GPII 1991 Insegnamenti - Le visite pastorali del Vescovo di Roma

Le visite pastorali del Vescovo di Roma

Titolo: Parrocchia di Ognissanti in via Appia Nuova

Ai bambini Ho ricevuto tanti doni e devo ringraziare tutti i donatori, soprattutto i più piccoli e i giovani e poi tutti gli altri, adulti, anziani, tutti. Ma soprattutto voglio ringraziare un grande "donatore" che per tutti noi è il Beato Luigi Orione. Ringraziamo Dio Onnipotente, ringraziamo la Santissima Trinità per la sua persona e per la sua opera, perché rifulga in tanti ambienti e in tanti Paesi. Ringraziamo per questo amore, amore che lo ha guidato nella sua vita, che lo ha fatto servitore dei giovani, dei bambini, dei poveri. Ringraziamo per tutto quello che ci ha lasciato Don Orione come eredità, come testamento della sua vita e del suo impegno pastorale. Oggi posso entrare in questa parrocchia, in questo ambiente che già prima ho potuto conoscere e visitare, prima di essere Papa.

Saluto cordialmente tutti i presenti. Saluto i figli spirituali di Don Orione a cui è affidata la guida pastorale di questa parrocchia di Ognissanti. Saluto poi i genitori che sono arrivati insieme ai loro bambini, e poi i diversi gruppi dei giovani che hanno espresso la loro partecipazione a questo incontro. Auguro alla vostra comunità, a questa famiglia spirituale, che lo spirito di Don Orione sia sempre vivo e fruttifichi nelle vostre famiglie e nelle generazioni sempre nuove, che vi faccia amare gli uni gli altri e specialmente amare e avere cura per le persone più bisognose, per i poveri, gli abbandonati, gli emarginati e gli altri che non ci mancano in questo mondo odierno. Ringrazio anche tutti coloro che hanno guidato questo incontro, questo programma; lo hanno preparato e poi guidato durante il percorso attuale. E' una buona inaugurazione della visita della parrocchia. Entriamo adesso nella chiesa per celebrare la Santissima Eucaristia e per esprimere in questa Eucaristia tutto quello di cui è pieno il nostro cuore, esprimere la nostra gratitudine. Eucaristia vuol dire ringraziamento, vuol dire grazie. Invito tutti a prendere parte a questa gratitudine mia, della vostra comunità insieme alla Chiesa che è in Roma per l'opera di Don Orione, per la sua persona e per la sua vita santa: che sia anche una vita santificatrice per gli altri, per voi tutti, per noi tutti.

L'omelia durante la celebrazione eucaristica "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo faro risorgere".


1. Carissimi fratelli e sorelle, il brano evangelico dell'odierna liturgia, ci proietta verso la Pasqua del Signore. Ce ne svela la portata, soprattutto per ciò che riguarda i rapporti di fedeltà e di servizio che Dio chiede a coloro che, morti e risorti con Cristo, formano il popolo della Nuova Alleanza. Gesù sale a Gerusalemme e - come ogni pio israelita - si reca al tempio per la preghiera, ma lo trova trasformato in "luogo di mercato". Si rende soprattutto conto che il culto che vi si celebra, come già avevano denunciato i profeti, non è più ispirato dalla fedeltà alla "legge dell'Alleanza", ma è degenerato in atti formalistici ed esteriori, distaccati dalla vita. Con un gesto profetico, che scandalizza i Giudei colà convenuti per la festa di Pasqua, Egli scaccia i mercanti e riafferma con forza l'originaria destinazione del tempio, quale "casa di Dio". Gesù, "Figlio" di Dio venuto per occuparsi delle cose che riguardano il Padre, si sente ferito da come sia stato disonorato il culto richiesto ai veri adoratori. Ma i Giudei, accecati dalla loro incredulità, chiedono un segno autorevole di conferma delle sue parole e del gesto compiuto. E Gesù lo dà con un annuncio a prima vista incomprensibile e ben diverso dalle loro attese, ma che diventerà chiaro più tardi ai discepoli: "Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo faro risorgere".

Egli parlava infatti, come annota l'evangelista, non del tempio di pietra, ma del suo Corpo. Siamo così introdotti nella comprensione di un'altra grande verità che ricorda la risurrezione di Cristo e la sua portata salvifica nella vita di quanti crederanno in lui.


