GPII 1991 Insegnamenti - Messaggio per un Seminario sulla "Centesimus Annus"

Messaggio per un Seminario sulla "Centesimus Annus"

Titolo: Occorre solidarietà verso i popoli più poveri

All'Ambasciatore Alexander Borg Olivier Presidente della Società della Chiesa della Sacra Famiglia della Comunità delle Nazioni Unite Nel pubblicare la Lettera Enciclica Centesimus annus per commemorare il centesimo anniversario del documento sociale di Papa Leone XIII Rerum novarum, giustamente famoso, ho inteso non soltanto celebrare un importante momento del passato che testimonia l'interesse della Chiesa per la questione sociale, ma anche riferirmi alla situazione del mondo di oggi. La Centesimus annus intende essere un invito a ""guardare intorno" alle "cose nuove", che ci circondano ed in cui ci troviamo, per così dire, immersi", affinché uomini e donne di buona volontà possano dare un maggior impulso al "grande movimento per la difesa della persona umana e la tutela della sua dignità", che in molte parti del mondo "ha contribuito a costruire una società più giusta o, almeno, a porre argini e limiti all'ingiustizia" (CA 3).

Le speranze e le aspettative del presente meritano la più grande attenzione, al fine di garantire che i responsabili nei settori economici, politici, culturali e religiosi non sprechino l'opportunità storica che si presenta alla famiglia umana. Questo è il motivo del mio vivo interesse per il vostro Seminario, e del mio sostegno a questa lodevole iniziativa intrapresa dalla Missione dell'Osservatore Permanente della Santa Sede e dalla Società della Chiesa della Sacra Famiglia della Comunità delle Nazioni Unite. La ringrazio, Signor Ambasciatore, di presiedere questa riunione e saluto tutti quanti vi partecipano.

Rivolgo una particolare parola di saluto al Segretario Generale delle Nazioni Unite, il Dr. Javier Pérez de Cuellar, e agli illustri Rappresentanti dei diversi Paesi presenti all'avvenimento. Prego affinché questa riflessione vi confermi ulteriormente nel vostro già profondo impegno per il consolidamento della giustizia e della pace nel mondo.

Le trasformazioni degli ultimi mesi hanno ridotto le tensioni ideologiche che avevano caratterizzato la vita internazionale per molti decenni.

Ma questa nuova situazione non deve farci perdere di vista il fatto che immensi problemi di ingiustizia e sofferenza umana continuano ad affliggere milioni di esseri umani. Esistono molte situazioni tragiche che esigono una risposta immediata e più generosa da parte della comunità internazionale. Inoltre, la natura sempre più planetaria dei processi produttivi ed economici comporta che la lotta per lo sviluppo e la giustizia deve necessariamente tener conto dell'interdipendenza di popoli e nazioni. Una sensibilità e una solidarietà globali verso i popoli più poveri del mondo è più che mai necessaria. Se la famiglia umana nel suo insieme non imparerà a percorrere la via della cooperazione e della solidarietà e non cercherà di aiutare tutti a partecipare ai benefici del progresso, allora si aprirà dinanzi a noi una nuova era di frammentazioni e di conflitti endemici. La sfida è quella "di inquadrare gli interessi particolari in una coerente visione del bene comune" (CA 47).

Mentre vi riunite per riflettere sulla Centesimus annus, confido che siate sempre più convinti che non è possibile servire il bene comune se non vien data una debita attenzione alle dimensioni etiche e morali delle questioni economiche, sociali e politiche. Il tentativo di organizzare la società in un vuoto morale è una pretesa falsa e pericolosa, poiché la libertà è intrinsecamente legata alla responsabilità, e le decisioni sulla politica pubblica non riguardano soltanto la responsabilità verso l'opinione pubblica, bensi soprattutto verso la verità oggettiva sulla natura dell'uomo e l'ordine della società umana.

Nell'affrontare le sfide dell'ora presente, i cristiani hanno un contributo essenziale da offrire. La missione spirituale e umanitaria della Chiesa li impegna nel cuore stesso della lotta per lo sviluppo e il progresso umano. La Centesimus annus non lascia dubbi sulla disponibilità della Chiesa a svolgere il suo ruolo nella costruzione di un futuro migliore per la famiglia umana: "A coloro che oggi sono alla ricerca di una nuova ed autentica teoria e prassi di liberazione, la Chiesa offre non solo la sua dottrina sociale e, in generale, il suo insegnamento circa la persona redenta da Cristo, ma anche il concreto suo impegno ed aiuto per combattere l'emarginazione e la sofferenza" (CA 26). Come ho scritto a conclusione dell'Enciclica: "Anche nel terzo Millennio la Chiesa sarà fedele nel fare propria la via dell'uomo, consapevole che non procede da sola, ma con Cristo, suo Signore. E' lui che ha fatto propria la via dell'uomo e lo guida anche quando questi non se ne rende conto" (CA 62).

