GPII 1991 Insegnamenti - Le visite pastorali del vescovo di Roma

Le visite pastorali del vescovo di Roma

Titolo: Parrocchia di sant'Igino Papa al Tiburtino Sud

Agli abitanti del quartiere Sono già trascorsi 20 giorni dall'inizio dell'anno, ma questo anno è ancora nuovo per cui voglio augurarvi un buon anno. E formulo questo augurio nonostante la situazione che si è venuta a creare nell'ultima settimana con lo scoppio della guerra in Medio-Oriente. Speriamo che possa vincere la pace nonostante tutti i pericoli che la guerra porta con sé. Entrare in questa parrocchia vuol dire entrare in questa nuova chiesa che oggi deve essere dedicata al Signore, alla Santissima Trinità. Questa nuova chiesa è ancora una volta un segno della grande sollecitudine pastorale del Cardinale Ugo Poletti, Vicario di Roma durante tanti anni e mio più vicino collaboratore. Nello stesso tempo vorrei introdurre qui anche davanti a voi in questa parrocchia il suo successore, Pro-Vicario di Roma, Monsignor Camillo Ruini, augurando a lui un buon proseguimento nell'opera apostolica tanto importante accanto al Vescovo di Roma.

Saluto Monsignor Boccaccio che è il vostro Vescovo di zona e saluto il vostro parroco, il vice-parroco e tutta la comunità cristiana, la comunità ecclesiale, la comunità romana. Speriamo che a questi titoli risponderanno anche realtà profondamente cristiane di una Chiesa rinnovata attraverso il Sinodo, attraverso la nuova evangelizzazione che adesso tocca Roma, l'Italia e tutta l'Europa.

Abbiamo bisogno di una evangelizzazione nuova, di un approfondimento, di una risposta più approfondita, più decisiva alla domanda: che cosa vuol dire essere cristiani? Che cosa vuol dire essere cristiano nella storia del terzo millennio del cristianesimo? Una risposta profonda, forte, convincente. perciò faccio questi auguri di buon anno anche nella prospettiva di una tale risposta, della quale tutti abbiamo bisogno. E a tutti auguro di dare questa risposta che porta la pace perché Cristo vuol dire pace; pace definitiva, pace fra Dio e l'uomo. E se c'è la pace fra Dio e l'uomo allora le conseguenze sono la pace sulla terra, la pace tra gli uomini, tra i popoli. Se manca questa pace principale, questa riconciliazione tra l'uomo e Dio mancano anche tutte le dimensioni terrestri e temporanee della pace. Ecco, auguro la pace a tutti.

Agli operai e tecnici della nuova costruzione Costruire la chiesa è un compito non solamente materiale ma piuttosto spirituale perché la Chiesa è una costruzione visibile che ci porta verso l'invisibilità di Dio. Allora io vi auguro che questa opera che avete realizzato sia per voi anche segnata con una grazia speciale di Dio, con una sua entrata speciale nella vostra vita personale, familiare e anche professionale.

L'omelia durante la celebrazione della Santa Messa "In mezzo a voi sarà la mia dimora: io saro il vostro Dio e voi sarete il mio popolo".


1. Carissimi fratelli e sorelle della parrocchia di s. Igino, queste parole, che ci hanno introdotto all'ascolto del Vangelo odierno, ci consentono anche di scoprire il senso e la portata della celebrazione che stiamo compiendo. La liturgia della dedicazione di una chiesa offre un ricco messaggio non solo riguardo alla destinazione dell'edificio nel quale la Comunità cristiana è convocata per celebrare i misteri della redenzione, ma anche per prendere più viva coscienza del significato sacramentale dell'edificio stesso. Questo, infatti, non è soltanto un luogo destinato al raduno dei fedeli e di quanti desiderano incontrare Dio ed entrare in dialogo con lui, è anche l'immagine della Chiesa, tempio vivo di Dio, è segno di Cristo che parla al suo popolo attraverso le Scritture e che perpetua sull'altare il suo sacrificio pasquale. Come già esortava Agostino i suoi fedeli, lasciatevi guidare anche voi, cari fratelli, dai riti e dalle preghiere, in modo che "quanto vediamo fatto qui materialmente nei muri, sia fatto spiritualmente nelle anime; e ciò che vediamo compiuto nelle pietre e nei legni, si compia nei vostri cuori per opera della grazia di Dio".