2. In questa prospettiva l'umanità di Cristo, glorificata con la risurrezione, diviene il vero tempio di Dio, "in cui abita la pienezza della divinità"; diviene il "luogo" unico che Dio ha scelto per farsi presente e rivelarsi all'uomo, con la sua santità e misericordia. L'edificio in cui raccogliersi per dare a Dio il culto a lui gradito è importante, ma resta secondario. L'essenziale è l'esperienza di Cristo risorto, resa possibile dall'azione dello Spirito che promana dalla sua Pasqua. E' lui la "legge nuova", scritta nel cuore dei credenti, che li guida alla conoscenza di tutta la verità, li abilita al culto spirituale che coinvolge l'intera esistenza, li spinge alla testimonianza e al servizio dell'uomo. Anche per la vostra comunità e per la Chiesa di Roma che vive il tempo propizio della Quaresima nel clima di rinnovamento spirituale a cui la chiama il Sinodo pastorale diocesano dovrà avvenire la stessa cosa. La Quaresima, infatti, è tempo di "illuminazione": la parola divina conduce gradualmente il popolo di Dio a scoprire la ricchezza del mistero pasquale e a farne memoria. Sarà il medesimo Spirito, sorgente di sapienza e di santità, dato ai fedeli attraverso i sacramenti pasquali del battesimo e della confermazione, che vi permetterà di "ricordare" la piena portata delle parole di Cristo e di entrare in una più intensa comunione con Lui, soprattutto nell'Eucaristia.


3. Carissimi fratelli e sorelle della parrocchia di Ognissanti, è a ciascuno di voi che sono rivolte le parole poc'anzi proclamate in questo tempio restaurato e rinnovato. Esse vi invitano a sperimentare i frutti della "legge nuova" e a consacrare voi stessi al servizio del Regno. Fare di Cristo il centro delle vostre esistenze, il cuore dell'apostolato: questo è l'impegno missionario che vi anima; questo è il programma apostolico che ha guidato don Orione e che conserva ancor oggi la sua piena attualità. Sono trascorsi oltre 80 anni da quando Pio X nel 1908 invio l'apostolo della carità fuori Porta S. Giovanni. Lo mandava il Pontefice come missionario nella "Patagonia romana". Da allora la vostra parrocchia è molto cresciuta e si sono moltiplicate le sue attività pastorali e caritative. Seguendo le orme del Fondatore e dei suoi figli spirituali che qui hanno lavorato e continuano ad operare, voi intendete essere gli apostoli dell'ora presente, amando Dio e amando i fratelli: anzi, amando senza riserve Dio per poter servire senza sosta il prossimo. Nuove possibilità si aprono dinanzi a voi, nel momento in cui il Sinodo diocesano entra nella fase delle celebrazioni di Prefettura. Si tratta di rispondere a inedite esigenze e sfide incalzanti; occorre che l'annuncio del Vangelo sia recato a tutti, perché risuoni in ogni angolo e in ogni casa del quartiere l'annuncio della morte e della risurrezione del Signore. Tale annuncio, tuttavia, non può essere proclamato in modo credibile che da una comunità viva e unita, umile e coraggiosa, fedele al progetto divino e al servizio dei più poveri.


