GPII 1991 Insegnamenti - III. Teologia e antropologia

III. Teologia e antropologia


7. La testimonianza (il "martyrium") costituisce un particolare "locus theologicus" non solo in considerazione del mistero di Dio, che si esprime e si rende presente in esso, ma anche in considerazione della verità sull'uomo la quale, mediante la testimonianza, acquista una particolare chiarezza. In questa luce riesce più facile comprendere le parole del Vaticano II sulla rivelazione dell'uomo all'uomo stesso fatta da Cristo (cfr. GS 22). Se tale rivelazione riguarda la vocazione dell'uomo - la vocazione definitiva e soprannaturale - allo stesso tempo essa riguarda colui che è chiamato, cioè l'uomo. Troviamo, dunque, qui la risposta alla domanda: chi è l'uomo? Che cos'è che decide della sua umanità, che cos'è che decide della dignità della persona che gli è propria, a somiglianza di Dio stesso? Cristo risponde alla domanda di Pilato se sia re dichiarando: "Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità" (Jn 18,37). Questa risposta è importante a motivo dell'umanità di Cristo, ed anche a motivo dell'umanità di ogni uomo, specialmente se prendiamo in considerazione ciò che segue: "Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce". L'uomo è chiamato ad essere "dalla verità" - a "vivere nella verità". Questo fondamentale status dell'essere uomo si esprime nel dare testimonianza alla verità. Anche da questo punto di vista Cristo rivela l'uomo all'uomo: gli fa conoscere che cosa vuol dire essere uomo; gli fa capire grazie a che cosa l'uomo merita il nome e la dignità di uomo. Lo status del testimone, cioè di colui che rende testimonianza alla verità, è lo status fondamentale dell'uomo. Questa è un'affermazione d'importanza essenziale non soltanto nella dimensione del cristianesimo come fede, ma anche del cristianesimo come cultura, come umanesimo. E' opportuno unire questa affermazione ad un'altra, riguardante la libertà. Cristo dice ai suoi ascoltatori (ed anche ai suoi avversari): "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Jn 8,32). L'uomo rende testimonianza alla verità conosciuta. Come effetto della conoscenza egli diventa testimone della verità. Allo stesso tempo l'uomo, proprio in relazione alla potenzialità conoscitiva a lui propria, è libero. La libertà della volontà presuppone la capacità di conoscere la verità riguardo al bene. Senza conoscere la verità riguardo al bene l'uomo sarebbe in balia di molteplici costrizioni psicologiche, in una vita comandata dagli istinti. Egli non sarebbe libero (così come non sono liberi gli animali inferiori a lui) e non sarebbe capace di libertà.

Potrebbe persino non sapere di non essere libero, considerando tali o altre costrizioni come libertà. La vera libertà è unita strettamente ed organicamente alla verità: la verità costituisce la radice della libertà. Solo attraverso il riferimento alla verità l'uomo può decidere di se stesso, può anche scegliere tra i beni che viene a conoscere (i valori), può, infine, optare tra il bene e il male. Ciò costituisce la sostanza stessa dell'ethos umano. Le parole di Cristo "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" raggiungono il centro nevralgico della libertà umana: l'uomo è libero perché possiede la capacità di conoscere la verità - e allo stesso tempo l'uomo diventa libero in quanto si lascia guidare dalla verità nelle sue decisioni, opzioni e in tutto il suo agire: in quanto si lascia guidare dalla verità riguardo al bene. Qui ci stiamo avvicinando a quel "più segreto sacrario" dell'uomo, che è la coscienza (come si esprime il Vaticano II, cfr. GS 16). Poiché non c'è libertà senza verità, anche lo "status di testimone", di colui, cioè, che rende testimonianza alla verità, è allo stesso tempo immanente e costitutivo per tutta la moralità umana. Si potrebbe dire per tutta la praxis (attività) umana nell'aspetto dell'ethos. Questo è un aspetto essenziale per l'uomo, in esso si decide il vero dramma della sua umanità. Cristo ha rivelato l'uomo all'uomo anche (e forse prima di tutto) proprio da questo punto di vista.


