GPII 1991 Insegnamenti - Ai vescovi argentini in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)


1. Con intima gioia ricevo oggi voi, vescovi dell'Argentina, in questo incontro collegiale, culmine della vostra visita "ad Limina Apostolorum". Desidero esprimere il mio ringraziamento a monsignor Estanislao Karlic, arcivescovo di Paranà, primo vicepresidente della Conferenza Episcopale Argentina, per il saluto che mi ha appena rivolto, facendosi portavoce di tutti voi e dei fedeli delle vostre diocesi.

Nei colloqui personali che abbiamo avuto in questi giorni, ho potuto apprezzare nuovamente la vitalità di quelle Chiese particolari, la vostra sollecitudine di pastori, la dedizione dei vostri collaboratori nel ministero apostolico e la fedeltà a questo centro di unità che è la Sede di Pietro. Come è accaduto per il mio incontro con il primo gruppo di vescovi argentini, la riunione di oggi evoca spontaneamente in me il ricordo dei viaggi pastorali nel vostro paese, benedetto fin dalle sue origini dalla predicazione del Vangelo e dal dono del Battesimo, e che continua ad essere l'immenso campo di attività in cui siete inviati e in cui svolgete con dedizione il vostro ministero episcopale.

Mi tornano adesso alla mente le parole che ho pronunciato a Buenos Aires nella celebrazione eucaristica con le persone consacrate e gli agenti di pastorale: "Chiesa in Argentina: alzati e risplendi!". So che questa esortazione del Papa a partecipare al compito di una nuova evangelizzazione, in coincidenza con la celebrazione del quinto centenario dall'inizio dell'evangelizzazione dell'America, è stata accolta con spirito pronto e generoso e che la risposta si sta concretizzando nell'elaborazione di un progetto di pastorale comune per le diocesi dell'Argentina, allo scopo di rivitalizzare tutte le comunità della Chiesa e poter adempiere più pienamente al mandato evangelizzatore di Cristo. Perché, come insegnava il mio predecessore Paolo VI, la vita intima della Chiesa "non acquista tutto il suo significato se non quando essa diventa testimonianza, provoca l'ammirazione e la conversione, si fa predicazione e annuncio della buona novella" (EN 15).


2. Infatti, "la chiesa peregrinante per sua natura è missionaria" (AGD 2) e perciò occorre rinnovare incessantemente lo spirito della missione in tutti i suoi membri, a partire dalla progressiva maturazione di ciascuno nella propria fede battesimale. Nel caso della Chiesa pellegrina in Argentina, il suo dinamismo missionario deve tendere, senza dubbio, a promuovere la salvezza di tutti i suoi abitanti, mediante la sua adesione di fede e di amore a Gesù Cristo, nostro unico Redentore.

Ma, per conseguire una partecipazione attiva di ognuno dei membri della Chiesa nella missione che, benché a titolo diverso, è competenza di tutti, è necessario dedicare un'attenzione prioritaria e sviluppare un intenso sforzo per portare intere moltitudini di battezzati - allontanatisi dalla pratica religiosa o che forse non sono neppure stati educati ad essa - ad una coscienza più chiara ed esplicita della propria identità cattolica e della propria appartenenza alla Chiesa, alla pratica assidua della vita sacramentale e alla loro integrazione nelle proprie comunità cristiane. Con pazienza, con paterna pedagogia, attraverso un itinerario catechistico permanente, attraverso missioni popolari e altri mezzi di apostolato, aiutate quei fedeli a maturare nella loro coscienza di appartenere alla Chiesa e a scoprirla come la loro famiglia, la loro casa, il luogo privilegiato del loro incontro con Dio.

