GPII 1991 Insegnamenti - Recita dell' Angelus - Natal (Brasile)

Recita dell' Angelus - Natal (Brasile)

Titolo: "E' necessario un vigoroso ritorno ai valori della tradizione per una generazione che si prepara al terzo millennio"

Carissimi fratelli e sorelle,


1. Per concludere questa solenne liturgia eucaristica, pronunceremo quella preghiera dell'"Angelus Domini" che è già tradizionale nel mondo intero, per ricordare la nostra Madre Celeste, la Vergine Maria, e il mistero dell'Incarnazione del Verbo Divino. "Eccomi, sono la Serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38), disse la Vergine di Nazareth al Messaggero di Dio. Riflettendo su questa risposta, in cui la Vergine espresse la luce e il potere dello Spirito Santo, inginocchiamoci con profondissima venerazione davanti al mistero: "Il Verbo si fece Carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

Quante labbra ripetono le parole della Vergine-Madre di Dio! Io vi saluto, Gesù, Figlio di Maria, Voi solo l'unico Dio nella Ostia Sacra - questa Eucaristia che qui abbiamo appena celebrato.


2. Nel chiudere il Congresso Eucaristico, si apre una nuova prospettiva di dimensione continentale, che ci porta a riconoscere la mano provvidenziale del Divino Consolatore, che non cessa mai di ascoltare le suppliche dei suoi figli.

Ieri ha avuto inizio l'Anno Giubilare dell'America Latina, un passo importante della celebrazione del Quinto Centenario dell'Evangelizzazione di questo Continente. Le grandi speranze che il mondo cattolico latino-americano ripone nella riunione dei Vescovi dell'anno prossimo a Santo Domingo attestano sin d'ora il clamore incessante di tante anime nel sollecitare una nuova evangelizzazione che incida profondamente nella vita dei fedeli, e particolarmente nella loro identità di cattolici. Oggi, quando la vocazione cristiana di milioni di anime si vede minacciata dal pericolo delle sette, dalle violenze di ogni tipo - compresa quella generata dal traffico di stupefacenti -, dal consumismo e dalle campagne anti-nata- liste, per non menzionare altri motivi, si rende necessaria una protesta vigorosa di ritorno ai valori morali e culturali della tradizione cristiana di una generazione che si prepara per il terzo millennio dell'era cristiana. Il mio pensiero si indirizza specialmente a tutti i giovani brasiliani che mi ascoltano. Faccio mie quelle parole che la Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-Americano ha suggerito a Puebla, rivolgendo un appello alla responsabilità e ad una maggiore partecipazione della gioventù nella vita della Chiesa. Essa ha chiesto ai giovani "un maggiore impegno e una più grande testimonianza cristiana (...) per la costruzione di una nuova civiltà nel continente della speranza" ("L'Osservatore Romano", 24/6/90).


3. Siate benedetta, Madre del Figlio di Dio! Siate benedetta, Signora Aparecida! Ieri abbiamo celebrato con gioia di figli la Vostra festa, e vogliamo ora chiederVi che aiutiate questo successore alla Cattedra di San Pietro a portare la Parola divina a tutta la famiglia brasiliana, delle città e delle campagne, ai pescatori e agli operai, agli ospedali e alle favelas. "Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano" (Lc 11,28).

E il Papa Vi supplica: "Madre, benedite tutti i vostri figli. Dimostrate che siete Madre. Intercedete per noi che ricorriamo a Voi".

Data: 1991-10-13
Domenica 13 Ottobre 1991

Ai Vescovi brasiliani durante l'incontro al Centro delle Convenzioni - Natal (Brasile)

Titolo: Nella dottrina sociale della Chiesa l'autentica risposta evangelica alla fame di pane e di giustizia

