GPII 1991 Insegnamenti - L'omelia alla conclusione dell'Ottavario di preghiera per l'unità dei cristiani - Città del Vaticano (Roma)

L'omelia alla conclusione dell'Ottavario di preghiera per l'unità dei cristiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ritrovare la completa unità tra tutti i battezzati perchè l'Europa continui a vivere della sua eredità cristiana

"Chi sei, o Signore? Mi disse: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti".


1. Carissimi fratelli e sorelle, siamo raccolti stasera in questa Basilica per celebrare la Conversione di San Paolo. Quando la grazia di Cristo lo tocco sulla via di Damasco, egli era impegnato in una missione punitiva nei confronti dei cristiani residenti in quella città, giacché, com'egli stesso confessa, "perseguitava a morte la nuova dottrina", da essi professata.

Eppure proprio verso di lui si volge l'attenzione di Cristo, proprio lui Gesù chiama ad essere suo testimone davanti al mondo. La festa della Conversione di San Paolo ci ricorda che Dio può trasformare in santi anche i più grandi peccatori.

Coloro che non lo conoscono o che lo hanno abbandonato possono diventare, o ritornare ad essere, suoi testimoni anche fino all'effusione del sangue. E' questo un messaggio di speranza, diretto in primo luogo a chi si crede rigettato da Dio a causa della gravità dei suoi peccati o della prolungata lontananza da Lui. La vicenda di Paolo ci fa comprendere che Cristo non rifiuta nessuno, che Egli può far brillare la sua luce anche nelle tenebre più fitte.


2. "Un certo Anania... mi si accosto e disse: "Saulo, fratello, torna a vedere"".

E' Paolo che ricorda, a distanza di anni, gli inizi della sua conversione. Tra le immagini più vive, che gli restano di quell'esperienza, emerge nella sua memoria la mite figura di "un devoto osservante della legge", Anania appunto, che lo aveva accolto allora affabilmente, rivolgendogli il dolce appellativo di "fratello". Con bontà lo avevano, poi, accolto anche gli Apostoli, che gli avevano accordato la loro fiducia. Oggi come ieri, carissimi fedeli che mi ascoltate, l'accoglienza fraterna è dovere importante nella vita della comunità cristiana. Coloro che scoprono Cristo e vogliono seguirlo, coloro che accolgono il suo perdono, debbono in genere affrontare difficoltà non piccole per abbandonare la condizione precedente e perseverare nelle decisioni prese. Hanno perciò bisogno di incontrare dei fratelli e delle sorelle che sappiano accoglierli, fidandosi di loro, qualunque sia il loro passato, e sostenerli nel cammino.


3. Se questo invito all'accoglienza fraterna vale per ogni credente di buona volontà, esso si fa anche più urgente per i figli della Chiesa. In essa ogni parrocchia, ogni comunità religiosa o laica, ogni gruppo o movimento, deve saper creare al proprio interno un clima di famiglia, che consenta ai singoli di lasciarsi alle spalle le proprie vicende negative e di sentirsi, alla pari di ogni altro, accolto nell'amore. La Chiesa è fatta anche di chi si è da poco ravveduto dalla sua ignoranza, di chi ha solo recentemente abbandonato il peccato, di chi ha spesso bisogno del perdono divino, perché gli accade di essere infedele al Signore. In questa Chiesa, povera e contrassegnata dalla debolezza dei suoi membri, si manifesta pienamente la potenza di Cristo. Per grazia e per vocazione, la Chiesa è luce dei popoli, segno di unità tra le nazioni, guida di tutta l'umanità verso la comunione con Dio, per sempre. Solo allora si realizzerà definitivamente la salvezza profetizzata da Isaia, come ci ha ricordato la prima lettura di questa nostra celebrazione: "Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti.

Eliminerà la morte per sempre...". Per poter svolgere più efficacemente il compito di luce delle nazioni e di segno della comunione eterna con Dio, la Chiesa ha bisogno di poter contare sulla concordia fraterna dei credenti in Cristo. Non a caso, infatti, il Salvatore divino, alla vigilia della sua passione, prego ardentemente il Padre perché i suoi discepoli fossero una cosa sola, così che il mondo fosse aiutato a credere in lui. Nel giorno che conclude la "Settimana di preghiere per l'unità dei cristiani" dobbiamo purtroppo costatare che, malgrado i notevoli progressi registrati nel dialogo teologico e nella collaborazione fraterna, il traguardo dell'unità piena e visibile è ancora lontano. Dobbiamo, dunque, continuare ad implorare dal Signore la grazia di perseverare negli sforzi, affinché ogni Chiesa e Comunità ecclesiale non si ripieghi su se stessa, ma insista nella ricerca dei mezzi atti ad affrettare il raggiungimento di quella fondamentale mèta.