2. L'umanità di Gesù, assunta da Maria Vergine per opera dello Spirito Santo, è divenuta la "dimora", in cui abita la pienezza della Divinità. Accogliendo la Parola del Signore e venendo a contatto con i gesti salvifici che egli compie per la liberazione integrale dell'uomo e che si attualizzano nei sacramenti della Chiesa, i credenti "entrano" in questo Tempio santo e realizzano la comunione con Dio e con i fratelli. In questa prospettiva la Chiesa nel suo insieme, ed in ciascuno dei suoi membri, nati a nuova vita dall'acqua e dallo Spirito, è veramente il Tempio di Dio, in cui risplende la luce della verità e s'irradia sulla terra la forza della carità. Si comprendono pienamente così le parole dell'apostolo Pietro ascoltate nella seconda lettura: "Voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo". La Chiesa è Tempio di Dio perché è fondata su Cristo, pietra angolare, è compaginata nella carità dalla potenza dello Spirito e rimane ancorata alla testimonianza e all'insegnamento degli Apostoli. Il culto al quale essa è abilitata, in forza della partecipazione al sacerdozio di Cristo, non si esprime in riti soltanto esteriori compiuti in un tempio materiale, ma è destinato a consumarsi nel cuore e nella vita dei credenti. Gesù stesso lo annuncia alla Samaritana come culto "in spirito e verità", animato, cioè, dallo Spirito, e perciò "interiore". Per questi motivi la chiesa-edificio, in quanto costruzione visibile, diventa "segno" della Chiesa pellegrina nel tempo ed immagine della Chiesa beata nel Cielo.


3. Comprendete allora, carissimi fratelli e sorelle, gli impegni che scaturiscono dalla presente celebrazione per la vita e la missione della vostra Comunità parrocchiale. Oggi si realizza, finalmente, per voi una lunga attesa e si compie un desiderio vagheggiato da tanti anni: avere, cioè, come famiglia di Dio, una "Casa", nella quale entrare in comunione con il Padre e con i fratelli. Qui la santa assemblea, riunita attorno all'altare, celebrerà il memoriale della Pasqua e si nutrirà alla mensa della Parola e del Corpo di Cristo. Qui il fonte della grazia laverà le colpe degli uomini perché, morti al peccato, rinascano alla vita nello Spirito. Qui risuonerà gioiosa la lode che unirà le vostre voci a quelle del coro degli angeli e s'innalzerà a Dio la preghiera incessante per la salvezza del mondo. Qui sosterete per riprendere vigore nel vostro camminare insieme verso la Gerusalemme celeste. Terminata pero la costruzione della chiesa-edificio, vi rimane ancora, carissimi, l'impegno di continuare a costruire la Chiesa viva che siete voi, alimentando la vostra vita spirituale alle "energie della salvezza" che qui vengono dispensate e mettendo a servizio degli altri i doni ricevuti dallo Spirito per la missione. In questo modo la vostra Comunità parrocchiale diventerà un segno di speranza anche per quanti non conoscono Dio o lo hanno abbandonato.

Possano tutti trovare qui accoglienza, essere aiutati a ritrovare e a invocare Dio, a sentirsi a casa propria! "Qui il povero trovi misericordia, l'oppresso ottenga libertà vera e ogni uomo goda la libertà dei figli di Dio". A tali responsabilità non solo voi, ma tutta la Chiesa di Roma è chiamata con il Sinodo pastorale diocesano, entrato ormai nella fase celebrativa, con le Assemblee di Prefettura iniziate domenica scorsa. Scopo principale del Sinodo è, infatti, quello di far riscoprire e realizzare con rinnovato impegno la comunione ecclesiale e di stimolare alla missione di evangelizzazione che da qui si irradia nelle famiglie e nel territorio.


