GPII 1991 Insegnamenti - Ad un gruppo di fedeli di Madrid - Città del Vaticano (Roma)

Ad un gruppo di fedeli di Madrid - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'affetto per i vostri Pastori e per il Papa

Signor Cardinale, Signori Vescovi, Sacerdoti, religiosi, religiose, Amatissimi fedeli tutti, Mi è molto gradito ricevervi questa mattina, pellegrini dell'Arcidiocesi di Madrid, in occasione della visita "ad limina Apostolorum" dei vostri Pastori.

Questo incontro è la chiara espressione dei vostro affetto verso i Pastori posti dal Signore al vostro servizio spirituale, così come è la testimonianza della comunione con il Successore di Pietro. Grazie, dunque, della vostra presenza qui.

Rimangono vive nel mio ricordo le giornate trascorse a Madrid durante la mia visita pastorale in Spagna nel 1982. In quelle intense celebrazioni di fede e speranza ho potuto apprezzare la religiosità e l'amore dei madrileni verso la Chiesa. Valga questo incontro di Roma a incoraggiarvi nuovamente nel vostro impegno di vita cristiana, che si traduca in un dinamismo apostolico che renda sempre più presenti i valori del Vangelo nella società spagnola.

Con questo augurio, e mentre vi raccomando alla protezione materna di Nostra Signora di Almudena, vi imparto la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1991-12-16
Lunedi 16 Dicembre 1991

Messa nella Basilica Vaticana per gli Universitari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Coniugare libertà e verità: una sfida di grande rilievo per gli uomini di cultura del nostro tempo"




1. "Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio" (Rm 8,14). Queste parole dell'apostolo Paolo hanno costituito il filo conduttore della recente Giornata Mondiale della Gioventù, svoltasi a Jasna Gora.

S'è trattato di un appuntamento eccezionale che ha visto per la prima volta i giovani dell'Occidente incontrarsi con quelli dell'Est dell'Europa. A Czestochowa sono giunti giovani provenienti da oltre ottanta nazioni di ogni continente. Le parole della Lettera di Paolo ai Romani hanno avuto un impatto vivo con i loro problemi, che sono i problemi di una gioventù moderna in un mondo differenziato.

Siamo figli di Dio, in Cristo Gesù, guidati dallo Spirito Santo: questa verità è apparsa come la dimensione fondamentale alla cui luce le problematiche giovanili trovano soluzione: "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre" (He 13,8).


2. Carissimi studenti e studentesse, questa nostra celebrazione eucaristica prolunga, in qualche modo, l'esperienza della Sesta Giornata Mondiale della Gioventù. Il suo ricordo è in noi ancora molto vivo, grazie anche alla presenza di alcuni giovani che vi hanno preso parte. Vi saluto tutti con affetto insieme alle vostre Comunità e ai vari Gruppi universitari ai quali appartenete. Ho ascoltato poco fa attentamente i vostri due rappresentanti e li ringrazio per essersi fatti interpreti dei sentimenti e dei propositi apostolici che vi animano. Saluto in particolare il Cardinale Vicario, Camillo Ruini, mio primo collaboratore nella cura della Diocesi di Roma. Porgo, poi, il mio deferente benvenuto ai Magnifici Rettori delle Università Italiane la cui presenza a questo rito mi permette di condividere le attese e le speranze dell'intera realtà universitaria italiana.

Rivolgo, quindi, un cordiale pensiero alle Autorità Accademiche, ai Docenti, al personale non docente e agli Studenti dei cinque Atenei romani: a voi della prima Università di Roma "la Sapienza", che ho potuto visitare lo scorso aprile e di cui mi è ancora vivo nello spirito il ricordo; a voi della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore; a voi della Libera Università Internazionale di Scienze Sociali (LUISS); a voi della seconda Università di Roma "Tor Vergata", ed a voi della Libera Università Maria Assunta (LUMSA), che quest'anno continua il suo cammino, iniziato cinquantaquattro anni fa, con la nuova qualifica di Università Cattolica.


