GPII 1990 Insegnamenti - A 25 anni dalla fine del Concilio - S. Maria Maggiore (Roma)


1. La liturgia dell'Immacolata Concezione ci riconduce ogni anno all'inizio della storia umana. Leggiamo questo inizio nel Libro della Genesi. Non esiste un'altra fonte che ne parli con altrettanta immediatezza.

Il testo del libro parla di un "aprirsi degli occhi", in cui l'essere umano - uomo e donna - ha riconosciuto il proprio peccato: quello originale. Il peccato ha portato con sé la vergogna, la necessità di nascondersi, di velarsi, per così dire, davanti agli occhi di Dio. Ha portato pure la vergogna reciproca: quella primitiva fiducia di una persona verso l'altra - dell'uomo nei riguardi della donna e della donna nei riguardi dell'uomo - è improvvisamente venuta meno.

Al suo posto è subentrata la paura davanti all'altro uomo, è iniziata l'estraneità, l'ostilità.

In questa drammatica descrizione il libro della Genesi introduce la prospettiva del futuro. Un futuro che sarà contraddistinto dalla lotta tra il bene e il male. Una lotta che sarà segnata dall'"inimicizia" tra il principe delle tenebre (sotto l'aspetto del serpente antico), la Donna e Colui che nascerà da lei.


2. La liturgia dell'Immacolata Concezione ci porta ancora più avanti. Non si limita a considerare l'inizio della storia umana sulla terra, ma si volge anche a quei "cieli" dove Dio e Padre "ci ha scelti in Cristo prima della creazione del mondo" (cfr. Ep 1,3-4).

Questa elezione in Dio è eterna. Essa ha preceduto la creazione del mondo e dell'uomo. Appartiene all'eterno mistero trinitario di Dio stesso. "Ci ha scelti prima della creazione del mondo... predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto" (Ep 1,4-6).

Molto espressive sono queste frasi della Lettera agli Efesini. Parlano dell'elezione dell'uomo e della sua vocazione a partecipare alla vita di Dio per opera di Cristo. Si riferiscono alla grazia iniziale della nostra figliolanza in Dio.


3. Questa elezione in Dio è eterna. Ha preceduto la creazione del mondo e dell'uomo; ha preceduto il peccato. Questa nuova elezione dell'uomo in Cristo spiega quella "inimicizia" preannunziata nel Libro della Genesi.

Tale "inimicizia" sta a significare che Dio non si ritira di fronte al peccato, che il principe delle tenebre ha innestato nel cuore dell'uomo e nella sua storia. L'Amore, cioè la Grazia, è più forte del peccato. E sarà sempre più potente. Una misura di questa potenza diventerà la croce di Cristo: il sacrificio redentore per il peccato dell'uomo nella sua dimensione universale.

Intanto, mediante quella "inimicizia", Cristo, il Figlio della Donna, ristabilisce la grazia dell'amicizia con Dio. L'uomo può così uscire dal "nascondimento" del peccato "alla luce" dell'adozione divina.


4. In questo modo, la liturgia dell'Immacolata Concezione ci conduce, in un certo senso, alla realtà dell'Avvento; ci introduce, anzi, in tutta la sua pienezza. Con la promessa definitiva della realizzazione dell'Avvento viene superata l'originaria "inimicizia". Ecco "la serva del Signore" (cfr. Lc 1,38).

Proprio di questo parla oggi il Vangelo di Luca. Il messaggero che annunzia la nascita di Cristo va a Nazaret, incontra la Vergine che si chiama Maria e le dice: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". E continua: "Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù".

"Gesù" vuol dire "Dio salva". Il Figlio di Maria è il Salvatore del mondo. In lui e per lui, in virtù del sacrificio della sua croce, l'eterna elezione e la grazia diventano più potenti del peccato.

La Chiesa insegna che la potenza della grazia si è realizzata nella Madre di Dio già prima, in previsione della redenzione del Figlio. Questa redenzione ha preceduto in lei l'eredità del peccato: ella è immacolata nel suo stesso inizio; è immacolata, perché Dio in lei e mediante lei possa realizzare ogni cosa "secondo il beneplacito della sua volontà" (cfr. Ep 1,6).

La Chiesa insegna tutto questo, adorando il mistero della Madre e del Figlio, il mistero della redenzione.

E' in questa luce che vogliamo ricordare il 25° anniversario della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, avvenuta esattamente il giorno dell'Immacolata del 1965. Vogliamo ancora una volta ringraziare Dio per i benefici recati da quell'evento straordinario che ha contribuito ad arricchire la Chiesa con importanti indicazioni pastorali, con accresciute energie per l'incessante impegno apostolico di condurre gli uomini alla salvezza e con rinnovate speranze per la crescita del regno di Dio nel mondo contemporaneo. Si è trattato di un provvidenziale evento, di una nuova Pentecoste, che non cessa di portare alla Chiesa frutti di rinnovamento interiore, perché possa corrispondere con sempre maggiore slancio alle grandi attese dell'umanità.


5. Anche per questo motivo la Chiesa oggi si rallegra e canta con le parole del Salmo: "Il Signore ha manifestato la sua salvezza... / Egli si è ricordato del suo amore, / della sua fedeltà... / Tutti i confini della terra hanno veduto / la salvezza del nostro Dio" (Ps 97,2-3).

