GPII 1990 Insegnamenti - Messaggio per il V centenario di evangelizzazione dell'Angola

Messaggio per il V centenario di evangelizzazione dell'Angola

Titolo: Il popolo angolano ha diritto di trovare la pace che merita

Venerabili fratelli nell'episcopato.

Con sentimenti di profonda gioia e gratitudine desidero unirmi a tutto il popolo dell'Angola, specialmente a tutti i cattolici di questa amata Nazione africana, in occasione delle celebrazioni del V centenario della prima evangelizzazione dell'Angola, fissate per il prossimo 18 novembre.

La divina Provvidenza ha voluto che queste commemorazioni coincidessero con avvenimenti di particolare significato tanto per la storia della Chiesa nel vostro Paese, quanto per tutta la Nazione che, nel contesto universale dei popoli, si prepara anch'essa all'avvento del terzo millennio dell'èra cristiana. Da un lato, pertanto, la mia gioia e il mio ringraziamento sono rivolti alla crescita della fede per l'espansione dell'evangelizzazione nella vostra terra. Per questo è valido l'invito dell'apostolo Paolo: "Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo, come l'avete ricevuto, ben radicati e fondati in lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato" (Col 2,6-7).

D'altro lato, con lo sguardo già rivolto a questa fine di secolo, la commemorazione del V centenario dell'evangelizzazione dell'Angola deve esprimere la preparazione di un popolo "ben disposto" (Lc 1,17) davanti alle sfide di un tempo nuovo. Tempo di rispetto della dignità di ognuno e tempo di unità; tempo di dialogo solidale e di rispetto reciproco; tempo di progresso di tutte le culture con spirito umano e fraterno. Per tutto questo faccio voti ferventi, affinché il popolo angolano trovi la pace che merita e alla quale ha diritto.

So bene che non è facile riuscire a far si che la convivenza umana si ispiri all'amore e non all'odio o all'indifferenza, ma è necessario convincerci che non ci sarà pace fra gli uomini se non ci sarà, allo stesso tempo, la pace dei cuori a illuminare la ristrettezza della mente umana e a spegnere l'egoismo e le invidie reciproche.

Allo stesso tempo, noi cristiani abbiamo un debito di amore accettato liberamente con la chiamata della grazia divina: nonostante la nostra fragilità, sforziamoci per far diventare il mondo più unito e più fraterno, praticando la giustizia, rendendola più grande attraverso la grazia della carità, per permettere che tutti gli uomini conoscano e amino il Dio unico e vero.

Ma per questo, desidero ricordare a tutti gli uomini di buona volontà di questa amata terra di Angola che siete voi gli artefici di questa pace; siete voi i costruttori di un futuro felice per le vostre famiglie e per il progresso umano e spirituale, in armonia con le tradizioni socio-culturali che già formano secoli di storia.

Chiedo, per questo, a Dio onnipotente che mandi la sua luce affinché illumini tutti e tutti si lascino illuminare da essa, disposti a formare un popolo unito sotto lo sguardo del Creatore. Con l'intercessione della nostra Madre celeste, la Regina della pace, invoco per tutti i miei fratelli nell'episcopato e per le loro diocesi, nelle quali sono compresi i sacerdoti, i religiosi e le religiose insieme con tutto il popolo dei fedeli, la protezione dell'Altissimo e vi concedo con grande piacere la mia particolare benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 18 novembre 1990, dodicesimo di Pontificato.

Data: 1990-11-18

Domenica 18 Novembre 1990

All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Signore conceda la pace a tutti i popoli del Medio Oriente

Carissimi fratelli e sorelle.

Oggi desidero invitarvi ad elevare con me una preghiera al Signore, affinché conceda il dono della pace a tutti i popoli del Medio Oriente. Alcuni di essi portano da anni un pesante fardello di sofferenze e di ingiustizie, di fronte alle quali nessuno può restare indifferente. In quella regione, molte giovani generazioni non conoscono ancora il bene fondamentale della pace: finora hanno potuto solamente sperimentare la violenza, con le sue penose conseguenze di dolore, di incertezza e di paura.

Il mio pensiero va, in primo luogo, alla Terra Santa, così cara al cuore di ogni cristiano. Chiediamo insieme al Signore di ispirare a quanti hanno responsabilità un'autentica volontà di pace, così che - con l'aiuto della comunità internazionale - il popolo palestinese e il popolo israeliano possano conseguire la giustizia e la sicurezza a cui aspirano.

La nostra solidarietà si rivolge poi alle popolazioni del Libano, ancora recentemente provate dalla guerra e che chiedono di poter vivere in un Paese finalmente pacificato, libero e sovrano. Iddio esaudisca tali voti e illumini i responsabili delle nazioni, affinché vogliano favorire un ordine internazionale in cui ogni popolo si senta rispettato e possa contribuire al progresso dell'unica famiglia umana! Anche la situazione del Golfo Persico continua a essere motivo di grave preoccupazione e angoscia. Dio misericordioso dia luce e forza a chi è chiamato a rispettare i principi etici, che debbono essere alla base delle relazioni fra gli Stati, e conceda all'umanità di non conoscere gli orrori di un nuovo conflitto! Il Signore ispiri in tutti la convinzione della necessità di ricercare sinceramente un dialogo onesto e aperto! La pace è un bene di tutti e ogni uomo di buona volontà deve sentirsi impegnato a conservarla, là dove essa è minacciata.