Carissimi fratelli nell'Episcopato,


1. Saluto tutti voi, in questa grande sala del Centro Convegni "Governador Lavoisier Maia", che ci vede fraternamente riuniti in questo giorno, e desidero esprimere l'"affetto nella carità" che unisce il Successore di Pietro con i Pastori della Chiesa in Brasile: auguro a tutti, con le parole dell'Apostolo San Paolo, "grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, Signore nostro" (1Tm 1,2). "Congregavit nos in unum Christi amor". Rendo grazie a Dio perché mi concede la possibilità di essere nuovamente con voi e di poter salutare tutti voi fraternamente come veri e autentici maestri della fede, pontefici e Pastori (cfr. CD 2). Rendo grazie a Dio anche perché mi concede di condividere, in questi momenti di intima comunione, la sollecitudine pastorale con cui avete cura del gregge che vi è stato affidato. Sarebbe praticamente impossibile nominare tutti coloro che formano oggi il corpo episcopale della Chiesa in Brasile.

Tuttavia non posso non citare nel loro insieme i nuovi membri della direzione recentemente formata della Conferenza Episcopale, qui rappresentati nella persona del loro Presidente, l'Arcivescovo di Mariana, S.E. Luciano Mendes de Almeida.

Questo momento, che adesso ci è concesso di vivere, ha per me il sapore di un incontro cordiale. Ho ancora ben presente il caro ricordo dei giorni in cui, in occasione delle ultime visite ad Limina, ho potuto condividere con i Vescovi del Brasile le loro preoccupazioni pastorali, ricevere il conforto della loro sentita comunione con il Successore di Pietro, conoscere più da vicino il generoso impegno con cui si dedicano alla loro missione, e studiare insieme a loro alcune delle immense sfide che l'evangelizzazione presenta nel vostro paese. In tutte queste occasioni ho potuto verificare più di una volta il difficile compito che vi compete in una nazione che, rispetto alle sue dimensioni territoriali e al cuore della sua gente, vive i più dolorosi contrasti e le più urgenti carenze spirituali e materiali. La realtà stessa, le concrete situazioni umane, religiose e sociali delle comunità che Dio ha affidato alla vostra cura, costituiscono un forte appello per una rinnovata evangelizzazione che faccia irradiare, con la forza trasformatrice del lievito (cfr. Mt 13,33), la Buona Novella nei cuori di tutti e di ciascuno degli uomini e delle donne di questa terra, in seno alle famiglie, nelle molteplici manifestazioni della cultura e nel giusto ordinamento della società.


2. Lo scorso mese di giugno la vostra Conferenza Episcopale ha pubblicato il testo delle "Direttive Generali per l'Azione Pastorale", discusse nell'ultima Assemblea Generale di Itaici. Ho molto apprezzato la sua lettura, in cui si percepisce l'equilibrio, il realismo e il senso di sollecitudine pastorale con cui pianificate la vostra azione per i prossimi quattro anni. In questo testo avete usato una felice espressione, di cui mi sono fatto eco: sfide pastorali. So che non vi manca la fede né il coraggio di affrontare le innumerevoli sfide che si presentano alla vostra missione evangelizzatrice. So anche che, nel considerare l'urgente compito che vi compete, avete piena coscienza del fatto che è nell'unione con Cristo e nella fedeltà al suo Vangelo, nell'autentico magistero e nella disciplina della Chiesa, che troverete la forza di superare tante difficoltà e sacrifici che, nel mondo di oggi, il ministero episcopale comporta; l'incentivo per dedicarvi con maggior entusiasmo al gregge che vi è stato affidato; e il segreto dell'efficacia del vostro generoso zelo apostolico. E' soprattutto su questi motivi di conforto e di speranza che oggi vorrei soffermarmi, in questo fraterno colloquio con i confratelli Vescovi del Brasile.

