GPII 1991 Insegnamenti - L'incontro del Vescovo di Roma con il clero della sua diocesi - Città del Vaticano (Roma)

L'incontro del Vescovo di Roma con il clero della sua diocesi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dal Concilio al Sinodo, la Chiesa del futuro

Monsignor Pro-Vicario, All'inizio, ha usato la parola "udienza". Questa volta "udienza" vuol dire che dobbiamo, noi Vescovi, e soprattutto il Papa, "ascoltare". E' udienza nel senso che noi non diamo l'udienza, ma la riceviamo. E' molto utile un'udienza così impostata, almeno una volta all'anno. In questa dimensione per me accade una volta all'anno, ma in altre dimensioni capiterà più spesso perché cerco di avere queste udienze particolari, preparandomi a ogni visita pastorale alle parrocchie e ascoltando i parroci e i loro collaboratori. così si arriva alla globalità di questa Chiesa romana. Devo dire che questo itinerario "per partes" è abbastanza lungo. Dopo dodici anni siamo oltre la metà. Ci aspetta ancora molto. Siamo nelle mani di Dio per arrivare alla seconda metà. Voglio assicurare tutti che vorrei essere presente in ogni parrocchia, in ogni comunità di base, perché la parrocchia è e deve essere comunità di base.

Questo non esclude altre caratteristiche presenti nei Paesi e nei Continenti e forse anche in Roma. Ma la comunità di base più tradizionale, più sperimentata e più qualificata è sempre la parrocchia. Si è sentita molto la presenza del Cardinale Poletti in questa assemblea e io devo aggiungere che lui era in Roma prima del mio arrivo. Quando sono entrato in una terra sconosciuta lui già sapeva tutto e mi ha guidato dappertutto. Mi ha aiutato in tutto. Rimane in me sempre una grande riconoscenza e un grande affetto per questo fratello nell'episcopato, per questo Cardinale Vicario di Roma. Auguro anch'io, come tutti voi, che sia un buon auspicio per il nuovo Vicario di Roma, per il momento Pro-Vicario. Penso che i grandi cambiamenti che si sono operati nella Chiesa di Roma a livello di Curia di Roma, a livello di Vicariato, sono stati operati nel segno della continuità. In questo senso sono stati capiti questi cambiamenti dall'opinione ecclesiale e dall'opinione pubblica.

E' una continuità a livello di Chiesa universale, ossia di Curia Romana con i suoi impegni, e a livello di Vicariato di Roma, ossia di Chiesa di Roma con i suoi impegni diocesani. Ringrazio Dio per questo clima, che è anche, si può dire, un esame, un esame positivo per la comunità cristiana di Roma e per il Presbiterio di Roma. Ritornando poi ai problemi, non possiamo prescindere dal Vaticano II. Io molte volte ritorno a questo evento, che è certamente un evento-chiave della nostra epoca, del nostro secolo. Il Vaticano II è stato un Concilio in cui la Chiesa si è espressa con tutta la sua esperienza: la Chiesa, come questa barca di Pietro, tormentata in diversi modi e in diverse epoche, anche nel nostro secolo, si è espressa attraverso il suo dolore, benché il tempo in cui si svolgeva il Vaticano II fosse abbastanza pacifico. Ma la situazione era tesa, molto tesa: la cosiddetta "guerra fredda" ha accompagnato l'opera del Concilio Vaticano II dall'inizio.

Tuttavia, grazie alla Provvidenza di Dio, si è potuto fare questa grande riflessione, questo grande atto di Magistero della Chiesa, nel quale si sono riassunte l'esperienza e la tradizione di quasi due millenni e si è fatto un progetto per il futuro. Il Vaticano II, come documento globale composto da più documenti di diverso carattere, è un grande progetto dottrinale e pastorale per la Chiesa del futuro. Io porto in me questa profonda consapevolezza, sicurezza che esso è stato opera dello Spirito Santo, il quale ci ha assistito, ci ha aiutato a fare questo Concilio, ad esprimerci così in quel momento. Ma adesso ci aspetta un altro compito, ossia l'attuazione successiva di questo Concilio, di questo progetto appunto: "Concilio-progetto". Come tante altre Chiese locali e particolari, qui abbiamo trovato il Sinodo come metodo per questa attuazione.

Ho ascoltato con molto interesse l'osservazione del Sinodo precedente, che era il primo, mentre l'attuale è il secondo: non ci sono molti Sinodi romani nella storia. Molte volte si pensa e si dice anche che quel primo Sinodo sia stato all'ombra del Concilio, sia stato piuttosto tradizionale, clericale, fatto solamente con criteri giuridici. Ma oggi abbiamo ascoltato una cosa molto interessante, molto positiva di questo Sinodo. Noi non possiamo prescindere, anche nell'attuazione e nei lavori dell'attuale Sinodo, da quello che è stato l'opera e il frutto del Sinodo precedente. Forse troppo facilmente si disprezza tale Sinodo, lo si ritiene una cosa già superata, non più attuale. Invece ha la sua attualità, perché anche in esso era presente lo stesso Spirito Santo che sempre assiste la sua Chiesa. Il nostro Sinodo è differente, non può essere uguale al primo.