3. La liturgia, nel tempo di Avvento, ci presenta oggi un uomo guidato in maniera singolare dallo Spirito di Dio: Giuseppe di Nazaret. Mentre Luca riferisce il racconto dell'Annunciazione a Maria, Matteo, nell'odierno brano evangelico, ci offre una narrazione quasi analoga così che i testi dei due evangelisti si completano. All'annuncio angelico a Maria, Vergine promessa sposa a Giuseppe, fa qui riscontro il messaggio ricevuto in sogno da Giuseppe. Entrambi i racconti costituiscono, in un certo senso, un logico insieme rispetto al mistero dell'Annunciazione e dell'Incarnazione del Figlio di Dio. L'eterno Padre aveva stabilito che la Vergine-Madre dell'eterno Figlio trovasse un appoggio umano nel suo sposo terreno Giuseppe. Il loro amore viene in tal modo introdotto nel cuore stesso del Mistero di Dio, accolto con piena disponibilità da questa donna e da quest'uomo: da Maria e da Giuseppe. La sincrona e reciproca apertura rende ragione della loro singolare grandezza: rende ragione della loro santità. La santità dell'uomo è, infatti, sempre frutto dell'apertura interiore all'azione dello Spirito Santo.


4. L'Avvento è il tempo dell'attesa e dell'apertura nei confronti di questa azione divina. "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,14). Mediante questo Figlio - suo Figlio - Dio entra nella storia umana per plasmarla con la sua misura divina. Entra nella dimensione umana dell'intera creazione mediante gli uomini. In essi e per mezzo di essi, Egli diviene l'Emmanuele, che significa "Dio con noi" (cfr. Mt 1,23). La presenza del Signore è salvifica: trasforma la storia dell'umanità in storia di salvezza. "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,17).


5. Per i credenti costruire la storia è prendere parte a questa divina opera redentrice, alla quale l'essere umano può prestare il proprio apporto in tanti modi. Anche il vostro lavoro nell'Università vi offre tale opportunità. Voi potete contribuire alla elaborazione di un sapere teorico e pratico orientato ai valori spirituali sui quali fondare l'autentico progresso della società. Lo sforzo umano, tuttavia, è fecondo soltanto quando in esso agisce la potenza soprannaturale della sapienza e dell'amore di Dio. Per questo, occorre senso di responsabilità, rispetto della libertà, che deve essere a tutti garantita, apertura al trascendente e sincera adesione alla verità. Coniugare libertà e verità: ecco una sfida di grande rilievo per gli uomini di cultura e di scienza del nostro tempo.

L'attuale frammentazione del sapere, una visione strumentale delle cose e della stessa persona - manifestazioni presenti in alcune espressioni del pensiero moderno - obbligano voi, Docenti, Ricercatori e Studenti, a ripensare coraggiosamente la natura e le finalità dei compiti dell'Università in ordine al bene comune. Le nuove generazioni hanno bisogno di essere aiutate a crescere come persone libere, amanti della verità e ad essa fedeli. La ricerca del vero, del bello, del buono è un impegno non pragmatico, bensi culturale ed etico: un servizio alla promozione dell'uomo, ed una via all'evangelizzazione.


6. Carissimi fratelli e sorelle, guardate a Cristo, Verità dell'uomo, origine e fonte della libertà: Egli apre i sigilli del libro della storia e svela la pienezza della realtà allo spirito umano che indaga. La Diocesi di Roma, impegnata nel Sinodo diocesano, guarda con attenzione e speranza al vostro mondo universitario; sostiene ed incoraggia il vostro impegno ed attende il vostro specifico apporto apostolico, anzi missionario. La presenza in Città di numerosi Centri di Studio, fra i quali vorrei ricordare le Pontificie Università, non rappresenta forse un potenziale da valorizzare al massimo per la nuova urgente evangelizzazione? Evangelizzare la cultura: questa è la missione a voi affidata.

Essa interessa il campo della formazione universitaria, della ricerca scientifica e coinvolge in modo diretto l'intera Comunità ecclesiale nella elaborazione di una cultura attenta ai veri valori guidata dagli ideali evangelici. Vorrei incoraggiare di cuore ogni iniziativa promossa dalla Diocesi in tale direzione ed auspico che ciascuno di voi offra a questo lavoro apostolico il proprio contributo.


