GPII 1991 Insegnamenti - Il saluto conclusivo prima della benedizione - Olsztyn (Polonia)

Il saluto conclusivo prima della benedizione - Olsztyn (Polonia)

Titolo: La fede e l'amore per la Chiesa vi incoraggino a perseverare nella fedeltà a Dio e alla patria

Cari fratelli e sorelle, Prima della benedizione finale desidero ancora salutare tutti i presenti della Diocesi di Warmia, ed anche i pellegrini giunti in gran numero da fuori dei suoi confini.

Quanto è ricca di tradizioni la vostra terra: quest'eredità dei santi martiri Adalberto e Bruno di Querfurt; l'eredità della beata Dorota da Matowy e del Servo di Dio il Cardinale Stanislaw Hoziusz. I vostri padri sono giunti nella terra di Warmia, della Masuria e del Powisle da diverse parti e da "ogni popolo": dagli antichi confini della II Repubblica, dalle lontane steppe di Casachistan, dalle vicine Kurpie, Masovia e da altre regioni della Polonia. Testimonianza di questa vita errabonda e di questo peregrinare è l'immagine miracolosa di Cristo Misericordioso di Tarnoruda, che ha accompagnato i fedeli della lontana Podolia e ora è venerata nel Santuario a Zielonka Paslecka. Nelle chiese e nelle vostre case spesso vi fa compagnia l'immagine della Madre della Misericordia, "che splende nella Porta dell'Aurora". Per molti questa terra fu un luogo di un destino e di un domani incerto. E' diventata la nuova patria dei nostri fratelli dell'Ucraina e dei Lemki, i quali l'hanno arricchita con la loro cultura, la lingua e in particolare con il modo, proprio del loro rito, di onorare Dio Uno nella Santissima Trinità e la Madre di Dio Vergine Maria.

Warmia è stata sempre fedele a Dio e alla Chiesa cattolica, meritando il glorioso nome di santa Warmia. Lo testimoniano le numerose chiese, cappelle e crocifissi lungo le vie; il culto della Passione del Signore; e prima di tutto la venerazione verso la Madre Santissima a Gietrzwald, a Santa Lipka, a Krosno e a Stoczek Warminski. Oggi ringrazio Dio per la Chiesa di Warmia, ringrazio perché la Chiesa di Warmia è viva; e il segno visibile di questo è la crescita delle vocazioni sacerdotali, il sorgere di nuovi Istituti che preparano i catechisti laici e religiosi. Il lavoro dei Vescovi, dei sacerdoti e dei laici rende questa Chiesa forte e matura. Penso ai fedeli di rito latino e di quello bizantino. Qui desidero ricordare i predecessori dell'attuale Vescovo ordinario: il Vescovo Tomasz Wilczynski, i Vescovi Jozef Drzazga e Jan Oblak che per anni furono a capo della Chiesa di Warmia, ed inoltre il Vescovo Jozef Glemp, che da qui è passato alla Sede primaziale. Infine anche l'attuale Nunzio apostolico a Varsavia è un Sacerdote della vostra Diocesi.

Questa vostra terra è stata anche testimone della lotta per la liberazione della nazione dai ceppi del sistema totalitario. Infatti la protesta operaia della Costa Baltica nel 1970 era stata appoggiata anche dagli operai di Elblag.

Che questo grande retaggio dei vostri padri, quali sono la fede e l'amore per la Chiesa, sia per voi forza e, allo stesso tempo, incoraggiamento a perseverare nella fedeltà a Dio e alla Patria.

(Il Papa ha quindi salutato l'Arcivescovo di Saragozza, il Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, Monsignor Karl Lehmann, i Vescovi di Magonza, di Augsburg e di Berlino oltre i numerosi gruppi di pellegrini venuti da diversi Paesi.

Inoltre Giovanni Paolo II si è rivolto ai componenti del gruppo di Olsztyn dell 'Unione degli ex deportati in Siberia, dell'Unione degli ex prigionieri politici del periodo staliniano e dell'Unione mondiale di Armia Krajowa (Armata Nazionale), venuti in particolare dalle regioni di Vilnius, Grodno e Wolyn.Dopo aver salutato i rappresentanti del Governo e le autorità, il Santo Padre ha così concluso:) Ringrazio voi tutti qui riuniti, questa grande assemblea di Warmia, questa grande assemblea eucaristica di tutta la Warmia, di ogni suo angolo. Anche nella conformazione di quest'assemblea c'è qualcosa che parla di Warmia, perché l'assemblea si è disposta sulle collinette, così come sulle colline è situata la vostra terra di Warmia, tra tanti, tanti laghi. Vi ringrazio veramente molto per questo intuito organizzativo, per tanta sollecitudine, tanto amore e tanto senso artistico impegnato nella preparazione del nostro incontro.

