GPII 1991 Insegnamenti - L'arrivo all'aeroporto internazionale di "Portela" - Lisbona (Portogallo)

L'arrivo all'aeroporto internazionale di "Portela" - Lisbona (Portogallo)

Titolo: "Oggi vengo qui in Portogallo per convocare tutto il popolo di Dio all'evangelizzazione del mondo"

Eccellentissimo Presidente della Repubblica, Illustrissimo Signor Primo Ministro, Eminentissimo Signor Cardinale Patriarca di Lisbona, Signori Vescovi, Amati fratelli e sorelle!


1. Con grande gioia, torno a questo beneamato Portogallo, accogliendo con tutto il cuore l'invito delle Autorità Civili, di Sua Eccellenza il Signor Presidente della Repubblica e dell'Eminentissimo Cardinale Patriarca, in nome dei Vescovi portoghesi, a visitare alcune regioni di questo Paese, in particolare le diocesi di Angra do Heroismo, nell'Arcipelago delle Azzorre, e di Funchal, nell'Arcipelago di Madeira, che non ho potuto visitare nel 1982.

Rivolgo a tutti il mio rispettoso e amichevole saluto. Il mio spirito si rivolge a tutti i luoghi e ai figli di questa Terra di Santa Maria: è mio desiderio che tutti mi sentano vicino alla loro persona e alla loro vita, come messaggero della Buona Novella della Salvezza e dell'Amore di Dio. Desidero soprattutto che i poveri, i malati, gli anziani e i più abbandonati sentano l'incoraggiamento della mia preghiera e del mio cuore che da qui li abbraccia.

Obbedendo all'ordine di Gesù Cristo, dato all'Apostolo Pietro di pascere le pecore del Suo Gregge (cfr. Jn 21,16), vengo per servire specialmente la causa spirituale e religiosa dell'uomo - ogni uomo e ogni donna che qui, con la sollecitudine paterna di Dio, realizza la sua vocazione nella storia; vengo per servire la Chiesa che, in questa Nazione, edifica e consolida l'unione cattolica del Popolo di Dio mediante l'annuncio e la realizzazione della dignità trascendente e della gloriosa libertà dei Figli di Dio; vengo per confermare i miei fratelli (cfr. Lc 22,32): per mantenerli fermi nella fede, per incoraggiarli nella speranza, e per rafforzare i vincoli di carità.


2. Mi sarà particolarmente gradito prendere diretto contatto con le suddette Regioni Autonome del Portogallo, scoperte e popolate dal genio dei navigatori portoghesi che portarono con sé la Luce del Vangelo che ha illuminato i sogni, le esperienze e le iniziative delle generazioni passate, e che ha reso più forti le radici della fede e della cultura, ereditate secoli fa dalla Patria comune, e confermate nella grandezza degli sforzi quotidiani delle presenti generazioni.

Infatti, è nel lavoro, nella solidarietà, nella fedeltà alla legge naturale e della grazia, che i Popoli progrediscono. E tanto più si svilupperanno in armonia ed in pace, quanto più coltiveranno i grandi valori in cui furono educati.


3. Il Portogallo è nato cristiano! Le successive generazioni dei vostri antenati hanno cercato nel Vangelo l'ispirazione per le loro vite, e vi hanno trasmesso questa cultura costantemente arricchita dall'incontro della fede cristiana con le diverse popolazioni che hanno fatto la storia d'Europa e del Mondo. Voglia Dio che la visita, ora cominciata, sia occasione per ascoltare più attentamente il Messaggio cristiano e che la vostra vita personale, familiare e sociale si lasci rinnovare dalla forza della Verità e degli ideali superiori che rendono illustre una Nazione.

Un tempo, il Portogallo è stato il pulpito della Buona Novella di Gesù Cristo per il mondo, portata lontano in fragili caravelle da araldi spinti dall'afflato dello Spirito. Oggi vengo qui per convocare, dallo stesso pulpito, tutto il Popolo di Dio all'evangelizzazione del mondo, sia per confermare sempre meglio al Signore coloro che già Lo conoscono, sia per portare il Primo Annuncio alle innumerevoli moltitudini di uomini e donne che ancora ignorano la salvezza di Cristo. Amati fratelli, le vostre vite illuminate secoli fa dal cristianesimo, potrebbero forse esitare oggi ad impegnarsi con Lui in una nuova e gloriosa pagina della vostra Storia? Se non potrete essere felici lontani da Dio, non lo sarete neanche lontano dagli uomini. Che ognuno di voi divenga oggi coraggioso testimone del Vangelo di Gesù Cristo, nell'incontro con tante vite affamate di Dio! Portogallo, ti chiamo alla missione.