4. E' appunto per incoraggiarvi a proseguire in questo sforzo di rinnovamento spirituale e di evangelizzazione che ho voluto far visita alla vostra parrocchia che so fervorosa e ricca di iniziative. Unitamente al Pro-Vicario Generale, Monsignor Camillo Ruini, e al Vescovo Ausiliare del Settore Est, Monsignor Giuseppe Mani, saluto soprattutto il Signor Cardinale Giuseppe Paupini, Titolare di questa chiesa, saluto tutti voi, cari fedeli di questo quartiere Appio, e i vostri familiari, specialmente se ammalati, anziani e sofferenti. Saluto il Parroco, Don Guido Sarelli, e i suoi confratelli, Figli della Divina Provvidenza, i quali portano nella loro zelante attività pastorale lo spirito del loro Fondatore, il Beato Luigi Orione, che nel 1980 ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari. Sono lieto, in particolare, di salutare il Direttore Generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza, Don Giuseppe Masiero; i Religiosi, le Religiose e i Laici appartenenti alle Istituzioni orionine che hanno voluto partecipare a questa celebrazione, anche nel contesto della conclusione dell'anno giubilare a 50 anni dalla morte del venerato Fondatore. Saluto ancora i fratelli nell'Episcopato, appartenenti all'Istituto dei Figli della Divina Provvidenza che si sono uniti a questa Eucaristia. Esprimo il mio grato apprezzamento a tutti coloro che sono impegnati nelle molteplici Associazioni e nei vari Gruppi di servizio per una animazione cristiana del quartiere. Un pensiero riconoscente anche agli istituti religiosi maschili e femminili che operano nel territorio parrocchiale. A tutti, infine, esprimo l'esortazione a perseverare nell'impegno di conversione personale e di attenzione ai fratelli. Sarà, così, la Comunità cristiana, di cui ognuno è parte viva, un centro d'animazione della pace e della letizia che proviene dal Redentore. Vi sostenga in questa missione il materno aiuto di Maria, Madre della Divina Provvidenza e l'intercessione del Beato Luigi Orione. Cristo in voi sia sorgente di vita nuova. Cristo sia la vostra vita e la vostra gioia. Amen.Alle religiose Ora penso di aver capito qualche cosa. Sono cinque diverse famiglie, cinque diversi abiti, che sembrano uno... Si distinguono soltanto le africane, ma non so se è per loro merito, per loro privilegio, perché ciò che vi distingue, carissime sorelle, sta dentro, lo conosce lo Sposo. Grazie a voi si mantiene viva questa relazione, questo legame sponsale tra la Chiesa, popolo di Dio, e il Divino Sposo. Questo è il vostro privilegio, questo è il vostro segreto, questo è anche il vostro apostolato. Ci sono diversi apostolati, diversi ministeri di servizio anche qui nella parrocchia, ma questo è il principale. Per questo siete tanto preziose nella Chiesa e per la Chiesa, dappertutto. Vi auguro di crescere sempre più "qualitativamente": essere spose, essere religiose, essere consacrate è una qualità difficile da definire dal di fuori. Questo lo sa lo Spirito Santo. Ma vi auguro anche di crescere "quantitativamente". La Chiesa ha bisogno di voi, il mondo ha bisogno di voi, ha grande bisogno. Forse non lo dice, non osa dirlo, forse si vergogna di dirlo, ma lo sente. Vi auguro una buona continuazione in questa parrocchia.

Al consiglio pastorale Mille grazie per questa presentazione. Ho seguito tutto il testo e ho pensato alla parola evangelica che si potrebbe trovare per esprimere tutto ciò in modo conciso, in modo evangelico, semplicemente. Io penso che questa parola si trova nella parabola del "lievito", che lievita la massa. Ecco, questo Cristo voleva dai suoi discepoli: essere lievito. Io penso che la stessa cosa è attuale oggi. Oggi forse non si parla più del lievito perché è una categoria, come dire, "culinaria"... Si parla, per esempio, di animazione, di promozione, si parla anche delle istituzioni, commissioni, consigli. Tutto questo è giusto, perché la Chiesa vive sempre in un determinato periodo di tempo e anche nelle sue terminologie accetta i termini, le parole di questo periodo, di questa epoca. Questo è giusto.

Ma la parola evangelica è molto suggestiva e dice molto. Dice appunto quello che voi siete e che voi volete essere e dovete essere. Questa è la vostra scelta come parrocchiani legati molto alla tradizione di questa parrocchia, e al suo fondatore, il Beato Don Luigi Orione. Certamente anche lui era un "lievito" a modo suo, in modo eroico, e ha saputo muovere la massa. Questa massa si muove anche oggi, non solamente come gli orionini in diverse parti del mondo, ma anche come voi. Quello che siete interiormente come persone, come comunità, come Consiglio, lo dovete anche a lui, a questo Santo sorridente che noi vediamo qui, il Beato Don Orione. Ecco, io ringrazio per tutto questo, perché appartiene alla natura della Chiesa, al suo dinamismo, al suo essere dinamico. Essere "lievito" appartiene alla vocazione cristiana, alla chiamata cristiana, a questo "seguimi" di Cristo; appartiene l'essere "lievito" nel senso personale e nei diversi sensi comunitari, con diversi aspetti, con diverse modalità. Sono tante le forme dell'apostolato, tante le opere dell'apostolato. Anche nella vostra parrocchia, anche dentro questo Consiglio c'è una ricchezza, un "mosaico": il mosaico è sempre bello, è sempre suggestivo. Io vi auguro di essere "lievito", di camminare e di trasformare questa "massa" del vostro quartiere, della vostra parrocchia, così come voleva Cristo.

