GPII 1991 Insegnamenti - Lettera ai vescovi del Continente europeo - I rapporti tra cattolici e ortodossi nella nuova situazione dell'Europa centrale e orientale

Lettera ai vescovi del Continente europeo - I rapporti tra cattolici e ortodossi nella nuova situazione dell'Europa centrale e orientale


Carissimi fratelli nell'episcopato, Mentre si intensificano i lavori di preparazione alla prossima Assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, vorrei condividere con voi la mia gioia per la nuova situazione che va creandosi particolarmente nell'Europa Centrale e Orientale e anche la mia speranza per le nuove possibilità che si aprono per la vita della Chiesa in tali regioni. La risonanza e gli sviluppi positivi a livello mondiale dei cambiamenti avvenuti in quella parte del "vecchio continente", la dimensione universale del ministero episcopale e la comunione di tutti i Vescovi col successore di Pietro mi spingono a parteciparvi alcune riflessioni sulla nuova situazione e sulle sue conseguenze per quanto concerne i rapporti tra cattolici ed ortodossi.

Mutamenti nell'Europa centro-orientale


1. Di recente diversi popoli dell'Europa dell'Est hanno riacquistato - per grazia di Dio senza spargimento di sangue - il diritto al rispetto delle libertà civili, compresa quella religiosa, che per decenni era stata in quelle terre limitata, repressa o soppressa. Questi cambiamenti e progressi sono certamente frutto anche dell'intervento di Dio, il quale con sapienza e pazienza dirige il corso della storia verso la sua meta escatologica: "Ricapitolare in Cristo tutte le cose". Il clima di avversione alla libertà religiosa e di aperta persecuzione ha colpito, in una forma o nell'altra, tutti i credenti: cattolici, ortodossi, protestanti e membri di altre religioni. La persecuzione tocco il suo massimo grado nei casi in cui, come nell'Ucraina, in Romania, in Cecoslovacchia, le Chiese locali cattoliche di tradizione bizantina, con metodi autoritari e subdoli, furono dichiarate sciolte ed inesistenti. Pressioni, talvolta violente, furono fatte perché i cattolici si incorporassero alle Chiese ortodosse. Le recenti leggi sulla libertà religiosa si avviano a garantire a tutti la possibilità di una legittima espressione della propria fede, con proprie strutture e propri luoghi di culto.

Questa nuova positiva situazione ha così reso possibile la riorganizzazione della Chiesa cattolica di rito latino in diverse nazioni e la normalizzazione della vita delle Chiese cattoliche di rito bizantino in quei Paesi in cui esse erano state soppresse. La storia sta riparando un atto di grave ingiustizia. Il Signore mi ha concesso la grazia di nominare i Vescovi per tali Chiese di rito bizantino in Ucraina occidentale e in Romania. Esse ora vanno riprendendo il normale processo della vita ecclesiale pubblica, uscendo dalla clandestinità in cui la persecuzione le aveva dolorosamente confinate. Ugualmente ho potuto dare Vescovi a diverse diocesi latine, che per anni ne erano rimaste sprovviste. Ciò offre la possibilità di una crescita ordinata della vita nella Chiesa. I Pastori, infatti, come maestri di fede e ministri di riconciliazione, promuovono la crescita armoniosa delle loro Chiese e, nello stesso tempo, sviluppano fraterni rapporti con gli altri credenti in Cristo in ordine alla ricomposizione della piena unità voluta da Lui, in ciò adempiendo alle disposizioni del Concilio Vaticano II, ribadite anche nel "Codice dei Canoni delle Chiese Orientali": "Praesertim vero Ecclesiae Pastores debent pro ea a Domino optata Ecclesiae unitatis plenitudine orare et allaborare sollerter participando operi oecumenico Spiritus Sancti gratia suscitato".

Tensioni tra cattolici e ortodossi in tali regioni


2. Ma nel corso di tale processo di riorganizzazione della Chiesa cattolica, a motivo anche delle ferite lasciate dalle tristi esperienze del passato, si sono, purtroppo, manifestati problemi e tensioni tra cattolici ed ortodossi, in particolare per quanto riguarda la proprietà e l'uso dei luoghi di culto già appartenuti alle Chiese cattoliche di rito bizantino, i quali a suo tempo furono confiscati dai rispettivi governi e, in parte, concessi alle Chiese ortodosse. La controversia per i luoghi di culto ha avuto ripercussioni non favorevoli anche all'interno del dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, che pure proseguiva il suo cammino ormai decennale in modo fecondo. La comune riflessione sulle esigenze che scaturiscono da una convivenza fraterna, che tenda alla piena comunione ecclesiale secondo la volontà di Cristo per la sua Chiesa, aiuterà tutti a trovare una soluzione equa e degna della vocazione cristiana. La riparazione di una ingiustizia del passato non potrà che aiutare la positiva evoluzione dei reciproci rapporti. Deve essere convinzione di tutti che, anche in questi casi di vertenze piuttosto contingenti e pratiche, è ancora il dialogo lo strumento più adatto per affrontare uno scambio fraterno volto a risolvere il contenzioso in spirito di giustizia, di carità e di perdono. I fratelli, un tempo partecipi delle medesime sofferenze e prove, non devono oggi contrapporsi fra loro, ma guardare insieme al futuro che si dischiude con promettenti segni di speranza.

