GPII 1991 Insegnamenti - Ad un gruppo di vescovi e sacerdoti africani in occasione del XXV° di sacerdozio - Città del Vaticano (Roma)

Ad un gruppo di vescovi e sacerdoti africani in occasione del XXV° di sacerdozio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Date il vostro contributo alla preparazione del Sinodo africano"

Cari fratelli nell'Episcopato, Cari Amici, E' con gioia che vi accolgo e vi rivolgo i miei migliori auguri in occasione del venticinquesimo anniversario della vostra ordinazione sacerdotale.

Avete voluto ricordare questo giubileo con un incontro fraterno a Roma in quanto anziani condiscepoli del Collegio Romano della Propagazione della Fede: son felice che abbiate potuto portare a termine questo pellegrinaggio da considerare come un ritorno alle origini della vostra formazione apostolica nel luogo stesso dove San Pietro, San Paolo ed i primi cristiani col dono della vita, hanno dato un'eloquente testimonianza al Cristo.

Con voi, rendo grazie a Dio per questi venticinque anni di fedeltà alla sua invocazione e al lavoro compiuto al servizio del Vangelo, nel mistero episcopale e sacerdotale. Poiché il tesoro della vocazione "lo custodiamo in vasi di argilla", seguendo le parole di San Paolo (2Co 4,7), imploro per voi le grazie dello Spirito di Pentecoste affinché siate fermi nella vostra missione di annunciatori della Buona Novella, fedeli amministratori dei misteri divini e guida per il popolo dei battezzati lungo il cammino della fede.

In particolare, mi auguro che apportiate, nel luogo a voi destinato, il vostro solido contributo nella preparazione dell'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa affinché la Chiesa, nel vostro continente, sia sempre più conforme all'immagine voluta dal Signore e, che "possa diffondere in tutti gli uomini la luce di Cristo" (LG 1) e prendere parte, in modo attivo e generoso, di fronte alle prove che i vostri Paesi hanno già conosciuto.

Raccomandandovi a Nostra Signora, Regina degli Apostoli, è con grande gioia che, in occasione di questa felice circostanza, imparto di buon grado a voi, ai vostri congiunti e al Popolo di Dio che voi servite la mia Benedizione apostolica.

(Traduzione dal francese)

Data: 1991-05-18
Sabato 18 Maggio 1991

Messaggio per la Giornata missionaria mondiale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dall'enciclica "Redemptoris Missio" una rinnovata chiamata ad una rinnovata missione

Carissimi fratelli e sorelle! "Dio è Amore", ci dice l'apostolo Giovanni: amore che chiama e amore che manda. Sappiamo, infatti, che dalla "fonte di amore", che è Dio Padre, sono scaturite la missione del Figlio e la missione dello Spirito Santo. E questi proprio il giorno di Pentecoste - nella cui solennità vi rivolgo il presente Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale - fu donato agli Apostoli: grazie all'effusione dello Spirito di amore la Chiesa apparve ufficialmente al mondo ed inizio la missione di annunciare e comunicare agli uomini la salvezza, che Dio offre loro nel suo Figlio, chiamandoli a partecipare della sua vita e ad amarsi gli uni gli altri.

La missione di evangelizzare l'amore di Dio verso gli uomini - per ogni singolo uomo e donna - e l'amore degli uomini verso Dio e tra di loro, da Cristo affidata alla sua Chiesa, è ancora così lontana dall'essere compiuta, che può anzi esser considerata solo all'inizio. Tale costatazione mi ha suggerito di indirizzare a tutti i membri della Chiesa uno speciale appello con l'Enciclica "Redemptoris Missio", ed ora mi rivolgo ancora ad essi perché considerino quell'appello come una rinnovata chiamata ad una rinnovata missione e ne facciano motivo di più alacre impegno pastorale e di più illuminata catechesi.