7. "Siamo testimoni di Cristo che ci ha liberati". Su queste parole ispirate all'apostolo Paolo si sono incentrati i lavori della recente Assise sinodale, appena terminata, che è stata uno straordinario evento per la Chiesa, per l'Europa e per il mondo. Per questo, ringraziamo ancora una volta il Signore che ha reso possibile lo scambio di doni spirituali fra le Chiese dell'Est, del Centro e dell'Ovest del nostro Continente. Filo conduttore del Sinodo è stata la libertà che invita a rileggere tutta la verità sull'uomo, riconducendola a Cristo, Figlio unigenito del Padre. Gesù ha rivelato all'uomo, soprattutto con la sua stessa vita, questa verità sull'uomo e la nuova evangelizzazione non può che camminare alla luce di tale verità, superando le varie forme della "riduzione antropologica". "A questo proposito appare decisiva - secondo i Padri sinodali - la questione del rapporto tra libertà e verità, quel rapporto troppo spesso concepito in termini antitetici dalla moderna cultura europea, mentre in realtà libertà e verità sono in tal modo reciprocamente ordinate che non possono essere raggiunte l'una senza l'altra. Non c'è libertà senza verita! Ugualmente essenziale è il superamento di un'altra alternativa, del resto collegata alla precedente: quella tra libertà e giustizia, libertà e solidarietà, libertà e comunione reciproca". Le formulazioni dell'ultimo Sinodo possono suonare un po' astratte, ma parlo alle persone che sono abituate a pensare, a riflettere e anche i concetti astratti non rimangono per loro sconosciuti, anzi parlano della realtà, anzi parlano della realtà più vicina a ciascuno di noi. Chi è questa realtà? Ciascuno di noi è questa realtà per se stesso. L'uomo, la persona umana, è interessante, è molto profondo, qualche volta sembra imperscrutabile e non dobbiamo meravigliarci: lui è a somiglianza, ad immagine di Dio, Dio imperscrutabile, assoluto. L'uomo, imperscrutabile mistero nell'ordine della ragione. E queste categorie si filosofiche, anche psicologiche, anche sperimentali, esistenziali, questo legame fra libertà e verità è anche una realtà esistenziale, esiste in ciascuno di noi, la nostra esistenza umana, personale, viene costituita da questo legame. E Cristo ci ha detto una volta: conoscerete la libertà, conoscerete la verità, la verità vi farà liberi. Allora, noi non siamo liberi grazie a qualsiasi uso della nostra libertà, siamo liberi solamente se questo uso della nostra libertà è guidato dalla verità. così siamo veramente sovrani, così viviamo il mistero della trascendenza, questa creata che Dio ha iscritto nella nostra natura umana, natura personale. Una piccola aggiunta alla situazione dell'ultimo Sinodo.


8. Si avvicina ormai il Natale e, in tale circostanza, la Chiesa rinnova a tutti gli uomini i suoi auguri. Sono auguri che troviamo nel prologo del Vangelo di Giovanni. Li è scritto: il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; a quanti l'hanno accolto, il Verbo Incarnato - Gesù Cristo - ha dato e continua a dare il potere di diventare figli di Dio (cfr. Jn 1,14 Jn 1,12). Agli uomini d'ogni nazione, razza e lingua, agli uomini di tutte le generazioni, la Chiesa non può augurare nulla di più alto della figliolanza divina: la figliolanza - partecipazione al Figlio Unigenito. Ed anche per voi, che costituite il "corpus" degli Atenei romani, il Vescovo di Roma non può auspicare niente che sia più grande di questo. Che lo Spirito di Dio vi guidi sempre, si da essere, quali figli e figlie di adozione, i testimoni di Cristo, perché sperimentiate profondamente la libertà che da Lui scaturisce e da lui trae potenza; perché, con la libertà dei figli di Dio, rinnoviate la faccia della terra: il volto delle nostre antiche nazioni europee e di ogni popolo del mondo. All'inizio della Messa, all'entrata nella Basilica, abbiamo sentito, abbiamo ascoltato un canto, questa misteriosa parola "Maranatha, Maranatha".

Questa parola "vieni Signore" è sempre presente nel creato, sempre presente nella storia, si deve aprire più profondamente per sentire perché molte volte viene offuscata, viene eliminata dal campo della nostra consapevolezza, della nostra sensibilità, ma quando questa sensibilità giovanile, umana, personale, viene guidata dallo Spirito Santo, come sempre ci diceva San Paolo a Czestochowa, quando questa sensibilità viene guidata dallo Spirito Santo allora si sente come questo spirito e la Sposa, la Sposa è la Chiesa diffusa in tutta il mondo, come lo spirito e la Sposa ripetono sempre questa parola Maranatha, vieni, vieni Signore Gesù. Questo è la voce dell'Avvento di tutti, ma soprattutto dell'Avvento vostro, in cui noi tutti e ciascuno di voi siamo coinvolti, in cui siamo partecipi.