Che Dio preservi questo grande tesoro della bellissima natura di Warmia, la regione dei laghi, le foreste. Dio preservi questo grande tesoro. Non lasciatelo ditruggere in nessun modo, e nemmeno danneggiarlo, perché è una grande benedizione. E che Dio preservi gli uomini che vivono tra questa natura, i loro cuori e le loro coscienze, che permetta loro di vivere nella verità, perché è questa la vocazione dell'uomo: Vivere nella verità! Ora, conferendo la benedizione alla fine della nostra celebrazione eucaristica, con questa benedizione desidero ringraziare per tutto il bene che ho ricevuto dalla vostra regione, dalla vostra Chiesa e dalla vostra gente in tutti gli anni della mia vita.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-06
Giovedi 6 Giugno 1991

L'incontro con il laicato nella concattedrale dedicata a san Giacomo Maggiore - Olsztyn (Polonia)

Titolo: La formazione di un nuovo stile di essere cattolici, chiave del rinnovamento della Chiesa del terzo millennio

Cari fratelli e sorelle!


1. Ha parlato San Pietro Apostolo nella sua prima lettera. Sono lieto di poter essere in mezzo a voi testimone delle sue parole. Esse hanno in sé particolare forza della verità. Si può dire che rispecchino ciò che una volta Cristo disse proprio a Pietro: "Tu sei Pietro (cioè roccia) e su questa pietra edifichero la mia Chiesa (Mt 16,18). Le parole dell' Apostolo Pietro contengono la fondamentale verità sulla Chiesa, sull'edificazione della Chiesa. Costantemente ritornano nella liturgia. Sono diventate anche il riferimento chiave dell'ecclesiologia del Concilio Vaticano II. Proprio le parole che oggi sono state qui ricordate.


2. "Voi siete... il popolo che Dio si è acquistato" - scrive l'Apostolo - cioè "la nazione santa", "la stirpe eletta". "Siete... il Popolo di Dio... avete ottenuto misericordia" (cfr. 1P 2,9-10). Dio "vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce" (Ibidem v.9). Siete dunque il Popolo di Dio grazie all'iniziativa salvifica di Dio stesso: del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Siete il Popolo di Dio per quell'amore con cui il Padre vi amo eternamente in Cristo, suo Figlio unigenito: siete il Popolo di Dio poiché quel Figlio, fattosi Uomo, Figlio di Maria Vergine, vi ha riscattati a prezzo della morte ignominiosa sulla croce, e, in seguito vi ha resi partecipi della sua risurrezione: di "una nuova vita" nello Spirito Santo. Siete il Popolo di Dio per opera di questo Spirito di verità, il Paraclito. Egli vi è stato dato dall'amore di Dio, che, come dono dello Spirito Santo, è "riversato nei vostri cuori" (cfr. Rm 5,5).

Siete dunque il Popolo di Dio per iniziativa e per dono del Dio vivente.

Questa non è una proprietà che l'uomo e la società umana avrebbe ereditato in senso etnico per natura stessa. Non è soggetta alle verifiche della sociologia empirica. E' frutto dell'Emmanuele cioè del Dio con noi. Questa è una realtà concepibile soltanto in categorie di grazia, di rivelazione e di fede.


3. Allo stesso tempo, nella realtà "Popolo di Dio" è contenuto tutto ciò che costituisce l'apice dell'umanità: la pienezza della vita e della vocazione di ognuno e di tutti.

L'appartenenza al Popolo di Dio si realizza mediante la partecipazione creativa alla missione e alla autorità di Cristo stesso. Dobbiamo dunque "proclamare le opere meravigliose di colui che ci ha chiamato" (cfr. 1P 2,9), partecipando alla missione profetica di Cristo. Come "sacerdozio regale" (cfr. Ibidem) dobbiamo partecipare al suo sacerdozio: unico e irripetibile, unendoci al suo sacrificio, che è il sacrificio della croce e dell'Eucaristia, e costantemente si rinnova mediante il servizio sacerdotale dell'altare. Infine dobbiamo, a somiglianza di quel re che è il Cristo, compiere un servizio multiforme per il rinnovamento di tutto l'ordine temporale secondo il salvifico disegno di Dio stesso - "servire infatti vuol dire proprio regnare" (cfr. LG 36).

Cari fratelli e sorelle! Bisogna che sovente leggiate e meditiate le parole dell'Apostolo Pietro nel contesto del Concilio, specialmente di quello contenuto nella Costituzione sulla Chiesa, nel decreto sull'apostolato dei laici e in tutti gli altri documenti. Questo lavoro in terra polacca inizio venticinque anni fa (insieme alla conclusione del Concilio) e continua. Il rinnovamento della Chiesa nello spirito del Vaticanum II è un compito a misura di generazioni.