4. Sono lieto di poter meditare oggi con voi, cari fratelli e sorelle di questa giovane Comunità parrocchiale di Sant'Igino Papa, queste verità di fede che derivano dalla dedicazione della vostra nuova Chiesa, frutto della vostra solidarietà spirituale e materiale e dei vostri sacrifici. Mi congratulo con voi per questa bella testimonianza di vita comunitaria. Rivolgo a tutti voi il mio cordiale saluto, con l'augurio di ogni bene. Saluto in particolare il nuovo Pro-Vicario Generale, l'Arcivescovo Monsignor Camillo Ruini, che per la prima volta prende parte con me alla visita di una Parrocchia romana. Con lui, saluto il Vescovo del Settore Nord, Monsignor Salvatore Boccaccio; il vostro zelante parroco, Don Matteo Rus, e i suoi collaboratori nell'opera di evangelizzazione di questa zona di Roma, denominata Colli Aniene: un quartiere di recente costruzione che necessita di una capillare azione pastorale per animare tutte le realtà della vita cristiana. L'odierna celebrazione della dedicazione di questa chiesa mi offre l'opportunità di esprimere il mio grato animo a quanti, nell'ambito dell'Opera Romana per la Preservazione della Fede e per la Provvista di Nuove Chiese, hanno prestato la loro generosa e qualificata collaborazione. Su di loro invoco le ricompense del Signore, datore di ogni bene. Desidero salutare, altresi, le Famiglie religiose che collaborano nel contesto delle iniziative parrocchiali, soprattutto nell'educazione dei bambini e dei giovani, e nell'assistenza degli anziani, dei malati e degli emarginati. Saluto, infine, i gruppi giovanili degli Scouts, dei Movimenti ecclesiali e dei Fidanzati che seguono il corso di preparazione al loro matrimonio: a costoro esprimo il mio incoraggiamento e la mia gratitudine per il loro impegno cristiano. A tutti dico: amate la vostra Chiesa, sentitela come la vostra casa, prestate la vostra collaborazione. Fate si che essa sia anche per i lontani e i distratti, per gli indifferenti e gli smarriti un punto di riferimento, un richiamo ai valori della trascendenza e un porto sicuro di salvezza e di pace.


5. Il Papa, Vescovo di Roma, ripete a voi le stesse parole che il sacerdote Esdra pronuncio davanti all'assemblea del popolo di Israele, al ritorno dall'esilio: "Questo giorno è consacrato al Signore nostro Dio". Anche per voi, oggi, in questo tempio costruito a gloria di Dio, si rinnova nella gioia la celebrazione del giorno del Signore.

Vi auguro che tale gioia si ripeta ogni domenica, giorno consacrato a Dio, giorno della Pasqua, giorno della convocazione e della missione della Chiesa.

Amen! Al consiglio pastorale E' una giornata in cui il Consiglio Pastorale merita una congratulazione speciale perché siamo entrati liturgicamente nella vostra chiesa parrocchiale.

Allora mi congratulo con voi e attraverso il Consiglio Pastorale mi congratulo con tutti i parrocchiani perché è un'opera comune, uno sforzo comune e poi anche una casa per il popolo di Dio. Naturalmente quello che abita questa casa in modo invisibile, il suo abitatore principale è sempre Gesù, è sempre Dio Trinità. Abita con noi perché è Emmanuele. Allora se mi congratulo con voi per il compimento di questa costruzione, mi congratulo per motivo di Emmanuele e cioè che adesso Dio attraverso questa costruzione può essere più visibilmente Emmanuele, Dio con voi.

Voglio estendere alle vostre famiglie, ai vostri parrocchiani e concittadini di questo quartiere l'augurio di buon anno e la pace al mondo. Si vede che il Consiglio Pastorale è un parlamento perché qualche volta non ci sono solamente scambi di vedute ma anche qualche cosa di più. E' un vero parlamento che adesso si dimette e fa strada e spazio agli altri. Allora vi ringrazio per questo periodo in cui avete compiuto il ministero del Consiglio Pastorale. Offro una benedizione ad ogni persona, ad ogni famiglia e alla vostra comunità.

Ai giovani Quando io vedo gli scouts, penso subito alle tende: la loro vita da scouts la passano sotto le tende e io conosco un po' questa vita sotto le tende perché ho passato tante vacanze sotto le tende.

Sono i ricordi migliori perché si è più vicini alla natura e anche più vicino al Creatore. Penso che questa è anche la caratteristica del vostro cammino.

Si, gli scouts fanno molti cammini, sono grandi camminatori, a piedi, qualche volta sciando o navigando. Ma, come ci ha detto il vostro primo rappresentante, si tratta qui di un cammino spirituale, di fede. Vi auguro che questi vostri cammini nelle montagne, nella neve, sotto la pioggia e ovunque, siano anche cammini nella fede, spirituali in cui si rivela più adeguatamente la nostra umanità e personalità perché noi siamo creati ad immagine di Dio e dobbiamo camminare verso Dio di cui siamo immagine. E quando camminiamo su questa strada ci realizziamo anche come persone, come uomini e donne, come famiglie, come comunità. Auguro, all'inizio del nuovo anno, a ciascuno di voi, ai vostri gruppi scouts, e agli altri gruppi giovanili di questa parrocchia di percorrere un cammino profondo di pace, guidati da una guida invisibile che è lo Spirito Santo. Appunto vi preparate alla Cresima.

I Sacramenti tutti sono dello Spirito Santo, come sono di Gesù Cristo, ma la Cresima è in modo speciale Sacramento dello Spirito Santo.

Alle famiglie L'ultimo incontro della visita pastorale è dedicato ai Gruppi Famiglia.

