GPII 1991 Insegnamenti - In San Pietro la celebrazione conclusiva del Concistoro - Città del Vaticano (Roma)

In San Pietro la celebrazione conclusiva del Concistoro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dal Concistoro Straordinario un nuovo impulso per l'evangelizzazione di tutte le genti

"La pietra scartata dai costruttori, è divenuta testata d'angolo".


1. La liturgia pasquale esprime con queste parole del Salmo una verità centrale della fede. La Chiesa crede che Dio costruisce nel mondo il suo Regno. La costruzione poggia sulla pietra angolare. Il mistero pasquale è la rivelazione di questa pietra, su cui Dio stesso costruisce il suo Regno. Il fatto che gli uomini abbiano scartato questa pietra rivela ancora più chiaramente che Dio stesso è il costruttore del Regno, il quale si realizza pero negli uomini ed attraverso gli uomini, nonostante le loro contraddizioni; il Regno di Dio, infatti, è la loro ultima eterna vocazione. Questa realtà trova la sua drammatica espressione proprio nel mistero pasquale: durante la settimana scorsa e, particolarmente, durante il Sacro Triduo, la liturgia lo ha attestato in modo speciale. Del resto, lo attesta sempre, ogni giorno, in ogni celebrazione eucaristica, mettendo in evidenza la verità su Cristo, che è la testata d'angolo. Scartato dai costruttori, Cristo si è manifestato come Colui sul quale poggia pienamente tutta la costruzione del Regno di Dio nel mondo.


2. Il dramma del rifiuto di Cristo è come l'essenza degli eventi che hanno avuto luogo a Gerusalemme durante le feste pasquali. Il Salmo lo attesta con le seguenti espressioni: "Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, / ma il Signore è stato il mio aiuto". Queste parole del Salmo alludono al Cristo. E' lo stesso Cristo che "nel giorno dopo il sabato" entra nel Cenacolo di Gerusalemme, mentre le porte erano chiuse. Dopo l'esperienza della morte umana e del sepolcro Egli è tornato a vivere. Agli Apostoli riuniti mostra "le mani e il costato", in cui sono le tracce della crocifissione. Colui che vive è stato veramente condannato a morte e inchiodato in croce sul Golgota. Si trovano in Lui tutti i segni della pietra scartata dagli uomini. L'evento pasquale del Cenacolo è forse la teofania più piena; ne è conferma soprattutto l'episodio della seconda apparizione, quando Tommaso, prima scettico, toccando i segni della crocifissione, confessa la sua fede con le parole: "Mio Signore e mio Dio". E' questa la teofania più piena: il Dio rivelato nell'uomo; rivelato a prezzo della Croce; rivelato grazie al dominio sulla propria morte umana. Il Dio rivelato nel suo mistero trinitario: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo!


3. Che cosa è la fede? Cristo risponde a Tommaso: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno".

Che cosa è la fede? La fede è il contrario dell'incredulità, in quanto si contrappone a chi tenta di scartare la pietra angolare che è Cristo. La fede è, quindi, accettare il Regno che Dio sta costruendo nel mondo su Cristo, su questa unica testata d'angolo. Che cosa è la fede?La liturgia di questa seconda domenica di Pasqua, detta in Albis, dà a questa domanda una risposta in cui si racchiude tutta la logica della Pasqua di Cristo: della Croce e della Risurrezione. La Liturgia risponde con le parole tratte dalla Lettera di San Giovanni, le quali contengono in sé un profondo riflesso di ciò che Giovanni, insieme con gli altri Apostoli e con Tommaso, ha potuto sperimentare nel Cenacolo di Gerusalemme.

Ecco le parole di Giovanni: "Chiunque crede che Gesù è Cristo, è nato da Dio... Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo: e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?". "Mio Signore e mio Dio".


