GPII 1991 Insegnamenti - L'incontro con i detenuti nel carcere regionale di Plock (Polonia)

L'incontro con i detenuti nel carcere regionale di Plock (Polonia)

Titolo: Sparisca per sempre nel mondo l'ignominia dei prigionieri politici




1. "Ero... carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt 25,26).

Così dice Cristo. Il testo del Vangelo di Matteo ci permette di ascoltare queste parole, appartenenti all'annuncio del giudizio finale.

Il padre l'"ha rimesso... al Figlio" (Jn 5,22), e il Figlio nell'ultimo giorno farà quel giudizio. Lo farà nei riguardi di coloro che saranno "alla sua destra", e di coloro che si troveranno "alla sua sinistra" (cfr. Mt 25,31-46).

E Cristo giudicherà come vero Dio e vero Uomo. Vero Dio, cioè verità definitiva. Vero uomo, cioè colui, che è stato giudicato dagli uomini. Ed egli stesso è stato anche in carcere: "ero carcerato".

Ed ecco, come uno di coloro che nel corso della storia dell'umanità sperimento il carcere, Cristo, dirà a quelli che sono "alla sua destra" proprio queste parole: "Ero... carcerato e siete venuti a trovarmi". E quando essi domanderanno, meravigliati "quando"? - (quando e dove?) - risponderà: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli (più piccoli), l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

Sia dunque benedetto il momento in cui mi viene dato di visitare - nel quarto pellegrinaggio in Patria - il carcere di Plock. Ho già visitato molte volte le carceri e i detenuti negli anni del mio servizio pontificio a Roma, in Italia e in altri Paesi del mondo. In Polonia è la prima volta.

Sono qui, in mezzo a voi, cari fratelli e sorelle - (dico: Sorelle, perché parlandovi qui, nella prigione di Plock, mi rivolgo a tutte le persone detenute in Polonia) - e vi parlo come servo del Vangelo. Esso è anche il Vangelo delle carceri e dei detenuti. Cristo era un carcerato ed è stato condannato a morte. Gli apostoli sono stati dei carcerati, ed anche molti tra coloro che la Chiesa venera come santi. così dunque il Vangelo dei detenuti ha la sua lunga e complessa storia. Sicuramente anche molti di coloro che appartengono a questa storia si troveranno una volta - al giudizio finale - "alla sua destra".

In ogni caso Cristo è presente personalmente nel Vangelo dei detenuti: "Ero... carcerato e siete venuti a trovarmi". Vuole essere presente.


2. Mi rendo conto della situazione in cui vi trovate. So che le condizioni in cui vivete sono dure, spesso troppo dure e addirittura brutali. Tristemente suonano le parole di rammarico di uno di voi, che ha chiamato disumano questo sistema penitenziario.

Su questo sistema gravano troppi peccati del passato. E' stato troppo deformato. Si sa che i penitenziari del nostro Paese erano non soltanto un luogo dell'esercizio della giustizia ma spesso anche luogo di vendetta, luogo di supreme ingiustizie, della distruzione dell'uomo. Basti nominare l'occupazione, il periodo staliniano e i tempi ancor più recenti. Le carceri erano luoghi di lotta, e di regolamento dei conti con l'uomo-patriota, con l'eroe, con il portavoce di una giusta causa. Ultimamente vengono stampate, sempre più numerose, pubblicazioni sconvolgenti su questo tema. Quanto bisogno c'è di una sincera riflessione, della riflessione morale di tutta la società, su questo tema. O come il problema del sistema carcerario e tutto il settore dell'esercizio della giustizia esigono risanamento e umanizzazione. Una volta ho detto che le condizioni vigenti nelle carceri sono una delle fondamentali verifiche dello stato morale dell'autorità e della società, e della cultura di un dato Paese.


3. Per questo con gioia vengo a sapere che nel corso degli ultimi anni e mesi, molto sta migliorando nelle carceri polacche. La prima cosa che vorrei sottolineare riguarda voi, cari fratelli e sorelle, non tanto come detenuti, ma come cittadini di questo Paese: che cioè, per fortuna, nella nostra Patria non ci sono più prigionieri politici. Che questo fenomeno, ignominia dell'umanità, sparisca per sempre dal nostro globo.