E' mia fervida speranza che quanti partecipano al Seminario trovino incoraggiamento e ispirazione per un'ulteriore azione a favore dell'impatto risanatore ed edificante della dottrina sociale della Chiesa sulle realtà economiche e sociali. Le verità e i valori del Vangelo su cui tale dottrina si fonda consolidano la compagine dell'umana società e immettono nel lavoro quotidiano degli uomini un più profondo senso e significato (cfr. GS 40). Innalzo quindi il mio cuore in preghiera al Signore della storia, chiedendogli di benedire lei, Signor Ambasciatore, e tutti i partecipanti al Seminario. Che la sua luce e la sua guida vi accompagnino sempre.

Vaticano, 8 ottobre 1991

Data: 1991-10-08
Martedi 8 Ottobre 1991

Messaggio per la scomparsa del Patriarca Dimitrios I - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Che Dio l'accolga nella sua gioia

Desidero ricordare oggi con voi il Patriarca di Costantinopoli, Dimitrios I, recentemente scomparso. Una Delegazione della Santa Sede ha partecipato ai funerali di questo fratello carissimo, a cui ero legato da affetto profondo. Quattro anni fa, in occasione della visita alla Sede di Pietro, il Patriarca Dimitrios affermo di recare a noi l'abbraccio e l'amore dei fratelli ortodossi. Mi è gradito, perciò, ricordare con voi il suo desiderio, allora pubblicamente espresso, "che giunga molto presto il giorno della nostra piena e completa unione nell'unica fede e nella comune celebrazione dei sacramenti della Chiesa".

Nell'invocare il Signore, perché doni a lui l'eterno riposo nella gloria del paradiso, vi invito anche a pregare per la Chiesa di Costantinopoli, invocando fin d'ora lo Spirito Santo, affinché illumini e guidi i membri del Santo Sinodo nella scelta del nuovo Patriarca Ecumenico, in quell'antica Sede dell'apostolo Andrea.

Data: 1991-10-09
Mercoledi 9 Ottobre 1991




Lettera ai Vescovi dell'Europa in vista dell'Assemblea Speciale del Sinodo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Incontro ecumenico di preghiera per l'Europa

Carissimi fratelli nell'episcopato! E' ormai imminente - come sapete - l'Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi. Essa dovrà affrontare le sfide, che gli eventi recenti e quelli tuttora in corso in varie parti del Continente pongono ai cristiani di oggi, sui quali, alle soglie del terzo Millennio, ricade la responsabilità dell'annuncio evangelico alle nuove generazioni.

Proprio la difficoltà di un tal compito rende più viva la consapevolezza della necessità dell'aiuto divino: "Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori" (Ps 126/127,1). E' per questo che mi rivolgo a Voi, venerati fratelli, per chiedervi di intensificare, insieme con i vostri fedeli, preghiere e suppliche al Signore, da cui proviene "ogni dono perfetto" (Jc 1,17), affinché conceda all'Assemblea sinodale di porsi in docile ascolto di ciò che, nel presente momento storico, lo Spirito suggerisce alle Chiese (cfr. Ap 2,7).

In questa prospettiva desidero portare a vostra conoscenza una particolare iniziativa: nel pomeriggio di sabato 7 dicembre, insieme con i Membri dell'Assemblea e con i Delegati fraterni delle altre Chiese, mi rechero nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per uno speciale incontro ecumenico di preghiera. Invocheremo l'assistenza divina sull'Europa, affinché, superata ogni barriera di ostilità e di incomprensione tra i popoli che la compongono, possa fiorire in mezzo a loro una rinnovata solidarietà, in un contesto di vera giustizia e di pace.

Vi saro vivamente grato, venerati fratelli, se per questa circostanza vorrete promuovere anche Voi nelle rispettive diocesi un incontro di preghiera, con la partecipazione, per quanto possibile, anche dei rappresentanti delle Chiese e Comunità non cattoliche. così da ogni parte d'Europa si leverà verso il Cielo un'implorazione corale per ottenere da Dio che, grazie all'impegno solidale di tutti coloro che pongono in Cristo la loro speranza, si sviluppi nel Continente un'azione veramente incisiva per l'affermazione di quei valori spirituali e morali che l'hanno fatto grande nei secoli.

I profondi rivolgimenti, a cui il "vecchio Continente" è andato incontro in questi anni, se da una parte pongono problemi complessi, aprono dall'altra insperate possibilità per una nuova semina evangelica. Stiamo vivendo un "momento favorevole", un vero kairos (cfr. 2Co 6,2), che dobbiamo utilizzare con l'impegno dei servi fedeli. L'Europa che si vuol costruire non potrà rispondere alle aspirazioni dei popoli che la compongono, se non poggerà su quella "roccia" evangelica (cfr. Mt 7,24-25), su cui già edificarono gli avi.

Affidando alla materna intercessione della Vergine Santissima anche questa iniziativa, che ci consentirà di vivere un momento di profonda comunione tra noi, imparto a Voi tutti e alle vostre Comunità ecclesiali la confortatrice Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, il 9 ottobre dell'anno 1991, tredicesimo di Pontificato.