4. Risuonano ai nostri orecchi e riecheggiano nei nostri cuori le parole di Gesù ai discepoli: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura".

Noi sappiamo che l'incisività della predicazione evangelica dipende in non piccola parte dalla concorde armonia di accenti con cui essa è proposta al mondo. Esiste un legame intrinseco tra ecumenismo e missione. In questo appello all'unità dei cristiani per un'efficace azione missionaria il mio pensiero si volge in particolar modo ai popoli del continente europeo. L'Europa, per il suo passato e il suo presente, è chiamata a sentire "sempre maggiormente l'esigenza dell'unità religioso-cristiana e della fraterna comunione di tutti i suoi popoli". Durante la mia visita pastorale in Cecoslovacchia, il 22 aprile scorso, dal santuario di Velehrad, consacrato alla Vergine Maria e ai santi co-patroni d'Europa, Cirillo e Metodio, ho annunciato la convocazione di un'assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Europa. Come ho poi spiegato, "essa avrà come compito - scrutando i "segni del tempo" che sono veramente eloquenti - di definire le vie sulle quali la Chiesa del nostro continente deve camminare in vista degli adempimenti collegati con l'ormai vicino terzo millennio della nascita di Cristo". La preparazione di tale assemblea speciale è a buon punto. Sono lieto di annunciare oggi che si stanno prendendo i contatti necessari affinché le altre Chiese e Comunità ecclesiali d'Europa siano invitate ad associarsi a questo importante evento, per il tramite di "delegati fraterni". Ho anche il fermo proposito di tenere un "Atto di preghiera" per l'Europa insieme con tutti i membri dell'Assemblea sinodale e con i delegati fraterni delle altre Chiese: ciò comporterà anche una partecipazione più estesa, ancora da precisare.


5. Vi invito fin d'ora a pregare per l'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi.

I cristiani d'Europa hanno una pesante responsabilità. Il loro slancio missionario li ha sospinti ben oltre i confini della loro terra per proclamare il messaggio della Salvezza. Dal continente europeo hanno pero preso vita anche tante divisioni tra i discepoli di Cristo ed esse si sono propagate agli altri continenti!I cristiani, volgendo il loro sguardo alla realtà presente, riscontrano che la cultura europea è permeata di valori evangelici ed è, al tempo stesso, sorda al Vangelo. A quest'Europa che si trasforma e si rinnova, noi vogliamo riproporre il messaggio sempre nuovo del Vangelo. Non si tratta in alcun modo di tornare indietro, o di far rivivere un tipo di relazioni tra la Chiesa e gli Stati, che ha un passato di luce e di ombre. Noi crediamo che il cristianesimo tocchi l'aspirazione profonda dell'uomo e crediamo che in Cristo, e soltanto in Lui, si trova la vera e piena libertà. Forti di questa certezza, non pochi cristiani appartenenti a tutte le Chiese e Comunità ecclesiali dell'Europa hanno versato nell'annuncio del Vangelo il loro sangue. La loro testimonianza ci incita, ci incoraggia, ci sfida a ritrovare la completa unità tra tutti i battezzati, affinché l'Europa continui a vivere della sua eredità cristiana. Le differenti culture delle nazioni europee sono alimentate dalla linfa che proviene dalla medesima radice: il Vangelo di Cristo, "nostra pace".


6. "Lodate, nazioni tutte, il Signore": il salmo responsoriale, che oggi abbiamo cantato insieme, è stato il tema meditato durante la "Settimana di preghiere per l'unità dei cristiani" che si conclude oggi. Sono parole che esprimono un invito gioioso, pieno di speranza e che animano tutta l'attività missionaria dell'apostolo Paolo. Esse sono pronunciate oggi da coloro che in Europa e nel mondo hanno dedicato e dedicano la loro vita affinché la ricerca dell'unità dei cristiani diventi sempre più attiva e intraprendente. Ad essi, come a tutti coloro che sono presenti qui oggi, esprimo la mia gratitudine sincera, ed il mio incoraggiamento a perseverare con coerenza, pazienza e costanza, nella certezza di compiere la volontà del Signore. Chiedo a Lui di benedire le loro iniziative, siano esse prese a livello di ciascuna Chiesa locale, o suscitate negli Ordini religiosi, nei Monasteri, nelle Comunità di vita attiva o contemplativa. Possano la preghiera e la testimonianza dei cristiani far presto sorgere il giorno in cui, in Europa e in ogni parte del mondo, tutti i popoli con una sola voce lodino il Signore nella ricca varietà delle nazioni e delle culture.


