessario che l'uomo del lavoro abbia una concezione chiara ed illuminata dell'opera che svolge, ed è anche necessario che le condizioni in cui la svolge corrispondano alle sue esigenze di persona. A questo intendeva riferirsi Papa Leone XIII quando, nell'Enciclica "Rerum Novarum", affermava e sosteneva la dignità del lavoro e, quindi, inculcava il rispetto dei diritti di ciascun lavoratore.


2. Non c'è dubbio che, nel quadro storico della fine del secolo XIX, la "questione operaia" abbia avuto grande rilievo nella vita sociale, esasperando gli animi e portando talora ad atteggiamenti di rivolta contro forme e strutture del ciclo lavorativo che mortificavano precisi diritti. Era un quadro molto diverso da quello odierno. Ma ciò che conta è che il Pontefice già allora riconosceva le sacrosante ragioni dei lavoratori, e ai datori di lavoro ricordava il grave dovere di osservare la giustizia. Al tempo stesso, non mancava di richiamare a tutti la dignità del lavoro e il senso dell'austerità e del risparmio. "Dinanzi a Dio - egli scriveva - non è cosa che faccia vergogna né la povertà né vivere del proprio lavoro"; e portava l'esempio di Gesù, che "essendo Dio, volle apparire come figlio di un carpentiere e non ricuso di trascorrere lavorando la maggior parte della vita".


3. Oggi, in generale, le condizioni economiche e sociali del mondo operaio sono molto cambiate rispetto ai tempi di Leone XIII. Ma - come sapete - c'è, purtroppo, un Terzo e un Quarto Mondo, in cui permangono vastissime fasce di povertà e di miseria, con condizioni talvolta più disagiate di quelle dei ceti operai dell'altro secolo. Per questi Paesi il discorso del grande Papa conserva tutta la sua attualità ed applicabilità. Per i Paesi sviluppati, poi, rimane sempre valido il suo insegnamento circa la nobiltà del lavoro e la necessità di farlo corrispondere alla verità dell'uomo, che, secondo il volere di Dio creatore, col suo lavoro soggioga la terra ed insieme perfeziona se stesso. A questi pensieri ci abitui e ci formi Maria Santissima, dedita nell'intimità della famiglia ad un lavoro assiduo e discreto, accanto al suo sposo Giuseppe ed al divin Figlio Gesù.

Ai fedeli della parrocchia di Santa Maria in Traspontina Rivolgo un saluto particolare ai numerosi fedeli della Parrocchia romana di Santa Maria in Traspontina, dove questa mattina ho compiuto la visita pastorale. Carissimi, mi compiaccio con voi e col vostro Parroco per il fervore spirituale che ho potuto riscontrare nella vostra Comunità e vi esprimo il mio ringraziamento per questa ulteriore manifestazione della vostra partecipazione alla vita della Chiesa e per la devozione alla Madonna SS. ma, celeste Patrona della vostra Parrocchia.

Data: 1991-02-10
Domenica 10 Febbraio 1991

All'Ordine Teutonico in udienza - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nell'ottavo centenario della fondazione

Caro signore Gran Maestro! Cari fratelli, sorelle e confratelli dell'Ordine Teutonico! La fine delle celebrazioni per gli ottocento anni di esistenza dell'Ordine Teutonico ha creato l'occasione di un pellegrinaggio a Roma per manifestare al successore di San Pietro la vostra fedeltà e la vostra amicizia.

Il mio predecessore Clemente III, con il suo scritto "Quotiens postulatur" del 6 febbraio 1191, pose infatti i fratelli tedeschi della chiesa di Santa Maria a Gerusalemme sotto la protezione del Papa. Nel corso della storia i miei predecessori hanno ripetuto la loro benevolenza verso l'Ordine Teutonico, dando espressione di ciò fino nel nostro secolo. Nell'anno 1929 la Sede Apostolica ha ratificato la conversione dell'Ordine cavalleresco in un puro ordine ecclesiastico e ha sanzionato la subordinazione dell'Istituto delle Sorelle alla direzione del Gran Maestro. Infine nel 1965 anche il riattivato Istituto di confratelli è stato legalmente riconosciuto in via definitiva e annesso all'Ordine. Senza essere propriamente incorporati nell'Ordine i confratelli rappresentano un aiuto essenziale: collaborano ai lavori dell'Ordine e agiscono secondo i suoi ideali nella società di oggi.