Egli diceva questa parabola del "lievito" per esprimere che cosa è il Regno di Dio. Essa è attuale per oggi. Anche noi cerchiamo di realizzare, di attuare, di preparare il Regno di Dio. Allora vi auguro di essere "lievito" e vi ringrazio.

Alle coppie di fidanzati e di giovani coniugi Erano forse gli anni Venti o Trenta, fra le due guerre. In Belgio c'era un sacerdote che poi è morto cardinale. Si chiamava Joseph Cardin. Egli ha vissuto in una parrocchia operaia dove trovava molti giovani operai che s'incontravano con lui, ma soprattutto trovava molti operai indifferenti, molti giovani indifferenti, scristianizzati. Egli ha intuito il concetto - come Pastore, come sacerdote - che se si vuole convertire la classe operaia, cristianizzare la classe operaia, lo si deve fare attraverso gli operai. Oggi noi viviamo, in diversi Paesi dell'Europa e del mondo, ma dell'Europa soprattutto, una crisi, una certa scristianizzazione del matrimonio e della famiglia. Si scrive molto di queste cose, si fanno analisi dell'amore umano, dell'amore responsabile. Tutto questo è utile, ma se si vuole cambiare il clima, la realtà matrimoniale e familiare del mondo odierno si deve farlo soprattutto attraverso le famiglie e attraverso i matrimoni, le coppie. Gli sposi cristiani possono fare cristiani, possono convertire gli altri sposi, le altre coppie, le altre famiglie. Questa forma di apostolato è molto attuale e provvidenziale. Naturalmente il primo passo è di scoprire il progetto divino sul proprio matrimonio, sulla propria famiglia, e questo progetto è ricchissimo, è stupendo. Questo progetto divino è anche profondamente umano, fa crescere la nostra umanità, la nostra personalità umana, il nostro essere uomini e donne: tutto questo cresce perché Dio è Creatore e se noi ci troviamo dentro il suo progetto troviamo la crescita, troviamo il progresso, la perfezione. Allora, quando ci sono le coppie di sposi che hanno trovato questo progetto divino e hanno potuto avviarlo nella propria vita, poi possono diventare anche apostoli delle altre coppie, delle altre famiglie. E io vi auguro tutto questo, e auguro al vostro parroco, al vostro Vescovo Monsignor Mani che questa opera sia veramente sempre più efficace in Roma, in questo Settore Est ma anche in tutta Roma e dappertutto. Voglio offrire a voi tutti una benedizione, alle vostre famiglie, ai presenti e anche a coloro che non sono potuti venire, a tutte le famiglie e a tutte le coppie del quartiere, della parrocchia, ai vostri bambini, ai vostri figli e figlie.

