GPII 1991 Insegnamenti - Ai partecipanti al Seminario per lavoratori e sindacalisti promosso dalla CEI - Città del Vaticano (Roma)

Ai partecipanti al Seminario per lavoratori e sindacalisti promosso dalla CEI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nell'anno della dottrina sociale della Chiesa i sindacati riesaminino ed aggiornino le loro funzioni

Carissimi fratelli e sorelle,


1. Rivolgo un cordiale benvenuto a tutti voi, lavoratori e sindacalisti, convenuti a Roma per celebrare il centenario dell'Enciclica "Rerum Novarum", nell'imminenza ormai del 15 maggio, anniversario del giorno della sua solenne promulgazione.

Saluto ciascuno di voi ed esprimo vivo apprezzamento per il vostro impegno a servizio del bene comune. Ringrazio Monsignor Santo Bartolomeo Quadri, Presidente della Commissione episcopale della Conferenza Episcopale Italiana per i problemi sociali e il lavoro, che a vostro nome mi ha rivolto poc'anzi cordiali espressioni di ossequio. Non vi è dubbio che voi consideriate questa commemorazione come qualcosa che vi tocca da vicino, anzi, come qualcosa di specificatamente vostro, dato che l'Enciclica di Papa Leone XIII concerne proprio la "condizione degli operai". Come altri, siete pure voi testimoni dell'attualità e della perennità del suo insegnamento, nell'Enciclica "Centesimus Annus" pubblicata l'altro giorno per commemorare appunto questo centenario, osservo che si deve sempre guardare al testo della "Rerum Novarum" "per scoprire nuovamente la ricchezza dei principi fondamentali, in essa formulati, per la soluzione della questione operaia". Sono certo che anche durante i giorni di riflessione del vostro seminario, considerando le molteplici sfide con le quali ai nostri giorni il movimento operaio deve confrontarsi, vi sia apparso con chiarezza il valore intangibile di tali "principii fondamentali".


2. La "questione operaia" non si pone oggi di sicuro negli stessi termini che al tempo di Leone XIII. Anzi, si deve all'"azione del movimento operaio", se tante cose sono cambiate in meglio nei cento anni trascorsi. Tuttavia, se è vero che i diritti dei lavoratori, enunciati in maniera tanto esplicita e decisiva nella "Rerum Novarum", sono ora ammessi e riconosciuti da molte legislazioni nazionali ed internazionali, non è purtroppo altrettanto vero che essi siano ovunque concretamente rispettati. Quante manovre e procedure ingiuste si mettono in atto per vanificare le migliori disposizioni giuridiche e le più collaudate pratiche dell'etica del lavoro! Si pensi, ad esempio, ai lavoratori e alle lavoratrici privi di valide forme di sicurezza sociale, della prospettiva di una pensione, e persino talora di un giusto e sufficiente salario. Si considerino, ancora, il fenomeno del cosiddetto "lavoro nero", lo sfruttamento minorile e le numerose vittime della disoccupazione soprattutto giovanile. Se ciò accade nei Paesi dove una salda struttura legale fornisce ai lavoratori almeno la possibilità di intraprendere delle azioni a loro difesa, cosa dire delle Nazioni dove sono assenti tali strumenti giuridici o esistono soltanto in apparenza? Era il caso, come ben sappiamo, delle società che si ispiravano al "socialismo reale": alle parole e ai proclami sui diritti e sull'importanza della classe lavoratrice non corrispondeva pressoché nulla nel concreto, ed il divario fra vuote proclamazioni e realtà che si è venuto a creare non è indubbiamente facile adesso da colmare.


3. Nel vostro Convegno avete studiato le forme e i modi della partecipazione del mondo del lavoro alla vita della società. Non si tratta soltanto di contribuire allo sviluppo delle varie aziende ed imprese nelle quali voi lavoratori prestate la vostra opera preziosa ed insostituibile. Si tratta, altresi, attraverso il vostro attivo apporto alla vita stessa dell'impresa in quanto "comunità di uomini", di migliorare la società, non isolandovi da essa. Al contrario occupando con responsabilità il posto che vi compete, voi fate si che non vi regni "l'assoluta prevalenza del capitale" sul lavoro, né "il sistema socialista, che di fatto risulta essere un capitalismo di stato, ma una società del lavoro libero, dell'impresa e della partecipazione". A questo fine devono tendere i vostri sforzi ed i vostri impegni professionali, in quanto lavoratori e in quanto lavoratori cristiani. Tutti siete chiamati, infatti, a coltivare la "vigna del Signore". In modi diversi, questa vigna è anche la vostra propria Nazione ed il mondo intero.

Partecipazione e solidarietà vanno insieme in modo inseparabile e costituiscono le due facce di un'unica medaglia. "Mediante il suo lavoro l'uomo si impegna non solo per se stesso, ma anche per gli altri e con gli altri: ciascuno collabora al lavoro ed al bene altrui... della sua famiglia, della comunità di cui fa parte, della Nazione, e in definitiva dell'umanità tutta".