Gioisco dunque, che si stia pensando e facendo sempre di più, affinché le condizioni nelle carceri polacche diventino più umane. La pena della privazione della libertà è già di per sé abbastanza gravosa e dovrebbero essere risparmiate ai prigionieri le condizioni che colpiscono direttamente la loro salute, i loro legami familiari o il senso della dignità personale. Un carcerato, ogni carcerato, che sta espiando la pena per il reato commesso, non ha cessato infatti di essere uomo. E' vero, egli è carico di debolezza, di minaccia e di peccato, forse crimine, e perfino di ritorni ostinati ad esso, tuttavia egli non è privo anche di quella possibilità meravigliosa, quale è la correzione, il ritorno in sé, la conversione dell'uomo, il rinnovare in sé l'immagine di Dio. E' vero, siete condannati, pero non siete dannati. Con l'aiuto della grazia di Dio, ognuno di voi può diventare santo. Per questo sono oggi qui con voi e, tramite voi, con tutti coloro che condividono la vostra sorte.

Soltanto quando il sistema penitenziario si basa sulla verità elementare del dinamismo della persona umana, sulla possibilità di sviluppo morale, il carcere dà ad un detenuto una reale chance di un pieno ritorno nella società. Se invece nel sistema giudiziario manca il fondamentale rispetto per la dignità umana dei prigionieri, le carceri si trasformano a volte in scuole di nuovi criminali e in luoghi dove si approfondirà l'alienazione e persino l'odio verso la società.

Cari fratelli e sorelle, ho fiducia che le nuove tendenze, di cui è fondamentale premessa la ovvia verità: che un detenuto è di fatto un uomo come gli altri, sono già arrivate nel vostro penitenziario ed in altre carceri in Polonia, e che esse si consolideranno ed approfondiranno. Spero che questo nuovo spirito trasformi anche gli atteggiamenti del personale carcerario.

Una di quelle manifestazioni di questo nuovo spirito è il fatto che i cancelli delle carceri si sono aperti ai cappellani, ai sacerdoti, pastori delle anime. Che Dio elargisca ai vostri cappellani l'amore per voi tutti e per ciascuno di voi, quando essi vengono per il servizio spirituale. Abbiano abbastanza luce perché con la dovuta delicatezza, ed insieme efficacemente, sappiano accompagnarvi e portarvi la consolazione nella vostra non facile sorte, sappiano mostrare Cristo e la liberazione che egli porta ad ogni uomo. Vi auguro dei cappellani che sappiano destare la speranza persino in un uomo caduto nella disperazione, tali che sappiano convincervi che ognuno di voi è caro, è molto caro a Dio, che Cristo è morto sulla croce per ognuno di voi.


4. Essendo oggi con voi, in mezzo a voi, voglio compiere questo servizio. Mi è caro ogni uomo, e desidero ardentemente il suo bene, tutto il bene, il bene per l'anima e per il corpo. La Chiesa desidera tale bene per ogni uomo e, a seconda delle proprie possibilità, cerca di portarglielo. Molti problemi non appartengono alla mia missione. Una volta parlai di questo nel discorso ai carcerati francesi.

Dissi: "La mia missione non è quella di esercitare la giustizia umana, sostituendomi alle istanze legali che vi hanno giudicato... Ignoro peraltro le cause diversissime della vostra detenzione, e non spetta a me neppure valutare quella che è stata la vostra responsabilità né i danni che avete potuto causare ad altri e che forse sono per voi motivo di un segreto tormento" (5 ottobre 1986).

La mia missione è destare negli uomini - e specialmente in coloro che ne hanno più bisogno - il ricordo del fatto di essere stati creati ad immagine di Dio. La mia missione è annunziare agli uomini, perfino ai più grandi peccatori, che Dio è ricco di misericordia, e che Gesù Cristo dimostrava più cuore ai pubblicani e alle adultere. Come ben sappiamo, rispondendo all'amore da parte di Gesù, i pubblicani e le peccatrici si affidavano a lui e ritrovavano la speranza, anche se prima erano immersi nella disperazione.

Sono prima di tutto ministro di Cristo e amministratore dei misteri di Dio (cfr. 1Co 4,1), e vengo da voi a nome suo. perciò vi chiedo di cuore, come ho già fatto in tanti altri luoghi: non abbiate paura di aprire i vostri cuori davanti a Lui, credete, abbiate fede nell'amore da Lui annunziato! La peggiore prigione sarebbe un cuore chiuso e insensibile, e il sommo male, la disperazione.

Auguro a voi la speranza. Vi auguro prima di tutto la gioia per aver ritrovato già ora la pace del cuore nel pentimento, nel perdono divino e nell'accettazione della sua grazia. Vi auguro di poter godere migliori condizioni di vita qui, meritando gradualmente la fiducia della società. Vi auguro di ritornare quanto prima nelle vostre case e nelle vostre famiglie, ad un normale posto nella società. Vi auguro anche, di vivere già ora degnamente, nella pace, cercando di sviluppare tra voi lo spirito di fratellanza e di amicizia.