L'Avvento è un tempo che ci parla della ultima finalità della nostra umana esistenza. Sia con voi la gioia del Natale: gioia piena e profonda. Amen!

Data: 1991-12-17
Martedi 17 Dicembre 1991





Visita all'Ospedale "Sandro Pertini" - Roma

Titolo: L'Altissimo ha voluto esprimere visibilmente il suo amore

Cari fratelli e sorelle del nuovo Ospedale "Sandro Pertini" di Pietralata!


1. Nell'atmosfera spirituale dell'ormai imminente Natale del Signore ho desiderato di venire a visitarvi, per porgevi gli auguri più cordiali e per assicurare la mia preghiera, specialmente nella Notte Santa, che ricorda la nascita di Gesù su questa terra. So che a questa solennità vi siete preparati sotto la guida del vostro Cappellano, Padre Carmelo Vitrugno, meditando su una frase incentrata sul mistero natalizio, che suona così: "Gesù Cristo, Figlio di Dio, si è fatto uomo nel grembo di Maria Vergine, per opera dello Spirito Santo; è venuto, viene e verrà per abbattere ogni muro di divisione e per insegnarci la collaborazione e la solidarietà". E', questa, una professione di fede sul mistero dell'Incarnazione e del Natale, ma è pure una meditazione su un aspetto particolare della venuta di Dio in terra, che è quello di unire gli uomini nella collaborazione e nella solidarietà, per un'autentica fraternità dei figli di Dio, redenti in Gesù Cristo.

Dio con la sua venuta ha annullato le distanze, si è abbassato, si è fatto carne umana, è diventato uno di noi, condividendo la stessa nostra vita. Si è presentato, infatti, nella grotta di Betlemme con la tenerezza e la debolezza di un neonato bambino per farci "diventare figli di Dio" (cfr. Jn 1,12).


2. Il Vangelo di questa domenica ci presenta l'episodio di Maria Santissima, che si mette in viaggio verso una città di Giuda per porsi al servizio della sua parente Elisabetta, che attende anch'ella un bambino. Questa premurosa e solidale assistenza, esercitata dalla Madre di Dio, ci porta a riflettere meglio sulla realtà e sulla funzione degli Ospedali e delle Case di Cura. Come fece Maria con Elisabetta, anche in questo Ospedale è al centro delle preoccupazioni di tutti l'accoglienza amorevole e qualificata degli ammalati. Me ne compiaccio, perché ciò è in consonanza con quanto insegna la Chiesa. Essa, infatti, attraverso i secoli, si è fatta sempre "prossima" a coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. Nel corso della sua storia bimillenaria numerosi Santi e Sante non hanno tralasciato occasione per attuare, in forme varie e creative, l'assistenza ai malati e agli infermi, specialmente a quelli più poveri ed emarginati. così è ancora oggi, in ogni parte del mondo, nonostante le mutate condizioni dei tempi e l'assunzione di un impegno più diretto nel campo della sanità da parte dei pubblici poteri. So che questo Ospedale è stato progettato con criteri e infrastrutture veramente ad alto livello tecnologico, che assicurano a tutti i degenti diagnosi sicure e terapie appropriate. Inoltre avete cercato di stimolare la collaborazione di tutti, per venire incontro alle necessità dei malati con vero spirito di servizio e con atteggiamento di generosa dedizione. Voi sapete bene che in questi luoghi di cura sono indispensabili persone che si distinguano non solo per riconosciuta professionalità, ma anche per un senso spiccato di umanità, di comprensione, di amicizia e di amore, in maniera che il malato si senta moralmente sostenuto e confortato in un momento difficile della sua vita, quale è quello della degenza in Ospedale. Di qui nasce l'impegno per una formazione permanente del personale sia amministrativo che infermieristico, il quale sappia trasformare l'Ospedale in una grande famiglia, animata dall'ideale evangelico dell'assistenza amorevole, esemplata su quella di Gesù, che è venuto "a servire, non ad essere servito" (cfr. Mc 10,45). E' importante agire insieme, muoversi non individualisticamente, ma con spirito di comunione, nel rispetto delle singole competenze e nello sforzo di valorizzarle al massimo, affinché si volgano al bene delle sorelle e dei fratelli ammalati, come pure dei loro familiari, che vivono con preoccupazione ed angoscia tale evento.