Sono proprio quelle moltitudini che conservano la fede del loro battesimo, ma probabilmente indebolita dal disconoscimento delle verità religiose e da una certa "emarginazione" ecclesiale, le più vulnerabili dinanzi all'impatto del secolarismo e del proselitismo delle sette. Senza una piena integrazione nella vita ecclesiale e nelle sue strutture visibili, senza una partecipazione viva alla Parola e ai Sacramenti, la fede tende ad illanguidire e difficilmente potrà resistere nel clima dissacratorio che regna - soprattutto nei grandi centri urbani - e che esorta a lasciare da parte Dio e a disconoscere l'importanza della religione per l'esistenza quotidiana degli uomini. La presenza delle sette, che agiscono specialmente su questi battezzati insufficientemente evangelizzati ed allontanatisi dalla pratica sacramentale, ma che conservano inquietudini religiose, deve costituire per voi una sfida pastorale cui occorre rispondere con un rinnovato dinamismo missionario.


3. Quei cristiani, che si è soliti qualificare come non praticanti, conservano tuttavia molte espressioni della pietà, che è un ricco patrimonio del vostro popolo, così come delle nazioni sorelle dell'America Latina. Attraverso quella pietà, soprattutto alla Vergine Maria e ai Santi, essi manifestano la loro appartenenza alla Chiesa. Queste espressioni di religiosità devono essere oggetto e punto di partenza di un'intensa "pedagogia dell'evangelizzazione" (cfr. EN 48), per evitare che siano contaminati da elementi superstiziosi e possano, invece, giungere ad un pieno rinnovamento della fede e ad un sincero impegno di vita secondo il Vangelo.

So già che da un po' di tempo si sta intensificando l'azione di gruppi missionari che, con generosità e sacrificio, diffondono la Parola di Dio e promuovono la vita sacramentale, oltre all'aiuto caritatevole e alla promozione umana, fra le popolazioni più bisognose di assistenza pastorale. Desidero incoraggiare, quindi, tutti coloro che compiono questa meritoria opera ecclesiale a continuare ad intensificare questi gesti di comunione tra le diverse diocesi.

Sono anche lieto di apprendere che molti giovani si sentono chiamati ad essere protagonisti della missione. Prego ardentemente il Signore affinché ogni comunità ecclesiale in Argentina possa essere veramente evangelizzata ed evangelizzatrice.

Cari confratelli: procurate che le vostre diocesi ed ognuna delle loro comunità siano veri centri missionari; rinnovate il vostro impegno ad accrescere e ad approfondire la formazione degli agenti di pastorale a questo scopo. Possa la vostra sollecitudine e dedizione trascinare i vostri sacerdoti, religiosi, religiose e i membri delle istituzioni e movimenti di apostolato laico. Che ciascuno possa sperimentare quel "dovere" imperioso di cui parla san Paolo e fare sue le parole dell'Apostolo: "Guai a me se non predicassi il Vangelo" (1Co 9,16).


4. In anni recenti avete dedicato una speciale attenzione alle priorità pastorali "Famiglia" e "Gioventù". Mi congratulo per questo e vi suggerisco che quelle due tematiche, intimamente vincolate, siano oggetto continuo delle vostre iniziative apostoliche.

Il futuro della Chiesa in Argentina e il bene della stessa comunità nazionale dipendono in larga misura dal consolidamento dell'istituzione familiare - fondata sul matrimonio indissolubile - e dall'educazione della gioventù, radicata nei valori e negli ideali che la tradizione cattolica ha portato alla vostra patria.

Sebbene sia vero che nel vostro popolo persiste felicemente un solido senso della famiglia, ovvero la coscienza e la stima del suo valore, tuttavia non ignorate che, nell'attuale situazione, possiamo scorgere alcune delle "ombre" che ho descritto nell'Esortazione Apostolica "Familiaris Consortio", e che sono segni negativi della cultura contemporanea: "Il numero crescente dei divorzi; la piaga dell'aborto; il ricorso sempre più frequente alla sterilizzazione; l'instaurarsi di una vera e propria mentalità contraccettiva" (FC 6). Più ancora, le frequenti separazioni e la mentalità divorzista che aumentano con i cattivi esempi e con l'influsso negativo dei mezzi di comunicazione sociale, stanno indebolendo nei giovani la convinzione che il matrimonio è, per sua stessa natura e per volontà di Cristo, un'alleanza nella fedeltà e per sempre. In questo modo si mette in pericolo il futuro dell'istituzione familiare e la stessa sopravvivenza di una società sana, armonica ed autenticamente umana.