4. Dinanzi agli sconvolgimenti che scuotono qui e là i diversi Continenti, dinanzi al ritmo incalzante del sovvertimento di cose e di valori, che insidiano le certezze e persino la vita delle nazioni, faccio mia la speranza di Sant'Agostino, dinanzi all'assalto dei Vandali alla città di Ippona, quando un gruppo allarmato di cristiani della sua Chiesa lo cerco: "Non abbiate paura, cari figli! - li rassicuro il Santo Vescovo - questo non è un mondo vecchio che si conclude, è un nuovo mondo che ha inizio".

Una nuova aurora sembra sorgere nel cielo della storia, invitando i cristiani ad essere luce e sale di un mondo che ha enorme bisogno di Cristo, Redentore dell'uomo.


5. Vengo in Portogallo anche per recarmi, per la seconda volta a Fatima per ringraziare Nostra Signora per la protezione data alla Chiesa in questi anni, che hanno registrato rapide e profonde trasformazioni sociali, consentendo che si aprano nuove speranze per molti popoli oppressi da ideologie atee che impedivano la pratica della sua fede.

Mi spinge inoltre a questo Santuario il desiderio di rinnovare la mia gratitudine per la speciale protezione della Vergine Madre che mi ha salvato la vita nell'attentato di dieci anni fa, esattamente il 13 maggio del 1981 a Piazza San Pietro.

Con gioia, elevero il mio canto del Magnificat, intonato con Maria, al Signore della Storia che stende "di generazione in generazione la sua misericordia su quelli che lo temono" (Lc 1,50).

Ringrazio sin da ora cordialmente tutti coloro che, lontani o vicini, mi accompagneranno ai piedi della Signora, per riflettere sul Messaggio di Fatima: un invito alla conversione dei cuori, alla purificazione dal peccato, alla preghiera e alla santità di vita.

Affido alla Signora e Madre di tutte le generazioni i buoni propositi e i cammini di questa nostra generazione - quella del XX e del XXI secolo - affinché, con decisione, essa s'impegni a ricostruire la sua fede. Benedico tutti voi, chiedendo a mia volta, a quanti potranno e sapranno farlo, di unirsi alle mie preghiere perché il mondo incontri di nuovo il Vangelo e Dio faccia brillare su tutti i popoli la luce splendente di Gesù Cristo.

(Traduzione dal portoghese)

Data: 1991-05-10
Venerdi 10 Maggio 1991

L'omelia della messa celebrata nello stadio di Restelo - Lisbona (Portogallo)

Titolo: E' indispensabile, soprattutto in Europa, ricostituire cristianamente il tessuto umano della società




1. "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra"! (Mt 28,18). Queste parole furono pronunciate da Cristo, al termine della sua missione messianica sulla Terra, nel momento di tornare al Padre. Egli è il Figlio dell'Uomo, vincitore della morte, inflittagli dagli uomini sul legno della Croce. Ora, sul Monte dell'Ascensione, Lo vediamo risorto, conservando nel fianco trafitto, nelle mani e nei piedi, i segni della crocifissione. Questi costituiscono appunto i segni del Suo potere.

Il Suo potere non si misura con nessuno dei criteri della autorità temporale. "Il mio regno non è di questo mondo" (Jn 18,36) - Egli disse a Pilato, confermando allo stesso tempo che era un Re, ma che i suoi sudditi erano i discepoli della Verità: "Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Jn 18,37).

Nel momento della dipartita da questo mondo per tornare al Padre, Egli rivela ai discepoli l'esclusività e gli orizzonti del Regno al di là di ogni confine: il "potere sui cieli e sulla terra" è tutto e solo suo! Detiene questo potere da sempre, in quanto Dio; lo ha acquisito come Uomo, come Figlio dell'Uomo, come Redentore del mondo.


2. Cari fratelli, nell'esercizio ed in virtù di questo Suo potere, il Signore manda gli Apostoli in tutto il mondo: "Andate (...) e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutto ciò che vi ho comandato". E aggiunge: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,19-20).

