GPII 1991 Insegnamenti - Alla Conferenza Permanente del Ministero degli Interni - Città del Vaticano (Roma)

Alla Conferenza Permanente del Ministero degli Interni - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'oscuramento della distinzione tra bene e male




1. Sono lieto di accoglierla, Signor Ministro degli Interni, insieme con questa delegazione di persone che prenderanno parte alla prima sessione della Conferenza Permanente del Ministero degli Interni, sul tema "La cultura della legalità".

Rivolgo a ciascuno un deferente saluto, augurando buon esito ai lavori che si svolgeranno nei prossimi giorni. Le crescenti problematiche e difficoltà, che la società in questi anni incontra per il rapido evolversi delle sue strutture e dei modelli di riferimento, accrescono le preoccupazioni di quanti con senso di responsabilità guardano verso il futuro. Essi non possono, infatti, ignorare il clima di "crisi" che attualmente investe sia le istituzioni pubbliche sia le varie strutture sulle quali la convivenza umana si fonda e fra queste, in primo luogo, la famiglia. Giunge, pertanto, opportuno l'incontro promosso dal vostro Ministero, al fine di riflettere sul tema "La cultura della legalità", ed offrire un contributo alla promozione di una nuova qualità della vita nella società italiana.


2. Analizzando le cause che hanno ingenerato in non poche coscienze una sorta di eclissi del senso stesso della legalità, si è spinti a risalire verso quel più generale indebolimento del senso dei valori, che le analisi sociologiche vanno da tempo rilevando. La crisi dell'"idea di dovere", sia nello Stato che nei privati, l'impugnazione del "principio di autorità", sostenuta da ideologie massificanti, l'oscuramento della distinzione fra bene e male morale, accompagnato da un crescente cedimento a modelli permissivi, sono altrettanti fattori che influiscono in modo determinante sull'odierna crisi della legalità nella convivenza civile.

Conseguenza di ciò è quanto sottolineavo nel corso della mia visita pastorale a Napoli, nel novembre del 1990, quando annotavo: "La non infrequente violazione dei principi che dovrebbero informare le relazioni sociali, la prevalenza di particolarismi, l'illegalità diffusa hanno posto in crisi le istituzioni, inducendo il distacco dei cittadini da esse, anche per l'uso che talvolta di esse viene fatto a scopi privati" (Napoli, Discorso agli Amministratori pubblici, 10 novembre 1990). Non si deve, infatti, dimenticare che l'affermazione meramente "formale" della legalità senza effettiva incisività negli interventi concreti finisce per favorire una illegalità di sostanza, fatta di compromesso e di corruzione, con la conseguenza dell'affermarsi di un diffuso malessere che incrina alla base quel consenso sociale che, com'è noto, è il fondamento stesso della civile convivenza.


3. Pur essendo i problemi, a cui voi volgete il vostro interesse, primariamente politici, sociali ed economici, non v'è dubbio, pero, che la loro radice è, in definitiva, di ordine etico e spirituale. Si tratta, infatti, di "meccanismi perversi che appartengono a quelle "strutture di peccato" che hanno il loro fondamento nelle colpe personali, in quanto collegate ad atti concreti delle persone, che le introducono, le consolidano e ne rendono difficile la rimozione" (Ibidem). E' chiaro, pertanto, che ogni azione mirante al ricupero della legalità deve necessariamente partire dalla riaffermazione di questi valori fondamentali, senza i quali l'uomo è offeso nella sua dignità originaria e la società è intaccata nel suo nucleo più profondo.


4. A tale vasta opera di riflessione e di ripresa la Chiesa, pur consapevole che "in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e che non è legata ad alcun sistema politico" (GS 76), sente il dovere di offrire il suo peculiare apporto. Sua missione, infatti, è di contribuire ad "estendere il raggio di azione della giustizia e dell'amore all'interno di ciascuna nazione e tra le nazioni" (GS 76). In quest'ottica mi sembra opportuno richiamare l'urgenza che chiunque è in posti di responsabilità s'impegni a ricucire la frattura tra morale e società, nella consapevolezza del "peso eccessivo assunto dalla mediazione politica, che spesso finisce col deformare profondamente la struttura di base della vita associata" (Discorso agli Amministratori, cit., 10 novembre 1990). Ciò richiede un notevole sforzo di "ricupero di moralità personale e sociale" in ordine ad un rinnovato senso di responsabilità nell'agire pubblico. Tutti devono sentirsi chiamati in causa, a cominciare dai vari soggetti sociali, sia pubblici che privati, i quali recheranno il proprio contributo mediante la crescente formazione dei loro esponenti e la valorizzazione delle molteplici forze di volontariato.