8. Tornando sul terreno del contemporaneo martyrium nell'ambito della storia d'Europa, si può dire che su di esso si è formata una particolare forma della teologia della liberazione. Occorre costatarlo non soltanto in considerazione della lotta per i più fondamentali diritti dell'uomo (la libertà di religione, la libertà di coscienza e altri), che si è svolta qui, adoperando mezzi radicalmente "poveri", in conflitto con la prepotenza dello stato totalitario. Occorre costatarlo anche in considerazione dell'autenticità evangelica della liberazione stessa, perché di questo si trattava in tale lotta. Possono darne testimonianza prima di tutto coloro che a prezzo di grandi sacrifici e abnegazioni sperimentarono quella "libertà per la quale ci ha liberati Cristo" (cfr. Ga 5,1).

IV. "Scambio di doni"


9. Il Sinodo dei Vescovi europei, che si svolgerà verso la fine dell'anno corrente, è stato invitato ad intraprendere (conformemente alle parole del Concilio) quel particolare "scambio di doni" tra le Chiese e le comunità (cfr. LG 13), che riveste un'importanza essenziale per l'unità di comunione della Chiesa e di tutto il mondo cristiano.

Il Congresso dei teologi, che oggi conclude i suoi lavori a Jasna Gora (in concomitanza con la Giornata Mondiale dei Giovani) ha reso un importante servizio, in questo campo, al Sinodo ed anche alle Chiese sul nostro continente.

Di tutto cuore desidero ringraziare tutti coloro che hanno collaborato in quest'opera pionieristica. E, se mi è consentito, aggiungo anche una invocazione per il proseguimento di questo importante lavoro: "Nos cum Prole Pia benedicat Virgo Maria".

Data: 1991-08-15
Giovedi 15 Agosto 1991



Benedizione del Seminario Maggiore - Czestochowa

Titolo: In questo Seminario ai piedi del Santuario di Jasna Gora Maria ha dato compimento al "genio della donna madre"

Cari fratelli e sorelle,


1. Nell'agosto del 1983, quando in questo luogo dove oggi ci troviamo, hanno dato, come si suol dire, il primo colpo di piccone, io ho indirizzato al vescovo Stefan Barela, di felice memoria, le parole di benedizione per la costruzione del nuovo seminario a Czestochowa. Sono molto lieto di poter oggi, durante questa nobile e gioiosa festa della benedizione della più importante Casa - qual è il Seminario per ogni diocesi - ricordare quel fedele pastore di questa diocesi di Czestochowa e mio caro Amico. Nel menzionato telegramma avevo scritto, che "sono beati il Popolo di Dio e il suo Pastore che decidevano di costruire una nuova casa per ricevere in essa coloro che, rispondendo alla voce della divina chiamata, desiderano diventare "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio"" (1Co 4,1). Avevo espresso allora la mia gioia per il fatto che il Vescovo di Czestochowa avesse deciso di continuare gli storici legami con Cracovia. Avevo espresso la gioia e gli auguri perché questa unione portasse reciproci frutti. La presenza del Seminario diocesano in questa città ha contraddistinto in modo particolarmente significativo ed originale l'unione metropolitana della Chiesa di Czestochowa con Cracovia. La medesima cosa si può dire anche per la chiesa di Katowice. Noi dobbiamo questa intuizione e la sua realizzazione al primo Vescovo di Czestochowa, Tesoro Kubina, il quale desiderava che il suo seminario - e, per mezzo di esso, la diocesi - attingesse abbondantemente dalla sapienza, dalla cultura e dall'atmosfera, creata da secoli ed unica per la Polonia, dall'Università Jagellonica con la sua Facoltà Teologica, fondata dalla beata Jadwiga di Wawel. Parlo di questo legame con una particolare emozione e commozione perché in questa Università sono cresciuto come studente (in verità sono pero rimasto poco tempo), come sacerdote e professore, come Vescovo ed, infine, come Metropolita di Cracovia. Inizialmente ho sviluppato tale legame; poi l'ho consolidato e difeso con forza, quando dal di fuori si cercava di romperlo. Sono molto grato a Dio per il fatto che, dopo la benedizione di quattro seminari durante la prima fase del mio pellegrinaggio di quest'anno in patria - a Koszalin, Lomza, Radom e Olsztyn - posso adesso, nella seconda fase, benedire questo seminario a Czestochowa.