4. E' in questo contesto che si inserisce l'attività e il senso delle associazioni di operai che la "Rerum Novarum" così chiaramente legittimava e voleva promuovere, anticipando i tempi. Oltre a difendere e a far rispettare i diritti dei lavoratori, esse continuano oggi a rendere fattiva e reale la loro partecipazione solidale alla vita dell'intera società. Ciò che gli operai, come singoli individui, non riuscirebbero mai a realizzare efficacemente possono farlo le associazioni sindacali degne di questo nome e fedeli alla loro funzione originaria. E' pertanto oltremodo auspicabile che, commemorando il centenario della "Rerum Novarum" lungo tutto il 1991 Anno della Dottrina sociale della Chiesa, la funzione dei sindacati sia riesaminata ed aggiornata nell'interesse proprio dei lavoratori, per servire i quali tali strutture sono nate. "Si apre qui, osservo nella "Centesimus Annus", un grande e fecondo campo di impegno e di lotta, nel nome della giustizia, per i sindacati e per le altre organizzazioni dei lavoratori, che ne difendono i diritti e ne tutelano la soggettività, svolgendo al tempo stesso una funzione essenziale di carattere culturale, per farli partecipare in modo più pieno e degno alla vita della Nazione ed aiutarli lungo il cammino dello sviluppo".


5. Se, inoltre, è vero che tra le conseguenze del crollo del sistema politico ed economico imperniato sulla filosofia marxista figura in primo luogo "in alcuni paesi, l'incontro tra la Chiesa ed il Movimento operaio", si può ben dire che ciò è dovuto sia alla natura del Movimento operaio sia alla missione della Chiesa.

Quest'ultima, infatti, come sapete, valorizza il lavoro umano, in quanto collaborazione alla creazione divina e mezzo dato agli uomini per la loro piena realizzazione. Carissimi fratelli e sorelle, la vostra vocazione di lavoratori cristiani comporta un ruolo particolare nell'attuale momento storico caratterizzato da vasti e rapidi mutamenti sociali. Siete chiamati, nei vari ambiti occupazionali, a difendere la dignità della persona e a recare l'annuncio liberante del Vangelo. Esercitate, pertanto, questa fondamentale attitudine che vorrei chiamare missionaria nei confronti dei vostri compagni di lavoro, qui e altrove, e nei confronti di tutta la società mediante la vostra solidale partecipazione. Che il Signore Gesù, diventato per noi lavoratore, vi aiuti ed accompagni su questa strada! Vi assista Maria, la Madre del Redentore! Invocando su tutti voi, sui vostri impegni quotidiani e sulle vostre famiglie la protezione celeste, anch'io di cuore vi benedico.

Data: 1991-05-04
Sabato 4 Maggio 1991

Nell'Aula Paolo VI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Santo Rosario all'inizio del mese dedicato a Maria

Rivolgo uno speciale saluto al caro Monsignor Salvatore De Giorgi, Assistente Nazionale dell'Azione Cattolica, al Presidente Nazionale ed a tutti i Presidenti Diocesani, qui convenuti per un convegno sul tema della collaborazione per il programma pastorale delle Chiese in Italia: "Evangelizzazione e testimonianza della Carità". Mentre affido alla protezione della Vergine il vostro servizio ecclesiale, imparto a tutti la Benedizione Apostolica, estensibile alle rispettive Associazioni.

Data: 1991-05-04
Sabato 4 Maggio 1991

Lettera all'Ordine dei Frati Minori - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La missione che oggi ricevete dalla Chiesa

Cari Figli di San Francesco,


1. Conformemente alla tradizione del vostro Ordine e secondo il vostro Statuto, Padre John Vaughn, vostro Ministro Generale, mi ha chiesto di designare un mio delegato, incaricato di presiedere a nome e per conto della Santa Sede, la prossima elezione del Ministro Generale, che è uno dei compiti principali di questo Capitolo dei Frati Minori.

Lungi dall'essere puramente formale, tale richiesta costituisce per voi un atto di fedeltà verso Frate Francesco, che promise "obbedienza e rispetto al Signore Papa Onorio, ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana" (Regola dei Frati Minori, 2). Per tutto l'ordine, questa procedura manifesta, più che il rispetto di una prescrizione dello statuto, la vostra volontà attuale di mantenere vivi i vostri legami di stretta e filiale comunione con il Successore di Pietro, la cui missione è di "promuovere sia il bene comune della chiesa universale, sia il bene delle singole chiese" (CD 2).


2. Mi è sembrato utile accompagnare la designazione del mio delegato con un messaggio secondo la vostra intenzione, cari Figli di San Francesco. E' la terza volta, dall'inizio del mio pontificato, che ho l'occasione di rivolgermi a voi in questa forma: ciò mi dà al tempo stesso la gioia di rafforzare i miei legami personali con la famiglia francescana, ricordando i miei pellegrinaggi nei luoghi santificati dalla presenza di Padre Francesco, tra cui non posso fare a meno di menzionare, nell'azione di grazia, quello che, il 27 ottobre 1986, ha riunito ad Assisi, nel digiuno e nella preghiera per la pace, i rappresentanti di tutte le religioni.


3. Nei miei messaggi precedenti, ho cercato di mettere in rilievo l'uno o l'altro aspetto del ricco retaggio spirituale che vi ha lasciato il vostro fondatore.

Vorrei sottolineare ancora qualche aspetto essenziale della vostra tradizione francescana: l'amore appassionato di Cristo povero, che si esprime in una partecipazione più stretta possibile alla condizione degli umili; il distacco radicale dai beni di questo mondo meravigliosamente unito a un amore familiare per la creazione, in cui San Francesco viveva come a casa propria; l'attaccamento alla vita fraterna mettendo in comune i doni di ciascuno, in un'obbedienza totale e gioiosa; un'azione perseverante, nella diversità dei ministeri e delle funzioni esercitate dai frati, in vista della costruzione del Corpo di Cristo, il culto dell'Eucaristia, inseparabile dall'annuncio del Vangelo; e infine la tenerezza verso la santa umanità del Cristo e la fede integra nella sua divinità e nella sua eterna Regalità.