E' risaputo che la frattura della vita familiare produce effetti deleteri sui figli, che sono le prime vittime. Il fenomeno dell'abbandono affettivo e spirituale dei giovani, che si sentono di fatto "senza famiglia", è la causa di mali più gravi che compromettono lo sviluppo integrale della gioventù di un paese: mancanza di valori e di mete nella vita, disorientamento, disaffezione al lavoro, vulnerabilità dinanzi all'ambiente di edonismo e corruzione morale, alcolismo, tossicodipendenza, delinquenza.

La salvaguardia della famiglia deve essere un obbiettivo pastorale permanente per voi. In questo senso, desidero esortarvi a continuare con il massimo impegno la missione già intrapresa e a plasmarla in concrete realizzazioni. Si tratta di dare vita ad una pastorale famigliare organica e permanente, destinando a questo scopo i mezzi che siano necessari e preparando al riguardo agenti di pastorale adeguati tra i vostri sacerdoti, religiosi e membri del laicato che, con una formazione specifica nelle materie che attengono a questo ambito, vi aiutino ad affrontare con creatività ed efficacia questa sfida.

Non è meno importante, per raggiungere questo obbiettivo pastorale, promuovere la spiritualità familiare tra gli sposi e nelle famiglie. Ciò farà si che la famiglia non solo sia evangelizzata, ma anche evangelizzatrice e in grado di assumere l'eccelsa missione di educare i figli in uno stile di vita pienamente umano ed evangelico.


5. Un ricordo incancellabile del mio viaggio apostolico in Argentina continua ad essere quel commovente incontro con i giovani nella celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù, la Domenica delle Palme del 1987. In quell'occasione, come negli altri luoghi visitati, la presenza fervida e massiccia dei giovani ha mostrato con eloquenza il frutto del piano pastorale che avete chiamato "Priorità Gioventù". Sono anche a conoscenza dell'avvenimento religioso, tanto degno di ammirazione, costituito dall'annuale pellegrinaggio di centinaia di migliaia di giovani al Santuario di Nostra Signora di Lujan. E mi rallegro che siano molti anche i giovani che prendono parte alle attività e che si integrano in istituzioni e movimenti ecclesiali. E' questo un segno di speranza per la Chiesa in Argentina, ma anche una grave responsabilità e una sfida permanente per voi, al fine di dare nuovo vigore alle diverse iniziative in quest'ambito, come avete sottolineato al recente "lncontro Nazionale dei Responsabili di Pastorale della Gioventù".

A questo riguardo, vorrei far notare che non basta una risposta massiccia ed entusiasta dei giovani. Bisogna anche offrire loro una formazione solida ed esigente, sia a livello spirituale, che umano; una formazione che li aiuti a crescere nella fede e ad aderire in modo sempre più vivo e consapevole a Gesù Cristo e alla sua Chiesa. Solo così essi potranno assumere il loro ruolo di "soggetti attivi, protagonisti dell'evangelizzazione e artefici del rinnovamento sociale" (Christifideles Laici, CL 46). Affrontando questo aspetto, delicato e fondamentale, della pastorale giovanile, offrirete un inestimabile contributo al futuro della Chiesa e della società argentina.


6. La coscienza del dovere apostolico ha portato, più di una volta, tutto l'Episcopato, ad orientare con opportune direttive il cammino tutt'altro che facile della comunità nazionale verso una convivenza più giusta e verso il rafforzamento di un'autentica pace sociale.

Il vostro paese si vede colpito dalle conseguenze di una prolungata crisi, i cui aspetti si fanno sentire in tutti i settori della vita nazionale. Vi chiedo di trasmettere ai vostri fedeli la mia preoccupazione e la mia solidale vicinanza; dite loro che li ho sempre presenti nella mia preghiera.