Deve essere diverso a motivo del Vaticano II, perché il Concilio ci ha dato una nuova visione della Chiesa, una visione più adeguata, più aperta verso l'universalità del Popolo di Dio: universalità cattolica che si realizza nella Chiesa Cattolica e anche universalità umana, che si realizza in un certo senso in tutta l'umanità, perché tutti gli uomini hanno lo stesso Creatore e lo stesso Redentore: tutti sono creati da Dio Creatore, tutti sono redenti da Cristo Redentore. così l'ecclesiologia del Vaticano II finalmente trova la sua chiave interpretativa in questa verità principale della fede. Questo pone molti problemi di tipo ecumenico, riguardo al dialogo con le altre religioni, con le altre tradizioni spirituali, con tutti gli ambienti umani, con tutta la contemporaneità, in diverse dimensioni. Direi che questo spiega anche il nostro atteggiamento nei riguardi di questa guerra.

Noi non possiamo vedere questa guerra con i criteri solamente politici, anche se i principii della giustizia internazionale sono certamente importantissimi e devono essere seguiti. Noi vediamo questa guerra con i criteri che ci ha suggerito il Concilio Vaticano II. Sono i criteri della ricerca mutua, che deve diventare mutua fra le diverse parti dell'umanità, soprattutto tra le diverse religioni, tra le religioni monoteiste. Oltre le religioni, vi sono anche le realtà socio-economiche, socio-politiche. Sappiamo che il globo terrestre si divide in diversi "mondi", il Primo, il Secondo e il Terzo, e molti dicono, e già viene citato nella "Sollicitudo Rei Socialis", che esiste un Quarto mondo. La nostra preoccupazione è che la guerra può creare abissi più profondi tra questi mondi. Noi siamo preoccupati per la continuazione della nostra visione conciliare del mondo. Perché la Chiesa deve vedersi nel mondo e deve vedere il mondo attraverso la sua missione.

La nostra preoccupazione maggiore per il futuro è che i popoli, in conseguenza di questa guerra, possano diventare ancora più contrapposti, ancora più nemici, invece di camminare verso un'intesa, una solidarietà, possibilmente universale. Essi possono ora diventare più divisi, più opposti, più nemici. Tutti gli interventi della Chiesa e anche della mia persona, il mio ministero in questa materia, provengono da questa preoccupazione principale. Naturalmente il Sinodo è il Sinodo della diocesi di Roma, e qui si deve cercare la luce dello Spirito Santo per sapere come attuare questa visione della Chiesa che ci ha dato il Concilio nella nostra Chiesa di Roma: come si deve fare realtà questa visione. Le circostanze non sono del tutto positive, propizie. Sappiamo bene - e anche dalle parole ascoltate è emerso chiaramente - che ci sono tante circostanze negative, contrarie. Ma noi dobbiamo essere sempre i figli di Abramo, che "speravit contra spem".

Così si compie anche il nostro ministero quotidiano nella parrocchia, nelle diocesi, nella Chiesa universale, e così si deve compiere anche il nostro ministero sinodale, nonostante tutti questi fattori, questi parametri contrari che ci dicono sempre più dell'assenza del sacro, dell'assenza di Dio nel mondo umano.

Bisogna cercare di andare verso quello che è assicurato dalla nostra fede: l'Alleanza nuova ed eterna. Noi siamo un popolo dell'Alleanza. Dio è fedele alla sua Alleanza. Noi non ci appoggiamo sulle nostre ricerche, sui nostri sforzi, sui nostri talenti, sui nostri metodi; ci appoggiamo sull'Alleanza, su questa certezza che Iddio è fedele. Lo ha dimostrato nell'Antico Testamento, quando era ancora un'Alleanza antica e transitoria, e lo dimostrerà nel Nuovo Testamento, in cui c'è l'Alleanza nuova ed eterna. Siamo tutti servitori di questa Alleanza. Si parlava prima di "generali", con un linguaggio un po' "militare": si capisce bene, in tempo di guerra, anche un linguaggio un po' militare non nuoce...

Ma, per dire la verità, noi siamo soprattutto i "servi" di questa Alleanza, di questa fedeltà di Dio all'uomo. Ecco quello che volevo dire, apprezzando molto il nostro incontro, apprezzando tutte le parole, tutti i suggerimenti, tutte le valutazioni che abbiamo ascoltato, apprezzando soprattutto la possibilità avuta di essere stati insieme.

Data: 1991-02-14
Giovedi 14 Febbraio 1991

Il discorso ai vescovi del Piemonte e della Valle d'Aosta in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Imprimere uno slancio vigoroso all'evangelizzazione del mondo giovanile e col mondo giovanile

Carissimi Arcivescovi e Vescovi del Piemonte e della Valle d'Aosta!


1. Dopo i colloqui che ho avuto con ciascuno di voi, sono lieto di questo incontro collegiale, che mi consente di riflettere ancora con voi intorno alle principali indicazioni emerse e di tratteggiare alcune linee d'azione, sulle quali converrà orientare nel prossimo futuro l'impegno pastorale delle comunità delle due Regioni. Ma permettete che io esprima, innanzitutto, viva riconoscenza a Monsignor Giovanni Saldarini per i sentimenti manifestati a nome di tutti. Nell'allargare poi il mio saluto cordiale a voi, Pastori, desidero ringraziare il Signore per la ricchezza delle tradizioni cristiane e per i tanti segni di vitalità religiosa che si ritrovano nelle vostre terre. Penso ai sacerdoti, missionari e missionarie che, usciti dalle vostre Comunità, servono operosamente la Chiesa nelle varie parti del mondo o prestano una speciale collaborazione alla Santa Sede, a cominciare dal carissimo Monsignor Angelo Sodano, che ho recentemente chiamato al delicato incarico di Pro-Segretario di Stato.