Sviluppando questi carismi del vostro ordine, sempre attuali, voi offrite alla generosità dei messaggeri della Buona Novella, cammini già percorsi per servire gli uomini di oggi, grazie al vostro equilibrio teologico, spirituale e pastorale.


4. Voi avete scelto San Diego per il vostro Capitolo, e partecipate in tal modo alla celebrazione del quinto centenario dell'evangelizzazione delle Americhe a cui i vostri fratelli hanno intensamente preso parte. E' in questa città, la più antica fondata dagli europei in California, che il beato Junipiero Serra (1713-1784) ha fondato la prima delle ventuno missioni che sarebbero state sparse lungo la costa occidentale degli Stati Uniti (1769).


5. Il vostro Capitolo Generale si propone di studiare il tema: "L'Ordine dei Frati Minori e l'Evangelizzazione oggi". Non si tratta di una rievangelizzazione, come se il primo annuncio del Vangelo fosse fallito, bensi, come ho affermato all'assemblea generale del Celam tenutasi ad Haiti nel 1983, di una "evangelizzazione, nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nella sua espressione" (Port-au-Prince, 9 marzo 1983, III).

Papa Innocenzo III aveva mandato i vostri primi frati ad annunciare la Buona Novella della salvezza offerta a tutti gli uomini e a lanciare un appello pressante alla conversione a Gesù Cristo: "Ite cum Domino, fratres, et prout Dominus vobis inspirare dignabitur, omnibus paenitentiam praedicate" (Tommaso da Celano, Vita, 23). Faccio mio oggi questo invito alla missione e lo rivolgo a voi.

Come, in effetti, l'esistenza del vostro ordine si fonda su questo primo invito, la missione che l'Ordine oggi riceve dalla Chiesa, attraverso il Successore di Pietro, gli conferisce la sua ragion d'essere. Ogni frate non è dunque inviato a titolo individuale. L'Ordine stesso non ha altra missione se non quella ricevuta dalla Chiesa, conformemente al suo proprio carisma. La dipendenza rispetto a Colui che manda è essenziale nella concezione della missione ecclesiale, poiché non soltanto essa si conforma all'immagine di quella di Cristo, ma si situa all'interno della missione di Colui la cui parola è quella del Padre che lo ha mandato (cfr. Jn 14,24).


6. Permettetemi oggi di richiamare in modo speciale la vostra attenzione, in fedeltà alla tradizione del vostro Ordine, sulla formazione intellettuale che occorre considerare come un'esigenza fondamentale dell'evangelizzazione. Essa, lungi dal nutrirsi di slogan, ideologie effimere o opinioni discutibili che potrebbero confondere i poveri, esige un investimento intellettuale continuo e approfondito, forse austero, ma a lungo termine efficace; investimento sostenuto e animato dalla fede, che conduce ad un progresso nella fede: "ex fide in fidem" (Rm 1,17). Una fede autentica, in effetti, cerca l'intelligenza dei misteri, e un sano esercizio dell'intelligenza sfrutta largamente la luce della fede.


7. Il mandato "de paenitentia praedicanda" esige una preparazione intellettuale seria, dal punto di vista delle scienze umane e sacre. Anche la nuova evangelizzazione. Non è questo che hanno insegnato i Santi e i Dottori del vostro Istituto, per i quali "l'edificio dell'Ordine deve essere costruito su due muri, quello della santità della vita e quello della scienza" (Tommaso d'Eccleston, "De adventu fratrum minorum in Angliam", n.90)? Che la predicazione dei frati oggi, nella loro scia e secondo la Regola, sia "Examinata et casta", vale a dire affinata nello studio, retta e senza mistificazioni!


8. Cari Frati vi incoraggio ad entrare immediatamente nella dinamica di un'evangelizzazione rigenerata, grazie alla promozione dello studio della teologia, scienza ecclesiale per eccellenza "perché cresce nella Chiesa e agisce sulla Chiesa... E' un servizio di Chiesa e deve dunque sentirsi inserita in modo dinamico nella missione della Chiesa, specialmente nella missione profetica" (Discorso alla Pontificia Università Gregoriana, 15 dicembre 1979, n.6). Per raggiungere tale obbiettivo, alcune disposizioni concrete sono da incoraggiare e ritengo utile citarle.

Le norme della Chiesa universale valide per la formazione di tutti i religiosi e in particolare per quella di tutti i futuri sacerdoti, vanno osservate rigorosamente. Un'uguale attenzione deve essere riservata alle prescrizioni del vostro Ordine (Costituzioni, Statuti generali, Ratio institutionis et studiorum), destinate ad assicurare una piena fedeltà al vostro carisma francescano. Occorre che le provincie dove più numerosi sono i giovani religiosi non abbiano paura di mandarli a completare gli studi superiori in scienze umane e in scienze sacre, affinché l'Ordine dei Frati Minori "possa e sappia aprire nella società contemporanea più ampi spazi ai valori contenuti nel Vangelo" (Discorso al Pontificio Ateneo Antoniano, 16 gennaio 1982, n.5). E' necessario anche che ogni singola provincia prenda provvedimenti per avere un numero sufficiente di formatori qualificati. Inoltre, è importante che le riviste e i periodici sotto la responsabilità dell'Ordine promuovano una seria riflessione sui problemi del nostro tempo, alla luce della fede, e in comunione con i Pastori della Chiesa, perché "l'ufficio di interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa è stato affidato al solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo" (DV 10). Infine, per essere in grado di "integrare la creatività con la fede" (Potissimum Institutioni, n.67c), i frati avranno a cuore di coltivare una formazione permanente.