3. Con questi voti nel mio cuore, chiedo la protezione di Dio per questa famiglia dell'Ospedale di Pietralata e per quanti in esso sono ricoverati. Si associano a questa invocazione il Cardinale Vicario, Camillo Ruini, e il Vescovo Delegato per l'Assistenza Religiosa agli Ospedali di Roma, Monsignor Luca Brandolini, con i quali saluto tutti voi: Dirigenti, Amministratori, Medici, Infermieri, Ausiliari, Collaboratori sanitari ed Assistenti spirituali. Saluto, in particolare, il Commissario Straordinario, Dottor Petti, che ringrazio per le significative parole che ha voluto rivolgermi, all'inizio di questo incontro familiare; come pure il Direttore Sanitario, Dottor Moretti, che ha reso possibile questa Visita pastorale. Ma è soprattutto a voi, cari ammalati, che voglio rivolgere il mio cordiale pensiero. Per voi sono venuto qui, in questa antivigilia del Natale. Per voi, che sentite la nostalgia della casa e tuttavia dovete accettare di rimanere in Ospedale. Vi auguro una rapida e completa guarigione, invocando dal divin Redentore, venuto nel mondo nella povertà e nell'umiltà della grotta di Betlemme, tanta forza di rassegnazione e di sopportazione per superare presto il male.

Confidate nella bontà e nella provvidenza di Dio, che non abbandona mai nessuno! La vostra malattia è una prova ben dolorosa e misteriosa, ma non perdetevi d'animo, perché proprio davanti al mistero della Culla di Betlemme, cioè al mistero di Dio, che ha assunto la stessa nostra carne, troverete il coraggio della fede; il Natale vi offre la possibilità di contemplare la luce divina che libera dalle tenebre dell'angoscia e di confidare totalmente nella bontà dell'Altissimo, che ha voluto esprimere visibilmente il suo amore per tutti gli uomini, specialmente per quanti sono stretti nella morsa del dolore. Riscoprirete così il significato redentivo del Natale, che diventa la festa della gioia: di una gioia interiore, prima che esteriore, la quale può coesistere anche in mezzo alle lacrime e alla sofferenza, perché nasce dalla grazia corroborante portata da Cristo, dalla vita intima con Dio e dalla fiducia nel suo amore provvido e senza limiti.


4. Voi avete voluto anche dare un segno della vostra cristiana sollecitudine per il prossimo, offrendo al Papa una macchina per il recupero ematico intraoperatorio, che potrà essere donata a qualche entità sanitaria di Paesi poveri e particolarmente minacciati da malattie infettive; ed insieme alla macchina, avete messo a disposizione la vostra professionalità per addestrare coloro che dovranno utilizzarla. Grazie di cuore per questo dono prezioso.

Grazie per l'apertura d'animo che esso manifesta e per il senso di condivisione che esprime. Sarà mia premura destinarlo là dove maggiore è il bisogno e più grande la povertà. Come dono di Natale offerto al Bambino Gesù per i suoi fratelli ammalati, esso ha un grande valore. Il Papa lo ricambia con il suo affetto, che esprime a ciascuno di voi con la promessa di portarvi nel suo cuore e di pregare per voi.

Rinnovando con affetto i miei voti augurali per un Santo Natale e per un prospero Anno Nuovo, volentieri vi imparto la Benedizione Apostolica, che estendo ai vostri familiari e a tutte le persone care.

Data: 1991-12-22
Domenica 22 Dicembre 1991

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Venite adoriamo!

"Prope est iam Dominus, venite adoremus!".


1. Il Natale, carissimi Fratelli e Sorelle, è ormai vicino, e anche noi con Maria e Giuseppe camminiamo spiritualmente verso Betlemme per adorare il Salvatore Gesù, nato per noi. Lo facciamo meditando sullo straordinario e unico avvenimento dell'lncarnazione del Figlio di Dio: noi crediamo che quel Bambino, nato in una capanna e posto in una mangiatoia, è l'Emmanuele, Dio con noi, preannunziato dai profeti del popolo di Israele e per tanti secoli atteso.