Ai giovani Prendiamo spunto dalla pace, perché mi sembra che sia al centro della vostra attenzione e della vostra preoccupazione anche per il momento storico, ma non solamente. Cerchiamo di sintetizzare tutto intorno a questa parola: pace. Voi certamente avete avvertito che in ogni celebrazione liturgica, prima dell'Eucaristia, della Comunione, ritorna sempre questa parola: "Offerte vobis pacem". Ma prima ancora di questa parola, il celebrante prega rievocando le parole che Gesù ha detto ai suoi apostoli l'ultimo giorno, il giorno del congedo, nel Cenacolo, prima di andare al martirio. Ha detto: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace". Questo ha detto agli apostoli, i quali dopo hanno sofferto qualche cosa che è il contrario della pace, piuttosto un dramma: l'umiliazione di Cristo, la sua flagellazione, la crocifissione, la morte violenta. E poi, nella prospettiva ulteriore, hanno dovuto accettare le persecuzioni, la maggioranza di loro ha anche subito la morte violenta. Sono stati martiri, e così sono stati anche testimoni di Cristo. Ma Cristo diceva appunto quasi alla storia di questo processo: vi lascio la pace, vi do la mia pace. Che cosa è questa pace? E veramente gli apostoli hanno ricevuto questa pace? Si, hanno ricevuto questa pace. Hanno portato questa pace in se stessi. Perché la pace ha la sua dimensione esterna, ha la sua dimensione internazionale, sociale. Si dice che il mondo vive in pace quando non c'è guerra, e certamente anche questo appartiene alla pace evocata da Cristo. Ma la sua pace è una cosa molto più profonda, molto più intima, è soprattutto la pace con Dio, la pace che l'uomo porta in sé come frutto della grazia di Dio, come frutto dell'amicizia con Dio. Noi sappiamo bene che c'è anche un'altra pace di ordine etico, pace della coscienza, tranquillità della coscienza. Anche questa è una pace che ci offre Cristo, a cui ci prepara e che augura a ciascuno di noi. Possiamo dire che la pace nella sua dimensione interna, nella sua dimensione spirituale, e questo si ripete ogni giorno, in ogni celebrazione eucaristica Cristo offre questa sua pace, dà questa sua pace ai suoi discepoli senza fine, alle nuove generazioni, da duemila anni. Poi, vengono gli operatori della pace. Certamente noi apprezziamo molto coloro che sono operatori della pace nel senso internazionale, nel senso diplomatico, politico. Certamente, hanno molti meriti, così come anche quelli che cercano la pace nella convivenza quotidiana con i più vicini, nella loro famiglia, fra gli sposi, fra i genitori e i giovani. Ma tutto ciò dipende da questa pace intima, da questa pace che Cristo opera in noi. Solamente chi ha questa pace operata da Lui, "la mia pace", solamente quello può essere anche operatore della pace, può portare la pace agli altri, può diffondere la pace. Allora vi lascio questa breve riflessione per spiegare il momento storico, ma d'altra parte, anche per spiegare il momento apostolico, perché voi qui riuniti, appartenenti ai diversi gruppi parrocchiali e extra-parrocchiali, voi tutti vi preparate all'apostolato. Ed erano apostoli coloro che hanno ricevuto questa pace di Cristo: "Vi lascio la mia pace". Erano gli apostoli e veramente hanno ricevuto questa pace, hanno portato questa pace, attraverso itinerari molto difficili, difficilissimi, perseguitati da diverse parti... Ma essi avevano questa pace interna e hanno potuto offrire questa pace agli altri. E questa è anche la pace che Dio vuole nella Chiesa e che vuole offrire al mondo la Chiesa: Chiesa come comunità universale, Chiesa come popolo di Dio, Chiesa come entità apostolica.

Essa vuole vivere questa pace, vuole sempre approfondire e offrire questa pace al mondo. Ecco, carissimi, vi auguro una buona continuazione giovanile in questa parrocchia, che nella sua fondazione ha già una grande ispirazione, una grande animazione giovanile, perché sappiamo bene chi era Don Orione. Vi auguro allora la maturazione cristiana: questa maturazione cristiana è sempre apostolato. Vi auguro anche un apostolato giovanile che possa trasformare il mondo attraverso la vostra maturità cristiana: il mondo dei vostri coetanei, il mondo delle generazioni più anziane e più giovani. Molto dipende da voi, carissimi. Grazie per questo incontro. Grazie anche per il canto nella chiesa e poi qui.

Data: 1991-03-03
Domenica 3 Marzo 1991

Discorso alla riunione dei Patriarchi e Vescovi dei paesi implicati nella guerra nel Golfo

Titolo: Dai nostri scambi nascano orientamenti e iniziative

Cari e venerabili fratelli nell'Episcopato,


1. Permettetemi innanzitutto di esprimervi la gioia spirituale che provo nel vedervi qui riuniti. Attraverso di voi, saluto con affetto coloro che rappresentate: i vostri confratelli nell'Episcopato, i vostri collaboratori nell'apostolato così come tutti i fedeli affidati alla vostra sollecitudine pastorale.

A ognuno dico insieme all'Apostolo Paolo: "Il Signore della pace vi dia egli stesso la pace sempre e in ogni modo" (2Th 3,16)!


2. La presenza dei venerabili Patriarchi cattolici delle Chiese del Vicino e del Medio Oriente ci ricorda le sofferenze che molte popolazioni di una regione nella quale Dio si è manifestato ai nostri Padri nella fede continuano a sopportare. In questi ultimi mesi, nella zona del Golfo Persico le prove sono raddoppiate.


3. Mentre apriamo le nostre giornate di riflessione su questi gravi problemi, invochiamo sui nostri lavori la luce dello Spirito Santo e affidiamoci all'intercessione materna di Maria affinché dai nostri scambi nascano orientamenti e iniziative che riflettano più chiaramente l'amore di Dio verso tutti gli uomini.


4. Invitandovi a prendere parte a questa riunione, cari fratelli nell'Episcopato, ho voluto fornire a ciascun capo delle Chiese del Vicino e del Medio Oriente l'occasione di esporre la situazione, spirituale e materiale, nella quale si trovano i loro fedeli a causa delle tensioni e dei combattimenti provocati dall'invasione irachena del Kuwait, il 2 agosto 1990, e le ostilità che ne sono seguite. Gli osservatori accorti della realtà internazionale sono unanimi nel dire che quella che si deve definire una guerra ha già avuto e avrà ancora ripercussioni su tutta la regione e oltre.