Preghero per voi, del resto lo faccio ogni giorno, e anche voi dite ogni tanto una preghiera per me. Che la mia Benedizione papale accompagni voi e i vostri cari, come pegno di grazie e di benefici divini, del perdono di Dio, della redenzione di Dio.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-07
Venerdi 7 Giugno 1991

Nella cattedrale di Plock l'atto di devozione al Sacro Cuore di Gesù (Polonia)

Titolo: Il vostro Sinodo è un contributo al comune tesoro della Chiesa universale




1. Cuore di Gesù, Re e centro di tutti i cuori! Durante la funzione del mese di giugno il Vescovo e Pastore della Chiesa di Plock mi ha consegnato i documenti del Sinodo della vostra Diocesi. Esso - come tanti altri sinodi delle diocesi e delle province ecclesiastiche in tutto il mondo - è una di quelle "pietre vive" (cfr. 1P 2,5), attraverso le quali la Chiesa universale, in ogni Chiesa particolare e locale, intraprende la grande opera di attuazione del Concilio Vaticano II.

Il Concilio - come sappiamo - si svolgeva nel tempo in cui la Chiesa in Polonia si preparava al Millennio del Battesimo. Abbiamo cercato di partecipare al Concilio non solo mediante l'attiva presenza a Roma dei vescovi polacchi, ma anche sostenendo con la preghiera e con il sacrificio i suoi lavori (ricordiamo bene le veglie conciliari a Jasna Gora). Dal momento in cui il Concilio concluse i suoi lavori (l'8 dicembre 1965) inizio il periodo dell'assimilazione e della pratica della sua dottrina e del suo orientamento pastorale. Le singole Chiese intraprendono tale lavoro prima di tutto nei sinodi. Questo lavoro è stato intrapreso anche dalla vostra Chiesa di Plock nel suo Sinodo, il cui frutto sono i documenti consegnati nelle mie mani, qui, davanti all'altare: il riflesso del magistero conciliare e dei suoi orientamenti pastorali secondo le condizioni e i bisogni della vostra diocesi.

Rendiamo grazie al Cuore Divino di Gesù per questo lavoro della comunità del Popolo di Dio in Masovia, rivolgendogli la seguente invocazione: Re e centro di tutti i cuori, accetta il nostro contributo nell'edificazione del Corpo della tua Chiesa in prospettiva del Terzo Millennio del cristianesimo.


2. Cuore di Gesù, Re e centro di tutti i cuori. "La Chiesa - secondo le parole del Concilio - è in Cristo come un sacrarnento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1). In seguito il magistero esalta il carattere della Chiesa come "comunione" interumana, che è un particolare riflesso dell'unità Trinitaria in Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo (cfr. LG 4).

In virtù di questa comunione, il Divin Cuore del Redentore del mondo è l'inesauribile sorgente dell'unione di tutti i cuori. La Chiesa - e in essa anche la vostra Chiesa di Plock - vuole essere e realizzarsi qui, sulla Vistola, come sacramento e serva di quell'unione. Tutte le decisioni e le raccomandazioni sinodali in definitiva mirano a questo. Esse tutte - così come la Chiesa intera - "attingono dalla pienezza di questo Cuore", attingono dai "tesori della sapienza e della scienza" che dimorano nel Divin Cuore del Redentore - per servire "l'unione dei cuori" degli uomini.


3. Nello spazio di nove secoli della sua esistenza, la Chiesa di Plock si radunava molte volte nei sinodi - i quali - come indica la parola greca stessa, dovevano mostrarle la "via comune" del pensiero e dell'azione, della fede e della vita. In questo secolo ebbero un particolare significato i sinodi svoltisi durante il lungo servizio pastorale dell'Arcivescovo Antonio Giuliano Nowowiejski, il cui cinquantesimo della morte per martirio nel campo di Dzialdowo, cade nei prossimi giorni. Quei sinodi servivano al consolidamento della Chiesa e della società cattolica nel periodo seguente la riconquista dell'indipendenza, e insieme, in un certo senso, in prospettiva di una nuova prova della storia, quale divenne la seconda guerra mondiale.