Ha luogo nella chiesa parrocchiale ed è organizzato in modo tale da dare al Santo Padre l'esatta misura del tipo di lavoro che le famiglie svolgono nella parrocchia. Un lavoro che è riproposto mimato dagli stessi protagonisti di tutti i giorni, i bambini cioè, con i loro familiari. Al termine della rappresentazione viene letto il passo della Lettera di San Paolo nella quale si evidenzia la fondamentale importanza del dialogo tra gli uomini. Il Santo Padre, quindi pronuncia il seguente discorso. Vorrei in questa circostanza odierna congratularmi non solamente con la vostra comunità, ma con Sant'Igino che è stato anche lui un Papa ma probabilmente si vestiva diversamente, non aveva queste chiese come le abbiamo oggi, queste costruzioni moderne.

Allora io voglio congratularmi con lui perché è uno dei lontani predecessori di Giovanni Paolo II, ma poi anche perché era Vescovo di Roma e noi ci troviamo in questa città e in questa Chiesa di Roma. Voglio congratularmi specialmente in questa parrocchia che è dedicata alla sua memoria e porta il suo nome, il suo titolo. Voglio congratularmi con lui per la dedicazione della nuova chiesa che oggi abbiamo vissuto e celebrato, ma ancora di più per quello che ho potuto vedere ed ascoltare brevemente adesso, per questa costruzione della chiesa come realtà interpersonale, familiare, come una dimensione domestica. Ecco, chiesa domestica. Certamente Sant'Igino e i santi suoi contemporanei erano molto consapevoli di questa dimensione della chiesa domestica che è la famiglia, è la grande famiglia e qualche volta questa chiesa domestica diventava anche una chiesa di gruppo, di comunità cristiana. La chiesa domestica, ed io penso che qui siamo su questo livello.

La parrocchia deve essere autentica ed omogenea parte della Chiesa di Cristo, deve scendere sul livello delle chiese domestiche. Si realizza nella chiesa domestica, nella famiglia. Ed io ho potuto seguire un po' la prova dell'auto-realizzazione della chiesa domestica attraverso la catechesi. Certamente la famiglia è la prima catechista, la prima catechizzata e la prima catechizzante, e questo si fa con grande successo non solamente della comunità cristiana, della parrocchia, ma anche con grande successo della famiglia, della comunità delle persone. Abbiamo sentito che ci vuole la comunione delle persone, ci vuole il dialogo. Sono parole che il mondo odierno ripete tante volte, queste parole hanno fatto, possiamo dire, una grande carriera nella filosofia e nel pensiero contemporaneo ma anche nella pubblicistica e direi che hanno anche qualche successo, per esempio, nei documenti del Concilio Vaticano II e in altri documenti del Magistero della Chiesa.

Ma non si tratta di parole, di concetti ma di realtà molto grandi.

Ciascuno di noi è una persona, i bambini, i genitori, i nonni, questo neonato è una persona, il nascituro è persona. Allora tutti sono persone e come persone non si realizzano se non attraverso un dono e per questo dono che Dio ci ha dato uno strumento stupendo che è la parola, è la possibilità di parlare, di fare dialogo, vuol dire anche dare un dono. Noi sappiamo qualche volta se manca una parola, come abbiamo sentito qui in queste esperienze riferite dai giovani, non si parla, manca un dono, non solamente per la parola, manca un dono per la persona e se non si parla, se non si offrono in questo dono reciproco non si possono realizzare, non solamente come persone. Vorrei concludere citando questa definizione del Vaticano II che riassume la tradizione dottrinale della topologia cristiana di tutti i secoli: l'uomo è l'unica creatura che Dio ha voluto per se stesso, ma la stessa creatura uomo-persona umana, non si realizza se non attraverso un dono imperfetto, un dono a Dio ad avere persone, un dono della conversazione, del dialogo.

E poi questa forza educativa è anche la forza del catechismo perché catechesi è educazione, non è solamente trasferimento di una scienza, di una teoria ma tutta la catechesi è educazione, formazione delle persone, dei giovani da parte degli adulti ma anche formazione di genitori da parte dei giovani. Siete educatori dei vostri figli ma loro sono anche vostri educatori.