Desidero infine fare appello alla sensibilità umana di coloro che sono in grado di porre termine, al più presto, alle sofferenze di chi è stato colpito dalla crisi e dalle misure che l'hanno seguita. E' un appello in favore di quelle popolazioni civili, soprattutto dei bambini e degli ammalati, come pure delle persone coinvolte loro malgrado nella dolorosa vicenda e colà ingiustamente trattenute.

Affidiamo fiduciosi queste nostre intenzioni alla Vergine santissima, Madre della misericordia e Regina della pace.

La Giornata delle Migrazioni e la Giornata delle Claustrali Per iniziativa della Conferenza episcopale Italiana, si celebra oggi la "Giornata Nazionale delle Migrazioni", che ha per tema: "Vangelo, messaggio senza frontiere". Vi invito a unirvi con me nella preghiera per la soluzione dei numerosi problemi spirituali e sociali, nei quali si dibattono gli emigranti, che vivono il dramma della lontananza dalla propria patria e dai propri familiari.

Adoperiamoci tutti perché essi abbiano a ritrovare nei luoghi di immigrazione quel senso concreto di solidarietà che il Vangelo esige. Ogni uomo di qualunque nazione, lingua e religione sia accolto come fratello e rispettato nella sua dignità di persona umana.

Desidero ancora ricordare che mercoledi prossimo, 21 novembre, sarà celebrata la "Giornata per le Claustrali". Confortiamo con la nostra preghiera queste anime generose, le quali nel silenzio e nella contemplazione orante danno gloria a Dio e impetrano la salvezza di tutti gli uomini.

Data: 1990-11-18

Domenica 18 Novembre 1990

Alla parrocchia di S. Maria in Domnica - Navicella (Roma)

Titolo: Dedizione totale, coraggio e impegno fino alla venuta del Regno

(Ai bambini e alle suore:) Sono molto lieto di trovarmi dopo tanti anni in questa chiesa di Santo Stefano Rotondo perché l'ho sempre amata sin da quando ero giovane, un po' meno giovane di questi ragazzi, ma sempre giovane. Mi rallegro che in questa chiesa posso incontrare le anime consacrate, le suore, le religiose di diverse famiglie che qui rappresentano il loro carisma, la loro vocazione ad essere un segno del regno dei cieli sulla terra. Pur essendo segno del regno dei cieli, loro sono molto vicine alla terra, ai problemi della terra, alle vicende umane, alla sofferenza umana e sono molto vicine alle famiglie e ai bambini.

Mi rallegro di trovare qui anche i bambini della scuola dell'asilo, del periodo pre-scolastico. Ho ascoltato buoni oratori e ho imparato anche qualche cosa. Per esempio mi hanno detto che vedono spesso il Papa in televisione. Io devo dire che lo vedo molto poco. Ma questo mi dà già qualche consolazione. Se voi lo vedete, questo mi basta. Io ne sono dispensato.

Ho sentito una cosa che mi piaceva molto e cioè che i bambini si impegnano molto in diverse materie scolastiche e anche nella catechesi. Questo "anche" mi piace e deve essere un "anche" sottolineato due volte. Ci vuole impegno nella catechesi, per accettare la parola di Dio, per accettare tutto quello che vi prepara a una vita cristiana sempre più matura, che vi prepara alla vita con Gesù e in Gesù Cristo, e alla partecipazione della vita di Dio stesso. E' ciò che Gesù ci porta. Egli ci porta tanti insegnamenti, tanti orientamenti, tanti consigli, raccomandazioni per un buon cammino della vita umana. Ma ci porta di più, ci porta una partecipazione alla vita della santissima Trinità. E' una cosa che supera le nostre umane intelligenze, ma che comprendiamo, accettando Cristo sacramentalmente. Nell'Eucaristia entriamo in questa realtà soprannaturale. Sono infine lieto di trovare qui, insieme con i bambini, anche i loro genitori, come anche le altre persone delle loro famiglie, gli insegnanti e le maestre. Saluto tutti di cuore e tutti ringrazio per quello che fanno per la formazione dei bambini e per la loro preparazione a una vita matura dal punto di vista umano e cristiano. Insieme con il card. vicario, con il vescovo ausiliare per il Settore Centro e con il vostro parroco ringraziamo tutti per questo incontro e offriamo una benedizione affidandoci per tutti i nostri impegni, per tutto il nostro ministero petrino, alla vostra preghiera, delle suore, dei bambini, dei genitori e degli altri che li accompagnano.

(Alla popolazione del quartiere:) Nel nome di Gesù Cristo voglio salutare tutti i presenti e tutti coloro che appartengono a questa comunità parrocchiale. Ammiro questa Navicella che dà il nome a questa parte di Roma, a questo luogo e alla chiesa. E' un luogo abitato dalle persone. Vorrei raggiungere con questo augurio e con questa benedizione ogni persona che vive qui, che vive nel mondo, che vive a Roma e che vive nella Chiesa.