L'Eucaristia - memoria e attualizzazione della presenza di Cristo fra i Suoi, fino alla Sua gloriosa Venuta - celebrata qui nella capitale del Portogallo, ci offre, oggi, l'occasione giusta per glorificare il Padre per averci donato Suo Figlio e per la magnificenza del Suo potere, in questa Nazione realmente gloriosa, specialmente sotto l'aspetto missionario. Grande gioia e speranza pervadono la mia anima nel vedervi quali eredi e prosecutori della prima semina del Vangelo, che ha portato abbondanti frutti qui e nei cinque continenti, potendosi dire dei cristiani portoghesi: "Per tutta la terra si diffonde la loro voce" (Ps 19-18) Porgo il mio rispettoso saluto al Signor Presidente della Repubblica e alle autorità presenti. Ringrazio per le parole di benvenuto del Cardinale Patriarca, che esprimono i sentimenti e i progetti che vi animano; a lui e agli altri fratelli nell'Episcopato che partecipano a questa Celebrazione, va il mio abbraccio affettuoso e felice. Saluto cordialmente ognuno di voi, amati fratelli, in questo Stadio do Restelo che ci ospita - sacerdoti, religiosi, religiose, diaconi e fedeli laici - e tutti quanti sono uniti a noi attraverso la radio e la televisione. Infine, vorrei esprimere la mia stima e la mia solidarietà a tutti i portoghesi che vivono lontano dalla loro terra e dalla loro famiglia: emigranti, missionari e fratelli ausiliari, così come ai funzionari cooperatori nei più svariati servizi che il Portogallo sostiene, anima o dirige: il Papa vi augura, in Cristo, la più grande felicità.


3. Amati fratelli e sorelle! Con il Signore Risorto, sul Monte della Galilea, c'erano gli Undici Apostoli. Egli aveva promesso loro, nel Cenacolo, la venuta dello Spirito Santo, in questi termini: "Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni" (Ac 1,5).

Gli Apostoli serbavano il ricordo del battesimo di Giovanni e le aspettative da lui create nel popolo. Quali figli della loro Nazione, non li abbandona il pensiero della ricostituzione del regno di Israele. E' in quel momento, udendo il Signore parlar loro del Regno di Dio (cfr. Ac 1,3), lo interrogano circa la sua instaurazione: quando verrà questo regno? Ma Gesù dirige il loro pensiero verso un altro regno. E' il Regno eterno di Dio, che è entrato nella storia dell'umanità, insieme con la venuta del Messia, e ha confermato la sua presenza, nella storia, attraverso la Sua Croce e la Sua Risurrezione.

Questo Regno "in cielo e in terra" aspetta un nuovo Battesimo - il Battesimo nello Spirito Santo: "...avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8).


4. Mi sarete testimoni... Il Regno di Dio, rivelato in Cristo, radicato nella storia dell'uomo attraverso la Sua Croce e la Sua Risurrezione, ha bisogno di testimoni.

I primi testimoni sono gli Apostoli. Dopo di essi, ne vennero altri, cosicché la testimonianza apostolica di Cristo, data con la forza dello Spirito della Verità, descrive, di generazione in generazione, circoli sempre più ampi.

Un giorno, in questa Terra, anche i vostri antenati si trovarono nel cerchio dell'evangelizzazione. Infatti, a metà del III secolo, la Chiesa sembra essere qui già regolarmente costituita, fatto, questo, che ci rivela che i messaggeri della Buona Novella giunsero nella vostra Terra molto presto, istruendo nella Fede Cristiana i suoi abitanti, che, ricevendo il battesimo, furono introdotti nella Vita Trinitaria di Dio, con la forza dello Spirito Santo, ossia, con la forza di quel potere che Cristo, Redentore dell'Uomo, ha in cielo e in terra. Le famiglie divennero cristiane, e, mediante esse, l'intera società si cristianizzo.

In seguito, venne il momento in cui gli stessi figli e figlie della vostra terra, grazie alla fede ricevuta, divennero messaggeri della Buona Novella presso altri popoli. "Per mari mai prima di allora navigati" (Luis De Camoes, I Lusiadi, I,1), tracciarono nuove rotte verso occidente e verso il Sud, e, oltrepassando il Capo di Buona Speranza, giunsero in Oriente, incontrando popoli e culture con le quali condivisero la loro anima cristiana: Capo Verde, Guinea, Angola, Sao Tomè e Principe, Mozambico, India, Brasile, Cina, Giappone, Malesia, Indonesia.

Nonostante le diverse vocazioni della Chiesa e della società temporale (cfr. GS 39), possiamo dire che la storia della Nazione è la storia della salvezza. Nel potere del Signore Risorto, "non mancarono coraggiose gesta cristiane, in questa piccola casa Lusitana" (I Lusiadi, VII, 14), compiute dai nuovi discepoli di Cristo: San Giovanni di Brito, San Francesco Saverio, Beato Ignazio de Azevedo e seguaci, il Beato José de Anchieta il Venerabile Goncalo da Silveira, e i sacerdoti Manuel da Nobrega e Antonio Vieira, e tanti altri, specialmente i membri delle varie famiglie religiose impegnate nell'evangelizzazione. Spinti dalla forza dello Spirito Santo, divennero testimoni dell'opera di Salvezza. Andarono e annunciarono a popoli e terre lontane: "Acclamatea Dio"! "Acclamate a Dio da tutta la terra, cantate alla gloria del suo nome" (Ps 66/65,1-2). Questa nostra Celebrazione ben si inserisce nella commemorazione dei Cinque Secoli di Evangelizzazione e Incontro di Culture, che contribuirono a formare la grande famiglia universale che ai nostri giorni diviene una realtà sempre più concreta.

