GPII 1991 Insegnamenti - Discorso ai rappresentanti del Corpo Diplomatico durante l'incontro alla Nunziatura Apostolica - Budapest

Discorso ai rappresentanti del Corpo Diplomatico durante l'incontro alla Nunziatura Apostolica - Budapest

Titolo: Tramontata l'epoca delle potenze contrapposte si tratta ora di giungere ad una libertà fondata su un ordine etico

Eccellenze, Signore e Signori,


1. E' per me motivo di viva soddisfazione accogliere presso la sede della Nunziatura Apostolica i Rappresentanti di numerosi Paesi e diverse Organizzazioni internazionali accreditate Presso la Repubblica di Ungheria. Il recente ristabilimento dei rapporti diplomatici tra la Santa Sede e l'Ungheria rappresenta una delle felici conseguenze dell'evoluzione che questo Paese ha conosciuto negli ultimi anni di cui ci rallegriamo. La stessa presenza del Rappresentante della Sede apostolica, vostro Decano, è un segno del fatto che l'importanza della dimensione religiosa è ormai riconosciuta nella società ungherese. Siamo stati con gioia testimoni degli avvenimenti che si sono svolti recentemente in questa regione centrale dell'Europa. Contemporaneamente alle nazioni vicine, la nazione ungherese ha infine ritrovato la sua libertà e la sua piena sovranità; essa può agire oggi come un partner che gode di tutta la fiducia della comunità internazionale. Stiamo vivendo un Momento storico per l'Europa: dopo tanti anni di contrasti e di sfiducia, le barriere di una divisione contro natura del continente hanno ceduto dinanzi alla forza reale di un'autentica irruzione del diritto, del rifiuto dell'ingiustizia e di una degna rivendicazione della libertà. Salutiamo il coraggio e la lungimiranza di un popolo che ha manifestato la maturità acquisita al momento della prova e che ha mostrato risorse umane impressionanti per far vacillare un sistema oppressivo con la sua azione pacifica. Esso può adesso costruire un avvenire più luminoso sulle basi delle sue tradizioni storiche, culturali e spirituali.


2. Desidero rendere omaggio nuovamente dinanzi a voi ai cristiani di questo Paese.

Per troppi anni essi sono stati colpiti nel più profondo dell'anima dalla pubblica negazione della loro fede, dallo smantellamento delle loro istituzioni, dalla dispersione delle loro comunità religiose, dal silenzio forzato di molti pastori.

Ricordo con emozione la nobile figura del loro Pastore, il Cardinale Jozsef Mindszenty, adesso riabilitato, e che riposa da poco nella terra che ha appassionatamente amato, presso il popolo a cui ha votato una fedeltà che ha suscitato il rispetto del mondo intero. Come dimostra l'accoglienza riservata in questo Paese al Vescovo di Roma, la Chiesa cattolica riprende ora la propria attività alla luce del sole. Formulo ardenti voti che venga accolto il suo desiderio di contribuire al bene della società, secondo la sua vocazione specifica, in un cordiale legame con le altre comunità ecclesiali presenti. Senza chiedere privilegi, la Chiesa cattolica ha bisogno di un minimo di mezzi materiali per meglio assolvere alla propria missione, in particolare ciò è necessario per la ripresa della vita religiosa e per la promozione di opere a carattere sociale e caritativo. D'altra parte, un regolare accesso ai mezzi di comunicazione permetterà ai cattolici di esprimersi come si addice a una componente significativa della nazione. Fedeli alla sorgente viva del Vangelo, essi manifestano in modo particolare la preoccupazione per un'esigenza morale fondamentale della vita umana, l'ardore di una carità fraterna chiamata a superarsi senza sosta, la sete dell'unità e della pace nel mutuo rispetto degli uomini e delle donne, tutti ugualmente amati dal Creatore e dal Cristo Salvatore.