4. Rendiamo grazie a Dio per questa grandezza dell'impegno apostolico e della responsabilità per la Chiesa che i cattolici laici hanno manifestato e manifestano in Polonia. Nel nostro Paese la fede viene realmente trasmessa a milioni di nostri bambini e della gioventù. Questo è merito prima di tutto dei genitori e dei parenti di questi bambini. Poiché infatti il sacerdote, il catechista o la catechista faranno poco durante la lezione di religione, se i genitori e i parenti non saranno i principali testimoni della fede, i suoi principali annunziatori.

Pure il livello abbastanza alto di pratiche religiose - per esempio il fatto che la maggioranza dei cattolici polacchi frequenta ogni domenica la Santa Messa - lo dobbiamo al fatto che da noi la fede non cesso di essere una questione comune, specialmente una questione di tutta la famiglia. Del resto dobbiamo molto vigilare su questo carattere cristiano delle nostre famiglie, perché oggi il mondo è attraversato da correnti individualiste - ed esse non evitano la Polonia. Mirano a formare un modello nell'interno delle famiglie in cui la fede diventi un problema talmente privato quasi nascosto davanti agli altri membri della famiglia.

Tanto più dunque cerchiamo di rinnovare nelle nostre famiglie il ricordo delle parole di Cristo: "dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).

Occorre ancora sottolineare la consapevolezza piuttosto alta dei cattolici di Polonia, che la Chiesa è un nostro grande bene sociale. Nello spazio dell'ultima metà del secolo tale consapevolezza costitui quasi uno scudo di difesa, che aiuto la nostra Chiesa a sopravvivere, e perfino a consolidarsi e a svilupparsi. Da essa proviene anche l'alta generosità dei fedeli; lo spirito di generosità in ogni campo, anche in quello materiale.

può darsi che la coscienza che la Chiesa è il nostro grande bene comune, venga attualmente esposta ad una nuova prova. Qua e là vengono espresse, in modo a volte suggestivo, i timori e le paure e le critiche sulla Chiesa, come se essa tendesse al dominio e minacciasse la legittima autonomia dei diversi settori della vita sociale e statale.

Il Concilio Vaticano II insegna che "La Chiesa, che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico, è insieme segno e salvaguardia del carattere trascendente della persona umana.

La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane" (GS 76).

La Chiesa desidera dunque partecipare alla vita delle società come testimone del Vangelo, soltanto come testimone del Vangelo e le sono estranee oggi le tendenze di impadronirsi di un qualsiasi settore della vita pubblica, che ad essa non appartenga.

Parlando dei lati positivi dell'impegno dei laici cattolici nella vita della Chiesa, vorrei anche ringraziare Dio per le migliaia e migliaia di autentici testimoni della fede, presenti nei più svariati posti della nostra vita sociale.

Siano rese grazie a Dio per queste migliaia di infermiere e di medici, di operai e di ingegneri, di insegnanti e di uomini di cultura, per migliaia e centinaia di migliaia di persone che esercitano diversi mestieri, che cercano di colmare con la luce della fede il loro lavoro e il loro rapporto verso il prossimo. Tutti questi cristiani, per i quali l'amore costituisce la legge fondamentale della loro vita sono in un modo speciale autentici testimoni di fede.


5. Nel periodo post conciliare sono stati intrapresi da noi non pochi sforzi miranti ad un più profondo inserimento dei laici nella vita della Chiesa e nel suo apostolato. Si è moltiplicato il numero delle persone laiche che studiano la teologia. Inoltre sono stati organizzati numerosi corsi di teologia per laici. I laureati in questi studi e i diplomati in questi corsi, in gran numero aiutano i sacerdoti nella missione docente della Chiesa.

Nella Chiesa polacca si è sviluppata la pastorale specifica e professionale. Grazie a questo, molti si sono consolidati nella loro fede e hanno ritrovato un ambiente che vive autenticamente di fede; grazie a questo molti hanno potuto inserirsi in un comune modo di pensare e di agire nello spirito cristiano, cioè nel modo di pensare e nell'agire pervaso dalla fede e dalla preghiera.

Sembra che la pastorale specifica viva oggi una certa crisi, ma questa può essere anche una crisi di crescita, può costituire una chance per ritrovarsi nuovamente: per lasciare quello che è antiquato e ricercare ciò che è migliore e più profondo. Cari Fratelli e Sorelle, cerchiamo di discernere questa chance e di non sciuparla.

Oggi un particolare segno dei tempi è un crescente bisogno di appartenenza a qualche comunità. Specialmente in una grande città spesso l'uomo si sente tremendamente solo e quasi privo della possibilità di un'attiva cooperazione alla formazione della vita sociale, quasi forzato alla passività. Entrare in un'autentica comunità lo aiuta a superare questa carenza e a ritrovare se stesso attraverso un più profondo essere con gli altri e per gli altri. Anche la Chiesa in Polonia si è arricchita di molte nuove comunità. Certamente - potrebbero essere più numerose, ma già ora - grazie allo Spirito, che domina in esse, e anche grazie alla loro diversità - queste comunità formano un nuovo stile di essere cattolici e un nuovo stile di responsabilità per la Chiesa e per la fede: lo stile caratterizzato dalla gioia della fede, dalla partecipazione attiva nella vita della Chiesa, dall'impegno apostolico e da una più profonda sensibilità caritativa.