1. Consacrati e inviati per la MissioneNoi tutti, membri della Chiesa, pur se in diverso modo, mossi dal medesimo Spirito, siamo consacrati per essere inviati: in virtù del Battesimo ci è affidata la stessa missione della Chiesa. Tutti siamo chiamati ed obbligati ad evangelizzare, e tale missione fontale, che è uguale per tutti i cristiani, deve diventare un vero "assillo" quotidiano ed una sollecitudine costante nella nostra vita. Come è bello e stimolante ripensare alle Comunità dei primi cristiani, quando essi si aprivano al mondo, che per la prima volta guardavano con occhi nuovi: era lo sguardo di chi ha capito che l'amore di Dio si deve tradurre in servizio per il bene dei fratelli. La memoria della loro esperienza mi fa ripetere ancora il pensiero centrale della recente Enciclica: "La missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l'identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola!". Si, la missione ci offre la straordinaria opportunità di ringiovanire e rendere più bella la Sposa di Cristo e, al tempo stesso, ci fa fare l'esperienza di una fede che rinnova e irrobustisce la vita cristiana, perché appunto è donata. Ma la fede che rinnova la vita e la missione che rafforza la fede non possono essere tesori nascosti, o esperienze esclusive di cristiani isolati. Nulla è più lontano dalla missione di un cristiano chiuso in se stesso: se la sua fede è solida, essa è destinata a crescere e deve aprirsi alla missione. Il primo ambito di sviluppo del binomio fede-missione è la comunità familiare. In un tempo in cui sembra che tutto concorra a disgregare questa cellula primaria della società, è necessario impegnarsi perché essa diventi, o torni ad essere la prima comunità di fede, nel senso non solo dell'acquisizione, ma anche della sua crescita, della sua donazione e, quindi, della missione. E' ora che i genitori e i coniugi assumano come compito essenziale della loro condizione e vocazione quello di evangelizzare i figli e quello di evangelizzarsi a vicenda, così che per tutti i membri della famiglia sia realmente possibile in ogni circostanza - specialmente nelle prove della sofferenza, della malattia e della vecchiaia - ricevere la Buona Novella. E', questa, una forma insostituibile di educazione alla missione e di naturale preparazione delle possibili vocazioni missionarie, che trovano quasi sempre la loro culla nella famiglia. Altro ambito, del pari importante, è la comunità parrocchiale, o la comunità ecclesiale di base, che mediante il servizio dei suoi pastori e animatori deve offrire ai fedeli il nutrimento della fede e andare alla ricerca dei lontani e degli estranei, realizzando così la missione. Nessuna comunità cristiana è fedele al proprio compito, se non è missionaria: o è comunità missionaria, o non è nemmeno comunità cristiana, non essendo queste che due dimensioni della stessa realtà, quale è definita dal Battesimo e dagli altri Sacramenti. Oggi poi che la missione, anche intesa nel senso specifico di primo annuncio del Vangelo ai non-cristiani, sta bussando alle porte delle comunità cristiane di antica evangelizzazione, e diventa sempre più "missione tra noi", un tale impegno in ciascuna comunità riveste la massima urgenza. Motivo di speranza, per far fronte alle nuove esigenze dell'odierna missione, sono anche i Movimenti e gruppi ecclesiali, che il Signore suscita nella Chiesa, perché più generoso, puntuale ed efficace sia il suo servizio missionario.


2. Come cooperare all'attività missionaria della ChiesaSe tutti i membri della Chiesa sono consacrati per la missione, tutti sono corresponsabili di portare Cristo al mondo mediante il proprio impegno personale. La partecipazione a questo diritto-dovere è chiamata "cooperazione missionaria" e si radica, necessariamente, nella santità della vita: solo se si è innestati in Cristo, come i tralci nella vite, si produce molto frutto. Il cristiano, che vive la propria fede ed osserva il comandamento dell'amore, allarga i confini della sua operosità fino ad abbracciare tutti gli uomini mediante quella cooperazione spirituale, fatta di preghiera, di sacrificio e di testimonianza, che ha consentito di proclamare compatrona delle missioni Santa Teresa di Gesù Bambino, che pur non fu mai inviata in missione. La Preghiera deve accompagnare il cammino e l'opera dei Missionari, perché l'annuncio della Parola sia reso fruttuoso dalla Grazia divina. Il sacrificio, accettato con fede e sofferto con Cristo, ha valore salvifico. Se il sacrificio dei missionari deve esser condiviso e sostenuto da quello dei fedeli, allora ogni sofferente nello spirito e nel corpo può diventare missionario, se saprà offrire con Gesù al Padre le proprie sofferenze. La testimonianza della vita cristiana è una predicazione silenziosa, ma efficace, della Parola di Dio. Gli uomini di oggi, che sembrano indifferenti alla ricerca dell'Assoluto, in realtà ne sentono il bisogno e sono attratti e colpiti dai santi che lo rivelano con la loro vita. La cooperazione spirituale all'opera missionaria deve soprattutto tendere alla promozione delle vocazioni missionarie. Per questo, mi rivolgo una volta ancora ai giovani e alle giovani del nostro tempo, per invitarli a dire "si", se il Signore li chiama a seguirlo con la vocazione missionaria.

Non c'è scelta più radicale e coraggiosa di questa: lasciare tutto per dedicarsi alla salvezza dei fratelli che non hanno ricevuto il dono inestimabile della fede in Cristo. La Giornata Missionaria Mondiale unisce tutti i figli della Chiesa non solo nella preghiera, ma anche nell'impegno di solidarietà e di condivisione degli aiuti e dei beni materiali per la missione ad gentes. Tale impegno corrisponde allo stato di necessità in cui si trovano tante persone e popolazioni della terra. Sono fratelli e sorelle che, bisognosi di tutto, vivono prevalentemente in quei Paesi che si identificano col Sud del mondo e che coincidono con le terre di missione. I Pastori ed i Missionari, quindi, necessitano di ingenti mezzi, non solo per l'opera di evangelizzazione - che è certamente primaria ed anch'essa onerosa -, ma anche per soccorrere le molteplici necessità materiali e morali mediante le opere di promozione umana che sempre accompagnano ogni missione. La celebrazione della Giornata Missionaria sia uno stimolo provvidenziale a mettere in moto sia le strutture di carità sia l'effettivo esercizio della carità da parte dei singoli cristiani e delle loro comunità: essa "è un appuntamento importante nella vita della Chiesa, perché insegna come donare: nella celebrazione eucaristica, cioè come offerta a Dio, e per tutte le missioni del mondo".