E ringrazio il Signore anche per l'esperienza di comunione che Egli ci concede stamane a reciproco conforto nella quotidiana fatica dell'annuncio evangelico. Proprio questa è, infatti, la preoccupazione dominante in ciascuno di noi: come portare con rinnovata efficacia l'annuncio di Cristo al mondo contemporaneo, profondamente segnato dal secolarismo e dall'indifferentismo? Come riproporre in particolare ai giovani il radicale messaggio del Vangelo, nel quale soltanto è offerta la risposta pienamente appagante al loro cuore inquieto?Sono due questioni - una di ordine generale e l'altra specifica - tra loro connesse: questioni non facili, in considerazione anche delle differenze esistenti nell'area geografica e culturale, alla quale si volge il vostro ministero. Area non omogenea, in cui notevole è la differenza tra i grandi agglomerati urbani e le piccole, numerose comunità di montagna, di collina o di pianura.

Mentre nella grande e media parrocchia non mancano gruppi giovanili con i quali è possibile avviare un sicuro cammino di fede, nelle piccole parrocchie con un forte tasso di spopolamento e di invecchiamento mancano spesso i presupposti stessi per tentare esperienze di aggregazione giovanile. Sembra, inoltre, che oggi si profili un passaggio dalla vita di fede, un tempo intensa tra i giovani delle parrocchie di campagna, ad una promettente vitalità delle comunità giovanili dei centri urbani. Ne è conferma il fatto che proprio da queste provengono non poche vocazioni sia maschili che femminili.


2. Tenendo davanti agli occhi tale diversa situazione, voi vi siete chiesti come imprimere uno slancio vigoroso all'evangelizzazione del mondo giovanile e col mondo giovanile. Non ignorate, infatti, che una parte dell'odierna gioventù finisce col trasformare lo slancio che le è proprio in atteggiamenti di passività e di frustrazione, perché non riesce a superare con la desiderata "produzione attiva" della propria vita l'esperienza di vederla, invece, come "prodotta" da altri: dalla società che li condiziona, dalle reali prospettive offerte dal mercato del lavoro, dalle decisioni di chi sta in alto, dai rigidi meccanismi competitivi, ecc. Non pochi giovani, allora, cercano di evadere da simili costrizioni affidandosi a quella sorta di ideologia che è l'ottimismo tecnologico, in ciò favoriti dal grande sviluppo industriale della regione. Proprio per questo occorrono coraggio e chiarezza nel porre i nostri giovani di fronte alla domanda cruciale: cioè se la "novità", di cui sono alla ricerca, debba venire dalla macchina o non piuttosto dall'uomo.

Al riguardo la Chiesa ha parole decisive e positive da proporre all'animo giovanile: andando al nucleo del messaggio cristiano, essa può e deve tornare ad annunciare la "notizia" inaudita di Gesù, Verbo di Dio, che s'è fatto uomo per offrire agli uomini la possibilità di vivere, già su questa terra, da figli di Dio. Ad una società spesso alienata ed alienante Gesù è venuto a contrapporre la "famiglia" dei figli di Dio, che vivono con "un cuore solo e un'anima sola". E' compito dei cristiani costruire una società che non appaia né sia esterna od estranea, ma al contrario intima e ben compaginata: una società che sia comunità, anzi comunione.


3. Anche in Piemonte dilaga, purtroppo, l'equivoco tra il "bene" e il "benessere", ed i giovani, mediamente benestanti, possono in genere permettersi un notevole livello consumistico. Inoltre, per la sopraddetta importanza che il tecnicismo riveste nell'odierna cultura, essi sono portati ad identificare il "bene" con un vantaggioso inserimento nella burocrazia del lavoro. Conseguenza di ciò è che molti giovani pongono la propria autorealizzazione nel successo professionale, nell'avanzamento di carriera, nella conquista di un alto grado nella scala sociale. Tutto questo, pero, non basta, e voi stessi siete testimoni della delusione profonda con cui spesso essi reagiscono a una tale "sistemazione" delle loro attese. Non sarà perché volevano conseguire un "bene" più autentico e lo cercavano nella condivisione dell'amicizia, nella solidarietà ed anche, pur se in minor numero, nell'esperienza comunitaria della fede? Ai giovani in ricerca occorre far capire che solo Gesù è in grado, grazie al "lievito" del suo Vangelo, di rendere pienamente attuabili i valori umani a cui aspirano. Ai giovani già inseriti nell'esperienza cristiana si dovrà far apprezzare l'importanza di riconoscersi e di operare comunitariamente, soprattutto quando sono a contatto con i loro coetanei, rimasti lontani o ai margini della vita e dell'esperienza cristiana.


4. Nella gioventù di oggi si riscontrano non poche forme di agonismo, che non devono essere sottovalutate: in esse infatti s'esprime la tendenza ad esigere il massimo da se stessi, e ciò è certo una prerogativa apprezzabile in chi sta costruendo il proprio futuro. Tuttavia, non si può dimenticare che spesso la nostra cultura costringe i giovani ad una "quotidianità" piatta e insignificante perché è come una "convivenza col nulla". E purtroppo il loro tentativo di reagire a tale situazione mediante qualcosa di "non quotidiano" e di significativo si rivela non di rado disastroso - è il caso dell'abbandono all'esperienza distruttiva della droga - o almeno illusorio ed alienante. E' quanto avviene quando si proietta la ricerca del "significativo" nelle cose che stanno fuori di sé: il "nuovo modello" di moto o di macchina, il "nuovo" lavoro, la "nuova" casa, ecc. Bisogna avere il coraggio di proporre e riproporre ai giovani di oggi l'ideale cristiano nella sua integralità.