Cari fratelli, venite qui come testimoni di queste grandi prove che hanno colpito e decimato intere popolazioni, che hanno seminato lutto e distruzione e che hanno anche riacceso diffidenze e rancori ereditati dal passato.

Perché, in realtà, la tentazione di ricorrere alla guerra era presente molto prima del mese di agosto 1990.


5. La pace e la giustizia camminano insieme. Ora, da più di quarant'anni il popolo palestinese è errabondo e lo Stato d'Israele è contestato e minacciato. Non possiamo dimenticare che, dal 1975, il popolo libanese vive una lunga agonia e, ancora oggi, il suo territorio nazionale è occupato da forze non libanesi. Sua Beatitudine Nasrallah Sfeir potrà esporci le aspirazioni dei suoi concittadini, cristiani e musulmani, La presenza dei Patriarchi cattolici copto, siriano, melkita, maronita, latino di Gerusalemme e armeno ci ricordano opportunamente che i loro fedeli, praticamente disseminati in tutti i paesi della regione, si trovano di fronte, con gli altri fratelli cristiani, a mille difficoltà, la più grande delle quali è quella di potersi affermare come cristiani essendo minoritari nelle società islamiche che, secondo le politiche nazionali o regionali, li tollerano, li stimano o li rifiutano. A questo proposito, non posso tacere il fatto che ci sono ancora oggi paesi che non permettono alle comunità cristiane di istallarsi sul loro territorio, celebrare la loro fede e viverla secondo le esigenze proprie alla loro confessione. Penso in particolare all'Arabia Saudita. Infine, il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Sua Beatitudine Raphael Bidawid, ci porterà la testimonianza del suo paese, l'Iraq, le cui popolazioni, appena uscite da un altro conflitto con l'Iran hanno conosciuto di nuovo gli orrori della guerra.

Immaginiamo tutti con quale impazienza gli iracheni, cristiani e musulmani, aspettano una vera pace per oggi e per il domani.


6. Di fronte a questa situazione, ho voluto che non mancasse un'espressione concreta della solidarietà ecclesiale. Ecco perché ho deciso che a questa riunione avrebbero partecipato i Presidenti delle Conferenze episcopali dei paesi più direttamente coinvolti in quella che è stata chiamata "la guerra del Golfo". Li ringrazio tutti per essere venuti, malgrado i loro impegni pastorali e per aver dato questa testimonianza di collegialità. Quando la guerra ha seminato divisioni, sofferenze e morte, è fondamentale che la Chiesa cattolica appaia agli occhi del mondo come una comunità di carità, lei che, come affermava il Concilio Vaticano II "cammina insieme con l'umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena" e deve dunque apparire sempre di più "come il fermento e, quasi, l'anima della società umana destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio" (GS 40).


7. Questa missione esaltante della Chiesa nel mondo e per il mondo non risponde assolutamente a criteri o ad ambizioni di natura politica. Con povertà di mezzi, conformemente alla sua natura spirituale, la Chiesa si sforza di suscitare o di risvegliare il senso della verità, della giustizia e della fraternità, che il Creatore ha messo nel cuore di ogni uomo, di ogni persona considerata sempre nella sua dimensione trascendente e sociale.

Queste considerazioni fondamentali hanno motivato i miei numerosi, recenti interventi, mentre la pace nel Golfo e, in un certo senso, la pace del mondo erano minacciate. Mi è sembrato necessario, in effetti, ricordare i grandi principi della morale e del diritto internazionale che dovrebbero sempre ispirare i comportamenti dei popoli e dei loro responsabili, i principi di una morale e di un diritto che interpellano nello stesso modo la coscienza di tutti e che siano applicati dappertutto e applicabili ad ogni componente della comunità internazionale. Ora, sappiamo che dalla fine della seconda guerra mondiale un ordine internazionale ha visto la luce con lo scopo di rendere solidali, ovunque soggetti uguali in dignità e in diritto. Ha escluso la guerra come mezzo utile per la soluzione delle controversie tra le nazioni. Abbiamo oggi l'occasione di misurare il fondamento di una simile visione delle cose.