2. Mi rendo conto che la diocesi, malgrado tutto, con l'inaugurazione del seminario a Czestochowa, prova in un certo senso ciò che ha provato Abramo lasciando la sua terra amata. Per la diocesi questa terra amata è il posto consacrato presso la via Bernardynska a Cracovia, all'ombra di Wawel, dove per 65 anni il Seminario Maggiore ha svolto la sua missione. Nello stesso tempo siamo coscienti che questo trasferimento è divenuto necessario prendendo in considerazione i profondi bisogni pastorali e le esigenze dei nostri tempi. La giovane diocesi ha vissuto, durante gli ultimi decenni, le grandi trasformazioni connesse con lo sviluppo industriale, come l'emigrazione e la nascita di nuove città. E' diventata una diocesi dal lavoro pesante dei siderurgici e dei minatori, una diocesi con tanti difficili problemi. Davanti ad essa si sono presentati compiti particolari, come diocesi del primo e più grande Santuario Mariano in Patria, diocesi dalle folle di migliaia di pellegrini, e capitale spirituale della Polonia. Tutto questo ha richiesto la presenza, nel cuore di questa, di un Istituto cattolico, la presenza di professori di teologia, di filosofia e di altre discipline, come anche la presenza di studenti. Queste necessità le aveva viste già il Vescovo Zdzislaw Golinski, il quale incomincio a creare a Czestochowa un ambiente scientifico e di formazione, a Czestochowa. Ed ecco il vescovo Stanislaw Nowak, insieme con i suoi collaboratori, hanno concluso felicemente l'opera iniziata dal suo predecessore. Oggi viene giustificata la vostra gioia, la gioia del Vescovo Ordinario, del Vescovo Miloslaw, Presidente del Comitato della Costruzione, dei Vescovi ausiliari, dei sacerdoti, dei progettisti, dei costruttori e dei fedeli di tutta la diocesi, ed è anche la mia gioia. Con particolare gratitudine ricordiamo qui tutti coloro che sono venuti in aiuto a questa grande opera con la preghiera, con la loro generosità e con altre forme di aiuto, in Patria ed dall'estero.


3. Il punto di partenza della nuova via è eccezionale. Ecco l'VIII Sinodo Generale, cosciente della necessità di una nuova evangelizzazione del mondo, ha posto davanti a tutta la Chiesa le nuove esigenze nell'ambito della formazione sacerdotale. L'esortazione che fra poco pubblichero delineerà gli attuali compiti per tutte le istituzioni impegnate nell'opera di preparazione dei nuovi sacerdoti.

Il vostro seminario a modo suo dovrà rispondere a questi appelli. Impossibile qui non indicare l'eccezionalità del luogo in cui si trova questo edificio. Si potrebbe perfino parlare, in un certo senso, di "genius loci". Il Seminario ai piedi di Jasna Gora, fra le folle di pellegrini, può e deve compiere un'eccezionale missione nella missione di tutta la Polonia e perfino del mondo.

Alla scuola di Maria, che precede nella fede il Popolo di Dio, devono crescere sacerdoti a misura del XXI secolo, che si sta avvicinando. Con l'intera e totale dedizione, propria dell'atteggiamento di Maria sotto la Croce, essi devono proclamare il Vangelo del Suo Figlio e testimoniarlo nella vita, con generosità, senza nessun compromesso con lo spirito di questo mondo e senza alcuna paura. La presenza della santissima Madre di Dio - Vergine - nel suo santuario, alla cui ombra si trova il vostro Seminario, costituisce un nuovo obbligo per approfondire la formazione. Una volta ho parlato a Lodz, nel discorso alle donne, del "genio della donna madre". Questa affermazione si riferisce particolarmente a quella donna, unica nella storia della salvezza dell'umanità, che è Maria. Si dovrebbe dire che questo materno genio l'Immacolata l'ha compiuto verso il vostro Seminario.


4. "La messe è molta, ma gli operai sono pochi" (Lc 10,2).

L'attualità di queste parole di Cristo si possono capire, come accade raramente, durante questa VI Giornata Mondiale della Gioventù. Ecco vediamo folle di migliaia di giovani, affamati di Dio, che aspettano pastori e guide spirituali.

