GPII 1991 Insegnamenti - Discorso di congedo dall'Ungheria - Budapest

Discorso di congedo dall'Ungheria - Budapest

Titolo: Legge e amore per costruire nella pace e nella solidarietà una nuova Ungheria e una nuova Europa

Signor Presidente, Eminenze, Eccellenze, fratelli e sorelle!


1. Durante i giorni della mia visita pastorale in Ungheria, ho inteso proseguire nella realizzazione della missione che fu propria di Gesù Cristo, quella cioè di confermare la Chiesa che è in Ungheria e tutta quanta la Nazione Ungherese nell'impegno di ricercare la vita, e giungere a possederla in maniera sempre più ricca ed abbondante (cfr. Jn 10,10).

Durante la mia visita in Ungheria ho avuto modo di ammirare alcuni bei frutti della vita umana e cristiana della vostra Nazione. Ho potuto ammirare la ricchezza delle vostre tradizioni storiche, qui nel cuore dell'Europa. Avrei voluto visitare tutti i luoghi dove vivono gli Ungheresi, dentro e fuori i confini della vostra Patria. Avrei voluto incontrare personalmente ogni Ungherese, per portare a ciascuno il messaggio di Cristo, che è la nostra vita e che venne per donarci la vita con sempre maggiore abbondanza. Ogni vita è generata nella sofferenza e nel dolore.

Ogni vita è nondimeno dono di Dio. Sono venuto in Ungheria per ringraziare Dio insieme con voi per l'opportunità che Egli vi ha donato di iniziare una nuova vita, per l'opportunità di creare una nuova società basata sulla giustizia e sulla libertà.


2. Vi sono due aspetti fondamentali che non dobbiamo mai dimenticare nello sforzo di creare una nuova vita per la società.

Il primo. Nessuno ha la vita per se stesso; la vita è comune eredità e comune impegno; siamo chiamati a costruire una nuova società, dobbiamo creare un nuovo ordine umano in questo Paese, in Europa, nel mondo, se desideriamo godere nel prossimo millennio di una vita più autentica e felice, più umana e cristiana.

Il secondo. Sebbene abbiamo bisogno di beni materiali per la nostra vita, la felicità umana non si può basare unicamente sul benessere materiale. E' vero: dovete impegnarvi a superare grandi difficoltà economiche e problemi sociali. La giustizia può aiutarvi a distribuire in modo giusto i beni materiali, ma una società felice e autenticamente umana non la si può creare senza la pietà, l'amore e il perdono.

Voi state cercando di creare una nuova società democratica fondata sul diritto e sulla giustizia. Io aggiungo: non potrete costruire questa città se non accettate di realizzare i valori della misericordia e dell'amore.


3. Oggi abbiamo celebrato la festa di Santo Stefano, primo re e primo santo dell'Ungheria, che nella sua esistenza ha saputo coniugare la giustizia e la misericordia, la vita umana e quella divina, la legge e l'amore. Dobbiamo seguire l'esempio che ci ha lasciato, dobbiamo rendere testimonianza sia alla giustizia sia alla misericordia, alla legge e all'amore, per costruire nella pace e nella solidarietà una nuova Ungheria e una nuova Europa.


4. Desidero esprimere la mia più profonda gratitudine a tutti coloro che mi hanno accolto in questo Paese.

In primo luogo intendo ringraziare Lei, Signor Presidente, e tutte le Autorità dello Stato e tutti gli Ungheresi. L'Ungheria ha sempre goduto di grande fama per la generosa accoglienza riservata agli ospiti. Le prime case del pellegrini furono infatti costruite proprio da Santo Stefano. Anch'io sono venuto come pellegrino in questa terra, e vi ringrazio per la vostra ospitalità. Ho avuto modo di ammirare la cooperazione tra le autorità dello Stato e della Chiesa, che hanno reso possibile la mia visita.