L'esperienza insegna che il loro animo è aperto al richiamo dei valori autentici, per i quali essi sono disposti ad affrontare sacrifici anche gravosi, quando sono aiutati a comprenderne la ragione nella logica cristiana della Croce.


5. Si avverte oggi tra i giovani - come sapete bene - un senso di sfiducia e di sconforto. Ne è segno, ad esempio, la grande esitazione di fronte alla natalità ed alla vita: non poche famiglie accettano "un" figlio più per appagare un loro bisogno affettivo che per esprimere un'autentica speranza nel futuro. Un altro segno di sconforto è la visione riduttiva e negativa della sessualità, che porta ad escluderne o ad ignorarne l'intrinseco ed ineliminabile collegamento con l'amore e con la vita. C'è una duplice, innaturale frattura nei messaggi più disinvolti della cultura attuale: frattura tra sessualità e persona e frattura tra sessualità e progetto di vita. Nella coscienza di tanti giovani il sentimento dell'amore, alterato e stravolto dalla dilagante "cultura del piacere", non è più visto come elemento costitutivo di una vocazione, nella quale uomo e donna sono chiamati a partecipare all'amore creativo di Dio.

Esso è vissuto piuttosto come spinta dell'istinto, da soddisfare nel disimpegno e nell'evasione dell'erotismo. Fortunatamente non è sempre così: molti giovani non dimostrano alcuna acquiescenza ad una simile e mortificante impostazione. Consci della vastità dei cambiamenti in atto, essi vogliono sentirsi protagonisti nell'instaurare con gli altri rapporti più ricchi di umanità. Sono perciò disponibili alle sfide che vengono da una proposta esigente, quando in essa riconoscono la possibilità di soddisfare le aspirazioni più profonde del loro animo. Non dobbiamo quindi temere di metterli di fronte al radicalismo della proposta evangelica. Né dobbiamo temere di proporre loro la virtù della castità cristiana secondo l'insegnamento della Chiesa, avallato dall'esperienza dei Santi.

San Domenico Savio e il Beato Pier Giorgio Frassati, figli della vostra terra, non sono forse esempi sempre validi da imitare?


6. Caduti certi "ideali" pseudo-rivoluzionari e venute meno le proposte ispirate ad un altruismo genericamente filantropico, si aprono oggi alla Chiesa nuovi spazi per offrire alla generosità giovanile il messaggio evangelico come solida base su cui costruire l'edificio di una fraternità, permeata di vero amore cristiano. A questo fine occorre mettere i giovani a contatto con la Sacra Scrittura, raccomandando l'adesione all'insegnamento della religione cattolica nella scuola, la frequenza ai corsi di teologia e di cultura religiosa promossi nell'ambito della diocesi o della parrocchia, la partecipazione ad esperienze comunitarie di "lectio divina" e di preghiera, il ricorso ai tanti sussidi didattici e catechistici, che anche nella vostra terra trovano una ricca fonte di produzione e diffusione. In questo mondo delle macchine, nel quale l'uomo rischia di smarrirsi, è necessario un "supplemento d'anima".

Solo la Sapienza, che viene dall'Alto, può dare senso pienamente umano alle prestazioni, pur mirabili, offerte dall'"intelligenza artificiale", che sta acquistando tanta importanza nella nostra civiltà. Occorre giungere ad una fede matura, che diventi passione missionaria, come fu per tanti Santi e Beati della regione e come continua ad essere anche oggi in provvide iniziative ed istituzioni. Per questa necessaria maturazione saranno di grande giovamento la "direzione spirituale", il ricorso frequente al sacramento della confessione, la mediazione educativa di alcuni "luoghi pedagogici", quali l'Azione Cattolica, i Movimenti ecclesiali e, in particolare, l'Oratorio, ambiente nel quale viene ricreato un clima favorevole per la prevenzione del male e viene proposto un progetto di educazione alla fede, in cui tutta la comunità, la famiglia e i giovani stessi possono essere protagonisti responsabili. Punto d'arrivo in questo impegno sarà la decisione gioiosa di andare ad annunciare Cristo come suoi testimoni, anche mediante la to tale consacrazione al Regno di Dio nella scelta sacerdotale o religiosa.


7. Ecco, venerati fratelli, alcune linee di pastorale giovanile che i colloqui avuti con voi mi hanno suggerito ed ho creduto bene parteciparvi, per confermare - se ce ne fosse bisogno - la profonda comunione che mi lega a voi e alle vostre Chiese. Prego il Signore che vi sia largo del suo conforto nelle quotidiane fatiche del ministero. Affido le vostre preoccupazioni e speranze alla materna sollecitudine della Vergine Santissima, che tanta devozione raccoglie tra i fedeli della vostra terra. La "Regina degli Apostoli" avvalori i generosi propositi che vi animano ed assicuri al vostro lavoro frutti copiosi di bene. Dal cielo vi assistano tutti i gloriosi Santi e Sante, che sono fioriti nelle vostre comunità cristiane. Con questi sentimenti ed auspici di cuore vi benedico.