4. La Pasqua, la Pasqua di Cristo, costituisce questo momento particolare in cui si decide il problema della fede e dell'incredulità: accettare, oppure rifiutare il Regno che Dio costruisce nel mondo sulla pietra angolare, che è Cristo. Le parole di Giovanni vogliono forse indicare che la fede significa rifiuto del mondo? L'Apostolo parla della vittoria e non del rifiuto. La vittoria avviene sul "mondo" che cerca di imporsi all'uomo come unica dimensione e fine della sua esistenza, come, in certo modo, "un assoluto" che non esiste. Il fatto che il mondo non è l'assoluto, né la dimensione definitiva dell'uomo, lo prova soprattutto la realtà della morte. Non può essere assoluto ciò che è mortale, distruttibile, transitorio. Cristo, per mezzo della sua vittoria sulla morte, ha rivelato l'assoluto che è Dio. La risurrezione è la definitiva teofania. "Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo".


5. Questa vittoria, al tempo stesso, è la più profonda accettazione della creazione, cioè del mondo: del mondo creato da Dio per amore; del mondo redento da Cristo. Non c'è "un amore più grande di questo: dare la vita..." per la propria creatura. Il Concilio Vaticano II si è incaricato proprio di compiere un rinnovamento della fede pasquale della Chiesa: "Con la sua risurrezione, costituito Signore, Egli, il Cristo, cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra, tuttora opera nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito, non solo suscitando il desiderio del mondo futuro, ma per ciò stesso anche ispirando, purificando e fortificando quei generosi propositi con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra. Ma i doni dello Spirito sono vari".


6. Siamo riuniti qui, venerati e cari fratelli nell'Episcopato, membri del Collegio Cardinalizio, proprio per rispondere alle esigenze di questa fede pasquale. Mentre la liturgia ci fa ricordare il Cristo risorto, riunito nel Cenacolo con gli Apostoli, è con particolare gioia che noi pure siamo adunati in questa concelebrazione, tutta permeata della luce e della letizia pasquale.

Ringrazio di cuore i fratelli Cardinali per la loro presenza a questa liturgia eucaristica dell'ottava di Pasqua e per l'apporto che hanno dato in questi giorni, nei quali abbiamo riflettuto insieme su alcuni problemi che impegnano oggi la Chiesa e interpellano la nostra responsabilità di fronte a Dio e all'umanità.


7. Il Concistoro straordinario, che vede riuniti tutti i Cardinali attorno al Successore di Pietro, è sempre un evento importante, del quale dobbiamo ringraziare il Signore, datore di ogni bene. Esso non mancherà, ne siamo certi, di recare alla Chiesa un nuovo stimolo nel suo incessante impegno di evangelizzazione di tutte le genti e nell'assidua cura pastorale di ogni cristiano, divenuto con il battesimo membro del Corpo mistico di Cristo. Il cristiano, infatti, - come afferma la Costituzione Pastorale "Gaudium et Spes" - "è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso molte tribolazioni... ma, associato al mistero pasquale, come viene assimilato alla morte di Cristo, così andrà anche incontro alla risurrezione, confortato dalla speranza... Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo Vangelo ci opprime. Con la sua morte Egli ha distrutto la morte, con la sua risurrezione ha fatto a noi dono della vita, perché anche noi, diventando figli nel Figlio, possiamo pregare esclamando nello Spirito: Abba, Padre!". Venerati fratelli Cardinali e voi tutti, cari fratelli e sorelle: "Questo è il giorno fatto dal Signore: / rallegriamoci ed esultiamo in esso!". Amen!

Data: 1991-04-07
Domenica 7 Aprile 1991

La preghiera mariana in piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La scelta della non-violenza: un vero progresso nell'impostazione dei rapporti economici e sociali




1. Una delle ragioni, per le quali l'emergere della "questione operaia" nel secolo scorso mise in allarme i poteri politici e sociali del tempo, fu il carattere conflittuale con cui erano vissuti i rapporti tra le classi. Il "sentimento delle proprie forze, divenuto più vivo" e "l'unione fra loro più intima" inducevano gli operai, secondo la diagnosi di Leone XIII nella "Rerum Novarum", a rivendicare i propri diritti alla dignità e al giusto compenso del lavoro con particolare energia, giungendo a volte a quell'estremismo che è sempre stato una tentazione per chi protesta contro reali o presunte ingiustizie. Si verificava così una triste legge di sempre: l'"odio per i ricchi, attizzato nei poveri", portando alla manomissione di altri diritti e allo scompiglio dell'ordine sociale, invece che contribuire alla soluzione della contesa, si risolveva in nuovi danni per la società e specialmente per gli stessi operai.