3. Il Corpo diplomatico di cui fate parte è naturalmente un testimone privilegiato dei nuovi passi che sta compiendo l'Ungheria. E' anche fattore di riflessione, di cooperazione e di solidarietà internazionale. I Rappresentanti delle nazioni non possono dimenticare le lezioni della storia tanto contrastata di questo continente. L'Europa è stata spesso un campo di battaglia dove si affrontavano gli imperi, le nazioni e le persino religioni. Le due guerre mondiali sono state scatenate in Europa: disastri le cui conseguenze non hanno ancora finito di pesare sui popoli. Occorre prendere matura coscienza dei motivi che hanno provocato e alimentato queste tensioni e questi conflitti, ed evitare di nascondere le rivalità di interessi egoistici, che troppo spesso sono stati difesi a discapito dei diritti degli altri. Piuttosto, occorre far emergere chiaramente i valori comuni e costruttivi che sono alla base di una pace giusta e duratura, condizione per l'avvenire armonioso di un continente alla ricerca della sua coerenza, sotto l'attento sguardo dei popoli di tutto il mondo. Possiamo, al di là di ogni retorica, affermare che l'Europa è veramente una famiglia che accomuna una grande varietà di culture e di tradizioni? Senza essersene mai veramente resa conto, questa famiglia di nazioni era priva di una parte vitale di sé, a causa dell'allontanamento dei popoli radicati al centro d'Europa, ai quali era impedito di partecipare liberamente a scambi di qualsiasi natura. A questo punto, i diversi Paesi del continente, che mostrano cicatrici ancora vive, sapranno ristabilire una vita comune, in cui le differenze siano accettate e i contrasti superati, grazie all'adesione ai valori fondamentali, patrimonio della medesima eredità? I dirigenti delle nazioni europee si trovano di fronte a pressanti richieste: la recente evoluzione rinnova ed amplia il quadro di una necessaria cooperazione. Non si tratta più di un gioco di potenze contrapposte, si tratta di giungere ad una collaborazione sempre più stretta in ciò che potremmo definire la "libertà internazionale", estensione della libertà riconquistata dalle persone e dai popoli. Sapete che la Chiesa cattolica considera positivamente gli sforzi compiuti per creare le istituzioni adeguate alla pratica della solidarietà, che si impone soprattutto tra i Paesi di una stessa regione del mondo. Mi auguro vivamente che non ci si lasci fermare su questa via da ripiegamenti su se stessi, da cui alcuni potrebbero essere tentati, o dalla paura di perdere certi poteri o certi vantaggi.

A livello di continente europeo, la sfida della solidarietà tra le nazioni e la preoccupazione della giustizia per milioni di uomini e di donne a lungo danneggiati, costituiscono motivi di ispirazione dell'azione, più nobile della salvaguardia di interessi egoistici. Per fare qualche esempio, si spera che aumenterà la libera circolazione delle persone tra i Paesi, lo scambio di conoscenze e di tecnologie, una collaborazione economica paritaria, senza che ciò porti ad alcun tipo di subordinazione.


4. L'Ungheria, come gli altri Paesi di questa regione, deve affrontare compiti numerosi e difficili per ritrovare tutto il proprio dinamismo e la sua prosperità.

Occorre ricostruire l'economia perché sia in grado di rispondere ai bisogni vitali dei suoi abitanti. Il sistema educativo deve essere rinnovato e ricevere un adeguato sostegno. La cultura si deve nuovamente impossessare delle ricchezze della propria memoria storica e beneficiare allo stesso tempo dei disinteressati contributi provenienti da altre regioni. A questo proposito, non posso esimermi dal ribadire, Signore e Signori, che siete voi i protagonisti di una cooperazione da cui ci si attende senza indugi uno sviluppo fecondo. Non spetta alla Chiesa, come è noto, intervenire nei campi che rientrano nella competenza propria degli Stati. Ma sento la necessità di fare appello ai popoli e ai loro dirigenti affinché non perdano mai di vista i motivi profondi di una cooperazione che non può definirsi soltanto in termini di mercato o di scambi culturali. L'aiuto auspicato e le collaborazioni private o pubbliche hanno come obiettivo il permettere a questi popoli di rimettersi al lavoro, di sviluppare i loro talenti e le loro risorse umane, di salvaguardare la loro ecologia, di far splendere la loro cultura, di spiegare tutte le potenzialità della loro umanità. In altri termini, è importante non lasciare che si creino compartimenti stagni tra i diversi campi. La solidarietà tra le persone come tra i popoli è innanzitutto un principio di ordine morale. L'attività umana, economica, politica o culturale non raggiunge la sua pienezza di significato se non s'impone un regolamento di ordine etico su altre considerazioni, per quanto legittime. In una parola, la persona umana e la "personalità" di un popolo sono le realtà che ogni azione politica da ve innanzitutto rispettare e servire. Mai la coscienza retta può essere ignorata o svilita! Mai la vita può essere disprezzata! Vi è reale progresso nella comunità umana, solo se il diritto, che è parte della natura stessa dell'uomo, viene riconosciuto come un fondamento, precedente a ogni transazione, a ogni patto, a ogni creazione di strutture istituzionali, nel quadro di una nazione o della solidarietà di più nazioni.