7. "Lodate, nazioni tutte, il Signore". Questo invito ai popoli e alle nazioni perché diano lode a Dio, mi porta, in questo momento difficile per la pace nel mondo, a rivolgere il mio accorato pensiero ai milioni di credenti nel Dio Unico - cristiani, ebrei e musulmani -, che vivono ore drammatiche di sofferenza e di angoscia sotto l'azione distruttiva di micidiali strumenti di guerra. La fede nell'unico Dio che li accomuna e rende fratelli, in quanto tutti figli del medesimo Creatore, li invita dal profondo del loro animo a pregare, affinché, al più presto, la pace e la giustizia trionfino nella regione del Golfo e in tutto il Medio Oriente. Questa medesima fratellanza risuoni per tutti come una chiamata ad allontanare la tentazione della sfiducia e della rivalità, per diventare collaboratori leali e sinceri nella costruzione di un mondo che, credendo nella pace, sia degno dell'Amore, con il quale Dio ha creato l'umanità. Amen!

Data: 1991-01-25
Venerdi 25 Gennaio 1991

Lettera al cardinale Tomko - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per il IV Congresso Missionario Latinoamericano

Al nostro venerabile fratello S.R.E. cardinal Joseph Tomko I nostri numerosi viaggi apostolici, compiuti in questi dodici anni, e le lettere inviate altrettanto di frequente ai popoli e alle comunità ecclesiali dell'America Latina, come pure i molti incontri avvenuti qui, alla presenza dei nostri fratelli nell'Episcopato che operano come pastori in quella terra, provano assai chiaramente ed apertamente il nostro fervido interessamento per tutte le questioni che riguardano quelle Chiese, e testimoniano in modo particolare l'attesa di copiosi frutti di apostolato e di sante opere che scaturiranno sempre più in tutto il continente da un nuovo impulso missionario.

perciò si capisce facilmente con quale fervore rivolgiamo i nostri pensieri sin da ora al tema della missione in tutta quella zona, tema che, nei tempi in precedenza opportunamente stabiliti, sarà trattato a fondo nel Congresso Missionario latinoamericano. così, nel prossimo mese di febbraio in Perù, a Lima, si riunirà il Quarto Congresso su questo specifico argomento, cui certamente è stato dato un titolo ed un obbiettivo singolari: "America Latina - unde tua fides ipsa missionarios emittit".

Siamo senza dubbio grati poiché questo segno della solidità della fede cristiana e delle comunità cattoliche si riscontra ovunque in America Latina: poiché certamente - come abbiamo insegnato in molte occasioni ed ora anche nell'ultimo scritto del nostro magistero - le più antiche comunità di missione, una volta evangelizzate, diventano esse stesse evangelizzatrici e inviano in tutto il mondo operai del Vangelo e ancora ne invieranno.

Pertanto ci sembra difficile che si possa trovare un argomento più adatto a trattarsi di questa grande opera di evangelizzazione nel mondo, a cui l'America Latina, forte nella fede, vigorosa nelle opere, si accinge.

perciò desideriamo non solo che la nostra voce risuoni in quel consesso attraverso le pagine e i discorsi della recente lettera enciclica, ma vogliamo che la nostra stessa persona sia rappresentata in modo visibile tra i vescovi e i presbiteri, i fratelli di vita consacrata e i fedeli che meditano la dottrina e ricercano una via di azione per tutta l'attività missionaria, dentro e fuori l'America Latina. così, non diversamente da simili iniziative missionarie, nelle quali ci siamo serviti delle tue doti personali e della tua esperienza, così come ti inviammo volentieri e con fiducia al precedente congresso su questo tema, anche oggi vogliamo designare te venerabile fratello nostro, come "Inviato Speciale", per rappresentarci legittimamente a Lima, dal 3 all'8 febbraio, nel 4° Congresso Missionario latino-americano.

Là richiamerai diligentemente i punti fondamentali del più recente insegnamento della Chiesa in materia missionaria, saluterai i singoli partecipanti a quel convegno, manifestando apertamente la nostra benevolenza e il nostro interessamento per la missione in America Latina, confermerai i generosi propositi ed intenti per il futuro, e, affinché non manchi ai sacri pastori e agli operatori missionari forza e luce dal Cielo, impartirai a tutti i presenti a nome nostro e in virtù della nostra autorità, la Benedizione Apostolica, pegno dei doni celesti.