Dinanzi alla realtà misteriosa e grandiosa del Natale, San Giovanni scriverà nel Prologo del suo Vangelo: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (1,1-14). Quel Bimbo, pertanto, come annoterà l'autore della Lettera agli Ebrei, "è irradiazione dalla gloria di Dio, impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola" (1,3).

Consapevoli di ciò, noi ci avviamo verso Betlemme per inginocchiarci davanti a Colui che sorregge il mondo e ricapitola in sè l'intera storia dell'umanità.


2. Ma dobbiamo riflettere anche sul motivo dell'Incarnazione: perchè il Figlio ha assunto la natura umana, inserendosi - lui che è la trascendenza infinita - nella nostra storia ed assoggettandosi a tutti i limiti del tempo e dello spazio? La risposta la dà Gesù stesso nel colloquio con Pilato: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla Verità, ascolta la mia voce" (Jn 18,37).

Alla verità s'oppone, infatti, il peccato, che è nella sua radice ultima menzogna (cfr. Jn 8,44); la redenzione dal peccato si ha, pertanto, col ripristino della verità nel rapporto tra l'uomo e Dio. Gesù è venuto nel mondo per ristabilire questa verità essenziale.

Il Natale è dunque anche la festa della Verità! Per questo il Bimbo, che nasce a Betlemme, dirà un giorno: Io sono la Verità! Io sono la luce del mondo! (cfr. Jn 14,6 Jn 8,12). Il Natale perderebbe il suo vero significato, ad un tempo storico e trascendente, se non fosse compreso e vissuto come celebrazione della Verità.


3. Proprio perchè festa della Verità, il Natale è anche rifiuto di tutti gli orpelli e false apparenze, di cui spesso s'ammanta la vana gloria umana.

Significativamente Gesù sceglie di nascere nella povertà di una capanna. Con ciò Egli vuole insegnarci che le vie di Dio passano per l'umiltà, il silenzio, il sacrificio, la rinuncia a se stessi per amore di Dio e del prossimo.

Invochiamo Maria Santissima, affinchè ci illumini e ci aiuti ad apprendere le grandi lezioni del Natale: il mistero dell'Incarnazione di Dio in Lei sia per tutti motivo di gioia e stimolo alla bontà, alla carità, alla misericordia. Ecco l'augurio che vi lascio per il Santo Natale: Venite adoriamo! Dio ci ama ed è nato a Betlemme per noi.

Amiamoci, dunque, come Lui ci ha amati!

Data: 1991-12-22
Domenica 22 Dicembre 1991

All'Azione Cattolica Ragazzi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Apostoli di un mondo nuovo retto dalla saggezza e dalla pace

Le solennità natalizie mi offrono ogni anno l'occasione di incontrarmi con voi, cari Ragazzi dell'Azione Cattolica Italiana, per uno scambio di auguri.

Mi è assai gradita questa ricorrenza, e vi ringrazio di essere venuti a Roma per questo. A tutti esprimo il mio benvenuto, la gioia di rivedervi e l'auspicio fervido che la celebrazione del Natale del Signore porti a voi ed alle vostre famiglie la pace e la benedizione annunciata dagli angeli a Betlemme.

Saluto, in particolare, l'Assistente Generale della vostra Associazione, Monsignor Salvatore De Giorgi, il Presidente, l'Avvocato Raffaele Cananzi, i sacerdoti vostri Assistenti spirituali, i dirigenti, gli animatori ed educatori. I un passo del Vangelo, che sentiremo proclamare nella liturgia delle prossime feste, si legge che Gesù "cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era con lui" (Lc 2,40). "Gesù cresceva in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini" (id. 2,52).

Auguro anche a voi, cari ragazzi dell'Azione Cattolica, di saper crescere, come Gesù, nella sapienza, dono comunicato agli uomini attraverso la parola di Dio. Essa nell'Antico Testamento guido Israele sulla via della santità, mediante i comandamenti. Oggi la medesima Sapienza illumina la nostra vita con la Parola e l'esempio del Figlio di Dio, fattosi carne. Abbiate sempre davanti ai vostri occhi e nelle aspirazioni del vostro cuore il modello, l'immagine viva del Redentore.