Data: 1991-02-16
Sabato 16 Febbraio 1991

A dirigenti e giocatori dell'"Inter Calcio" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La responsabilità degli atleti di fronte ai giovani

Signor presidente della Società Calcistica "Inter Calcio", Signori dirigenti, allenatori ed atleti!


1. Siate i benvenuti a questa Udienza, che avete desiderata in occasione della vostra venuta a Roma per l'incontro di campionato. Il mio saluto a tutti voi, alle vostre famiglie, all'intera Associazione, unito all'auspicio di ogni bene e prosperità, mentre invoco dal Signore per voi il dono di una vita cristiana, vissuta alla luce del messaggio evangelico. Aggiungo l'espressione del mio apprezzamento per tutti gli appartenenti a codesta società calcistica dell'"Inter". Nessuno potrebbe negare l'interessante ruolo che codesta squadra ha avuto nella storia dello sport in Italia, né si possono sottovalutare i frequenti successi riportati nelle vostre competizioni.


2. Desidero profittare della vostra presenza per riflettere brevemente con voi sull'importanza dello sport nel nostro tempo. Lo sport professionistico, come a tutti è noto, ha oggi un grande significato, in considerazione delle dimensioni e dei riflessi che le competizioni hanno sulle folle.

Il "campione", come oggi si dice, diventa facilmente immagine-guida sulla quale spesso i giovani proiettano le proprie aspirazioni. E' stato detto che le visioni e le operazioni sociali di una generazione si possono trovare quasi codificate nello sport, specialmente in quello maggiormente praticato o amato. La tradizione sportiva entra, così, tra le componenti della cultura di una comunità e, di conseguenza, nel processo formativo delle generazioni più giovani.


3. In questo contesto siate soprattutto voi, Atleti, testimoni di valori, di quei valori che sono sottesi alle scelte etiche, e che guidano i passi e i programmi dell'uomo verso nobili ideali. Siate specialmente per i giovani dei "maestri" di vita, dei modelli esemplari a cui ispirare i loro progetti. Non cedete alla tentazione di una visione utilitaristica della vita. Fate si che molti possano riconoscere in voi e nel vostro comportamento autenticità e rettitudine a tutta prova. Con tali sentimenti a tutti imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1991-02-16
Sabato 16 Febbraio 1991

A studenti e professori della "Facoltà Libera di Filosofia" di Parigi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: così prenderete parte alla nuova evangelizzazione dell'Europa

Cari amici, Siate i benvenuti nella casa del successore di Pietro che voi avete così vivamente desiderato incontrare in occasione del vostro pellegrinaggio alle tombe degli apostoli. Vi ringrazio della vostra visita e dell'affezione che mi testimoniate.

Nell'ambito dell'istituto privato quale è la Facoltà libera di filosofia comparata, è vostro proposito attingere la vostra formazione dalle basi più salde della filosofia. Essa fa si che voi familiarizziate con la metafisica aristotelico-tomista che la Chiesa considera come fondamentale riferimento. Vi incoraggio a proseguire nel vostro tentativo di riflessione metodica e di studio critico delle correnti di pensiero, spesso diverse ed opposte fra loro, che vi si presentano. E' evidente che un esigente discernimento s'impone ad ogni cristiano ed in particolare a coloro che fra questi hanno accesso alla formazione universitaria.

Nel corso del nostro incontro, necessariamente breve, vorrei attirare la vostra attenzione semplicemente su due punti. In primo luogo, come voi ben sapete, il centenario dell'enciclica "Rerum Novarum" mi ha indotto a proclamare l'anno 1991 Anno della Dottrina sociale della Chiesa. Trovo che non sia fuori luogo richiamarlo alla memoria a studenti il cui principale centro d'interesse è la filosofia. L'insegnamento della Chiesa in materia sociale fa affidamento sull'analisi della natura umana e dei molteplici aspetti della vita sociale. Per avvalorare la pertinenza delle richieste che questa dottrina comporta, si rivela necessario riconoscere a pieno la dignità e la vocazione dell'uomo, persona creata da Dio e dotata della ragione, chiamata a svilupparsi nell'esercizio delle sue responsabilità d'essere sociale e nella solidarietà con il suo prossimo, e salvata dalla tentazione del peccato e dalla morte attraverso Cristo che si è sacrificato per la salvezza degli uomini. Siate sempre pronti alla riflessione, fondamentale per qualsiasi argomento legato all'insegnamento sociale; e, in base ai mezzi di cui disponete, contribuite attivamente al miglioramento dei rapporti sociali, all'impiego morale dei beni, all'esercizio delle responsabilità nel vostro quartiere in piena coscienza delle loro implicazioni umane.

In secondo luogo, è il vostro stesso pellegrinaggio, che, nel cuore di questa Chiesa, mi suggerisce tale riflessione e vorrei incoraggiarvi a mostrarvi membri sempre più attivi della comunità ecclesiale, proprio là dove voi vivete.

Rispondete con maggiore eco alla vostra vocazione di cristiani che riflettono ed approfondiscono le basi della loro fede, vissuta generosamente un comunione con i vostri fratelli e guidati dai Pastori delle vostre diocesi. Tenendo conto delle diverse sollecitazioni della vita moderna, i compiti che s'impongono ai cristiani d'oggi sono notevoli: è necessario che tutti siano uniti fra loro per dare testimonianza attendibile del Vangelo, per manifestare, un maniera visibile, la comunione nella quale il Cristo sacrifica le membra del suo corpo, per sviluppare lo spirito di preghiera, la partecipazione attiva alla liturgia e le iniziative d'apostolato e di servizio concreto che traducono la fedeltà dei discepoli di Cristo alla sua Parola. E' così che voi prenderete parte alla nuova evangelizzazione di cui l'Europa ha bisogno alle soglie del terzo millennio.