Il seminario di Czestochowa, sperimentando da vicino questa fame, deve rispondervi. Deve quindi formare al mondo di Cristo sacerdoti forti, coraggiosi e santi, che si identifichino totalmente con Lui e con la Sua missione. Vi auguro quindi che questa casa sia sempre colma di giovani, i quali anche nei nostri tempi, siano in grado di rispondere con il coraggio di Isaia alla voce della chiamata di Dio: "Eccomi, manda me" (Is 6,8).

Che Dio onnipotente mandi la sua copiosa benedizione su tutti coloro che sono qui presenti.

Che benedica gli educatori, i professori e gli studenti nella loro vita e nel loro lavoro.

Data: 1991-08-15
Giovedi 15 Agosto 1991

Saluto ai giovani presso il Santuario - Czestochowa

Titolo: C'è bisogna di una grande preghiera, la forma più alta della creazione, per far nascere un mondo nuovo e migliore

Desidero impartire la mia benedizione a tutti, ai presenti e a coloro che, anche se non sono presenti, in qualche modo sono a noi uniti. Desidero benedire i rosari e gli altri oggetti sacri che avete con voi, che con voi porterete in viaggio, desidero ringraziarvi per tutti i preparativi riguardanti la liturgia e nel contempo l'aspetto estetico, opera di persone di varie provenienze.

So che a quest'opera hanno partecipato in molti, ma anche voi avete avuta la vostra parte. Voglio quindi benedire tutti coloro qui riuniti, dei quali molti pare siano giunti da oltre la frontiera orientale (mons. Kondrusiewicz sta indicando il gruppo di San Pietroburgo), vi sono sicuramente anche altri, quindi, senza escludere nessuno, anzi aggiungendo qualcuno ai presenti, desidero abbracciare tutti con questa benedizione che è un'ardente preghiera alla Madre di Dio affinché sia con noi, si ricordi di noi e vegli su di noi.

Noi Le promettiamo a modo nostro, umano, maldestro, di essere con Lei, di ricordarci di Lei e di vegliare vicino a Lei e con Lei, ma soprattutto contiamo che Ella sarà con noi, si ricorderà di noi e veglierà su di noi e con noi. Che veglierà anche su di me nel cammino che iniziero tra pochi minuti. Questo cammino è scritto nella storia stessa di Czestochowa nel miglior modo possibile perché da li, dall'Ungheria sono venuti i custodi di Jasna Gora, i padri paolini.

Ora mi sto recando proprio là, tutte queste cose sono molto legate tra loro, è un fine intreccio di coincidenze e di avvenimenti, di riferimenti e di attese. Tutto ciò rappresenta il mondo nuovo che sta nascendo da quello vecchio con difficoltà e sofferenze, con varie resistenze, eppure sta nascendo.

Se deve nascere questo nuovo mondo, questo mondo migliore, c'è bisogno di una grande preghiera. Ieri e i giorni scorsi erano giorni di questa speciale preghiera, preghiera non solo nazionale, ma preghiera della Nazione. Vi esorto a continuare a creare questa preghiera.

Dico creare perché la preghiera è nel contempo la forma più alta di creazione; la creazione non tanto umana quanto opera dello Spirito Santo, come insegna S. Paolo nella "Lettera ai Romani", dicendo che lo Spirito grida e, quando non sappiamo che cosa chiedere, Lui prega in noi. E' la più grande creazione del Regno di Dio, la più grande creazione del secolo futuro e noi tutti siamo chiamati al secolo futuro al quale ci avviciniamo conducendo gli altri.

Voglio quindi raccomandare me stesso sulle vie future, sulla via ungherese e su tutte le vie successive che ci aspettano. Possano aprirsi non per l'uomo ma per lo Spirito Santo, per il Regno di Dio, per l'unità della Chiesa, per la comunità europea e mondiale, per la riconciliazione e per la pace tra gli uomini e tra i popoli.

Parto da qui con questa preghiera, chiedo a tutti voi di sostenere questa preghiera, di unirvi ad essa. Benedico tutti voi insieme con le cose a voi care, soprattutto con le persone e poi con le cose che serviranno alla vostra preghiera, serviranno a commemorare le giornate di ieri e di oggi, ed in voi stessi rafforzeranno la santità.