Data: 1991-10-09
Mercoledi 9 Ottobre 1991

Agli ex-alunni del Collegio Americano del Nord - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nel 40° anniversario della vostra ordinazione

Cari fratelli Vescovi, Cari fratelli Sacerdoti, Con gioia ed affetto vi saluto, ex alunni del Pontificio Collegio Americano del Nord che state celebrando il 40° anniversario della vostra ordinazione al Sacerdozio. Voi siete vivamente consapevoli delle molte benedizioni con cui Dio Onnipotente ha ricolmato le vostre vite e le vite di coloro che egli ha affidato alla vostra cura pastorale negli anni passati.

Mi unisco con voi nella preghiera e nel ringraziamento a Lui per la ricchezza del suo amore, allo stesso modo mi lego a voi nel pio ricordo dei compagni di classe e degli amici che non possono essere qui.

Sono felice che avete scelto di commemorare questa pietra miliare nelle vostre vite ritornando a Roma. Ancora una volta siete pellegrini in questa Città, scenario della splendida testimonianza a Cristo data dagli Apostoli Pietro e Paolo e da moltissimi altri martiri e santi. I legami che vi uniscono alla Chiesa di Roma sono tanto forti dopo tutti questi anni, e voi testimoniate il fatto che le speranze poste in voi dai superiori del vostro Collegio - e qui mi torna alla mente il nome del vostro Rettore, l'Arcivescovo Martin O'Connor - non furono vane.

La riapertura del Collegio non fu un compito facile dopo la Seconda Guerra Mondiale, così perseverando nel lavoro nel ministero pastorale durante questi quarant'anni avete ripagato la fiducia posta in voi da coloro che vi mandarono a studiare a Roma.

La missione per cui voi siete stati ordinati continua a modellare le vostre vite, e la rimane molto da fare per voi nel predicare la Parola di Dio, nel nutrire la famiglia dei discepoli di Cristo con l'Eucaristia e con gli altri sacramenti della fede, e nel difendere la dignita della persona umana e della vita umana. Che lo Spirito Santo rinnovi la gioia della vostra giovinezza e del vostro primo fervore per il servizio del Vangelo. Lasciate che quest'anniversario sia un'occasione per riaccendere il dono di Dio che e in voi per l'imposizione delle mani (cfr. 2Tm 1,6).

Raccomando voi e le persone che servite all'intercessione amorevole della Beata Vergine Maria, Patrona del vostro Collegio come Nostra Signora dell'Umiltà, e cordialmente imparto la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1991-10-10
Giovedi 10 Ottobre 1991

Lettera ai Vescovi della Croazia

Titolo: Fatevi artefici instancabili di perdono e di riconciliazione

Eminenza, Cari fratelli nell'Episcopato della diletta Chiesa che è in Croazia.

Una tragica guerra, con un crescendo continuo, insanguina ormai da alcuni mesi buona parte della vostra Patria. Voi, con le vostre lettere, mi fate partecipe della vostra ansia di Pastori preoccupati della sorte dei vostri fedeli e vi fate interpreti delle sofferenze del vostro popolo. Mi parlate dei numerosi morti, dei feriti e di tanti profughi che abbandonano le loro case in preda alla paura. Mi riferite circa la distruzione di abitazioni civili, di ospedali, di scuole, di impianti industriali e di tante chiese, alcune delle quali sono anche tesori di inestimabile valore artistico per tutta l'umanità.

Queste notizie sono per me fonte di profonda tristezza e mi fanno sentire ancora più vicino a ciascuno di voi ed alle vostre amate popolazioni.

Voglio dire a voi e per mezzo vostro a ciascuno dei vostri fedeli che siete tutti presenti nella mia preghiera, ogni giorno. Come vorrei che questa mia parola potesse alleviare, anche se solo un poco, tante sofferenze! Di fronte a tanto dolore e a tanti disastri, nella mia responsabilità di Pastore della Chiesa universale, ho sentito il dovere di ripetere, in numerosi appelli pubblici, che questa guerra non può risolvere alcun problema, producendo solo distruzioni e morte, alimentando odio e spirito di vendetta! Essa lascerà, poi, ferite profonde nel cuore di tante famiglie e nel cuore delle vostre città e dei vostri villaggi! Nella mia preghiera non mi stanco di implorare da Dio il dono della pace per il popolo croato, per il popolo serbo, per tutti i popoli delle terre jugoslave, che sono chiamati a vivere fianco a fianco su di un medesimo, piccolo lembo d'Europa. Prego, con la ferma speranza che, alla fine, il buon senso, il diritto e la giustizia prevarranno sulla forza delle armi.

L'anelito degli uomini oggi, in Europa e nel mondo intero, è che sia possibile organizzare la convivenza dei popoli nel rispetto dei loro diritti e delle loro legittime aspirazioni. Oggi non si può più tollerare la supremazia di un popolo su di un altro, né di un popolo su una minoranza di altra nazionalità.