Vivere nella Chiesa vuol dire vivere la vita che ci ha lasciato Gesù Cristo, è la vita sua quella della Chiesa e, attraverso la Chiesa, ciascuno di noi vi partecipa, ascoltando la parola di Dio, il Vangelo. Ma vi partecipa soprattutto ricevendo i sacramenti. Sapete che il sacramento più grande, quello che fa entrare nel mistero pasquale di Gesù, è l'Eucaristia. Io auguro a tutti, carissimi fratelli e sorelle, una partecipazione a questa vita di Gesù Cristo che è sempre una vita nuova. Gesù Cristo non è ieri o duemila anni fa, Gesù Cristo è oggi e sarà così fino agli ultimi tempi di questo mondo. La nostra vita e il nostro futuro sono nelle mani di Dio. Passa il mondo, ma Dio rimane, è eterno. lui e suo Figlio Gesù Cristo ci invitano ad entrare nella loro vita, nella loro vita divina.

Questo è il nostro futuro, a questo è chiamato l'uomo, ogni persona umana.

(L'omelia:) "Bene, servo buono e fedele..., prendi parte alla gioia del tuo padrone" (Mt 25,23).


1. Carissimi fratelli e sorelle della parrocchia di Santa Maria in Domnica, la parola di Dio, che ascoltiamo in queste ultime domeniche dell'anno liturgico, ci proietta verso il termine della storia umana, quando cioè il Signore Gesù tornerà "per giudicare i vivi e i morti" e introdurrà nella gioia definitiva i discepoli che lo hanno servito fedelmente.

Verso questo traguardo ciascun credente è invitato a camminare, nella luce della fede e con il sostegno della speranza, attendendo con fiducia e preparando con impegno i cieli nuovi e la nuova terra, in cui avrà stabile dimora la giustizia (cfr. 2P 3,13). Un'attesa, fondata sulla promessa certa del Signore, che va vissuta nella "vigilanza" e nella laboriosità.

Il regno di Dio, nel quale crediamo e speriamo con amore di figli, pur realizzandosi in maniera piena "domani", va pero preparato "oggi", cioè qui e ora.

Per questo occorre vivere e operare nella fedeltà alla parola di Dio, che non inganna e non viene mai meno; occorre, come ricorda san Paolo ai Tessalonicesi, rimanere "svegli", sempre pronti a rendere conto al Signore dei doni ricevuti e delle opere compiute per la realizzazione del suo progetto di salvezza; occorre essere "laboriosi", al pari della donna perfetta, di cui parla il libro dei Proverbi nella prima lettura di questa liturgia.

Non è, pertanto, lecito a chi crede e spera incrociare le braccia in una sorta di attesa passiva del ritorno del Signore, aspettandosi tutto dall'azione di Dio, in maniera sterilmente rassegnata. Occorre piuttosto porsi generosamente al servizio del Regno mettendo ciascuno a profitto i doni ricevuti con sapiente creatività.

La venuta definitiva del Regno è, infatti, legata a una dedizione totale, a un coraggio capace di far fronte a tutte le sfide, a un impegno di amore a tutto campo, che sia in grado di rispondere alla fiducia che il Signore ha riposto in ognuno dei suoi servi e collaboratori, come pure alle innumerevoli istanze di verità, di giustizia e di pace che salgono dal cuore dell'uomo.


2. Cari fratelli e sorelle, raccogliete questo impegnativo messaggio che vi giunge oggi dal Signore attraverso la Parola che è stata ora proclamata. E con voi lo faccia proprio tutta la Chiesa di Roma, che sta vivendo la promettente stagione del Sinodo pastorale diocesano. Tale evento - come ho avuto più volte occasione di rilevare - vuole risvegliare e approfondire nell'intera comunità ecclesiale e in ciascuno dei suoi membri la consapevolezza e la responsabilità a tutti richieste di costruire e approfondire la comunione e di impegnarsi per la missione. E' questa la "nuova evangelizzazione" che il vescovo di Roma chiede a tutta la Chiesa, e particolarmente alla sua diocesi.

A voi, cari fedeli di Roma, il Signore ha donato molti e preziosi talenti non solo sotto il profilo umano e culturale, ma anche e soprattutto sotto quello spirituale e soprannaturale. Lo dice anzitutto la vostra memoria storica.

Quanti grandi santi hanno qui dimorato o sono passati, lasciando tracce durature del loro genio e della loro carità! Quanti semplici fedeli, quali servi buoni e fedeli, hanno speso i loro talenti per edificare il regno di Dio, nel nascondimento e nella generosa dedizione al Padre e ai fratelli! Lo conferma ancora oggi la ricchezza dei carismi che lo Spirito continua a suscitare, la molteplicità e varietà di iniziative comunitarie che arricchiscono il tessuto spirituale e sociale di questa comunità.


3. E' necessario che tutto ciò sia potenziato e arricchito, sviluppato e accresciuto sempre di più. La comunione e la missione nella Chiesa e della Chiesa non sopportano pigrizie, passività e inerzia; non sono conciliabili con una certa religiosità fatta di timore servile nei confronti di un Dio che si è rivelato come Padre; non si realizzano rinchiudendosi nel privato o rifuggendo dalle responsabilità legate a una professione coerente della fede e a un impegno coraggioso di testimonianza e di servizio per l'avvento del regno di Dio.

Una comunità, come quella di Roma, chiamata a diventare sempre più partecipe della missione evangelizzatrice del suo vescovo, deve essere e mostrarsi a tutti, e specialmente a quanti "sono fuori" (cfr. 1Co 5,12), come famiglia di Dio, unita strettamente a Cristo; intimamente collegata e docile all'insegnamento del suo Pastore, che in seno ad essa rende presente Cristo, capo e guida del gregge affidatogli dalla Provvidenza. Deve essere ancora una comunità nella quale tutti, presbiteri, diaconi, religiosi e laici si sentano corresponsabili della vita e della missione della Chiesa.