Il Sinodo attuale accetta la sfida dei tempi nuovi. E', più dei sinodi passati, opera comune di tutto il Popolo di Dio. Confermando la validità degli antichi principi della vita della Chiesa, si apre allo stesso tempo verso nuovi compiti. Approfondisce la consapevolezza della Chiesa nella sua intima costituzione divino-umana, e, contemporaneamente, l'apre nella sua missione verso il mondo. All'inizio del Concilio, i Padri conciliari radunati nella Basilica di San Pietro hanno posto la domanda (simile a quella, che una volta venne posta, sul Giordano, a Giovanni Battista): "Chiesa, che cosa dici di te stessa?" (cfr. Jn 1,22). Durante il Sinodo vi siete posti analoghe domande qui a Plock, sulla Vistola: "Che cosa dici di te stessa"? Chi sei? Chi dovresti essere? Come puoi diventare così come dovresti essere - per rispondere ai "segni dei tempi" (cfr. Mt 16,3), per rispondere alle attese e alle esigenze della tua propria comunità, e indirettamente dell'intera nazione, che entra in un periodo nuovo della sua storia? Quid dicis de te ipso? In che modo devi diventare serva di quell'"unione di tutti i cuori" nel Cuore Divino del Redentore?


4. Come Vescovo di Roma, Successore dell'Apostolo Pietro, desidero ringraziarvi per questo contributo al comune tesoro della Chiesa universale. Esso è tanto più eloquente perché nel periodo attuale la via sinodale sembra particolarmente indicata e appropriata. Lo testimonia anche il Sinodo plenario della Chiesa in Polonia, che domani avrà un'apertura solenne a Varsavia. Lo testimoniano i Sinodi degli interi continenti, come il Sinodo Africano - ed anche il Sinodo europeo che è stato annunciato a Velehrad in Moravia, la città legata alla missione dei Santi Cirillo e Metodio, che sono gli apostoli degli Slavi. I lavori di questo Sinodo sono già in corso. Lo testimoniano in modo particolare i Sinodi dei Vescovi durante i quali i rappresentanti di tutti gli Episcopati della Chiesa cattolica, che hanno già assunto diversi compiti particolarmente importanti per il periodo postconciliare alla soglia dell'anno 2000 dalla nascita di Cristo.

Egli è per tutti "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6).

A lui anche - al Cuore che è la fonte e l'unità di tutti i cuori - raccomando l'antichissima Chiesa di Plock nel suo cammino verso nuovi tempi e nuovi compiti. Raccomando, voi tutti e l'opera sinodale della vostra Chiesa, a Cristo - Redentore del mondo - per mezzo del Cuore della sua Madre, che è la Madre della Chiesa. Che tutti i Santi Patroni di questa terra - in particolare il giovane Stanislao da Rostkow - ottengano che Cristo rimanga sempre "via, verità e vita" per tutti, per le generazioni contemporanee e future.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-07
Venerdi 7 Giugno 1991

Il raduno del mattino presso la residenza del vescovo di Plock (Polonia)

Titolo: Dobbiamo mostrarci veri amici dei popoli vicini ai quali ci uniscono tante esperienze storiche

Ringrazio moltissimo tutti. Comincio dai piccoli, dai bambini di Plock.

E permettete che dai bambini di Plock io vada ancora ai bambini di Chernobyl, che si trovano qui. Sono molto contento, che essi trovino ospitalità in Polonia per un periodo di riposo e di riabilitazione. Li incontro anche in Italia, a Roma, ma sono più vicini alla Polonia. Che questi bambini portino alle loro famiglie, alle loro parrocchie e alla loro patria, l'espressione del nostro amore e della comune preoccupazione. Questo è proprio il più grande comandamento, lasciatoci da Gesù: "Amatevi gli uni gli altri". L'amore reciproco si esprime soprattutto nel bisogno.

Come del resto dice un vecchio proverbio: "un amico vero si conosce nel bisogno".

Dobbiamo mostrarci veri amici di quei nostri fratelli e vicini ai quali ci uniscono tanti secoli di storia e tante esperienze storiche. Ringrazio dunque i bambini di Plock per i bambini di Chernobyl. Permettete pero, miei cari, che ringrazi anche i bambini di Chernobyl per i bambini di Plock. Non è mai così, che una persona, facendo del bene ad un altro, sia solo lei il "benefattore". Riceve anche lei dei doni, quelli che l'altro riceve con amore. Ringrazio dunque a vicenda gli uni per gli altri: quelli di Chernobyl per quelli di Plock e quelli di Plock per quelli di Chernobyl. Che il Signore lasci crescere queste nuove generazioni nella terra di Mazowsze, che esse diventino il futuro della nazione, così come prima della guerra cantavamo: "Siamo il futuro della nazione". Ero un po' più grande di voi, ma ero ancora giovane. Andavo a scuola. "Siamo il futuro della nazione, il nostro petto è pieno di forze". E si cantava ancora: "Tendiamo alla libertà della città, avanti, ma mai indietro". Ecco, questo è per i bambini.