Nella vostra opera per il Regno di Cristo sapete di avere l'obbligo di agire tenendo presente il fattore umano e sociale della particolarità della vostra origine, infatti dovete essere coloro i quali aiutano "l'uomo strada facendo" sotto il segno della Croce di Cristo. Ciò viene da voi realizzato con grande dedizione nell'assistenza ai bambini, ai giovani ed anche nell'aiuto agli anziani e ai malati. La piena coscienza dei valori che permangono, eredità della vostra storia, vi sia sempre chiara nel servizio agli uomini, uomini che sentono il bisogno di una patria spirituale-ecclesiale. Nell'ambito materiale dipende da voi cercare l'unione delle forze che hanno sempre davanti agli occhi il bene di tutti e che lo possano incoraggiare.

Tuttavia questo può essere possibile in modo ottimale, solo se i fratelli, le sorelle, così come i confratelli siano uniti sotto la direzione dell'intero Ordine, che collaborino e che intendano l'Ordine nella sua interezza, come una parte vivente di quella "Communio" che comprende tutta la Chiesa, come il Concilio Vaticano II e il Codex Iuris Canonici, a cui le regole dei fratelli e delle sorelle sono state or ora adattate, sottolineano.

Al mio sincero augurio per gli 800 anni trascorsi dalla fondazione dell'Ordine unisco la preghiera che nel futuro possiate vivere in modo ancora più intenso i valori dei vostri ideali. Questo richiede impegno verso Dio e la fede, così come una attiva difesa dei bisognosi e di coloro i quali sono caduti nella necessità.

Al giorno d'oggi l'umanità corre il pericolo di cercare sicurezza nel possesso, nel sapere, nella forza. Attraverso la testimonianza della vostra vita che avete consacrato a Cristo, dovete sfidare questa falsa sicurezza. Date un segno eloquente che solo Cristo è "la Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6).

La vostra presenza nella Chiesa e la vostra collaborazione nella proclamazione della lieta novella sono per me e per la pastorale dell'intera Chiesa incoraggiamento e gioia. Voglia Dio attraverso voi designare molti altri successori di Cristo nella vita dell'Ordine! Maria, Madre della Chiesa e modello della vita dell'Ordine, voglia farvi ottenere la gioia e il conforto di Cristo, suo Figlio. Per questo imparto con tutto il cuore a voi, a tutti i vostri fratelli, sorelle e confratelli dell'Ordine Teutonico la mia benedizione.

(Traduzione dal tedesco)

Data: 1991-02-11
Lunedi 11 Febbraio 1991

La messa per l'Opera Romana Pellegrinaggi e per l'UNITALSI nella festa della Vergine di Lourdes - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maria è il sostegno e la speranza dell'umanità in cammino verso la giustizia e l'imperturbabile pace

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Beati quelli che ascoltano la Parola di Dio e la vivono ogni giorno. Beati sono coloro che si aprono alla Verità della sua Parola e non perdono l'occasione che è loro offerta di essere trasformati dalla sua forza soprannaturale. Beati sono coloro che aderiscono con docile fiducia all'iniziativa del Padre celeste ed accolgono con fedele perseveranza il suo misterioso volere e non smarriranno la strada della vita.

Alle porte della Quaresima, ormai imminente, le parole, risuonate poc'anzi nella nostra assemblea liturgica, invitano i credenti alla conversione, invitano a fidarsi di Dio in ogni circostanza, soprattutto nei momenti drammatici, come quello che l'umanità vive attualmente. Esortano a spezzare la barriera del dubbio, dell'incredulità per accogliere la legge divina con generosità. Iddio è presente in mezzo al suo popolo e non fa mancare l'aiuto necessario per portare a compimento il suo disegno di salvezza. Egli è Padre, è sorgente di ogni misericordia: nulla può resistere alla potenza del suo amore. Beati noi se di Cristo si nutre la nostra speranza. Non ci verranno meno le forze per via, né sarà delusa l'attesa nel pellegrinaggio terreno.


2. "Beata Colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore". Questa sorprendente disponibilità al progetto dell'Altissimo ha segnato interamente l'esistenza della Vergine Ss. ma che oggi celebriamo in modo particolare. La sua vita, come ricorda il Concilio, è un continuo avanzare nella peregrinazione della fede. Ogni giorno, ogni momento Maria ripete il suo assenso incondizionato a Dio e per questa sua fede, vissuta con totale abbandono, Ella "brilla quale segno di sicura speranza e consolazione innanzi al peregrinante popolo di Dio fino a quando non verrà il giorno del Signore". Il "si" alla libera iniziativa del Padre l'ha resa Madre di Gesù e strumento nelle mani dell'Altissimo, per la salvezza dell'uomo. Ed ora, incoronata regina del cielo e della terra, Ella è sostegno e speranza del genere umano in cammino verso la vita senza tramonto, verso l'amore perenne, verso la giustizia senza ombre e l'imperturbabile pace.