3. L'animazione delle Pontificie Opere MissionarieNell'opera di animazione e cooperazione missionaria, che riguarda tutti i figli della Chiesa, desidero riaffermare il compito peculiare e la specifica responsabilità spettanti alle Pontificie Opere Missionarie, come ho anche ribadito nella citata Enciclica. Tutte e quattro le Opere - Propagazione della Fede, San Pietro Apostolo, Infanzia Missionaria e Unione Missionaria - hanno in comune lo scopo di promuovere lo spirito missionario in seno al Popolo di Dio. Esse sono la memoria dell'universale nelle Chiese locali. In particolare, desidero ricordare l'Unione Missionaria, che celebra il 75 anniversario di fondazione. Essa ha il merito di compiere un continuo sforzo di sensibilizzazione presso i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose e gli animatori delle Comunità cristiane, perché l'ideale missionario si traduca in forme adeguate di pastorale e di catechesi missionaria. Le Opere Missionarie devono applicare, esse per prime, quanto ho già affermato nell'Enciclica: "Le Chiese locali inseriscano l'animazione missionaria come elemento cardine della loro pastorale ordinaria nelle parrocchie, nelle associazioni e nei gruppi, specie giovanili". Le Opere Missionarie siano protagoniste di questo importante mandato, nell'animazione, nella formazione missionaria e nell'organizzazione della carità per l'aiuto alle missioni. Ma, dopo aver richiamato la funzione di queste Opere, nonché l'impegno permanente per la missione, non posso terminare questa mia esortazione senza rivolgere ai Missionari e alle Missionarie - sacerdoti, religiosi e laici sparsi nel mondo - una diretta ed affettuosa parola di ringraziamento e di incoraggiamento, perché perseverino con fiducia nella loro attività evangelizzatrice, anche e quando il suo compimento può costare e costa i più grandi sacrifici, compreso quello della vita. Carissimi Missionari e Missionarie! Il mio pensiero e il mio affetto vi accompagnano sempre insieme con la gratitudine di tutta la Chiesa. Non solo voi siete la speranza viva della Chiesa, come testimoni ed artefici della sua missione universale nell'atto stesso che si compie; ma siete anche il segno credibile e visibile di quell'amore di Dio che ci ha tutti chiamati, consacrati e inviati, ma che a voi ha dato un mandato speciale: il dono singolare della vocazione ad gentes. Voi portate Cristo nel mondo; e in nome di lui, come suo Vicario, vi benedico e vi tengo nel cuore.

Insieme con voi benedico tutti coloro che con amore e generosità partecipano al vostro apostolato di evangelizzazione e di promozione integrale dell'uomo. Maria, Regina degli Apostoli, guidi e assista i passi di voi Missionari e di quanti, in qualunque modo, cooperano all'universale missione della Chiesa.



Data: 1991-05-19
Domenica 19 Maggio 1991

Alla messa di Pentecoste nel I° centenario della "Rerum Novarum" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Leone XIII ha dato vita ad un nuovo insegnamento della Chiesa: il Vangelo sociale dei nostri tempi

"Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi... Ricevete lo Spirito Santo". Pace a voi!


1. Con queste parole di Cristo risorto saluto oggi, nel giorno della Pentecoste, l'intera Chiesa presente in tutti i luoghi della terra. Saluto in modo particolare questa Chiesa che è in Roma, costruita sul fondamento degli apostoli Pietro e Paolo ed avente come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. Con queste parole del nostro Signore e Redentore desidero anche salutare tutti coloro che sono oggi convenuti nella Piazza di San Pietro, in occasione del centesimo anniversario dell'Enciclica "Rerum Novarum", pubblicata dal mio predecessore, il Papa Leone XIII. Saluto poi tutti i presenti, nonché tutti coloro che si uniscono con noi nel giorno dell'odierna solennità, che è tra le più grandi dell'anno liturgico e conclude il tempo pasquale.

Lo Spirito di Verità è il dono permanente nella Chiesa


2. "Ricevete lo Spirito Santo". Cristo risorto porta lo Spirito Santo agli apostoli, ed è così che lo Spirito è il Dono permanente nella Chiesa. Attraverso le generazioni e i secoli la Chiesa grida: "Scenda il tuo Spirito e rinnovi la terra" (e questo fa, in modo particolare, nell'odierna liturgia), e tale suo grido trova sempre risposta. Cristo stesso risponde! "Ricevete lo Spirito Santo". E si verificano, al tempo stesso, le parole del Salmista sul rinnovamento della faccia della terra: "Mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra".