Cari confratelli: le difficoltà dell'ora attuale non vi devono scoraggiare ma, al contrario, devono suscitare in voi una rinnovata speranza ed un'intrepida fortezza. E' stato detto spesso - e lo riconoscono quanti cercano di fare una diagnosi obiettiva e sincera dei gravi problemi politici, economici e sociali - che la crisi è di natura morale. La stabilità di un ordine nella convivenza sociale, la vigenza di rapporti di giustizia e di equità, il rispetto dei diritti e l'osservanza dei doveri che la legge impone, la solidarietà, senza cui una comunità non può assicurare il suo autentico bene, sono valori che, in definitiva, devono essere forgiati nello spirito e nel cuore degli uomini.

Voi vescovi argentini avete dato prova della speranza che sostiene la vostra azione pastorale. Non avete taciuto dinanzi ai problemi e alle difficoltà, ma avete orientato tutti durante questa prolungata prova che il paese attraversa.

Costituite quindi un punto di riferimento, un'autorità morale che contribuisce ad evitare ulteriori disgrazie alla comunità nazionale. "Diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum" (Rm 8,28). Questa convinzione di San Paolo acquista attraverso voi una singolare eloquenza. Sono grandi le sfide pastorali che state affrontando in Argentina. Per questo avete descritto con precisione il momento attuale definendolo come una crisi morale. Infatti, le crisi portano con sé sbandamenti e lacerazioni; ma sono anche processi aperti che non devono necessariamente sfociare in qualcosa di veramente negativo. Esse possono e devono essere orientate dall'interno, affinché maturi e si manifesti tutto il bene che possono comportare.

I cattolici argentini avvertono che le sfide attuali richiedono un maggiore radicamento nella fede, una città più profonda e solidale. La nuova evangelizzazione è tempo propizio; e la Vergine di Lujan continuerà, di sicuro, a guidare i vostri passi. Ma, non cessate di esortare i vostri fedeli e di spingerli a collaborare - insieme a tutti i cittadini di buona volontà - alla ricostruzione del tessuto etico della società argentina, con magnanimità e spirito di sacrificio, come risposta obbligata agli abbondanti doni con cui la Divina Provvidenza ha benedetto la vostra terra e come si addice alla nobiltà delle vostre tradizioni patrie ed alla vocazione di un popolo forgiatosi sotto la protezione della Croce di Cristo e in seno alla sua Chiesa. Continuate inoltre a suscitare e sostenere la vocazione di dirigenti laici che nell'attività lavorativa, imprenditoriale, politica e in tutti gli ambiti della vita nazionale, si propongono di mettere in pratica i postulati della dottrina sociale della Chiesa, ispirandosi ad essa per elaborare le soluzioni e i programmi che il paese richiede. E' importantissima inoltre la formazione dei fedeli alle virtù proprie della vita sociale; queste devono essere espressione dell'amore dei cristiani per la loro patria, della carità e della pietà che come figli le devono.


7. Per concludere questo graditissimo incontro, ripeto la preghiera che ho formulato in una delle celebrazioni eucaristiche nella vostra amata patria: "Oh, quanto chiedo a Dio che l'Argentina cammini nella luce di Cristo!" (Buenos Aires, 10-4-1987, 9).

Nell'elevare adesso questa supplica al Signore, il mio pensiero si rivolge a tutti gli abitanti della terra argentina e in modo particolare ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai membri delle istituzioni e dei movimenti dei laici e a tutti i fedeli. A tutti dico con l'Apostolo san Paolo: "Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza" (Ep 6,10). Non scoraggiatevi, quindi, nel vostro lavoro e nella vostra testimonianza, piuttosto, con piena fiducia nella grazia di Dio, rendete presente Cristo in tutte le circostanze, della vostra vita. Questo è il mio desiderio: che "lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene" (2Th 2,16-17).

Carissimi confratelli, tornando adesso alle vostre diocesi, sappiate che vi accompagna la mia più viva riconoscenza per la vostra opera, il mio affetto e la mia preghiera costante e la Benedizione Apostolica che vi imparto di cuore.

A Maria, la Madre del Redentore, che con il titolo di Lujan invocate come Madre e Patrona degli argentini, affido con fervore le vostre persone, le vostre Chiese particolari e tutta la vostra nazione.