Rivolgo un appello pressante affinché Stato e Chiesa uniscano le proprie forze al servizio del bene comune, per difendere e promuovere i diritti umani e i valori fondamentali senza i quali nessuna società può vivere, per creare una nuova generazione di uomini e donne capaci, di usare la loro libertà in modo responsabile, consapevoli che dovranno rendere conto delle proprie opere davanti ai fratelli e davanti a Dio.


5. Intendo dire una speciale parola di ringraziamento a Lei Signor Cardinale Paskai, a tutti i Vescovi Ungheresi, ai sacerdoti religiosi e a tutti i laici della Chiesa in Ungheria. Grazie per il vostro sincero amore e la vostra fraterna ospitalità. Riporto con me a Roma il ricordo della vostra fede che ho condiviso nella speranza e nell'amore che il Cristo ci ha donato.

Auguro di pieno cuore a tutta quanta la Nazione Ungherese e a tutti gli Ungheresi benessere, pace e giustizia e per questo imploro la protezione e la benedizione di Dio. Viva l'Ungheria!

Data: 1991-08-20
Martedi 20 Agosto 1991




Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: E' necessario formulare un vero statuto

Cari fratelli e sorelle!


1. Le migrazioni vanno sempre più delineandosi come massiccio movimento che interessa i cinque Continenti e quasi tutti i Paesi. Esse si iscrivono e si intrecciano in una tendenza molto ampia che attraversa l'intera società mondiale.

Accanto alle migrazioni economiche, considerate come spostamento di braccia di lavoro, va sviluppandosi, infatti, un intenso e vasto interscambio di persone che intraprendono il cammino delle migrazioni come un itinerario di promozione umana, realizzando così una forma di osmosi tra i valori culturali, sociali e politici.

E' sul significato e sulle implicazioni etiche e religiose di questo fatto nuovo, che si annuncia come un evento di crescita sociale e di unità per la famiglia umana, che vorrei intrattenermi, in modo particolare, nel messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante di quest'anno.

2. I motivi all'origine di una tale trasformazione sono quasi tutti di segno positivo. Tra questi vorrei ricordare l'ampliamento delle relazioni sociali a livello di singole persone e di gruppi, una più estesa protezione offerta dagli ordinamenti civili agli stranieri, una più larga disponibilità di tempo libero, il diffuso benessere, l'efficienza e la rapidità degli strumenti di informazione, lo sviluppo e il perfezionamento dei mezzi di trasporto. Non posso non menzionare poi un più alto grado di scolarizzazione, un più vivo interesse per la cultura degli altri popoli, un accresciuto senso di solidarietà verso la famiglia umana ed una più forte spinta verso la sua unità, senza tralasciare di accennare alla maggiore sensibilità per la dignità della persona e dei suoi diritti inalienabili, e al senso più acuto di responsabilità di fronte ai problemi internazionali.

L'estendersi del benessere, se da un lato ha attivato, con la sua tipica forza di attrazione, correnti migratorie più vaste dai Paesi in via di sviluppo, dall'altro ha stimolato gruppi sempre più consistenti delle aree maggiormente sviluppate a cercare forme nuove di impiego e più consoni modelli di vita fuori dai confini della propria nazione. Si va creando, così, una estesa rete di cooperazione internazionale entro la quale si intreccia l'attività di funzionari, di scienziati, di commercianti, di tecnici, di operatori economici, di agenti culturali, di promotori dell'informazione. Di pari passo vanno sviluppandosi le organizzazioni a carattere internazionale e gli istituti di cultura che offrono specialmente ai giovani la possibilità di molteplici itinerari formativi nelle Università dei vari Paesi. A questo crescente spostamento di gente la Chiesa guarda con simpatia e favore non solo perché in esso scorge l'immagine di se stessa, popolo peregrinante, ma soprattutto perché vi ravvisa una significativa spinta all'unificazione delle molteplici culture ed un fatto di universale fraternità.