5. Bisogna adoperarsi per l'incremento dell'autentico benessere della popolazione.

Ricuperare la legalità, infatti, significa anche perseguire modelli di sviluppo a dimensione più umana, nei quali l'autorità abbia un ruolo di promozione del bene comune e ad ogni diritto corrisponda un dovere.

"E' necessario - ho scritto nella recente Enciclica Centesimus annus - adoperarsi per costruire stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le varie scelte" (CA 36), così da assicurare a tutti condizioni di sicurezza nella convivenza e di solidarietà nella condivisione, con particolare sollecitudine per i più deboli e indifesi.

Auspicando che dalla prima sessione della vostra Conferenza permanente scaturiscano orientamenti utili e contributi proficui per il recupero della "cultura della legalità", assicuro un particolare ricordo nella preghiera e porgo a tutti un benedicente saluto.

Data: 1991-07-08
Lunedi 8 Luglio 1991

Ai Vescovi del Lazio in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Curare la formazione permanente dei sacerdoti




1. Venerati fratelli nell'episcopato della provincia ecclesiastica del Lazio, siate i benvenuti in questa vostra visita "ad limina Apostolorum". Saluto ciascuno di voi con affetto del tutto particolare, a cominciare dal mio "Vicario", il neo-eletto Cardinale Camillo Ruini. Infatti, se è vero che, come Successore di Pietro, condivido con i fratelli nell'Episcopato sparsi nel mondo la sollecitudine per tutte le Chiese, da questa medesima cattedra di Pietro, come Vescovo di Roma e Metropolita della provincia ecclesiastica del Lazio, condivido con voi, in maniera speciale, la sollecitudine per le Chiese di questa regione, che hanno in Roma il loro centro non solo geografico ma anzitutto ecclesiale. Nell'ambito delle nostre responsabilità pastorali, il recente Sinodo dei Vescovi ci invita a porre particolare cura e attenzione ai presbiteri, primi collaboratori del nostro ministero. Vorrei pertanto tracciare con voi alcune linee orientatrici, che possono sostenere nei prossimi anni il nostro impegno per la formazione dei seminaristi e per la formazione permanente dei presbiteri, e nel contempo per una sempre più incisiva pastorale delle vocazioni sacerdotali, imperniata sulla famiglia e sul mondo giovanile.


2. La cura della formazione sacerdotale e della pastorale vocazionale si inserisce come momento privilegiato in quel programma di nuova evangelizzazione che ho delineato con voi nella vostra precedente visita dell'aprile 1986. So quanto lavoro avete compiuto in questi cinque anni per far convergere le diverse componenti ecclesiali in uno sforzo comune, alla ricerca di metodi, linguaggi e strumenti adatti a realizzare la "rievangelizzazione" del Lazio. Il frutto di questo lavoro, che incoraggia la nostra speranza ed invita ad ulteriore impegno, è un primo rinvigorimento della vita di fede delle nostre comunità. Accanto alla valorizzazione delle tradizioni di religiosità popolare, il cui significato oggi è sempre meglio riconosciuto, si sono così sviluppate forme di riscoperta personale e comunitaria dell'originalità dell'esperienza di fede. Il diffondersi nelle nostre comunità di un contatto più approfondito con la parola di Dio, di iniziative di catechesi e di preghiera, di nuove testimonianze di solidarietà cristiana rappresenta una generosa seminagione, dalla quale è lecito attendere, con la grazia del Signore, buoni frutti anche in un contesto sociale e culturale ormai profondamente segnato dalla secolarizzazione.


3. Le sfide che ci attendono sono comunque assai impegnative: occorre annunciare in modo vivo e credibile contenuti e stili di vita evangelici al mondo giovanile, spesso frammentato e interiormente svuotato; ricostruire il tessuto della comunità cristiana attraverso l'evangelizzazione delle famiglie, chiamate a divenire le prime evangelizzatrici all'interno della parrocchia; innervare la realtà sociale, civile ed economica dei valori della coerenza, della giustizia e della carità cristiana, mediante l'impegno apostolico di laici preparati e consapevoli delle proprie possibilità e responsabilità. Queste urgenze reclamano un numero adeguato di sacerdoti intelligenti, capaci, disponibili, mossi da autentica carità pastorale e fondati su una solida spiritualità, animati da un amore alla Chiesa che si traduca in esemplare capacità di collaborare alla sua edificazione, fortificati da un'adesione piena e personale alle verità che annunciano. Di qui la nostra primaria attenzione alla formazione sacerdotale e ad una vigorosa ed efficace azione di pastorale vocazionale.