Data: 1991-01-20
Domenica 20 Gennaio 1991



Messaggio per la XXV Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Si richiede un alto senso di responsabilità

Cari fratelli e sorelle, In occasione della celebrazione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, torniamo al tema che ha costituito il messaggio centrale della Istruzione Pastorale "Communio et Progressio", approvata da Papa Paolo VI nel 1971 e relativa all'applicazione del Decreto del Concilio Vaticano II sugli strumenti della Comunicazione Sociale. Formulata in conformità ai desideri dei Padri Conciliari, la Istruzione individuava nell'unità e nel progresso della famiglia umana gli obbiettivi principali della comunicazione sociale e di tutti i mezzi di cui essa si serve. Nel ventennale di questo importante documento, desidero richiamare tale fondamentale considerazione per invitare i membri della Chiesa a riflettere, una volta di più, sui gravi problemi e sulle nuove, ricche opportunità che i continui sviluppi degli strumenti della comunicazione originano, soprattutto in relazione all'unità ed al progresso di tutti i popoli.

Da molto tempo la Chiesa ritiene che i media (stampa, radio, televisione e cinema) sono da considerare dei "doni di Dio" (cfr. Pio XII, Lettera enciclica "Miranda Prorsus", AAS, 24, (1957), p. 765). Da quando venne pubblicata l'Istruzione Pastorale l'elenco dei "doni", comprensivo dei mezzi di comunicazione, ha continuato ad allungarsi. Ora, l'umanità dispone di mezzi quali satelliti, computer, videoregistratori e sempre più avanzati metodi di trasmissione ed informazione. Il fine di questi nuovi doni è lo stesso dei mezzi di comunicazione più tradizionali: avvicinarci l'un l'altro più intimamente nella fratellanza e nella mutua comprensione, ed aiutarci a progredire nella ricerca del nostro destino umano, come diletti figli e figlie di Dio.

Il legame tra questa considerazione d'ordine generale e la riflessione che vorrei offrirvi in questa occasione è chiaro e diretto: l'uso di mezzi di comunicazione così potenti, oggi a completa disposizione dell'uomo, richiede in tutti coloro che ne sono coinvolti un alto senso di responsabilità. Nelle parole della Istruzione Pastorale del 1971, i media sono "mezzi di comunicazione sociale inanimati". Se essi adempiono oppure no allo scopo per il quale ci sono stati dati, dipende in larga misura dalla saggezza e dal senso di responsabilità col quale se ne fa uso.

Dal punto di vista cristiano, gli strumenti di comunicazione sono dei meravigliosi mezzi a disposizione dell'uomo per allacciare, con l'aiuto della Divina Provvidenza, rapporti sempre più stretti e costruttivi fra gli individui e nell'intera umanità. Infatti, grazie alla loro diffusione, i media sono in grado di creare un nuovo linguaggio che mette in grado gli uomini di conoscersi e capirsi con maggior facilità, e quindi di lavorare meglio assieme per il bene comune (cfr. "Communio et Progressio", 12).

Tuttavia, se i media sono chiamati ad essere veicoli efficaci di amicizia e di autentica promozione dell'uomo, essi devono essere canali ed espressione di verità, di giustizia e pace, di buona volontà e carità fattiva, di mutuo aiuto, di amore e comunione (cfr. "Communio et Progressio", 12 e 13). Se i media servano poi ad arricchire o ad impoverire la natura dell'uomo, questo dipende dalla visione morale e dalla responsabilità etica di coloro che sono coinvolti nel processo di comunicazione e di coloro che sono destinatari del messaggio dei media.

In questo quadro, ogni membro della famiglia dell'uomo, dal più semplice consumatore al più importante produttore di programmi, hanno una responsabilità individuale. Mi appello dunque ai Pastori della Chiesa ed ai fedeli cattolici che sono impegnati nel mondo della comunicazione, affinché rinfreschino la loro conoscenza dei principi e delle linee direttrici così chiaramente enunciati nella "Communio et Progressio". Che possano capire dove è il loro dovere e possano trarne incoraggiamento per portare avanti i loro doveri come servizio fondamentale per l'unione ed il progresso della famiglia dell'uomo.

Mi auguro che questa XXV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali sia un'occasione affinché le parrocchie e le comunità locali rinnovino la loro attenzione verso le realtà dei media e la loro influenza sulla società, sulla famiglia e sugli individui, soprattutto i bambini ed i giovani.

Vent'anni dopo la "Communio et Progressio" è possibile aderire interamente al monito espresso nel documento ed alle sue aspettative sugli sviluppi della comunicazione: "Sono quindi aumentate d'improvviso, in maniera vertiginosa, le responsabilità e i doveri del popolo di Dio di fronte ai nuovi impegni, poiché sono anche aumentate, come non mai in passato, le sue possibilità di influire positivamente perché gli strumenti della comunicazione sociale diano una spinta efficace al duraturo progresso dell'umanità,... alla collaborazione fraterna fra i popoli ed anche all'annuncio del Vangelo di Salvezza, che porti fino ai confini della Terra la testimonianza del Salvatore" (n. 182).