Ancora qualcosa per i grandi. Devo ringraziare molto il servizio d'ordine, cioè i pompieri che fanno il servizio d'ordine, per aver mantenuto da soli questo ordine.

Si vede infatti che questo ordine c'è e che c'è chi lo deve mantenere indipendentemente da tutte le altre autorità dell'ordine, che ci circondano qui, ci accompagnano e assicurano l'ordine in tutto il mio pellegrinaggio.

Passo infine a tutti gli abitanti di Plock, a tutti coloro, che costituiscono la Chiesa di Plock, a tutti gli abitanti della regione Mazowsze, poiché Plock è per Mazowsze un centro storico nel senso amministrativo ed ecclesiastico. Sia lodata per questo! Tale è stato il suo grande passato; in un certo periodo della storia è stata anche capitale della Polonia.

Ieri ho avuto la fortuna di visitare ancora una volta le tombe di quei sovrani della dinastia dei Piast, che riposano qui: "Wladyslaw Herman e il suo grande figlio Boleslaw Krzywousty, i quali hanno condotto la Patria attraverso un periodo difficile alla fine del primo e all'inizio del secondo secolo della nostra storia. Che dunque questa Plock, che così profondamente si è radicata nella storia della Polonia, nella storia della Chiesa, continui a crescere e continui a permettere di crescere a tutta la grande comunità della nostra Patria. Apporti alla comunità della nostra Patria quel grande bene, che deve apportare, che appartiene al suo passato e al suo presente. Plock vuol dire la storia dei Piast, ma vuol dire anche Petrochemia, la moderna industria. Come tutti i problemi economici dei nostri tempi anche questo costituisce un compito, richiede diverse trasformazioni, ma sono convinto che con l'aiuto di Dio supererete tutto ciò sia in Mazowsze che in tutta la Polonia. Dunque dico addio a Plock e sono contento, che ci siamo potuti incontrare così cordialmente.

Sono contento perché ha smesso di piovere all'inizio della Santa Messa.

Oggi è tornata ancora la nebbia, forse perché il Papa vada con prudenza a Varsavia. Andiamo a Varsavia con l'aiuto di Dio.

Pregate, perché il Papa si comporti bene a Varsavia.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-08
Sabato 8 Giugno 1991

L'incontro con le autorità dello Stato e con il presidente della Repubblica nel Castello Reale - Varsavia (Polonia)

Titolo: Gli eventi di questo secolo ci hanno "restituiti a noi stessi"

Illustre Signor Presidente! Rappresentanti del Governo e del Parlamento! Signore e Signori!


1. Permettete che inizi con una lunga citazione: "Riconoscendo che la sorte di noi tutti dipende soltanto dal consolidamento e dal perfezionamento della Costituzione nazionale, dopo aver conosciuto, attraverso una lunga esperienza, i vecchi difetti del nostro governo, e volendo trarre vantaggio dal tempo in cui si trova l'Europa e da questo momento attuale, che sta per finire, che ci ha restituiti a noi stessi, liberi da comandi ignominiosi di prepotenza straniera, stimando più della vita, della felicità personale, dell'esistenza politica, l'indipendenza esteriore e la libertà interiore della nazione, la cui sorte è affidata alle nostre mani, volendo meritare e la benedizione e la gratitudine delle generazioni presenti e future, nonostante gli ostacoli, che le passioni in noi possono causare, per il bene comune, per il consolidamento della libertà, per la salvezza della nostra Patria e dei suoi confini, approviamo con somma fermezza di spirito la presente Costituzione e la dichiariamo completamente sacra, inalterabile, fino a quando la nazione, nel tempo stabilito dalla legge, con la sua esplicita volontà ritenesse necessario il cambiamento di qualche articolo".


2. Il passo riportato proviene da una Legge di Stato, cioè dalla Costituzione approvata il 3 maggio del 1791, duecento anni fa. Questa Costituzione giustamente può vantarsi di essere la prima nel continente europeo. E' stata preceduta soltanto dalla costituzione americana degli Stati Uniti, la quale fino ad oggi è la legge fondamentale di quella grande potenza.