(Traduzione dal spagnolo)

Data: 1991-01-18
Venerdi 18 Gennaio 1991

Lettera ai fedeli della diocesi di Roma - Città del Vaticano

Titolo: Comunità ecclesiale sempre più unita nella verità e nella carità di Cristo

Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Dio che è in Roma,


1. Il passaggio di consegne, che avviene nell'ufficio del mio primo collaboratore per la guida della diocesi, mi induce a rivolgervi questa lettera per riflettere con voi sul cammino che ci attende e per proporre alcune linee orientatrici che diano slancio e vigore al comune impegno, diretto a favorire lo svolgimento del Sinodo diocesano e la costruzione di una comunità ecclesiale sempre più unita nella verità e nella carità di Cristo e in grado, quindi, di sempre meglio servire Dio e gli uomini nell'opera della nuova evangelizzazione. Vi saluto tutti con grande affetto, assicurandovi che la diocesi di Roma occupa un posto specialissimo nel mio cuore, nei miei pensieri e nella mia sollecitudine pastorale.


2. Desidero innanzitutto rinnovare l'espressione della mia viva, personale gratitudine al Signor Cardinale Ugo Poletti, che per oltre 12 anni mi è stato accanto nella quotidiana dedizione a questa amata Chiesa di Roma, spendendosi senza riserve in una generosità pastorale che sembrava non avvertire stanchezza.

La sua conoscenza dei sacerdoti e delle parrocchie, come di tutte le forze vive, religiose e laiche, che compongono il tessuto diocesano, mi è stata di fondamentale aiuto nel progressivo avvicinamento alla realtà cittadina. La sua sensibilità pastorale, aperta a cogliere ogni fermento che veniva manifestandosi nel contesto ecclesiale e civile della città, mi ha offerto illuminanti suggerimenti per le decisioni da prendere nelle diverse situazioni. Il suo zelo generoso, sempre disposto a farsi carico delle molteplici incombenze connesse con l'ufficio, mi è stato di grande sollievo nell'adempimento dei doveri derivanti dall'universale ministero che la successione all'apostolo Pietro comporta. Sia dunque ringraziato il Cardinale Poletti per quanto ha fatto e, attraverso lui, sia ringraziato il Signore che ha voluto farmi dono della familiarità e della collaborazione di un così valido Uomo di Chiesa. Voglio, poi, rivolgere un fraterno saluto al nuovo Pro-Vicario, Monsignor Camillo Ruini, che ritengo persona particolarmente preparata per assumere l'importante e delicato incarico. Chiedo per lui l'abbondanza dei doni dello Spirito perché, unitamente ai Vescovi Ausiliari, possa attivamente lavorare alla vostra edificazione e godere della vostra piena e fiduciosa collaborazione.


3. La realtà della Chiesa di Roma è per molti versi singolare. Anzitutto, per essere la Sede del Successore di Pietro, partecipe quindi del carattere universale del suo ministero. Proprio per questo essa è chiamata ad una speciale esemplarità cristiana, perché a lei giustamente guardano tutte le altre Chiese, come a quella che presiede nella carità". Ma questo ruolo esemplare essa deve esercitare nella situazione complessa e in certo senso unica di una città come Roma, dove la grandezza della tradizione religiosa e civile è vissuta nella realtà di una metropoli moderna, che è capitale di un'importante Nazione, sede di attività politica e di vita culturale e centro ormai di molteplici iniziative economiche, anche nei settori più avanzati. Questa stessa città sente in maniera acuta i disagi e le fatiche della convivenza quotidiana, è afflitta da disuguaglianze stridenti e da molteplici forme di povertà e di emarginazione. Pur essendo ricca di vitalità cristiana - per vari aspetti oggi più che nel passato -, conosce la sfida massiccia della secolarizzazione, che si concretizza in una condotta di vita "come se Dio non esistesse" e porta con sé la crisi di tante famiglie, la perdita in molti giovani del senso e del gusto della vita, l'offuscarsi di valori fondamentali, come il rispetto della vita umana e la solidarietà sociale, per giungere fino alle forme più gravi della delinquenza organizzata.