3. Le migrazioni presentano sempre un duplice volto: quello della diversità e quello della universalità. Il primo è dato dal confronto fra uomini e gruppi di popoli diversi, esso comporta tensioni inevitabili, latenti rifiuti e polemiche aperte; il secondo è quello costituito dall'incontro armonico di soggetti sociali diversi che si ritrovano nel patrimonio comune ad ogni essere umano, formato dai valori dell'umanità e della fraternità. Ci si arricchisce, così, reciprocamente attraverso la messa in comune di culture diverse. Sotto il primo profilo le migrazioni accentuano le divisioni e le difficoltà della società che accoglie; sotto il secondo contribuiscono in modo incisivo all'unità della famiglia umana ed al benessere universale. Il sogno dell'unificazione della famiglia umana ha accompagnato da sempre la storia dell'uomo, il cui cammino è segnato da numerosi sforzi di perseguire tale obiettivo. Si tratta, pero, di tentativi condotti non rispettando appieno le peculiarità culturali delle persone e dei popoli. Non va dimenticato che la varietà culturale, etnica e linguistica rientra nell'ordine costitutivo della creazione e che come tale, non può essere eliminata. così il cammino di unità della famiglia umana viene ad avere come criterio di autenticità, il rispetto e lo sviluppo del ruolo delle molteplici differenze.


4. Questa struttura plurietnica e pluriculturale è stata inquinata agli albori della storia dell'umanità, dal peccato di Babele. Sullo sfondo di questa colpa, le differenze culturali e linguistiche cessano di essere dono di Dio e diventano motivo di incomprensione e di conflittualità, le differenze assumono la rigidità della divisione, anziché della varietà e dell'arricchimento nell'unità. Poiché tuttavia, la diversità etnica e linguistica rientra nell'ordine della creazione, Dio avvia un itinerario di restaurazione nell'ambito del suo piano di salvezza. In questo progetto divino entra come elemento di indubbio significato la migrazione che porta in sé lo sforzo dell'incontro con il Signore e con gli uomini. E' questo il cammino intrapreso da Abramo, chiamato ad emigrare subito dopo la dispersione babelica, e che ha il suo punto terminale in Gesù: in Cristo esso trova piena realizzazione grazie al mistero della Redenzione. "Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo, ora lascio il mondo e ritorno al Padre" (Jn 16,28). Nel giorno della Pentecoste, poi, viene restaurata la legittimità del pluralismo etnico e culturale. Gli apostoli, dinanzi ai rappresentanti di "ogni nazione, che è sotto il cielo, convocati a Gerusalemme, cominciarono a parlare altre lingue come lo Spirito dava loro di esprimersi ed ognuno li capiva nella propria lingua nativa" (Ac 2,4-6). La diversità linguistica, manifestazione di quella etnico-culturale, non è più motivo di confusione e di opposizione, ma, grazie alla chiamata di tutti gli uomini a formare l'unico popolo di Dio nell'unico Spirito Santo, diventa strumento di unità e di comunione nella pluralità.


5. L'evento della Pentecoste determina una vera etica dell'incontro che deve presiedere alla costruzione dell'umanità nuova inaugurata dalla Pentecoste stessa.

Ogni persona deve essere riconosciuta nella sua dignità e rispettata nella sua identità culturale. Principio, questo, che trova una singolare e specifica applicazione nel campo delle migrazioni. Il migrante va considerato non semplicemente come strumento di produzione, ma quale soggetto dotato di piena dignità umana. La sua condizione di migrante non può rendere incerto e precario il suo diritto a realizzarsi come uomo e la società di accoglienza ha il preciso dovere di aiutarlo in tale senso. "Il lavoro umano per sua natura è destinato ad unire i popoli, non già a dividerli" (CA 27). Anche quando si presenta come singolo, il migrante non può essere dissociato dal popolo al quale appartiene, ma va inquadrato nella sfera della propria identità culturale. In lui va rispettata la nazione nella quale affonda le sue radici, essendo questa una comunità di uomini, stretti da legami diversi, da una lingua e soprattutto da una cultura, che costituisce come l'orizzonte della vita e del progresso integrale.