3. Mi è particolarmente caro l'incontro odierno perché fa rivivere, nella sua cornice suggestiva di canti e di luci, l'atmosfera spirituale tipica della Grotta di Massabielle. A Lourdes, la presenza della Vergine tutta santa continua ad essere quasi sensibile, nel clima di costante preghiera e raccoglimento, nell'invito alla penitenza e alla conversione, nella fraterna comunione che si stabilisce tra i numerosi pellegrini e soprattutto tra gli ammalati. Quale Madre premurosa, Maria raduna i suoi figli, sani e malati, da ogni angolo della terra e a tutti offre Gesù il "frutto del suo grembo". Vi saluto cordialmente, carissimi fratelli e sorelle, che avete voluto prendere parte a così significativa celebrazione. Saluto specialmente voi, cari malati, e ad ognuno esprimo la mia sentita vicinanza spirituale. Ringrazio quanti, con premura e dedizione, vi assistono fisicamente e spiritualmente, medici, infermieri e barellieri, sacerdoti, religiosi e religiose e i numerosi volontari, soprattutto giovani, che, in vario modo, vi aiutano e condividono la vostra sofferenza. Saluto i dirigenti dell'UNITALSI e dell'Opera Romana Pellegrinaggi che con i loro collaboratori, come ogni anno, hanno promosso ed organizzato questa manifestazione in questa Basilica Vaticana. Torna sempre caro questo appuntamento annuale, carico di tensione spirituale non solo perché fa rivivere il clima di Lourdes e le emozioni del pellegrinaggio, ma soprattutto perché costituisce un'occasione di profonda esperienza ecclesiale e di palpitante devozione mariana.


4. "Come una madre consola un figlio, così io vi consolero". Queste parole del profeta Isaia ben si addicono anche alla Madre del Redentore ed assumono un tono quasi intimo come se Maria le indirizzasse ad ognuno di noi, specialmente a quanti sono più provati dalla malattia e dalla sofferenza. La Vergine consola i suoi figli conducendoli a Cristo; dona loro il Salvatore, il solo che realizza la vera pace e l'eterna salvezza. Non è forse questo il messaggio spirituale tipico di Lourdes?Il cuore di Lourdes è l'Eucaristia, cui tutto converge e da cui tutto promana. E' Gesù che passa ogni giorno benedicente fra i malati, è il Vangelo della conversione e della penitenza che là viene costantemente proclamato; è il comandamento dell'amore che si cerca di mettere in pratica quotidianamente.

Intimamente legato al mistero eucaristico è il ministero sacerdotale. I sacerdoti agiscono in nome di Cristo; sono chiamati ad accompagnare i fedeli nel loro itinerario spirituale. La fisionomia del pellegrinaggio ha il volto di una Comunità in cammino. Ai pellegrini ed ai malati che entrano più facilmente in dialogo con i sacerdoti nella comune fatica del viaggio deve apparire evidente la missione dei presbiteri, quali uomini di Dio, ministri dell'Eucaristia, testimoni della carità, profeti della speranza, animatori spirituali ricchi di umanità e dispensatori dell'amore misericordioso di Dio. Grazie al loro ministero, essi possono aiutare quanti accompagnano a recuperare la forza della fede, che è capace di aprire i sani e i malati agli orizzonti di Dio; possono incoraggiare quanti incontrano a sperimentare personalmente che l'amore è possibile, sostenendoli nel ripercorrere con Maria nella Chiesa gli itinerari del Vangelo.


5. Beata Colei che ha creduto!Beato chi vive la Parola del Signore!Si apra, carissimi fratelli e sorelle, il nostro cuore al mistero dell'amore di Dio,si converta la nostra vita alla ricchezza del suo perdono. Avremo così la gioia, avremo la luce, avremo la vita,poiché la misericordia divina si stende su quelli che lo temono. Per sempre. Maria, Immacolata Madre di Dio e degli uomini,ascolta la preghiera dei malati,esaudisci le nostre invocazioni,dona al mondo la pace;donaci Gesù, nostra vera pace. Amen!

Data: 1991-02-11
Lunedi 11 Febbraio 1991

Messaggio radio-televisivo per la "Campagna della Fraternità" in Brasile

Titolo: Solidarietà nella dignità del lavoro

Amati fratelli e sorelle in Gesù Cristo, cari Brasiliani!