6. Si può tuttavia rischiare l'affermazione che fino a quando questo nuovo stile di essere membro della Chiesa non scenda nella parrocchia (possibilmente in ogni parrocchia), la maggior parte dei fedeli non lo noterà neppure. Nonostante tutti i grandi successi che ho elencato qui, ritengo che la Chiesa polacca necessita di un rinnovamento, un rinnovamento a misura del Terzo millennio della fede cristiana che sta per giungere. La chiave per questo rinnovamento sta certamente nella formazione di un nuovo stile di essere cattolici. Cerchiamo di conservare tutto ciò che c'è di buono, ma allo stesso tempo cerchiamo quello che è migliore e più profondo. Godiamo dunque per un relativo alto livello di pratiche religiose ma non ci contentiamo di questo. Cerchiamo di rompere lo stile consumistico e passivo del nostro usufruire dei doni spirituali elargitici dalla Chiesa. E' falsa un'immagine della Chiesa nella quale gli ecclesiastici si occupano della distribuzione dei doni spirituali, e ai laici invece spetta soltanto di accettarli. Non vi è neanche un membro nella Chiesa che Dio non vorrebbe rendere capace di elargire spiritualmente qualcosa agli altri. Dobbiamo solo imparare a discernere questi doni concessi a ognuno di noi perché siano da noi elargiti ad altri, e adoperarci per ottenerli.

Appartenere alla Chiesa vuol dire formare la communio, cioè una comunità di persone credenti in Cristo che elargiscono reciprocamente qualcosa. Non si tratta di formare tra i sacerdoti e i laici certi rapporti di partner nel senso negativo della parola. Non si tratta di cancellare la differenza tra sacerdote e laico. Si tratta di scoprire, tutti e ciascuno separatamente, i nostri carismi secondo la propria vocazione. Si tratta di trasformare la Chiesa e ogni parrocchia in una comunità di fratelli e di sorelle, che assumano una responsabilità attiva per la Chiesa e per la causa del Vangelo.


7. Voleste solo, fratelli e sorelle, comprendere ciò che ho appena detto, in uno spirito veramente cristiano. Tutto il tesoro della fede cristiana è Gesù Cristo.

Solo quando con tutto il cuore aderiremo a Cristo, il nostro impegno attivo nella Chiesa non sarà un vuoto attivismo di cui nessuno ha bisogno.

L'Apostolo Pietro così scrive riguardo a questo: "Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1P 2,4-5).

Pietra viva. Pietra angolare - Cristo. Si sa che è stato rigettato dagli uomini al momento del Golgota, ma proprio per mezzo del Golgota, per mezzo della croce, è divenuto quella pietra angolare dell'umanità che si sta edificando come cosmico tempio del creato per il Creatore, sconfinato nel tempo e nello spazio.

Per dire la verità nel corso di tutta la storia nelle diverse generazioni Cristo è stato rifiutato, rifiutato come "segno di contraddizione" (cfr. Lc 2,34) - e tuttavia continua in questa storia. Permane nella storia formando la sua essenza e pilastro - proprio quel pilastro attraverso il quale la storia umana, nonostante tutte le diserzioni e negazioni - si eleva verso Dio: verso quei destini eterni che l'uomo e l'umanità hanno in Dio, e solo in Dio.

Si innalza a somiglianza di una costruzione sacra. Noi tutti siamo chiamati a diventare "pietre vive" di questa costruzione.

"Pietre vive": tutti coloro che hanno la vita da Cristo. Tutti coloro che elargiscono agli altri la vita che è in Cristo.

"Pietre vive" - la definizione biblica di ciò che l'Apostolo chiama il "Popolo di Dio", e la Chiesa dei nostri tempi intende nel nome "laicato" (dal greco "Laos" - popolo), oppure nella chiamata all'apostolato dei laici.

Cari fratelli e sorelle! Ho meditato insieme a voi le parole di San Pietro che esprimono il germe apostolico stesso di questa chiamata.