4. Come già ho avuto occasione di sottolineare, gli interventi del Sinodo, nell'approfondire il tema dell'identità del sacerdote in relazione alla sua formazione, "hanno manifestato la coscienza del legame ontologico che unisce il presbitero a Cristo, sommo Sacerdote e buon Pastore. Quest'identità sottende alla natura della formazione che dev'essere impartita in vista del sacerdozio, e quindi lungo tutta la vita sacerdotale" (Discorso conclusivo al Sinodo 1990). Cari fratelli Vescovi del Lazio, a questo principio fondamentale dobbiamo ispirare ogni nostro impegno ed iniziativa, nella formazione dei seminaristi, nella formazione permanente del clero e nella stessa pastorale vocazionale. Accompagnamo quindi con vigile cura, con l'affetto, la preghiera, la vicinanza personale l'opera formativa dei nostri Seminari, minori e maggiori, sforzandoci sempre di assicurare ad essi la guida e il servizio di sacerdoti esemplari, in grado di essere autentici formatori, modelli di preghiera e di spirito sacerdotale. Diamo anche costante attenzione alla qualità dell'insegnamento che viene proposto ai seminaristi, affinché la loro educazione intellettuale possa sempre congiungere a un adeguato livello scientifico un'aderenza integrale e per così dire "connaturale" alla verità cristiana, come essa è proposta dal Magistero vivo della Chiesa.


5. Inoltre, come il recente Sinodo ha confermato, è avvertita da tutti la necessità della formazione permanente dei presbiteri. "Tale formazione viene impartita e vissuta all'interno del presbiterio, nel clima di amicizia sacerdotale e di comunione col proprio Vescovo, come processo di maturazione continua e di identificazione con Cristo Sacerdote, che deve durare per tutta la vita del sacerdote, sostenendone la fedeltà" (Sinodo 1990, Proposizioni Finali, 3.4).

Bisognerà pertanto curare che la formazione permanente non sia concepita come semplice proposta di corsi di aggiornamento teologici e pastorali, per quanto utili e necessari, ma costituisca, molto più ampiamente, per ogni sacerdote un cammino di comunione col Vescovo e col presbiterio, finalizzato al progresso spirituale ed intellettuale di ciascuno ed ad un costante confronto ed aggiornamento delle strategie pastorali. Ciò stimolerà il sacerdote a leggere nella propria vita ministeriale le manifestazioni della pedagogia che il Signore usa con ciascuno per farlo crescere nell'identificazione con Cristo e quindi nella sua personale santità (cfr. LG 41). Conosco bene, venerati fratelli, le difficoltà che si incontrano nel promuovere la formazione permanente del clero, intesa in questo suo pieno significato, ma esse non devono disanimarci: tale formazione rimane infatti un'esigenza primaria della pastorale e rappresenta per noi Vescovi un'occasione preziosa per esercitare quella dimensione essenziale del nostro ministero che consiste nell'essere "padri, fratelli ed amici" di tutti i nostri sacerdoti (Sinodo 1990, Messaggio dei Padri Sinodali, III).


6. Altro tema essenziale del nostro servizio episcopale è lo sviluppo di un'efficace ed incisiva pastorale delle vocazioni sacerdotali, inserita in maniera organica nell'ambito della pastorale diocesana. Anche nel Lazio, nonostante qualche confortante progresso negli ultimi anni, soffriamo per la mancanza di sacerdoti, cui fa riscontro un accrescimento delle responsabilità e del carico di lavoro dei singoli presbiteri. Lo sviluppo della corresponsabilità dei laici nella vita e nell'apostolato della Chiesa si rivela sempre più necessario ed essenziale, ma non può supplire alla carenza di sacerdoti; al contrario, fa maggiormente risaltare la necessità del loro specifico ministero. L'impegno pastorale per le vocazioni sacerdotali ha come suo spazio naturale il mondo dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani, ma si inserisce nel contesto più generale di un'educazione a leggere la vita del cristiano come risposta alla vocazione divina.