Un'altra sorte tocco alla nostra Costituzione di maggio. Divenne piuttosto l'ultima parola della storia della Repubblica, che era lo stato di molti popoli. Era anche un'espressione di saggezza civica e di responsabilità politica, che arrivo purtroppo ormai tardi e non fece in tempo a frenare il processo di declino di quel grande Organismo, minacciato già allora mortalmente dall'esterno, ed anche corroso dal di dentro da una grave malattia.

Tuttavia, quella magnifica Costituzione era, allo stesso tempo, un nuovo inizio. Resi consapevoli del come avrebbe dovuto essere il moderno Stato Polacco i nostri connazionali mantennero tale coscienza che accompagno tutti coloro che durante l'epoca delle spartizioni combattevano per quella Repubblica indipendente, per essa subivano numerosi sacrifici, non risparmiando neppure la vita, per essa infine lavorarono nello spazio di alcune generazioni, sia in terra patria occupata da una triplice prepotenza, come pure fuori dai suoi confini. Bisogna, che oggi rendiamo omaggio a tutti loro. Come figlio della Nazione desidero farlo insieme a voi, Illustri Signori, ed anche a tutti i Connazionali, lungo il percorso del mio pellegrinaggio attraverso la terra patria.


3. Si può dire senza esagerazione che la Costituzione del 3 maggio approvata nel 1791, divenne la base del nuovo essere della Polonia come Stato, nel 1918 quando la sconfitta bellica di tutti e tre gli occupanti apri la strada all'indipendenza della II Repubblica.

Tuttavia anche ora, dopo i mutamenti dell'anno 1989, lo stesso documento storico merita di diventare un punto di riferimento, modello, per la nuova Costituzione, sulla quale si poggerà la vita dell'intera comunità come Stato nella III Repubblica.

Mentre approfondiamo il testo riportato sopra, ci colpiscono le significative analogie. Non si tratta anche oggi di "trarre vantaggio dal tempo in cui si trova l'Europa" al termine di questo secolo, appesantito dal ricordo di due grandi guerre mondiali, e ancor più dal ricordo dei sistemi totalitari, che, dopo la caduta di uno di essi, continuavano a produrre frutti nelle decisioni politiche di Yalta? Non si può, allo stesso tempo, dire che gli eventi di questo secolo "ci hanno restituiti a noi stessi", come l'esprimono gli artefici della Costituzione di duecento anni fa? Si. Siamo stati "restituiti a noi stessi". Ha contribuito a ciò il corso degli eventi nei quali la Nazione polacca ebbe la sua parte attiva. Nella prima guerra mondiale, questa parte attiva si è distinta prima di tutto (anche se non esclusivamente) come sforzo armato fino alla battaglia presso Varsavia, nell'agosto del 1920. Nella tappa del dopo-Yalta questa parte attiva si distinse prima di tutto come un movimento cosciente in difesa della soggettività della società annientata dal sistema totalitario. Quel movimento raggiunse la sua forma più completa sin dal 1980 nella "Solidarnosc" polacca, e nonostante il Sindacato fosse stato privato della sua legalità durante lo stato di assedio, esso non cesso di agire nella stessa direzione, quell'agire dimostro di essere efficace.

Permettetemi pero di riportare a questo punto le parole di un filosofo polacco contemporaneo, che indicano ancora un'altra dimensione dei processi storici. Ecco quello che scrive: "Oggi l'umanità costituisce un intreccio abbastanza compatto di nazioni unite strettamente da diversi legami. Ogni nazione e ogni individuo ha la propria vocazione. Essa non è stabilita in modo univoco, ammette diverse varianti. Oggi non è possibile intendere il mondo diversamente che in dialogo con Dio, che chiama, riapre ciò che l'uomo guasta e continuamente ci dà nuove chance".


4. I due secoli che ci separano dall'approvazione della Costituzione del 3 maggio, erano anche il tempo di un tale dialogo con Dio. Esso non si svolgeva soltanto nel nascondimento dei cuori degli uomini e delle umane coscienze. Questo dialogo divenne il contenuto di ciò che in diversi modi è stato annotato, il che determinava un periodo particolare nella storia della cultura polacca, specialmente della letteratura. Questa stesura continua nelle nuove generazioni - e bisogna che duri. E' stata infatti un particolare commento alla Costituzione del 3 maggio. Indicava e continua ad indicare la strada verso la nostra identità polacca nell'Europa: l'identità come una società e come una comunità politica.