E qui finisco anche se so che ci sarebbero molti problemi particolari che si impongono, che si aprono di fronte a noi. Aggiungo solo che sono stato molto strettamente legato alla attività apostolica dei fedeli laici sia in Polonia che presso la Santa Sede. Penso che oggi ci siano nuove possibilità, che sia forse necessaria anche una nuova e molteplice attività. Alcuni campi della vita sociale, dei quali parla chiaramente ad esempio la Costituzione "Gaudium et Spes" - Magna Charta della pastorale e dell'apostolato della Chiesa - erano stati in precedenza chiusi davanti alla Chiesa come laicato. Al massimo alcuni gruppi avevano delle concessioni per fingere che la Chiesa è libera. Oggi, giudicando dai principi della III Repubblica, che sono ancora in continua formazione, ma che già sono stati definiti nelle intenzioni fondamentali, questi diversi campi devono venire aperti davanti alla Chiesa, nel suo significato di Popolo di Dio, cioè davanti ai laici. Oggi deve assolutamente scomparire la situazione di ghetto, che ricordo così bene nei tempi in cui ero io stesso in Polonia e come membro dell'Episcopato Polacco lavoravo soprattutto con i laici. Esisteva una situazione di ghetto cattolico. Certo questo richiede iniziativa, in modo simile alla vita economica ed alla vita spirituale. Qui è necessaria l'iniziativa. Il Signore Gesù rimprovera anche i suoi discepoli, dice frasi come: "I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce" (Lc 16,8). Ciò è anche per noi un appello, in un certo senso anche un ammonimento. Ci è indispensabile questa iniziativa apostolica molteplice, nei diversi campi che prima erano chiusi e che oggi devono aprirsi, e che ancora, continuamente, così sembra, non sono abbracciati dalla Chiesa, in quanto Popolo di Dio, dalla Chiesa come laici. Auguro oggi che tutte queste questioni, che qui non ho toccato in tutta la loro ampiezza vengano conosciute, ben esaminate e con l'aiuto di Dio sviluppate e realizzate. In ogni caso questa visione della Chiesa, che ci ha lasciato il Concilio Vaticano II è una visione che attribuisce un enorme peso al laicato. Devo riconoscere che ci sono state a volte delle voci sul fatto che ciò avvenga con un certo danno del clero. Non è proprio così in realtà, ma a volte si dice così. E' quindi una grande possibilità storica nella Chiesa dovunque, ed ugualmente nella Chiesa in Polonia, che questa Magna Charta del Popolo di Dio, quale è il Concilio Vaticano II in complesso ed in particolare alcuni documenti, diventino oggetti di intensa riflessione e in seguito di molteplici iniziative, che permettano a tutti i nostri fratelli e sorelle laici, ai cattolici laici di realizzare la parabola di Cristo sul lievito: "Il regno di Dio è simile al lievito". E' proprio questo lievito ad essere necessario nella nostra vita nazionale, in questa nuova vita nazionale. E' necessario questo lievito evangelico molteplice. Ve ne è già moltissimo, ma tanti sono i campi in cui ancora manca. Forse manca in conseguenza dei tempi passati, della situazione che creava condizioni sfavorevoli, ma forse manca anche perché noi non ci siamo aperti in quelle direzioni.

Quindi auguro di tutto cuore e per questo motivo ci siamo qui riuniti, e per questo preghiamo, che la parabola del lievito si muti sempre più in realtà nella Chiesa polacca e nella società polacca. Questo è allo stesso modo un compito per l'apostolato. E' anche una chiamata per la Chiesa, nel suo significato fondamentale di Popolo di Dio, per queste pietre vive, vive e vivificanti. E fondate sempre sulla pietra angolare che è Cristo.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-06
Giovedi 6 Giugno 1991

L'incontro con i catechisti e con il mondo della scuola nella cattedrale di Wloclawek (Polonia)

Titolo: L'insegnamento della religione nelle scuole è un contributo primario alla costruzione dell'Europa




1. Sono molto lieto e ringrazio Dio, come anche gli Organizzatori e i Presenti perché sul percorso del mio pellegrinaggio si è trovata la scuola polacca: gli insegnanti e i catechisti polacchi, i pedagoghi polacchi. Saluto dunque le insegnanti e gli insegnanti, le catechiste e i catechisti laici, le suore e i fratelli religiosi, i sacerdoti. Saluto i Cardinali e i Vescovi, il Signor Ministro, i rappresentanti delle autorità scolastiche e amministrative. Questa assemblea relativamente poco numerosa è tuttavia molto rappresentativa, poiché ci sono qui anche i rappresentanti dei genitori, dei bambini e della gioventù.

Desidero vostro tramite che la parola del mio saluto giunga a tutti gli ambienti che voi rappresentate. A coloro che insegnano e a coloro che studiano, alle famiglie, alle scuole.

Ci troviamo nell'antichissima basilica dedicata all'Assunzione della Santissima Vergine Maria, in un tempio consacrato nel 1411, come ex voto per la vittoria presso Grunwald.

Ricordiamo che in questa cattedrale ricevette l'ordinazione episcopale, nell'agosto del 1939, due settimane prima dello scoppio della guerra, l'esperto catechista e pedagogo, il beato Michal Kozal, il quale, durante l'occupazione nazista subi la morte per martirio per la Chiesa e per la Patria. Voglio anche richiamare alla memoria il diacono Stefan Wyszynski, affetto allora da tubercolosi, ordinato sacerdote, nel 1924, dal vescovo ausiliare Wojciech Owczarek, anch'egli affetto dalla stessa malattia. Oggi entrambi questi servitori della Chiesa sono candidati agli altari.