Cari amici, un pellegrinaggio è sempre un facile richiamo alla conversione. In questo inizio di Quaresima, prego il Signore affinché vi aiuti a seguirlo sempre più ardentemente, sul cammino della penitenza e della Croce, e nella gioia del mistero della salvezza completato dalla Pasqua. Domando per voi, per i vostri compagni e per i vostri parenti, la benevola intercessione di Nostra Signora, e v'imparto con tutto il cuore la mia Benedizione apostolica.

(Traduzione dal francese)

Data: 1991-02-16
Sabato 16 Febbraio 1991

Le visite pastorali del Vescovo di Roma

Titolo: Parrocchia di santa Dorotea in Trastevere

Ai giovani, alle giovani, Ai ragazzi e alle ragazze della comunità Questo quartiere di Roma ha già dietro di sé non solamente anni, ma secoli di storia. Lo si vede attraversando le strade strette, medioevali. E' molto bello. In questo momento, in questo luogo, lo stesso quartiere di Roma, la vostra parrocchia, Santa Dorotea Martire e giovane, anzi giovanissima. Sono qui radunati, con i genitori, i loro figli, i bambini, anche quelli giovanissimi, che non entrano nel quadro dell'asilo, poi quelli dell'asilo, quelli della scuola elementare, e poi quelli maggiori della scuola media, superiore, forse. Poi, naturalmente, ci sono i gruppi scouts, e non solamente i lupetti e le coccinelle, ma penso anche i superiori. Allora, così il quartiere si presenta giovane. Anzi, direi, che il quartiere si presenta giovane, grazie alla parrocchia. Almeno io lo credo. Ho visto qui degli strumenti, soprattutto quelli con i quali si suona, le chitarre. Ma poi ho sentito, che tanti vogliono essere strumenti, strumenti della pace. L'uomo non è troppo disposto ad essere strumento: lui vorrebbe essere autonomo, sovrano.

Ma qui si vede che cantano con entusiasmo, che vogliono essere strumento della pace, seguendo una grande tradizione di San Francesco. Qui ci sono i Francescani e la sua tradizione è presente come le sue parole. Strumento della pace: Gesù ha detto diversamente, ma nelle parole della sua predica della montagna - otto benedizioni - "benedetti gli operatori della pace". Ma lo stesso Gesù, si, si è fatto strumento, strumento di Dio, della nostra redenzione, della nostra salvezza eterna. Allora, essendo sovrani, essendo autonomi, essendo persone, possiamo anche essere strumento di un bene, come una verità, di un bene che è maggiore di noi. Anzi, questo fa la nostra dignità. Quando ci dedichiamo ad una finalità, ad uno scopo, che è maggiore di noi, che è superiore, e che serve agli altri, come adesso possiamo dire questo bene della pace, che può servire al bene dell'umanità. Giusta pace, certamente! Noi non siamo pacifisti, non vogliamo la pace ad ogni costo. Una pace giusta. Pace e giustizia. La pace è sempre opera della giustizia. "Opus iustitiae, pax".

Ma d'altra parte è anche frutto della carità, dell'amore. Non si arriva alla pace se non attraverso l'amore. Ecco, queste sono le prime riflessioni che mi vengono alla mente nell'incontro con questa parrocchia di Santa Dorotea, nella sua "faccia" più giovane. Vi ringrazio per l'accoglienza, per le parole che ho sentito, per i doni che ho ricevuto, ma soprattutto per la vostra presenza, e per la speranza che la presenza giovanile rappresenta per la parrocchia, per il quartiere, per la città, per la Nazione italiana e per tutto il mondo. E' bene che voi vi prepariate ai sacramenti, soprattutto alla Prima Comunione che deve portarvi, bambini, verso il frutto più benefico del vostro Battesimo. La Comunione eucaristica, la partecipazione piena alla Santissima Eucaristia è il frutto più adeguato del nostro Battesimo. Siete tutti battezzati da anni, adesso arriva il tempo per ricevere la Prima Comunione, mentre altri si preparano alla Cresima. Con questi sacramenti potete diventare strumento più maturo, più degno di questa verità che è verità divina ed umana insieme, che si esprime nella persona di Gesù Cristo, nel suo Vangelo, nelle sue benedizioni.

L'omelia durante la celebrazione eucaristica "Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto ed egli vi rimase 40 giorni tentato da Satana".


1. Con queste scarne parole l'evangelista Marco descrive la prova subita da Gesù, prima di iniziare la sua missione. E' una prova da cui il Signore esce vittorioso e che lo rende idoneo ad annunciare il Vangelo del Regno, chiamando tutti ad accoglierlo nella fede, in un atteggiamento di conversione, per diventare suoi discepoli. Carissimi fratelli e sorelle, nei 40 giorni della Quaresima, appena iniziata, anche la vostra comunità cristiana è sospinta dallo Spirito ad entrare nel deserto... In quel clima spirituale, cioè, dove attraverso l'ascolto assiduo della Parola di Dio, la preghiera intensa, la carità operosa, è dato ai battezzati di entrare in un più intenso dialogo con il Padre, che sta nei Cieli, per abbandonare gli "idoli" di questo mondo, per maturare le scelte coraggiose in ordine ad una autentica fedeltà alle esigenze evangeliche e per riscoprire una forte solidarietà con i fratelli.