Nei suoi confronti è necessario formulare un vero statuto che, attraverso il riconoscimento di ogni diritto nativo, gli assicuri legittimi spazi di crescita sociale e culturale indispensabile alla sua stessa realizzazione umana e professionale. In tale contesto va sottolineata l'attenzione ai poveri ed agli emarginati, quali spesso sono i migranti. La società nel suo sforzo di crescita, non può, in effetti, mostrarsi incurante di quelli che, per la loro più debole posizione sociale, tendono a rimanere ai margini, ma deve coinvolgerli ed assorbirli. "Sarà necessario abbandonare la mentalità che considera i poveri, persone e popoli, come un fardello e come fastidiosi importuni che pretendono di consumare quanto altri hanno prodotto. L'elevazione dei poveri è una grande occasione per la crescita morale, culturale ed anche economica dell'intera umanità" (CA 28).


6. Oltre, tuttavia, a restaurare la legittimità della pluralità nella diversità, la Pentecoste introduce un elemento specificamente cristiano: l'unità dei popoli attorno alla fede nell'unico Cristo: "venuto a raccogliere in unità i figli dispersi di Dio" (Jn 11,52). Nella prospettiva della salvezza, Cristo non è semplicemente una via fra le altre, ma un passaggio obbligato: "Io sono la via... e nessuno va al Padre se non per me" (Jn 14,6). "Cristo è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale" (GS 22,4). Gli uomini sono tutti amati da Dio e potenzialmente salvati da Cristo; e perciò egualmente degni di essere considerati, amati, serviti, protetti, perché non esistono discriminazioni di fronte al criterio sommo, con cui gli uomini debbono essere valutati, cioè di fronte al loro rapporto con Dio e con i fratelli: dimenticato o negato questo rapporto, le discriminazioni di ogni tipo possono sempre vantare titoli apparentemente validi per giustificarsi e per compromettere la base fondamentale della fratellanza umana. "La negazione di Dio priva la persona del suo fondamento e, di conseguenza, induce a riorganizzare l'ordine sociale prescindendo dalla dignità e responsabilità della persona" (CA 13). Il crollo dei muri materiali deve essere segno del crollo di quelli spirituali.

Le migrazioni, favorendo la reciproca conoscenza e l'universale collaborazione, attestano e perfezionano l'unità della famiglia umana e confermano il rapporto di fraternità fra i popoli. I cieli nuovi e la terra nuova, cui daranno luogo gli eventi ultimi, saranno prima di tutto il cuore degli uomini unificati nel Padre.

La soluzione del problema dell'uomo nella mobilità umana si avrà proprio quando gli spiriti saranno dominati dalla ferma convinzione che gli uomini sono fratelli e che l'amore è la forza più potente per trasformare se stessi e la società.


7. "Nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37). Il cristiano sa che nell'opera di rinnovamento dell'umanità agisce con potenza il Signore. Si fida di lui come la Madre del Redentore, chiamata beata perché ha creduto all'adempimento delle promesse divine. Sulla filigrana della vita della Vergine Maria la Chiesa comprende se stessa e può percorrere il suo cammino apostolico. Guarda a Maria, come a fulgido esempio e a potente sostegno nella prova, consapevole della propria missione nel mondo, quale "strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1). Possa la Madonna condurre il popolo cristiano verso una rinnovata fedeltà a Cristo; lo sorregga nel suo compito missionario, perché ovunque proclami come unica vera "salvezza" Gesù e perché "per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito" (Ep 2,18).

Con questi voti imparto a quanti sono impegnati nel vasto campo delle migrazioni la Benedizione Apostolica: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Dal Vaticano, 21 Agosto 1991, tredicesimo anno di Pontificato.