Oggi vanno riconosciuti, rispettati e garantiti i diritti dei popoli e i diritti delle minoranze. Oggi non si possono modificare le frontiere di uno Stato con l'uso della forza.

Questi principi, profondamente umani e cristiani, sono stati codificati anche in solenni Documenti internazionali, che devono costituire una norma di condotta per tutti i Governanti.

L'attuale difficile situazione sembra esigere da voi, Pastori della Chiesa di Cristo, che avete un compito eminentemente spirituale, la promozione di tali principi di convivenza sociale nelle vostre diocesi. Voi, lo so bene, anelate la pace per le vostre popolazioni. Per contribuire efficacemente a costruire una pace duratura, anche in un momento così difficile, fatevi artefici instancabili di perdono e di riconciliazione. Sappiate educare i vostri fedeli all'Amore donato e voluto da Cristo, a quella Carità che "è paziente, è benigna,... tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta" (1Co 13,4-8).

Ho vivamente apprezzato gli incontri che avete avuto con il Patriarca e i Rappresentanti della Gerarchia della Chiesa ortodossa serba e la comune presa di posizione in favore della pace e contro la guerra. Anche in questi momenti drammatici, sappiate proseguire instancabilmente tale dialogo con i vostri fratelli Ortodossi, in uno spirito di perdono reciproco, sforzandovi di superare le conseguenze del passato e di porre le basi di un futuro migliore per le vostre popolazioni, nel rispetto dei principi della giustizia, della libertà e della dignità di ogni popolo. Intensificate, pertanto, la collaborazione con i Pastori della Chiesa ortodossa nell'assistenza alle vittime del conflitto ed ai profughi.

La vostra carità non conosca confini e distrugga fra i credenti ogni traccia di risentimento e di diffidenza. Solo così si potrà sperare in un futuro veramente pacifico per la vostra Patria, dove ogni persona si sentirà rispettata e protetta, sia essa croata, serba o di altra nazionalità.

Da parte sua, questa Sede Apostolica continua a sostenere, nei modi e con i mezzi suoi propri, tutti gli sforzi miranti a stabilire un effettivo cessate-il-fuoco, in vista delle altre iniziative di soluzione della crisi jugoslava. In particolare, Essa appoggia la Conferenza di Pace dell'Aia e si sta adoperando perché nasca un consenso internazionale in favore del riconoscimento dell'indipendenza della Slovenia, della Croazia e di altre Repubbliche che ne facessero richiesta, in conformità con i principi dell'Atto Finale di Helsinki, sottoscritti dagli Stati membri della Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.

Cari fratelli nell'Episcopato, in questa tragica ora vi esorto a rimanere saldi nella vostra fede e a perseverare con fiducia nella preghiera. La Chiesa tutta prega con voi e per voi. Tutti uniti ci rivolgiamo a Maria, Regina della Pace, perché ottenga la pace a tutti i popoli della Jugoslavia ed aiuti tutti a saper vivere nel mutuo rispetto, gli uni degli altri.

Con questi sentimenti imploro su di voi e sui vostri fedeli la Benedizione di Dio Onnipotente.

Dal Vaticano, il 10 Ottobre dell'anno 1991.

Data: 1991-10-10
Giovedi 10 Ottobre 1991

Lettera al Patriarca della Chiesa Ortodossa Serba

Titolo: La Fede comune deve contribuire alla pacificazione dei cuori

A Sua Beatitudine Pavle Patriarca della Chiesa Ortodossa Serba Beatitudine, Desidero riprendere il contatto con Vostra Beatitudine per manifestarLe personalmente la mia profonda ed intima parteciazione al dolore di tante famiglie serbe, di fede ortodossa, in quest'ora drammatica per tutti i popoli della Jugoslavia. Nel contempo, sento impellente il dovere di fare il possibile per contribuire a restaurare la pace là dove essa è violata da una guerra sanguinosa e distruttrice.

Sono certo che Vostra Beatitudine è animata dal medesimo assillo e desidero assicurarLa che ho vivamente apprezzato gli appelli alla pace che Ella e l'Em.mo Cardinale Kuharic inviarono ai fedeli delle due Chiese, al termine degli incontri ecumenici del maggio e dell'agosto scorsi.

Da parte mia, nella preghiera e nelle esortazioni ho sempre presente il dramma sia delle popolazioni croate sia di quelle serbe coinvolte in una guerra, che semina morte e distruzione e non potrà apportare alcuna vera soluzione alle difficoltà esistenti. Il dolore di ogni essere umano, a qualunque confessione religiosa appartenga, ferisce il mio cuore come, ne sono certo, quello di Vostra Beatitudine.

Per una coincidenza che è frutto dell'eredità della storia, si dà il caso che il confronto in atto sia principalmente tra due popoli, appartenenti in grande maggioranza l'uno alla Chiesa cattolica e l'altro a quella ortodossa serba.

Noi sappiamo bene, pero, che il movente della guerra non è di indole religiosa ma politica. Purtroppo, una pesante eredità del passato incide sugli animi degli uni e degli altri e rende ancora più complessa la soluzione delle difficoltà. Ma, per costruire un futuro di pace, occorre avere il coraggio di liberarsi dai condizionamenti del passato e lavorare per dare una risposta ai problemi del presente secondo il diritto e la giustizia, nella carità.