Richiede inoltre un'opera di evangelizzazione capillare, unita a forme appropriate di catechesi e di accompagnamento vocazionale. Assume qui importanza primaria la direzione spirituale personale. Gesù nel Vangelo chiama per nome i suoi Apostoli e li cura con speciale dedizione, uno per uno. E' necessario pertanto preparare e stimolare tutti i sacerdoti, in particolare i più giovani, a questa essenziale dimensione del loro ministero. Egualmente vitale è il ruolo della famiglia nella pastorale vocazionale. Come già ebbi a ricordare, "l'evangelizzazione nel futuro dipende in gran parte dalla "Chiesa domestica"" (Discorso a Puebla, Insegnamenti, vol. II, 1979, 229). Deve quindi essere non solo oggetto, ma anche soggetto della pastorale vocazionale. In quelle famiglie che sono autentiche "Chiese domestiche" i figli, oltre al dono della vita, ricevono infatti il dono dell'educazione alla fede e, attraverso l'esempio dei genitori, possono imparare a leggere la propria vita come vocazione e a rendersi disponibili alla volontà di Dio. Cari fratelli, il Signore Gesù ha voluto legare la grazia delle vocazioni sacerdotali alla preghiera incessante della Chiesa: "Pregate il Padrone della messe" (Mt 9,38). Non stanchiamoci di stimolare a questa preghiera le comunità che ci sono affidate: così facendo assicureremo, infatti, il futuro delle nostre Chiese.


7. Prima di terminare questo incontro fraterno, desidero rivolgere uno speciale pensiero ai Vescovi che hanno lasciato il servizio attivo nelle Diocesi. Rinnovo qui l'espressione della mia personale gratitudine al Signor Cardinale Ugo Poletti, che per tanti anni è stato al mio fianco nella guida pastorale della diocesi di Roma.

Voglia lo Spirito Santo ricolmarci tutti dell'abbondanza delle sue consolazioni. Maria Santissima, nostra dolce Madre, ci protegga nel cammino della vita e ci sostenga nelle difficoltà del ministero. Imparto di cuore a ciascuno di voi la Benedizione Apostolica, estendendola ai vostri sacerdoti e collaboratori, ai seminaristi, ai diaconi e alle famiglie religiose, ai laici impegnati nei diversi ministeri, alle popolazioni tutte di questa amata terra del Lazio.

Data: 1991-07-08
Lunedi 8 Luglio 1991

Lettera ai Patriarchi e Vescovi del Libano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Affinché tutti "vadano e portino frutto"

Ai Patriarchi, Arcivescovi e Vescovi cattolici del Libano.

"Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).

Il successore dell'Apostolo Pietro è felice di rivolgersi a voi, venerabili fratelli, che siete anche voi i successori degli Apostoli in terra libanese. Questo messaggio e la presenza tra voi del mio Inviato, il Signor Cardinale Roger Etchegaray, vogliono esprimere il mio grande desiderio di essere accanto a voi per invocare insieme lo Spirito Santo e per riflettere sui programmi dell'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al Libano che ho annunciato, con le Loro Beatitudini i Patriarchi, lo scorso 12 giugno.

Quest'iniziativa vuol essere, innanzitutto, una risposta alle esigenze che derivano dalla responsabilità pastorale che ci è stata affidata da Cristo: come favorire un rinnovamento spirituale autentico delle comunità cattoliche in Libano? Come farle divenire una realtà sempre più dinamica, renderle capaci d'ispirare i loro membri in modo che, in una società in piena trasformazione, possano incarnare nella vita di ogni giorno i valori religiosi che appartengono al loro patrimonio e che i loro concittadini di altre famiglie spirituali apprezzano e attendono? Rispondere in maniera adeguata a queste domande esige un impegno forte ed una grande generosità da parte dei Pastori e dei fedeli. Si tratta di iniziare un cammino di preghiera, di sacrificio e di riflessione che sarà, in realtà, un esame di coscienza. Esso dovrebbe consentire a ciascuno di discernere meglio quanto bisogna consolidare o riformare, quali sono le priorità pastorali da porre in evidenza ed un piano di azione apostolica da elaborare.

La scelta di un'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi è, d'altronde, significativa. Una tale Assemblea si pone, infatti, nel quadro della collegialità episcopale ed è una particolare espressione della responsabilità che il Collegio dei Vescovi ha, con il Romano Pontefice e sotto la sua direzione, nei confronti della Chiesa universale.

Quest'Assemblea sarà un segno eloquente che voi, Patriarchi e Vescovi della Chiesa in Libano, non siete soli a portare il carico della responsabilità pastorale, ma che lo assumete insieme ai Vescovi di tutto il mondo che lo Spirito Santo "ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio" (Ac 20,28).