2. In questa cattedrale abbiamo ascoltato un attimo fa le parole dell'ultimo comando rivolto da Cristo agli apostoli di tutti i tempi: "Insegnate (a tutte le nazioni) ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (cfr. Mt 28,20). La Chiesa, compiendo la propria missione, si apre a tutti gli uomini di ogni lingua e nazione, ai bambini, alla gioventù, e agli adulti. così è nata all'inizio e così continua alla soglia del terzo millennio l'evangelizzazione, e nel suo ambito la catechizzazione della Chiesa, varie forme di catechizzazione a seconda delle età, dell'istruzione, della professione e dell'ambiente.

Altamente significativa è la presenza qui degli insegnanti e dei catechisti venuti da tutta la Polonia, e dunque dell'ambiente raccolto intorno alla scuola, all'insegnamento e all'educazione. La gioventù e i bambini sono il futuro del mondo, sono il futuro della Nazione e della Chiesa, i giovani sono quel futuro, ma lo sono in base alla famiglia, alla scuola, alla Chiesa, all'intera Nazione. Per questo anche il Concilio Vaticano II insegna che la scuola "in forza della sua missione... matura le facoltà intellettuali, sviluppa la capacità di giudizio, mette a contatto del patrimonio culturale acquistato dalle passate generazioni, promuove il senso dei valori, prepara la vita professionale, genera anche un rapporto di amicizia tra alunni di indole o condizione diversa, disponendo e favorendo la comprensione reciproca" (GE 5).

Ecco in una grande sintesi il compito della scuola, che deve istruire ed educare. Nell'assumere tale compito non basta guardare soltanto in un futuro immaginario, ma bisogna in qualche modo formarlo già ora, bisogna avere davanti agli occhi tutta la tradizione della nazione, della società, dello stato. Qualcuno giustamente disse che le nazioni che perdono la memoria, scendono al rango delle tribù.

Oggi è in corso una grande discussione sulla forma della Polonia attuale e futura, è e deve essere la discussione sulla forma della scuola polacca.

Sappiamo, come era questa scuola durante le spartizioni, e più tardi sotto l'occupazione hitleriana.

E' stato qui, poco lontano da qui, dove fu martoriato, per l'insegnamento della preghiera e del catechismo ai bambini nelle case private, un patriota polacco e figlio della Chiesa, F. Stryjas.

Sappiamo quanto fu difficile - dal punto di vista degli interessi e dei diritti della famiglia e della nazione - la nostra scuola dopo la fine della guerra, quando divenne semplicemente il terreno di lotta ideologica, luogo della laicizzazione e di contrasto tra l'insegnamento ufficiale dello Stato e ciò che sentiva la nazione, ciò che desiderava la media famiglia polacca, specialmente una famiglia credente.

Non sono qui per far la resa dei conti. Come Pastore della Chiesa desidero piuttosto esprimere l'apprezzamento e il ringraziamento a tutti quegli educatori ed insegnanti, che in condizioni difficili, e a volte molto difficili, con la loro parola e il loro comportamento, grazie al coraggio e ad una sapiente prudenza, aiutarono in enorme misura a mantenere e a trasmettere ai giovani gli autentici valori cristiani e nazionali. Questa loro testimonianza fu e rimane particolarmente preziosa.

Per molti anni la catechesi fondamentale veniva svolta nel nostro Paese necessariamente fuori della scuola: nei centri catechistici e in locali privati organizzati dalla Chiesa.

Un momento fa abbiamo udito le parole con le quali Cristo comanda alla Chiesa l'evangelizzazione di tutto il mondo, fino ai suoi estremi confini. La catechesi è una delle essenziali forme dell'annuncio della parola di Dio, per questo su tutti i cristiani poggia, naturalmente in diverso grado, il peso della responsabilità per essa. E a questo dovere corrisponde il diritto all'istruzione e alla formazione dei bambini e della gioventù secondo i principi della propria religione. Esso deriva dal diritto dell'uomo alla verità, alla libertà religiosa e dal diritto dei genitori all'educazione religiosa della loro prole.


3. Ed ecco, grazie ai cambiamenti che si stanno operando ultimamente nella nostra Patria, la catechesi è ritornata nelle aule scolastiche ed ha trovato il suo posto e il suo riflesso nel sistema educativo.

Personalmente sono molto lieto di questo. Nello stesso tempo pero desidero ripetere qui un'espressione, sovente da me usata, perché riflette la viva verità su ogni grazia e su ogni dono: vi è dato e allo stesso tempo vi è dato come compito. In questo spirito bisogna accettare questo dono in una società cristiana e così usarlo. Occorre qui molta buona volontà, sforzo, una generale benevolenza da parte di tutti: catechisti, insegnanti, autorità scolastiche, genitori, ma prima di tutto da parte dei più interessati, cioè della gioventù e dei bambini.