(Traduzione dal latino)

Data: 1991-01-25
Venerdi 25 Gennaio 1991

Alla plenaria della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti

Titolo: E' tempo di approfondire la celebrazione liturgica quale realtà eminentemente spirituale




1. Le sono particolarmente grato, Signor Cardinale, per le cordiali parole che ha voluto rivolgermi a nome di tutti i partecipanti alla prima Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti nella sua rinnovata configurazione. Saluto e ringrazio i Signori Cardinali e i venerati fratelli nell'Episcopato che vi hanno preso parte arricchendola con il contributo quanto mai prezioso della loro diretta esperienza pastorale. Un grazie sentito, inoltre, ai membri del Dicastero che hanno attivamente preparato l'incontro e che con la loro presenza ne hanno assicurato il proficuo svolgimento. Come Ella ha ben sottolineato, quest'importante assemblea ha permesso a tutti voi di fare esperienza diretta di quali siano le competenze della vostra Congregazione e di avere la prospettiva generale del lavoro che le è proprio, così come si trova delineato nella Costituzione Apostolica "Pastor Bonus".


2. La nuova denominazione esprime bene la competenza del vostro Dicastero, in conformità alla dottrina conciliare e in riferimento al Codice di Diritto Canonico del 1983. Il Sacrificio eucaristico ed i Sacramenti circa quae tota actio liturgica vertit sono le componenti fondamentali della "Iesu Christi sacerdotalis muneris exercitatio" che è la Liturgia. Attraverso le azioni liturgiche si realizza il munus sanctificandi: "Munus sanctificandi Ecclesia peculiari modo adimplet per sacram liturgiam". Parlare di Liturgia significa riferirsi innanzitutto ai Sacramenti, e non si può parlare dei Sacramenti senza tener conto della loro condizione rituale-celebrativa, dato che si tratta di azioni, e non di entità astratte. I Sacramenti sono celebrazioni della Chiesa, atti di culto, strumenti della grazia per la gloria che scaturisce dal mistero pasquale di Cristo, segni di espressione dell'autentica fede ecclesiale. D'altra parte è coerente il fare menzione speciale della disciplina dei Sacramenti, dal momento che è uno dei punti segnalati dalla Costituzione conciliare come parte integrante della formazione liturgica. Più ancora, occorre dire che esiste una grande disciplina dei Sacramenti, ossia quella con cui la Chiesa conserva fedelmente quanto Cristo, suo Sposo, le ha affidato nello Spirito Santo, e che chiamiamo sostanza dei Sacramenti. A tal fine, infatti, questi sono regolati dalla suprema Autorità della Chiesa, e in nessun modo vengono lasciati all'iniziativa delle comunità particolari e ancor meno dei singoli. In tale contesto ritengo che i temi allo studio nella vostra Plenaria possono costituire una buona esperienza per l'attività della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti: specialmente il progetto di Istruzione sull'adattamento della Liturgia romana alle diverse culture e il progetto della Institutio generalis Ritualis Romani.