Le Chiese orientali cattoliche nelle altre parti del mondo


3. La questione dei rapporti tra cattolici di rito orientale ed ortodossi non è, tuttavia, limitata ai paesi dell'Europa dell'Est, ma, in forme diverse, si pone anche ovunque sono presenti Chiese orientali cattoliche. Nel Medio Oriente in particolare, oltre alle Chiese di tradizione bizantina, convivono anche le antiche Chiese di tradizione alessandrina, antiochena, armena e caldea. Qui i più recenti avvenimenti hanno messo in evidenza una speciale minaccia per le comunità cattoliche, generalmente poco numerose. In ragione delle difficoltà di quei paesi, spesso segnati da lunghi conflitti anche armati, è sempre più frequente l'emigrazione con accresciuti problemi, tanto per coloro che rimangono in patria quanto per le comunità orientali che si costituiscono nell'emigrazione. Lo spirito di reciproca comprensione e comunione, guidato dalla parola di San Paolo, che invita a "portare i pesi gli uni degli altri", aiuterà a risolvere le oggettive difficoltà sia nei paesi di origine che in quelli della diaspora. Ciò è tanto più necessario in quanto, in tali regioni, cattolici ed ortodossi spesso provengono da una identica tradizione ecclesiale e dispongono di un comune patrimonio etnico-culturale. I Pastori veglieranno con sollecitudine affinché sia il dialogo nella carità e nella verità a ispirare la riorganizzazione e la vita delle Chiese orientali cattoliche, conformemente ai puntuali orientamenti del Concilio Vaticano II. I Vescovi della Chiesa cattolica, radunati in Concilio, hanno dichiarato, nel Decreto sulle Chiese orientali, che "la Chiesa cattolica ha in grande stima le istituzioni, i riti liturgici, le tradizioni ecclesiastiche e la disciplina delle Chiese orientali" ed hanno espresso l'auspicio che quelle Chiese "fioriscano ed assolvano con nuovo vigore apostolico la missione loro affidata". A questo scopo, i Padri conciliari hanno chiesto che "si provveda nel mondo intero alla tutela" di tutte le Chiese particolari, mettendo a loro disposizione gli strumenti pastorali adeguati per lo svolgimento di quel servizio che tali Chiese debbono rendere in vista di reggere, educare e santificare i loro fedeli, poiché per le singole Chiese le proprie tradizioni liturgiche, disciplinari e teologiche sono "più corrispondenti ai costumi dei loro fedeli e più adatte a provvedere al bene delle loro anime". Questo criterio e questo orientamento pastorale ispireranno l'organizzazione delle strutture di queste Chiese, la formazione teologica del loro clero, l'educazione catechistica dei loro fedeli. In ciò, infatti, sta l'autentico servizio pastorale.

Sollecitudine per l'unità dei cristiani


4. Il medesimo Concilio Vaticano II ha anche insegnato che fa parte integrante della vita di queste Chiese, così come dell'intera Chiesa cattolica, la sollecitudine, da esse particolarmente sentita a causa della loro stessa origine, di promuovere l'unità dei cristiani: "Alle Chiese orientali, aventi comunione con la Sede Apostolica Romana, compete lo speciale officio di promuovere l'unità di tutti i cristiani, specialmente orientali, secondo i principii del Decreto sull'Ecumenismo promulgato da questo Santo Concilio, in primo luogo con la preghiera, l'esempio della vita, la scrupolosa fedeltà alle antiche tradizioni orientali, la mutua e più profonda conoscenza, la collaborazione e la fraterna stima delle cose e degli animi". Questo orientamento è stato di recente riproposto dal nuovo "Codice dei Canoni delle Chiese Orientali". Nelle complesse vicende dell'origine - differente per tempo e per luogo - di queste Chiese, al di là dei condizionamenti culturali e delle situazioni politiche, non era certo assente il desiderio del ristabilimento della piena comunione ecclesiale, ovviamente secondo i metodi e la sensibilità del tempo. I conflitti sorti in seguito non hanno annullato tale prospettiva, anche se talvolta l'hanno oscurata. Nei nostri giorni il dialogo teologico in corso tra la Chiesa cattolica e l'insieme delle Chiese ortodosse mira a tale finalità con nuovo metodo e con diversa impostazione e prospettiva, secondo gli insegnamenti e le indicazioni del Concilio Vaticano II.