Rimanete in ascolto della sua Parola, quali veri discepoli ed amici suoi e sarete anche voi, come il recente Sinodo dei Vescovi per l'Europa ha sottolineato, "testimoni di Cristo che ci ha liberati". Crescere nella sapienza divina comporta, poi, disporsi come si conviene al servizio degli uomini e voi, che coltivate nel cuore la speranza concreta di crescere come persone utili alla società, siete chiamati ad essere apostoli di un mondo nuovo, un mondo retto dalla saggezza e dalla pace, fondato sulla verità e sulla solidarietà.

Il Divin Redentore vi sia vicino, vi mantenga perseveranti nella sapienza della fede e nella grazia, affinché possiate operare il bene in ogni momento. Restate sempre accanto a Lui nella sua Chiesa, fedeli nella preghiera, nell'Eucaristia e nell'osservanza della sua legge.

Questo è il mio augurio, che rivolgo, attraverso di voi, alle vostre famiglie, alle parrocchie dalle quali provenite, agli amici e ragazzi delle vostre rispettive città, mentre vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Buon Natale!

Data: 1991-12-23
Lunedi 23 Dicembre 1991

Ai Cardinali, alla Famiglia Pontificia e alla Prelatura Romana per gli auguri natalizi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La nuova evangelizzazione si impone per tutte le Contrade del Continente

Grato per la testimonianza di comunione


1. "Rallegratevi sempre nel Signore; ve lo ripeto ancora, rallegratevi... Il Signore è vicino!" (Ph 4,4-5).

Signori Cardinali, venerati e cari Fratelli! Il clima gioioso, che caratterizza il nostro tradizionale incontro in prossimità del Natale, ci rende particolarmente sensibili a questa esortazione dell'apostolo Paolo, che la Liturgia ci ha riproposto durante il tempo sacro di Avvento. In queste ore di trepida vigilia noi avvertiamo che veramente "il Signore è vicino": vicino a coloro che, consapevoli della loro indigenza, vivono nell'attesa di "Colui che deve venire". Per accoglierlo bene è necessario unirsi alla schiera dei poveri ed umili che si incontrano nei testi biblici dell'Avvento.

Sono essi che, illuminati come il vecchio Simeone dallo Spirito Santo, hanno occhi per vedere "la salvezza", che Dio ha preparato davanti a tutti i popoli (cfr. Lc 2,30-31). Tra queste persone, che mantengono vigile il senso dell'attesa del Salvatore, vogliamo e dobbiamo essere anche noi: io e voi, carissimi membri della Curia Romana, che siete miei diretti collaboratori nel gravoso servizio all'intero Popolo di Dio e, come tali, quotidianamente condividete con me le preoccupazioni e le speranze connesse all'annuncio del Vangelo nel mondo. Nel ripetervi, pertanto, l'invito apostolico a rallegrarvi nel Signore, saluto l'interprete dei vostri sentimenti, il Signor Cardinale Agnelo Rossi, al quale, mentre porgo le più vive condoglianze per il recente lutto, esprimo un grazie cordiale per gli auguri che, a nome di tutti, ha formulato. Il Concistoro dello scorso 28 giugno ha reso il volto del Collegio Cardinalizio, di cui ella, Signor Cardinale, è Decano ancor più universale, arricchendolo di testimoni coraggiosi della fede, che hanno pagato con lunghi anni di sofferenza la loro fedeltà a Cristo, e di generosi servitori della Sede Apostolica. A voi Signori Cardinali qui presenti, e all'intero Collegio Cardinalizio, rivolgo il mio saluto grato e fraterno Saluto poi tutti gli Arcivescovi e Vescovi, gli Officiali ed i Collaboratori che prestano servizio nella Curia Romana e nel Vicariato. A tutti son grato per la testimonianza di comunione che la stessa presenza odierna mi rinnova, ed insieme con tutti do lode al Signore per i molti doni da lui concessi nel corso di questo anno, che ormai volge al suo termine.

L'intervento provvidenziale del Signore


2. Basta un rapido sguardo retrospettivo al 1991 per riconoscere l'intervento provvidenziale del Signore nei molti eventi che hanno segnato la storia dell'umanità, all'interno della quale il popolo di Dio, fedele al Vangelo, procede tra "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi" (cost. past. GS 1; EV 1/1319).

La chiesa non intende venir meno al suo compito di promuovere ed elevare tutto quello che di vero, di buono, di positivo si trova sulla terra, opponendosi, al tempo stesso, a ciò che minaccia, da varie parti, l'autentico bene dell'uomo.