Ciò è importante, alla soglia della III Repubblica quando, "restituiti a noi stessi" cerchiamo sempre ancora la via verso "se stessi", ad una forma politica, ed anche economica di questa sovrana soggettività, che è la nostra parte. Permettetemi di citare ancora una volta le parole di un pensatore d'oggi, questa volta non un polacco ma un italiano, che con una particolare perspicacia approfondisce la nostra specificità polacca: "I Polacchi - egli scrive - possono o semplicemente entrare nella società consumista, occupandovi - se andrà loro bene - l'ultimo posto, prima che questa chiuda definitivamente le sue porte ai nuovi arrivati, oppure contribuire alla riscoperta della grande, profonda autentica tradizione dell'Europa, allo stesso tempo proponendo ad essa l'alleanza: del libero mercato e della solidarietà".

La solidarietà infatti ha ormai superato i confini della Polonia. E' divenuta un elemento del pensiero ed una esigenza morale per il mondo contemporaneo, non solo per l'Europa. Su questo tema ho già parlato quattro anni fa sul Baltico e, dopo, esso è trattato in una forma ancor più completa nelle encicliche "Sollicitudo Rei Socialis" e nella "Centesimus Annus".

Speriamo dunque che introducendo il libero mercato, i Polacchi non cessino di consolidare in se stessi l'atteggiamento di solidarietà e di approfondirlo. Un importante elemento di tale atteggiamento è la sollecitudine per i diritti umani, cominciando dal più importante di essi, il diritto alla vita. Si tratta non solo di pretendere questi diritti per se stessi. Solidarietà vuol dire anche adoperarsi per il rispetto dei diritti di tutti coloro che hanno subito torti e dei più deboli. Specialmente di coloro che non sanno difendersi da soli.

La vera solidarietà deve essere integrale. Non è dunque lecito escludere da essa i figli concepiti. Anche essi, come tutti gli altri esseri umani, hanno diritto alla vita.


5. "Nel nome di Dio unico nella Santissima Trinità". La Legge Governativa del 3 maggio 1791 inizia con l'invocazione del nome di Dio. Come figlio della nazione polacca e allo stesso tempo Successore di San Pietro nella sede dei vescovi di Roma, anch'io ricorro a quel Nome Santissimo davanti a voi, che qui rappresentate le autorità della Repubblica all'inizio di un nuovo periodo della sua storia.

Come allora così anche ora "l'indipendenza esteriore e la libertà interiore della Nazione", la sua sorte, "è affidata alle vostre mani". Dunque, vigilate anche voi - come una volta gli artefici della Costituzione del 3 maggio - "per poter meritare la benedizione, la gratitudine delle generazioni di oggi e di quelle future", e ciò "nonostante gli ostacoli che le passioni anche in voi (come una volta nella generazione del 3 maggio) possono causare" nella loro molteplice forma. Nonostante tutto. La libertà è sempre una sfida. E l'autorità è la sfida della libertà. Non si può esercitarla diversamente che servendo! Vi auguro dunque, e per questo ogni giorno prego ardentemente, che possiate esercitare l'autorità a voi affidata "per il bene comune, per il consolidamento della libertà", memori, che la libertà non viene consolidata diversamente che mediante la verità. Cristo disse: "La verità vi farà liberi" (Jn 8,32).

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-08
Sabato 8 Giugno 1991

La celebrazione del "Te Deum" nel bicentenario della Costituzione del 3 maggio 1791 - Varsavia (Polonia)

Titolo: Ti ringraziamo, Dio, di essere polacchi. Ora insegnaci ad essere veramente liberi




1. "Insegnaci ad essere liberi".

Le parole ambrosiane dell'inno "Te Deum Laudamus" - magnifica eredità della Chiesa dei primi secoli - risuonavano qui, in questa cattedrale, il 3 maggio dell'anno 1791. Due secoli fa. I nostri antenati, coloro ai quali dobbiamo l'opera della Costituzione approvata in quel giorno sotto la presidenza del re Stanislao Augusto, portarono il frutto dei loro lavori "davanti ai tuoi altari": Dio Santo, Dio forte, Dio Santo ed immortale - Dio dei nostri padri, nostro Padre Santissimo! In tale modo esprimevano la convinzione che la Costituzione cioè la "Legge fondamentale" (Legge del governo), come opera umana, va riferita a Dio. Lui è la Somma Verità e Giustizia. Occorre che la legge stabilita dall'uomo, dall'umana autorità legislativa, rispecchi in sé l'eterna Verità e l'eterna Giustizia quale è Egli stesso - Dio di infinita maestà: Padre, Figlio e Spirito Santo.