Il Decreto sull'Ecumenismo, con espressione forte e teologicamente densa, ha ricordato che "con la celebrazione dell'Eucaristia del Signore in queste singole Chiese, la Chiesa di Dio è edificata e cresce". Per mezzo del servizio di tali Chiese "i fedeli uniti con il Vescovo hanno accesso a Dio Padre per mezzo del Figlio, Verbo incarnato, morto e glorificato, nell'effusione dello Spirito Santo, ed entrano in comunione con la santissima Trinità, fatti partecipi della natura divina". Con quelle Chiese, pertanto, vanno coltivate relazioni come fra Chiese sorelle, secondo l'espressione di Papa Paolo VI nel Breve al Patriarca di Costantinopoli Athénagoras I. L'unità che si persegue - e si deve perseguire - con esse è la piena comunione in una sola fede, nei sacramenti e nel governo ecclesiale, nel pieno rispetto della legittima varietà liturgica, disciplinare e teologica, come ho avuto modo di spiegare nella Lettera Apostolica "Euntes in Mundum Universum", in occasione del Millennio del Battesimo della Rus' di Kiev.

Conseguenze pastorali


5. Da ciò provengono conseguenze pratiche ed immediate. La prima di esse è stata espressa da Papa Paolo VI - ed essa conserva anche oggi tutta la sua validità - nel discorso pronunciato nella cattedrale del Patriarcato ecumenico, in occasione della sua visita: "Nous voyons plus clairement ainsi que c'est aux chefs des glises, à leur hiérarchie, qu'il incombe de mener les glises sur la voie qui conduit à la pleine communion retrouvée. Ils doivent le faire en se reconnaissant et en se respectant comme pasteurs de la partie du troupeau du Christ qui leur est confiée, en prenant soin de la cohésion et de la croissance du peuple de Dieu et en évitant tout ce qui pourrait le disperser ou mettre de la confusion en ses rangs". Una seconda conseguenza è il rifiuto di ogni forma indebita di proselitismo, evitando in modo assoluto nell'azione pastorale qualsiasi tentazione di violenza e qualsiasi forma di pressione. L'attività pastorale, tuttavia, non potrà non rispettare la libertà di coscienza e il diritto che ciascuno ha di aderire, se vuole, alla Chiesa cattolica. Si tratta, in definitiva, di rispettare l'azione dello Spirito Santo, che è Spirito di verità. Il Decreto conciliare sull'Ecumenismo lo ha indicato e motivato: "E' chiaro che l'opera di preparazione e di riconciliazione di quelle singole persone che desiderano la piena comunione cattolica è di natura sua distinta dall'iniziativa ecumenica; non c'è pero alcuna opposizione, poiché l'una e l'altra procedono dalla mirabile disposizione di Dio".

La terza conseguenza è che, ovviamente, non è sufficiente evitare gli errori, ma occorre promuovere positivamente la vita comune nel reciproco, concorde rispetto.

Questo atteggiamento è stato certamente proposto e ribadito come linea di condotta nei rapporti tra cattolici ed ortodossi, come hanno dichiarato insieme Papa Paolo VI e il Patriarca Athenagoras I: "Le dialogue de la charité entre leurs glises doit porter des fruits de collaboration désintéressée sur le plan d'une action commune au niveau pastoral, social et intellectuel, dans un respect mutuel de la fidélité des uns et des autres à leurs propres glises". Come ho avuto modo di rilevare nell'Epistola Enciclica "Slavorum Apostoli", tutto ciò aiuterà il reciproco arricchimento delle due grandi tradizioni, l'orientale e l'occidentale, e la via verso la piena unità.

A servizio dell'ecumenismo


6. Le Chiese orientali cattoliche conoscono e accettano con animo fiducioso l'insegnamento del Concilio Vaticano II sull'ecumenismo e intendono dare il loro contributo alla ricerca della piena unità fra cattolici ed ortodossi. E' motivo di gioia costatare che di questo fatto si va prendendo positivamente atto anche nei rapporti bilaterali, come è avvenuto in recenti dichiarazioni. Auspico di cuore che, ovunque vivano insieme cattolici orientali e ortodossi, si instaurino relazioni fraterne, di reciproco rispetto e di sincera ricerca di una comune testimonianza all'unico Signore. Ciò aiuterà non soltanto la convivenza nelle concrete circostanze, ma faciliterà anche il dialogo teologico volto a superare quanto divide ancora cattolici ed ortodossi. Essere fedeli testimoni di Gesù Cristo, che ci ha liberati, dovrebbe essere la maggiore preoccupazione del nostro tempo di cambiamenti culturali, sociali e politici, così da poter predicare insieme e con credibilità l'unico Vangelo di salvezza ed essere artefici di pace e di riconciliazione in un mondo sempre minacciato da conflitti e da guerre. Mentre affido questi sentimenti e queste speranze all'intercessione della Vergine Theotokos, ugualmente venerata in Oriente ed Occidente, affinché quale Odigitria guidi tutti i cristiani sulla via del Vangelo e della piena comunione, di cuore imparto a voi, carissimi fratelli nell'episcopato, ed alle comunità a voi affidate una particolare Benedizione Apostolica.