Si. Hanno veduto! perché si sono aperti nuovamente gli occhi della fede.

"Acclami al Signore tutta la terra, / gridate, esultate con canti di gioia" (Ps 97,4). E' la gioia dell'Avvento divino. Amen!

Data: 1990-12-08

Sabato 8 Dicembre 1990

Per la prima santa canadese - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Margherita d'Youville ci dona un'immagine del mondo nuovo dove regnano l'amore, la verità, la giustizia e la pace

Carissimi fratelli e sorelle! "Preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri"


1. Ci troviamo ormai nel cuore dell'Avvento. La chiamata profetica dell'antica alleanza, le parole del grande Isaia risuonano oggi sul Giordano: "Raddrizzate i sentieri". "Si presento Giovanni... predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati" Durante l'Avvento la comunità cristiana ascolta di nuovo l'invito di Giovanni al battesimo di conversione, che preannuncia già vicino "il battesimo con lo Spirito Santo" (Mc 1,3 Mc 1,4 Mc 1,8).

"Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non sono degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali" (Mc 1,7). La Chiesa non torna su queste parole come se fossero soltanto parole del passato, storiche: essa vive di tutta la loro attualità. L'Avvento è la dimensione essenziale della sua vita in ogni epoca. E così, da questo perenne Avvento ecclesiale nascono i santi, i quali, lungo ogni nuova epoca e in sempre nuove situazioni, "preparano la strada del Signore" e "raddrizzano per lui i sentieri" (Mc 1,3) dell'esistenza umana.


2. Spianare la strada del Signore, è, per Isaia, aprire la strada a Colui che viene a liberare, a guarire e a salvare. La prima lettura ci ha fatto sentire questo pressante appello: "Consolate, consolate il mio popolo". Storicamente, il profeta annunciava la consolazione di Israele attraverso la sua liberazione da un impero dove era schiavo. Oggi, noi meditiamo la verità di queste parole divine dal momento che hanno colpito le orecchie e lo spirito di una donna aperta alla chiamata di Dio. Margherita d'Youville ci appare come una donna che ha sentito il Signore dirle "Consola il mio popolo", "prepara il mio cammino andando a prendere i più poveri, coloro la cui vita è un lungo susseguirsi di sofferenze senza via d'uscita". Ed eccola, giovane vedova, che si consacra al servizio esclusivo dei poveri di Montréal. A immagine del suo Signore che "raduna gli agnelli, li porta sul petto e conduce pian piano le pecore madri che allattano i loro piccoli" (Is 40,11), eccola presa dalla luce folgorante dell'amore del Padre. Riunisce delle compagne che si impegnano a mettere tutto in comune per ridare questo amore ai piccoli e ai poveri. Con la loro "Madre della carità universale" le "Suore Grigie" "riconoscono Gesù Cristo nella persona dei poveri". Hanno "per loro tutta la deferenza possibile e li servono con gioia" (cfr. Regolamento delle Suore Grigie).

"Consolate, si, consolate il mio popolo".


3. "Misericordia e Verità si incontreranno, Giustizia e Pace si baceranno" (Ps 84,11). Santa Margherita d'Youville, nell'Avvento della Chiesa, ci dona con tutti i santi un'immagine del mondo nuovo dove regnano l'Amore, la Verità, la Giustizia e la Pace. San Pietro lo dice: "E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia" (2P 3,13). Nella sua dedizione quotidiana, Margherita porta ai più poveri un po' di questa novità: una comunità d'amore dove i piccoli sono rispettati perché il Signore è vicino a loro, perché è presente nel loro cuore.

Per la santa che onoriamo, è la carità concreta di ogni giorno che fa trionfare la giustizia secondo Dio e che rivela la presenza del mondo nuovo: "La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra" (Ps 84,10).


4. Ci sono dei momenti, pero, in cui la salvezza sembra molto lontana. La luce di Dio, dell'amore che salva, è nascosta dall'oscurità della contraddizione. L'opera intrapresa da Margherita è stata più di una volta ostacolata dalla natura e dagli uomini. Per lavorare per rendere più vicino questo mondo nuovo di giustizia e d'amore, è stato necessario condurre lunghe e oscure battaglie. La fondatrice delle "Suore Grigie" ci ha dato un grande esempio: ha saputo dominare le sue delusioni, accettare la sofferenza portata come la Croce con Cristo. Abbandonata nelle mani della Provvidenza, Margherita ha seguito la sua strada nella speranza.

La fede non la lasciava. Riprendeva il lavoro con tutte le sue forze, con tutta la sua abilità, contro tutte le apparenze. Poiché, nel segreto mistero della prova, sapeva ancora accogliere la presenza del Salvatore che viene, della misericordia del Dio fedele, il vero Maestro della storia. Margherita sapeva la salvezza vicina a coloro che temono il Signore. Anche nelle ore più buie, vedeva levarsi la luce di Dio.