2. I nostri avi l'espressero nella cattedrale di San Giovanni di Varsavia, duecento anni fa. Noi veniamo oggi nello stesso luogo non solo per ricordare quell'evento - veniamo contemporaneamente per trasferire nella nostra epoca la stessa sollecitudine, che allora assillava gli artefici della Costituzione del 3 maggio: la stessa sollecitudine per il bene comune della Repubblica, la stessa responsabilità.

Per questo il nostro "Te Deum", l'inno di gloria a Dio, si trasforma in una fervida preghiera, di ringraziamento prima e d'impetrazione poi: "Ti ringraziamo, Dio di essere Polacchi. Consapevoli pero dei nostri peccati e dei nostri vizi, ti preghiamo: dacci di mettere ordine nella casa patria. Liberaci dalle schiavitù dello spirito. E così come in modo miracoloso ci hai fatto attraversare, con piede asciutto, il "Mar Rosso" - insegnaci ad essere liberi".


3. così abbiamo pregato un momento fa, pieni di sollecitudine per l'oggi e per il futuro della Patria, avendo davanti agli occhi la Legge governativa, conosciuta sotto il nome di Costituzione del 3 Maggio.

Non si può non ringraziare la Divina Provvidenza per il fatto che un tale documento si presento alla soglia degli ultimi due secoli della nostra esistenza storica.

Esso sorprende per la maturità e la saggezza della verità ivi contenuta.

Parla in esso l'anima della nazione - o piuttosto l'anima di molte nazioni che, insieme ai Polacchi, costituivano la Repubblica di allora - della nazione che intuisce le minacce provenienti non solo dall'esterno ma anche dall'interno delle proprie azioni e operazioni. L'amore per la libertà degenero nell'abuso della libertà. Ed ecco gli artefici della Costituzione scoprono questo "dovere collettivo" (C.K. Norwid, Pisma Polityczne i Filozoficzne, "Scritti politici e filosofici", Londra, 1957, p. 52), quale deve diventare l'intera società se vuole assicurare la propria libertà e la propria esistenza.

Dopo due secoli apprezziamo ancor più pienamente la portata di questo documento: vi leggiamo la verità sulla Polonia, radicata nel passato e allo stesso tempo protesa nel futuro. E per questo la Costituzione del 3 Maggio era un documento profetico e provvidenziale, proprio in quel momento storico, di fronte al pericolo ormai prossimo della perdita della libertà. Essa fece si che non fu possibile togliere alla Polonia la sua reale esistenza nel continente europeo, perché tale esistenza era stata registrata con le parole della Costituzione del 3 Maggio. E queste parole, avendo la forza della verità, si dimostrarono più forti della triplice prepotenza, che si abbatté sulla Repubblica. Le parole di questa verità si dimostrarono "creative". I figli e le figlie di questa terra non cessarono di credere nel "rinnovamento del suo volto" sotto il soffio dello Spirito Santo che ispiro gli artefici della Costituzione del 3 Maggio.


4. Il Papa Pio Vl invio la sua benedizione ed espressioni di un profondo apprezzamento al re e agli artefici della Costituzione. Oggi si presenta in mezzo a voi un figlio di questa terra, chiamato da Cristo come successore di San Pietro nella sede romana nei nostri tempi.

Egli vive quell'evento di duecento anni fa allo stesso tempo come uno di voi. La tradizione del 3 Maggio appartiene ormai alla storia della sua anima, così come appartiene alla storia dell'anima di tutti i connazionali.

Il nostro odierno grido di preghiera: "insegnaci ad essere liberi", era attuale allora, duecento anni fa. La Costituzione del 3 Maggio ne era la risposta essenziale. Tutti sentiamo, quanto questo grido sia attuale oggi, dopo duecento anni.

La libertà non si può soltanto possederla, non si può consumarla.

Occorre costantemente conquistarla e formarla.

Vergine Madre di Dio! Tu che noi, da secoli, osiamo chiamare Regina della Polonia - in particolare il 3 maggio! In questo santuario di San Giovanni, nella capitale, che due secoli fa udiva il "Te Deum" dei nostri antenati il giorno dell'approvazione della Costituzione del 3 Maggio, ci presentiamo oggi che siamo alla soglia della III Repubblica. Si presentano la Nazione e il Parlamento, il Presidente dello Stato e il Governo. Che la stessa verità e saggezza, espressa nella Costituzione di maggio, formi l'ulteriore futuro della repubblica in spirito di giustizia e d'amore sociale per il bene di tutti gli uomini e la gloria di Dio.

Amen.(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-08
Sabato 8 Giugno 1991


GPII 1991 Insegnamenti - L'incontro con i detenuti nel carcere regionale di Plock (Polonia)