3. L'Istruzione sull'adattamento è giunta in Plenaria dopo un lungo itinerario di riflessione, iniziato con la stessa Costituzione "Sacrosanctum Concilium". Si tratta di un tema importante ed insieme delicato. Importante in quanto tiene conto della dimensione culturale di chi prende parte all'azione liturgica; delicato, perché suppone una saggia conoscenza della celebrazione del culto della Chiesa, trasmesso insieme alla fede cristiana. Nella Lettera Apostolica "Vicesimus Quintus Annus", ho indicato tra gli attuali compiti della Chiesa quello dell'adattamento della Liturgia. Il senso di tale indicazione non è di proporre alle Chiese particolari l'inizio di un nuovo lavoro, successivo all'applicazione della riforma liturgica, che sarebbe appunto l'adattamento o l'inculturazione. E neppure è da intendersi l'inculturazione come creazione di riti alternativi. L'Istruzione, che avete studiato, indica chiaramente che il lavoro consiste nel procedere correttamente all'applicazione di quanto previsto dalla Costituzione conciliare, ed insieme che esso deve svolgersi all'interno del rito romano. In effetti, non è questione di parlare in generale dell'inculturazione della liturgia cristiana, bensi di indicare come si concretizzino i principii generali in riferimento al caso per il quale si legifera. In ogni Paese, la connessione iniziale esistente tra l'evangelizzazione ed i riti, con cui vengono celebrati i santi misteri, è un fatto che merita la massima attenzione. In conseguenza, non si possono proporre dei cambiamenti senza un'attenta riflessione interdisciplinare, evitando le improvvisazioni e adattando soltanto quando ciò sia utile o necessario. D'altra parte l'appartenenza al rito romano comporta che la Liturgia celebrata nelle diverse Chiese particolari possa essere riconosciuta mutuamente come la medesima liturgia romana. A questo si riferisce la Costituzione "Sacrosanctum Concilium", quando dice "servata substantiali unitate ritus romani". Ciò giustifica inoltre la stretta collaborazione tra le Conferenze Episcopali e la Santa Sede per quanto concerne l'intero processo di inculturazione. Si tratta, pertanto, di collaborare affinché il rito romano, pur mantenendo la propria identità, possa accogliere gli opportuni adattamenti, in modo da permettere ai fedeli di quelle comunità cristiane, nelle quali a causa della cultura alcuni aspetti rituali non riescono a trovare adeguata espressione, di sentirsi pienamente partecipi nelle celebrazioni liturgiche. Tale collaborazione è necessaria, e l'inosservanza di una corretta procedura in questa materia creerebbe un serio disagio. Il processo di attuazione della riforma liturgica conciliare è, infatti, ancora in corso, e non può essere compromesso da interventi repentini o poco attenti alla sensibilità religiosa dei fedeli. Al popolo cristiano vanno offerte la possibilità e la garanzia di prendere parte autenticamente al culto della Chiesa.


4. Quanto al progetto dell'Institutio generalis Ritualis Romani, si è in presenza di un testo teologico con orientamento pastorale. E non potrebbe essere diversamente poiché i Sacramenti non appartengono alla categoria degli strumenti provvisori, bensi alle realtà fondamentali, essendo la Chiesa edificata dalla fede e dai Sacramenti della fede. Il motivo di questa peculiarità proviene dal fatto che i Sacramenti sono azioni del Cristo glorioso, assiso alla destra del Padre ed insieme presente tra i suoi discepoli nel mondo, per mezzo dello Spirito; azioni di Cristo che si rendono visibili attraverso i gesti sacramentali compiuti dalla Chiesa che celebra il mistero pasquale del Signore così come Egli stesso ha comandato. E attraverso segni differenti, a seconda delle diverse situazioni, il cristiano viene santificato nella Chiesa, per il culto in Spirito e verità.

Occorre insistere sul carattere eminentemente cristologico e trinitario dei segni sacramentali. Certo, è la Comunità dei battezzati a celebrarli, ma ciò avviene in rendimento di grazie al Padre per l'opera della nostra salvezza, compiuta una volta per sempre nel suo Unigenito Figlio - opus Christi - e in quanto riceve dal Signore della gloria la forza dello Spirito, che la Chiesa non cessa mai di invocare. Per queste ragioni, i Sacramenti sono fondamentalmente atti di culto, in quanto si attualizza in essi il culto santificante che Gesù Cristo ha offerto al Padre sulla croce e continua perennemente ad offrire per la nostra salvezza. In essi l'azione di Cristo precede sempre l'azione della Chiesa: è la grazia del Redentore che ci è comunicata, è la comunione proveniente dal mistero pasquale che riceviamo. E' lo stesso Signore Gesù il celebrante principale dei Sacramenti. In questo spirito ho chiamato i Sacramenti "umili e preziosi", mentre i testi eucologici della liturgia romana li chiamano "ineffabili" e "celestiali". In verità, in essi si rinnova nel presente quello che accadeva nell'incontro con Gesù di Nazareth. Quanti vi vedono solamente dei semplici gesti rituali non potranno mai giungere a sperimentare i "gloriosa commercia" che attraverso le celebrazioni sacramentali si realizzano in favore degli uomini; in modo simile agli abitanti di Nazareth che, vedendo solamente il "fabri filius", erano incapaci di contemplare le meraviglie del Salvatore.