2. A tale concezione della conflittualità e, in definitiva, del "duello implacabile tra i ricchi e i poveri, come se una classe fosse naturalmente nemica dell'altra", Leone XIII contrappose l'idea evangelica della riconciliazione e della collaborazione, ricordando agli uni e agli altri i "mutui doveri" ed invitando tutti a percorrere non la via della violenza, ma del diritto, e quindi del rinnovamento legislativo e istituzionale, in vista di un migliore equilibrio all'interno del corpo sociale. A tal fine il Papa, mentre richiamava gli operai a "prestare interamente e fedelmente l'opera pattuita liberamente e secondo equità", astenendosi "da atti violenti nella difesa dei propri diritti", riprovava ogni abuso commesso contro di essi da datori di lavoro incuranti della loro dignità e delle loro esigenze fisiche e morali. Anche queste, infatti, erano forme di violenza, che il Papa esortava ad eliminare "dando a ciascuno la giusta mercede", "non opprimendo per utile proprio i bisognosi e gli infelici", "non danneggiando i piccoli risparmi dell'operaio, né con la violenza, né con usure manifeste o palliate".


3. A distanza di un secolo dalla "Rerum Novarum" possiamo costatare con soddisfazione che nella impostazione dei rapporti economico-sociali il progresso istituzionale e legislativo è stato notevole ed è cresciuto negli operai e nelle loro organizzazioni il desiderio di evitare la violenza. Il metodo della non-violenza ha anzi acquistato consensi anche nel campo politico, fino a far apparire come un rigurgito di barbarie ogni forma di terrorismo e di ricorso alla forza per risolvere i conflitti tra gli Stati o tra i popoli. Occorre, tuttavia, che si progredisca ulteriormente su questa strada anche nei rapporti con lavoratori e cittadini appartenenti a comunità, razze, nazioni diverse e che, con sapienti ed eque norme legislative, si arrivi a nuove istituzioni di grande respiro, rispondenti ai processi di unificazione culturale, sociale e politica in corso nel mondo. Affidiamo all'intercessione della Vergine Santissima l'impegno dei cattolici e di ogni persona di buona volontà per l'attuazione di questo vasto rinnovamento, da cui dipendono in non piccola parte l'operosa concordia dei cittadini e la pace sociale.

Data: 1991-04-07
Domenica 7 Aprile 1991

Accorato appello in favore dei popoli minacciati dalla guerra e dalla mancanza di cibo

Titolo: "La sopravvivenza del popolo curdo è in pericolo. non rimanga inascoltata l'invocazione di aiuto di tanti innocenti"

In questo tempo in cui la luce di Pasqua illumina il mondo e rafforza la speranza nel cuore degli uomini, desidero invitarvi a pregare per molte persone che soffrono. Ricordo innanzitutto coloro che sono privati della libertà con la crudele e iniqua pratica dei sequestri: penso alle persone che in Italia ancora sono trattenute dai loro rapitori e penso ad alcuni Paesi del Medio Oriente, in particolare al Libano e all'Iraq, dove da anni numerose persone sono racchiuse in prigioni, senza che di essi si abbiano notizie. Ricordo poi le popolazioni che, in Sudan, dopo anni di dure prove causate dalla guerra, continuano a soffrire a motivo di una drammatica carestia e rischiano a milioni di morire di fame. Che il Signore sostenga gli sforzi delle organizzazioni umanitarie che operano nel Paese e illumini i responsabili delle diverse parti, affinché sia facilitata la lodevole opera di solidarietà anche con la creazione di appositi "corridoi di pace" per poter giungere rapidamente ad aiutare le popolazioni che soffrono. ln tale contesto, non posso dimenticare i popoli della Somalia e dell'Etiopia, ancora minacciati dalla guerra e dalla mancanza dei mezzi di sostentamento più essenziali. Un ricordo molto particolare va alle provate popolazioni curde dell'Iraq, che stanno vivendo situazioni drammatiche. Non solo, infatti, rischiano di morire di fame e di freddo migliaia di bambini, di donne e di anziani, ma è messa in pericolo la stessa sopravvivenza di quella intera comunità. Faccio appello alla coscienza dei responsabili delle Nazioni e di quanti hanno a cuore le sorti dei popoli perché sia portato rimedio a tale tragedia, trovando una soluzione giusta e adeguata. L'invocazione di aiuto di tanti innocenti non rimanga inascoltata! Affidiamo queste nostre preghiere alla Vergine Santissima, Madre di Misericordia.