Deve essere, infine, un popolo nel quale ciascuno accoglie con gioia e gratitudine i talenti naturali e i carismi dello Spirito, spendendoli a vantaggio di tutti e orientandoli al servizio del regno di Dio, in attesa della venuta del Signore, quand'egli tornerà a dare il meritato premio a coloro che avranno così vissuto e agito.


4. Con questi pensieri e auspici, unitamente al card. vicario, Ugo Poletti, e al vescovo ausiliare del Settore Centro, mons. Filippo Giannini, saluto tutti voi, cari fedeli, appartenenti a questa circoscrizione parrocchiale. Saluto, in particolare, il parroco, don Vincenzo Zinno, e gli altri sacerdoti, che lo aiutano nel ministero pastorale. Desidero pure esprimere il mio apprezzamento alle comunità religiose che operano in questa zona: le Suore Domenicane di san Sisto, quelle della Famiglia "Corde Jesus", e della Carità di Santa Giovanna Antida, le Passioniste di san Paolo della Croce, le Missionarie della Carità e quelle della Piccola Compagnia di Maria, le Missionarie del Sacro Costato e la Communauté du Chemin Neuf. Saluto, altresi, tutti i religiosi che hanno la propria sede nel territorio della parrocchia.

Esprimo ancora il mio compiacimento per i gruppi dei laici che collaborano nelle diverse iniziative di apostolato: le Dame di Carità; i gruppi dei Volontari, che fanno parte della squadra volante della fraternità; i membri del Consiglio parrocchiale e il gruppo dei catechisti che preparano i bambini alla prima Comunione e alla Cresima. Un saluto particolare rivolgo, infine, alle autorità militari del vicino Ospedale Celio, che si dimostrano molto sensibili alle necessità della parrocchia, stabilendo forme di aiuto reciproco.

A tutti coloro che si prodigano per diffondere il Vangelo vanno il mio animo riconoscente e la mia esortazione a ben continuare nell'opera in cui sono impegnati. Vi assista e vi protegga la Vergine Santa, Patrona della vostra parrocchia.


5. "Beato chi cammina nelle vie del Signore". La liturgia odierna ci ha indicato le vie del Signore per "camminare insieme", come servi buoni e fedeli, vigilanti e operosi, nel pellegrinaggio terreno, verso l'incontro definitivo con lui.

Se camminerete così, sarà dato anche a ciascuno di voi di ascoltare alla fine le parole consolanti del Maestro: "prendi parte alla gioia del tuo padrone".

Amen! (Al Consiglio Pastorale:) Devo dire subito che tutti abbiamo diversi carismi, come ha insegnato san Paolo ai primi cristiani, e questo si riproduce nella Chiesa in ogni epoca.

Incontrandovi io vedo in voi anche i diversi carismi. I carismi personali, come tutti i carismi autentici, devono collaborare per il bene comune della comunità, della parrocchia.

Il Consiglio pastorale è un'espressione perfetta, adeguata in questa dottrina Paolina dei carismi e ho capito, seguendo le parole del vostro rappresentante, che questo non è solamente un Consiglio nato per dare consigli, per trattare i problemi della parrocchia, ma è un gruppo di animatori che cerca di animare la vita parrocchiale in diversi ambienti, con diversi compiti e con diversi ministeri, soprattutto con il ministero catechetico, con la catechesi.

Ma ci sono anche altri ministeri molto preziosi nella Chiesa. Il ministero caritativo e il ministero della preghiera che è un grande servizio perché porta con sé un'animazione della vita cristiana della comunità.

Io vi ringrazio per tutto questo. Ringrazio il Signore e lo Spirito Santo per i vostri carismi che vanno d'accordo con il carisma del vostro parroco don Vincenzo. Vi auguro di portare avanti questa comunione di carismi per il bene comune della vostra parrocchia, per il suo sviluppo, per il suo perfezionamento.

E' una parrocchia che ha una grande tradizione, si trova nella vecchia Roma e porta con sé il peso, ma anche il carisma di tanti secoli di vita cristiana, di testimonianza cristiana fatta anche di martirio. Bisogna portare avanti questa grande verità.

(Ai fidanzati e ai giovani sposi:) Vorrei dire che non sempre avviene questo incontro, non dappertutto il Papa incontra i fidanzati. E' un incontro molto importante per un'iniziativa pastorale molto importante, centrale perché voi vi incontrate qui soprattutto per prepararvi al sacramento del Matrimonio di cui san Paolo dice che è un grande sacramento, in qualche senso il sacramento primordiale, istituito dal Creatore quasi nel momento della creazione dell'uomo e della donna. Questo sacramento continuerà secondo l'istituzione di Cristo confermato e rinnovato. Esso costituisce il punto di partenza per la famiglia, la famiglia cristiana.

E' una cosa preziosa che voi vi prepariate a questo sacramento non solo ascoltando alcuni temi importanti dal punto di vista della istituzione sacramentale del Matrimonio, dal punto di vista della vita matrimoniale, ma che vi prepariate anche pregando. Questo è più importante, ci vuole questa preparazione perché è una cosa sacra, un sacramento. Tutto quello che tra poco realizzerete nella Chiesa o avete già realizzato con il vostro matrimonio è sacro, un sacramento che ha in sé il sigillo di Dio e ci prepara alla partecipazione della vita divina, alla salvezza di Dio, alla vita eterna.