Entriamo, dunque, in questo "tempo propizio" di purificazione e di illuminazione. Entriamoci tutti e usciamone rinnovati, seguendo Cristo nostra guida, nostro maestro e modello. Percorriamo questo "itinerario spirituale", lasciandoci condurre dallo Spirito, che vuol fare di ciascuno di noi una "nuova creatura", capace di annunciare e testimoniare il Vangelo a tutti gli uomini.


2. Il cammino nel "deserto", che la Chiesa è sospinta a compiere nei 40 giorni di Quaresima, acquista un ricco significato, uno spessore salvifico e comporta scelte impegnative di rinnovamento, che è opportuno porre in risalto. L'itinerario quaresimale prende le mosse da una forte convinzione di fede. Dalla consapevolezza, cioè, che nel cammino non si è soli e abbandonati a se stessi, ma si è condotti dallo Spirito. Quello stesso Spirito dato a Cristo e che è stato partecipato ai credenti nel battesimo, il primo dei sacramenti della nuova Alleanza. La prima lettura di questa celebrazione eucaristica in chiave profetica di figura e di annuncio, e la seconda, che ne dichiara l'adempimento in Cristo e nella Chiesa, offrono la giusta comprensione dell'evento compiutosi con il "passaggio" dalla morte alla vita, realizzato nel battesimo. Attraverso le acque del diluvio, Dio ha distrutto il peccato di ribellione degli uomini e ha dato origine ad una nuova umanità riconciliata con Lui.

Ne è conferma l'Alleanza fatta con Noè, simboleggiata nel segno dell'arcobaleno, quasi un arco da caccia che è stato appeso sulle nubi, per indicare una pacificazione universale e cosmica che non dovrà essere più turbata.

Si è di fronte ad una proclamazione della vittoria di Dio e della sua misericordia nei confronti di un mondo sempre tentato di ribellarsi a Dio e di fare a meno di Lui. La Quaresima, perciò, deve condurci a prendere sempre più coscienza di quanto lo Spirito, invocato nel battesimo, ha operato in noi, in modo che possiamo rinnovare con maggior consapevolezza, nella veglia pasquale, l'Alleanza battesimale e gli impegni che da essa scaturiscono. Come all'antico Israele peregrinante nel deserto, Dio offre al popolo della nuova Alleanza, che cammina verso la Pasqua eterna, i segni della benevolenza e della grazia che libera e salva, a condizione, pero, che l'uomo dica il "si" della sua fedeltà e dell'obbedienza alla proposta divina della salvezza.


3. Carissimi fratelli e sorelle della Parrocchia di Santa Dorotea, la liturgia odierna costituisce per la vostra comunità e per tutta la Chiesa di Roma, impegnata nel lavoro di preparazione al Sinodo diocesano, uno stimolante e impegnativo "programma" di vita. Anche il Sinodo, infatti, è e vuole essere un vero itinerario di purificazione e di illuminazione in vista di una più intensa comunione con Dio e con i fratelli da realizzare attraverso la preghiera, la penitenza e un più fedele e generoso servizio evangelico alla Città. Questa può essere davvero considerata come una specie di "deserto". Un luogo, cioè, nel quale si evidenziano da una parte i segni della presenza del Tentatore, che induce gli uomini ad allontanarsi da Dio, a cedere a molte forme di idolatria e di peccato, operando la disgregazione e la divisione; e, dall'altra, lo spazio nel quale il Signore continua a fare dono dello Spirito attraverso segni molteplici di misericordia, di grazia, di carità.

Anche il vostro quartiere è segnato da questa "ambivalenza".

Indifferenza religiosa, pluralismo ideologico, dovuto anche alla presenza di tanti turisti di fede diversa, molteplici forme di emarginazione sociale e di povertà lo caratterizzano. Tutto ciò reclama un rinnovamento nella fede, un più forte impegno missionario, un piano pastorale più organico e concorde per realizzare un servizio all'uomo evangelicamente ispirato. Sono molti i poveri che guardano alla vostra comunità parrocchiale come ad un punto di riferimento e ad un centro di accoglienza, di aiuto e di sostegno, sia materiale che spirituale. Qui, tuttavia, sono ancora vive le orme dei molti Santi che vi hanno dimorato, lasciandovi le vestigia della loro testimonianza e del loro amore ai poveri, agli emarginati, ai giovani: San Giuseppe Calasanzio, San Gaetano da Thiene, Santa Paola Frassinetti, e San Massimiliano Kolbe, il Padre Conventuale polacco, che ha qui più volte sostato in preghiera e che onora la Chiesa e il suo Ordine con la sua fedeltà a Cristo e all'uomo, fino all'olocausto della sua vita. Seguite le loro orme per rispondere alle antiche e nuove povertà che è dato oggi incontrare nelle strade del vostro quartiere.

Fatelo soprattutto "insieme", sentendovi e operando come comunità, evitando la tentazione dell'assenteismo o della delega a poche persone. Create sempre più un clima di fraternità tra voi e di corresponsabilità, facendovi carico dei progetti pastorali della parrocchia, incrementando gli organismi collegiali di partecipazione e promuovendo iniziative di solidarietà e di condivisione con chi è nella difficoltà e nel bisogno.