Data: 1991-08-21
Mercoledi 21 Agosto 1991

Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La festa della giovinezza della Chiesa




1. Domani, 26 agosto, ricorre la festa della Madonna di Czestochowa. Il pensiero ritorna con commozione all'esperienza indimenticabile vissuta ai piedi della "Madonna Nera" nella recente Giornata Mondiale della Gioventù. "Maria, Regina del mondo e Madre della Chiesa, sono vicino a Te, mi ricordo di Te, veglio"! così abbiamo pregato durante la suggestiva "veglia" del 14 agosto, riflettendo sulle parole dell'"appello" di Jasna Gora. Con filiale confidenza i giovani, provenienti da ogni continente, hanno rinnovato il loro affidamento alla Vergine del "Chiaro Monte". A Lei, "Regina del mondo e Madre della Chiesa", hanno offerto la loro disponibilità a costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo rinnovato dal fuoco dello Spirito e trasformato dalla forza dell'amore. A Lei hanno ripetuto la decisa volontà di servire Cristo e il suo Regno. La mattina del 15 agosto, poi, nell'ampia spianata del Santuario, la solenne celebrazione eucaristica ha segnato per tutti i presenti il momento culminante di un'esperienza ecclesiale straordinariamente ricca ed intensa.


2. La VI Giornata Mondiale della Gioventù ha indubbiamente costituito una tappa privilegiata nel cammino della nuova evangelizzazione. Per la prima volta, infatti, erano presenti in numero cospicuo giovani rappresentanti dei Paesi dell'Europa centro-orientale, che hanno potuto così condividere con i loro coetanei delle altre parti del mondo attese, interrogativi, delusioni, speranze.

Confrontandosi con la parola di Dio sotto gli occhi della Vergine, i giovani hanno fatto personale esperienza della presenza del Signore Gesù, il quale resta, oggi come ieri, "il Vivente" (Ap 1,18) ed hanno costatato che la Chiesa è giovane, perché costantemente vivificata dallo Spirito Santo, che rinnova nei credenti la coscienza di essere autentici figli del Padre celeste. Davanti alle straordinarie prospettive aperte dai recenti mutamenti sociali e politici, essi hanno preso rinnovata consapevolezza dell'urgenza con cui i credenti in Cristo devono oggi unire i loro sforzi per portare al mondo l'unica verità capace di liberare i cuori e di orientarli verso la speranza che non delude.


3. La Giornata Mondiale della Gioventù si è rivelata così come la festa della giovinezza della Chiesa, che si appresta a varcare le soglie del terzo Millennio cristiano portando nelle sue mani la fiaccola luminosa del Vangelo e il Pane sacrosanto della vita che non muore.

Carissimi fratelli e sorelle, mentre ringrazio il Signore per i doni spirituali ampiamente dispensati durante l'importante avvenimento ecclesiale, vi invito ad invocare con me la Vergine Maria, Stella dell'evangelizzazione, Madre di Cristo "uomo nuovo", perché accompagni il nostro cammino di fede sulle strade del mondo contemporaneo e sostenga in modo speciale i propositi e gli impegni dei giovani, speranza della Chiesa e dell'umanità.

Data: 1991-08-25
Domenica 25 Agosto 1991

Ai Vescovi del Myanmar in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Non perdete mai il cuore!

Cari fratelli Vescovi


1. E' con particolare gioia che do il benvenuto a voi, i Vescovi del Myanmar, in occasione della vostra visita ad limina, che vi conduce qui per pregare presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, per incontrare il Vescovo di Roma, e per testimoniare la fede apostolica della Chiesa universale.

La vostra presenza, che ho avidamente anticipato, è occasione di gioia, perchè provenite da una comunità cattolica che è realmente un pusillus grex, e proprio per questo vicinissima al mio cuore.

In special modo rendo grazie a Dio che dopo quasi trent'anni i Vescovi della vostra terra possono fare questo pellegrinaggio insieme. Lodiamo nostro Signore per i molti segni di vitalità nella Chiesa del Myanmar, soprattutto per la fondazione delle due nuove diocesi di Loikaw e Lashio. Ringrazio l'Arcivescovo U Than Aung, Presidente della vostra Conferenza, per le osservazioni esposte a nome di ognuno di voi. Esse non erano soltanto informative ma esprimevano profondi sentimenti di lealtà e devozione che sono molto apprezzati.