9. Nel rimettere questo messaggio al Signor Cardinale Jean Jérome Hamer, che presiederà l'elezione del vostro Ministro Generale, gli affido anche il compito di esprimervi il mio affettuoso incoraggiamento che riassumero volentieri nei termini della Settima Ammonizione di San Francesco: "Lo spirito della Sacra Scrittura fa vivere quelli che non attribuiscono al loro personale valore la scienza che possiedono o che aspirano a possedere, ma che, attraverso la parola e l'esempio, ne fanno dono all'Altissimo Signore Iddio a cui appartiene ogni bene".

Cari figli di San Francesco, cari fratelli in Gesù Cristo, affido i vostri lavori a Maria, che voi venerate come Madre e Regina dell'Ordine, e di cuore vi imparto la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dal francese)

Data: 1991-05-04
Sabato 4 Maggio 1991

Dalle Americhe all'Asia una testimonianza senza frontiere - Regina Coeli

Titolo: La dottrina sociale della Chiesa: comunione, condivisione, solidarietà




1. La celebrazione del centenario dell'Enciclica "Rerum Novarum", emanata da Leone XIII il 15 maggio 1891, ha suscitato numerose iniziative a Roma e in varie parti del mondo. Tra queste desidero ricordare la commemorazione solenne che sarà fatta il 15 maggio prossimo dal Pontificio Consiglio "Iustitia et Pax". Tutte queste iniziative, come quelle già realizzate nei decenni trascorsi, sono espressione concreta di quella verità per cui la Chiesa è presente nel mondo per servire gli uomini e per accompagnarli nel loro cammino verso l'eternità.


2. Della realtà storica e umana la Chiesa si è sempre doverosamente interessata, cosciente della propria missione salvifica non solo verso i singoli, ma anche verso la società, in particolare verso coloro che, a causa delle loro condizioni economiche e sociali, hanno bisogno di aiuto per provvedere alla loro vita in modo rispondente alla propria dignità di figli di Dio. Facendo questo, essa vuol imitare il comportamento del suo Fondatore, Gesù Cristo, che ha amato e privilegiato in particolare i "poveri".


3. Nei Vangeli e negli altri testi del Nuovo Testamento la povertà è presentata non semplicemente come una condizione di vita, ma come una dimensione dello spirito; da ciò scaturisce l'impegno di una presenza della Chiesa nel mondo dei poveri; presenza che, fin dall'inizio e lungo il corso dei secoli, si è tradotta in concrete iniziative di carità. Tutto questo ha dato origine alla "dottrina sociale" della Chiesa, il cui contenuto fondamentale si può riassumere nelle parole: comunione, condivisione, solidarietà. Preghiamo perché il Signore conceda anche ai cristiani e alla Chiesa del nostro tempo la grazia del distacco dalle ricchezze per una testimonianza sempre generosa di giustizia e di carità.


4. A questa testimonianza siamo chiamati anche in questi giorni in cui l'umanità, dalle Americhe all'Asia, è stata colpita da una serie di catastrofi naturali che hanno seminato distruzione e morte: dai terremoti in Centro America, in Georgia ed Armenia, al ciclone che, con inusitata violenza, si è abbattuto sulle popolazioni del Bangladesh, già così duramente provate da condizioni di vita di grande povertà. Alle numerosissime vittime provocate da questi terribili disastri si sono aggiunte poi quelle causate dalla violenza politica: Armeni nell'Azerbaigian, Croati e Serbi in Jugoslavia. Il grido di dolore di tanti fratelli e sorelle trova un'eco profonda nel mio animo. Mentre rivolgo la mia parola di conforto ai familiari delle vittime, esorto tutti gli uomini di buona volontà a gesti di solidarietà con le popolazioni sconvolte da tali tragedie. Rinnovo, inoltre, un vibrante appello affinché cessino i conflitti etnici e si intensifichino gli sforzi per trovare giuste e pacifiche soluzioni ai problemi esistenti. Maria, Regina degli afflitti, interceda per noi e ci ottenga la sospirata pace.

Data: 1991-05-05
Domenica 5 Maggio 1991

Le visite pastorali del Vescovo di Roma

Titolo: Parrocchia di Santa Maria dell'Olivo a Settecamini

Alla popolazione del quartiere Il vostro parroco ha parlato della trepidazione. Ma devo dire che il primo a trepidare è stato Pietro e noi sappiamo della triplice domanda di Gesù dopo la Risurrezione, quando Gesù Risorto ha chiesto tre volte a Pietro: "Mi ami tu?". E lui, Pietro, tre volte ha risposto: "Tu lo sai Signore, io ti amo". Ma lo diceva con una trepidazione di cuore, perché si ricordava dell'altra domanda di una donna, quando lui, Pietro, non ha confessato ma ha rinnegato il suo Signore.

Poi dopo le lacrime, pentito, ha ottenuto questa grazia di incontrare Gesù Risorto e di essere interrogato da lui tre volte sull'amore, amore a Dio. Allora, noi trepidiamo sempre quando l'amore non è abbastanza forte, quando non vince. Quando vince l'amore troviamo la pace: amore e giustizia. Io, carissimi fratelli e sorelle, auguro alla vostra comunità questa sacra trepidazione delle coscienze, della coscienza personale e anche comunitaria davanti alle nostre debolezze, alle nostre mancanze, alle ingiustizie, perché possa vincere l'amore. Giustizia e amore: questo lo dico pensando anche al campo del lavoro, perché abbiamo vissuto in questi giorni la festa legata nella Chiesa alla memoria di San Giuseppe operaio, padre di famiglia e operaio, lavoratore. E tutte queste circostanze ci portano quasi al centro dei problemi umani di sempre e di oggi, non meno oggi che prima, tre secoli fa, ma oggi ancora di più. Allora, carissimi, io saluto tutti i presenti, tutta la vostra comunità, la parrocchia dedicata alla Madonna dell'Olivo: è una bella dedicazione. Poi saluto tutte le vostre famiglie, questi nuclei fondamentali di ogni comunità umana e cristiana, saluto le generazioni, dai più anziani ai più giovani, ai più piccoli. Saluto anche questa banda molto energica che ci ha accompagnati all'inizio di questo nostro incontro. A tutti auguro di stare sempre vicino a Gesù con trepidazione, di avvicinarsi a lui specialmente quando sentiamo questa interna trepidazione delle coscienze, per cercare da Lui la grazia e la forza per poter rispondere sempre: io ti amo, io ti amo, perché l'amore possa vincere.