Il matrimonio è uno stato di vita che rappresenta molti aspetti gioiosi, esaltanti, ma d'altra parte anche aspetti difficili, esigenti. Ciò si nota guardando alla vita contemporanea, alla vita odierna. Ci sono molte crisi in questo campo della realtà umana. Questo spinge la Chiesa, i pastori della Chiesa, a dare più rilievo spirituale al matrimonio e alla futura famiglia. Io penso sempre all'altro sacramento di carattere sociale che costituisce la "società" della Chiesa: il sacramento dell'Ordine. Per questo sacramento siamo preparati attraverso almeno sei anni di seminario. Non sarebbe male che anche per un grande sacramento che porta con sé la responsabilità di genitori, di sposi, di educatori, ci fossero, se non 6, almeno 3 anni di insegnamento ma, non esistono questi seminari sistematici, seminari organizzati per i fidanzati, per i futuri sposi. Si deve supplire a questa mancanza almeno con un'intensa preparazione pastorale nelle parrocchie.

Io vi auguro di prepararvi bene, di approfittare di questa occasione che vi dà la parrocchia e il vostro caro parroco con la sua sensibilità verso la vocazione matrimoniale e familiare dei giovani. Vi auguro di prepararvi bene, vi auguro di accettare i figli, di riceverli con slancio, con entusiasmo, per la vostra vocazione di vita cristiana paragonabile alla vocazione religiosa, sacerdotale. Uno slancio e un entusiasmo per questa vocazione importante, esigente e santa. Vedo anche che c'è una preparazione che si prolunga, perché molti sposi giovani che hanno figli piccoli e già costruiscono una famiglia, tornano a questi incontri. Vuol dire che sentono il bisogno di continuare nello stesso clima, di continuare con le stesse riflessioni, con la stessa preghiera. E questo è giustissimo.

(Al gruppo giovanile:) Ecco delle belle parole: "cammino della fede". Il cammino ci porta sempre l'immagine di una cosa materiale, spaziale, che conduce da un posto a un altro. Si tratta invece di un cammino in senso analogico, di un cammino spirituale. Non si tratta di posti, ma si tratta di progressi, di maturazioni. E' un cammino in senso spirituale, interiore, che trova la sua radice, la sua forza propulsiva nella fede. Nella fede in Gesù Cristo, perché da lui viene la fede, da lui viene la certezza delle cose divine. La certezza di un disegno divino, di un piano di salvezza in cui noi tutti siamo coinvolti e a cui siamo chiamati a partecipare e a progredire.

E' molto importante che voi giovani abbiate trovato questo cammino e che cerchiate di progredire, di maturare. E' una cosa naturale per la vostra età perché è un'età in cui questo progresso psico-fisico e intellettuale si realizza soprattutto attraverso gli studi, attraverso il lavoro. Ma questo progresso non sarebbe pienamente umano e d'accordo con la vostra vocazione divina, se non fosse un progresso nella fede, un progresso radicato nella sequela di Cristo. Questo vuol dire che tutti siamo discepoli, che siamo della famiglia di quei Dodici che Gesù ha chiamato di persona. Apparteniamo alla famiglia dei discepoli di Cristo, questo si deve dire chiaramente. Ciascuno deve dirlo a se stesso. E' una buona scuola, è una scuola perfetta. Una scuola che porta alla pienezza della sapienza, della speranza. Ci sono tante persone, anche giovani, disorientate e senza speranza, senza prospettive. Questa scuola ci porta anche alla pienezza dell'amore. Dio è amore e se lui ci fa avvicinare alla sua persona, alla sua realtà, allora ci fa maturare nell'amore e maturare nella carità.

Vi auguro, carissimi giovani, di continuare questo cammino spirituale con Cristo nella vostra parrocchia.

Data: 1990-11-18

Domenica 18 Novembre 1990

Al Pontificio Consiglio "Co Unum" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le coscienze di tutti devono sentirsi interpellate dai terribili attentati alla solidarietà nel mondo

Caro cardinale, cari fratelli dell'episcopato, cari amici.


1. In occasione della vostra Assemblea plenaria, è con gioia che rivolgo un particolare saluto ai nuovi membri e ai consultori del "Co Unum" recentemente nominati. Voglio ringraziarli per la competenza e l'abnegazione messe al servizio del dicastero la cui missione mi sta molto a cuore. Gli obiettivi proposti nel 1971 dal mio predecessore, Paolo VI, sono ancora attuali. La Santa Sede fa affidamento sul vostro Consiglio affinché la carità, che guida l'azione dei cristiani nel mondo, abbia una risonanza sempre maggiore. E' molto importante che voi vi adoperiate per armonizzare le forze e le iniziative delle numerose organizzazioni cattoliche di mutua assistenza che stimolano l'esercizio pratico della carità nel popolo di Dio. Scambi d'informazioni e concertazione costante vi permettono di mettervi a disposizione e dei vescovi e di coloro che esercitano funzioni pubbliche. Lo scopo prefisso è quello di metterli in relazione con le organizzazioni cattoliche di mutua assistenza. Per voi è possibile collaborare anche con organizzazioni analoghe di altre Chiese e comunità ecclesiali, e ciò come testimonianza della fedeltà che voi dimostrate nel Vangelo e che il mondo si aspetta di cogliere in ogni discepolo di Cristo. Oltre ad essere in grado d'intervenire in caso di cataclismi naturali o di altre emergenze, voi siete chiamati a operare direttamente la carità del Papa. Vi ringrazio della generosità che dimostrate di avere nel compimento delle vostre missioni.