5. Eccoci di fronte a una delle cause che rendono difficile la pastorale sacramentale dei nostri giorni, contraddistinti dal marchio dell'efficacia visibile e operativa. Solo nella fede è possibile comprendere i Sacramenti. Lo stesso dobbiamo dire della loro celebrazione: solo nella convinzione di celebrare un mistero che ci supera, in qualità di ministri dei Sacramenti potremo agire come "alieni beneficii dispensatores", consapevoli di trovarci nell'assemblea dei fedeli quali "vicarii" di Cristo, "in persona eius", come suoi strumenti e, nel contempo, come segni della dipendenza della Chiesa dal suo Signore. La pastorale sacramentale e liturgica ha il compito di introdurre i partecipanti alla celebrazione nel mistero della gratuità di Dio manifestato in Cristo, e continuamente comunicato nei Sacramenti della Chiesa: da qui deriva il suo carattere necessariamente mistagogico "per visibilia ad invisibilia". Inoltre, l'intera azione pastorale e la stessa vita cristiana di ciascun fedele, a cominciare dai ministri, ha bisogno del suo centro di unità e del suo culmine, in modo che possa essere vissuta sotto l'influsso dello Spirito, in armonia con il mistero celebrato. Dopo il Concilio Vaticano II, si è registrato un grande sviluppo in ordine alla predicazione della Parola di Dio, sforzo questo da mantenere e rafforzare. Tuttavia non possiamo dimenticare quanto proclamiamo nella fede cristiana: "il Verbo si è fatto carne"! Ciò significa che la Parola annunciata conduce naturalmente alla celebrazione del Sacramento. Non siamo semplicemente degli ascoltatori o seguaci di Gesù: siamo membra del suo Corpo, in comunione vitale con Lui! Orbene, "la vita di Cristo è infusa nei credenti che sono uniti dai Sacramenti, in modo misterioso ma reale, al Cristo morto e risorto".


6. Riprendendo quanto ho indicato nella citata Lettera Apostolica "Vicesimus Quintus Annus", non si tratta oggi, come 25 anni fa, di organizzare la riforma liturgica, ma di approfondire e interiorizzare la celebrazione liturgica quale realtà eminentemente spirituale. E' per questo indispensabile conoscere i testi pubblicati dopo il Concilio Vaticano II, e ogni valida iniziativa di formazione in questo campo sarà sempre benvenuta. Auspico che l'attuale Plenaria contribuisca a far progredire un tale programma nelle Chiese particolari. E a questo fine si rivela quanto mai preziosa la diaconia della Curia Romana, che a sua volta è collaborazione e servizio al ministero petrino e aiuto alle diverse Comunità ecclesiali sparse in tutto il mondo. Iddio benedica il vostro impegno e Maria, Mater Ecclesiae, accompagni con la sua materna protezione il vostro lavoro e lo renda fecondo.

Con animo riconoscente imparto a tutti volentieri l'Apostolica Benedizione.

Data: 1991-01-26
Sabato 26 Gennaio 1991

Ai vescovi del Triveneto in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le Chiese del Triveneto devono sentirsi impegnate nella testimonianza evangelica e nel servizio della carità

Signor Cardinale Patriarca, Venerati fratelli Arcivescovi e Vescovi della Regione Conciliare Triveneta!


1. Siate i benvenuti in questa visita "ad limina", che si svolge a pochi mesi dal convegno pastorale, celebrato dalle Chiese delle regioni nord-orientali d'Italia in Aquileia e Grado lo scorso anno. Nella più antica sede patriarcale le Vostre Comunità si sono riunite per meditare sulle origini della loro vita cristiana.

Hanno voluto prendere da li stimolo per il cammino della nuova evangelizzazione che impegna l'intera Chiesa del continente europeo nel presente e nel prossimo futuro. Mi compiaccio vivamente con voi, carissimi fratelli nell'episcopato, per i risultati conseguiti. Consci delle trasformazioni sociali e delle problematiche emergenti nelle vostre popolazioni riponete ora la vostra piena fiducia nell'azione costante di Dio in mezzo al suo Popolo, e ad essa intendete corrispondere con fervidi programmi e propositi di generoso impegno a servizio del disegno divino di salvezza.