5. Margherita ha riposto completamente la sua vita nelle mani di Dio Creatore.

Giorno dopo giorno, in uno spirito di piena fiducia, ha cercato "di offrire se stessa con Gesù al nostro Padre celeste". Lei aveva capito il significato dell'esortazione di San Pietro "voi dovete essere nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio" (2P 3,11-12).

In Dio Margherita vedeva il Padre che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). In unione con Nostra Signora della Provvidenza, come ella chiamava la Madre del Salvatore, volle devotamente contemplare il mistero della paternità universale di Dio; giunse a comprendere che tutti gli uomini e le donne sono realmente fratelli e sorelle, che il loro Padre celeste non manca mai di essergli vicino, e che il suo amore li chiama ad una vita attiva di servizio agli altri.


6. Ringraziamo Dio per la figura che egli questa mattina pone davanti ai nostri occhi. Si, gli rendiamo grazie. Per la prima volta nella storia, una donna di natali canadesi viene iscritta tra i santi che la Chiesa ha innalzato alla gloria degli altari. Questa gloria è ricevuta in terra ma è un riflesso della loro gloria in Cielo. La loro gloria è stabilita sull'uomo poiché è stabilita su Dio, i santi rivelano la gloria del Signore (cfr. Is 40,5).

E la santità di Margherita continua a portare frutti per le sue sorelle, le Suore Grigie, che proseguono la sua opera di carità verso tutti, in uno spirito di abbandono alla Divina Provvidenza. Che Santa Margherita d'Youville le sostenga attraverso la sua intercessione e le guidi lungo i sentieri di santità!


7. Ecco l'opera dei santi, legata in modo straordinario agli uomini che essi hanno servito mettendo in pratica il più grande comandamento dell'alleanza e del Vangelo. E, nello stesso tempo, "la loro speranza è piena di immortalità" (Sg 3,4). Hanno portato in sé il vivo e continuo Avvento della Chiesa. "Attendevano e affrettavano la venuta del giorno di Dio" (cfr. 2P 3,12).

Noi pure attendiamo con loro. Aspettiamo - secondo la sua promessa - "nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia" (2P 3,13).

Aspettiamo. "Prepariamo la strada del Signore" in noi stessi e in mezzo agli uomini. "Raddrizziamo per lui i sentieri" (Mc 1,3).

Che il grande Avvento della Chiesa trovi in noi spazio: uno spazio profondo e vasto. Affinché "tutti gli uomini possano vedere la salvezza che viene da Dio" (Lc 3,6).

Data: 1990-12-09

Domenica 9 Dicembre 1990

All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La liberazione si estende a ogni dimensione sociale della vita




1. San Giovanni Battista, che contempliamo in questa seconda domenica d'Avvento, presenta Gesù al popolo come l'"Agnello di Dio", venuto ad addossarsi i peccati del mondo; venuto per liberare gli uomini dal male (cfr. Jn 1,29).

Liberazione che non aveva solo un contenuto interiore, ma si estendeva a ogni dimensione sociale della vita. E' interessante vedere affrontati nella predicazione del Battista alcuni dei problemi sui quali alla fine del secolo XIX sarebbe intervenuto Leone XIII con l'enciclica "Rerum Novarum".


2. "Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui", Giovanni insegnava a cercare la salvezza dall'"ira imminente" non nell'appello a un privilegio etnico-religioso: "Abbiamo Abramo per padre!", ma nel compimento di "opere degne della conversione". Alle folle in generale diceva: "Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto" (Lc 3,7 Lc 3,8 Lc 3,10): anticipo del Vangelo della condivisione dei beni, della loro subordinazione al diritto alla vita.

Ai pubblicani che si occupavano della esazione delle tasse e che in qualche modo rappresentavano i responsabili della pubblica amministrazione, rispondeva: "Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato" (Lc 3,13): ossia comportatevi secondo le leggi, fatte per rispondere alle esigenze della giustizia; siate corretti, rispettosi dei diritti della gente, specialmente dei poveri.

Ad alcuni soldati che lo interrogavano: "E noi che dobbiamo fare?", raccomandava di non maltrattare e non estorcere niente a nessuno, contentandosi delle loro paghe (Lc 3,14). Chiaro ammonimento a non abusare del potere, a rispettare le persone, non conculcandone i diritti, ma servendole.


3. Nella dottrina di Giovanni, preannunciatrice di quella di Gesù, emerge una visione fondamentalmente positiva della società, delle classi e delle professioni: nessuna di esse esclude dalla salvezza, se ci s'impegna a praticare la giustizia e la carità. Tuttavia il Battista è severo, persino rude, nel suo annuncio del Cristo che verrà col ventilabro a pulire l'aia e a mettere la scure alle radici.

Si tratta di un messaggio schietto e forte che delinea i nuovi rapporti di giustizia tra gli uomini.

Da quello stesso messaggio deriva la dottrina sociale di Leone XIII che continua l'opera del Battista, del quale Luca (3,18) scrive che "con molte altre esortazioni annunciava al popolo la buona novella".

Chiediamo a Maria di rendere anche la presente generazione attenta alle esigenze del Vangelo, che è annuncio di amore non come indebolimento della giustizia, ma come sua più perfetta attuazione.