5. I Paesi della regione centrale d'Europa hanno cominciato a ricostruire un mondo di libertà. Sappiamo che si assiste anche al risorgere di tensioni tra gruppi di nazionalità diverse, presenti in una stessa entità politica. Ho fatto più volte appello al rispetto dei diritti di tutte le nazioni, di tutte le minoranze: esse devono accettare la costituzione del Paese che le ospita, ma anche i governi devono riconoscere loro uguali diritti, compreso il diritto di parlare la loro lingua materna, di godere di una giusta autonomia e di conservare la loro particolare cultura. Gli ungheresi sono sensibili al destino dei loro fratelli che risiedono in molti Paesi vicini; si augurano giustamente di mantenere certe forme di legame con loro. Se le frontiere sono inviolabili, non bisogna forse, allo stesso tempo, affermare che gli stessi popoli sono inviolabili? Tra minoranze e maggioranze urge superare i pregiudizi o i risentimenti ereditati dalla storia.

Grazie a una migliore conoscenza reciproca, non è forse possibile giungere a superare pazientemente antipatie ancestrali a cui non ci si può rassegnare? Un tale obiettivo è prioritario per i cristiani: essi non potranno rinunciarvi senza dimostrarsi infedeli a una verità centrale, quella dell'uguaglianza innata tra tutti gli esseri umani che hanno la vocazione di vivere in unione fraterna, al di là di qualsiasi frontiera. Per avvicinarsi alla mèta rimane un lungo cammino da percorrere; lungi dallo scoraggiarci, ciò deve essere di sprone per incamminarci senza indugio, su questa strada.


6. In un momento in cui vi sono delle opzioni decisive da operare per l'avvenire del continente europeo, ho voluto esprimere davanti a voi alcune convinzioni che ritengo essenziali. Se a Budapest, oggi, la nostra attenzione si rivolge all'Europa che si trasforma, è ben chiaro che ci guardiamo dal fare astrazioni dalle gravi preoccupazioni che conoscono le altre regioni del mondo, di cui molti tra voi sono rappresentanti. Speriamo che il fossato una volta scavato tra l'Est e l'Ovest venga colmato per sempre. Speriamo allo stesso tempo che tutti i membri della comunità internazionale accettino di compiere incessantemente gli sforzi necessari per intensificare la collaborazione e la solidarietà tra il Nord e il Sud. Poiché, nella sua infinita diversità, la famiglia umana è una. Tutti i suoi membri hanno uguale dignità. Nessuno può accettare che un solo essere umano venga danneggiato e privato dei suoi diritti fondamentali. Le ultime generazioni hanno imparato, come mai si era potuto fare prima, ad abbracciare con un solo sguardo tutto il pianeta. Ma resta molto da imparare e da fare per raggiungere un'effettiva solidarietà tra tutti i popoli.


7. Eccellenze, Signore e Signori, al termine del nostro incontro sono felice di porgere a ciascuno di voi i fervidi auguri del Vescovo di Roma, per le vostre persone e per i popoli che rappresentate. Nella speranza di vedere il Paese che ci accoglie, il continente europeo e l'insieme delle nazioni del mondo avanzare con passo fermo e spirito aperto sul cammino della giustizia e della pace, invoco Dio Onnipotente per voi e le vostre nazioni, affinché effonda abbondantemente i suoi doni di saggezza e di amore.

Data: 1991-08-17
Sabato 17 Agosto 1991

Messa presso il Santuario mariano di rito bizantino - Mariapocs

Titolo: Maria aiuti a trovare reciproca comprensione tra persone di culture diverse, appartenenti alla stessa famiglia umana




1. "Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!" (Lc 11,27).