Data: 1991-08-16
Venerdi 16 Agosto 1991

Congedo all'aeroporto militare di Balice - Cracovia

Titolo: Nell'attualità dell'appello di Jasna Gora la fonte del programma per la nuova evangelizzazione dell'Europa

Signor Presidente! Signor Cardinale Primate della Polonia! Signor Cardinale Metropolita di Cracovia!


1. Maria, Regina della Polonia, io sono con te, ricordo, veglio. Tutti noi conosciamo la storia dell'appello di Jasna Gora, rammentiamo come ci abbia guidati nel periodo della preparazione al Millennio del Battesimo della Polonia - e come poi esso sia rimasto con noi. Quando mi è stato dato di compiere la visita alla Patria, nel difficile anno 1983, proprio queste parole sono diventate l'idea guida dell'incontro con la gioventù polacca, perché potesse trovare in esse la forza necessaria per sopravvivere e per vincere. Negli ultimi giorni le stesse parole "io sono - ricordo - veglio" sono diventate il tema della Giornata Mondiale della Gioventù, venuta a Jasna Gora dai diversi Paesi del nostro Continente e dal di fuori dell'Europa. In un certo senso si è svelato così il contenuto universale delle parole dell'appello di Jasna Gora, il loro radicamento nel Vangelo stesso, la loro forza innovativa.


2. Le Giornate Mondiali della Gioventù hanno avuto il loro inizio a Roma, nell'anno 1985, in relazione all'Anno Mondiale della Gioventù, proclamato per iniziativa dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. I punti del mondo nei quali, in seguito, tali giornate si sono tenute, sono stati: Buenos Aires in Argentina e Santiago de Compostela in Spagna. Czestochowa come luogo dell'incontro è emersa sul terreno degli avvenimenti succeduti nell'Europa Centrale ed Orientale, per i quali il punto nevralgico è stato l'anno 1989. Si potrebbe dire che la Provvidenza stessa abbia indicato, in un tale contesto, Jasna Gora come luogo idoneo per l'incontro mondiale dei giovani. Come sarebbe stato difficile inaugurare il Sinodo dei Vescovi Europei altrove, se non Velehrad, altrettanto difficile sarebbe stato invitare la Gioventù dell'Europa e del mondo, per la sua già tradizionale Giornata, in un luogo diverso da Czestochowa.


3. Gli organizzatori si rendono conto che ponendo un tale compito davanti al Santuario di Jasna Gora, davanti alla Diocesi di Czestochowa, davanti alla Chiesa in Polonia ed anche davanti alle Istituzioni dell'amministrazione statale, hanno chiesto a tutti uno sforzo particolare. Per questo sforzo desidero oggi dire, a nome di tutti, un cordiale grazie. Lo dico a tutti quelli che ci hanno offerto così generosamente la loro ospitalità - a tutti quelli che, in qualsiasi modo ed in diverse fasi, hanno portato a compimento l'opera di quest'incontro dei giovani.

Difficile sarebbe applicare un qualsiasi criterio di calcolo a ciò che di per se stesso è un dono. Mi consentiro, tuttavia, di dire che sarebbe difficile trovare un'adeguata espressione capace di confermare il particolare contributo della Polonia, della Nazione e della Chiesa alle sofferenze, ma anche alla creativa trasformazione del nostro secolo, al di fuori di quest'invito dei Giovani del mondo intero a Jasna Gora. Nel contesto di queste trasformazioni tutti loro possono scoprire il senso della loro vocazione umana e cristiana; possono avvicinarsi quasi spiritualmente al significato delle parole di Cristo: "Io sono la via, la verità e la vita" (Jn 14,6).


4. Congedandomi dalla mia terra natia, qui a Cracovia, desidero tornare ancora una volta alle parole dell'appello di Jasna Gora. Queste parole hanno attraversato insieme con noi la soglia del secondo Millennio del cristianesimo, e non cessano di essere attuali. Anzi, diventano attuali in modo nuovo, prima sconosciuto.