Prego ardentemente Dio affinché vi guidi e vi aiuti nella realizzazione di questa grande speranza, di questo grande compito! (Traduzione dall'inglese)

Data: 1991-01-24
Giovedi 24 Gennaio 1991

Ai salesiani per il 50° della loro Pontificia Università - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Al cuore della vostra identità universitaria si trova il carisma di don Bosco

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Con grande gioia condivido oggi con voi questa celebrazione giubilare della vostra Università, a 50 anni dalla sua fondazione.

I cinque decenni trascorsi, così ben rievocati dal vostro Rettore Magnifico, mettono in luce come il genio della santità e la sconfinata carità pastorale per i giovani di don Bosco siano stati l'ispirazione qualificante di tutta la missione dell'Università Pontificia Salesiana. E mentre conservo ancora vivo in me il ricordo della visita che ho potuto effettuarvi dieci anni or sono, mi è gradito incontrare nuovamente la famiglia spirituale di una così prestigiosa Istituzione scientifica e culturale, la quale ha reso costanti ed apprezzati servizi alla Chiesa e che, ne sono certo, proseguirà con generosità su tale incoraggiante cammino. Saluto con deferenza i Signori Cardinali ed i venerati Presuli che hanno voluto prendere parte a questa significativa ricorrenza. Un pensiero particolare al Gran Cancelliere e Rettore Maggiore della Società Salesiana, Don Egidio Vigano, la cui presenza, unitamente a quella dei Reverendi Superiori del Consiglio Generale e del Superiore della Visitatoria, don Paolo Natali, testimonia visibilmente il fedele attaccamento dell'intero vostro Istituto alla Sede Apostolica, in particolare, al Successore di Pietro. Il mio saluto si dirige, poi, al Rettore Magnifico, don Tarcisio Bertone, ai distinti docenti, al personale, agli studenti, ai collaboratori e agli amici della vostra Università: a tutti il mio grazie più cordiale.


2. "Come albero piantato lungo il fiume", l'Università Pontificia Salesiana, inserendosi nel solco della feconda tradizione spirituale Salesiana e fedele alle direttive della Chiesa, ha dato prova in questo tempo di promettente vitalità, sviluppandosi in modo mirabile. Accanto alle tradizionali e benemerite Facoltà di Teologia, di Diritto e Filosofia, si sono aggiunte la Facoltà di Scienze dell'Educazione, che in modo peculiare la caratterizza, la Facoltà di Lettere cristiane e classiche, il Dipartimento di Pastorale Giovanile e Catechesi, l'Istituto di Scienze della comunicazione e l'Istituto di Scienze Religiose, cui va il merito di un servizio qualificato specialmente ai laici della Diocesi di Roma.


3. Aperte ai problemi dell'uomo moderno, in particolare del mondo giovanile, le vostre strutture formative mirano a coltivare l'indispensabile sintonia con il Magistero della Chiesa e a valorizzare, nel contempo, con intelligenza creativa, gli apporti molteplici delle scienze teologiche, filosofiche, pedagogiche e globalmente umane. Il vostro impegno è riconosciuto e stimato sia nel mondo ecclesiastico che civile. A positivo riscontro dell'opera svolta ci sono i tanti vostri antichi alunni, salesiani e non salesiani, che bene onorano i compiti di grande responsabilità ai quali sono stati chiamati dalla Provvidenza divina. Mi piace ricordare, tra gli altri, i Cardinali vostri confratelli e miei validi collaboratori, Rosalio José Castillo Lara, Antonio Maria Javierre Ortas, al quale va il mio augurio di una pronta guarigione e Alfons Maria Stickler. Rivolgo inoltre, un grato pensiero ai docenti emeriti e ai collaboratori di più antico servizio.