Data: 1991-04-07
Domenica 7 Aprile 1991

Al termine della riunione dei presidenti delle Conferenze Episcopali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La comunione ecclesiale si deve anche esprimere nella dimensione di caritatevole e solidale aiuto




1. Con tutto il cuore saluto voi, cari fratelli nell'Episcopato, che a nome ed in rappresentanza delle rispettive Conferenze Episcopali siete venuti a Roma, per studiare insieme importanti problemi concernenti la Sede Apostolica. Ho accolto volentieri la proposta di questa iniziativa, suggerita dai miei Collaboratori, e vi ringrazio per la vostra disponibilità e per il contributo dei vostri consigli e delle vostre proposte, che sono tanto più validi in quanto provengono dalla ricca e illuminata esperienza di Pastori sparsi in tutto il mondo. Questa iniziativa è incoraggiata dall'esempio della Chiesa primitiva, nella quale troviamo una delle prime espressioni concrete di comunione tra le Chiese particolari e la Chiesa Universale: intendo alludere alle collette organizzate da San Paolo nelle Chiese da lui fondate a favore della Chiesa Madre di Gerusalemme. E' questo, infatti, il senso del convegno di questi giorni e di quanto in esso avete trattato: permettere alla comunione ecclesiale, che unisce tutte le componenti del Corpo Mistico di Cristo in un vincolo reale e organico, di esprimersi anche nella dimensione di caritatevole e solidale aiuto materiale. Esso è chiesto affinché la Curia Romana possa servire meglio e compiere più facilmente la sua missione e la sua diakonia alla Chiesa intera. Alla base dell'aiuto chiesto alle Chiese particolari c'è anche una esigenza di giustizia, alla quale alludeva San Paolo quando, riferendosi alla colletta in favore dei poveri della Chiesa di Gerusalemme fatta dalle comunità di Macedonia ed Acaia, affermava: "L'hanno voluto perché sono ad essi debitori; infatti, avendo i pagani partecipato ai loro beni spirituali, sono in debito di rendere un servizio sacro nelle loro necessità materiali". Se è vero, infatti, che la comunione è vincolo di fede e di carità, che stabilisce legami che vanno al di là delle norme giuridiche, essa ha pure bisogno di concrete espressioni di quella sollecitudine che ogni Vescovo deve avere per la Chiesa Universale e quindi per gli altri Organismi centrali che operano a beneficio dell'intera Comunità ecclesiale. Il contributo economico alla vita e all'azione della Santa Sede va visto altresi come esigenza di condivisione dei beni, al fine di esprimere concretamente l'unità del Corpus Ecclesiarum.


2. Nei tempi passati, anche quando non esisteva più uno Stato Pontificio, le modeste entrate della Santa Sede bastavano a coprire le spese. In questi ultimi tempi, invece, con le nuove esigenze pastorali e di servizio, e con la necessità di retribuire secondo i principi della giustizia sociale i collaboratori, aumentati notevolmente di numero al fine di rispondere alle nuove necessità della Sede Apostolica, si sono accresciuti i bisogni finanziari in proporzione tale che non è più possibile farvi fronte, neppure destinando a questo scopo le offerte dell'Obolo di San Pietro. Alle necessità del governo centrale della Chiesa si assommano quelle, anch'esse in continuo aumento, di intere popolazioni e Chiese particolari, al limite di estrema indigenza, che hanno diritto ad attendersi un gesto concreto di carità dal Papa, cui corrisponde l'altissimo compito di "universo caritatis coetui praesidere". A nessuno di voi sfugge quanto sia indispensabile rispondere alle iniziative di promozione e di studio, richieste dalla situazione della Chiesa e del mondo, e non dovervi rinunciare a causa della mancanza di mezzi economici. E' vero che dobbiamo procedere con rigorosi criteri di austerità e di povertà, ma, allo stesso tempo, dobbiamo provvedere quanto è indispensabile per lo svolgimento del lavoro, pur affidandoci alla Provvidenza, che non lascerà mancare il necessario alla Chiesa e a chi ha il compito di guidarla.