La Santa Sede, vivamente preoccupata per le gravi conseguenze della guerra in corso, si è adoperata con tutti i mezzi a sua disposizione affinché cessi il confronto armato e si arrivi ad una soluzione negoziata della crisi. A tal fine, Essa sta pure sostenendo gli sforzi della Comunità internazionale ed in particolare della Conferenza di Pace dell'Aja, che cerca di aiutare le parti in causa a trovare un accordo sulla base dei principi sanciti nell'atto finale di Helsinki della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, e cioè: riconoscimento del diritto all'autodeterminazione dei popoli, riconoscimento dei diritti delle minoranze, inammissibilità di procedere a modifiche delle frontiere con l'uso della forza.

In questa difficile ed angustiante ricerca della pace per tutti i popoli della Jugoslavia, la Fede comune in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo è chiamata a svolgere un ruolo positivo, contribuendo, prima di tutto, alla pacificazione dei cuori.

Ecco perché ho voluto rivolgere un nuovo appello ai Vescovi cattolici della Croazia a proseguire instancabilmente il dialogo con i loro fratelli Ortodossi, in spirito di perdono reciproco, nell'impegno a superare le conseguenze del passato e a porre le basi di un futuro migliore per le loro popolazioni, nel rispetto dei principi della giustizia, della libertà e della dignità di ogni popolo.

Sono certo che Vostra Beatitudine, condividendo tali aspirazioni, saprà promuovere, insieme al Santo Sinodo e ai Vescovi, i medesimi sentimenti nel clero e nei fedeli della Chiesa ortodossa.

Mi spinge a rivolgerLe questo appello la nostra fede comune ed il nostro comune impegno a lavorare perché si realizzi l'ardente anelito di Cristo nel Cenacolo: "che siano una cosa sola!" (Jn 17,21).

Beatitudine, sono convinto che tutti i cristiani, e in particolare coloro che occupano posti di responsabilità, hanno il dovere di fare il possibile per contribuire alla pacificazione di popolazioni che dovranno vivere fianco a fianco sul medesimo territorio. La storia ci giudicherà per quello che avremo fatto o non fatto, in questo momento, per arrestare una guerra fratricida e per porre le basi di un futuro migliore per le popolazioni delle terre jugoslave, un futuro in cui ciascun popolo e ciascun individuo possa sentirsi rispettato e protetto.

Voglia il Signore sostenere questi nostri sforzi e fecondarli con la Sua grazia! Voglia lo Spirito Santo ispirare a tutti sentimenti di misericordia e di riconciliazione, per sapersi riconoscere come fratelli, figli dello stesso Padre comune! Voglia la Madre di Dio lenire le ferite di tutti i suoi figli ed impetrare per loro il dono della pace! Con sentimenti di profonda comunione nel Signore.

Data: 1991-10-10
Giovedi 10 Ottobre 1991

Ad un Convegno della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: E' necessaria per tutti i popoli dell'Europa un'organizzazione politica ed economica orientata da ideali di democrazia

Cari fratelli nell'Episcopato, Cari amici,


1. Vi riunite quest'anno, centenario della Rerum novarum, che ho consacrato alla Dottrina Sociale della Chiesa, in nome della Commissione sociale degli Episcopati dei paesi della Comunità economica europea. Le vostre riflessioni comuni si appuntano sul tema: "Economia di mercato in Europa nella prospettiva del 1993".

Questo tema è attuale, poiché molte barriere economiche, ed anche politiche, devono cadere il 1 gennaio 1993 tra i paesi della Comunità; questo costituirà un primo risultato dell'Europa unita, le cui conseguenze sociali ed umane saranno considerevoli.


2. E' vero che l'organizzazione progressiva di questa parziale unione europea non ha potuto tener conto dei decisivi cambiamenti sopraggiunti nel corso di questi ultimi anni, sul piano stesso delle realtà sociali e politiche. Si era rimasti fermi ad un'Europa che pareva divisa in maniera durevole. Ci si trova adesso dinanzi ad un continente in cui, almeno in teoria, le barriere hanno ceduto. In quanto Pastori responsabili delle questioni sociali nei vostri Paesi, avete voluto studiare insieme a degli specialisti la problematica provocata da questa nuova situazione, ispirandovi alla recente enciclica Centesimus annus. Vi proponete di riflettere sui rapporti e sull'interazione tra l'economia di mercato e la solidarietà.


3. Dopo la caduta del marxismo e del "socialismo reale", l'economia che s'incentra sulla libertà di mercato è stata presentata come la panacea per tutti i mali che affliggono i paesi dell'Europa centrale ed orientale. Nella Centesimus annus ho, certamente, sottolineato l'importanza e il valore della libera iniziativa nel campo economico: "Sembra che, tanto a livello delle singole Nazioni quanto a quello dei rapporti internazionali, il libero mercato sia lo strumento più efficace per collocare le risorse e rispondere efficacemente ai bisogni" (CA 34).