Avvicinandoci all'Anno Duemila dopo Cristo, ci rendiamo conto della portata universale del Vangelo. Ci rendiamo particolarmente conto che in esso - nel Vangelo - si trovano le radici dell'Europa e dell'"europeicità". Dopo le prove, dolorose al di là di ogni misura, del nostro secolo e dopo la caduta delle ideologie, il cui frutto è stata tutta la crudeltà dei sistemi totalitari, è indispensabile risalire alle radici cristiane dell'Europa. Proprio in questo consiste l'essenza stessa della nuova evangelizzazione del nostro Continente, ed in esso, anche della nostra Nazione e società.


5. Le parole "io sono con te, ricordo, veglio", indirizzate alla Madre di Dio e, mediante Lei, a Cristo, Redentore dell'uomo, riassumono perfettamente il programma di questa nuova evangelizzazione e determinano la sua giusta dinamica. Infatti non basta soltanto ricordare la verità storica degli inizi dell'Europa. Qui si tratta delle radici - e le radici fanno si che l'albero continui a vivere e cresca.

Bisogna assicurarsi costantemente che la nostra esistenza europea e polacca non sia stata in realtà staccata da queste radici. Infatti si è lavorato tanto e si continua a lavorare per spogliare l'Europa - pur conservando l'identità cristiana delle sue radici - di ciò che è essenzialmente cristiano.

Per questo l'appello di Jasna Gora è continuamente attuale.

E non c'è in questo momento del mio congedo dalla Polonia, - ancora un nuovo congedo! - un altro augurio se non proprio questo di Jasna Gora: "Non dimenticate le grandi opere di Dio" (cfr. Ps 77(78),7).

La Madre di Dio è viva memoria di esse! Io sono con te, ricordo, veglio!

Data: 1991-08-16
Venerdi 16 Agosto 1991

Telegramma al Presidente della Polonia

Titolo: Che questo mio pellegrinaggio porti un molteplice giovamento

A Sua Eccellenza Signor Lech WaLesa Presidente della Repubblica Polacca Varsavia La Provvidenza ha disposto che dopo aver svolto il ministero petrino in Patria, mi rechi in Ungheria. Vedo in questo fatto un particolare segno di Dio. Vi vado come Vescovo di Roma, ma anche come figlio della nazione polacca. Portiamo la grande eredità angioina-jagellonica che ha impresso una impronta indelebile nella struttura e nel profilo spirituale dell'Europa. Desidero ringraziare Dio per le gesta dei nostri padri. Mediante questo servizio vorrei anche esprimere gratitudine ai fratelli Magiari per il felice incontro nella storia.

Lascio la Polonia per la seconda volta in quest'anno, col cuore pieno di ricordi ancora vivi e di gratitudine per la fase precedente del mio pellegrinaggio, arricchita ora da quella di Cracovia e Czestochowa, di Jasna Gora e della gioventù di tutto il mondo.

Rispondendo al comune sentimento ho desiderato che questo incontro della gioventù avesse luogo proprio a Jasna Gora, perché dinanzi alla Madre di Dio e dell'uomo risuonasse in molte lingue del mondo: io sono - ricordo - veglio.

Nelle sue mani, Signor Presidente, depongo il ringraziamento per l'impegno nell'organizzazione di questo incontro storico e per la cordiale ospitalità.

Esprimo anche la speranza, unita a una particolare preghiera a Dio, che questo mio pellegrinaggio porti alla Patria intera, nel presente momento di svolta, un molteplice giovamento.

La Polonia, negli ultimi tempi, ha compiuto un grande cammino che non può essere perduto. Auguro pertanto di vero cuore che i miei connazionali "siano" secondo lo spirito e la verità, che non perdano mai la capacità di ricordare, che veglino sul proprio bene e sul proprio futuro, che Dio, in un certo senso, depone oggi nelle loro mani.

Prego continuamente affinché la Patria sia libera e affinché impari a sapere essere libera.

Dio benedica.