Ai bambini Saluto tutta la comunità scolastica qui riunita, saluto l'Oratorio che lavora in questa parrocchia insieme con la scuola di Sant'Anna ed anche altre scuole rappresentate dai giovani parrocchiani. Siete presenti qui, rappresentanti delle diverse età, a cominciare da quelli più piccoli, dell'asilo; poi ci sono le scuole elementari, le scuole medie. Allora io vorrei trasferire tutta questa comunità scolastica, giovanile, della vostra parrocchia, nella casa di Nazareth.

Perché nella casa di Nazareth? All'inizio del mese di maggio la liturgia ci ricorda questa casa di Nazareth dove vivevano Gesù, Maria e San Giuseppe: ci ricorda questa casa come luogo di lavoro. Certamente le vostre case dove abitate sono anche comunità di lavoro, ma normalmente i genitori, specialmente i padri, vanno a lavorare fuori di casa, hanno un altro campo di lavoro: dalle istituzioni al lavoro industriale, o altro. Ma voi ragazzi, piccoli e grandi, voi non andate a lavorare fuori casa ma andate a scuola, andate anche nell'Oratorio. Ma nella scuola si va a lavorare? Si lavora nella scuola? E anche nell'asilo si lavora? Si, si lavora. E' un altro lavoro, non ancora professionale, ma preparatorio, per poi esercitare una professione da adulti. Ci vuole prima una preparazione scolastica, anche prescolastica, nei diversi gradi. E si lavora. Allora, io vi conduco in questa casa di Nazareth dove si viveva insieme come famiglia e dove si lavorava. E Gesù imparava l'arte da San Giuseppe e anche dalla sua mamma imparava i diversi lavori umani. Imparava anche quello che nel suo ambiente si insegnava sulla storia, sulle tradizioni, sui costumi e sulla sacra religione del suo popolo. Dice il Vangelo di San Luca che Gesù cresceva negli anni, cresceva anche nella sapienza e nella grazia. Io vorrei affidare i più giovani della parrocchia alla protezione della Sacra Famiglia, specialmente di San Giuseppe, perché tutti noi dobbiamo crescere come Gesù, negli anni ma anche nella sapienza e nella grazia di Dio. E' questo l'augurio che vi faccio, ringraziandovi per la vostra accoglienza molto cordiale e calorosa, e ringraziando per i diversi doni che mi avete offerto. Che il Signore benedica le vostre famiglie, i vostri genitori, tutti i vostri fratelli e sorelle, benedica le suore della vostra scuola, gli insegnanti e tutti quelli che si occupano della vostra educazione e della vostra crescita spirituale. Vi auguro di essere buona parte della parrocchia dedicata alla Madonna dell'Olivo.

Buona parte: è una speranza per un futuro sempre migliore.

L'omelia durante la concelebrazione eucaristica "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati".


1. Carissimi fratelli e sorelle, nel clima gioioso del tempo pasquale, mentre celebriamo la pienezza dell'amore di Dio per l'umanità, manifestato e comunicato a noi nel suo Figlio morto e risorto, la liturgia odierna ci riconduce alla considerazione di questo grande "dono", dal quale scaturisce il comandamento dell'amore ai fratelli. Contempliamo, innanzitutto, l'amore di Dio per l'uomo, quale si è rivelato pienamente in Cristo, suo Figlio. "Dio è amore", ci ha ricordato l'apostolo Giovanni. E' amore perché "comunione" che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella vita trinitaria. E' amore perché è "dono". L'amore di Dio, infatti, non resta chiuso in se stesso, ma si diffonde e si riversa nel cuore di tutti coloro che egli ha creati, chiamandoli ad essere suoi figli.

L'amore di Dio è un amore gratuito, che previene l'attesa e il bisogno dell'uomo.

"Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi". Ci ha amati per primo, ha preso Lui l'iniziativa. E' questa la grande verità che illumina e spiega tutto ciò che Dio ha compiuto e compie nella storia della salvezza. L'amore di Dio, inoltre, non è riservato ad alcuni, a pochi, ma si rivolge e vuole abbracciare tutti gli uomini, invitandoli a formare una sola famiglia. Lo afferma lo stesso apostolo Pietro nel suo discorso di evangelizzazione tenuto in casa del centurione Cornelio, dove erano convenute molte persone: Dio - egli afferma - "non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto". L'amore di Dio per gli uomini non conosce confini, non si arresta di fronte ad alcuna barriera di razza o di cultura: è universale, è per tutti. Chiede solo disponibilità e accoglienza; esige soltanto un terreno umano da fecondare, fatto di coscienza onesta e di buona volontà. E', finalmente, un amore concreto fatto di parole e di gesti che raggiungono l'uomo nelle diverse situazioni, anche quelle di sofferenza e di oppressione, perché è amore che libera e salva, offre amicizia e crea comunione. Tutto ciò in forza del dono dello Spirito, effuso come dono d'amore nel cuore dei credenti, per renderli capaci di glorificare Dio e annunciare le sue meraviglie a tutti i popoli.