E' mia fervida speranza che questa visita rafforzerà non soltanto la vostra comunione con il Successore di Pietro, ma anche quella "unione di fraterna carità" (cfr. CD 36) che deve caratterizzare i membri della stessa Conferenza Episcopale. Solo se sarete uniti tra di voi in legami di stima e amicizia là emergerà "una santa armonia di forze per il bene comune delle Chiese" (Ibidem, CD 37). Vi sono molte aree in cui i Vescovi di una determinata regione o Paese devono esercitare "congiuntamente il loro ministero pastorale" (Ibidem, CD 38) se vogliono effettivamente rispondere alle sfide che sono di fronte alla fede e alla vita cristiana. Contribuire attivamente all'efficacia della Conferenza Episcopale è un modo magnifico di esprimere "la preoccupazione quotidiana per tutte le Chiese" (2Co 11,28) che è un grave dovere di ogni Vescovo.

Vi incoraggio perciò ad essere sempre come la prima comunità cristiana, com'è descritta negli Atti degli Apostoli: "un cuor solo e un'anima sola" (Ac 4,32).

Spero anche che la Delegazione Apostolica recentemente istituita, assicurando coerentemente la presenza di un Rappresentante Pontificio, aiuterà a rafforzare maggiormente i legami tra le diocesi nel Myanmar e a favorire contatti piu regolari con la Sede Apostolica e con la Chiesa universale.


2. Dopo un lungo periodo di dipendenza dall'aiuto missionario esterno, la Chiesa nel vostro Paese ha dovuto fare assegnamento sempre più sul suo proprio personale e sulle sue proprie risorse. Costruendo su ciò che missionari coraggiosi hanno fatto per la fede nella vostra terra e con la collaborazione generosa dei vostri sacerdoti, Religiosi e catechisti nativi, vi state sforzando di compiere la vostra missione ecclesiale in una situazione che non è sempre facile. Tuttavia, proprio a causa delle circostanze in cui le vostre Chiese vivono, possiamo trovare in esse la ricapitolazione dell'opera degli Apostoli in questa Città. San Pietro come pure San Paolo giunse a Roma con scarse risorse, e sarebbe sembrato verosimile che le loro voci sarebbero state sommerse dall'opprimente marea di una cultura che non aveva ancora ricevuto la Buona Novella della salvezza. Tuttavia, il Vangelo a cui essi resero testimonianza, fino a versare il loro sangue, trionfo. Vi invito, cari Fratelli, a prendere coraggio dal visitare le loro tombe, proprio i luoghi in cui essi nella loro debolezza conquistarono i loro conquistatori. Lasciate che la vostra fiducia per il futuro non sia basata solo sui vostri sforzi. così, potrete dire con l'Apostolo Paolo: "Mi vantero quindi ben volentieri delle mie debolezze, perchè dimori in me la potenza di Cristo...; (perchè) quando sono debole, e allora che sono forte" (2Co 12,9-10).


3. Tornando ad uno dei molti temi della nostra conversazione riguardante le Chiese particolari su cui voi presiedete nell'amore, desidero incoraggiare i vostri sforzi nel guidare la comunità cattolica in una decade di evangelizzazione che preparerà al prossimo millennio cristiano. L'evangelizzazione è un concetto estremamente ricco. Come indica la recente Enciclica Redemptoris Missio: "La missione è una realtà unitaria, ma complessa, e si esplica in vari modi" (RMi 41).

Mentre la funzione fondamentale della Chiesa sempre e ovunque è "di indirizzare la coscienza e l'esperienza di tutta l'umanità verso il mistero di Cristo" (RH 10), la maniera in cui ciò dev'esser fatto implica un discernimento riguardante modi e mezzi, in obbedienza al suggerimento dello Spirito Santo. E' la particolare responsabilità dei Vescovi a promuovere l'appropriata risposta delle loro comunità al comando di Cristo: "Andate... ammaestrate... insegnate loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20).