4. Con l'insegnamento della religione, soprattutto della religione cattolica, nella maggior parte dei Paesi europei è legato un enorme contributo di energie e mezzi da parte della Chiesa e dei singoli Stati. Bisogna rendersi consapevoli che per questo fatto come anche per la ragione che esso abbraccia la generazione giovane - bambini e giovani - ed anche che il suo contenuto è l'espressione dell'atteggiamento verso la dimensione religiosa della vita umana, questo insegnamento merita di essere considerato un contributo primario alla costruzione di un'Europa fondata su quel patrimonio di cultura cristiana che è comune ai popoli dell'Ovest e dell'Est europeo (cfr. Il discorso ai partecipanti del Simposio del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa sull'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, 15 aprile 1991, n.2).

Bisogna, nello stesso tempo, sottolineare che non è da conciliare con la verità cristiana un atteggiamento fanatico o fondamentalista "di quanti, in nome di un'ideologia che si pretende scientifica o religiosa, ritengono di poter imporre agli altri uomini la loro concezione della verità e del bene.

La Chiesa, pertanto, riaffermando costantemente la trascendente dignità della persona, ha come suo metodo il rispetto della libertà" (CA 46).

Questo fatto bisogna, cari fratelli e sorelle, tenerlo a mente.

L'evangelica sensibilità e vigilanza ci proteggeranno dalle emozioni e dall'agitazione che facilmente possono condurre alla xenofobia e ad una intolleranza, contrarie allo spirito del Vangelo, allo spirito di Dio che è il Creatore e il Padre che ama tutti gli uomini.

La scuola, come insegna il già nominato documento del Concilio, deve escludere ogni monopolio "che contraddice ai diritti naturali della persona umana, allo sviluppo e alla divulgazione della cultura, alla pacifica convivenza dei cittadini ed anche a quel pluralismo, quale oggi esiste in moltissime società" (GE 6).

Che la scuola, dunque, ed in essa la catechizzazione - la quale ha dei propri fini ben definiti e a voi conosciuti - l'introduzione dei fedeli nella partecipazione consapevole alla vita di Dio e alla vita della Chiesa, in una fede adulta, il mostrare il senso della vita umana, il condurre alla santità mediante il consolidamento, nello Spirito Santo, del legame con Cristo nel cammino verso il Padre (cfr. Gen. Instr. Cat., Notificationes, 1973, 21) - che la scuola insegni, nella Polonia libera, alle giovani generazioni (ed anche a quelle adulte) che "non si acquista l'attitudine ad ecercitare rettamente la libertà se non attraverso il retto uso della libertà" (Giovanni XXIII, MM 232).

Siano rispettati, attentamente e con saggezza, i diritti di ogni bambino e di ogni giovane alla formazione e all'espressione sul terreno della scuola della propria coscienza secondo la formazione ricevuta in famiglia, secondo l'ideologia e le personali oneste ricerche spirituali.

Vi chiedo tanto, cari Giovani, cari Genitori e Catechisti e Catechiste, di non risparmiare fatica e creatività, perché le lezioni di religione abbiano il proprio splendore e la propria freschezza, ed anche quello speciale fascino, che è proprio ad esse per la natura della Rivelazione divina.


5. L'uomo giovane è sensibile alla verità, alla giustizia, alla bellezza e ad altri valori spirituali. Il giovane desidera trovare se stesso, e per questo cerca, a volte tempestosamente, i veri valori ed apprezza gli uomini che li insegnano e che secondo essi vivono. Chi di noi non ha avuto nella vita e non ricorda con riconoscenza uno di questi uomini: un sacerdote, un insegnante, un professore o un amico, che ha saputo scoprirci un mondo nuovo di valori e destare un duraturo entusiasmo per esso, o perfino dare tutto l'orientamento alla nostra vita? Nel nostro mondo, in un mondo di universale progresso e sviluppo, ma anche di un materialismo dominante, la gioventù cerca sostegno nella Chiesa, la quale forma la fede e mostra gli orizzonti dell'umanesimo cristiano.

Mi sia permesso citare ancora una volta le parole del Concilio: "E'... meravigliosa e davvero importante la vocazione di quanti, collaborando con i genitori nello svolgimento del loro compito e facendo le veci della comunità umana, si assumono il dovere di educare nelle scuole. Una tale vocazione esige speciali doti di mente e di cuore, una preparazione molto accurata, una capacità pronta e costante di rinnovamento e di adattamento" (GE 5).

Questo vi auguro di tutto cuore. Questo auguro alla scuola polacca e alla società: a tutta la Patria.


6. Per concludere forse vale la pena di riportare ancora la testimonianza scritta negli atti per la beatificazione del già menzionato Michal Kozal, deposta a suo riguardo da Janina Glebocka, un'insegnante della stessa scuola a Bydgoszcz.