4. Al cuore della vostra identità universitaria si trova il carisma di don Bosco.

Quella Salesiana è stata e deve continuare ad essere "l'Università di Don Bosco per i giovani": questa è la sua originale caratteristica nel concerto delle Università Pontificie Romane. Già Paolo VI, di venerata memoria, che provvidamente eresse in Università l'Ateneo salesiano nel 1973, ebbe a dire nella storica sua visita che "il vostro Ateneo è un'opera che si innesta nella tradizione educatrice salesiana. Voi siete gli eredi di quel patrimonio di dottrine pedagogiche che fanno capo al vostro santo Fondatore, e che hanno ovunque operato meraviglie di opere, di risultati benefici, di conquiste scientifiche e morali. Anzi, voi non siete soltanto eredi passivi, ma eccellenti e modernissimi promotori". Mi pongo ben volentieri nel solco di queste considerazioni, riportando in primo piano davanti ai vostri occhi, alla vostra intelligenza, al vostro cuore il mondo dei giovani. Ricordando con commozione, il 31 gennaio 1988, il 1 centenario del dies natalis di San Giovanni Bosco, ho scritto che "forse mai come oggi educare è diventato un imperativo vitale e sociale insieme, che implica presa di posizione e decisa volontà di formare personalità mature. Forse, mai come oggi, il mondo ha bisogno di individui, di famiglie e di comunità che facciano dell'educazione la propria ragion d'essere e ad essa si dedichino come a finalità prioritaria, alla quale donano senza riserve le loro energie, ricercando collaborazione e aiuto, per sperimentare e rinnovare con creatività e senso di responsabilità nuovi processi educativi. Essere educatore oggi comporta una vera e propria scelta di vita, a cui è doveroso dare riconoscimento ed aiuto da parte di quanti hanno autorità nelle Comunità ecclesiali e civili".


5. L'universo giovanile ha bisogno di certezze e di speranze, cerca maestri di vita e testimoni coerenti. Sono i giovani i protagonisti dei prossimi anni e del Terzo Millennio cristiano che si affaccia all'orizzonte della storia. Ad essi guarda con fiducia e trepidazione la Chiesa: li ama profondamente dell'amore stesso di Cristo ed addita al loro spirito, assetato di verità e di comprensione, il Redentore dell'uomo, che è "Via, Verità e Vita". Proseguite, carissimi fratelli e sorelle, in questa ardua, ma affascinante missione. Educare i giovani comporta tutta una somma di obiettivi qualificati, di competenze specifiche, di impegni determinati ed esigenti; comporta soprattutto quella "capacità pastorale" che in Gesù Buon Pastore ha la sua sorgente ed in Don Bosco un insigne modello.

Continuate a dedicare ogni vostra energia al settore delicato e fondamentale della formazione dei pastori ed educatori dei giovani, in maniera rinnovata, mettendo a profitto la vostra collaudata esperienza. Gli alunni - sacerdoti, religiosi e laici, essi stessi giovani - accolgano come qualità peculiare del loro ciclo di studi la sensibilità, l'attenzione e la cura dei giovani e vi collaborino creativamente. I professori e le molteplici strutture universitarie compongano in una sintesi armonica le loro specifiche competenze in vista di un approfondimento scientifico e di una elaborazione metodologica dell'impegno di promozione umana e cristiana dei giovani oggi. Se così farete, ve ne sarà riconoscente certamente la Congregazione Salesiana cui appartenete, ma ancor più la Chiesa e l'intera società. In quest'ora difficile caratterizzata da inquietudini e sofferenze a causa del conflitto nel Golfo Persico, conforta il sapere che una istituzione ecclesiale come la vostra, si adopera a favorire presso le giovani generazioni che ospita da tutto il mondo, una mentalità aperta alla verità del Vangelo e alla solidarietà reciproca, fondamenti sicuri dell'autentica pace.

La Vergine, Sede della Sapienza, che l'Università Salesiana invoca come patrona e S. Giovanni Bosco, vi proteggano costantemente. A tutti di cuore imparto una speciale Benedizione Apostolica.

Data: 1991-01-24
Giovedi 24 Gennaio 1991

Ai partecipanti al convegno promosso dall'Editrice "Studium" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La storia per il credente ha un senso, un valore, una portata: è storia di salvezza




1. Sono lieto di incontrarvi oggi, in occasione del Convegno su "Realtà e idea della storia", promosso dalla rivista Studium d'intesa con l'Istituto della Enciclopedia Italiana, che gode in Italia di un vasto prestigio. Saluto le personalità della cultura, i docenti e professionisti, i responsabili, gli autori, i collaboratori di Studium, Editrice e Rivista, e tutti gli amici di questa gloriosa egida editoriale. Ringrazio di cuore per le parole che mi sono state rivolte a nome di tutti i presenti. E' a voi ben noto come il mio predecessore Paolo VI, fosse legato a Studium da vincoli di amicizia. Assistente della Federazione degli Universitari Cattolici, egli aveva fondato con Igino Righetti e con altri amici la Casa editrice nel 1927, in un momento particolarmente difficile per le associazioni cattoliche in Italia, con l'intento di privilegiare la formazione delle coscienze, per preservare l'indipendenza intellettuale e la specifica identità della gioventù studentesca. Fedele a questo mandato, nell'arco ormai di alcuni decenni, Studium ha rappresentato un punto di riferimento importante per studiosi, uomini di pensiero e per le giovani generazioni che si sono affacciate alla vita culturale. Questi hanno trovato e trovano in essa un'integrità di idee e un'ortodossia di costume mentale, e al tempo stesso una grande attenzione a quanto di vivo, di autenticamente nuovo e fecondo è ravvisabile nella cultura dei nostri anni. Mi rallegro di tutto questo e anche del fecondo rapporto che Studium ha istituito dal 1974 con l'Editrice La Scuola e, a partire dal 1981, con l'Istituto Paolo VI di Brescia; una istituzione che persegue la finalità di raccogliere documenti, scritti e testimonianze riguardanti la vita e l'insegnamento del mio Predecessore.