4. Proprio in questa situazione, carissimi fratelli e sorelle, la Chiesa di Roma è chiamata a far convergere in uno slancio unitario le molteplici energie che lo Spirito Santo le ha donato, le ricchezze della sua nobilissima tradizione e i frutti del rinnovamento conciliare, per far giungere a tutti l'annuncio e la testimonianza di Gesù Cristo, unico Redentore dell'uomo. Ciò suppone la proposta di itinerari di educazione alla fede che, partendo dalla famiglia e dalla prima formazione dei bambini, si sviluppino in forme proporzionate alle tappe dell'iniziazione cristiana, e culminino in una rinnovata e capillare catechesi dei giovani e degli adulti, illuminando con l'integrale verità della fede gli interrogativi della coscienza e le difficoltà della vita.


5. Per essere autenticamente missionarie, le nostre comunità ecclesiali dovranno rivolgersi ad ogni persona con quello sguardo di amore e quella prontezza al servizio che il Maestro divino ci ha insegnato. Per grazia di Dio sono già molte e forti le testimonianze di condivisione e di solidarietà operosa della Chiesa di Roma verso i fratelli più deboli, i poveri, i sofferenti: esse devono continuare ed aumentare. Nello stesso tempo, e col medesimo spirito, l'impegno apostolico e la sollecitudine pastorale vanno orientati verso quegli ambiti nei quali si costruisce preferenzialmente il futuro della città, permeandoli col fermento del Vangelo, per porre così le premesse di un futuro veramente cristiano. Mi riferisco in particolare alla pastorale della famiglia, chiamata a far crescere progressivamente la capacità delle famiglie cristiane di essere soggetti attivi di evangelizzazione e di solidarietà nei confronti delle altre famiglie; a una pastorale giovanile, che si preoccupi di promuovere luoghi di socializzazione e formazione cristiana aperti alla generalità dei giovani; a una pastorale della cultura, che sappia incarnare la fede e l'etica cristiana negli sviluppi sempre nuovi delle attuali conoscenze e possibilità di azione, realizzando una presenza missionaria nelle istituzioni - a cominciare dalle Università - deputate alla elaborazione e trasmissione del sapere.


6. Il Sinodo diocesano, come comune cammino e impegno apostolico di tutte le componenti della Chiesa di Roma, è la sede naturale nella quale questi orientamenti pastorali devono confluire, per trovare pratica attuazione. E' un Sinodo per tutto il popolo di Dio e di tutto il popolo di Dio che è in Roma, nel quale ciascuna persona e famiglia cristiana, le parrocchie, le comunità religiose, le associazioni e i movimenti ecclesiali sono chiamati a vivere più profondamente e nel segno di una più forte comunione, secondo l'ecclesiologia del Concilio Vaticano II, la propria vocazione apostolica e missionaria. In questo invito al cammino comune, un pensiero particolare va ai parroci e alle parrocchie di Roma: sono i pilastri su cui si regge la pastorale quotidiana ed a loro è anzitutto affidata anche la svolta verso una pastorale maggiormente missionaria, grazie alla quale le parrocchie sappiano penetrare negli ambienti di lavoro, di educazione e di cultura, come nei luoghi della sofferenza, e così in certo senso cercare e trovare se stesse al di fuori di se stesse, secondo il mandato apostolico del Signore risorto, che ci comanda di "andare" alla ricerca di ogni fratello. Con i parroci ricordo tutti i sacerdoti e quanti, nei seminari della diocesi, si preparano al sacerdozio: la capacità di "andare" nel nome del Signore presuppone di aver dimorato a lungo, nella preghiera, nello studio sacro, nella vita comunitaria, vicino al Signore.