3. In questi due giorni voi siete stati informati sui principali aspetti dell'organizzazione economica della Santa Sede e sulle esigenze finanziarie che l'attività della Curia Romana comporta. Avete potuto chiedere chiarimenti ed ottenere spiegazioni, come anche esprimere riflessioni e proporre suggerimenti che saranno attentamente valutati dai Dicasteri interessati. La riunione di questi giorni può segnare l'inizio di nuovi importanti sviluppi della comune sollecitudine di tutti i Vescovi affinché siano assicurati i supporti materiali necessari per il servizio della Santa Sede alla Chiesa universale e all'umanità tutta se vi farete portavoci di queste istanze in seno alle vostre Conferenze Episcopali, in modo che i Vescovi possano ricercare e trovare le soluzioni più appropriate. In ogni epoca tale sollecitudine è stata contrassegnata da spirito di solidarietà e di condivisione, e si è manifestata con forme di attuazione rispondenti alle particolari esigenze ed alla mentalità del tempo. Il nuovo Codice di Diritto Canonico, frutto del Concilio Ecumenico Vaticano II, indica ora a noi, anche in questo, una via sicura su cui procedere nelle presenti circostanze.

A voi, venerati fratelli ed a tutti i Vescovi delle vostre Conferenze Episcopali - che riceveranno da voi un'opportuna informazione circa questa riunione, e che anzi saranno chiamati a continuarla ed a portarla a positiva conclusione - va il mio fraterno augurio di bene, che accompagno con una particolare Benedizione Apostolica, che ora di cuore imparto a voi e a tutti i fedeli delle vostre Comunità diocesane.

Data: 1991-04-09
Martedi 9 Aprile 1991



Ai partecipanti alla plenaria della Pontificia Commissione Biblica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'esegesi cattolica

Signor Cardinale, Cari amici,


1. E' con gioia che vi accolgo oggi, nella bella luce del tempo pasquale, in occasione dell'assemblea plenaria della Pontificia Commissione Biblica e ringrazio vivamente il signor Cardinale Ratzinger per le parole che mi ha appena rivolto confermandomi la vostra generosa devozione alla missione che vi è stata affidata al servizio della Bibbia e della Chiesa.

Questa sessione dei vostri lavori presenta, mi sembra, un aspetto di resurrezione, poiché giunge dopo un periodo d'interruzione e dopo il rinnovamento parziale dei partecipanti. Saluto molto cordialmente tutti voi, vecchi e nuovi membri della Commissione biblica e rivolgo un benvenuto speciale a coloro tra voi che sono stati nominati l'anno scorso e partecipano per la prima volta ai vostri lavori. Sono felice di veder qui rappresentati i biblisti cattolici dei cinque continenti, uniti in una comune ricerca.


2. Continuando lo studio iniziato due anni fa, voi cercate di porre nella giusta prospettiva l'interpretazione della Bibbia nella Chiesa. Questo vitale problema, infatti, ha assunto nuove dimensioni, e diverse circostanze gli conferiscono una nuova attualità. Qualche mese fa, abbiamo celebrato il venticinquesimo anniversario della promulgazione della Costituzione conciliare sulla Rivelazione divina, "Dei Verbum", in cui la Sacra Scrittura occupa naturalmente un ruolo privilegiato. E altri due anniversari importanti si profilano già all'orizzonte: il centenario dell'enciclica "Providentissimus", pubblicata da Leone XIII il 18 novembre 1893 e il cinquantenario dell'enciclica "Divinu afflante Spiritu" pubblicata da Papa Pio XII il 30 settembre 1943.

Questi due anniversari richiameranno l'attenzione sulla questione che studiate attualmente, quella de "l'interpretazione della Bibbia nella Chiesa". Vi esorto vivamente a sfruttare quest'occasione per suscitare ovunque un rinnovato interesse nei confronti di questo problema essenziale e per aiutare gli uomini e le donne del nostro tempo a comprenderlo meglio per poter meglio nutrirsi della Parola di Dio, nel suo autentico significato.