Data: 1991-08-16
Venerdi 16 Agosto 1991

Discorso all'aeroporto internazionale di Ferihegy - Budapest

Titolo: "State costruendo una nuova casa in cui crescere: sono venuto per aiutarvi con la parola e con la preghiera"




1. Gradisca, Signor Presidente, il mio rispettoso e riconoscente apprezzamento per le elevate e cordiali parole con cui ha accolto il mio arrivo in terra magiara. A ciascuno dei presenti indirizzo un saluto affettuoso e grato. Saluto in particolare il Signor Cardinale, Arcivescovo di Esztergom, i miei Confratelli nell'Episcopato, i Membri del Governo della Repubblica di Ungheria, il Sindaco di questa meravigliosa Capitale, tutti i presenti e coloro che assistono attraverso la televisione. Un particolare pensiero rivolgo ai cattolici che vivono in questo Paese e contribuiscono con generoso impegno al comune benessere. Il mio saluto si allarga poi ad abbracciare con vivo affetto tutti i figli e le figlie della Nazione ungherese, i residenti in Patria e quanti sono giunti da fuori, in special modo quelli che vivono nei Paesi confinanti. Quando, qualche minuto fa, ho baciato la terra della vostra Patria, ho voluto esprimere ciò che riempie il mio cuore in questo momento: stima profonda verso il vostro Paese, intima gioia di stare fra voi e sincero desiderio di esservi accanto nel cammino che l'Ungheria sta compiendo verso un futuro migliore. Conosco questa Terra, la bellezza e fecondità delle sue vaste pianure, lo spirito generoso del suo popolo fiero, il patrimonio di cultura e di arte che ne arricchisce la storia.


2. Di questi sentimenti la mia venuta tra voi vuol essere espressione. So bene che anche voi sentite la gioia di poter di nuovo ricevere liberamente i vostri amici - tutti i vostri amici, da qualunque parte provengano - e penso che mi consideriate uno di questi. Ricordo che, nell'agosto 1988, l'invito rivoltomi a visitare il vostro Paese fu interpretato come uno dei primi segni del nuovo clima di libertà, che andava annunciandosi. A quattro anni di distanza, sono lieto di essere qui per felicitarmi con voi dei passi già compiuti nella nuova direzione, anche se le esperienze accumulate nel frattempo vi hanno mostrato che il cammino della libertà non è esente da rischi, ma comporta un suo prezzo che può essere a volte anche pesante. Voi siete ora pienamente consapevoli che il nuovo clima di libertà non risolve da solo tutti i problemi della vostra vita. Nel secolo scorso uno dei vostri poeti scriveva che "il Cielo dà ad ogni paese un tesoro", ed aggiungeva che il tesoro della vostra Nazione è "un sacro dolore" (J. Eötvös, 1836). Quante sofferenze hanno segnato la vostra terra! Quanti eserciti si sono schierati in questa pianura, di fronte alla fortezza di Buda! Quanti incendi hanno arrossato questo orizzonte, mentre sangue e lacrime irrigavano i vostri campi! Questo dolore antico è sacro, perché non è restato sterile tristezza. I vostri antenati ripetevano una frase, divenuta tradizionale: "Vive l'ungherese, stanno ancora salde le mura di Buda" (Kisfaludy K., 1824). Questa serena certezza si alimentava alla fede del vostro primo santo Re, il quale, in un momento doloroso, seppe coraggiosamente esclamare: "Se Dio è con me, chi può essere contro di me?" Ecco perché la vostra indomabile stirpe ha saputo riprendere, dopo ogni grande calamità nazionale, la ricostruzione del Paese. Anzi, i vostri padri non si limitarono mai a restaurare ciò che era stato distrutto, non si contentarono del ritorno al passato, ma vollero sempre costruire qualche cosa di nuovo, di più conforme alle nuove possibilità e alle nuove esigenze. Io posso condividere le vostre tradizioni e l'attuale vostro sforzo concorde per costruire un futuro più felice e più umano, perché sono figlio della Nazione polacca, che tante cose ha in comune con la storia ungherese, e provengo anch'io da questa regione dell'Europa che si trova ora sulla soglia di una nuova era, nella quale spera di poter contribuire al formarsi di una pacifica comunità di Nazioni fra loro solidali.