La presidenza del Vescovo di Roma, la partecipazione dei responsabili della Curia romana e dei rappresentanti di alcuni episcopati dimostreranno che è tutta la Chiesa ad impegnarsi nella preghiera e nella riflessione con voi, condividendo le vostre aspirazioni spirituali e i vostri progetti pastorali.

Sarete inoltre aiutati dal Segretario generale del Sinodo, Mons. Jan Schotte, che porrà generosamente a vostra disposizione la sua apprezzata competenza, e da esperti la cui assistenza sarà particolarmente preziosa nella fase preparatoria di questo tanto importante evento ecclesiale.

L'Assemblea speciale sarà dedicata unicamente alla Chiesa in Libano, chiamata a testimoniare il Vangelo nella realtà tanto complessa del vostro paese: si tratterà di discernere le urgenze e le necessità pastorali nell'attuale contesto, con una nuova visuale ed un rinnovato slancio apostolico. Il periodo di preparazione costituirà un tempo privilegiato di comunione ecclesiale che, d'altra parte, potrà durare molto. Sarà il momento in cui, sotto la vostra responsabilità, tutte le forze vive delle vostre comunità - sacerdoti, religiosi, religiose, parrocchie e gruppi apostolici e di carità - saranno chiamati a fare l'esperienza della revisione di vita e del discernimento ecclesiale affinché tutti "vadano e portino frutto" (cfr. Jn 15,16).

Concluso questo compito, i Padri sinodali raccoglieranno infine i risultati di questo tempo d'intensa riflessione. Vi troveranno un'ispirazione per formulare le indicazioni e le direttive pastorali più adeguate perché in ogni fedele del popolo di Dio in Libano, rigenerato dal battesimo in Cristo, sia rafforzato "l'uomo nuovo" e che ognuno risponda il meglio possibile, con coerenza e fedeltà al suo comandamento: "mi sarete testimoni" (Ac 1,8).

A voi, cari fratelli nell'Episcopato, chiedo di esortare sin d'ora i vostri fedeli a prendere parte attiva a questo sforzo esigente di rinnovamento ecclesiale ed apostolico. Affido a Nostra Signora di Harissa la futura Assemblea sinodale e tutti coloro che ne saranno protagonisti risoluti e creativi.

"Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace..., perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo" (Rm 15,13)! Che la sua Benedizione discenda su di voi! (Traduzione dal francese)

Data: 1991-07-08
Lunedi 8 Luglio 1991

Messaggio televisivo ai cattolici libanesi

Titolo: Vi esorto a conservare speranza e fiducia

Desidero innanzitutto rivolgermi cordialmente a tutti i Libanesi per assicurarli ancora una volta che il loro Paese e loro stessi occupano un posto particolare nel mio cuore. Nelle loro prove sono stato vicino a loro e continuo ad esserlo.

Oggi, vorrei esortare ognuno di voi a conservare speranza e fiducia.

Che Dio allontani definitivamente dal vostro paese gli orrori della guerra, e, soprattutto, aiuti i Libanesi a considerarsi gli uni gli altri come fratelli! Le armi sembrano tacere. E più facile ora riunire tutte le energie e la buona volontà per ricostruire, con nobiltà e in libertà, una società degna della vocazione storica del Libano.

In questo compito, i Libanesi cattolici sono chiamati in modo particolare alla purificazione dei cuori, nel momento in cui si accingono ad intraprendere un lungo lavoro di riflessione per preparare l'assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al Libano. Si tratta di un momento importante per le Chiese Cattoliche in Libano, che si interrogheranno su se stesse, sulla loro fedeltà al Vangelo di Cristo e sul loro impegno a viverlo concretamente ogni giorno.

Questo impegno dei cattolici libanesi sarà accompagnato nel mondo intero da quello dei loro fratelli nella fede, che vi parteciperanno soprattutto con la preghiera e la solidarietà.

Con una lettera che ho rivolto ai Patriarchi e ai Vescovi cattolici del Libano e che è stata loro portata dal mio Inviato speciale, il Cardinal Roger Etchegaray, ho confermato l'annuncio dell'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi e ho richiesto che se ne cominci la preparazione. In un primo tempo, un comitato speciale elaborerà un documento che verrà diffuso in tutte le comunità cattoliche del Libano e che servirà da guida per la riflessione e la preghiera.