3. A questo scopo, bisogna innanzitutto, evidentemente, che voi stessi facciate il punto sulla questione, senza dimenticare nessuna delle sue dimensioni principali.

So che questa è la vostra preoccupazione e mi congratulo.

Giunta dopo l'enciclica "Divino afflante Spiritu" e continuando sulla stessa linea, la Costituzione dogmatica "Dei Verbum" ha dato grande soddisfazione agli esegeti cattolici approvando ufficialmente, per l'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, il ricorso ai metodi scientifici moderni. Questa presa di posizione era tanto più significativa in quanto veniva a sedare le violente polemiche sollevate da questi metodi all'inizio del Concilio. Gli esegeti sono felici di leggere e rileggere la dichiarazione molto netta della "Dei Verbum": "Il sacro concilio incoraggia i figli della Chiesa che coltivano le scienze bibliche, affinché perseverino nel compimento dell'opera felicemente intrapresa, con energie sempre rinnovate, con ogni applicazione secondo il senso della Chiesa" (DV 23). E' per me una gioia ripetervi questo oggi.

Come già aveva fatto l'enciclica "Divino afflante Spiritu", il Concilio ha approvato specialmente lo studio scientifico dei "generi letterari", necessario "per comprendere esattamente ciò che l'autore sacro ha voluto asserire" (DV 12).

Altri metodi si sono sviluppati dopo, per l'interpretazione dei testi in genere, come la semiotica, l'analisi retorica o narrativa, o per quella dei testi biblici in particolare, come l'approccio canonico. Spetta a voi esaminare questi metodi con grande apertura di spirito e valutarne i meriti e l'utilità. Non bisogna trascurare nulla di quanto possa contribuire a porre in luce le molteplici ricchezze dei testi biblici.

Bisogna anche, naturalmente, rimanere lucidi, sui limiti dei nuovi metodi ed evitare quanto possono avere di unilaterale certe "mode" esegetiche che, reagendo contro un eccesso, cadono nell'eccesso opposto e passano, ad esempio, da un abuso di analisi storica, detto "diacronico", ad un'analisi esclusivamente "sincronica", sprovvista di ogni dimensione storica. Un'esegesi che scelga di essere unilaterale, smette per ciò stesso di meritare il nome di cattolica, poiché questo nome esprime l'apertura a tutta l'ampiezza della realtà.


4. Questa osservazione non vale soltanto per l'utilizzazione dei metodi. Essa è valida altresi per la maniera di accogliere l'insegnamento della Costituzione "Dei Verbum".

Alcune autorevoli voci hanno sottolineato, a questo proposito, una sorta di unilateralità da parte di certi esegeti: la loro unica reazione è stata quella di proclamare, con grande soddisfazione, che il Concilio ha approvato l'uso dei metodi scientifici per l'interpretazione della Sacra Scrittura. Questo significa limitarsi ad un solo aspetto delle dichiarazioni conciliari ed ignorarne un altro, non meno importante, espresso nello stesso paragrafo di "Dei Verbum" (DV 12).

Subito dopo aver approvato - e addirittura sollecitato - lo studio scientifico dei testi biblici, il Concilio dichiara, per completare la prospettiva, che "la sacra scrittura" deve "essere letta e interpretata con l'aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta". La Bibbia è certamente scritta in lingua umana - e la sua interpretazione richiede, quindi, il metodico uso delle scienze del linguaggio -, ma essa è Parola di Dio; l'esegesi resterebbe, dunque, gravemente incompleta se non ponesse in luce questa portata teologale della scrittura.

L'esegesi cristiana, non bisogna dimenticarlo, è una disciplina teologica, un approfondimento della fede. Per questa ragione, la sua situazione non è tranquilla, poiché comporta una tensione interna tra due differenti orientamenti, quello della ricerca storica, fondata su dati verificabili, e quello della ricerca di ordine spirituale, fondata su una adesione di fede alla persona di Cristo. E' grande la tentazione di eliminare questa tensione interiore rinunciando all'uno o all'altro di questi due orientamenti e di accontentarsi sia di un'esegesi soggettiva, che viene erroneamente definita come "spirituale", sia di un'esegesi positivista, che rende i testi sterili.