8. Alla luce di questi principi, la comunità delle nazioni, e in particolare le organizzazioni internazionali e regionali, è chiamata oggi a considerare "il dopo guerra del Golfo". Vengono poste questioni di primaria importanza: il rispetto effettivo del principio dell'integrità territoriale degli Stati; la soluzione dei problemi irrisolti da decenni e che costituiscono focolai di tensioni continue; la regolamentazione del commercio delle armi di ogni tipo; accordi per il disarmo della regione. E' soltanto quando sarà data una risposta a questi problemi che potranno coesistere, nella pace, l'Iraq e i suoi vicini Israele, il Libano, il popolo palestinese e i ciprioti.

E' impossibile ignorare i problemi di ordine economico. In questa parte del mondo esistono ineguaglianze, e sappiamo tutti che, quando la mancanza di prospettive per l'avvenire e la povertà attanagliano un popolo, la pace è in pericolo. L'ordine economico internazionale, infatti, deve tendere sempre più alla condivisione e al rifiuto dell'accaparramento o dello sfruttamento egoista delle risorse del pianeta. Si deve assicurare la giusta remunerazione delle materie prime, permettere a tutti l'accesso alle risorse necessarie per vivere, assicurare lo scambio armonioso delle tecnologie e fissare condizioni accettabili per il rimborso del debito dei paesi più poveri.


9. Passiamo ora alla fase attiva della nostra riunione ascoltandoci gli uni e gli altri, ci sforzeremo di udire le grida di molte popolazioni che aspettano una pace giusta e duratura e di farci solidali con le loro aspirazioni. Non dimenticheremo l'esistenza dei gravi problemi della regione che oggi si manifestano più urgenti che mai.

Mi sembra importante, cari fratelli nell'episcopato, che alcune convinzioni guidino le nostre riflessioni.

- Se i problemi di ieri non sono risolti o non conoscono l'inizio di una soluzione, i poveri del Medio Oriente, penso in particolare al popolo palestinese e al popolo libanese, saranno ancora più minacciati; - non ci sono guerre di religione in corso e non può esserci una "guerra santa", perché i valori di adorazione, di fraternità e di pace che nascono dalla fede in Dio chiamano all'incontro e al dialogo; - la solidarietà che sarà chiesta alla comunità internazionale in favore dei popoli afflitti dalla guerra dovrà essere accompagnata da un serio sforzo affinché i pregiudizi e i semplicismi non vengano a compromettere le intenzioni migliori; - ogni attesa nella ricerca di soluzioni o nella promozione del dialogo costituisce un rischio serio di aggravamento delle tensioni già esistenti.


10. Venerabili fratelli, il nostro incontro stesso è un messaggio che si rivolge alle Chiese e al mondo. Esso riunisce pastori di popoli che ieri si sono opposti con la forza. Oggi, al centro della Chiesa, di questa sede apostolica che presiede alla carità, questi stessi pastori li chiamano alla riconciliazione per costruire insieme un avvenire che permetta a ciascuno di vivere nella dignità e nella libertà.

Sono certo che le comunità cattoliche della regione, nonostante la loro piccolezza e talvolta la debolezza dei loro mezzi, sono chiamate provvidenzialmente a portare la loro testimonianza e il loro contributo alla ricostruzione di una società più fraterna. Per ognuna di esse è il tempo della conversione e dell'autenticità: vivere il Vangelo senza paura né complessi e dare prova della speranza che è in noi (cfr. 1P 3,15).

E' il nostro augurio; è la nostra preghiera! (Traduzione dal francese)

Data: 1991-03-04
Lunedi 4 Marzo 1991


Discorso all'assemblea dei vescovi del Brasile - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siamo stati scelti

Signori Cardinali, Signori Arcivescovi e Vescovi,


1. E' con particolare gioia che desidero accogliere voi, rappresentanti del numeroso Episcopato brasiliano e con voi, i miei collaboratori nella Curia Romana in occasione di questa assemblea speciale. Questo incontro che inizia oggi, è un'opportunità per dare una più chiara espressione al vincolo di comunione ecclesiale e ministeriale che ci unisce.

Dopo la prima visita pastorale nel vostro paese, nel 1980, la Divina Provvidenza ha voluto che per ben due volte potessi riunirmi con voi, sia in gruppi diversi, nel corso delle visite "ad limina", sia nel nostro incontro del 1986 per poter confermare lo spirito che animava la Chiesa in Brasile alla luce degli insegnamenti scaturiti e quindi posti in pratica, dal Concilio Vaticano II.