Nonostante la complessità dei problemi dell'evangelizzazione nel vostro continente, la V Assemblea Plenaria della Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia tenutasi a Bandung nel luglio dello scorso anno riporto un giudizio pieno di speranza del cammino della Chiesa. I Vescovi osservarono che, "viste con gli occhi della fede, queste difficoltà, insieme con i segni di speranza che le accompagnano, sono come tante sfide alla missione" (cfr. Dichiarazione Finale, III, 3.0). Desidero incoraggiarvi ad avere questo stesso atteggiamento positivo e a cercare di discernere i cammini appropriati per evangelizzare coloro che sono affidati alla vostra cura.


4. E' impossibile riflettere sulla vita e la missione della comunità cristiana nel vostro Paese senza capire l'importanza di testimoniare attraverso la parola e l'azione gli autentici valori evangelici. La stragrande maggioranza dei vostri concittadini segue quella forma di Buddismo che è chiamata "piccolo mezzo", e le loro tradizioni religiose permeano tutta la vita della società. Essi sono sensibili ad un atteggiamento spirituale che enfatizza la rinuncia, la donazione di sè e le relazioni pacifiche con tutti, valori che trovano piena realizzazione nella vita del nostro Salvatore. Nostro Signore Gesù Cristo non spoglio forse se stesso assumendo la condizione di servo (cfr. Ph 2,6)? Non fu forse inviato dal Padre "per annunziare ai poveri un lieto messaggio" (Lc 4,18), per sanare i pentiti di cuore, per "cercare e salvare ciò che era perduto" (Lc 19,10)? Non è forse questo sublime messaggio di umile rispetto per la volontà di Dio e di amore incondizionato per l'ultimo dei nostri fratelli e delle nostre sorelle riassunto nelle Beatitudini, la Nuova Legge data nel Discorso della Montagna (cfr. Mt 5,3-10)? Mostrando il volto del Redentore a quelli che nella vostra patria ancora non lo conoscono, voi affrettate il giorno in cui essi troveranno colui che i loro cuori hanno atteso con impazienza. Offrendo a loro Cristo voi svelate "la Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6) per mezzo di cui ogni opposizione o limitazione e vinta. Ciò non avviene attraverso la negazione o l'annichilimento delle differenze, ma attraverso l'unione nell'amore di Dio dato come libero dono del suo Spirito. Predicando Cristo voi affrettate il giorno che Cristo stesso fortemente desidera. Egli chiama tutti i popoli alla sua Sposa, la Chiesa, così che egli, lo Sposo, possa, con il più grande degli abbracci d'amore, iniziare un'unione in cui i molti divengono uno senza perdere la loro identita (cfr. Ep 5,23-32e LG 6 LG 13; cfr. anche Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della meditazione cristiana, 12-15).


5. Questa grande sfida di cooperare all'opera dello Spinto di attirare tutti a Cristo dev'essere affrontata in primo luogo da voi, i Vescovi, e dai sacerdoti e i Religiosi e le Religiose delle vostre diocesi, ognuno secondo la propria particolare vocazione nella Chiesa. Ecco perche desidero incoraggiarvi a porre la massima attenzione alla cura pastorale delle vocazioni e alla formazione dei vostri sacerdoti e Religiosi. Il Seminario Maggiore Nazionale deve avere un certo orgoglio del posto che occupa tra gli interessi della vostra Conferenza.

Nonostante le limitazioni che vi sono ben note, continuamente devono essere fatti sforzi per innalzare il livello della formazione che viene data. E' mia speranza anche che ci saranno opportunità più frequenti per i candidati al sacerdozio di essere preparati nelle università ecclesiastiche fuori del Myanmar.


6. Riconosciamo anche che i laici ricoprono un ruolo indispensabile nel dar forma alla società secondo il Vangelo, soprattutto nelle loro famiglie e nel loro lavoro. Per questo essi hanno bisogno del costante sostegno dei loro pastori.