L'influenza disgregatrice delle sette


3. In primo luogo, dovete tenere sempre presente, carissimi fratelli, che l'anima, la forza e la vita dell'evangelizzazione - di questa evangelizzazione rinnovata che ci invita, in prossimità del V centenario della proclamazione della fede nel continente americano - è la "Parola della salvezza" (Ac 13,26), cioè la Verità del Vangelo che è "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16). Vi preoccupa, e con ragione, il panorama della grave carenza di dottrina, dell'ignoranza religiosa, che lascia il vostro caro popolo - così naturalmente incline alla trascendenza e ai valori cristiani della pietà e della fraternità - alla mercé delle influenze disgregatrici di un ambiente di deterioramento morale - sia sociale che pubblico, sia privato - e lo rende facilmente preda della seduzione delle sette e dei nuovi gruppi religiosi. La loro preoccupante espansione in questi ultimi anni in Brasile, come in tutta l'America Latina, dovrebbe essere oggetto di una seria presa di posizione da parte vostra. So bene che l'espansione di queste sette e gruppi conta su forti appoggi economici e che la loro predicazione alletta il popolo con falsi miraggi, illude con semplificazioni distorte e semina confusione, soprattutto tra i più semplici e i più carenti di istruzione religiosa. E' importante, quindi, che la vostra pastorale, con profondo senso missionario, sappia occupare gli spazi in cui esse operano, risvegliando nel popolo la gioia e il santo orgoglio di appartenere all'unica Chiesa di Cristo che sussiste nella nostra Santa Chiesa Cattolica (cfr. LG 8). Tutta questa realtà deve continuare a spronarvi a un profondo esame di coscienza - come so che avete fatto recentemente - e, allo stesso tempo, a farvi assumere attraverso nuove vie la grande responsabilità che vi spetta quali Maestri della fede.

L'autentico magistero della Chiesa


4. I Vescovi del Brasile hanno dimostrato, da molti anni, una particolare sensibilità nel dare una risposta cristiana alla pressante fame di pane e di giustizia del popolo brasiliano. Dio vi benedica e vi aiuti a proseguire - in sintonia col cuore di Cristo - in questa nobile sollecitudine. Ma non dimenticate che questo proposito sarà autentico nella misura in cui sarà autenticamente evangelico, ossia, nella misura in cui attingerà la sua linfa nella dottrina sociale cattolica - che fa parte della più vasta e ricca dottrina morale della Chiesa -, senza cedere a tentazioni del tipo della teologia della liberazione, che non si conforma all'autentico Magistero della Chiesa (cfr. Libertatis Nuntius, Introduzione). Si, il Papa incoraggia e benedice la vostra preoccupazione ispirata all'"amore preferenziale - né esclusivo né escludente - e alla sollecitudine verso i poveri e i bisognosi", di cui parlava la Conferenza di Puebla (Puebla, 382). Ma, nel ricordarvi la vostra inderogabile responsabilità, come Maestri della fede, vuole spronarvi ad assumere adesso, con maggior pienezza, il vostro munus docendi e, soprattutto, l'urgente compito catechetico che le circostanze del vostro paese impongono.

La logica della dominazione economica


5. Durante la mia ultima visita in Brasile si viveva la tensione tra i due grandi blocchi dell'Oriente e dell'Occidente, con tanta risonanza in tutto il mondo.

Sembrava allora che il destino dell'organizzazione economico-sociale di qualsiasi paese avrebbe dovuto optare tra il modello capitalista e quello del socialismo marxista. A quell'epoca, era allo studio l'Enciclica Laborem exercens, che ebbe larga eco in Brasile. In essa, la Chiesa cercava di superare la visione parziale e relativa di questa tensione mondiale, mettendo l'accento sull'elemento decisivo che è il primato della persona umana, soprattutto nella sua vocazione al lavoro.

Si accennava anche a ciò che allora era stato chiamato "nuova civiltà del lavoro".

Sono trascorsi undici anni. Il Papa ritorna in Brasile in altri tempi. La tensione Est-Ovest si è praticamente dissolta e molti vogliono vedere, in questo fatto, una vittoria dell'opzione capitalista-liberale, attraverso cui il mondo potrà entrare in una nuova era di pace, di prosperità economica e sviluppo sociale. Non spetta a me fare pronostici. Ma devo manifestarvi la mia preoccupazione. Gli ultimi avvenimenti, noti a tutti, nel Medio Oriente, nella penisola balcanica e in altri luoghi, ci stanno mostrando, dolorosamente, quanto la pace sia lontana. Rimane, e sembra perfino accentuarsi, il divario tra i paesi più sviluppati e gli altri paesi, vuoi in via di sviluppo, come il Brasile, vuoi in uno stato ancora molto precario. La logica della dominazione economica, di imposizione di modelli senza il rispetto della legittima autodeterminazione di ciascun popolo e altri fattori, hanno creato meccanismi perversi che stanno impedendo l'accesso di paesi come il Brasile al livello delle nazioni più sviluppate. E' vero che questi paesi devono fare molto, in ambito interno, per un'organizzazione più razionale della propria economia, per il recupero inderogabile della moralità amministrativa, per la creazione nei settori più favoriti e dinamici di una maggiore sensibilità sociale.