Invito agli universitari alla Messa in preparazione del Natale Nel pomeriggio di giovedi prossimo, 13 dicembre, celebrero nella Basilica di San Pietro la liturgia eucaristica per gli Universitari. Invito i docenti e gli studenti delle Università di Roma a voler prendere parte a tale importante momento di preghiera e di riflessione in preparazione al Natale, in cui commemoriamo il Verbo di Dio, "venuto ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

Sarà un'occasione che ci aiuterà ad aprirci a Cristo che viene, ad aprire a lui le porte dei nostri cuori, affinché la sua venuta non ci trovi impreparati e distratti, ma consapevoli dell'importanza che il suo Natale rappresenta per la storia dell'umanità, come evento di speranza, di gioia e di salvezza.

Data: 1990-12-09

Domenica 9 Dicembre 1990

A vescovi brasiliani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La difficoltà di evangelizzare un popolo afflitto dalla povertà esige una rinnovata attenzione alla verità della fede

Carissimi fratelli nell'Episcopato,


1. Dall'inizio di quest'anno, la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB), ha segnato in maniera visibile la sua presenza presso questa Chiesa di Roma che "presiede nella carità" (Sant'Ignazio di Antiochia). Distribuiti in gruppi, secondo le sezioni regionali della CNBB, i quasi trecento Vescovi diocesani coadiutori ed ausiliari, senza contare gli Emeriti, fedeli alla lodevole tradizione della visita "ad limina apostolorum", sono venuti ad incontrare il Successore di Pietro sulla Cattedra di Roma.

Nel rivolgermi in questo momento ai componenti dell'ultimo gruppo, i Regionali I e IV che coprono i territori degli Stati del Ceara Maranhao e Piaui, consentitemi di ricordarvi che le parole che adesso vi rivolgo chiudono un ciclo e fanno parte di un mosaico costituito anche da tutti i discorsi rivolti agli altri gruppi. Chiedo alla Conferenza Episcopale di accogliere l'insieme dei discorsi come un tutto che consegno ad essa fiduciosamente. Voglia Dio che sia utile a tutti ciò che è stato detto ad ogni gruppo singolarmente.

Questo è un momento centrale del Ministero Pastorale del Papa e costituisce per voi l'occasione per un maggior avvicinamento nella comunione gerarchica con lui, così come l'opportunità per un'attenta riflessione circa la propria personale responsabilità quali Successori degli Apostoli (cfr. Direttorio per le Visite "ad limina", pag. 3).

Entrambe le considerazioni hanno come riferimento principale gli avvenimenti testimoniati dai Vangeli, decisivi per la vita e la missione della Chiesa di tutti i tempi: la professione della fede di Pietro in Cristo, Figlio di Dio vivente e il mandato che gli è stato conferito dal Signore, di confermare nella stessa fede i suoi fratelli (cfr. Mt 16,16 Lc 22,2). E tutto ciò affinché, attraverso il ministero dei Vescovi, suoi successori, essa venga trasmessa, nella sua purezza originale, fino alla fine dei tempi.

Desidero, quindi, proporvi, in queste brevi riflessioni, alcune considerazioni riguardo la figura del Vescovo come maestro della fede, invocando lo Spirito Santo affinché invii su tutti la sua luce e in tal modo purifichi e rafforzi le generose aspirazioni di tutti noi che ci impegnamo nell'arduo compito dell'accrescimento del Regno di Dio sulla terra.


2. La funzione che più di tutte identifica il Vescovo, e che in un certo senso riassume tutto il suo ministero, è proprio, come insegna il Concilio Vaticano II, di essere nella Chiesa particolare che gli è affidata, Vicario e Legato di Cristo (cfr. Cost. Dog. LG 27). Per mezzo della predicazione della fede, la cui fonte è Dio medesimo, egli rende in certo modo visibile Nostro Signore che diviene presente nell'annuncio del Vangelo come se Egli stesso parlasse personalmente (cfr. Sant'Agostino, In loan. Evang. XXX, 1; PL 35,1632).

Attraverso la partecipazione a questa predicazione nascono i discepoli di Cristo con nome e dignità di "fedeli" o credenti. Di conseguenza, nasce anche la "comunità dei fedeli" che, proprio per questo, è anche una comunità di speranza e di carità, di modo che - come insegna il Concilio - "nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa si crei una singolare unità di spirito tra Vescovi e fedeli" (DV 10 cfr. LG 8).

Queste considerazioni possono sembrare eccessivamente teoriche nell'analisi dell'esperienza quotidiana, poiché, accanto a confortanti fermenti di vita cristiana non mancano fenomeni di rigetto e di distorsione della fede. Non è difficile constatare come nei due ultimi decenni molti cristiani abbiano lasciato che le loro convinzioni si spegnessero lentamente e altri si siano allontanati gradualmente dai veri principi, al punto di arrivare ad una deplorevole confusione nelle idee e nelle opere. Si trattava di seguire un modello tanto immaginario quanto utopico di cristianesimo o di Chiesa di cui oggi constatiamo la fallacia.