2. Come ebbi modo di scrivere per l'occasione, voi avete potuto riconoscere che tra le popolazioni delle Venezie perdura un grande patrimonio di valori cristiani, frutto di una secolare e zelante azione pastorale, fatta di sistematica catechesi e di coraggiose iniziative sociali, sostenute dal provvido impegno di numerose Famiglie religiose, alcune delle quali nate proprio nelle circostanze più difficili della vostra storia. Non può essere sfuggito, inoltre, alla vostra attenzione il ruolo che Aquileia ha avuto nel confermare la vera fede nel Cristo Signore, il Figlio del Dio vivente. Se, per la provvidenziale iniziativa di santi vescovi in un periodo, non facile della Chiesa, proprio ad Aquileia si celebro un Sinodo importante per la fede cristologica dell'Occidente, ciò può ricordare ancor oggi a tutte le vostre Chiese che l'annuncio del Cristo, della sua identità divina ed umana, della sua parola, della sua opera salvifica deve costituire il contenuto primario dell'evangelizzazione. Le Chiese del Triveneto, poste al crocevia di un intenso incontro di popoli, consapevoli come sono delle loro pluralità etniche, linguistiche e culturali, responsabilmente partecipi dei problemi posti dalla presenza di immigrati di altre culture e religioni, devono sentirsi impegnate nella testimonianza evangelica e nel servizio della carità, in adempimento del compito di predicare il Cristo, Verbo di Dio e Redentore, al di fuori del quale non c'è salvezza.


3. La via principale dell'evangelizzazione rimane sempre quella della catechesi.

Presso di voi essa è attuata da tempo con sistematiche programmazioni, rivolte ai fanciulli, ai ragazzi, ai giovani. Nella catechesi sono coinvolti numerosi laici, e le famiglie stesse sono rese progressivamente partecipi dell'itinerario formativo dei figli. Voi, tuttavia, riscontrate ora l'urgenza di predisporre un più incisivo itinerario di catechesi per i giovani e gli adulti, al fine di offrire salde motivazioni alla loro fede, accompagnando e sostenendo la loro testimonianza cristiana nel contesto delle nuove condizioni sociali. In questa prospettiva non avete trascurato di offrire, nelle vostre Chiese, valide occasioni di catechesi mediante speciali Corsi rivolti ad associazioni giovanili ed organizzazioni cristiane di lavoratori, professionisti, imprenditori, come anche a movimenti di apostolato, di carità, di volontariato. In ogni centro sono sorte, inoltre, opportune iniziative per preparare nella fede i giovani alla celebrazione del matrimonio. Ciò nonostante, voi riconoscete che la catechesi agli adulti, per essere efficace, ha bisogno di maggiore spazio, di più vasta partecipazione, di approfondimento più consapevole. Nell'incoraggiarvi a perseverare nella ricerca di quanto può rivelarsi utile a questo fine, desidero invitarvi a trarre ogni vantaggio da quel singolare mezzo di catechesi che è la "liturgia della Parola" nelle Messe sia festive che feriali. In terre come le vostre, ove si riscontra ancora una buona partecipazione alla celebrazione eucaristica soprattutto nei giorni festivi, la valorizzazione dell'ampio ventaglio di letture bibliche, offerto dalla liturgia, può rivelarsi straordinariamente feconda di frutti.

Proprio il Lezionario ed il Messale sono lo strumento costante, vivo ed a molti familiare, per conoscere ed alimentare la fede e trovare in essa la risposta agli interrogativi della coscienza. Occorre che i presbiteri valutino appieno la preziosità di tale mezzo e sappiano trarne spunto, mediante la conveniente proclamazione e l'adeguato commento, per formare forti personalità cristiane. Il testo biblico, mediante il quale Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, "giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura" è luce di verità, potenza di grazia che suscita nell'animo quanto esprime, viatico che sostiene nella ricerca e nell'impegno a servizio del bene. Il Messale, quindi, con il suo ampio Lezionario, quotidiana "mensa" della Parola di Dio, può ben essere considerato il manuale universale della catechesi per tutto il popolo, in parrocchia, in ogni chiesa o comunità.


4. La perdurante pratica religiosa e la significativa presenza della Parrocchia in tutto il tessuto del territorio confermano il permanere dell'anima cristiana nella cultura e nella mentalità della gente del Triveneto. Si può perciò fiduciosamente prevedere che le iniziative pastorali da voi programmate avranno, con la grazia di Dio, un felice esito. Particolare motivo di speranza è offerto dalla presenza di un laicato fortemente dedito alle opere sociali, grazie ad una lunga tradizione di impegno ispirato agli insegnamenti della Chiesa. Nella misura in cui i vostri laici sapranno accogliere ed annunciare la giustizia e la verità del Vangelo, diverranno fermento di bene ed efficaci operatori di equità nelle strutture del Paese. Curate la loro preparazione, poggiandola sul Vangelo e radicandola saldamente nella tradizione cristiana del vostro popolo. Orientateli allo spirito di servizio e ad una rigorosa etica dei doveri civili. Se, come da tutti è riconosciuto, nelle vostre Regioni si sono raggiunti confortanti traguardi nello sviluppo, nel benessere, nell'affermazione dei diritti dei lavoratori, nella diffusione della cultura, con grande vantaggio anche per future prospettive politiche e sociali, occorre, tuttavia, vigilare attentamente per superare ogni concezione ambigua della libertà e del progresso, per non venire meno a quella visione cristiana dello sviluppo, che prevede la salvaguardia dei valori etici e il costante rispetto della dignità dell'uomo in quanto fatto ad immagine di Dio.