"Quel giovane sacerdote, silenzioso, di poche parole, non invadente con nessuno, in poco tempo si era conquistato il rispetto e l'amore della gioventù e del corpo docente.

Durante le confessioni delle scolaresche il suo confessionale era assediato, anche se di solito le allieve e gli allievi non amano confessarsi dai loro prefetti...

E' per il corpo docente, tra cui non tutti erano cattolici praticanti, don Kozal era il modello di un uomo retto e di un sacerdote cattolico". Che questa cattedrale di Wloclawek che tanto ci parla della Chiesa, della Polonia, degli uomini che vivono in questa terra, la cattedrale che è il luogo della predicazione del vescovo e dei suoi tradizionali incontri con la gioventù e con i docenti, e che oggi ci accoglie con tutta l'ospitalità della terra di Kujawy, sia per tutti un ricordo e un incoraggiamento alla fedeltà al comando di Cristo: "Insegnate ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Dovrei concludere qui, ma non posso. Non posso, perché mi sono reso conto, entrando dapprima nel cortile, dove si trova forse la maggioranza dei partecipanti a questo incontro, e poi nella cattedrale, che cosa devo alla scuola polacca. E' difficile misurarlo, è difficile valutarlo, perché lo portiamo così tanto in noi che semplicemente ci identifichiamo con questo. Siamo noi! Ciò ci è stato dato, ci è stato trasmesso, inculcato. Un uomo è se stesso attraverso la cultura. Una nazione è se stessa attraverso la cultura. Un uomo fa parte della propria nazione partecipando all'eredità della sua cultura. E' un'enorme eredità, che comincia dalle prime parole ripetute da un bambino dopo sua madre, dopo i suoi genitori. E' in seguito tutto il processo educativo: la casa, la scuola, la chiesa.

Quando osservo questa città, questo fiume, mi viene in mente che la data della mia nascita coincide con un periodo di grande minaccia per l'appena risorta Repubblica, il 1920. Anche qui si sono svolte battaglie decisive. Tutto ciò è stato dato a quell'uomo appena nato, il quale aveva davanti a sé un cammino di vita sconosciuto, e per quel cammino è stato preparato dalla famiglia, dalla scuola e dalla Chiesa, così come insegna Pio XI nella sua classica enciclica sull'educazione "Divini Illius Magistri". Sono passato attraverso una tale scuola.

Le devo moltissimo. E' difficile valutare quanto. Ne ho già parlato qualche volta.

Forse me ne sono reso più conto, quando mi sono trovato a Parigi, in una grande assemblea mondiale dell'UNESCO, dove erano radunati i rappresentanti di numerose nazioni, vecchie e giovani, europee ed extra-europee. Dove ho potuto ed ho dovuto dire, ho dovuto confessare questa verità, che una nazione, alla quale sottraevano l'indipendenza politica in un modo qualche volta brutale e violento, è rimasta se stessa grazie alla sua cultura.

Ciascuno di noi ed io in modo particolare porta questa eredità in se stesso. Ciò ci è tramandato dalle nostre madri e dai nostri padri, ciò ci è tramandato dalla nostra scuola. Questa eredità è cristiana, è dunque nello stesso tempo radicata nella Chiesa, nel millennio del cristianesimo polacco. E' perciò che desidero oggi, qui, da questo luogo ed in occasione di questo incontro, semplicemente baciare ancora una volta le mani ai miei genitori e contemporaneamente baciarle a tutti i miei insegnanti e catechisti, che ho avuto alle elementari, alle medie e nel ginnasio fino alla maturità e che hanno posto le fondamenta al futuro dell'uomo.

Oggi, quando quel futuro è diventato già una certa realtà, è difficile non guardare indietro verso quelle fondamenta ed è difficile non sentire un grande debito, debito di riconoscenza.

E forse questa testimonianza è necessaria per voi, cari signori, fratelli e sorelle, miei connazionali, che in questa nuova tappa della storia - è poco dire che vi occupate della questione della scuola polacca - rappresentate questa questione e la realizzate, ognuno a modo suo, a partire dal ministero, attraverso i provveditorati, i direttori e gli insegnanti di tutte le scuole, a tutti i livelli e di tutti i generi. Bisogna forse dare questa testimonianza, affinché sia chiara la dimensione della questione. Tale è la sua dimensione. La Chiesa - non so perché, la Chiesa - è sospettata di volere altro. La Chiesa vuole servire. E' la sua vocazione. La Chiesa vuole servire, vuole servire l'uomo, vuole servire la società.

Chiedo ai miei antichi professori, ai miei defunti insegnanti di religione, di accettare, nella comunione dei santi, questo ringraziamento che faccio a loro oggi, ringraziamento fatto da uno dei loro alunni, fatto dal Papa polacco.

Benedico di cuore voi, le vostre Famiglie e i vostri ambienti in tutta la Polonia.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-06
Giovedi 6 Giugno 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Il saluto conclusivo prima della benedizione - Olsztyn (Polonia)