Il seme del Vangelo si è radicato davvero nel profondo del suolo portoghese e ha prodotto abbondanti frutti. Oggi, da questa stessa città che, per cinque secoli, ha visto partire tanti missionari e missionarie, il Successore di Pietro, con lo sguardo rivolto ai "confini della terra che si allontanano sempre di più" (cfr. RMi 40), desidera condividere, con i suoi amati fratelli e sorelle del Portogallo, la propria sollecitudine e compassione per quelle moltitudini bisognose di Cristo.

Oggi, i testimoni di Cristo Risorto siete voi: voi che ascoltate e accogliete la parola di Dio, ognuno secondo la propria vocazione, voi che silenziosamente tante volte testimoniate la Buona Novella del Signore Gesù, il Cristo Re con le braccia aperte per orientare verso il Suo cuore "mite e umile" (Mt 11,29) i passi affaticati degli uomini di questo secolo che, molto spesso per avere tutto, hanno perduto Dio! La via per giungere alla mente e al cuore degli uomini si trova nel potere di Gesù Cristo che conserva nel petto, nelle mani e nei piedi i segni della Sua morte redentrice sulla Croce.


5. Il Vangelo è giunto alla vostra Terra e non l'ha più lasciata. Diffuso ampiamente nel mondo, da altri popoli è rimasto con voi. Tuttavia oggi, dopo tanti secoli, sentiamo da ogni parte, soprattutto qui in Europa, la necessità che il Vangelo ritorni. E' indispensabile ricostituire cristianamente il tessuto umano della società. Noi crediamo che le aspirazioni profonde dell'uomo trovano in Cristo, e in Lui solamente, la risposta adeguata nella sua piena dimensione.

La Chiesa cattolica non può sottrarsi all'esplicito mandato di Cristo di annunciare che Dio ama gli uomini e li salva in Gesù, Suo Figlio. Lo fa "rivolgendosi all'uomo nel pieno rispetto della sua libertà: la missione non restringe la libertà, ma piuttosto la favorisce. La Chiesa propone, non impone nulla: rispetta le persone e le culture, e si ferma davanti al sacrario della coscienza. A coloro che si oppongono con i più vari pretesti all'attività missionaria la Chiesa ripete: "Aprite le porte a Cristo!"" (cfr. RMi 39). Egli non esito a proclamare che era la Verità (Jn 14,6) e a garantire che tale Verità ci avrebbe reso liberi (Jn 8,32). Sappiamo che, per mezzo di Cristo crocifisso, morto e risorto, si realizza la totale e autentica liberazione dal male, dal peccato e dalla morte, in Lui, Dio dà la "nuova vita", divina e eterna. E' questa la "Buona Novella" che cambia l'uomo e la storia dell'umanità, e che tutti i popoli hanno diritto di conoscere.


6. Un tempo, il compito di evangelizzare poteva sembrare in certo qual modo riservato ai missionari. Il Concilio Vaticano Il, ponendo l'attività evangelizzatrice al cuore della vita ecclesiale, ha voluto responsabilizzare riguardo ad essa tutte le comunità e tutti i fedeli cristiani: "La Chiesa... per sua natura è missionaria" (Decreto conciliare AGD 2), e quindi i "credenti in Cristo debbono sentire come parte integrante della loro fede la sollecitudine apostolica di trasmetterne ad altri la gioia e la luce. Tale sollecitudine deve diventare, per così dire, fame e sete di far conoscere il Signore, quando si allarga lo sguardo agli immensi orizzonti del mondo non cristiano" (RMi 40).

Esorto le comunità cristiane - parrocchie, gruppi, movimenti apostolici - e tutti i loro membri a intensificare la propria attività evangelizzatrice, e a non trascurare il loro dovere di portare il Vangelo di Cristo alle persone e agli ambienti che ne sono carenti. Dovrete divenire dei credenti coraggiosi, dotati di una fede indistruttibile, alimentata costantemente da una profonda vita interiore, che faccia risplendere davanti agli uomini con intensità sempre maggiore la Luce di Cristo.


7. Vi chiedo di avere lo stesso coraggio che animo i missionari del passato, la stessa disponibilità ad ascoltare la Voce dello Spirito.