Data: 1991-05-31
Venerdi 31 Maggio 1991

La cerimonia di accoglienza in Polonia, all'aeroporto di Koszalin

Titolo: La nuova voce della Polonia rende testimonianza che repubblica, nazione e società sono diventate sovrane

Signor Presidente della Repubblica! Signor Cardinale Primate di Polonia!


1. Nelle parole del vostro benvenuto, di nuovo ho udito la voce della mia Patria.

Questa è una voce nuova. Rende testimonianza che la Repubblica, la Nazione e la società sono diventate sovrane. Per molti anni abbiamo atteso che questa voce potesse risuonare in tutta la sua autenticità, perché diventasse espressione della storica attuazione di ciò che costo tanti sforzi e sacrifici. Permettete che, rispondendo alle vostre parole, renda insieme omaggio a tutti quei Figli e Figlie della nostra Patria, che per questa grande causa non si risparmiarono.

Occorrerebbe aprire il grande libro della storia, iniziando dal 1° settembre del 1939, per richiamarli tutti qui. Il libro della memoria che non perde mai la sua attualità. Il ricordo dell'eroismo. L'eredità indistruttibile. Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio.


2. Il luogo in cui ci incontriamo all'inizio del mio quarto pellegrinaggio come Pontefice in Patria, ha un'eloquenza particolare. Ci troviamo qui di fronte a un essenziale frammento della nostra storia, agli inizi stessi di questa storia. La città di Kolobrzeg è legata agli importanti eventi dell'Anno Millesimo.

Mi è difficile non ricordare quegli eventi, uniti con il nome di Boleslao il Prode, il primo sovrano della Polonia adorno di una corona regale. Fu proprio lui - figlio e successore di Mieszko - che delineando le forme dello stato dei Piast, esalto questa terra e questa città: Kolobrzeg.

Ciò avvenne in conseguenza del Battesimo, ricevuto dalla Polonia nell'anno 966 nella persona del suo primo storico sovrano. Ciò avvenne come frutto che corona l'apostolica missione di Adalberto, vescovo di Praga, figlio della fraterna nazione ceca. Il missionario cadde sotto la spada dei pagani Pruteni sulle sponde del Baltico nell'anno 997. Presso il sepolcro del martire a Gniezno ebbe luogo lo storico congresso, al quale l'imperatore Ottone III e il legato del Papa Silvestro II confermarono la prima metropoli nelle terre polacche come frutto delle sollecitudini di Boleslao.

La metropoli di Gniezno divenne il fondamento dell'organizzazione - non solo della Chiesa, ma anche dello stato dei Piast. Questo fondamento resiste fino ad oggi: oltre mille anni. Accanto a Cracovia e Breslavia ( e accanto a Poznan, ove il vescovato esisteva dai tempi del Battesimo) in questa struttura fondamentale entro allora - nell'anno 1000 - anche Kolobrzeg.

Che questo ricordo del lontano passato dei popoli che si trovavano al centro d'Europa diventi oggi nuovamente un augurio e annuncio del futuro europeo alla soglia del nuovo millennio. Che lo spirito dell'imperatore Ottone e del re Boleslao legato - per il ricordo di Sant'Adalberto - dalla reciproca fratellanza e rispetto, ritorni nella nostra storia come pietra angolare di pace e di collaborazione.


3. Signor Presidente! Signor Cardinale Primate! Tutti egregi partecipanti a questo incontro - Signore e Signori! Tutti miei Fratelli nel servizio episcopale e sacerdotale! Già durante il mio ultimo pellegrinaggio in Patria, quattro anni fa, mi fu dato di visitare la Costa del Baltico, in particolare Stettino e Danzica.

Quella visita rimane sempre nel mio ricordo. Oggi torno ad essa, poiché divenne quasi un annuncio degli eventi importanti e di svolta, che nel corso di quattro anni dovevano compiersi non soltanto in Polonia, ma anche tra i nostri vicini in tutta l'Europa Centrale, ed anche nell'Est europeo.

Questi eventi si sono compiuti, ma in qualche dimensione continuano a compiersi. Questo è un enorme processo storico di molteplice carattere. La caduta del totalitarismo. Il mutamento dei sistemi socio-politici e socio-economici, al cui centro si trova ogni uomo come soggetto che decide del bene comune nel nome di oggettive leggi di convivenza civica. Nella persona del signor Lech Walesa come primo presidente della III Repubblica, saluto tutti i Connazionali, abitanti la mia terra patria dal Baltico fino ai Carpazi, dall'Est all'Ovest - tutti: saluto ognuna ed ognuno con il cristiano bacio della pace.