5. Sia ringraziato il Signore per i numerosi segni di dedizione delle vostre Chiese al servizio dell'evangelizzazione in altri territori. Il numero dei missionari che, usciti dalle vostre Diocesi, operano in terra d'Africa, d'Asia, nell'America Latina, è cospicuo. Significativa è pure l'opera che i vostri sacerdoti compiono in non poche parrocchie dell'Urbe. Corrispondendo alla chiamata missionaria, molti Religiosi e Religiose del Triveneto si dedicano alla diffusione del Vangelo in ogni parte del mondo. Questa vitalità missionaria testimonia la vostra consapevolezza che "la Chiesa è sacramento di salvezza per tutta l'umanità, e la sua azione non si restringe a coloro che ne accettano il messaggio". Nel medesimo spirito sono sorte tra voi numerose iniziative di carità e di accoglienza, sia per soccorrere i nuovi poveri della società moderna, sia per venire incontro a coloro che da altre parti del mondo si rivolgono alle vostre comunità più ricche. Tali iniziative vogliono offrire umana e fraterna solidarietà ai migranti che dall'est europeo e da altri continenti, cercano nelle vostre terre lavoro e condizioni di vita migliori. La cultura veneta è da secoli aperta alla presenza di persone di diversa provenienza, tradizione e fede. Oggi tale consuetudine umanitaria è sospinta verso nuove dimensioni di accoglienza. La carità offerta in nome di Cristo, con quell'amore del prossimo che è, insieme con l'amore di Dio, regola fondamentale di tutta la "legge", costituisce l'unica autentica vostra carta di identità cristiana per coloro che non conoscono il Vangelo e che, tuttavia, vivono in mezzo a voi. Sia la vostra carità generosa, esemplare, fiduciosa, affinché "vedendo le opere vostre buone", coloro che sono da voi accolti come fratelli "diano gloria al Padre vostro che sta nei cieli".


6. Carissimi fratelli, vi rivolgo l'augurio più cordiale per tutte le vostre iniziative pastorali, in particolare per il progetto di coordinare i numerosi mezzi di comunicazione sociale e di arricchire ed aggiornare la formazione dei sacerdoti e dei laici anche attraverso Istituti Teologici opportuni. Siate, a tale proposito, sempre vigilanti sui programmi dei Seminari e degli Istituti che preparano gli insegnanti di religione delle scuole. Date nuovo slancio a quella preziosa esperienza di crescita cristiana del laicato che è stata ed è l'Azione Cattolica, tuttora presente in maniera significativa nelle vostre diocesi. Essa attua una utilissima forma di organizzazione dell'apostolato dei laici nel contesto ecclesiale delle diocesi e delle parrocchie, e realizza un modello di servizio efficacemente aperto all'evangelizzazione, in stretta cooperazione col ministero dei Pastori.


7. Prima di accomiatarmi da voi, desidero rivolgere un pensiero di affettuoso apprezzamento ai Vescovi che hanno lasciato il servizio attivo nelle Diocesi dopo aver raggiunto il limite di età previsto dal Codice di Diritto Canonico. So bene che essi continuano ad amare le loro Chiese, e a pregare per esse. Conosco, altresi, come spesso si prodighino per esservi di aiuto in molteplici ministeri, disposti anche a superare le stanchezze dell'età o i limiti della salute per sollevarvi nelle vostre incombenze pastorali. Mi unisco a voi nell'esprimere loro profonda gratitudine. Voglia il Signore ricompensarli con l'abbondanza delle sue consolazioni. Scenda su tutti una speciale Benedizione Apostolica, che estendo ai vostri sacerdoti e collaboratori, ai diaconi ed alle Famiglie Religiose, ai laici impegnati nei diversi ministeri, alle popolazioni tutte dell'amata terra del Triveneto.

Data: 1991-01-26
Sabato 26 Gennaio 1991


GPII 1991 Insegnamenti - L'omelia alla conclusione dell'Ottavario di preghiera per l'unità dei cristiani - Città del Vaticano (Roma)