Ma ho voluto anche porne in rilevo i limiti: "Ma esistono numerosi bisogni umani che non hanno accesso al mercato" (). Infatti, quanti esseri umani sono privati della possibilità di accedere ad un "sistema d'impresa", di avere un impiego stabile o di acquisire una formazione professionale!


4. Siete consapevoli che il problema di fondo è di ordine umano. Se la libertà economica dev'essere apprezzata e difesa, questo è vero nella misura in cui essa è una "particolare dimensione" della "libertà umana integrale" (cfr. Jn 42).

La dimensione umana della vita sociale è caratterizzata dal sistema economico e politico, poiché quest'ultimo influisce sulle condizioni di vita delle persone, al di là dell'inquadramento del loro lavoro produttivo. E questo è in rapporto con il destino autentico dell'uomo, la verità dell'uomo nella sua dimensione culturale e religiosa. Durante gli ultimi decenni, tutto questo non è stato minimamente rispettato nell'Europa centrale e orientale, né, purtroppo, in molte altre regioni del mondo. Ma è anche lecito chiedersi, appunto in prossimità del 1993, se l'Occidente stesso ha pienamente rispettato i suoi stessi valori umani, se anch'esso non ha conosciuto dal canto suo, insieme ad un impoverimento dei valori, altre forme di sfruttamento e di alienazione. "E' alienata la società che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende più difficile" il dono di sé che l'uomo è chiamato a fare "e il costituirsi di questa solidarietà interumana" (Jn 42).


5. In questa prospettiva, un incontro come il vostro è un'occasione eccellente per compiere un esame di coscienza e per chiamare le persone responsabili a fare altrettanto. Occorre interrogarsi su quanto i popoli dell'Europa occidentale, in particolare nella Comunità economica europea, sono chiamati a donare a sé stessi nella nuova tappa che si apre il 1 gennaio 1993. E occorre anche chiedersi, in maniera grave ed urgente, cosa essi sono sul punto di dare ai loro fratelli e sorelle dell'altra parte del continente ormai più vicini. Qual è la portata, quale il senso della loro solidarietà? Quali sono i loro progetti? Tutti questi popoli, dall'una e dall'altra parte dell'Europa, hanno bisogno di un'organizzazione politica ed economica che segua le linee direttive della democrazia e di quello che io ha descritto come "una società del lavoro libero, dell'impresa e della partecipazione" (Jn 35). Pur necessaria nei paesi recentemente liberatisi dal comunismo, una simile organizzazione non resta forse un ideale da perseguire persino all'interno delle frontiere della Comunità economica?


6. Se attualmente si pone l'accento sulla solidarietà in Europa verso il Centro e l'Est del continente, il che è un "dovere di coscienza", non bisogna d'altronde ignorare neanche l'appello alla stessa solidarietà che ci rivolgono i nostri fratelli e le nostre sorelle indifesi e sovente emarginati all'interno delle frontiere dei paesi prosperi e paghi dell'Occidente: quello che si è stati costretti a chiamare "Quarto Mondo". D'altra parte, bisogna ripeterlo qui una volta ancora, molti popoli della parte del mondo che convenzionalmente viene chiamata il "Sud" conoscono una reale angoscia. L'Europa non può, in coscienza, arrestare lo slancio di solidarietà ai confini delle sue proprie terre. Vi sono certamente delle urgenze, delle legittime priorità, ma queste devono essere individuate tenendo conto di quello che noi abbiamo chiamato "l'opzione preferenziale per i poveri", "una forma speciale di primato nell'esercizio della carità cristiana" (SRS 42). Si tratta di un'unità essenziale della famiglia umana che deve tradursi in un atteggiamento fraterno, qualunque siano le distanze. Si tratta inoltre di doveri che derivano dalla storia degli ultimi secoli cui gli Europei non possono sottrarsi.


7. La vostra riflessione comune sul ruolo di tutte le forze sociali in questi tempi di grandi mutamenti nel continente europeo può costituire un notevole contributo alla preparazione dell'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi che si svolgerà tra qualche settimana: ve ne sono riconoscente.

Essa potrà, soprattutto, mediante l'opera delle Commissioni sociali qui rappresentate ed attraverso la loro collaborazione, continuare a formare uomini e donne che sappiano rispondere a quanto l'Europa s'attende, in questo attuale crocevia della storia, dai cristiani fedeli alla propria vocazione al tempo stesso terrena e trascendente, dai cristiani chiamati alla costruzione del Regno di Dio tra le realtà quotidiane di cui essi sono responsabili.

Affido queste intenzioni al Signore, Maestro della Storia, mediante l'intercessione dei Santi patroni dell'Europa. E, di tutto cuore, vi imparto la mia Benedizione apostolica.

Data: 1991-10-11
Venerdi 11 Ottobre 1991

Messa conclusiva del XII Congresso Eucaristico Nazionale - Natal (Brasile)

Titolo: L' Eucarestia è il cammino aperto verso nuovi orizzonti di evangelizzazione




1. "La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda" (Jn 6,55).