Gioisco di questo grande bene che si è compiuto e continua a compiersi nella mia Patria. Il mio desiderio cordiale è di annunziare la pace ai miei connazionali. Quella pace che attenua il dubbio, restituisce la concordia e stimola ad amare. Questa è la pace che viene data da Cristo - quella pace che desidero portare, nel Nome di Cristo, mediante il mio servizio pastorale in terra patria. In unione fraterna con l'Episcopato Polacco presieduto - secondo la tradizione millenaria - dal Primate: Arcivescovo di Gniezno.


4. Chiedo a tutti di sostenermi con la preghiera lungo il percorso di questo mio pellegrinaggio papale. Che l'intercessione della Madre di Dio e dei nostri Santi Patroni impetri a noi la luce e la forza dello Spirito di verità.

"Scenda il Tuo Spirito!... E rinnovi la faccia della terra. Di questa Terra!". così pregavo durante il primo pellegrinaggio,in Patria, in Piazza della Vittoria a Varsavia (il 2 giugno 1979). Oggi ripeto questa invocazione agli inizi di un nuovo periodo della storia della Polonia: "scenda il tuo Spirito e rinnovi la terra". Che la rinnovi! Questa terra ha tanto bisogno di rinnovamento: di un rinnovamento nella potenza dello Spirito di verità, poiché "lo Spirito (stesso) viene in aiuto alla nostra debolezza" (Rm 8,26).

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-01
Sabato 1 Giugno 1991

La benedizione del nuovo Seminario Maggiore - Koszalin (Polonia)

Titolo: Sacerdoti forti di spirito, di mente e di preghiera per portare avanti la Chiesa in questa terra




1. "Il Concilio Ecumenico, ben consapevole che l'auspicato rinnovamento di tutta la Chiesa in gran parte dipende dal ministero sacerdotale animato dallo Spirito di Cristo, afferma solennemente l'importanza somma della formazione sacerdotale, ne delinea alcuni principi fondamentali, diretti a riaffermare le leggi già collaudate dall'esperienza dei secoli, e ad inserirvi elementi nuovi" (OT, Introduzione).

Ho letto il testo sopra riportato che costituisce l'introduzione al decreto conciliare Optatam Totius dedicato alla formazione sacerdotale - e nell'ambito di questo più vasto problema - ai seminari. Questo tema conciliare, dopo quattrocento anni di esperienze trascorsi dalla storica decisione di un concilio precedente, cioè di quello di Trento, in ogni generazione ha una importanza ugualmente grande - e allo stesso tempo sempre nuova. Una conferma di questo sia il fatto che, dopo venticinque anni dalla chiusura del Vaticano II e dall'approvazione del decreto Optatam Totius, il Sinodo dei Vescovi nella sua sessione ordinaria dell'autunno dello scorso anno si occupo nuovamente del tema della formazione sacerdotale. Le proposte del Sinodo costituiscono il fondamento di un rispettivo documento, che verrà pubblicato in breve tempo.


2. San Giovanni Kant è il Patrono del vostro Seminario. Il vostro Vescovo mi ricordava recentemente, che anni fa gli regalai le venerate reliquie di quel Santo. Allora egli mi disse con tristezza di non avere il proprio Seminario.

L'avrai - lo consolai. E oggi la diocesi di Koszalin Kolobrzeg ormai possiede il proprio Seminario Maggiore.

San Giovanni Canisio, grande professore dell'Università di Cracovia, teologo, pastore e protettore dei poveri, vegli su questa casa di studio, di lavoro su di sé, di preghiera, di esercizio nella vita comunitaria e nella solidarietà.


3. Tutti ci rendiamo conto di quanto sia grande l'importanza del Seminario nella vita di ogni Chiesa. E' per questo desidero esprimere la gioia, che all'inizio della mia presente visita in terra patria mi è dato benedire il Seminario Maggiore della Diocesi di Koszalin-Kolobrzeg. Mi rallegro della gioia comune di tutti voi, che siete il Popolo di Dio di questa Chiesa sul Baltico - della Chiesa, che si ricollega alla tradizione del Vescovado a Kolobrzeg di quasi mille anni fa. Mi rallegro della tua gioia, caro Fratello, Monsignor Ignazio. Venticinque anni fa mi era stato dato di essere testimone e partecipante del nuovo inizio di questo antichissimo vescovado. Oggi posso partecipare alla benedizione del Seminario, definito dal Concilio - con tutta la Tradizione - come la "pupilla oculi" del vescovo e della sua Chiesa.