2. Dalla contemplazione dell'amore di Dio scaturisce l'esigenza di una risposta, di un impegno. Quali? E' doveroso chiederselo. E la parola di Dio, appena ascoltata, colma la nostra attesa. E' chiesto anzitutto all'uomo di lasciarsi amare da Dio. Ciò avviene quando si crede al suo amore e lo si prende sul serio, accogliendo il dono nella propria vita per lasciarsi trasformare e modellare da esso, specialmente nei rapporti di solidarietà e di fraternità che uniscono gli uomini fra loro. Cristo Gesù, infatti, chiede a coloro che sono stati raggiunti dall'amore del Padre di amarsi tra loro e di amare tutti come Lui li ha amati.

L'originalità e la novità del suo comandamento risiedono appunto in quel "come", che dice gratuità, apertura universale, concretezza di parole e gesti veri, capacità di donazione fino al supremo sacrificio di se stessi. In questo modo, la sua vita può diffondersi, trasformare il cuore umano e fare di tutti gli uomini una comunità radunata nel suo amore. Gesù domanda ancora ai suoi di rimanere nel suo amore, cioè di dimorare stabilmente nella comunione con Lui, in un rapporto costante di amicizia e di dialogo. E ciò per godere la gioia piena, per trovare la forza di osservare i suoi comandamenti e, finalmente, per portare frutti di giustizia e di pace, di santità e di servizio.


3. Carissimi fratelli e sorelle della Parrocchia di Santa Maria dell'Olivo, sono lieto di trovarmi oggi in Visita pastorale in mezzo a voi, in questa ampia zona della Borgata Settecamini; sono venuto per annunciare questo messaggio di amore a ciascuno di voi e a tutta la comunità che si raduna in questa Chiesa parrocchiale.

Insieme all'Arcivescovo Monsignor Camillo Ruini, Pro-Vicario Generale, e a Monsignor Salvatore Boccaccio, Vescovo Ausiliare del Settore Nord, saluto tutti voi, cari fedeli, con particolare pensiero per i vostri bambini, per le persone anziane o malate e per quanti soffrono a causa dell'emarginazione, della solitudine o dell'abbandono. Saluto, in particolare, il vostro Parroco, Monsignor Alessandro Mena, e i Sacerdoti che collaborano con lui nell'opera di animazione cristiana di questa vasta circoscrizione dell'Agro Romano. Esprimo il mio ringraziamento ai membri delle Associazioni dell'Azione Cattolica, delle ACLI e dei Movimenti Ecclesiali che prestano la loro collaborazione nell'ambito delle iniziative parrocchiali. A tutti dico: amate la vostra Chiesa e testimoniate con la vostra vita la gioia e l'amore, propri del cristiano che crede nel Cristo Risorto.


4. Accogliete con rinnovata consapevolezza il Vangelo dell'amore che Cristo Gesù rivela con la sua parola e con la sua vita. Egli vi ha scelti e, con il dono dello Spirito, vi ha "costituiti" e stabiliti in Lui, facendovi suoi amici e rendendovi partecipi, con il battesimo, della sua stessa vita. Restate nel suo amore, perseverate in esso, coltivate il dialogo della preghiera con Lui, crescete nella comunione attraverso la partecipazione ai sacramenti e alla liturgia, custodite fedelmente nel cuore la sua parola, osservate i suoi comandamenti. E poi amatevi gli uni gli altri, perché "chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio". L'amore fraterno, infatti, testimoniato e vissuto, rende credibile il Vangelo dell'amore di Dio a "coloro che sono fuori" e diviene così la prima forma di evangelizzazione per gli uomini del nostro tempo. Essi ve lo chiedono ed hanno il diritto di aspettarselo da coloro che sono in Cristo Gesù e sono da Lui amati. Questo amore vicendevole, nella concretezza della vostra comunità parrocchiale, è destinato ad esprimersi in forme molteplici d'impegno e di servizio. Esige disponibilità ed accoglienza nei confronti di tutti e specialmente dei piccoli, dei poveri, dei sofferenti; chiede collaborazione fattiva ed armonica alle diverse iniziative miranti a creare e rafforzare la comunione; comporta la valorizzazione dei carismi personali e di gruppo, con l'intento di orientarli al bene comune e all'edificazione della comunità, superando le facili spinte all'individualismo e alla ricerca di interessi particolari. Vi domanda, in una parola, di "camminare insieme", guidati da chi è pastore nella Chiesa, verso il comune traguardo del Regno di Dio.


5. Il Vangelo dell'amore, finalmente, chiede a tutti e a ciascuno di andare e portare frutto e un frutto che rimanga. E' il dovere della "missione", che vi sollecita a portare la riconciliazione e la pace là dove c'è divisione e inimicizia; a creare solidarietà là dove c'è emarginazione e solitudine; a promuovere la vita là dove dilagano i segni della morte; a costruire condivisione là dove l'egoismo innalza barriere e pregiudizi: nella famiglia, nell'ambiente di lavoro, nella vita del quartiere. "Con voci di giubilo date il grande annuncio, fatelo giungere ai confini del mondo: il Signore ha liberato il suo popolo.