2. Le vostre riflessioni trattano un argomento di attualità: "Solidarietà e sviluppo, una risposta evangelica al problema della fame". Io mi soffermero con alcune riflessioni e osservazioni per sottolineare l'importanza di questo problema ancora insoluto e che l'umanità non è pronta a fronteggiare con la giusta determinatezza. Siamo realmente coscienti delle situazioni paradossali che sono venute a crearsi nel tempo, con sovrabbondanza di beni e quindi di alimentazione in alcune regioni, mentre in altre zone si patiscono la fame e la miseria? Siamo a conoscenza che le cause non sono solo di origine naturale: l'opinione mondiale dovrebbe analizzare con maggiore attenzione i fattori economici, sociali e politici che causano o che mantengono situazioni di denutrizione spesso irreparabili. Senza cadere in spiegazioni sommarie, non può passare sotto silenzio il ruolo misterioso del peccato degli uomini nei terribili attentati alla solidarietà di cui soffre la maggior parte dell'umanità. E' necessario procedere all'analisi oggettiva delle cause della miseria, ma spetta a una comunità religiosa come la vostra dimostrare fino a che punto arriva la coscienza delle persone quando in alcuni Paesi sorgono conflitti internazionali o nazionali che seminano rovine e morte. I meccanismi economici non devono essere qualcosa di freddo e insensibili ai fabbisogni vitali d'intere popolazioni. Che si tratti di debiti con l'estero, della regolarizzazione dei mercati o di programmi di assestamento, rivolgiamo realmente la dovuta attenzione al benessere dei più poveri? Con lo sfruttamento delle foreste e dei terreni al fine di trarne dei profitti immediati, ci si preoccupa di lasciare una terra fertile e ospitale alle generazioni future? Di fronte alla gravità della fame e della miseria, bisogna rimanere coscienti e non scoraggiarsi mai. Le risorse della terra e soprattutto del genere umano sono considerevoli. Quando lo spirito di solidarietà e di carità motiva l'azione, la speranza c'è sempre, e possono compiersi dei miracoli. Le diverse organizzazioni di carità che voi rappresentate lo testimoniano. Numerose realizzazioni concrete di cui sono a conoscenza, in particolare durante i miei viaggi, mi spingono a incoraggiarvi e a chiedervi di continuare, senza sosta, il vostro ruolo di agenti competenti dello sviluppo, di messaggeri che alimentano la solidarietà, di coloro che si destano di carità.


3. Benché necessaria, la divisione dei beni materiali non è l'unico obiettivo della vostra opera. Dovete portare a termine anche l'insegnamento di una sostanziale educazione a tutti i livelli: nel mondo che vi circonda, in ogni nazione, e a livello internazionale. Tocca ai giovani come agli adulti scoprire la solidarietà verso i più bisognosi che non deve farne degli assistiti, ma deve consentire a "tutti i popoli di divenire essi stessi gli artefici del loro destino" (PP 65). La vera solidarietà comporta l'apertura al dono che posso sempre ricevere dall'altro, per povero che possa sembrare; ci si trova così di fronte a uno scambio fra persone mutualmente rispettose della propria dignità. Davanti a Dio creatore e salvatore si concretizza una forma di comunione alla quale tutti sono chiamati a partecipare.


4. Non voglio soffermarmi sulle gravi inquietudini che l'oggetto della vostra riflessione suscita, né su un eventuale sollecito ai vostri compiti. Mi sembra legittimo esprimere in questa sede la mia profonda gratitudine per il lavoro svolto da numerose istituzioni governamentali o non governamentali. Queste, disponendo di mezzi diversi e adottando vari metodi, partecipano alla lotta comune contro la fame e altri problemi. Ringrazio vivamente il Consiglio "Co Unum" e le organizzazioni ivi rappresentate per l'abnegazione e lo spirito evangelico dimostrati. Dal punto di vista cristiano, in molti luoghi, nell'animo di uomini e donne competenti, è possibile cogliere numerose manifestazioni di vera carità.

Nell'atto di fondazione del "Co Unum" Papa Paolo VI citava alcune parole di sant'Ambrogio: "Il popolo cristiano deve distinguersi per la sua umiltà. Il Signore disse: "Colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo"" (Mt 20,27). E' la carità che ci rende capaci di agire così (Lettera "Amoris Officio", 15 luglio 1971).

Rendiamo grazie al Signore per tutti i suoi figli e figlie a cui egli ha permesso di mostrare le strade dell'aiuto fraterno ispirato dal suo amore! E' così che voi stessi, i vostri collaboratori e i vostri amici che operano nello stesso senso, troveranno il coraggio di continuare senza mai rinunciare: è difficile continuare a mantenere a lungo quello spirito di solidarietà che vi spinge ad aiutare tutte quelle persone che lottano contro le difficoltà apparentemente insormontabili. Che la Madonna vi protegga! Che Dio vi dia la forza di rinnovare i vostri impegni con tenacia! E che la benedizione del Padre misericordioso vi renda forti e perseveranti nel lungo cammino della carità!

Data: 1990-11-19

Lunedi 19 Novembre 1990

A presuli delle Filippine in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Proclamare la legge morale sulla regolazione delle nascite

Cari fratelli vescovi.