Questo rinnovamento in tutta la terra appare strettamente collegato con le parole che, subito dopo, furono pronunciate da Gesù nel Cenacolo: "A chi rimetterete i peccati - soggiunse - saranno rimessi, e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". Nel corso della storia della Chiesa rinasce sempre di nuovo il peccato, ma sempre di nuovo lo Spirito di Verità viene dato agli apostoli per "convincere il mondo quanto al peccato", con annessa la superiore e soprannaturale facoltà di rimetterlo.

Leone XIII voce dello Spirito di Verità per convincere il mondo circa il peccato sociale


3. Infatti, proprio questo accadde nel giorno di Pentecoste quando, alle persone allora riunite, che erano presenti alla festa in Gerusalemme, Simon Pietro, il capo degli apostoli, rivolse la sua parola, esortandole al pentimento per la remissione dei peccati. Cento anni fa si è ripetuta la stessa cosa in una nuova e tanto diversa fase della storia. Pietro, in persona del suo successore Leone XIII, divenne la voce dello Spirito di verità per convincere il mondo di allora circa il peccato: il grande peccato sociale e la conseguente grande minaccia all'intero ordinamento sociale, a motivo del conflitto insorto nel campo del lavoro umano e del capitale. Emanando il suo documento in merito al pericoloso conflitto, il Pontefice non offriva soltanto validi elementi ed argomenti per l'auspicata sua soluzione, ma, raccogliendo la voce dello Spirito, reagiva ai contrapposti pericoli con forte accento morale, denunciando il duplice peccato della società di allora: era, da una parte, il peccato contro la libertà personale, negata anche dal punto di vista economico; era, dall'altra, il peccato contro la giustizia sociale. Ascoltiamolo: "L'uomo... è padrone delle sue azioni; così, sotto la legge eterna e la provvidenza universale di Dio, egli è provvidenza a se stesso. perciò, ha il diritto di scegliere le cose che ritiene più adatte a provvedere al presente e al futuro. Ne segue che deve avere sotto il suo dominio non solamente i prodotti della terra, ma la terra stessa". Ed ancora: "Quanto ai ricchi e ai padroni, essi non devono trattare l'operaio da schiavo; devono rispettare in lui la dignità della persona umana, nobilitata dal carattere cristiano... Quello che veramente è indegno dell'uomo è di usarlo come vile strumento di guadagno e di stimarlo solo per quel che valgono le sue energie fisiche".

Il linguaggio delle esperienze umane sempre nuove


4. Gli Atti degli Apostoli rendono presente, in certo modo, l'evento della festa di Pentecoste a Gerusalemme. In questo evento assume un particolare significato il dono delle lingue. Ecco, il vento che si abbatte gagliardo; e, subito dopo, ecco le lingue, "come di fuoco", che si posano sopra ciascuno degli apostoli e su tutti coloro che sono riuniti nel Cenacolo. Poi ancora ecco, "essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi". Il testo degli Atti riferisce lo stupore provocato da un tale fenomeno: "Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?". E sono anche nominati distintamente i rappresentanti delle diverse nazionalità che, in quel giorno, erano presenti a Gerusalemme. A distanza di circa duemila anni, si potrebbe allargare ed ampliare di molto questo racconto, e bisognerebbe quindi nominare le tante e ben più numerose altre lingue in cui, nel corso dei secoli e nel variare delle epoche, gli apostoli hanno parlato e parlano del Vangelo di Cristo. Ma non soltanto di questo. Essi hanno anche parlato e parlano col linguaggio delle esperienze umane sempre nuove, dei problemi e dei bisogni umani commisurati agli individui, alle comunità, alle nazioni ed all'intera famiglia umana. E non è forse vero che Leone XIII parlo proprio con un tale nuovo ed adeguato linguaggio nella sua difficile epoca, quando cento anni fa pubblico l'Enciclica "Rerum Novarum"? L'insegnamento sociale della Chiesa sviluppo organico della Verità del Vangelo


5. Questo suo linguaggio ha costituito l'inizio di un nuovo insegnamento della Chiesa. Con esso hanno parlato anche i successori di Papa Leone nella sede romana; hanno parlato singoli Vescovi ed interi episcopati. Ha parlato il Concilio del nostro secolo: il Vaticano II. In questo linguaggio, in questo moderno Magistero della Chiesa, in questo specifico insegnamento che è la cosiddetta dottrina sociale, si esprime e si compie un aspetto della missione che gli apostoli ricevettero da Gesù Cristo nel Cenacolo: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". In realtà, il nuovo linguaggio, cioè, in concreto, l'insegnamento sociale della Chiesa non è che uno sviluppo organico della verità stessa del Vangelo. Esso è "il Vangelo sociale" dei nostri tempi, così come l'epoca storica degli apostoli ebbe il Vangelo sociale della Chiesa primitiva, e lo ebbe l'epoca dei Padri, in seguito quella di San Tommaso d'Aquino e dei grandi Dottori del Medioevo. Infine l'ha avuto il secolo XIX, pieno di grandi novità e di cambiamenti, di iniziative e di problemi che hanno tutti concorso a preparare il terreno per l'Enciclica "Rerum Novarum".