Sarà un periodo durante il quale i cattolici libanesi - sacerdoti, religiosi o laici - sotto la direzione dei Patriarchi e dei Vescovi, saranno chiamati a dare il loro contributo a riscoprire le radici profonde della loro fede e a liberarsi di tutto ciò che impedisce loro di vivere con coerenza ed autenticità il Messaggio di Cristo. Ogni cattolico sarà chiamato, quale battezzato nel Cristo Gesù, ad unirsi alla sua morte ed alla sua risurrezione (cfr. Rm 6,3-5). Sarà un momento di mobilitazione spirituale.

Le proposte derivanti da quest'esame di coscienza costituiranno il materiale che sarà sottoposto a suo tempo all'Assemblea dei Padri sinodali, presieduta dal Vescovo di Roma, e a cui parteciperanno i membri della Curia romana e i rappresentanti di diverse Conferenze Episcopali.

Esorto quindi i Patriarchi, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e tutti i fedeli delle Chiese cattoliche in Libano ad intraprendere attivamente e generosamente la preparazione dell'evento storico che questa Assemblea sinodale rappresenterà.

Che ognuno di voi, con intensa preghiera, si metta all'ascolto di "ciò che lo Spirito dice alle Chiese" (Ap 2,7), in modo che l'Assemblea sinodale possa costituire il frutto della vita dello Spirito nei vostri cuori e della vitalità delle vostre comunità! Nell'annunciare a tutta la Chiesa questa iniziativa particolare, esprimo la mia fervida speranza e la mia fiducia nell'aiuto delle altre Chiese cristiane in Libano. Mi rivolgo ora ai Patriarchi, ai Vescovi ed ai fedeli di queste Chiese: vi ripeto che io stesso, i Patriarchi, i Vescovi ed i fedeli cattolici del Libano, contiamo sulla vostra preghiera e, con voi, imploriamo il dono dello Spirito, affinché sappiamo rispondere adeguatamente all'invito alla conversione che ci viene rivolto in questa occasione provvidenziale.

Da voi, ci aspettiamo anche una fraterna collaborazione per far meglio fruttificare le ricchezze spirituali delle antiche Chiese d'Oriente, che sono state la culla della nostra fede.

Vorrei infine rivolgermi a tutti i Libanesi di fede islamica, i cui responsabili religiosi hanno già voluto esprimere la loro soddisfazione per il desiderio dei loro concittadini cattolici di intraprendere il cammino del sinodo.

Confido che essi continueranno a sostenerli con il loro incoraggiamento e vedranno in questo evento una realtà che arricchirà tutta la società libanese e la aiuterà a superare gli ostacoli e le incomprensioni create dalla violenza e dalla guerra.

Nel ribadire che un'autentica purificazione dei cuori è il contributo più prezioso che ogni libanese possa offrire ai suoi concittadini e alla sua patria, invoco la benedizione di Dio su tutti i Libanesi e affido all'intercessione della Beatissima Vergine Maria il buon svolgimento e la riuscita dell'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al Libano.

Che Dio sia sempre con voi.

Data: 1991-07-11
Giovedi 11 Luglio 1991

Messa con Beatificazione - Valsusa

Titolo: La speranza della nostra chiamata




1. "Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo... ci ha scelti... per essere santi" (Ep 1,3-4). Carissimi fratelli e sorelle, con queste parole dell'odierna liturgia, tratte dalla Lettera agli Efesini, saluto tutti voi, che siete oggi qui radunati per partecipare alla beatificazione di Monsignor Edoardo Giuseppe Rosaz, figlio della vostra terra e Vescovo della Diocesi di Susa. Nella prima Lettera Pastorale salutava così la Comunità diocesana che la Provvidenza divina gli aveva affidato: "Nel Nome del Signore vengo a voi... abbraccio come Sposa la Chiesa segusina, che fin dagli anni della mia giovinezza ho seguito con venerazione e con amore". Ed aggiungeva: "Sono qui, in mezzo a voi: ricevetemi - vi prego - con animo benevolo; farmi tutto a tutti, guadagnare tutti a Cristo, questo è il mio impegno, questo è il mio desiderio" (I Lettera Pastorale alla Diocesi, 1878).