In questi giorni, la Chiesa torna al Cenacolo di Gerusalemme. Li dove gli Apostoli si incontravano uniti nella preghiera, insieme a Maria, la madre del Signore (cfr. Ac 1,14), li si trova tutta la Chiesa, che si prepara al battesimo: "fra pochi giorni sarete battezzati nello Spirito Santo". Questo battesimo è ricordato e vissuto nella Solennità della Pentecoste. "Anche noi, ben più degli Apostoli, abbiamo bisogno di essere trasformati e guidati dallo Spirito" (RMi 92). Dobbiamo provare di nuovo questo "potere" che Cristo ha "in cielo e in terra": il potere rivelato nella Sua Croce e Risurrezione. E' necessario che ci incontriamo ancora una volta con questo "potere" salvifico, lasciando che si riveli davanti a noi la grandezza divina e umana del mistero pasquale del Redentore.

Mentre si avvicina il giubileo dell'anno Duemila, dobbiamo impegnarci in un nuovo avvento missionario, in questo mondo in balia dei più diversi e, spesso, tragici avvenimenti storici. Cristo vive con gli uomini, al di là del tempo e della caducità del nostro mondo umano, come Egli stesso ci ha assicurato: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".

Egli è con noi, Amen.(Traduzione dal portoghese)

Data: 1991-05-10
Venerdi 10 Maggio 1991

Al Corpo diplomatico durante l'incontro nella sede della Nunziatura apostolica - Lisbona (Portogallo)

Titolo: Nuove forme di fondamentalismo e di intolleranza attentano nel mondo alla dignità della persona

Eccellenze, Signore e Signori!


1. Il desiderio di accettare l'invito, rivolto insistentemente dalle comunità cristiane delle Azzorre e di Madeira, mi ha portato nuovamente in questo Paese, che oggi gentilmente ospita tutti noi. Nelle celebrazioni dei Cinque Secoli di Evangelizzazione e Incontro di Culture, è con gioia e devozione profonda che visito queste regioni periferiche più occidentali d'Europa, dove nei primi anni del XV secolo si incomincio a percorrere la rotta verso l'Atlantico del Sud e verso l'America.

Attribuisco particolare importanza a questo incontro con voi, artefici accreditati delle buone relazioni tra i popoli. Il vostro compito nobile e complesso a favore di una umanizzazione sempre maggiore delle relazioni internazionali, è visto con sincera simpatia dalla Santa Sede, che sente come suo dovere condividere e sostenere la vostra missione diplomatica. Ringrazio il vostro Decano, Monsignor Luciano Angeloni, per le cordiali espressioni di benvenuto e per gli auguri cortesemente rivoltimi. Porgo il mio deferente e solidale saluto agli Stati, di cui siete degni Rappresentanti all'estero; saluto inoltre le Signore e i Signori qui presenti.


2. Vi ringrazio per l'attenzione e la comprensione amichevole che avete dedicato sia all'azione condotta dalla Santa Sede in favore delle relazioni internazionali, sia ai principi fondamentali che la guidano, e che si collocano nel quadro più vasto della Dottrina Sociale della Chiesa, alla quale dedichiamo in modo speciale quest'anno, in cui si celebra il centenario dell'Enciclica Rerum Novarum del nostro venerato predecessore Leone XIII. Questa Enciclica ha costituito un documento fondamentale dello sviluppo dell'insegnamento e della pastorale sociale della Chiesa nel nostro tempo, la cui espressione più recente è l'Enciclica Centesimus Annus, pubblicata pochi giorni fa.

Il nostro magistero sociale si fonda sull'uomo, si ispira all'uomo, considerato come protagonista nella costruzione della società. Si tratta, quindi, dell'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, e chiamato a plasmare questa immagine nella propria vita individuale e comunitaria. In questa prospettiva, la Chiesa offre un ideale di società solidale e in funzione dell'uomo, aperto al trascendente, aiutandolo a scoprire la verità che lo renderà felice, fra le diverse proposte delle ideologie dominanti.


3. L'impegno e la missione della Chiesa a favore di un'etica politica più accentuata, oggi tanto più necessaria quanto più si dispone di una grande varietà di mezzi tecnici, mi porta a ricordarvi i diritti individuali e sociali dell'uomo.

Sia garantito il rispetto di questi diritti sempre e integralmente, non solo per motivi di convenienza politica, ma in virtù del rispetto profondo che è dovuto a qualsiasi persona, perché creatura di Dio, dotata di una dignità unica e chiamata a un destino trascendente! Ogni offesa rivolta ad un essere umano è anche un'offesa a Dio, e si risponderà di essa di fronte al Signore, giusto Giudice delle azioni e delle intenzioni.

Tra questi diritti, vorrei sottolineare quello della libertà della coscienza umana, legata solo alla verità, sia naturale che rivelata, perché, in alcuni Paesi, emergono nuove forme di fondamentalismo e intolleranza, che, in nome di pseudo-motivazioni di religione, di razza, e anche di Stato, attentano alla dignità della persona, alla libertà di credo, all'identità culturale e alla reciproca comprensione umana. "In un mondo come il nostro, dove è raro che la popolazione di una Nazione appartenga a un'unica etnia o a una sola religione, è fondamentale per la pace interna e internazionale che il rispetto della coscienza di ognuno sia un principio assoluto" (12 gennaio 1991).