1. Per la terza volta quest'anno ho la gioia di incontrare un gruppo di vescovi delle Filippine in occasione della loro visita "ad limina". La vostra presenza richiama davanti ai miei occhi il temperamento amichevole e affettuoso del vostro popolo e il loro modo gioioso di vivere la fede della quale sono stati rigenerati in Gesù Cristo per divenire: "la stirpe eletta il, sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo di Dio" (1P 2,9). Nella comunione che ci unisce nel servizio apostolico non dobbiamo mai smettere di ringraziare Dio per il suo disegno di grazia amorevole, manifesto nella santità e nel servizio generoso che contraddistinguono la vita di molti dei vostri preti, religiosi e laici.

"Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva" (1P 1,3).


2. Negli incontri con altri gruppi di vescovi filippini mi sono sempre raccomandato che la guida pastorale sia rivolta ad aiutare la gente ad acquisire una conoscenza più profonda degli insegnamenti della Chiesa, affinché il messaggio del Vangelo possa continuare a permeare ed elevare la società filippina. Il mio invito provocatorio si rivolge in maniera particolare al settore della formazione sacerdotale, ma anche alla preparazione spirituale e dottrinale di guide laiche adatte alle quali sia affidato il compito particolare di applicare le verità e i valori del Vangelo alle realtà della vita economica, sociale e culturale della nazione. L'"Evangelizzazione" di un popolo comprende le forme popolari ed esteriori di esprimere la devozione in modi di vita basati su motivi religiosi, ma deve andare anche oltre, al cuore vero del comportamento umano, alla spiegazione dei problemi umani alla luce di Cristo e a un rinnovamento interiore personale nella "nuova vita" che trae origine dal vero Spirito di Dio.

Per "nuova vita" si intende vita nel corpo di Cristo che è la Chiesa.

Essa abbraccia ogni individuo battezzato nella vita della grazia. Ma non è solo una questione privata. La natura ecclesiale e cattolica della vita cristiana deve essere chiaramente presentata al fedele, soprattutto di fronte a tattiche contenziose di organizzazioni e sètte con le quali esiste di solito solo poca possibilità, se non nessuna, di dialogo, e che rappresentano spesso un serio ostacolo agli sforzi ecumenici. Come vescovi capite che la responsabilità propria nelle attività di conversione di questi gruppi sta proprio nel rinnovamento sincero delle vostre stesse comunità, per mezzo del quale esse divengono più fraterne, più attente alla situazione reale dei loro membri, più vive nel loro amore e nella loro amicizia testimoniando di più la loro professione di fede (cfr. "Sects and new religious movements: Pastoral Challenge", 3.1).

L' "Anno catechistico nazionale" che sta ormai volgendo al termine dimostra che avete completamente preso a cuore il compito di favorire un programma di istruzione della dottrina cattolica, più ricco e articolato. Vi esorto a proseguire l'intento di questo anno anche in altri modi, cercando di utilizzare tutte le risorse disponibili per approfondire la formazione cristiana del vostro popolo.


3. Un altro argomento di conversazione con i gruppi dei fratelli vescovi, venuti in precedenza, è stato quello sulla grave minaccia dei valori tradizionali della società filippina, sulla quale anche voi avete pubblicato spesso lettere pastorali e relazioni. Questa perdita di valori è divenuta evidente in un aumento dell'inquietudine personale e sociale che, a sua volta, può essere spesso rintracciata nelle serie difficoltà in cui viene a trovarsi la famiglia. La vostra visita mi permette di condividere la vostra profonda ansia pastorale per le condizioni della famiglia e quindi di confermarvi il mio assenso per il vostro desiderio di rafforzare e difendere la famiglia come la cellula vitale prima di una società giusta e armoniosa. Un'attenta meditazione sullo stato reale dell'amore coniugale e della vita familiare rivela qualcosa dell'ineffabile mistero della grazia di Dio, come essa si generi e manifesti il suo potere nella vita della gente.

Ho trattato questo aspetto nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" (FC 12) quando in particolare ho scritto che: "La parola centrale della Rivelazione, "Dio ama il suo popolo", viene pronunciata anche attraverso le parole vive e concrete con cui l'uomo e la donna si dicono il loro amore coniugale. Il loro vincolo di amore diviene l'immagine e il simbolo dell'alleanza che unisce Dio e il suo popolo. E lo stesso peccato, che può ferire il patto coniugale diviene immagine dell'infedeltà del popolo al suo Dio...". Più fedelmente si preserva il matrimonio e si permette alla grazia sacramentale di portare frutti, più completamente le coppie e le famiglie, e quindi la società, rifletteranno la presenza amorevole di Dio in mezzo a loro. La società filippina è stata veramente benedetta da Dio con un profondo senso della famiglia.

Benefici innumerevoli sono il risultato del calore delle relazioni umane, della bontà e della solidarietà effettiva con gli altri generate da una tradizione di vita familiare solida. Oggi la Chiesa è chiamata a difendere questa eredità preziosa, specialmente in circostanze difficili, quali quelle in cui voi operate tra così tante famiglie. La responsabilità pastorale di affrontare le difficoltà avrà origine dall'amore evangelico che alimenta il vostro ministero.