Per questo è necessario e urgente che il vostro impegno episcopale di maestri della fede si rafforzi e tenga presente quanto Papa Paolo VI poco prima della sua santa morte diceva: "La Chiesa è viva laddove i Vescovi, successori degli Apostoli, sono rigorosamente fedeli alla loro missione di dottori e di pastori" (Discorso alla Curia Romana, 23 giugno 1978: Insegnamenti XVI, 1978, pag. 498 traduzione letterale).


3. E' necessario quindi che ogni Vescovo riconsideri la propria responsabilità, sia riguardo alla verità della fede trasmessa, sia riguardo al mandato divino di trasmetterla.

Innanzitutto, egli deve approfondire la consapevolezza di aver ricevuto il lascito della fede con il dovere di custodirlo e di difenderlo. In secondo luogo, attraverso l'investitura sacramentale, il Vescovo costituisce irreversibilmente un rapporto di rappresentanza, vicaria rispetto a Cristo, che lo distingue nella sua essenza da chiunque altro non abbia ricevuto questa dignità sacramentale. Per questo, il dovere di trasmettere la fede gli compete in modo tanto esclusivo che nessuno può sostituirlo in questo compito né può esservi delegato. Dal fedele adempimento di questo dovere dipenderà la sua stessa salvezza e quella dei fedeli che a lui sono affidati (cfr. 1Tm 4,16).


4. Il rapporto fra la Parola di Dio e la salvezza dell'uomo esige che il Vescovo non ometta nulla riguardo alle verità fondamentali rilevate e che esse siano divulgate adeguatamente a tutta la comunità che egli presiede. Come scrivevo nella mia prima Enciclica, "la responsabilità per tale verità significa anche amarla e cercarne la più esatta comprensione, in modo da renderla più vicina a noi stessi ed agli altri in tutta la sua forza salvifica" (Enciclica RH 19).

E' un grave compito per il Vescovo. A volte sembra che egli stia gridando nel deserto. L'ignoranza dei tradizionali valori cristiani, il rifiuto quasi intenzionale di prestare ascolto alla verità e la mancanza di coerenza di alcuni, costituiscono autentici ostacoli all'azione dello Spirito. Per questo, per facilitare l'incontro della fede, il Vescovo attiverà al massimo la collaborazione dei presbiteri diocesani e religiosi, mantenendo viva la loro responsabilità di essere "consacrati per predicare il vangelo" e sempre cooperatori della verità (LG 28, cfr. PO 28). Ricordate che "nelle Chiese particolari spetta al vescovo custodire ed interpretare la Parola di Dio e giudicare con autorità ciò che le è conforme o meno" (Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, n. 19).


5. Venerabili fratelli, il vostro importantissimo compito di trasmettere "la fede da credere e da applicare nella pratica della vita" (LG 25) è sostenuto dalla forza dello Spirito Santo che vi è stata data in sommo grado nell'ordinazione sacramentale. E' tuttavia inevitabile che sperimentiate sulla vostra pelle quella profezia del Signore: "Voi avrete tribolazioni, nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!" (Jn 16,33).

Desidero inoltre che torniate alle vostre Diocesi nella certezza che il Papa vi accompagna nella difficile opera di Pastori che affrontano innumerevoli difficoltà nell'evangelizzazione a causa della povertà che affligge le vostre regioni. Il vostro popolo si vede colpito dai problemi della fame dovuta alla carenza alimentare. L'esodo dalle campagne e la mancanza di lavoro in città hanno portato migliaia di brasiliani alla povertà. Questi ed altri problemi, quali la giusta distribuzione dei salari, la miseria nella quale sono obbligati a vivere i cittadini con un basso reddito, le difficoltà nell'organizzare l'uso della terra e nell'ampliare il lavoro rurale, oltre alla siccità, e alle migrazioni di massa esigono una raddoppiata attenzione di tutti i responsabili e anche da parte vostra. Cercate, nonostante le difficoltà che incontrerete, di rivolgere il vostro sguardo su "Gesù, autore e perfezionatore della fede" (He 12,2). Non smettete pero di rivolgere la vostra attenzione alla sua Santissima Madre che, come Abramo e tutti coloro che sono stati chiamati alla costruzione del Regno, "ebbe fede sperando contro ogni speranza" (Rm 4,18). "La sua eccezionale peregrinazione della fede - lo scrivevo nell'Enciclica sulla Beata Vergine Maria - rappresenta un costante punto di riferimento per la Chiesa" (RMA 6). Abbiate fiducia. Con sollecitudine materna, Maria è al vostro fianco, vi precede sullo stesso cammino di fede che Ella ha percorso, indicandone il tracciato e la meta.

Vi esprimo, al termine di questo fraterno e fiducioso discorso, stimati Fratelli nell'Episcopato, tutto il mio affetto.

Su di voi, sul vostro Presbiterio; sui seminaristi maggiori e minori, sui religiosi che operano nella Diocesi e su tutto il popolo fedele, specialmente sui poveri e i bisognosi, chiedo alla Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, che invii abbondanti grazie con la mia benedizione apostolica.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-12-10

Lunedi 10 Dicembre 1990

Ai pellegrini giunti per la canonizzazione di S. Margherita d'Youville - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I consigli di S. Margherita ispirino le "Suore Grigie"

Signori Cardinali, Cari fratelli nell'episcopato, Cari fratelli e sorelle, E' una gioia ritrovarvi il giorno successivo alla Messa di canonizzazione di Marguerite d'Youville a cui voi avete partecipato. Rivolgo un cordiale saluto al Cardinale Paul Grégoire, agli arcivescovi e vescovi a lui vicini. Essi vengono da Montréal, Québec, Ottawa, San Giacinto, Philadelphia e Pembroke dove si trovano le Case generalizie delle Congregazioni che si ispirano alla Santa e le cui Superiore oggi sono con noi.