Soprattutto, è fondamentale lo sviluppo quantitativo e qualitativo dell'educazione, non solo scolastica, ma che comprenda il comportamento sociale e la mentalità del popolo. Il sottosviluppo, lo sappiamo tutti, è innanzitutto un problema culturale nella sua accezione più ampia. Ma occorre dire, con forza, perché giunga a tutto il mondo, che il debito estero di un paese non potrà mai essere pagato a costo della fame e della miseria del suo popolo! In questi ultimi anni, due importanti documenti hanno arricchito la dottrina sociale della Chiesa: le Encicliche Sollicitudo rei socialis e Centesimus annus. In esse si ribadisce, ancora una volta, che la Chiesa non ha una proposta concreta di organizzazione sociale o di modello economico. Non è suo ruolo, né è il compito dei Vescovi. Ma essa mai potrà tacere, dinanzi a tutti, quando è in gioco la vita, la libertà, la dignità della persona umana, di tutti gli uomini in tutte le latitudini, di qualsiasi razza, condizione sociale o credo religioso! Spetta ad essa, come Sacramento di Gesù Cristo, Redentore dell'uomo, ricordare sempre e a tutti i principi eterni, i criteri di azione e le esigenze morali che devono governare la vita sociale, politica ed economica, in ogni nazione o nel contesto internazionale. All'interno del contesto nazionale, tuttavia, e in ciascuna diocesi, dipende dalla grande responsabilità della Conferenza Episcopale e di ogni Vescovo, quale Maestro della fede.

Il Vescovo maestro di fede


6. In questa linea di responsabilità quali Maestri della fede, voglio incoraggiare tutti i vostri sforzi per sviluppare una predicazione e una catechesi sempre più ampia e profonda su tutto il panorama delle verità della fede e della morale cattolica. Basti pensare all'urgente necessità di affermare con fermezza la dottrina sull'unità e la santità del matrimonio, sul senso cristiano della sessualità e dell'amore umano, sul carattere intangibile della vita umana dal primo momento del suo concepimento. Vi ricordo ancora l'importanza fondamentale dell'insegnamento chiaro sulla sacralità del mistero eucaristico e del culto liturgico - che in questo mistero ha il suo centro. Mi preoccupano, in questo senso, i tentativi che si notano in Brasile, presso alcuni gruppi, di un'acculturazione della liturgia della Santa Messa e dei Sacramenti, senza tenere in dovuta considerazione che essa deve sempre essere un'espressione inequivocabile dell'integrità della nostra fede. Un altro aspetto importante è la santità del sacerdozio e il valore del celibato, la necessità vitale della pratica del Sacramento della Riconciliazione nella sua normale espressione, che è la confessione personale e segreta, tanto feconda per un'evangelizzazione rinnovata.

Tutti questi argomenti sono stati oggetto della vostra attenzione e, a suo tempo, li saprete mettere in evidenza nell'agenda delle vostre Assemblee Generali, come anche delle riunioni del Consiglio Permanente della Commissione Episcopale di Pastorale e di Dottrina della vostra Conferenza. Difendete, confidando in Dio e con umiltà, l'integra dottrina della fede, non trascurando, al tempo stesso, il dovere che vi ho ricordato undici anni fa, di affrontare, in modo sereno e forte, gli errori - come anche le ambiguità e le riletture soggettive della Sacra Scrittura -, proponendo con precisione la verità ai fedeli (Discorso a Fortaleza, 10/7/80).