Alleluia". Carissimi, vivete nell'amore di Dio e nella gioia; venerate, soprattutto in questo mese di maggio a Lei consacrato, Maria SS. ma, celeste Patrona della vostra parrocchia, ed impetrate da Lei la pace, di cui l'ulivo è simbolo ed auspicio. La liturgia di oggi è "gioia": è gioia di andare insieme, è gioia di essere insieme come famiglia di Dio radunata intorno al suo altare, alla sua Eucaristia. E' gioia speciale vedere questi bambini vestiti così solennemente, ragazze vestite in bianco, per ricevere la Prima Comunione. E' gioia soprattutto dei cuori di questi bambini perché devono aprirsi a Gesù Cristo eucaristico e diventare la sua dimora come lui ci ha detto. E' gioia per le famiglie che vivono così una grande giornata nel loro cammino della vita cristiana. E' sempre gioia nella vostra comunità ecclesiale, nella vostra comunità parrocchiale questo giorno della Prima Comunione dei bambini, giorno di grande gioia pasquale. E' gioia per me che ho potuto trovarmi nella vostra parrocchia in questo giorno in cui i vostri bambini ricevono la Prima Comunione e posso io personalmente dare Gesù Eucaristico a ciascuno e a ciascuna di loro. Che il Signore vi benedica tutti e vi aiuti nel cammino parrocchiale cristiano, specialmente in questo mese di maggio e durante tutta la nostra vita. Sia lodato Gesù Cristo.

Al gruppo "Donne di Sant'Anna" e al gruppo uomimi Voglio congratularmi con il vostro parroco, perché con tutte le sue preoccupazioni che può e deve avere - non è possibile vivere questa vita senza preoccupazioni e anche senza sofferenze - con tutte queste preoccupazioni e sofferenze ha una consolazione: non è solo, è affiancato da un gruppo numeroso di donne e di uomini. Le donne sono specialmente devote a Sant'Anna, vedono in lei il modello, attraverso cui si vede anche il modello supremo di noi tutti che è la Vergine, Madre di Cristo. Vedono nella figura di Sant'Anna anche un modello pratico per creare un'atmosfera di casa, di famiglia in questa parrocchia? Questo è il carisma della donna, il suo compito: l'ho detto anche nella Lettera "Mulieris Dignitatem". Questa Lettera ha avuto un'accoglienza abbastanza buona anche fra le donne che si dicono "femministe"; anche loro hanno trovato che c'è qualche cosa in questa Lettera, e in questo "Vangelo della donna". Poi, il vostro parroco è anche affiancato da un gruppo abbastanza numeroso di uomini che devono portare la loro energia, soprattutto la forza della loro fede e delle loro convinzioni al suo apostolato; così facendolo insieme, è un apostolato non solamente di una persona ma di una comunità. Come Cristo ha trasmesso il suo apostolato ai dodici, così anche per il vostro apostolato nella parrocchia ci vuole una comunità. Allora, mi congratulo col vostro parroco, mi congratulo anche con voi per questa comunione di impegni, questa comunione di intenzioni, nell'apostolato che vi unisce. E' un bel titolo quello della parrocchia Santa Maria dell'Olivo: olivo vuol dire pace, è simbolo della pace fra tante altre cose. Allora mi auguro che sia un buon segno per la vostra parrocchia, per le vostre famiglie, per le vostre persone questo simbolo dell'olivo, la Madonna dell'Olivo: che sia anche fruttuoso nei vostri cuori, fruttuoso nelle vostre famiglie, fruttuoso nella nostra comunità parrocchiale tutta intera. Vi offro anche una benedizione, a voi qui presenti e alle persone che vi sono care.

Ai catechisti e ai collaboratori parrocchiali Nostro Signore Gesù Cristo ha parlato di "lievito". Era una parabola tra tante, e tutte sono molto suggestive perché ci spiegano in modo possibilmente migliore quello che è il Regno di Dio. Il Regno di Dio certamente è già in questo mondo ma d'altra parte appartiene ancora al futuro escatologico. Noi dobbiamo impegnarci per far crescere questo Regno di Dio. E appunto qui entra il simbolo del lievito che fa crescere la massa, e poi, da questa massa cresciuta, diventa un cibo, pane con cui si nutrono gli altri. Allora, io auguro a voi, carissimi signore e signori che costituite questo gruppo e il Consiglio pastorale - consiglio per consigliare e consultare, ma anche consiglio per collaborare - auguro una buona animazione, perché questa massa che si chiama comunità, che si chiama quartiere, comunità della parrocchia, questa massa ha bisogno di essere animata per crescere umanamente e per crescere cristianamente. Una parola molto usata oggi è la parola "promozione".

Penso che il vostro gruppo e ciascuno di voi ha un compito "promozionale". Ma tutte queste parole valgono molto meno che la Parola di Gesù, la parola evangelica del lievito. Con questa parola, vi auguro di essere il lievito nella massa, il lievito per l'animazione cristiana del vostro ambiente.

Animazione cristiana vuol dire portare questa comunità umana alla dimensione del Regno di Dio. E con questo augurio che faccio a ciascuno di voi e alla vostra comunità, al vostro gruppo, voglio anche offrire un augurio più personale a ciascuno, una benedizione per le vostre famiglie, per i vostri figli, nipotini, per tutti i vostri cari. Che il Signore vi benedica nelle diverse dimensioni della vostra vita, del vostro lavoro professionale; che vi benedica anche nelle vostre speranze e desideri che nutrite e che volete portare avanti. Tutto questo appartiene alla crescita del Regno di Dio.

E per questo la vostra preghiera quotidiana è adveniat Regnum tuum. Vi benedico tutti e ciascuno di coloro che portate nei vostri cuori.