Infine mi rallegro della vostra gioia, Superiori, Professori e Studenti del Seminario Maggiore di Koszalin-Kolobrzeg.

Oggi rendo grazie a Cristo, eterno e sacerdote, per le numerose chiamate al sacerdozio in questa Diocesi, che ha tanto bisogno di seminatori della parola di Dio perché in un certo senso è ancora un terreno di missioni, ove molto spesso più parrocchie vengono servite pastoralmente da un solo sacerdote.

Abbiamo fiducia in Dio che da questo Seminario usciranno i bravi sacerdoti - forti di spirito, di mente, di preghiera, con un amore sincero per Dio e per gli uomini che vivono in questa terra di Kolobrzeg e di Koszalin. Sarete voi a portare avanti questa Chiesa nel Terzo Millennio.

In occasione del 400 anniversario del decreto del Concilio di Trento sui seminari il Cardinale Wyszynski disse, in un suo discorso nell'aula Conciliare, che Gesù Cristo avrebbe fondato il primo seminario per i suoi discepoli, perché essi erano testimoni del suo lavoro apostolico e della predicazione, e allo stesso tempo venivano istruiti da lui in luoghi appartati ed avevano la possibilità di porgli delle domande (cfr. p. es. Mt 13,36).

"Colui che ha iniziato in voi quest'opera buona la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù" (Ph 1,6).

Le parole della liturgia dell'ordinazione sacerdotale sono l'augurio che faccio al nuovo Seminario Maggiore sul Baltico. Che Cristo, il Principe della Pace, il Signore della storia, il Buon Pastore, compia in voi, e per vostro mezzo, - di generazione in generazione - questa opera che egli stesso svolge oggi mediante il servizio del Vescovo di Roma, il vostro connazionale e fratello.

Sotto la protezione della Madre di Dio e dei vostri Santi Patroni. Per la gloria di Dio unico, nella Santissima Trinità.


(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-01
Sabato 1 Giugno 1991

L'omelia della Messa celebrata nella spianata adiacente alla Chiesa dello Spirito Santo - Koszalin (Polonia)

Titolo: Senza Dio rimangono le rovine della morale umana




1. "Io sono il Signore, Dio tuo, che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto... non avrai altro Dio fuori di me" (Decalogo, cfr. Ex 20,2-3).

Dio ha scelto un luogo nel deserto: il monte Sinai - e ha scelto un popolo al quale si è manifestato come liberatore dalla schiavitù egiziana - e ha eletto un uomo, a cui affido i suoi comandamenti: Mosè.

Dieci semplici parole. lI decalogo. La prima tra esse suona proprio così: "non avrai altro Dio fuori di me".


2. Cari figli e figlie di questa terra sul Baltico. A volte, insieme con il vostro Vescovo guardate verso il monte Chelmska, che è una piccola altura presso il mare, pero risalta sullo sfondo dell'estesa pianura della Pomerania.

Le parole di Dio pronunciate sul Sinai non hanno esse riecheggiato con un'eco lontana anche qui, su questo monte? Una volta, i lontani antenati che vissero sul Baltico, non conoscevano il Dio vivo e vero. Lo cercavano in un certo senso "come a tentoni" (Ac 17,27) nei primi culti e sacrifici. E quando venne il tempo, che il Verbo di Dio trovo posto qui a Kolobrzeg, ai tempi di Boleslao il Prode, dopo pochi anni il primo vescovo Reinbern fu bandito - e le cose vecchie ritornarono per alcune generazioni ancora. Soltanto un missionario - Otto di Bamberg consolido il cristianesimo sul Baltico e in (tutta la) Pomerania occidentale.

Molti secoli ci separano da quei tempi. Voi stessi, infatti, siete da appena alcune decine di anni - e il vostro vescovo Ignazio è (dal 1972) appena il secondo, dopo Reinbern, vescovo a Kolobrzeg.


3. "Non avrai altro Dio fuori di me". Questa è la prima parola del Decalogo, il primo comandamento, da cui dipendono tutti i successivi comandamenti. Tutta la legge divina - scritta una volta sulle tavole di pietra e, altresi trascritta eternamente nei cuori degli uomini. così che anche coloro che non conoscono il Decalogo, conoscono il suo essenziale contenuto. Dio proclama la legge morale non solo con le parole dell'Alleanza - dell'Antica Alleanza del monte Sinai e del Vangelo di Cristo - la proclama con l'intima verità stessa di quell'essere ragionevole, quale è l'uomo.

Questa legge morale di Dio è data all'uomo e contemporaneamente è data per l'uomo: per il suo bene. Non è così? Non è per l'uomo ciascuno di questi comandamenti dal monte Sinai: "non uccidere - non commettere adulterio - non dire falsa testimonianza - onora il padre e la madre" (cfr. Ex 20,13-14 Ex 20,16 Ex 20,20). Cristo abbraccia tutto questo con il solo comandamento: dell'amore, che è duplice: "amerai il Signore Dio tuo sopra ogni cosa - amerai l'uomo, il tuo prossimo come te stesso" (cfr. Mt 22,37).