Lo Spirito rinnova la faccia della terra


6. "Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, il quale opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune" (1Co 12,4-7).

Si! Lo Spirito rinnova la faccia della terra, indicando le vie del bene, del bene comune, del bene che unisce persone, popoli e l'intera società umana.

Non è forse tale l'eloquenza dell'Enciclica di Leone Xlll? Non è forse tale il fondamentale orientamento dell'intero Magistero della Chiesa nel presente secolo? Non è vero forse che a questo rispondono le numerose "diversità di ministeri" nell'ambito della giustizia sociale e le molteplici "operazioni", il cui comune denominatore, per così dire, ha dato origine al significativo binomio postconciliare "Iustitia et Pax"? Per tutto questo - servizi, iniziative e realizzazioni - desideriamo oggi ringraziare. Ringraziare gli uomini - tante, tante persone sparse per tutta la terra, e specialmente i nostri fratelli e sorelle nella comunità della Chiesa cattolica e tutti quanti i cristiani. Ma non soltanto essi! Ci sono, infatti, tanti uomini delle diverse religioni non-cristiane, e tanti uomini anche non credenti che devono essere compresi ed inclusi in questo ringraziamento che è doveroso nella circostanza del centenario della Rerum Novarum.

E ringraziando gli uomini, noi vogliamo e dobbiamo sempre ringraziare Dio, che "opera tutto in tutti". Ringraziamo lo Spirito Santo, che ci rivela ciò che è "per l'utilità comune" e ci suggerisce ciò che serve a costruire un mondo migliore, più umano, più simile al disegno di Dio, del quale l'uomo fin dall'inizio è immagine e somiglianza.

La "Centesimus Annus": un ringraziamento, un grido, una supplica


7. Il nostro odierno ringraziamento non cessa di essere un grido, una supplica. Un tale grido vuol essere anche la recente mia Enciclica, nella quale ho cercato di individuare e di esprimere "le cose nuove" secondo le esigenze e le attese di questo XX secolo dell'era cristiana, che sta ormai per finire: secolo conclusivo del secondo Millennio. Ma questo grido lo leviamo tutti, come riuniti di nuovo nel Cenacolo di Gerusalemme, insieme "con Maria, la Madre di Gesù". Lo leviamo insieme con Lei, come supplica fiduciosa all'eterno e rinnovatore Spirito di Dio:Vieni! / Vieni, Santo Spirito, / riempi i cuori dei tuoi fedeli / e accendi in essi il fuoco del tuo amore. / Senza la tua forza, / nulla è nell'uomo, / nulla senza colpa. / Piega ciò che è rigido, / scalda ciò che è gelido, / drizza ciò ch'è sviato. / Dona ai tuoi fedeli, / che solo in te confidano, / i tuoi santi doni.

Amen!

Data: 1991-05-19
Domenica 19 Maggio 1991

Lettera a tutti i fratelli nell'Episcopato - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa deve annunciare il "Vangelo della vita" senza alcuna paura davanti ai singoli, ai popoli e agli Stati

Venerato e caro fratello nell'Episcopato, Il recente Concistoro straordinario dei Cardinali, che si è svolto dal 4 al 7 aprile nella Città del Vaticano, ha sviluppato un'ampia e approfondita discussione sulle minacce alla vita umana e si è concluso con un voto unanime: i Cardinali si sono rivolti al Papa chiedendo che "riaffermi solennemente in un documento (la maggior parte dei Cardinali ha proposto un'Enciclica) il valore della vita umana e la sua intangibilità, in riferimento alle attuali circostanze ed agli attentati che oggi la minacciano". Come Ella potrà rilevare nella sintesi che Le sarà inviata dall'Ecc. mo Pro-Segretario di Stato, dalle relazioni e dai lavori del Concistoro è emerso un quadro impressionante: nel contesto della multiforme aggressività degli odierni attacchi alla vita umana, soprattutto quando essa è più debole e indifesa, il dato statistico registra una vera e propria "strage degli innocenti" a livello mondiale; ma soprattutto è preoccupante il fatto che la coscienza morale sembra offuscarsi paurosamente e faticare sempre più ad avvertire la chiara e netta distinzione tra il bene e il male in ciò che tocca lo stesso fondamentale valore della vita umana.

In realtà, se è quanto mai grave e inquietante il fenomeno, così esteso, dell'eliminazione di tante vite umane nascenti o sulla via del tramonto, non meno grave e inquietante è lo spegnersi della sensibilità morale nelle coscienze. Le leggi e le normative civili non solo rendono manifesto questo oscuramento, ma altresi contribuiscono a rafforzarlo. Infatti, quando dei parlamenti votano leggi che autorizzano la messa a morte di innocenti e degli Stati pongono le loro risorse e le loro strutture al servizio di questi crimini, le coscienze individuali, spesso poco formate, sono più facilmente indotte in errore. Per spezzare un tale circolo vizioso, sembra più urgente che mai riaffermare con forza il nostro magistero comune, fondato sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione, a proposito dell'intangibilità della vita umana innocente. La ricorrenza centenaria che quest'anno la Chiesa celebra dell'Enciclica "Rerum Novarum" mi suggerisce un'analogia sulla quale vorrei attirare l'attenzione di tutti.