7. Carissimi fratelli e sorelle, per il Sinodo diocesano come per tutta la vita e l'azione della Chiesa la preghiera è l'anima e la forza decisiva. Al termine di questa lettera rinnovo dunque il pressante invito alla preghiera insistente per il Sinodo e per la Chiesa di Roma: è un impegno di tutti, ed è un particolare appello che il Vescovo di Roma rivolge alle comunità di vita contemplativa. Affido le intenzioni di questa lettera e il nostro cammino di Chiesa all'intercessione sommamente efficace di Maria Santissima nostra Madre e nostra Fiducia, Salvezza del Popolo Romano e Madonna del Divino Amore, ed all'immenso coro di preghiera che sale incessantemente al Padre dagli Apostoli Pietro e Paolo e da tutti i Santi e le Sante che hanno fecondato con il loro sangue e le loro virtù la terra di Roma.

Quale rinnovato pegno del mio affetto, imparto a tutti voi la Benedizione Apostolica, propiziatrice di copiosi favori celesti.

Data: 1991-01-19
Sabato 19 Gennaio 1991

Ai superiori ed alunni dell'"Almo Collegio Capranica" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il dono totale della vita al servizio del Vangelo




1. Il mio benvenuto ai Signori Cardinali, al Pro-Vicario di Roma, ai Vescovi, al Rettore, ai Superiori ed agli Alunni dell'Almo Collegio Capranica per questa speciale Udienza, che si svolge, come è ormai consuetudine, in prossimità della festa di Sant'Agnese, celeste Patrona dell'Istituto. Saluto tutti voi, che componete oggi la Comunità Capranicense, e tutti gli ex-Alunni, che in diverse parti del mondo esercitano il loro ministero a servizio della Chiesa e delle anime. E' sempre stato impegno e vanto della Famiglia capranicense un forte vincolo di fedeltà alla Chiesa e di sincera dedizione alla sua causa. La stessa storia del Collegio ne è una chiara testimonianza.


2. Già fin dagli inizi, con grande sensibilità verso i bisogni della Chiesa del suo tempo, ed ispirato a generoso spirito di carità, il Cardinale Domenico Capranica istitui nel suo palazzo per i giovani chiamati al sacerdozio nella Città di Roma, una comunità con il duplice scopo di esercitare l'opportuno discernimento vocazionale e di favorire la preparazione umana, teologica e spirituale dei candidati al ministero sacerdotale. In questo modo il Collegio Capranica anticipo il programma che in seguito il Concilio Tridentino ha prescritto per tutta la Chiesa. Anche nelle successive ed opportune riforme dei propri Statuti il Collegio Capranica è rimasto fedele al suo compito istituzionale. E' perciò con vero compiacimento che penso al vostro Collegio e alle personalità che in esso si sono formate, mentre vi invito ad accogliere con spirito di servizio tali tradizioni, consapevoli di quanto la Chiesa attende ancor oggi da voi. Con le parole del recente Sinodo dei Vescovi, vi esorto a vivere in questo tempo della vostra formazione "al seguito di Cristo, come gli Apostoli". Ricordate sempre che la vostra vita deve configurarsi a quella di Cristo, buon Pastore, perché solo così il ministero sacerdotale nella Chiesa e nel mondo potrà corrispondere alle esigenze del cammino di fede ed all'attuazione del Regno di Dio. Sappiate comprendere appieno che Cristo richiede da voi il dono totale della vostra vita e l'impegno generoso di tutte le vostre forze per servire il Vangelo e rendere testimonianza della fede in mezzo agli uomini.


3. Nella luce di tale programma potrete sempre meglio comprendere e valutare l'inestimabile valore degli anni che state vivendo in questo Almo Collegio.

Fortificate il vostro spirito con lo studio della Teologia, della Parola divina, di tutte le discipline che costituiscono il vostro curriculum accademico. Sappiate guardare i misteri che approfondite nel corso teologico con animo contemplativo, per poter scoprire i segni della volontà divina e gli impulsi della sua grazia.