Ai lavoratori, agli immigrati del Terzo Mondo e ai giovani Sono molti i temi, ma cominciamo con i giovani, per terminare an che con i giovani. E' vero che non c'era un loro discorso: erano molti altri i discorsi e i giovani hanno un po' ceduto la parola ai più adulti. Ma essi si sono espressi durante tutta la visita, soprattutto con la banda musicale e molti di questi musicisti sono qui. Sappiamo bene che chi canta prega due volte, secondo la dottrina di Sant'Agostino, grande Padre della Chiesa. Se questo è vero per uno che canta per uno che suona forse si deve ancora moltiplicare questo "criterio" dell'orazione, della preghiera. Allora, ringrazio tutti i giovani che sono qui e che appartengono alla comunità della vostra parrocchia, che prendono parte al cammino cristiano di questa parrocchia. Ma è chiaro che oggi, all'inizio del mese di maggio, non poteva mancare la tematica della "Rerum Novarum", di cui celebriamo in questo mese il centenario, il "Centesimus Annus". Si parla molto, anche sulla stampa, della nuova Enciclica "Centesimus Annus", per il centenario della "Rerum Novarum".

Questo centenario lo abbiamo celebrato piuttosto con l'esempio che con le parole, e questo è bello. Si vede che i problemi di una volta, di cento anni fa, sono anche i problemi dei nostri tempi, dopo cento anni. Non si può negare che molte cose siano cambiate, siano migliorate. Per esempio, io penso che oggi la realtà sindacale è già una grande forza del mondo del lavoro, dei lavoratori. Ieri ho avuto un incontro con i sindacati per il centenario della "Rerum Novarum", con i sindacati italiani, soprattutto con quelli cristiani. Ma la realtà sindacale è già una forza dei lavoratori, i quali non sono così indifesi come nell'epoca di Leone XIII, e prima di lui ancora di più. Allora, possiamo sperare che questi problemi di oggi, di cui si è parlato qui oggi, troveranno una soluzione: devono trovarla. Certamente la Chiesa non è l'istanza diretta per risolvere questi problemi; ma la Chiesa, la Chiesa di Roma, è sempre e comunque impegnata in questi problemi con le sue persone, con la sua pastorale e anche con le istanze sue proprie. E' bene che questo caso penoso, questa preoccupazione degli uomini e dei lavoratori della parrocchia siano portati qui, durante la visita del Papa.

Io penso che insieme con i collaboratori, con il Pro-Vicario di Roma, con il Vescovo Ausiliare di zona, cercheremo di fare il possibile. Ma se questa realtà dei lavoratori licenziati ingiustamente o minacciati di essere licenziati ha portato qui un aspetto di ombra, ci sono anche alcuni aspetti, possiamo dire, di luce. Questo aspetto di luce si è manifestato attraverso la presenza dei rappresentanti del Terzo Mondo che appartengono al Centro Francescano per il Terzo Mondo, quello che è chiamato Terzo Mondo. Certamente, ai tempi di Leone XIII non esisteva come oggi questo problema degli abitanti del Terzo Mondo nei nostri Paesi. C'era il problema del proletariato locale, europeo, dei concittadini che si trovavano in situazioni socialmente ingiuste. Oggi sono i nostri immigrati venuti da diversi Paesi dell'Africa e anche da altri Paesi del Terzo Mondo che qui trovano lavoro, studi, comprensione e vogliono anche essere aiutati. E' bene che esista questo Centro Francescano per il Terzo Mondo, che corrisponde certamente all'identità, al carisma di San Francesco.

Ma San Francesco viveva in un secolo abbastanza lontano, nel secolo XIII; noi viviamo alla fine del secolo XX, e certamente i problemi sono nuovi: la "Rerum Novarum", la novità dei problemi. E questo problema del Terzo Mondo in genere, nella sua pluralità, e del Terzo Mondo a Roma, in Europa, è problema nuovo. Anche qui noi dobbiamo trovare soluzioni secondo i principii della giustizia e della carità. Lo stesso si può dire per questo centro, occupato e impegnato nell'annuncio e nella presenza nell'ambiente delle carceri. Io vedo in tutti questi elementi che trovano espressione nei diversi discorsi un ricco esempio delle problematiche tipiche della dottrina sociale, della pratica sociale, della tradizione sociale della Chiesa. Cambiano i tempi e le circostanze, anche i modi con cui questa pratica si deve esprimere; ma la pratica è evangelica, appartiene all'eredità lasciataci da Gesù Cristo, dalla prima comunità cristiana di Gerusalemme e poi da tante altre che si diffonderanno nel mondo in duemila anni.

Oggi dobbiamo cercare e trovare soluzioni adeguate ai nostri tempi e, d'altra parte, soluzioni provenienti dagli stessi principi evangelici. Quella che si chiama Dottrina sociale della Chiesa non è altro che il Vangelo dei problemi sociali, il Vangelo del lavoro, il Vangelo della giustizia e della carità negli ambienti della società moderna, della società operaia, della società industriale, della società degli emigrati. Allora, alla fine torniamo ancora ai giovani. I giovani appartengono all'oggi, ma appartengono anche al domani, appartengono al secolo ventesimo e appartengono anche al secolo prossimo che si avvicina. Auguro a questi giovani che quando saranno adulti, responsabili, questi problemi di cui si è parlato oggi e che hanno suscitato anche una nostra preoccupazione comune, questi problemi possano trovare soluzioni migliori, sempre migliori, perché si può migliorare sempre la vita, la giustizia sociale e anche questa "civiltà dell'amore" di cui parla la Chiesa.

Che queste due realtà, "giustizia sociale" e "civiltà dell'amore", siano due realtà quando voi giovani sarete già, non dico anziani, almeno adulti; ma anche anziani, come sono io.

Data: 1991-05-05
Domenica 5 Maggio 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Ai partecipanti al Seminario per lavoratori e sindacalisti promosso dalla CEI - Città del Vaticano (Roma)