1. Vi saluto cordialmente, in questo incontro, ormai tradizionale di inizio della Quaresima, con le parole di San Paolo: "Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio" (2Co 6,1). La grazia divina inonderà le nostre anime, sempre che non chiudiamo le porte del nostro cuore. Se vi sarà generosità nell'accogliere la sua grazia, il Signore si manifesterà nella condotta umana, in tutto l'immenso panorama delle realtà terrene che l'uomo e la donna sono chiamati a santificare.

E' proprio qui che si inserisce la Campagna di Fratellanza che oggi la Chiesa che è in Brasile si propone di iniziare con il tema: Solidarietà nella dignità del lavoro


2. Attraverso il suo lavoro, l'uomo è chiamato a dare un senso cristiano alle realtà temporali inserite, tutte, nell'ammirevole opera della creazione e della Redenzione del mondo. In questo senso, l'esempio di Gesù, che ha vissuto trent'anni a Nazareth lavorando, ricorda che il suo lavoro, simile a quello di tanti milioni di uomini in tutto il mondo, diviene un'impresa divina, in un'attività di redenzione, in un cammino di salvezza. Per questo, l'uomo deve cercare di affrontare il suo lavoro, non solo come lo strumento indispensabile per il progresso della società e il mezzo più valido per i rapporti umani, ma anche come un segno dell'amore di Dio per le sue creature e dell'amore degli uomini fra loro e verso Dio.

In Brasile, si usa dire quando si va al lavoro: "Vado a svolgere un servizio!". Questo è di importanza capitale al momento di dare una testimonianza valida di Cristo, e per scoprire che il lavoro quotidiano è mutua donazione, è aiuto, è solidarietà.


3. Queste considerazioni, amati fratelli, ci devono portare al fondamento di ogni lavoro umano degno di fronte a Dio: la libertà e la conseguente responsabilità nell'agire.

Il mondo creato e conservato dall'amore del Creatore, esige la garanzia che tutti, uomini e donne, di qualsiasi condizione sociale e culturale, possano attingere ai beni necessari per raggiungere il fine di santificazione proposto da Dio.

Per raggiungere tale fine "ogni uomo - scriveva Papa Paolo VI - ha diritto al lavoro, alla possibilità di sviluppare le proprie qualità e la propria personalità nell'esercizio della sua professione, ad un'equa rimunerazione che permetta "a lui e alla sua famiglia di condurre una vita degna sul piano materiale, sociale, culturale e spirituale"" (Enc. Octogesima Adveniens n. 14).

A questi diritti si accompagna quello ad una degna dimora; di condizioni di lavoro libere dall'insalubrità e dal rischio di incidenti e, allo stesso tempo, la garanzia della necessaria assistenza ospedaliera; il rispetto per il suo riposo e la stabilità dell'impiego. Parallelamente a queste condizioni, la donna deve poter esigere anche una maggiore considerazione della sua dignità, poiché non possiamo dimenticare che essa possiede una sua propria individualità, che va rispettata ed ammirata.


4. Si comprende quindi molto bene l'impazienza, l'angoscia e la preoccupazione di chi, con animo naturalmente cristiano, non si rassegna davanti alle ingiustizie personali e sociali: i beni della terra divisi fra pochi, le vite umane, che sono sante, perché vengono da Dio, trattate semplicemente come cose, per non parlare delle discriminazioni e delle intolleranze di ogni tipo.

Urge, per questo, considerare il senso di responsabilità, sia personale che collettivo. La Chiesa, da parte sua, ha sempre insistito perché si conosca e si diffonda il suo insegnamento in materia sociale. E' stato per questo motivo, che ho deciso di promulgare quest'anno una enciclica, per commemorare il centesimo anniversario dell'enciclica "Rerum Novarum", e proclamare il 1991: Anno della dottrina sociale della Chiesa.

Cari Brasiliani, in questo inizio di Quaresima, nel momento in cui ci prepariamo ad assistere ai principali avvenimenti della Redenzione umana, rivolgo il mio appello a tutti coloro che - come sottolinea il testo-base della Campagna della Fraternità - "prestano varie forme di servizio alla società (...)", tengano presente che collaborano "alla redenzione del mondo, nella misura in cui - questo servizio - fa crescere la fratellanza, promuove la giustizia e alimenta la solidarietà" (n. 177).

Che questa Quaresima, con i così ricchi propositi della Campagna della Fraternità, serva a rafforzare i vincoli di partecipazione fra voi tutti, cari fratelli del Brasile, e vi dia il senso soprannaturale delle realtà terrene che è compito di tutti santificare.

Per confermarvi in questi santi propositi di vita cristiana, imparto a tutti la mia Benedizione Apostolica: in nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.(Traduzione dal spagnolo)

Data: 1991-02-13
Mercoledi 13 Febbraio 1991




L'omelia a santa Sabina per il mercoledi delle ceneri - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Non possiamo qui vivere in altro modo se non ritornando a Dio"

"Ritornate a me con tutto il cuore".