2. Nel nome e nel ricordo di questo eminente servitore del Vangelo, che ha vissuto in profondità quanto Paolo annunciava agli Efesini, sono lieto di porgere il mio saluto a ciascuno di voi. In particolare a Monsignor Vittorio Bernardetto, Vescovo della vostra Diocesi, e a Monsignor Giuseppe Garneri, vostro Pastore emerito; al Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato, al Cardinale Giovanni Saldarini, Arcivescovo di Torino, ai Presuli del Piemonte e all'Arcivescovo di Chambéry, Monsignor Claude Feidt, venuto qui con alcuni sacerdoti ed un gruppo di pellegrini da Termignon (Maurienne), paese di origine dei genitori di Monsignor Rosaz. Saluto anche i Vescovi giunti per tale occasione dalla Svizzera, dalla Libia e dal Brasile, luoghi dove operano le Suore Francescane Missionarie di Susa, figlie spirituali del novello Beato. Saluto cordialmente il Rappresentante del Governo italiano, Onorevole Guido Bodrato. Rivolgo un deferente pensiero alle Autorità amministrative, politiche e militari presenti e ai numerosi pellegrini qui convenuti. Penso con affetto agli ammalati e a quanti non hanno potuto prendere parte di persona all'odierna celebrazione, che vede spiritualmente riunita l'intera Diocesi, il clero, i religiosi e le religiose, i laici consacrati ed i responsabili delle Associazioni e dei Movimenti Apostolici e coloro che, in modi diversi, si prodigano per la causa del Vangelo. A tutti vorrei far giungere la mia ammirazione per l'impegno personale e comunitario profuso al servizio di Cristo ed il vivo incoraggiamento a ben continuare l'opera intrapresa con pazienza ed ardore. Percorrete tutti, carissimi fratelli e sorelle, lo stesso cammino segnato dal beato Rosaz, che oggi la Chiesa addita come modello da imitare e celeste protettore da invocare. La vostra Diocesi, situata ai piedi delle Alpi, vi permette di contemplare la maestosità delle montagne che nel loro secolare silenzio esprimono il mistero di Dio ed invitano a guardare in alto. "Sursum corda", in alto i cuori! Esse ci aiutano ad elevare lo spirito verso i cieli di cui parla la Lettera agli Efesini (cfr. 1,3). Veramente "benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale... in Cristo" (Ep 1,3).


3. "In Cristo" Dio "ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto" (Ep 1,3-4). Siamo tutti chiamati alla santità.

L'apostolo Paolo ci invita a vivere nella più diligente fedeltà al mandato che Dio ci ha affidato. Si tratta, certo, di una missione difficile, ma fondamentale per la nostra esistenza e per la vita della Chiesa, segno di salvezza per l'intera umanità. Quanto opportunamente si addice alla testimonianza di Monsignor Edoardo Giuseppe Rosaz questa pagina biblica! Egli si senti un chiamato, un evangelizzatore, un apostolo di Dio che è Amore. Avverti come sua missione quella di cooperare al piano divino "di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra" (Ep 1,10). E ciò attraverso l'obbedienza filiale alla divina volontà e l'amore al prossimo. Rispose alle attese dei fratelli, soprattutto dei poveri, con la carità del cuore di Cristo, senza retorica, in modo concreto, pagando di persona. Per seguire il Signore si fece pellegrino, questuante con lo spirito del sacerdote e del Vescovo umile, gioioso e fiducioso nella Provvidenza. E a questo spirito, francescano nello stile e segusino nella semplicità montanara, volle improntare la Congregazione delle Suore Terziarie che egli fondo, perché nei Ritiri, nelle case di riposo ed ovunque fosse necessario, evangelizzassero col linguaggio della carità. Carità che non è solo elemosina o assistenza episodica, ma anche e soprattutto accoglienza e servizio; è vedere Gesù nel prossimo e sentirlo fratello; è proclamare in modo concreto il Vangelo della salvezza.


4. "Guai a me se non evangelizzassi" (1Co 9,16). La Chiesa sente imperioso - come ho scritto nell'Enciclica Redemptoris Missio (RMi 1) - il dovere di ripetere questo grido di Paolo, che nella vita di Monsignor Rosaz diviene esempio trascinante. E' urgente, oggi, una nuova evangelizzazione, non riservata ad alcuni specialisti, ma all'intero Popolo di Dio. E' impegno vostro, fratelli e sorelle carissimi della Comunità cristiana di Susa, rendere presente ed operante l'energia rinnovatrice del Vangelo in questa vostra Valle. Prendetene coscienza e fidatevi di Cristo. Non cedete alla tentazione del conformismo e dell'abbattimento; non ripiegatevi su voi stessi. Siate piuttosto aperti ed attenti ai "segni dei tempi" di questa nostra epoca. Ravvivate, a tal fine, un'ardente coscienza del vostro "essere Chiesa", che vi renda capaci di "incarnare "il messaggio della salvezza nel vostro territorio.