I vostri Paesi si rafforzeranno nella promozione di un'attenta educazione al rispetto per l'altro, attraverso la conoscenza di altre culture e religioni e l'equilibrata comprensione delle diversità esistenti.


4. Eccellenze, Signore e Signori, Desidero formulare i più fervidi auguri ai popoli che rappresentate, alle Autorità che vi hanno nominato, a voi stessi, e ai vostri collaboratori e ai vostri familiari. Vi assicuro la mia preghiera a Dio, Padre di tutti gli uomini, perché le luci e le energie dell'Altissimo rendano possibile questa generosa concentrazione di intelligenze, volontà e lavoro creativo, fermamente voluta dall'attuale crocevia delle Nazioni.

(Traduzione dal portoghese)

Data: 1991-05-10
Venerdi 10 Maggio 1991

L'omelia durante la celebrazione eucaristica nel "Campo di san Francesco" - Terceira (Portogallo)

Titolo: Alla mentalità individualista oggi diffusa contrapponiamo il nostro concreto impegno di solidarietà




1. "Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero" (Lc 24,31).

Nel Tempo Pasquale, la Chiesa torna frequentemente al Cammino di Emmaus.

Oggi, qui nelle Azzorre, anche la Liturgia ci conduce là: le parole dell'Evangelista ci aiutano a ricordare il momento in cui anche i nostri occhi si sono aperti e hanno riconosciuto Gesù Cristo. Sono già passati cinque secoli, cari fratelli e sorelle, da quando i vostri predecessori, discepoli di Gesù, raggiunsero e popolarono queste isole prolungando fin qui il Cammino di Emmaus, con il Signore Risorto come Guida, Verità e Maestro della loro avventura, permeata dal dramma e dalla gloria della Croce. Anche qui riconobbero Gesù, nella frazione del pane. Questa conoscenza è stata poi trasmessa di generazione in generazione, attraverso le famiglie e le comunità cristiane che qui hanno messo radici.

Un sentimento di viva gratitudine si eleva a Dio nel mio cuore, poiché finalmente mi è stato possibile vedervi e percorrere con voi questo Cammino di Emmaus, che ha il suo culmine nell'Eucaristia. Rivolgo un saluto riconoscente alle autorità presenti, particolarmente al Signor Presidente della Repubblica e agli Organi del Potere Regionale, e a tutta la gente che abita in questa Regione Autonoma delle Azzorre, in mezzo all'Oceano Atlantico. Un abbraccio particolarmente affettuoso al Vescovo, Don Aurelio, al quale esprimo viva gratitudine sia per avermi invitato a visitarvi, sia per le cordiali parole con le quali, poco fa, ha interpretato i vostri sentimenti e desideri. Un saluto cordiale e fraterno a tutti voi, cari abitanti delle Azzorre, che siete usciti dalle vostre case per accogliermi e a quanti, da vicino o da lontano, ci seguono attraverso i mezzi di comunicazione sociale. In voi, saluto gli eredi del patrimonio spirituale e culturale che la fede in Cristo Risorto, di generazione in generazione, si è intrisa sempre più della grazia del Vangelo, e che, in questo giorno, vi esorto a preservare, ponendolo come fermento del Regno di Dio, nella città degli uomini.


2. L'episodio di Emmaus prova come la verità della risurrezione aprisse con difficoltà il cammino, anche nella mentalità di coloro che erano i discepoli di Cristo. Essi uscivano da Gerusalemme "e conversavano di tutto quello che era accaduto" (Lc 24,14); e tutto quello che era successo li colmava di tristezza e di profonda delusione. "Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele" (Lc 24,21).

Le speranze che nutrivano nei confronti di Gesù di Nazareth erano limitate a questo mondo. Lo stesso sentimento provavano anche tutti quelli che vivevano intorno a Lui. La situazione della loro patria, allora dominata dai Romani, li induceva a vedere in quest'ottica la missione del Messia: sarà Lui che libererà Israele dall'oppressore straniero. Si attendevano questo da Gesù, perché avevano visto la forza divina che si era rivelata poderosamente nelle sue opere e nelle sue parole.

Non pensavano forse allo stesso modo le Autorità della Nazione? Basta ricordare la riunione del Sinedrio che approvo la decisione di condannare Gesù a morte: Egli si rivelava un pericolo per loro perché avrebbe potuto causare un disastroso intervento del potere romano. "Non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera" (Jn 11,50).