1. così dice il Signore con le parole del profeta Gioele. Lo dice a tutti e al tempo stesso a ciascuno. Fa appello al cuore. Il cuore, cioè l'uomo interiore: l'"io" umano, unico e irripetibile. Proprio questo "io" deve ritornare. E' in esso che il processo del ritorno deve avere inizio e compimento. La penitenza ha, anzitutto, una sua dimensione interiore e personale.

Consiste nel "lacerare il cuore", non soltanto nel "lacerare le vesti".

E se, secondo le parole del profeta, dobbiamo ritornare al Signore "con digiuni, con pianti e lamenti", il punto decisivo, pero, rimane sempre "il cuore": l'uomo interiore!


2. Nel discorso della Montagna Gesù Cristo precisa questo aspetto ancora più chiaramente: "non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà".

Si tratta proprio di questo "sguardo del Padre". Si tratta del nostro restare "solo a solo" con Lui. Questo "restare segreto" nello spazio interiore del cuore umano è condizione per la "scoperta" del ritorno.

Per questo ritorno bisogna creare le condizioni. Si deve allargare lo spazio dello spirito umano affinché possa operare lo Spirito Santo. E' proprio Lui che continua a "convincere il mondo quanto al peccato". Il nostro mondo deve sperimentare la grazia di questa convinzione. Deve, quindi, aprirsi. Deve diventare penetrabile allo Spirito di Verità. Soltanto Lui, soltanto lo Spirito di Verità, può compiere in noi l'interiore trasformazione: la profonda trasformazione del nostro cuore.


3. Soltanto Lui può "convincere" il mondo quanto al peccato, mostrando il suo terribile mistero. Proprio questo mistero si trova al centro della penitenza. Esso è anche iscritto in tutto il tempo penitenziale della Quaresima. Il mistero del peccato è davvero terribile. L'apostolo Paolo ne presenta nell'odierna liturgia le tremende conseguenze. Esortando alla riconciliazione con Dio, egli scrive: "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo tratto da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio". Il peccato è contrario alla santità di Dio. Per togliere il peccato si è impegnata la stessa santità di Dio, la pienezza stessa dell'amore. Davvero è necessario lo spazio interiore, è necessario un grande "solo a solo" con questo Dio che ha rivelato in Cristo il suo amore "fino alla fine", perché si possa compiere in noi il ritorno, e così "diventare per mezzo di Lui giustizia di Dio". Dobbiamo, quindi, stare con Cristo nel Getsemani, nel mezzo della terribile sofferenza del Venerdi Santo e sul Golgota durante l'agonia, quando Gesù grida: "Perché mi hai abbandonato?", perché appaia pienamente agli occhi della nostra anima la vera misura del peccato. In Cristo questa misura diventa evidente dalla smisurata immensità del suo amore. E il grido "perché mi hai abbandonato?" è la definitiva espressione di questa misura, di questo amore col quale ci ha amati "fino alla fine".


4. così, dunque, il richiamo del Mercoledi delle Ceneri è rivolto all'uomo interiore. Ma nello stesso tempo, questo richiamo ha una risonanza esteriore, comunitaria. La Chiesa, come comunità, è chiamata alla penitenza, al ritorno.

L'uomo, infatti, è un essere sociale, e perfino ciò che in lui è più interiore si riflette sulla comunità e influisce su di essa. Basta rileggere, a questo proposito, i rispettivi brani della Esortazione sinodale sulla penitenza: "Reconciliatio et Paenitentia". Questa è l'esortazione di cui necessita il nostro tempo. La scomparsa dei sintomi della penitenza, ancor più la scomparsa dello spirito di penitenza, deve renderci inquieti. La penitenza, il ritorno, è la condizione per la salvezza spirituale degli uomini e delle società. La sua necessità non perde mai il suo valore e la sua attualità. "Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso", grida il Salmista. La penitenza è condizione di vera gioia. La Quaresima consiste nella preparazione alla gioia pasquale. Si tratta qui, davvero, della piena dimensione dell'esistenza umana sulla terra. Non possiamo qui vivere in altro modo, se non ritornando... ritornando a Dio. perciò in questo giorno, in cui la Chiesa inizia il digiuno di 40 giorni, ripetiamo con l'Apostolo:"Noi fungiamo... da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro". "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio". Amen!

Data: 1991-02-13
Mercoledi 13 Febbraio 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Le visite pastorali del Vescovo di Roma