Fra la folla che circonda Gesù si leva la voce di una donna. E' a Lui che si rivolge: esprime gratitudine per il bene che Egli fa, per la verità che proclama. per la Buona Novella. Nello stesso tempo la voce si rivolge alla Madre di Gesù, la quale non sta fisicamente fra la folla, eppure c'è... è presente in Lui. La madre vive sempre nel figlio suo. Maria ha vissuto in Cristo: in quanto uomo era suo Figlio e, come tale, portava in sé l'eredità della Madre. Le somigliava. Il legame che si era creato tra il Figlio e la Madre quando Maria lo portava sotto il cuore, nel suo grembo, perdurava in entrambi: "Beato il grembo...". Non l'aveva forse già preannunziato lo Spirito Santo con le parole stesse di Maria: "Tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1,48)?


2. Nel corso del mio pellegrinaggio in terra ungherese, sono giunto in questo luogo dove la predizione evangelica trova di generazione in generazione una sua attuazione tutta particolare. Con quante labbra, in quante lingue la beatitudine del Vangelo di Luca è stata pronunziata nel susseguirsi delle generazioni? "Beato il grembo che ti ha portato!" (Lc 11,27). "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!" (Lc 1,42). La ripeto anch'io con voi nel giorno del tradizionale grande pellegrinaggio, mentre venero con intima gioia l'icona della Vergine Madre di Dio, la cui effige originale è custodita nel Duomo di Santo Stefano a Vienna. E nel nome di Maria saluto tutti voi, abitanti di questa Città e pellegrini d'Ungheria e di altre Nazioni vicine. Rivolgo un fraterno pensiero a Monsignor Szilard Keresztes, Vescovo della Diocesi di Hajdudorog per i cattolici di rito bizantino di tutta l'Ungheria, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha indirizzato all'inizio della celebrazione. Saluto Monsignor Istvan Seregély Arcivescovo di Eger, nel cui territorio è situata Mariapocs, e gli altri presuli presenti. Saluto i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici, particolarmente gli ammalati ed i giovani. Desidero inoltre salutare calorosamente i pellegrini giunti dai Paesi vicini: ungheresi, ucraini, slovacchi, ruteni e rumeni. Saluto con particolare affetto i pellegrini ungheresi giunti dalle Nazioni e dai villaggi vicini per incontrare con i loro fratelli ungheresi il Successore di San Pietro.

Oggi il compito di ciascuno di voi è quello di usare la libertà conquistata secondo le leggi dell'amore e secondo i fini della vita cristiana, in un rapporto di reciproca amicizia con tutti i cristiani e con tutte le Nazioni. Rimanete fedeli alle vostre eredità spirituali! Difendete la vostra fede! Dio vi benedica! Di tutto cuore saluto i fedeli venuti dall'Ucraina. Carissimi, la vostra testimonianza di fede, che avete data per decenni a tutto il mondo, accettando anche persecuzioni e gravi discriminazioni, conferma la convinzione cristiana, secondo la quale la fede e il cristianesimo non potranno mai essere distrutti. Che la vostra testimonianza quotidiana di autentici cristiani continui anche nelle mutate circostanze. Ora è importante convivere in pace con tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà.

Che la Madonna di Mariapocs interceda sempre per voi! Rivolgo anche un particolare saluto a Mons. Jan Hirka, Vescovo di Presov dei Cattolici di rito bizantino, Mons. Alojz Tkac, Vescovo di Kosice e a tutti i fedeli slovacchi che sono venuti a pregare con i loro fratelli ungheresi. La storia dei vostri due popoli vi ha uniti nel passato. Preghiamo affinché l'unità e il rispetto reciproco siano le caratteristiche che costituiranno la vostra vita anche nel futuro. Come cristiani dobbiamo sempre rispettare i diritti e la cultura propria degli altri.

Che Dio benedica il popolo slovacco che eccelle sempre per la sua tolleranza verso gli altri.

Cordialmente saluto Mons. Ivan Semedi, Vescovo di Mukacevo degli Ucraini, gli Ausiliari: Mons. Ivan Marghitych, Mons. Josyf Holovach e i carissimi pellegrini ruteni, che sono venuti in questo antico santuario della Madonna a Mariapocs. Che la Beatissima Vergine vi accompagni nel vostro pellegrinaggio su questa terra. La vostra grande tradizione mariana, che avete in comune con il popolo ungherese, vi unisca sulla strada della pace e del comune patrimonio cristiano.