Come un secolo fa ad essere oppressa nei suoi fondamentali diritti era la classe operaia, e la Chiesa con grande coraggio ne prese le difese, proclamando i sacrosanti diritti della persona del lavoratore, così ora, quando un'altra categoria di persone è oppressa nel diritto fondamentale alla vita, la Chiesa sente di dover dare voce con immutato coraggio a chi non ha voce. Il suo è sempre il grido evangelico in difesa dei poveri del mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e oppressi nei loro diritti umani. La Chiesa non solo intende riaffermare il diritto alla vita, la cui violazione offende insieme la persona umana e Dio Creatore e Padre, fonte amorosa di ogni vita, ma intende altresi porsi con dedizione sempre maggiore al servizio concreto della difesa e della promozione di tale diritto. A questo la Chiesa si sente chiamata dal suo Signore. Essa riceve da Cristo il "Vangelo della vita" e si sente responsabile dell'annuncio di questo Vangelo ad ogni creatura.

Lo deve coraggiosamente annunciare, anche a costo di andare contro corrente, con le parole e con le opere, davanti ai singoli, ai popoli e agli Stati, senza alcuna paura. Proprio questa fedeltà a Cristo Signore è la legge e la forza della Chiesa, anche in questo campo. La nuova evangelizzazione, che è istanza pastorale fondamentale nel mondo attuale, non può prescindere dall'annuncio del diritto inviolabile alla vita, di cui ogni uomo è titolare dal concepimento al suo termine naturale. Nello stesso tempo la Chiesa sente di esprimere, con questo annuncio e con questa testimonianza operosa, la sua stima e il suo amore all'uomo. Essa si rivolge al cuore di ogni persona, credente ed anche non credente, perché è consapevole che il dono della vita è bene così fondamentale da poter essere compreso ed apprezzato nel suo significato da chiunque, anche alla luce della semplice ragione. Nella recente Enciclica "Centesimus Annus" ho ricordato l'apprezzamento della Chiesa per il sistema democratico, che permette la partecipazione di tutti i cittadini alla vita politica, ma ho anche richiamato che una vera democrazia può fondarsi solo sul coerente riconoscimento dei diritti di ciascuno.

Dopo aver meditato e pregato davanti al Signore, ho pensato di scriverLe in forma personale, caro fratello nell'Episcopato, per condividere con Lei la preoccupazione che nasce da un problema così capitale e, soprattutto, per sollecitare il suo aiuto e la sua collaborazione, nello spirito della collegialità episcopale, di fronte alla grave sfida costituita dalle attuali minacce e attentati contro la vita umana. In realtà è una grave responsabilità per ciascuno di noi, Pastori del gregge del Signore, promuovere nelle nostre diocesi il rispetto della vita umana. Dopo di aver colto tutte le occasioni per dichiarazioni pubbliche, dovremo esercitare una particolare vigilanza sull'insegnamento che viene impartito al riguardo nei nostri seminari, nelle scuole e nelle università cattoliche. Dobbiamo essere Pastori vigilanti affinché la pratica negli ospedali e cliniche cattoliche si mantenga conforme alla loro natura. Nella misura dei nostri mezzi, dovremo, poi, sostenere le iniziative di aiuto concreto alle donne o alle famiglie in difficoltà, di accompagnamento a coloro che soffrono e soprattutto ai morenti, ecc.

Dovremo, inoltre, incoraggiare le riflessioni scientifiche, le iniziative legislative o politiche, che vanno contro-corrente nei confronti della "mentalità di morte". Con l'azione concorde di tutti i Vescovi e col rinnovato impegno pastorale che ne seguirà, la Chiesa intende contribuire, mediante la civiltà della verità e dell'amore, all'instaurarsi sempre più ampio e radicale di quella "cultura della vita" che costituisce il presupposto essenziale per la umanizzazione della nostra società. Lo Spirito Santo, "che è Signore e dà la vita", ci colmi dei suoi doni e sia pure al nostro fianco in questa responsabilità Maria, la Vergine Madre che ha generato l'Autore della vita.

Data: 1991-05-19
Domenica 19 Maggio 1991

Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Carissimi lavoratori, la Chiesa cammina con voi"

A conclusione di questa liturgia di Pentecoste, giunti al momento della recita del "Regina Coeli", desidero rivolgere un saluto a tutti i lavoratori, qui convenuti da ogni parte del mondo per ringraziare Dio nel centenario dell'Enciclica "Rerum Novarum". Saluto le Autorità, e in primo luogo il Presidente della Repubblica italiana, che hanno voluto prendere parte a questa celebrazione.