Essa, infatti, "cammina unitamente a tutta l'umanità e sperimenta insieme al mondo la medesima sorte terrena" (GS 40 EV 1/1443). La missione, a essa conferita da Cristo, la spinge a esser presente in ogni campo dell'attività umana, proclamando l'annuncio evangelico, fonte di integrale liberazione, anche sociale.

In ossequio a tale mandato, i sommi pontefici, soprattutto a partire da Leone decimoterzo - il papa della Rerum novarum -, non hanno esitato a levare la loro voce a difesa e a promozione della dignità della persona. I loro interventi, tanto numerosi quanto ponderati, hanno avviato un grande movimento in favore dell'uomo, "il che nelle alterne vicende della storia ha contribuito a costruire una società più giusta o, almeno, a porre argini e limiti all'ingiustizia" (enc. CA 3; Regno-doc. 11,1991,330).

Ricordando il centenario dell'enciclica leoniana, ho voluto che il 1991 fosse l'"anno della dottrina sociale della chiesa", non solo per commemorare degnamente tale storico documento, ma anche per illuminare con un puntuale atto di magistero le specifiche problematiche emergenti dalle nuove circostanze che l'umanità si trova oggi a vivere in ordine al lavoro e allo sviluppo dei popoli.

Varie manifestazioni, convegni e incontri - come sapete - hanno segnato, in molte parti del mondo, questo storico giubileo, che è stato accolto con interesse e ha avuto vasta eco. Al riguardo, desidero ricordare il seminario interdisciplinare sul tema della destinazione universale dei beni e la solenne commemorazione dell'enciclica di Leone XIII, promossa dal Pontificio consiglio della giustizia e della pace e la successiva celebrazione eucaristica con i lavoratori in piazza San Pietro, nonché la beatificazione di padre Adolph Kolping, precursore e promotore di un coraggioso apostolato tra i lavoratori, nel quale l'impegno sociale appare esemplarmente coordinato con la tensione verso la santità.

La "Centesimus annus"


3. A sottolineare la storica portata del centenario di quella enciclica, ho promulgato la Centesimus annus, mettendo in luce la fecondità dei principi già espressi dal mio predecessore ed esaminando per dovere pastorale alcuni degli avvenimenti contemporanei. In essa, pur tenendo presente mobilità e complessità delle situazioni, ho invitato a "guardare al futuro, quando già s'intravede il terzo millennio dell'era cristiana, carico di incognite, ma anche di promesse" (CA 3; Regno-doc. 11,1991,330).

Debbo rendere grazie al Signore, che elargisce ogni bene, per l'attenzione prestata all'enciclica da non pochi uomini di stato, dai responsabili dell'economia e dai capi di diverse confessioni religiose. L'ONU ha inscritto la Centesimus annus tra i suoi documenti ufficiali, diffondendola come strumento di riflessione per la costruzione di una società sempre più umana e giusta.

Debbo rendere grazie al Signore anche per le varie iniziative pastorali, intraprese in molte diocesi, nell'intento di approfondire la dottrina sociale della chiesa e di applicarla alle concrete condizioni della società. In questo quadro si inserisce anche il progetto di fondazione, che è in fase di studio, dell' Accademia pontificia delle scienze sociali, che avrà il compito di offrire alla sede apostolica il contributo qualificato della ricerca per una tempestiva e aggiornata elaborazione della dottrina in un campo tanto imporétante. Non sarà mai sottolineato abbastanza che l'interesse rivolto alla chiesa in questo ambito deve costituire per essa un continuo stimolo a rispondere coraggiosamente, con spirito di reale servizio, alle attese dell'uomo e alle sfide dell'ora presente.

La chiesa sa bene di doversi confrontare con i bisogni della comunità internazionale, nell'intento di contribuire, da parte sua, a estendere il raggio d'azione della giustizia e dell' amore all'interno di ciascuna nazione e nei rapporti delle nazioni tra loro. Essa è consapevole, inoltre, che tali valori non possono in alcun modo essere disgiunti, nel suo insegnamento e nella sua testimonianza, dall'annuncio chiaro ed esplicito di Cristo, che "è la via a ciascun uomo", la via sulla quale "la chiesa non può essere fermata da nessuno" (enc. RH 13 EV 6/1207).


GPII 1991 Insegnamenti - Ad un gruppo di fedeli di Madrid - Città del Vaticano (Roma)