3. Conversando con i discepoli che non lo avevano riconosciuto quando Egli si era avvicinato loro lungo il cammino, Cristo cerca in primo luogo di modificare il loro modo di pensare puramente umano. Per questo, invoca "la parola dei profeti" (Lc 24,25), cominciando da Mosè. L'Antico Testamento mostra che era necessario che il Messia "sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria" (Lc 24,26).

Le Sacre Scritture contengono la Parola di Dio: cercate di comprendere gli avvenimenti degli ultimi giorni, alla luce di questa Parola, non cercate di applicare ad essi la vostra interpretazione umana.

La Parola di Dio preannuncio il Messia come il Servo sofferente, su cui peseranno i peccati di tutti gli uomini. Questa sofferenza espiatoria, portata alla sua dimensione estrema sulla Croce del Golgota, è il pieno compimento della Parola di Dio, scritta nell'Antico Testamento: era necessario che sopportasse tutte queste sofferenze per entrare nella sua gloria.

Qual è la gloria del Messia Crocifisso? E' la Gloria della Risurrezione dai morti il terzo giorno, è la Gloria del trionfo sulla morte e sul peccato.

Cristo vive già nella gloria, nonostante gli occhi dei discepoli si dimostrino incapaci di riconoscerlo.

Questa situazione di cecità nei discepoli di Emmaus si prolunga fino al momento in cui - dando ascolto alle loro insistenti suppliche perché rimanesse con loro - il Signore entro, si sedette a tavola e divise il pane con loro. "Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero!" (Lc 34,31). Essi si resero conto allora di aver parlato con Gesù Risorto e dissero tra loro: "non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?" (Lc 24,32).


4. Nell'episodio dei discepoli di Emmaus si manifesta l'essenza stessa della vita della Chiesa: essa vive dell'Eucaristia e della Parola di Dio. La Parola di Dio è preparazione per vivere più profondamente l'Eucaristia, l'Eucaristia costituisce il Sacramento "degli occhi aperti della fede" al Mistero di Dio, rivelato in Cristo. Questi "occhi della fede aperti" agli orizzonti e ai disegni di Dio vi consentiranno di comprendere e di compiere fino in fondo la vostra vocazione e missione al servizio di Cristo nel mondo, vi riveleranno il compito e il luogo che vi compete come artefici e collaboratori di Dio nella costruzione del suo Regno sulla terra.

Sorelle e fratelli carissimi, vi incoraggio a diventare membri sempre più attivi della vostra comunità ecclesiale. Corrisponderete così alla vostra vocazione di cristiani che riflettono ed approfondiscono i fondamenti della loro fede. I compiti che gravano sui cristiani in quest'epoca sono numerosi: bisogna che tutti noi ci uniamo per dare al mondo una testimonianza credibile del Vangelo, per manifestare visibilmente la comunione alla quale Cristo chiama i membri del suo Corpo.

La narrazione dell'episodio di Emmaus termina con il ritorno dei due discepoli al Cenacolo. Loro che, disillusi, avevano abbandonato la comunità, "partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro (...). Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via..." (Lc 24,33-35). Quei cuori ardenti hanno adesso tanto da raccontare, tanto da offrire! Dai cristiani di oggi, ci si aspetta questo stesso cambiamento di vita. Per questa ragione, mi auguro ardentemente che il vostro Congresso Diocesano dei Laici, verso la metà dell'anno prossimo, sia fedele riproduzione di questa mèta del cammino verso Emmaus, modificando energie e mezzi, per impegnarvi insieme nella missione unica e comune di annunciare e vivere il Vangelo.


5. Cari fedeli laici, avete una vocazione specifica che non si esaurisce nell'assolvimento degli obblighi minimi indispensabili di battezzati. Questa è la vostra missione di fedeli laici: essere il sale, la luce, l'anima del mondo. Siete padri e madri di famiglia, operai, professori, studenti, contadini, pescatori o impiegati in qualsiasi altra professione. così vivono e lavorano tutti gli altri uomini e donne; solo che, nel realizzare la vostra missione, cercate di darle un'apertura all'eternità, di compiere in essa la volontà di Dio, di farla lievitare secondo il Regno dei Cieli e di porla al servizio dell'uomo per riuscire ad arrivare a quella pienezza che le viene da Cristo, superando la frattura tra il Vangelo e la vita. Infatti, "sarà la sintesi vitale che i fedeli laici sapranno operare tra il Vangelo e i doveri quotidiani della vita la più splendida e convincente testimonianza che, non la paura, ma la ricerca e l'adesione a Cristo sono il fattore determinante perché l'uomo viva e cresca, e perché si costituiscano nuovi modi di vivere più conformi alla dignità umana" (CL 34).