Saluto i numerosi lavoratori italiani e li esorto ad amare la Chiesa, perché essa, in nome di Cristo, si è impegnata e s'impegna a fare propria la via dell'uomo nelle mutevoli vicende della storia. Come alla fine del secolo scorso la Chiesa volle far luce sul conflitto tra capitale e lavoro, difendendo con forza la dignità e i diritti dei lavoratori, così oggi si sente chiamata a rivendicare la centralità dell'uomo in quanto tale nella complessa rete di relazioni delle società moderne. La Chiesa cammina con voi, carissimi lavoratori, e cammina sicura, perché sa di aver accanto, su questa strada, Colui che, facendosi uomo, non sdegno di essere qualificato come "figlio del carpentiere".

Data: 1991-05-19
Domenica 19 Maggio 1991

Ai dirigenti della Confederazione francese dei Lavoratori cristiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Partecipazione al dialogo sociale per diffondere la dottrina della Chiesa

Signor Presidente, cari amici, Pellegrini a Roma in occasione del centenario dell'enciclica Rerum Novarum, sono felice di ritrovare in voi gli attivi continuatori dei primi sindacati cristiani del vostro Paese, contemporanei a Papa Leone XIII. Nel 1987, mi associai con un messaggio al centenario che avete celebrato a Versailles. Oggi, vi ringrazio di testimoniare, seguendo il Successore di Pietro, la vitalità della Confederazione francese dei Lavoratori cristiani, proprio nel momento in cui i cristiani seguono il Magistero con particolare attenzione per quanto riguarda la dottrina sociale che l'epoca moderna segue da un secolo.

Ho avuto occasione di sottolineare, nella mia recente enciclica, non solo il fatto che la riflessione di Leone XIII ha tenuto conto degli studi e delle realizzazioni dei diversi movimenti sociali cristiani del suo tempo, fra i quali si schierano i vostri precursori, ma anche l'influenza decisiva che il Movimento operaio ha esercitato in seguito, al fine di ottenere l'attuazione delle riforme preconizzate dal Papa. D'altronde, oggi come ci si può scordare che il vostro sindacato, all'epoca della sua fondazione, ha esplicitamente fatto riferimento alla Rerum Novarum nei suoi statuti? Ma il centenario che noi celebriamo avrebbe scarso interesse se ci accontentassimo di volgere i nostri sguardi verso il passato. Un tale giubileo ci presenta l'occasione di fare il punto e di trovare un nuovo dinamismo, nel quadro di una vivida tradizione, di un insegnamento che si arricchisce e cerca di rispondere alle "cose nuove", per un'azione che deve affrontare i problemi del momento. Nel corso del nostro breve incontro, non mi cimentero in nessun tipo di analisi, ma desidero semplicemente incoraggiarvi ad essere sempre disposti al dialogo sociale mettendo in pratica la dottrina che costituisce un bene comune dei cristiani e che si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà. Voglio farvi un esempio importante, penso al senso reale di una lotta che mira a preservare e sviluppare l'impiego: ne va della dignità di milioni di uomini e donne che devono vivere decentemente in seno alla famiglia, prendendo coscienza delle proprie capacità personali potendo così accedere ad un'adeguata formazione.

Nei diversi settori del mondo del lavoro, l'ispirazione cristiana invita a collocare la solidarietà sempre al primo posto, solidarietà che non si limita ad un determinato gruppo, e che a poco a poco riguarda l'umanità intera, ed osiamo dire in un tempo in cui non si può ancora parlare di un solo mondo, ma di "più" mondi disposti secondo un ordine numerico! Le distanze che li separano vanificano questa solidarietà, che dovrebbe essere una sola, ed inoltre sono anche causa di drammi umani che voi ben conoscete.

Cari amici, all'indomani della festa di Pentecoste non posso che augurarvi di proseguire nel vostro operato con il forte vigore dello Spirito, nell'amore che egli suscita nei nostri cuori e innanzitutto per chi ne è privo, nella verità che egli ci permette di conoscere, nella ricerca di un progresso verso l'unità al fine di accomunare i diversi membri della società. Ricordatevi del prezzo che il vostro lavoro ha agli occhi di Dio, vera offerta donata al Padre e al Cristo di un mondo in cui i laici cerchino, con tutte le loro forze, di far si che "tutti i beni creati (...) siano tra loro più convenientemente distribuiti e, secondo la loro natura, portino al progresso universale nella libertà umana e cristiana" (LG 36).

Che Dio benedica voi, i vostri parenti ed i vostri amici! (Traduzione dal francese)

Data: 1991-05-20
Lunedi 20 Maggio 1991




Alle delegazioni della Repubblica di Bulgaria e della Jugoslavia per le celebrazioni in onore dei santi Cirillo e Metodio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il contributo della Chiesa alla rinascita morale e religiosa della società bulgara

Eccellentissimo Signor Ministro, Eccellentissimo Metropolita di Vidin, Illustri membri della Delegazione bulgara! E' per me motivo di grande gioia poter salutare la Delegazione ufficiale della Repubblica di Bulgaria, venuta a Roma, in occasione delle Celebrazioni in onore dei Santi fratelli Cirillo e Metodio, compatroni d'Europa. La Chiesa di Roma è ben lieta di accogliere voi che siete venuti a pregare sulla tomba di San Cirillo nella paleocristiana basilica di San Clemente, e a rendere omaggio alle Immagini dei Santi fratelli di Salonicco nella Basilica di San Pietro. I Santi Cirillo e Metodio godono da secoli grande venerazione, specialmente tra le popolazioni slave, alle quali hanno annunciato la Buona Novella di Cristo.