Hanno bisogno della formazione nella fede, così da avere la forza interiore per perseverare nel vivere cristiano e nel far conoscere le ragioni della speranza che e in loro, sempre - come scrive l'autore della Prima Lettera di Pietro - con dolcezza e rispetto (cfr. 1P 3,15). Sono incoraggiato dal fatto che state facendo molto per assicurare la formazione catechistica delle guide laiche nelle vostre comunità, e che prestate particolare attenzione a giovani competenti, come gli "Home Missioners" o i "Little Evangelizers", che portano la parola di Dio nelle aree remote o ai loro contemporanei che altrimenti non sarebbero raggiunti dalla Chiesa. Le vostre associazioni cattoliche sono numerose e ferventi. Su tutti questi generosi cattolici imploro un accrescimento dell'amore e della protezione di Dio.

L'accenno al ruolo dei laici nell'evangelizzare la società richiama alla mente l'affermazione della recente Enciclica Centesimus Annus che "la dottrina sociale (della Chiesa) ha di per sè il valore di uno strumento di evangelizzazione" (CA 54), precisamente perchè essa si occupa di tutte le cose umane alla luce del mistero più alto nel piano di salvezza di Dio per il mondo. "In questa luce, e solo in questa luce, (la Chiesa) si occupa del resto: dei diritti umani di ciascuno e, in particolare, del "proletariato", della famiglia e dell'educazione, dei doveri dello Stato, dell'ordinamento della società nazionale e internazionale, della vita economica, della cultura, della guerra e della pace, del rispetto alla vita dal momento del concepimento fino alla morte" (Ibidem CA 54). La Chiesa insegna le domande di giustizia e cerca il compimento della giustizia ad ogni livello della società, non per alcun motivo puramente temporale ma per l'autentico benessere degli individui in vista del loro destino trascendente. Gli sforzi della Chiesa nel campo dello sviluppo umano integrale è soprattutto un'opera d'amore e la creazione di una "civiltà dell'amore": l'amore, cioè, con cui Gesù Cristo diede se stesso per noi (cfr. Ep 5,2), l'amore che egli mostro nella sua vita terrena quando provo una profonda compassione per le folle (cfr. Mt 9,36). Come stabili il Documento Finale dell'Assemblea di Bandung, la Chiesa fu mandata "a servire i popoli dell'Asia nella loro ricerca di Dio e di una vita umana migliore; per servire l'Asia... alla maniera di Cristo stesso, che non venne per essere servito ma per servire e per sacrificare la propria vita come riscatto per tutti (cfr. Mc 10,45) - e per discernere, nel dialogo con i popoli e le realtà dell'Asia, quegli atti che il Signore vuole siano compiuti così che tutto il genere umano possa essere radunato insieme in armonia come la sua famiglia" (cfr. III 6.3). So che questo è il vostro modo di vita, che siete vicini ai poveri e ai sofferenti. Sebbene non possiate intraprendere progetti più grandi di assistenza sociale, la vostra porta e sempre aperta alla vedova e all'orfano, all'anziano e all'handicappato così che la luce dell'amore di Cristo brillerà anche nelle loro vite.


7. Cari fratelli Vescovi, mentre ritornate dalla vostra gente, portate con voi la convinzione rinnovata che Cristo sta inviando voi davanti a lui come suoi araldi e testimoni. Che voi stessi siate "rinnovati nello spirito della vostra mente" (Ep 4,23)! Non perdete mai il cuore, non importa quali difficoltà possono circondare il vostro ministero. Siate sorgente di ispirazione e di incoraggiamento per i vostri sacerdoti. Sostenete i Religiosi e le Religiose che cooperano con voi nella cura del popolo di Dio. Siate esempi di vita cristiana per tutti i fedeli. Siate certi che ogni giorno vi ricordo nella preghiera davanti al Signore: che possiate essere "ricolmi dello Spirito... rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo" (Ep 5,18-20).

Che la Santa Madre di Dio vi protegga e interceda per la pace e la riconciliazione di cui la vostra nazione ha bisogno. Come segno della mia vicinanza spirituale imparto la Benedizione Apostolica a tutti i fedeli cattolici del Myanmar.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1991-08-27
Martedi 27 Agosto 1991




Ai partecipanti ad un Convegno sul mondo circense

Titolo: Che possiate trovare aiuti concreti




GPII 1991 Insegnamenti - Discorso di congedo dall'Ungheria - Budapest