5. Il Popolo di Dio ha bisogno di esegesi che, da un lato, compiano molto seriamente il proprio lavoro scientifico e che, dall'altro, non si fermino a metà strada, ma al contrario, continuino i loro sforzi fino a dare pieno valore ai tesori di luce e di vita contenuti nelle Sacre Scritture, affinché pastori e fedeli possano accedervi più facilmente e trarne più pienamente vantaggio.

I vostri lavori di questi giorni e quelli che compirete ulteriormente, contribuiranno, è la mia ferma speranza, a fornire agli esegeti cattolici una più viva coscienza dell'ampiezza del loro compito e della sua importanza per la vita della Chiesa.

Vi esprimo la mia sincera gratitudine per questo e vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica affinché il Signore favorisca la realizzazione di questa speranza.

(Traduzione dal francese)

Data: 1991-04-11
Giovedi 11 Aprile 1991

Alla plenaria del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La nuova ondata di masse in fuga impone agli Stati di programmare con realismo e generosità l'accoglienza

Signori Cardinali, Cari fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio!


1. Sono lieto di accogliervi e di porgervi il mio saluto in occasione dell'XI Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. E' questo un momento importante per la vita del vostro Dicastero, perché la continua evoluzione del fenomeno della mobilità umana esige la ricerca e l'aggiornamento costante dell'azione pastorale nei confronti delle persone in situazioni che richiedono continui spostamenti.


2. Cambiamenti politici, persistenti squilibri economici, guerre e violazioni di diritti fondamentali, carestie e altri disastri naturali, provocano migrazioni di massa. Il divario crescente tra i paesi in via di sviluppo e quelli industrializzati, il successo limitato di tanti progetti di cooperazione internazionale continuano a spingere decine di milioni di persone a cercare una vita migliore fuori della loro patria. Ai flussi migratori del Sud povero verso il Nord ricco del mondo, si è recentemente aggiunto un nuovo potenziale di emigrazione connesso con situazioni politiche, razziali e religiose insopportabili, che costringono milioni di esseri umani a fuggire dal loro ambiente e a vivere nella sofferenza e nell'incertezza. Tra le tristi conseguenze della recente guerra nel Golfo va messa in conto la nuova ondata di rifugiati e di migranti che va frantumandosi contro barriere di Stati con limitate capacità di accoglimento. La società che si avvia verso il terzo millennio non solo vive l'esperienza di un crescente esodo di popoli, che anche oggi assume proporzioni bibliche, a volte con esplosioni improvvise che non permettono alcuna programmazione, ma deve confrontarsi altresi con una cultura che si esprime nella facilità di movimento per motivi di lavoro, di studio, di fede, di turismo, e di scambi commerciali e tecnologici. Notiamo come in questo contesto vadano differenziandosi molteplici componenti che determinano una struttura ed un rapporto diverso con la società di accoglienza. Infatti, il rapido sviluppo tecnico-economico, le mutate relazioni dei cittadini e delle nazioni, i rapporti sempre più ampi e frequenti tra i paesi, la diffusa tendenza, nella società civile a favorire l'unità giuridica e politica della famiglia umana, il grande sviluppo raggiunto dai mezzi di comunicazione e il desiderio di confrontarsi con altre culture hanno aperto nuovi orizzonti. Entro questo scenario diventano sempre più numerosi coloro che si muovono sotto l'impulso dell'avviata cooperazione internazionale o semplicemente per il desiderio di approfondire le proprie conoscenze. Inoltre la nascita di numerosi istituti internazionali di cultura, offrono a molti giovani studenti la possibilità di frequentare Università in altri paesi.


3. In prospettiva ecclesiale, il risultato di questo frequente movimento di popoli è che moltissime persone vivono al di fuori o ai margini delle normali strutture pastorali della Chiesa. Si tratta di una sfida per la Chiesa, di come cioè debba porsi al servizio di queste persone ed essere presente nella società.

Dall'assistenza nei campi di rifugiati all'accoglienza nella comunità di fede degli immigrati e all'aiuto immediato e al dialogo con i nuovi arrivati non-cristiani, la sfida per la Chiesa è complessa e richiede creatività Pastorale.