In questo modo il Decalogo - retaggio dell'Antica Alleanza di Dio con Israele è stato confermato nel Vangelo come il fondamento morale della Nuova Alleanza nel Sangue di Cristo.

Tale fondamento morale viene da Dio, ha le radici nella sua creativa, paterna sapienza e provvidenza. Allo stesso tempo questo fondamento morale dell'Alleanza con Dio è per l'uomo, per il suo vero bene. Se l'uomo distrugge questo fondamento, si danneggia: sconvolge l'ordine della vita e della convivenza umana in ogni dimensione, iniziando dalla comunità più piccola, quale è la famiglia e andando attraverso la nazione sino a quella società del genere umano, composta da miliardi di esseri umani.

Quanto la legge morale, i comandamenti di Dio, siano per l'uomo, lo mostra in un modo particolarmente eloquente Gesù Cristo stesso (nell'odierna pericope evangelica) quando dice ai custodi della lettera della Legge, meravigliati e perfino scandalizzati: "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato" (Mc 2,27).


4. Si. "Il figlio dell'uomo è signore anche del sabato" (Mc 2,27). Egli è anche Signore e Garante di quell'Alleanza di Dio con l'uomo, la quale è antica, nuova ed eterna.

Il Figlio dell'uomo. Gesù Cristo. In lui si è compiuta la nuova creazione. Il "Dio che ordino che rifulgesse la luce dalle tenebre" (così parla dell'opera della creazione il Libro della Genesi, cfr. 1,3) - "rifulse nei nostri cuori... sul volto di Cristo" (2Co 4,6). Dio unico, vero e ineffabile ci ha fatto conoscere se stesso, il suo inscrutabile mistero, in Gesù Cristo. Egli - il Cristo - è la visibile immagine del Dio invisibile. E' il Figlio consostanziale, che si è fatto uomo - il Figlio dell'uomo - nascendo dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Egli - "Dio da Dio, Luce da Luce" (Credo), "rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina" (2Co 4,6).

Una volta qui, sul Baltico, la stessa luce rifulse nei cuori degli uomini all'inizio del nostro millennio. Oggi rifulge nei vostri cuori.

Noi tutti, battezzati nel nome della Santissima Trinità in virtù della Redenzione di Cristo mediante la Croce, "veniamo esposti alla morte", così come Cristo accetto la morte in croce - "perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale" (2Co 4,11). Si, la vita di Cristo. La sua risurrezione. Iniziando dal sacramento del Battesimo, partecipiamo alla morte redentrice e alla risurrezione di Cristo.

Portiamo dunque dentro di noi un tesoro, l'indicibile tesoro della vita divina. Questa è "la potenza straordinaria che viene da Dio e non da noi" (cfr.


2Co 4,7). Tale potenza è la grazia del Battesimo che ci rende in Cristo figli della divina adozione.

Come figli della divina adozione saliamo il nostro monte Chelmska sul Baltico - là, dove una volta i nostri lontani antenati su questa terra "cercavano Dio come a tentoni" - noi veniamo con la luce della fede (cfr. 2Co 4,10).

Veniamo, "portando nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo" (cfr. 2Co 4,10).


5. Tuttavia, cari fratelli e sorelle - "conserviamo questo tesoro in vasi di creta" (cfr. 2Co 4,7). I tempi in cui viviamo, l'umanità contemporanea, la cultura europea e il progresso, hanno ormai dietro di sé quella ricerca di Dio a tentoni - la quale pero era sempre una ricerca e in qualche modo conduceva a Lui.

Tutti hanno ereditato il tesoro. In Cristo hanno ricevuto ancora più del Decalogo.

Tuttavia chi più di Cristo - crocifisso e risorto - conferma la potenza di quella prima parola del Decalogo: "non avrai altro Dio fuori di me"? E' soltanto in forza di questo primo comandamento si può pensare ad un autentico umanesimo. Solo allora "il sabato può essere per l'uomo" e tutta la moralità umanistica si verifica e si attua.

"La creatura... senza il Creatore svanisce" - afferma il Concilio (GS 36). Senza Dio rimangono le rovine della morale umana. Ogni vero bene per l'uomo - e questo è l'essenza stessa della morale - è possibile soltanto quando su di esso veglia l'Unico che "solo è buono" (come Cristo disse una volta ad un giovane, cfr. Mc 10,18).


6. Da qui, dal Baltico, vi prego, tutti i miei Connazionali, Figli e Figlie della comune Patria, di non permettere di rompere il vaso che contiene la verità divina e la legge di Dio. Vi prego, non permettete che venga distrutto. Vi prego di incollarne nuovamente le parti se si è frantumato.