4. Nello spirito di queste riflessioni quaresimali, insieme al Pro-Vicario Generale, l'Arcivescovo Monsignor Camillo Ruini, e al Vescovo Ausiliare del Settore Centro, Monsignor Filippo Giannini, saluto tutti voi, cari fratelli e sorelle, augurandovi un fruttuoso cammino di fede. Saluto in particolare specialmente il caro Padre Lanfranco Serrini, Ministro Generale dell'Ordine Francescano dei Frati Minori Conventuali, il Parroco, Padre Sebastiano Botticella, e i Religiosi suoi collaboratori i quali hanno la cura pastorale di questa zona del centro storico di Trastevere. Esprimo il mio compiacimento a tutti i membri degli Istituti Religiosi che hanno la loro Casa nell'ambito della Parrocchia e che offrono la loro preziosa collaborazione nell'opera di evangelizzazione capillare di questo quartiere. Mi è caro raggiungere col pensiero colmo di gratitudine i Gruppi rispettivamente del Consiglio Pastorale, della Catechesi, dell'Assistenza caritativa e dell'Azione Cattolica per la testimonianza cristiana, che essi offrono con grande fervore spirituale.


5. "Le vie del Signore sono verità e grazia". Carissimi, il tempo di Quaresima vi apre un cammino e traccia le vie per percorrerlo. Anzitutto le vie della verità, di una adesione più consapevole alla verità evangelica, per farvene testimoni e annunciatori per una "nuova evangelizzazione". E poi le vie della grazia, quelle cioè di una più attiva e fruttuosa partecipazione ai sacramenti, per vivere da uomini nuovi, capaci di rinnovare il mondo. Dio vi guidi e lo Spirito vi sostenga.

In questa Quaresima e sempre! Amen! Al consiglio pastorale, alle donne e agli uomini dell'Azione Cattolica, alla Fraternità dell'Ordine Francescano Secolare Vorrei ringraziare per questo discorso che era bellissimo nella sua parte descrittiva, nella sua seconda parte, che potremmo definire programmatica, e anche nella terza, che era una confessione pastorale. Vorrei aggiungere che neanche io sono romano di origine, ma per me è una consolazione sapere che nemmeno Pietro lo era. Un'altra consolazione, che si riferisce all'insieme della situazione, è che questo programma è pensato molto bene. Ascoltando queste parole ho pensato: la vecchia Roma, questo Centro antico, Trastevere. Se la gente viene a Roma, come turisti e pellegrini, dove va? Va nei nuovi quartieri? Viene qui. Cerca la vecchia Roma. Questa deve essere una consolazione e un conforto per i cittadini della vecchia Roma, perché la gente non cerca un archivio, ma cerca una testimonianza. Voi vivete dentro una grande testimonianza fatta dalle costruzioni, dalle case, dalle Chiese, dai Santi. Vivendo fisicamente, quotidianamente in questa grande testimonianza della vecchia Roma, una Roma prima pagana e poi cristiana, la Roma di Pietro e Paolo e di tanti Santi e Sante, come la vostra Dorotea, voi dovete sentirvi testimoni, partecipi, consapevoli di questa testimonianza.

Coraggio, nonostante tutte le difficoltà e tutto quanto può opprimere, nonostante tutto questo, coraggio.

Ai carcerati di "Regina Coeli" Carissimi fratelli di "Regina Coeli"! Trovandomi vicino a voi, durante la visita pastorale alla parroc chia di Santa Dorotea in Trastevere, desidero inviarvi un cordiale saluto, avvalorato da una particolare preghiera. Saluto il Direttore, le Vice-Direttrici, l'Ispettore distrettuale, i membri della Polizia Penitenziaria, i volontari e le volontarie, le suore e tutte le categorie che operano per voi. A tutti esprimo il mio ringraziamento e il mio apprezzamento. Voi sapete che io vi amo e vi seguo con affetto. Conosco le vostre sofferenze e i vostri disagi, come pure le preoccupazioni delle vostre famiglie e dei vostri cari. Sappiate valorizzare questo tempo di privazione della libertà per una riflessione profonda sulla vostra vita e sul vostro futuro. Abbiate il coraggio, qualunque sia la vostra situazione, di cambiare il vostro cuore. Chiedete a Cristo, anche Lui imprigionato, la forza di portare con amore la vostra croce. Vi auguro che arrivi presto il giorno in cui potrete riacquistare la libertà e tornare in seno alle vostre famiglie.

La Chiesa ha sempre avuto per le persone che vivono nel carcere un amore particolare e leale. Sapete per esperienza come i Cappellani vi amino e, nei limiti delle loro possibilità, vi aiutino, condividendo i giorni della vostra attesa e della vostra speranza. Siamo in tempo di Quaresima. Sappiate anche voi, in questo periodo di preparazione alla Pasqua, stare vicino a Cristo che soffre per amore degli altri, e che risorge per la loro gioia e per la loro liberazione.

Vi benedico di cuore tutti.

Agli abitanti del quartiere A tutti i trasteverini, voglio ringraziarvi per la buona accoglienza e augurare una buona Quaresima, una buona preparazione alla Santa Pasqua, alle vostre famiglie e a tutti i cittadini di Trastevere, non solamente a quelli di questa parrocchia.

Data: 1991-02-17
Domenica 17 Febbraio 1991





GPII 1991 Insegnamenti - L'incontro del Vescovo di Roma con il clero della sua diocesi - Città del Vaticano (Roma)