Rivolgo un saluto ai pellegrini che per questo evento sono partiti dal Canada e dagli Stati Uniti per unirsi a noi, e a coloro, che nel continente nord-americano, ci seguono per radio e per televisione. E' con particolare gioia che ritrovo le care "Suore Grigie" che hanno assistito alla canonizzazione della loro fondatrice. "E' la prima volta che un fiore di santità fiorisce in Canada per sbocciare sotto le volte di San Pietro", diceva il mio predecessore Giovanni XXIII in occasione della beatificazione di colei che oggi ci trova qui riuniti.

Siete venuti a Roma, percorrendo in senso inverso, il cammino che il Padre di Marguerite d'Youville fece. Infatti, Christophe Dufrust de la Jemmerais lascio il suo paese natale nel 1685 per stabilirsi nel Québec. E' una gioia sapere che fra noi sono presenti circa cento pellegrini giunti dalla Bretagna con l'ex Arcivescovo di Rennes, il Cardinale Paul Gouyon che ora saluto.

Leggendo la biografia di Marguerite d'Youville se ne distinguono la saggezza e la semplicità dei consigli che ancor oggi ispirano le "Suore Grigie" dei diversi Istituti sorti grazie alla luce della loro Santa. Vivere "nell'unione perfetta, facendo un sol cuore e una sola anima, essendo in tutto premurose le une verso le altre e sopportando con carità i difetti degli altri perché per sopportare i nostri difetti si ha bisogno di una carità ancor più grande".

Occorre osservare "la vera povertà, non possedere nulla di proprio, ma tutto in comune e accettando con riconoscenza ciò che per carità sarà donato, come Gesù Cristo che, Maestro assoluto di tutti i beni, non sapeva dove poggiare la testa".

Care sorelle osservate tutte quelle regole che vi dettano il giusto comportamento da seguire. Possa la vostra vita religiosa essere sempre ispirata affinché attraverso voi tutti coloro che lavorano con voi ne traggano beneficio! Chiederemo a Santa Marguerite d'Youville di vegliare sulle Suore di Carità e di far fiorire le vocazioni nei loro Istituti perché esse abbiano sempre i mezzi per rispondere alle sfide che verranno loro lanciate. Oggi la Chiesa si arricchisce del nome di una nuova santa. Cari amici, siete venuti da lontano per partecipare alla Messa di canonizzazione di una donna alla quale voi mostrate la vostra fedeltà.

Dal tempo in cui visse fino ad oggi, Marguerite d'Youville ha lasciato un segno profondo attraverso la sua opera; infatti essa rappresenta un modello di solerte carità e in particolar modo verso coloro che soffrono, che sono ai margini della società, che non hanno una famiglia. Molto è cambiato da quando Marguerite d'Youville amministro il General Hospital a Montreal, ma sono certo che voi continuerete ad operare nella stessa direzione perché questa è la via di Cristo, vicino a coloro che soffrono, la via del Buon Samaritano, che si curo di una persona ferita stesa per terra nella parte opposta della strada.

Qualunque sia il vostro operato dirigetelo in aiuto dei vostri fratelli e delle vostre sorelle - vicine o lontane - afflitte da forme di sofferenza spirituali o materiali.

Santa Marquerite d'Youville intercede per voi e sostiene le vostre opere di carità. Rivolgete a Lei le vostre intenzioni.

Noi invochiamo il suo aiuto specialmente per i più poveri e i più bisognosi, ed è a lei che noi chiediamo d'ispirarci le parole e le azioni che possono alleviare le sofferenze di tutti.

Ringraziamo Dio che è sempre fra noi ed abbiamo fede in Cristo che è Consolazione d'Israele e speranza del mondo. E' per tutti voi che io invoco l'intercessione di Santa Marguerite d'Youville, chiedo a Dio di vegliare sulle vostre missioni e ancora una volta do a tutti voi la mia Benedizione.

(Traduzione dal francese e dall'inglese)

Data: 1990-12-10

Lunedi 10 Dicembre 1990



Agli studenti degli Atenei romani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'università: una vera comunità che vive la gioia e la responsabilità di ricercare, trovare e comunicare la libertà

"Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16).


1. Gesù parla con Nicodemo. L'interlocutore di Gesù è un conoscitore della Scrittura, è un uomo di animo nobile. Vive della fede d'Israele, quindi vive nell'attesa dell'Avvento della promessa di cui parlano le Scritture: Mosè e i Profeti.