Senza una particolare esperienza di Dio nella fede e senza una profonda spiritualità ogni vostro ministero rischierebbe l'insuccesso. Occorre che il Sacerdote sperimenti quella conoscenza amorosa del Cristo, di cui i Santi ci danno mirabile esempio. Da voi, in quanto ministri consacrati alla missione evangelizzatrice della Chiesa, si richiede una profonda preparazione, una sincera fedeltà al patrimonio della dottrina della fede e un fervido spirito di carità, nel clima della fraternità, che vi deve distinguere. Se sarete consapevoli del precetto del Signore "amatevi gli uni gli altri" e desiderosi di continuare nel mondo la testimonianza dei primi discepoli che erano "assidui e concordi nella preghiera", il vostro apostolato non mancherà di portare tutti quei frutti che la Chiesa si attende. Vi accompagni la Vergine Santa, Madre del Redentore e Regina degli Apostoli. Interceda per voi e per l'intera Famiglia Capranicense la Martire Agnese, modello di fedeltà a Cristo, "quae et aetatem vicit et tyramnum, et titulum castitatis martyrio consecravit". In questo momento, in cui il mondo si trova ancora una volta di fronte alla tragedia della guerra, vi invito a pregare intensamente per la pace.

Per questa finalità recitiamo ora insieme la preghiera dell'"Angelus".



Data: 1991-01-19
Sabato 19 Gennaio 1991

Angelus Domini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dai cristiani un contributo di unità per costruire una società più solidale

Angelus Domini.

"Lodate il Signore, popoli tutti".


1. Carissimi fratelli e sorelle, questa esortazione a lodare l'onnipotente Padre di tutti gli uomini è rivolta a ciascun credente e si fa invito pressante specialmente durante la "Settimana di preghiere per l'unità dei cristiani", che ricorre, come ogni anno, dal 18 al 25 gennaio. Pregare perché noi cristiani "siamo una cosa sola" è sempre doveroso, perché risponde ad una formale direttiva di Cristo stesso; ma lo è ancor più in questi giorni, che sono espressamente dedicati a questa nobilissima causa. Difatti, le divisioni intervenute lungo i secoli contraddicono il progetto del Signore, il quale ha voluto che la comunità dei suoi discepoli fosse una e santa: una perché santa e santa perché una. Ricercare l'unità è, dunque, un'impellente esigenza per l'autenticità e la "definizione" evangelica della vita cristiana.


2. A tale ricerca ci spingono anche le presenti condizioni del mondo: ai cristiani è oggi richiesto di offrire un vigoroso contributo di unità e di solidarietà alla costruzione di una nuova e più solidale società. E' loro compito testimoniare insieme, in maniera convincente, i comuni valori di fede e di carità che ispirano la loro vita. Come ai primi tempi della Chiesa, essi devono sentirsi pronti a rispondere a chiunque domandi loro ragione della speranza che hanno in sé. Non può prescindere dalla ispirazione religiosa una convivenza sociale e politica che voglia essere rispettosa dell'uomo e delle esigenze intrinseche alla sua natura.

E, al riguardo, la comunità cristiana ha responsabilità e compiti ben precisi.


3. In tale contesto l'attuale "Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani" costituisce un reiterato appello alla nostra coscienza di credenti e di seguaci di Cristo. Quest'anno siamo invitati a riflettere sull'importanza che la lode a Dio riveste nella costruzione dell'auspicata unità. Ciascun uomo, ciascuna donna, lodando il Signore non soltanto con le labbra, ma con l'insieme del suo essere e del suo agire, coopera alla formazione di un corale cantico di fede e di vita, che sale verso l'Alto per impetrare il dono della riconciliazione e della pace per i cristiani e per il mondo intero.

Rinnovo, pertanto, a tutti l'invito a pregare: invito voi che mi ascoltate e, con voi, tutti i cattolici disseminati in ogni regione della terra.

Unisca ciascuno la propria voce a quella dei fratelli per invocare il dono dell'unità: "Che tutti siano una cosa sola, affinché il mondo creda!".

Maria Santissima, alla quale ci rivolgiamo con la preghiera dell'Angelus, avvalori con la sua materna intercessione la nostra invocazione e la renda efficace presso il trono di Dio.

Data: 1991-01-20
Domenica 20 Gennaio 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Ai vescovi argentini in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)