La storia di Valsusa è impregnata di cristianesimo, dal monastero di Novalesa, alla Sacra di san Michele, alla Cattedrale di san Giusto. Il messaggio evangelico si è come intrecciato con le tradizioni, gli usi, le consuetudini della vostra gente e ha dato vita ad una ricca tradizione spirituale che va continuata, anzi rinnovata con ardore missionario. E' a ciascuno di voi che è affidato tale compito, quasi si trattasse di una nuova "implantatio evangelica", che richiede una catechesi degli adulti, approfondita e capillare; una genuina testimonianza in ogni ambito della società. La verità di Cristo va annunciata e vissuta come "verità congiunta all'amore".


5. Gesù "Allora chiamo i Dodici, ed incomincio a mandarli" (Mc 6,7). Ecco la missione affidata da Cristo ai discepoli, e che si perpetua nel tempo. Questo mandato apostolico continua oggi nella Chiesa, perché il messaggio della salvezza deve giungere ad ogni uomo; esso è per l'uomo. Ma come può avvenire ciò se scarseggiano gli operatori del Vangelo? C'è bisogno di apostoli che vadano fra la gente senza bisaccia, "né denaro nella borsa, ma calzati solo di sandali" e con una tunica sola (cfr. Mc 6,8): poveri e umili, ma ricchi della grazia divina.

Racconta l'Evangelista che gli Apostoli "predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano" (Mc 6,12-13). Il loro pellegrinaggio apostolico era accompagnato da segni prodigiosi, perché la potenza di Dio li sorreggeva e spargeva in abbondanza sui loro passi i frutti della sua misericordia: i demoni fuggivano, gli ammalati guarivano, i morti risuscitavano.


6. Carissimi fratelli e sorelle, sono qui, fra voi, per confermarvi nell'universale compito missionario affidatoci dal "Padrone della messe", additandovi come esempio a cui ispirarsi il novello Beato.

I Santi e i Beati mostrano alla Chiesa sulla terra il legame che la congiunge al mistero della Comunione dei santi, e nello stesso tempo indicano la via alla santità, alla quale tutti siamo chiamati. Il cristiano deve percorrere questa strada. Egli sa che non può appesantirsi di beni superflui, ma che deve andare all'essenziale, come Monsignor Rosaz, il quale si libero di ogni terreno fardello non indispensabile al cammino della perfezione, imitando gli scalatori delle vostre montagne quando, ad esempio, salgono sul Rocciamelone, sul Tabor o sull'Orsiera. Le vette, voi lo sapete bene, vanno scalate, scarpinando prima sugli speroni rocciosi ed è su quelle balze che si misura lo sforzo e il fiato e la capacità di salire. Molti si arrestano e ritornano sui loro passi. Per raggiungere le cime della santità occorre passare nei contrafforti della carità, rischiando, faticando, non arrendendosi dinanzi alle difficoltà. Ben sottolinea questo programma di vita spirituale lo stemma della vostra Città: "In flammis probatur amor", e "Dio ricompensi".


7. Per non cedere alla fatica c'è solo un segreto: restare totalmente aperti all'ordine di Dio, "Perché il Padre del Signore nostro Gesù Cristo... possa illuminare gli occhi della nostra mente, per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati" (cfr. Ep 1,17-18).

Dalla Lettera agli Efesini attingiamo anche questa chiamata. Ecco, sta davanti a noi l'uomo, il nostro Beato, Edoardo Giuseppe Rosaz, il cui cuore il Padre del nostro Signore Gesù Cristo "ha illuminato con la sua luce". Egli a questa luce divina si è aperto pienamente. Ha fatto tutto perché questa luce salvifica lo penetrasse e trasformasse interiormente. Grazie a ciò, cammino guidato dalla speranza di questa chiamata diventata "caparra della nostra eredità" in Gesù Cristo. Monsignor Rosaz è stato l'uomo di questa speranza soprannaturale che non delude. Guardando alla sua vita anche noi comprendiamo sempre di più che cosa è la speranza della nostra chiamata. E la seguiamo come la luce, come la guida, che indica ai pellegrini la strada che porta alla mèta e conduce alla "nostra eredità" in Dio (cfr. Ep 1,14).

Amen!

Data: 1991-07-14
Domenica 14 Luglio 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Alla Conferenza Permanente del Ministero degli Interni - Città del Vaticano (Roma)