3. Carissimi fratelli e sorelle, l'immane guerra ed i decenni successivi hanno devastato il vostro Paese. Adesso, pero, voi siete in condizioni di costruire un mondo nuovo sulle rovine di quello passato, seguendo l'esempio dei vostri antenati, i quali hanno sempre saputo mantenere viva la speranza e dopo ogni disastro nazionale hanno avuto il coraggio e la forza di ricominciare da capo per rinnovare le loro esistenze. Voi dunque volete sollevare le sorti della vostra Patria, ma non intendete ritornare ai modelli ormai anacronistici del passato, seppure glorioso. Voi considerate vostro compito costruire una nuova casa, in cui le generazioni future possano svilupparsi felicemente. Vi adoperate a svolgere questo compito con impegno sofferto. Ebbene, carissimi fratelli e sorelle, io sono venuto tra voi per aiutarvi in questa fatica con la parola e con la preghiera.

Uomini e donne di Ungheria! Chi vi parla è uno che si considera vostro compatriota, partecipe con voi del vostro stesso destino. Il Papa condivide le vostre gioie e le vostre sofferenze, i vostri progetti e i vostri sforzi, tesi verso l'edificazione di un futuro migliore. Egli simpatizza con voi. Le sue parole provengono dalla "Buona Novella" di Cristo, dalla fede della Chiesa, la quale conosce bene "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono" (GS 1).


4. Molte volte nel corso dei tempi voi siete stati costretti a combattere con forze esterne per difendere la vostra indipendenza nazionale. La storia ungherese conosce tempi amari di invasioni straniere e guerre di indipendenza coraggiose, anche se concluse tragicamente. Adesso il vostro Paese ha conquistato la propria sovranità e voi potete edificare la vita nazionale in modo autonomo. Altri nemici, pero, s'affacciano ora all'orizzonte, altre difficoltà da superare, altre illusioni da combattere: sono i conflitti all'interno della vostra società, gli interessi egoistici dei singoli e dei gruppi che pongono gli uni contro gli altri.

La vostra storia vi insegna che tutto ciò può compromettere il vostro futuro e distruggere i vostri sforzi per raggiungere condizioni sociali più giuste ed umane. Questo appello all'unità, alla giustizia e alla pace non è semplicemente il risultato di negoziati politici od economici, nei quali si possono attuare utili compromessi. Giustizia e pace, queste indispensabili condizioni per l'edificazione di una società veramente umana, si basano soltanto su quei valori morali ultimi ed eterni, su cui poggia ogni vita umana. Lo scopo di questa mia visita al vostro Paese è duplice: io vengo per confermare nella fede i fratelli e le sorelle che appartengono alla Chiesa, e vengo per offrire a tutti gli Ungheresi la visione cristiana del mondo: "Si tratta di salvare la persona umana, si tratta di edificare l'umana società" (GS 3). Vengo per prender atto del vostro impegno in ordine alla ricostruzione del Paese, per condividere le vostre gioie e le vostre preoccupazioni ed offrire a tutti la forza immensa della fede religiosa.

Questo orientamento religioso è ciò che propongo come base indispensabile ed afficace della rinascita della vostra Patria, e lo propongo con le parole del Concilio "non solo ai figli della Chiesa cattolica, né solamente a tutti coloro che invocano il nome di Cristo, ma indistintamente a tutti gli uomini" (GS 2). Come potremmo infatti conoscere il nostro vero bene, se non ascoltando Colui che ci ha plasmati e sa meglio di noi di che cosa abbiamo bisogno? Come potremmo accogliere il vero bene, il comune bene, anche a scapito di piccoli interessi egoistici del momento, se non adorando Colui che ci ha creati a sua immagine e somiglianza, e ci impegna a far rifulgere sempre più perfettamente questa sua divina impronta!


5. Ben sappiamo, tuttavia, quanto deboli siano le nostre forze nell'accettare la verità che ci libera e ci rende capaci di praticare la giustizia, postulata dalla nostra coscienza. Con i nostri soli sforzi non possiamo fare nulla che ci valga di entrare nella pace con Dio. perciò sono venuto anche per pregare insieme con voi.

La nostra preghiera comune intende dar voce ai più sacri desideri del nostro cuore. Dio benedica gli Ungheresi!

Data: 1991-08-16
Venerdi 16 Agosto 1991


GPII 1991 Insegnamenti - III. Teologia e antropologia