Infine, l'anno scorso, siete giunti qui nuovamente per un'altra delle visite "ad limina", ed è stato possibile una volta ancora ascoltarvi e mostrarvi alcuni aspetti della nostra comune missione pastorale, Oggi, in un clima di preghiera, di riflessione e anche di carità fraterna, di speranza e di dialogo costruttivo, saluto di cuore tutti voi, e vi porgo il benvenuto in questa casa del Papa che è la vostra casa. Vi ringrazio sin d'ora per la disponibilità con cui avete saputo rispondere al mio invito e rinnovo a ciascuno la promessa di restare vicino alle vostre opere pastorali chiedendo a Dio che questa esperienza dia nuove energie al vostro devoto ministero e che, con la collaborazione di alcune congregazioni e consigli della Curia Romana, possa raggiungere i frutti che certamente il Divino Consolatore desidera,


2. Cari fratelli, quali arcivescovi metropolitani e vescovi delle diverse diocesi, siete in una posizione privilegiata per rappresentare ed esprimere le preoccupazioni delle Chiese particolari nella vostra nazione. Ci riuniamo per prendere in considerazione i punti particolari che riguardano la vita ecclesiale del Brasile. Il nostro incontro è la continuazione di un interscambio destinato a rafforzare la vostra collaborazione unitaria nella evangelizzazione. Noi lo facciamo con una visione organica della nostra missione di vescovi, una visione che deve esprimere le indiscutibili priorità della vita della Chiesa di oggi giorno, non solo quanto alle sue necessità universali, ma anche rispetto a quelle che sono in relazione con la Chiesa in Brasile. Al centro della nostra preoccupazione si trova l'evangelizzazione nel contesto della cultura e della società brasiliana, con particolare attenzione per il ruolo del vescovo come maestro di fede. Questo è quanto mi propongo di sottoporre alla vostra considerazione, riflettendo sugli agenti, i metodi e i beneficiari dell'evangelizzazione.

La vostra missione come autentici maestri della fede, ha come obbiettivo l'edificazione del Corpo Mistico di Gesù Cristo. Voi, uniti al vescovo di Roma e successore di Pietro, siete la colonna sulla quale poggia l'opera di evangelizzazione. La forza e la vitalità della Chiesa locale dipende in gran parte dalla fermezza della vostra fede, della vostra speranza e della vostra carità.


3. Come Pastore della Chiesa universale desidero incoraggiarvi nel vostro ministero. Sono pienamente consapevole delle sfide che dovete fronteggiare nel portare il messaggio evangelico a un mondo che non sempre lo accoglie prontamente.

Il vostro popolo sente le difficoltà di essere cristiano in un clima avverso soprattutto a causa delle deviazioni provocate dal crescente impoverimento dei costumi, senza dimenticare il problema della vertiginosa proliferazione delle sette che vanifica la perseveranza nella fede di molti cattolici.

In questi giorni insieme cercheremo di mettere a fuoco in maniera chiara la nostra visione della Chiesa e dove il Signore vuole condurre essa, noi e il suo popolo alle soglie del Terzo Millennio del cristianesimo.

Dobbiamo aver fiducia nel risultato dei nostri sforzi, certi che il Signore della vigna è in mezzo a noi. Egli è Colui che ci ha scelti come suoi servitori per adempiere alla missione di evangelizzazione. San Paolo dice che siamo stati scelti per "annunziare il vangelo di Dio, riguardo al Figlio suo" (cfr. Rm 1,1-3).

Noi accogliamo la sua chiamata e lo facciamo con gioia.

Ma non esitiamo a rivolgere a lui la nostra preghiera per avere più forza e discernimento. Per questo il nostro incontro è iniziato in un clima di preghiera e culminerà nella celebrazione eucaristica. Invoco l'intercessione di Nostra Signora, la Vergine Aparecida insieme al suo Divino Figlio, nella certezza che il Signore è pronto ad aiutarci nei nostri doveri pastorali, poiché egli ci ha inviato il suo Spirito affinché sia con noi e ci guidi con tutta la verità e l'amore.

Cari fratelli: nella forza dello Spirito Santo, perseveriamo nel nostro impegno di sostenere tutto il popolo cattolico del Brasile perché possa proclamare con la santità di vita che "Cristo Gesù, è il "Signore"" (cfr. Ep 3,11).

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1991-03-08
Venerdi 8 Marzo 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Le visite pastorali del Vescovo di Roma