Vi prego di non dimenticare mai: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me" (Ex 20,2-3)! - Non nominare il nome di Dio invano.

- Ricordati di santificare le feste.

- Onora il padre e la madre.

- Non uccidere.

- Non commettere adulterio.

- Non rubare.

- Non dire falsa testimonianza.

- Non desiderare la donna d'altri.

- Non desiderare la roba d'altri.

Ecco il Decalogo: le dieci parole. Da queste dieci semplici parole dipende il futuro dell'uomo e delle società. Il futuro della nazione, dello stato, dell'Europa, del mondo.

"Le tue parole, Signore, sono verità. Consacraci nella verità" (cfr. Jn 17,17).

Amen.(Prima di impartire la benedizione conclusiva della Messa il Santo Padre ha voluto salutare i fedeli della diocesi con queste parole:) "Mi inchino davanti a Te, Eterno Dio".

Desidero esprimere la mia gioia e il ringraziamento per questa comunione di preghiera nella lingua materna, perché abbiamo potuto inchinarci insieme davanti al Dio eterno, vivo e vero. Compiendo il Santissimo Sacrificio del Suo Figlio, Nostro Signore Gesù Cristo, che una volta compiuto sull'altare della Croce dura in eterno, e nello stesso tempo continuamente si rinnova sugli altari delle chiese.

Esprimo la mia gratitudine per aver preparato a questo incontro eucaristico la diocesi di Koszalin-Kolobrzeg sul Baltico. Ringraziamo per questo vento dal mare, che è arrivato qui fino a noi subito dopo l'arrivo all'aeroporto.

Esprimo la mia gioia perché ho potuto pregare insieme con i miei connazionali, ma anche con molti ospiti, soprattutto con i Vescovi giunti dall'estero che hanno concelebrato questa Santa Messa. Ringrazio i rappresentanti del governo, rappresentanti dei voivodati e delle città. Ringrazio anche le varie comunità, associazioni e rappresentanze. Ringrazio in modo speciale le scuole, gli Istituti superiori di cultura, il mondo del lavoro, l'Associazione dei Contadini, i ferrovieri di tutta la Polonia. Ringrazio l'Associazione dei Sordomuti, i rappresentanti della fabbrica di Cegielski di Poznan, l'Associazione degli abitanti di Kaszuby, il Club dell'lntelligenza Cattolica. Ringrazio tutti i presenti, provenienti anche da fuori della diocesi di Koszalin Kolobrzeg, soprattutto dalle coste settentrionali di questa regione della Polonia.

Nella nostra odierna preghiera, nella mente e nel cuore dei fedeli, erano presenti in modo particolare i bambini, poiché oggi è la Giornata Mondiale dell'Infanzia. Erano presenti con quella vicinanza, che per loro aveva sempre Cristo "Lasciate che i bambini vengano a me". Che questa Giornata Mondiale rinnovi la coscienza della grandezza di un bambino, della responsabilità per un bambino, responsabilità dei genitori e della società. Che rinnovi in noi tutti quell'amore per i bambini che ci ha rivelato Gesù Cristo.

Voglio ancora ringraziare il tempo, il tempo sul Baltico.

Ho già parlato del vento. Bisogna ancora aggiungere il vecchio detto polacco: "Il sole splende, ma piove". Perché più o meno così ha cominciato a mettersi il tempo e allora siamo andati con il vescovo Ignacy sul Monte di Chelm.

Li ho ringraziato questa pioggia per esser caduta, ma ho chiesto una revoca. E bisogna ammettere che ha mantenuto la parola. così in questo momento possiamo già dire: pioveva, ma ora splende il sole. E' un buon inizio per il mio pellegrinare attraverso la Polonia. Un buon inizio ancor di più perché tra le scritte che vedo (per fortuna non ce ne sono troppe) ce n'è una con un invito a Mosca. E' venuto qui l'arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, il quale sapete dove permanentemente ora risiede e amministra, e subito dopo di lui arriva la scritta.

Ecco, queste sono le "aggiunte" al finale. E adesso "mi inchino davanti a Te, eterno Dio", e inchinandomi davanti a Te, che sei, davanti a Te, che sei Padre, Figlio, Spirito Santo, insieme con tutti i presenti Ti chiedo la benedizione per il futuro cammino di questa Chiesa sulla terra di Koszalin e su tutta la terra polacca, per il futuro cammino di questa nazione, e anche di questo pellegrino, che è giunto per visitare ancora una volta i suoi connazionali.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-01
Sabato 1 Giugno 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Lettera ai vescovi del Continente europeo - I rapporti tra cattolici e ortodossi nella nuova situazione dell'Europa centrale e orientale