Cordialmente saluto anche il Cardinale Alexandru Todea, Arcivescovo di Fagaras e Alba Julia, o Vescovi e i pellegrini di lingua rumena. Voi siete venuti al Santuario di Mariapocs da altri Paesi. Che la Beatissima Vergine vi protegga nel vostro difficile cammino dopo tanti anni di repressione. La libertà di coscienza e di religione, che voi avete ricuperato, vi permette di vivere una vita quotidiana autentica, in buoni rapporti con tutti i cristiani e tutti i popoli, nonché con le minoranze etniche nel vostro Paese, che attraverso tutta la storia ha dato esempio di tolleranza e di promozione delle altre culture.

Sono lieto di incontrarvi in questo luogo sacro, prendendo parte al vostro pellegrinaggio. Molti di voi hanno dovuto affrontare un lungo viaggio, superando anche frontiere, per giungere fin qui ed unirsi a fratelli e sorelle ungheresi, come pure a tante persone di altre Nazioni, qui convenute per venerare la Vergine Maria. Tutti i Santuari della Madonna sono luoghi di pace e di riconciliazione. Per voi e per i vostri connazionali chiedo alla Vergine Santa che questo incontro sia incentivo e stimolo a reciproca comprensione e costruttiva collaborazione: tra voi ci sono persone che parlano lingue differenti e vivono in culture diverse, ma appartengono pur sempre alla stessa grande famiglia umana. Due anni or sono, nel Messaggio per l'annuale Giornata della pace, ho sottolineato il diritto delle minoranze ad esistere a preservare la propria cultura, ad usare la propria lingua e ad avere relazioni con i gruppi che hanno un'eredità culturale e storica comune, pur vivendo su territori di altri Stati (cfr. Messaggio del 1 gennaio 1989, 5ss). Voglia Iddio concedere ai figli di questa Terra ed a quelli dei paesi vicini la nobiltà d'animo necessaria per rispettare sempre questi fondamentali diritti, così che col contributo generoso di tutti sia possibile costruire attivamente una pace resa più ricca dall'apporto delle legittime differenze di ciascuno. "Beato il grembo che ti ha portato!" (Lc 11,27).

"Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!" (Lc 1,42).


3. Questa beatitudine, proclamata da una donna fra la folla che circondava Gesù, è indirizzata prima di tutto a Lui: concerne la Madre soltanto in considerazione del Figlio. Nei santuari mariani, in realtà, è il Figlio a venir glorificato in modo particolare. La Madre, per così dire, "si cela" tutta intera nel suo mistero: nel mistero divino di cui parla l'Apostolo nella lettera ai Filippesi. Gesù Cristo, "pur essendo di natura divina, non considero un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,6-8). E Maria ha preso parte profondamente a questo Mistero. Sin dal momento dell'Annunciazione, sin dalla nascita nella notte di Betlemme ha preso parte, mediante la fede, al grande Mistero della "spogliazione" del Figlio di Dio il quale, come suo Figlio simile agli uomini, ha assunto la condizione di servo. Anche molti di voi, carissimi fratelli e sorelle, unitamente all'intera Chiesa Cattolica di rito bizantino, hanno dovuto prendere sulle proprie spalle la croce di Cristo nei duri anni della persecuzione. Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici hanno sofferto per la fede cristiana e per l'attaccamento alla loro Chiesa. Oggi, tutti insieme, sulla piazza di questo Santuario, nell'unica chiesa di rito bizantino cattolico che poté legittimamente sopravvivere durante la persecuzione, noi vogliamo ringraziare Dio per i doni di grazia, che ha continuato ad elargirvi anche nel tempo della sofferenza. Ora che quell'oscuro periodo è finito, celebrando l'Eucaristia nella stupenda Liturgia di san Giovanni Crisostomo, a testimonianza della ricca varietà della Chiesa, nella quale s'incontrano e s'arricchiscono a vicenda le tradizioni dell'Oriente e dell'Occidente, noi esprimiamo la certezza che le sofferenze dei martiri saranno per tutti incitamento e sprone a nuovo impegno di vita cristiana.

In questo santuario della Beatissima Vergine vorrei fiduciosamente implorare la grazia provvidenziale della Santissima Trinità: voglia aiutare le Chiese ortodosse di differenti tradizioni. L'Europa si trova alla soglia di una nuova èra, nella quale l'invito urgente all'unità è il fenomeno più appariscente. E' questo un invito alle Chiese autocefale e alle altre Chiese perché cerchino la riconciliazione fra di loro. Con questa intenzione eleviamo la nostra preghiera alla Vergine Addolorata, a Colei che seppe resistere impavida accanto al Figlio fin sotto la Croce. La via della fede ha condotto Maria a seguire Cristo sino alla Croce, dove Egli "umilio se stesso, facendosi obbediente fino alla morte". E questa via Maria l'ha percorsa interamente mediante la fede e il suo amore materno. Ha avuto in sé gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (cfr. Ph 2,5), nel suo Redentore.