Confesso insieme a tutti voi, cari fratelli e sorelle, questa verità della nostra fede e della nostra vita di fede. Noi la professiamo insieme durante questo Congresso, che è diventato il grande altare dove tutto il Brasile sta venerando e celebrando il Mistero Eucaristico. E' un'occasione felice che il Congresso si stia svolgendo a Natal. Proprio qui, nel 1645, un uomo semplice, profondamente religioso, Matias Moreira, ha dato, con i suoi compagni nella regione nota come Cunhaù e Uruacù, una bella testimonianza che ricorda quella dei martiri della Chiesa. Quando era insultato e ferito dagli eretici per il suo rifiuto a rinnegare la fede nell'Eucaristia e la fedeltà alla Chiesa del Papa, quando gli hanno squarciato il petto per strappargli il cuore, ha esclamato: "Lodato sia il Santissimo Sacramento!". Fratelli e sorelle, questa magnifica professione di fede ha irrigato con sangue generoso la terra dove tutto il Brasile è venuto a riaffermare la sua devozione nella presenza reale di Cristo nell'Eucaristia. Nel rinnovare, in questo momento, con tutti voi qui presenti, questa stessa professione di fede, desidero abbracciare tutte le regioni di questo immenso Paese, che in un certo senso è un continente nel continente sudamericano.

Inizio oggi la visita alla Chiesa in terra brasiliana. Anche se il tragitto del mio pellegrinaggio è necessariamente limitato, tuttavia, nel mio cuore e nella mia preghiera, mi sento unito a tutti. Invito i brasiliani di tutte le regioni a questo banchetto eucaristico preparato per noi dal Signore: dalla remota Amazzonia e da tutto il Nord e il Nordest, dalla costa dell'Atlantico e dal Sud, dalle montagne e dalle vaste pianure del centro, e anche dai confini dell'Ovest. Tutti ci uniamo in un'unica affermazione della fede eucaristica e nell'adorazione del mistero: "Ave verum Corpus natum de Maria Virgine".


2. "Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere" (Dt 8,2). Leggiamo queste parole nel Libro del Deuteronomio che ricorda a Israele i quarant'anni del suo pellegrinaggio nel deserto quando, con il potere di Dio, lo ha liberato dalla schiavitù dell'Egitto: "Il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione servile" (Dt 8,14). Quel deserto è un'immagine della vita degli uomini e dei popoli. Per quali cammini il Signore Dio ha guidato il popolo di questa terra brasiliana lungo i secoli? Da quanti luoghi siete giunti qui? E continuate a camminare. Il Brasile è lo scenario di grandi migrazioni alla ricerca di lavoro, di pane e di una casa. Il deserto è immagine della vita umana sulla terra - in qualsiasi luogo, anche se questa terra fosse la più fertile e possedesse tutta la ricchezza della civiltà moderna. In qualsiasi luogo: l'uomo è un pellegrino dell'Assoluto. E' pellegrino verso la casa del Padre, dove ha la vera dimora. così come il corpo umano ha necessariamente fame di pane e sete di acqua per non cadere nella spossatezza, lo spirito umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, ha sete di Dio: "L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente" (Ps 41/42,2).


3. L'Eucaristia è la risposta di Dio alla sete degli uomini che camminano in questo mondo verso la Patria celeste. Nel deserto Dio ha nutrito il suo popolo con la manna caduta dal cielo. La manna era l'immagine dell'Eucaristia. Cristo ha detto: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io daro è la mia carne per la vita del mondo" (Jn 6,51-52). Gesù di Nazareth ha pronunciato queste parole dopo la miracolosa moltiplicazione dei pani vicino a Cafarnao. Molti dei presenti non potevano comprenderlo. Dicevano: "Questo linguaggio è duro" (Jn 6,60). E si sono allontanati per non ascoltare più quello che Gesù diceva, tanto inverosimili sembravano loro quelle parole. E' stato necessario arrivare all'ultima cena a Gerusalemme. E' stato necessario che il giorno seguente il Corpo di Cristo fosse consegnato alla morte in Croce, che il suo Sangue fosse versato in sacrificio propiziatorio per i peccati del mondo, perché l'Eucaristia divenisse il cibo sacramentale e la bevanda della Chiesa dai primi giorni fino ai nostri tempi... fino alla fine del mondo.


4. Gli apostoli che, il giorno di Pentecoste, uscendo dal Cenacolo di Gerusalemme, sono andati in tutto il mondo ad annunciare che "Gesù è il Signore" (Rm 10,9), ci hanno trasmesso il Vangelo e l'Eucaristia. Il Vangelo è la testimonianza del Figlio di Dio crocifisso e risorto. L'Eucaristia è il sacramento del suo sacrificio redentore per la vita del mondo.