Inoltre, essi meritano una profonda gratitudine, come ho indicato nell'Epistola Enciclica "Slavorum Apostoli", per il contributo dato "alla causa della riconciliazione, dell'amichevole convivenza, dello sviluppo umano e del rispetto dell'intrinseca dignità di ogni Nazione". Il nostro incontro riveste quest'anno un significato del tutto particolare. Come vi è ben noto, il 6 dicembre scorso la Santa Sede e la Bulgaria hanno stabilito relazioni diplomatiche fra di loro. Si tratta, da una parte, di un naturale risultato dei contatti che, a vari livelli, la Chiesa Cattolica ha avuto con la Bulgaria nel corso dei secoli. D'altra parte, i rapporti diplomatici sono l'espressione della comune volontà di intraprendere un nuovo cammino di cooperazione per il progresso della diletta Nazione bulgara, nel solco delle sue più nobili tradizioni. Dopo i recenti avvenimenti che hanno portato il vostro Paese a riconquistare la libertà, la Chiesa cattolica potrà così offrire il suo contributo, in rispettoso dialogo con la Chiesa ortodossa, e con altre comunità religiose, per la rinascita morale e religiosa della società bulgara. Affido la realizzazione di tale proposito all'intercessione dei Santi Cirillo e Metodio, mentre su tutti voi qui presenti, come sulla Bulgaria intera, imparto la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1991-05-23
Giovedi 23 Maggio 1991

Udienza alla delegazione della Jugoslavia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fra i popoli della Jugoslavia sia ristabilita una pacifica convivenza nel reciproco rispetto e nella giustizia

Signor Vice-Presidente della Macedonia ed illustri Membri della Delegazione della Jugoslavia, La vostra presenza a Roma, per rendere il tradizionale omaggio alle reliquie di San Cirillo, come faranno le Delegazioni di altri popoli che riconoscono nei due fratelli di Salonicco, Cirillo e Metodio, i Padri della loro fede e della loro cultura, ha un profondo significato in quest'ora storica in cui si stanno gettando le basi della nuova Europa. Cirillo e Metodio furono apostoli di unità e di pace, in un secolo in cui grandi erano le tensioni tra Occidente e Oriente. Essi, come scrissi nella Lettera Apostolica del 31 dicembre 1980, con la quale li proclamavo Patroni di tutta l'Europa, insieme a San Benedetto, svolsero il loro servizio missionario in unione sia con la Chiesa di Costantinopoli, dalla quale erano stati inviati, sia con questa Sede Apostolica, dalla quale ricevettero sempre appoggio e sostegno, manifestando così l'unità della Chiesa, che non aveva ancora conosciuto la dolorosa ferita della divisione tra Oriente e Occidente. La grande intuizione dei Santi Cirillo e Metodio fu di aiutare i popoli slavi da loro evangelizzati a lodare Dio nella propria lingua e nel rispetto delle proprie caratteristiche culturali, insistendo al tempo stesso sull'unità tra tutti i cristiani, di Oriente e Occidente, nell'unica Chiesa di Cristo. Oggi i popoli dell'Europa, cercano con insistenza l'affermazione della propria identità e, allo stesso tempo, sentono in maniera nuova la necessità di unità e di solidarietà per risolvere i gravi problemi del Continente e del Mondo. Questa duplice esigenza rende quanto mai vivo ed attuale il messaggio di San Cirillo. La sua opera ci ricorda ancor oggi il rispetto dovuto alla cultura di ogni Nazione e la necessità di superare le divisioni che per secoli hanno lacerato l'Europa. Le due tradizioni, orientale ed occidentale, debbono armonizzarsi, nel rispetto reciproco, se vogliono contribuire alla costruzione di un avvenire migliore.

Questa esigenza mi sembra particolarmente impellente per i popoli della Jugoslavia, che oggi vorrei affidare in modo speciale alla protezione dei Santi Cirillo e Metodio. Possano essi guidarli in questo difficile momento, affinché fra di loro sia ristabilita una pacifica convivenza nel reciproco rispetto e nella giustizia. Con questi sentimenti imparto su tutti voi e su tutti i popoli della Jugoslavia la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1991-05-23
Giovedi 23 Maggio 1991

Ai vescovi della Thailandia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La tragedia umana dei rifugiati e dei profughi è una sfida per l'intera comunità internazionale

Eminenza, Cari confratelli nell'Episcopato,


GPII 1991 Insegnamenti - Ad un gruppo di vescovi e sacerdoti africani in occasione del XXV° di sacerdozio - Città del Vaticano (Roma)