4. Quando visitiamo i santuari mariani lo facciamo per ubbidire alle parole pronunciate da Gesù in risposta alla donna: "Beati... coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano" (Lc 11,28). Tali parole si riferiscono in primo luogo a Maria e trovano il pieno compimento in Lei che, come insegna il Concilio, "avanzo nella peregrinazione della fede e serbo fedelmente la sua unione col Figlio" (cfr. LG 58). Le parole di Gesù si riferiscono anche a noi, impegnandoci all'ascolto della parola di Dio e all'osservanza di ciò che in essa ci viene richiesto. Desideriamo anche noi, pellegrini in questo luogo, avere Maria come "guida" materna sulla via di questa fede operosa, sulla via che conduce a Cristo. Desideriamo anche noi avere gli stessi sentimenti che furono in Lei, come erano stati nel Figlio.


5. Con i suoi stessi sentimenti vogliamo riflettere sulla nostra realtà quotidiana, sulla condizione delle nostre Comunità in questo particolare momento storico. Maria Madre amorosa che stringe tra le braccia il divin Figlio accordi a questa Nazione il rinnovamento ed il rinvigorimento della società e della vita familiare, "uno dei beni più preziosi dell'umanità" (cfr. FC 1). Guidi le famiglie a costruire su Cristo, centro di ogni umana esistenza, la fedeltà e la stabilità dei loro progetti; le aiuti a poggiare sull'amore la loro specifica missione nel mondo e nella Chiesa. "Dio è amore" (1Jn 4,8): creando l'uomo a sua immagine ha inscritto nel suo essere l'esigenza spirituale dell'amore, fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano (cfr. FC 11). Ma l'amore, di cui parla il Salvatore, non è certamente quello del mondo. Amare, per il cristiano, significa aprirsi agli altri, accettare l'altro come parte di sé; significa dare gratuitamente se stesso all'altro per aiutarlo a realizzarsi pienamente. Non ama Cristo la sua Chiesa così? Non ha Egli dato tutto se stesso per renderla santa (cfr. Ep 5,25-33)? Nella famiglia, attraverso il matrimonio cristiano, i coniugi realizzano la loro missione di amore attingendo freschezza alla sorgentre inesauribile del cuore di Cristo. Nell'umile famiglia di Nazareth essi riconoscono il modello della loro crescita quotidiana nel servizio e nell'accoglienza; da essa imparano ad esprimersi in un'esistenza semplice e feconda, attenta sempre alle grandi attese e prospettive dell'umanità.


6. "L'uomo e la donna secondo la volontà di Cristo - ho scritto nella Familiaris consortio - si impegnano totalmente l'uno verso l'altra, fino alla morte. La donazione fisica totale sarebbe menzogna, se non fosse segno e frutto della donazione personale totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione temporale, è presente: se la persona si riservasse qualcosa o la possibilità di decidere altrimenti per il futuro, già per questo essa non si donerebbe totalmente" (FC 11). Nessuno dunque, nemmeno lo Stato, può rompere il vincolo dell'amore. Per questo, quando si è contratto il matrimonio secondo le leggi della Chiesa, il vincolo sacro sussiste e perdura nonostante l'eventuale divorzio civile, e lega fra loro i coniugi fino alla morte. Stupenda e misteriosa sorgente di vita è l'amore vero che, mentre conduce gli sposi a quella profonda reciproca "conoscenza" che li fa "una carne sola" (cfr. Gn 2,24), non si esaurisce all'interno della sola coppia, ma la apre verso gli altri: i figli, i familiari, la società. In tal modo i coniugi diventano cooperatori di Dio nel costruire una nuova società in cui siano veramente accolti, tutelati, difesi e promossi i diritti dell'uomo, la vita di ogni persona umana. In particolare dal loro reciproco amore sgorga la vita del figlio, segno permanente della loro unità coniugale e sintesi straordinaria della loro paternità e maternità. E col figlio i genitori ricevono da Dio una nuova responsabilità che allarga la missione della famiglia! L'aborto non è forse la morte di un vitale mistero di amore? Non vi sembri fuori luogo il mio pressante appello a rileggere, in proposito, la Lettera Pastorale che i vostri Vescovi hanno indirizzato, nel 1956 alla Nazione magiara, ed il cui contenuto mantiene ancor oggi una tragica attualità.