Pertanto, codesto Pontificio Consiglio è chiamato a svolgere una missione attuale ed urgente e a rivolgere, come ricorda la Costituzione Apostolica "Pastor Bonus", "la sollecitudine pastorale della Chiesa alle particolari necessità di coloro che sono stati costretti ad abbandonare la propria patria o che non ne hanno affatto" come alle altre numerose persone coinvolte nella mobilità umana: i marittimi, i nomadi e gli zingari, gli aeronaviganti, i pellegrini e i turisti. Voi vi siete perciò giustamente interrogati su come il diritto dei migranti e itineranti ad una adeguata attenzione pastorale possa essere attuato in tanta diversità di circostanze. A tutta la gente in movimento la Chiesa dovrà mostrare il volto genuino di Cristo che, come "Buon Samaritano", si china accanto all'uomo piegato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l'olio della consolazione e il vino della speranza".


4. Mentre Governi e Organizzazioni Internazionali stanno trattando con crescente priorità il fenomeno della mobilità umana, la Chiesa porta il suo proprio contributo concentrando il dibattito, al di là dei soli interessi nazionali, economici o politici, sulla persona umana. Gli Stati quindi, più che preoccuparsi di come arginare la penetrazione nel proprio territorio di queste masse in fuga, dovranno programmare con realismo e generosità l'accoglienza e incidere sulle cause che ne sono all'origine. La necessità di salvaguardare la pace, come bene supremo, impone di mettere alla base delle politiche nazionali e internazionali la coscienza della interdipendenza e della solidarietà. Da parte sua, la Chiesa è chiamata a coltivare la pedagogia dell'accoglienza e ad esercitare la solidarietà verso i migranti. Le strutture della Chiesa vanno perciò adeguate alle situazioni differenti che caratterizzano il vasto fenomeno della mobilità. Per questo, nell'esperienza pastorale e nella legislazione canonica della Chiesa esiste una varietà di opzioni che facilitano il processo di evangelizzazione e integrazione.

Noto con soddisfazione, a questo riguardo, come numerose Conferenze Episcopali e singole Diocesi si stiano dotando di strutture organizzative specifiche per aiutare i fedeli coinvolti nella mobilità a sentirsi parte viva in un cammino di rispetto e di accettazione.


5. La visione della Chiesa, pero, e il suo messaggio, abbracciano oltre i diritti religiosi, anche quelli umani. La Chiesa lavora per un adeguamento della legislazione nazionale e internazionale al rispetto dei diritti fondamentali di ogni uomo alla vita, ad una patria, alla famiglia, ad un trattamento giusto, alla partecipazione alla vita politica e sociale.

Per questo la Santa Sede ritiene quanto mai opportuna la nuova Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Migranti e delle loro Famiglie, alla cui elaborazione ha attivamente contribuito, auspicando che sempre più trovi spazio nel diritto internazionale la protezione delle persone forzatamente sradicate dalla loro terra e lontane dai loro cari. La Chiesa ha da sempre contribuito alla soluzione di questi problemi. Cent'anni fa, ad esempio, il Papa Leone XIII prendeva in considerazione questi problemi, scrivendo nell'enciclica "Rerum Novarum": "Non si scambierebbe la patria con un paese straniero, se quella desse di che vivere agiatamente ai suoi figli".


6. In questo tempo pasquale anche noi, come i discepoli di Emmaus, dobbiamo riconoscere il volto di Cristo nei fratelli e sorelle in cammino sulle strade del mondo e invitarli alla nostra mensa per spezzare con loro il pane della fraternità e della solidarietà. Carissimi, vi auguro che il vostro impegno porti ad un consolidamento delle strutture ritenute necessarie per la pastorale della mobilità umana, a una efficace scelta delle varie opzioni pastorali, specialmente dei vari modelli di parrocchia, e alla promozione dello sviluppo come garanzia di pace duratura. Che il Signore sostenga la vostra fatica ed avvalori lo zelo di quanti nella Chiesa e nella società si prodigano per l'assistenza materiale e spirituale dei migranti ed itineranti. Con questi voti vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Data: 1991-04-11
Giovedi 11 Aprile 1991


GPII 1991 Insegnamenti - In San Pietro la celebrazione conclusiva del Concistoro - Città del Vaticano (Roma)