5. Quando il Signore ha istituito la Santa Eucaristia nell'Ultima Cena, era notte, il che significava - come commenta San Giovanni Crisostomo - che i tempi erano compiuti (In Matthaeum homiliae 82,1 (PG 58,700)). Si è aperto così il cammino per una vera alba: la nuova Pasqua. L'Eucaristia è stata istituita durante la notte, in preparazione al mattino della Risurrezione. Essa ci indica che non torneremo a nutrirci della manna del deserto, noi che abbiamo il Pane di oggi e di sempre.

Cari fratelli e sorelle, il Papa vuole iniziare questo suo pellegrinaggio in terra brasiliana proprio nel quadro della Celebrazione Eucaristica, perché è il portatore del messaggio dell'Altissimo, del "Verbo che si è fatto carne" (cfr. Jn 1,14) per annunciare questa nuova alba che spunta all'orizzonte. Il XII Congresso Eucaristico Nazionale, che ha per tema "Eucaristia ed Evangelizzazione", è stato come il soffio dello Spirito Santo che fa germogliare i "semi del Verbo nelle iniziative anche religiose, negli sforzi dell'attività umana tesi alla verità, al bene, a Dio" (RMi 28). Ringrazio il caro fratello nell'Episcopato Alair Vilar Fernandes de Melo e tutta la Commissione organizzatrice di questo Congresso per l'amore e la dedizione che hanno messo nella sua preparazione e realizzazione e approfitto dell'occasione per salutare il Signor Cardinale Nicolas Lopez Rodriguez, formulando i miei auguri di felicità all'inizio del suo mandato quale Presidente del CELAM. Chiedo a Dio che la veglia di preghiera, che ha visto la partecipazione di molti di voi che siete qui per preparare questa solenne Eucaristia, ravvivi la grazia di Dio che è già presente nel popolo di questa terra, nel popolo brasiliano. Cristo nostro Signore è il divino seminatore che tiene il grano tra le sue mani ferite, lo bagna del suo sangue, lo monda, lo purifica e lo getta nel solco del mondo. Getta i semi ad uno ad uno, perché ciascun cristiano, nel proprio ambiente, renda testimonianza alla fecondità della Morte e Risurrezione del Signore. Non dimentichiamo quanto ho affermato nell'Enciclica Redemptoris missio: "Prima beneficiaria della salvezza è la Chiesa: il Cristo se l'è acquistata col suo sangue (cfr. Ac 20,28) e l'ha fatta sua collaboratrice nell'opera della salvezza universale" (RMi 9). La salvezza, che è dono dello Spirito, esige la collaborazione dell'uomo perché salvi sia se stesso che gli altri. Occorre pertanto spargere generosamente la parola di Dio, fare si che gli uomini conoscano Cristo e, conoscendolo, abbiano fame di lui. "Ora - diceva San Paolo - come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?" (Rm 10,14). perciò è significativo che l'introduzione al Testo-base di questo Congresso sproni tutti a "un maggiore sforzo per la dimensione evangelizzatrice (...) che può avviare tutto un lavoro missionario, non solo di massa, ma anche a livello di gruppi ristretti o settori specializzati".

"Esso servirà - si aggiunge più avanti - a preparare e a formare gli agenti di pastorale: sacerdoti, religiosi e laici che, da parte loro, porteranno questo messagio alle basi". E' urgente quindi riflettere e mettere in pratica le sue conclusioni dinanzi a una nuova evangelizzazione che rappresenti una penetrazione della fede "nei cuori di tutti gli uomini e di tutte le donne, nelle strutture sociali e politiche, nelle famiglie, soprattutto nei giovani, nei settori del sapere e del lavoro, nei gruppi etnici e indigeni, nei villaggi e nelle città" (Discorso a Port-au-Prince, 9/3/1983).


6. Questo clima di fervore apostolico, che è alla base della IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, convocata per il 1992 a Santo Domingo, è anche la luce che ha illuminato tutti i partecipanti ai lavori di questo Congresso, che oggi ho il piacere di concludere, in questa solenne celebrazione eucaristica. Che lo Spirito Santo possa effondere su tutti, Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, abbondanti grazie di azione evangelizzatrice, perché da qui nascano frutti di pace, di amore e di santità, che la Chiesa attende in Brasile e dal Brasile.


7. "La fede dipende dunque dalla predicazione - ci dice San Paolo - e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo" (Rm 10,17). A Cafarnao gli apostoli hanno ascoltato l'annuncio dell'Eucaristia fatto da Cristo.

Nonostante molti che erano li si fossero allontanati, gli apostoli non se ne andarono. Alla domanda di Cristo hanno risposto: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68). La verità eucaristica è la parola di vita eterna. Gesù dice: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risuscitero nell'ultimo giorno" (Jn 6,53-54). E prosegue: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me" (Jn 6,56-57).

Carissimi fratelli e sorelle, Chiesa che sei in Brasile, popolo del Dio vivo! Da chi andremo? Lui - il Cristo - solo lui ha parole di vita eterna.

Data: 1991-10-13
Domenica 13 Ottobre 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Messaggio per un Seminario sulla "Centesimus Annus"