7. Il cammino della vita familiare non è scevro di difficoltà e di rischi. Voi coniugi lo sapete bene. Ma, se avete fede, sapete anche di non essere soli. C'è Dio accanto a voi, che non lascia mancare l'aiuto della sua grazia a chi lo invoca con fiducia nella preghiera e nella pratica costante dei sacramenti. Di una cosa, pero, dovete essere convinti: se è necessario impegnarsi nelle diverse incombenze materiali, ancora più necessario è crescere spiritualmente nel contatto con Cristo, ascoltando la sua Parola e mai abbandonando la sua legge. Interessi terreni ed aspirazioni spirituali non si escludono reciprocamente, ma hanno bisogno di essere armonizzati ed integrati. Il Vangelo vi ammonisce (cfr. Lc 10,38-42) di non lasciarvi totalmente assorbire dalle attività materiali. Di fronte a Marta, affaccendata in molti servizi, Maria, seduta ai piedi del Maestro in ascolto delle sue parole, "ha scelto la parte migliore" (Lc 10,42). Con tali parole Gesù intendeva sottolineare quanto sia importante per i cristiani, desiderosi di animare la propria famiglia con amore soprannaturale, il consacrare a Dio tempo ed attenzione nella preghiera personale e liturgica. Anche sotto questo aspetto la Vergine Santissima resta il modello più alto: "Meditando nel suo cuore" (cfr. Lc 2,19) i doni di Dio, essa affida ogni problema al cuore misericordioso del suo Figlio: "Non hanno più vino" (cfr. Jn 2,3) dice al Figlio durante le nozze di Cana. "La Vergine Maria - ho scritto concludendo la Familiaris consortio - come è Madre della Chiesa, così anche sia la Madre della "Chiesa domestica" e, grazie al suo aiuto materno, ogni famiglia cristiana possa diventare veramente una "piccola chiesa", nella quale si rispecchi e riviva il mistero della Chiesa di Cristo. Sia Lei, l'Ancella del Signore, l'esempio di accoglienza umile e generosa della volontà di Dio; sia Lei, Madre Addolorata ai piedi della Croce, a confortare le sofferenze e ad asciugare le lacrime di quanti soffrono per le difficoltà delle loro famiglie" (FC 86).


8. Maria fu presente sul Calvario, in atteggiamento di silenziosa partecipazione, nell'ora della prova e della morte di Cristo. Con Lei ci accostiamo al mistero della Croce. E le parole dell'Apostolo dei Gentili, nella Lettera ai Filippesi, ci aprono alla pienezza del mistero di Cristo. Dopo la "spogliazione" del Figlio di Dio in forma umana, dopo l'"umiliazione" mediante la Croce, risuona nell'inno paolino l'"esaltazione" e la gloria di Cristo: "Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore; a gloria di Dio Padre" (2,9-11).

Maria, Colei che "si è scelta la parte migliore" (cfr. Lc 10,42), porta in sé un riflesso significativo della gloria del Figlio. Come durante il cammino terreno L'ha accompagnato inseparabilmente - Socia Christi - nella spoliazione ed umiliazione, così anche ora partecipa alla sua esaltazione.

E questa esaltazione della Madre mediante la partecipazione alla gloria del Figlio, sono tutti i fedeli ungheresi a proclamarla: Magna Domina Hungarorum.

La proclamano nel corso di tante generazioni! Veramente "beato il grembo che ti ha portato"! "Benedetta fu tra le donne"! Benedetta Colei che "ha accolto il Verbo" e L'ha conservato maternamente per noi tutti! E' la Madre: sua e nostra, di generazione in generazione! Amen!