2. La storia di Studium, per riprendere la parola stessa di Paolo VI, "rappresenta un saggio, strumentale e collettivo, di servizio alla cultura", nella sua duplice espressione di cultura universitaria e di cultura cristianamente ispirata.

L'Università è sempre uno degli organi vitali della società. Essa è il "luogo" dove si decide il futuro della società, in quanto ha un ruolo fondamentale nella interazione tra ricerca e dialettica delle idee, tra vita e pensiero. A questo proposito è di particolare importanza tenere viva una linea di indagine e di riflessione sulla moralità e religiosità della coscienza universitaria, che contrasti le tesi e il costume dell'Università pragmatica, positivistica, agnostica. Lo studio diventa così un ideale di vita; un laboratorio spirituale, dove si realizza la formazione dell'uomo e si promuove la profonda convinzione del mutuo compenetrarsi, pur in una doverosa distinzione, tra fede e ragione.


3. La riflessione sulla storia, che il vostro convegno ha promosso mediante un confronto fra studiosi di diverse discipline, appare interessante nel contesto culturale contemporaneo. Con esso voi vi proponete di comprendere più a fondo quale sia il compito dello storico e, insieme, il modo di assolverlo. Vi chiedete cioè, se la storia abbia un significato, una ragione che possa giustificare tanti sforzi compiuti: tante conquiste e tante sofferenze. E' il problema del "senso della storia", il senso di questo lungo cammino attraverso il tempo, a cui ciascuno si trova intimamente associato. Il primo fondamento della nostra certezza e fiducia nella storia è la fede nella Provvidenza di Dio e nel suo amore.

Sappiamo che la sua mano onnipotente e misericordiosa sostiene, invisibile, ma presente, lo svolgersi del tempo dal primo giorno della sua creazione. Anche quando il male si diffonde e sembra prevalere, sappiamo che non è lecito disperare: "Dio ha tanto amato gli uomini da inviare loro il suo unico Figlio" per salvarli. E se la storia ci appare nel suo aspetto sinistro come luogo di sofferenza, di disgrazie, di sconfitte e di morte, ricordiamoci che la Scrittura ci assicura ripetutamente che verrà il giorno in cui Dio "asciugherà le lacrime su ogni volto". La Rivelazione dell'economia della salvezza illumina il corso della storia. Il Verbo, infatti, si è incarnato per ricapitolare in sé tutte le cose e per essere agli uomini Via, Verità e Vita. Si, la storia per il credente ha un senso, un valore, una portata; per lui la storia è storia della salvezza.

Nell'attesa della parusia, del secondo ritorno del Signore, il cristiano ha il mandato, il compito di essere testimone dell'eterno nel tempo, di essere testimone della speranza.


4. Auguro una piena riuscita al vostro Convegno. così come auguro che il vostro impegno si allarghi e coinvolga un numero sempre più ampio di docenti e di uomini di cultura, dediti al nobile impegno della ricerca storica. A voi studiosi, impegnati in una intensa esperienza di ricerca, raccomando di portare tutto il vostro entusiasmo e tutta la vostra dedizione in codesto servizio alla cultura e alla formazione delle nuove generazioni, che si affacciano alla vita e al sapere.

A voi spetta portare il vostro contributo alla soluzione del sempre rinascente conflitto tra scienza e fede, mettendo in chiaro i rispettivi ruoli e lo scambio di luce che può derivare dalle due sorgenti. A voi spetta essere il nerbo della vita universitaria per l'affermazione della verità e dei principi cristiani nella società. Non indietreggiate davanti a questa vostra missione. Abbiate la forza di superare i piccoli o grandi egoismi che paralizzano talvolta lo slancio verso la verità e verso l'umile e confidente richiesta dell'aiuto divino. Con questi pensieri a tutti imparto la mia Benedizione.

Data: 1991-01-25
Venerdi 25 Gennaio 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Le visite pastorali del vescovo di Roma