Gesù parla con Nicodemo. Gli dice che l'Avvento dell'antica alleanza ha raggiunto la sua realizzazione. Dalla promessa è emersa la Verità. Al posto delle previsioni che adombravano il tempo futuro è subentrata la realtà. Questa realtà è il Figlio mandato da Dio nel mondo. Dio è il Padre. Israele ha creduto nella paternità di Dio, l'ha sperimentata nel corso della sua storia. Proprio per questo ha perseverato nell'aspettare la realizzazione delle promesse. L'intero Avvento è stato intessuto dalla fede d'Israele e dalle sue attese. Basta seguire la liturgia quotidiana di questo periodo per averne una riprova. Vi è in essa soprattutto l'Antico Testamento: mediante la lettura di Isaia e di altri scritti profetici ci avviciniamo fino alla soglia del loro compimento con la figura di Giovanni Battista al Giordano.


2. Nel colloquio notturno con Nicodemo Gesù spiega come l'Avvento dell'Antico Testamento ha raggiunto già il suo compimento. Questo compimento è il Figlio, il Figlio Unigenito dato dal Padre. Queste parole costituiscono una novità assoluta per l'uomo dell'antica alleanza. Vi è contenuto in esse il nucleo stesso della nuova alleanza, con cui il pensiero religioso di Nicodemo, di Israele e dell'intera umanità si assuefarà con difficoltà. Incontrerà diverse resistenze quando Cristo, compiendo in mezzo al popolo la sua missione messianica, si riferirà alle promesse dei profeti. Questa novità - il Figlio Unigenito, il Figlio della stessa sostanza del Padre, come Uomo, come Figlio di Maria Vergine di Nazaret, concepito per opera dello Spirito Paraclito - questa novità continua a incontrare resistenze, non soltanto a motivo di un certo agnosticismo religioso o, addirittura, di alcuni atteggiamenti atei d'Occidente, ma incontra resistenze anche in varie tradizioni del pensiero religioso d'Oriente.

La realizzazione del primo Avvento è un rivelarsi del mistero di Dio, che supera le vie del pensiero umano. Anche del pensiero umano su Dio, del pensiero che pur desidera nutrirsi di cibo spirituale.


3. L'essenza della realizzazione del primo Avvento: l'Avvento dell'Antico Testamento, viene espressa nel colloquio con Nicodemo dalle ulteriori parole di Gesù: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 1,17).

La missione del Figlio è un Dono assoluto. In esso Dio, nel suo mistero trinitario, diventa Dono per l'uomo. Ha dato "il suo Figlio Unigenito". E questo Dono edifica la "vita eterna". Questo Dono ha importanza salvifica. Mediante questo Dono l'uomo diventa partecipe del Bene assoluto. Un tale Bene non sono il mondo e tutto il creato, ma soltanto Dio. L'Avvento realizzato in Cristo costituisce nella storia dell'umanità la realtà della salvezza. Della salvezza che viene da Dio: "Il vostro Dio... viene a salvarvi" (Is 35,4). Questa realtà trova corrispondenza nella formazione dello spirito umano. Tutto ciò cui aspira l'uomo è, in definitiva, orientato verso il Bene Assoluto. "Irrequieto è il nostro cuore fino a quando non riposa in te" (S.

Agostino, "Confessiones", 1,1), grida Agostino.

Il Vangelo riconferma questo orientamento fondamentale dello spirito umano. Lo riconferma rivelando la verità sulla salvezza che per l'uomo è il Figlio Unigenito.


4. In genere, per le religioni dell'Oriente, storicamente più antiche del cristianesimo, il motivo soteriologico è centrale. In esse si mette in rilievo in modo radicale il fatto che il mondo creato non può essere per l'uomo sorgente di salvezza. Ogni attaccamento al creato costituisce fonte di male e di sofferenza.

La salvezza consiste, quindi, nella liberazione radicale dell'uomo da tali attaccamenti.

Potrebbe sembrare che il motivo soteriologico avvicini queste tradizioni religiose al cristianesimo. Ma l'esperienza di millenni indica che l'accostamento è difficile.

La soglia della differenziazione sembra essere la verità sul Dio che ha amato il mondo. Cristo è ammirato da molti pensatori dell'Oriente, tuttavia nella tradizione del pensiero soteriologico sembra impossibile che Dio possa "dare" se stesso, farsi dono nel Figlio, venendo nel mondo.


5. Con la venuta del Figlio si è aperto l'Avvento della nuova alleanza che è l'alleanza eterna. Questa alleanza non ha un proprio compimento, né dimensione temporale, né storia umana. E' l'alleanza escatologica che ha il suo compimento in Dio stesso, nella vita trinitaria. Questo compimento si realizza mediante l'amore che "è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo" (Rm 5,5).

Lo Spirito ci è stato dato in virtù del sacrificio di Cristo. Egli è il Paraclito nel quale questo sacrificio redentore porta frutti per la vita eterna: per la salvezza mediante la partecipazione al mistero di Dio conosciuto "faccia a faccia" (cfr. 1Co 13,12).