Data: 1991-08-18
Domenica 18 Agosto 1991

Recita dell'Angelus - Mariapocs

Titolo: Superare i condizionamenti moderni per poter conservare allo spirito spazi di espressione

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono molto lieto, ed insieme commosso, di poter recitare pubblicamente l'Angelus nella vostra nobile Terra. Lo faccio con voi in questo Santuario di Mariapocs, che ha avuto sempre grande importanza nella storia spirituale di questo Paese. Come ben sapete, la preghiera che stiamo per recitare - una preghiera semplice e breve, ma che racchiude nelle sue concise espressioni il mistero centrale della nostra salvezza - si diffuse nel mondo a seguito d'un decisivo evento storico, qui verificatosi. Fu, infatti, nel 1456 che il Papa Callisto III dispose che i fedeli, al suono delle campane di mezzogiorno, implorassero la protezione divina con la recita di questa bella supplica mariana, la quale conforto efficacemente i cristiani in quelle difficili circostanze, piene di pericolo per la vita religiosa e civile. In conseguenza di ciò, l'Angelus fu ben presto accettato ed introdotto in tutta la Chiesa come preghiera di ringraziamento e di sempre rinnovata confidenza nell'intercessione della Madre di Dio.


2. L'origine storica di questa preghiera, collegata con l'aspirazione alla tranquillità ed alla pace, e la sua struttura essenzialmente biblica, che, partendo dall'Incarnazione e passando attraverso il Mistero pasquale, si apre alla speranza della risurrezione finale, ne conservano a distanza di secoli inalterato il valore ed intatta la freschezza. L'Angelus è una preghiera tuttora attualissima. Colgo, perciò, volentieri l'occasione per raccomandarne la recita in quei momenti caratteristici della giornata - mattino, mezzogiorno e sera - che scandiscono il ritmo dell'attività quotidiana ed auspico che nella meditazione dei misteri della redenzione ciascuno possa trovare consolazione e conforto. La storia della salvezza, così ricordata, deve inserirsi nella nostra vita di ogni giorno, illuminandola dall'interno e orientandola verso il suo soprannaturale compimento.


3. Nelle città di oggi le cime dei grattacieli si spingono più in alto dei campanili, il rumore del traffico sovrasta spesso il suono delle campane, e gli stessi orari di lavoro in molti casi non rispettano i ritmi consueti. Tutto ciò può rendere difficile la pratica di questa tradizionale forma di devozione.

E' necessario superare questi moderni condizionamenti, per conservare al proprio spirito convenienti spazi di espressione. E' necessario soprattutto valorizzare la ricchezza del messaggio che l'Angelus reca con sé, per alimentare il nostro impegno di vita cristiana e per corrispondere al disegno salvifico di Colui che "s'è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi". (Dopo la recita dell'Angelus, Giovanni Paolo II ha improvvisato in italiano il seguente discorso:) Fratelli e sorelle in Cristo, Haec dies quam fecit Dominus! Ringraziamo per questo giorno del Signore, domenica, che ci ha radunati in tanti in questo Santuario di Mariapocs.

Ringraziamo per la presenza di tutti, di tutti gli ungheresi, ma anche di tutti gli ospiti delle vicine nazioni e dei vicini popoli.

Ringraziamo per la presenza di tanti Cardinali, Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose e di tutto il popolo di Dio.

Ringraziamo per la presenza di tanti giovani che sono ritornati dalla grande Giornata della Gioventù celebrata a Jasna Gora, in Polonia, nella festa dell'Assunzione di Maria.

Ringraziando preghiamo con questi giovani noi tutti qui radunati, preghiamo per l'unione di tutti i cristiani, questo grande desiderio che il Signore nostro ha espresso nella sua preghiera sacerdotale: "ut unum sint".

Questa preghiera passa attraverso i nostri cuori e si fa un desiderio continuo e si fa anche uno sforzo continuo per essere in unione con i nostri fratelli cristiani dell'Occidente e dell'Oriente, con i nostri fratelli ortodossi.

"Ut unum sint!". Questa è la preghiera che ripetiamo come eco continua della Chiesa in tutti i Santuari, anche in quello di Mariapocs. Maria, Madre della Chiesa, Madre di questo Santuario di Mariapocs, Maria Madre di tutti i Santuari del mondo, sia Madre della nostra unione nella fede e nella Chiesa del suo Figlio.

Vi ringrazio carissimi per questa splendida celebrazione, per questa così numerosa partecipazione, per quella preghiera orientale che porta tanta ricchezza ai nostri spiriti.

Vi ringrazio. Che il Signore vi benedica, che la Regina di Mariapocs sia sempre con voi! Grazie e arrivederci!

Data: 1991-08-18
Domenica 18 Agosto 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Discorso ai rappresentanti del Corpo Diplomatico durante l'incontro alla Nunziatura Apostolica - Budapest