Dinanzi al progresso materiale che tende a spegnere la voce e il richiamo dello spirito, riaffermate la vostra tradizione ricca di esperienza umana e di sapienza cristiana. Penso al ruolo fondamentale della famiglia, al rispetto per gli anziani, alla cura degli ammalati, all'accoglienza e alla reciproca solidarietà, penso, soprattutto, all'educazione cristiana, alla preghiera in famiglia, alla quotidiana recitazione del Rosario nelle vostre case... Questo patrimonio umano e cristiano ha già plasmato intere generazioni e generato sante vite. Ricordiamo il Patrono della vostra Diocesi, il Beato Giovanni Battista Machado, battezzato nella Sede Cattedrale di Angra, in Giappone egli annuncio il vangelo e li testimonio con il martirio, nel 1617. Come non evocare ancora il Fratello Bento de Gois, anch'egli abitante delle Azzorre, e i suoi viaggi da autentico pioniere nelle terre misteriose del Tibet?


6. Quanto è avvenuto sul cammino di Emmaus può essere visto come introduzione a quanto la Prima Lettura della Liturgia di oggi, tratta dagli Atti degli Apostoli, ci dice sulla vita della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme: "Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli (...) nella frazione del pane e nelle preghiere" (Ac 2,42).

Questa comunità si è formata dopo il giorno della Pentecoste, quando lo Spirito Santo apri gli occhi e il cuore, prima agli stessi Apostoli e, in seguito, mediante la loro testimonianza, ai nuovi discepoli di Cristo. Di essi si dice: "stavano insieme... chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno" (Ac 2,44-45). Spinti dal messaggio sociale del Vangelo, essi distribuivano i loro beni tra i poveri, convinti che le parole del Signore - "ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40) - non dovessero restare un pio desiderio, ma diventare un concreto impegno di vita. Il Figlio di Dio scelse la morte e salvo tutti gli uomini e al tempo stesso li uni tra loro, rendendoli responsabili gli uni degli altri, poiché nessuno si può considerare estraneo o indifferente alla sorte di ogni altro membro della famiglia umana.

E' necessario contrapporre, dinanzi alla mentalità individualista oggi diffusa, il nostro concreto impegno di solidarietà e carità, che ha inizio in seno alla famiglia, con il reciproco appoggio tra gli sposi e, dopo, con le attenzioni che una generazione rivolge all'altra. La famiglia si qualifica come comunità di solidarietà. Spesso, comunque, succede che quando essa si decide ad aderire pienamente alla propria vocazione, si vede privata di risorse sufficienti e di strumenti efficaci di appoggio, sia nell'educazione dei figli, sia nella cura degli anziani, evitando il loro allontanamento dal nucleo familiare e rinforzando i vincoli tra le generazioni (cfr. CA 49).

Oltre alla famiglia, molte altre società intermedie svolgono funzioni primarie e costruiscono reti specifiche di solidarietà che dinamizzano il tessuto sociale, impedendogli di cadere nell'anonimato e nella massificazione, purtroppo frequenti nella società moderna, e equilibrando la divisione dei beni a favore degli "ultimi", i prediletti del Signore Gesù, che, come tali, furono legati alla Chiesa che ne fece la sua opzione preferenziale.


7. "Celebrate il Signore, perché è buono; perché eterna è la sua misericordia" (Ps 117/118,1).

Oggi cantiamo insieme, qui nelle Azzorre, questo Salmo pasquale della Chiesa. Lo cantavano i discepoli di Emmaus nei loro cuori, sulla via del ritorno a Gerusalemme, dopo aver riconosciuto il Signore Risorto, al momento della frazione del pane. Lo cantarono, in seguito, i cristiani della prima comunità di Gerusalemme, riunita intorno agli Apostoli, e, dopo di essa, le successive comunità che sorgevano in tutto il mondo allora conosciuto. Di generazione in generazione, questo cerchio si andava allargando. Il cristianesimo giunse nella Penisola Iberica, già dai tempi degli Apostoli e, molti secoli dopo, da essa partirono le missioni verso il Nuovo Mondo, fruttificando prima qui, in queste isole che segnano il punto estremo dell'Europa.

In tanti luoghi della terra, in tante comunità, si rinnova l'incontro del Signore con i discepoli sul cammino di Emmaus.

La Chiesa vive della Parola di Dio e dell'Eucaristia: gli occhi del cuore si aprono e riconoscono il Redentore. E' con questa apertura al Signore, le voci umane fanno udire all'unisono il canto pasquale di tutta la Chiesa: "Celebrate il Signore perché è buono; perché eterna è la sua misericordia". (Traduzione dal portoghese)

Data: 1991-05-11
Sabato 11 Maggio 1991


GPII 1991 Insegnamenti - L'arrivo all'aeroporto internazionale di "Portela" - Lisbona (Portogallo)