Tale conoscenza "faccia a faccia" è il compimento definitivo dell'Avvento della nuova alleanza. Essa è quella "casa" che l'eterna Sapienza si è costruita, secondo le parole dell'odierna liturgia (cfr. Sg 9,1). Essa, in definitiva, porta la felicità, perché è ripiena di Amore: un Amore maturo, che ha ricevuto in sé la dimensione interiore del Paraclito: dello Spirito che "scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio" (1Co 2,10). E qui, nella nostra vita temporale, lo Spirito di Cristo "intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili" (Rm 8,26), allorché non ridestiamo in noi il desiderio salvifico di Dio, anzi lo soffochiamo.


6. Con questi pensieri nel cuore, desidero esprimere il mio cordiale saluto a tutti voi, docenti, studenti e personale tecnico-amministrativo delle Università Romane. Ringrazio vivamente i rettori delle Università italiane per la loro partecipazione a questa assemblea spirituale in preparazione alle feste natalizie.

Mi è gradito vedere in questa assemblea un felice momento di realizzazione della "Universitas magistrorum et scholarium", vera comunità che vive la responsabilità e la gioia di ricercare la verità, di trovarla e di comunicarla in tutti gli ambiti del sapere.

La ricerca culturale può far emergere e approfondire la sete di Dio e della sua salvezza, ma può anche bloccare o soffocare questa tendenza connaturale all'uomo. Occorre evitare il pericolo di limitare il campo dello scibile a ciò che è sperimentabile e misurabile, trascurando i valori della bontà, della bellezza, dell'amore, della spiritualità ed eliminando le domande fondamentali sul senso della vita e della storia; anche se oggi la scienza stessa avverte sempre più i suoi limiti e constata l'insondabilità del mistero dell'uomo e del cosmo.

D'altra parte la crescente specializzazione e frammentazione delle discipline scientifiche creano una certa incomunicabilità tra scienza e scienza, impedendo una visione globale dell'uomo. Inoltre l'alleanza tra scienza e tecnica in una società produttivistica spinge a svalutare le discipline umanistiche e il loro linguaggio simbolico, che è una via alla trascendenza. Una maggiore interdisciplinarità e un più vivo approfondimento delle scienze umane possono far superare quelle barriere che impediscono di cogliere l'uomo nei suoi valori spirituali, etici e trascendenti.

L'impegno dei credenti, i quali studiano nelle Università, deve indirizzare il sapere verso la centralità dell'uomo e verso l'interrogativo fondamentale: "se l'uomo trovi la speranza unicamente in se stesso, nei propri mezzi, nella Società e nel cosmo, o se possa confidare nell'intervento di una Parola divina" (Consiglio Permanente della CEI, "Lettera su alcuni problemi dell'Università e della cultura in Italia", 4).

Cari docenti e studenti, conosco il disagio e le difficoltà che si sono manifestate, soprattutto negli ultimi mesi, nelle Università italiane, e in quelle di Roma in particolare: auguro che attraverso gli opportuni provvedimenti si possano creare le condizioni favorevoli affinché venga realizzata quella comunità di ricerca, tanto necessaria a un fecondo dialogo interdisciplinare e all'emergenza delle domande radicali sull'uomo e sul suo destino.

A questo scopo, è necessario che nell'Università i credenti si adoperino per trovare spazi di incontro, di riflessione e di preghiera; e che le associazioni e i movimenti, presenti nell'istituzione accademica, operino in comunione, sotto la guida del vescovo, per testimoniare la propria fede e irradiare quella luce che Cristo offre a chi cerca la verità per il bene dell'uomo.


7. La ricerca della verità è la prima e fondamentale aspirazione dell'uomo; è stata la fatica più nobile dei grandi intelletti di ogni tempo; è stata la passione segreta di Nicodemo, l'interlocutore notturno di Gesù circa il problema della salvezza eterna.

Anche la verità dell'Avvento si inserisce in questa vasta problematica, recandoci la risposta di Dio. Questa risposta può subire minacce nell'uomo e nelle singole epoche, in cui egli si trova a vivere. Anzi, può essere minacciata la stessa domanda.

Talora l'uomo non vede la necessità di una domanda. E' così assorbito dal "mondo" da non vedere la necessità dell'amore più grande di questo mondo, la necessità del Figlio, dato dal Padre al mondo e all'uomo "perché non muoia".

L'uomo dimentica che può morire, sebbene il "mondo" glielo ricordi costantemente.

perciò alla spiritualità d'Avvento appartengono pure le parole di Cristo sul giudizio: "Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie" (Jn 3,19).

Esiste, quindi, questo grave giudizio sulle nostre opere. Occorre osservare assiduamente quale amore è più grande in noi: se l'amore alla luce, oppure l'amore alle tenebre.

Cristo, nel proclamare, ancora una volta, nella notte di Natale, che la luce è venuta nel mondo, ci invita a rivolgere un tale sguardo, che è lo sguardo della fede salvifica.

"Guardate a lui e sarete raggianti non saranno confusi i vostri volti" (Ps 33,6). E nello stesso tempo, dalla soglia della casa, che l'Eterna Sapienza si è costruita nella storia dell'uomo, Cristo ci dice: "Venite, mangiate il mio pane" (Pr 9,5).

Questo è il cibo di vita eterna. Amen!

Data: 1990-12-13

Giovedi 13 Dicembre 1990


GPII 1990 Insegnamenti - A 25 anni dalla fine del Concilio - S. Maria Maggiore (Roma)