Amare la famiglia significa saperne apprezzare i valori e le possibilità, promuovendoli sempre, significa individuare i pericoli e i mali che la minacciano, per poterli superare; significa adoperarsi per crearle un ambiente che favorisca il suo sviluppo. E' una suprema forma di amore quella di ridare alla famiglia cristiana le ragioni per aver fiducia in se stessa, nelle proprie ricchezze di natura e di grazia, e nella missione che Dio le ha affidato (cfr. FC 86).

Poiché il benessere della comunità civile dipende dalla solidità delle sue famiglie, si deve sperare che, accanto alla Chiesa, molte istituzioni, compreso il Governo, le scuole e i mezzi di comunicazione sosterranno la vita della famiglia e "devono fare il possibile per assicurare alle famiglie tutti quegli aiuti - economici, sociali, educativi, politici, culturali - di cui hanno bisogno per far fronte in modo umano a tutte le loro responsabilità (FC 45).


4. Avete pubblicato di recente una lettera pastorale riguardante la maternità e la paternità responsabili. L'interesse primario e più importante della Chiesa, considerando l'accelerazione e decelerazione della crescita della popolazione, è che la volontà di Dio a favore della persona e della famiglia sia pienamente rispettata, vale a dire che tutto sia fatto entro i parametri della libertà di coscienza, della decisione responsabile delle coppie e dei principi di moralità sessuale e familiare.

Siete coscienti del vostro serio dovere di difendere questi principi e di annunciare e promuovere il diritto morale relativo al controllo della popolazione. A livello pastorale è importante che il vostro insegnamento in questo settore delicato sia comunicato in modo chiaro e adeguato ai vostri preti, così che essi a loro volta possano illuminare le coppie di sposi sui loro diritti e doveri. I cattolici non dovrebbero esitare a difendere pubblicamente l'insegnamento della Chiesa sul ruolo prioritario delle coppie di sposi e dei genitori, in particolare nelle questioni decisive relative all'accoglienza generosa dei bambini. così facendo essi sostengono i valori fondamentali della libertà e della responsabilità a favore di tutta la società.

All'origine dell'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la procreazione, nonché delle risposte della Chiesa sul problema della popolazione, è la fiducia immensa nelle possibilità delle stesse coppie di sposi di raggiungere un amore pienamente maturo e rispondente alla verità del piano di Dio su di esse.

Nel settembre scorso, durante la mia visita pastorale in Burundi, ho insistito sulla responsabilità primaria dei genitori nelle decisioni sulle loro famiglie: "E' loro compito vivere una paternità responsabile e generosa, accogliere i figli che desiderano e che pensano di poter allevare. Questo implica un grande rispetto degli sposi l'uno per l'altro, una padronanza della loro vita intima, un amore che custodisce una stima costante per la donna nella sua capacità di essere madre" (Omelia a Gitega, 6 settembre 1990, n. 6). La Chiesa ha una "buona novella" da annunciare che riguarda il matrimonio e la famiglia, un insegnamento di speranza e di amore vero di cui il mondo ha un bisogno estremo.


5. Siete ben consapevoli che, come padre e pastore, il vescovo è il primo responsabile della cura pastorale della famiglia. Questo è un settore al quale egli deve consacrare tempo, personale e risorse, e soprattutto tutto l'appoggio e l'incoraggiamento personale a coloro che lo assistono nell'apostolato della famiglia. Dovrete stare attenti a non trascurare l'importanza fondamentale degli aspetti spirituali di questo sforzo pastorale. Farete il vostro dovere promuovendo la preghiera di famiglia e il ricevimento frequente dei sacramenti come mezzi sicuri per salvaguardare e rafforzare la vita cristiana della famiglia.

Tra le pratiche religiose che la Chiesa ha talvolta raccomandato, ho piacere di ricordare ciò che il Papa Paolo VI ha scritto riguardo al Rosario in famiglia: "Ci piace pensare, e sinceramente auspichiamo, che quando l'incontro familiare diventa tempo di preghiera, il Rosario ne sia espressione frequente e gradita" ("Marialis Cultus", 54: FC 61). In un Paese come le Filippine, rinomato per la sua devozione a Maria, sapete per esperienza quanto tale pratica del Rosario conduca a Cristo e a una vita cristiana più impegnata.


6. Cari fratelli vescovi, le circostanze in cui le vostre chiese locali sono chiamate a vivere, crescere ed espandersi sono diverse e difficili. In molti casi la povertà e la violenza raggiungono estremi tali da compromettere seriamente gli sforzi tesi a favorire lo sviluppo e la ricerca di un'esistenza più umana. Il bene comune è spesso subordinato a interessi personali. La riconciliazione e la pace sembrano lontani da raggiungere. Non scoraggiatevi dall'ampiezza e dalla serietà del compito che dovete assumervi: "La Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione" (GS 10).

Confidando che la Chiesa nelle Filippine possa progredire come un pellegrino in un paese straniero... fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunciando la croce e la morte di Dio finché egli si rivelerà vincendo pazientemente e amorevolmente i dolori e le difficoltà che la affliggono dall'interno e dall'esterno.

Possa la Benedetta Vergine Maria, Madre e Modello della Chiesa, guidarvi nel vostro ministero e incoraggiarvi a rimanere sempre fedeli al "fardello" che la Chiesa ha posto sulle vostre spalle. "Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera" (Rm 12,12).

Con la mia benedizione apostolica.

Data: 1990-11-19

Lunedi 19 Novembre 1990




GPII 1990 Insegnamenti - Messaggio per il V centenario di evangelizzazione dell'Angola