La consuetudine alla comunione


7. Mi riferivo, all'inizio di questo incontro, alle fonti da cui i Pastori dovranno attingere la loro forza - virtus Christi (2Co 12,9) - e trovare il segreto della fecondità della loro missione. Oltre la fedeltà alla Parola, ricordavo anche - come espressione dell'unione con Cristo - la consuetudine alla comunione. La Chiesa stessa, Corpo di Cristo (1Co 12,27), come ricordavano i Vescovi latinoamericani a Puebla, è un mistero di comunione, riflesso del mistero della comunione trinitaria, che è la fonte da cui deriva tutta la comunione ecclesiale (Puebla, 167 e 220). Mi sono permesso di ricordarvi ora che, nella vita e nella missione del vescovo, questo mistero di comunione si manifesta in una triplice e inseparabile dimensione.

- In primo luogo, come dice San Giovanni, "la nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" (1Jn 1,3). Da ciò scaturisce il dovere fondamentale di ricercare, con tutte le forze, la santità personale, ossia, l'intima identificazione con Gesù Cristo, "pastore e guardiano delle vostre anime" (1P 2,25). Siate modelli di preghiera e di adorazione, di fede, di carità, di umiltà, di spirito di servizio, insomma, di tutte le virtù, in modo che, per vostro mezzo, la presenza di Cristo si manifesti in seno alle vostre comunità ecclesiali.

- In secondo luogo, abbiate sempre presente che questa comunione con il Padre in Cristo, nello Spirito Santo, è inseparabile dalla stretta unione dei membri del Collegio Episcopale, successore dell'unico Collegio apostolico, con il Romano Pontefice che è, per istituzione dello stesso Cristo, "principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità di fede e di comunione" (LG 18). Voglio ricordare adesso, con gioia, l'affetto che i Vescovi che hanno partecipato all'incontro tenutosi a Roma a marzo di quest'anno, mi hanno espresso - a nome di tutto l'Episcopato brasiliano - "il vivo desiderio di comunione con il Successore di Pietro". Vi ringrazio per questa manifestazione di fede e di adesione alla Sede di Pietro e chiedo a Dio che la faccia fruttificare sempre di più in realtà feconde.

- In terzo luogo, è necessaria una solida comunione tra i Vescovi che formano la Conferenza Episcopale, organismo che ha nella consuetudine della comunione la sua principale finalità. Se noi chiedessimo quali sono i principi che devono animare questa comunione, credo che troveremmo una risposta che si conforma a quell'antica e veritiera formula, sempre valida: in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas.

Alla luce di questa verità, è evidente che l'unità nelle cose necessarie è il presupposto indispensabile perché sia legittima la libertà, ed è anche condizione per cui l'unione tra i membri della Conferenza Episcopale costituisce espressione della carità.

Vicini al cuore del Papa


8. Avendo come base questa triplice comunione, tutti i Vescovi e ciascuno di essi, saranno anche "individualmente, il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari, formate ad immagine della Chiesa universale" (LG 23). E' certamente grande la responsabilità che spetta a ciascun vescovo nella sua comunità ecclesiale. Una responsabilità che non può essere diluita e a cui il Vescovo non può abdicare.


9. Saluto, per concludere, il Signor Arcivescovo di Natal, S.E. Alair Vilar Fernandes de Melo, e il suo Ausiliare, S.E. Antonio Soares Costa, come anche i signori Vescovi del Brasile qui presenti, o che non hanno potuto partecipare a questo incontro.

Il Vescovo di Roma, Pastore della Chiesa universale, vi benedice e invoca dalla divina Provvidenza abbondanti grazie celesti, per un rinnovato coraggio nello svolgimento del ministero che vi è stato affidato. Gradirei abbracciarvi tutti fraternamente, per incoraggiarvi a porre una rinnovata energia nella costruzione del Regno di Dio, a servizio del gregge della Chiesa particolare che è affidato alle vostre cure.

A conclusione di questo incontro, rivolgo il mio sguardo e ripongo la mia fiducia nella Madre comune, Nostra Signora Aparecida. Nelle sue mani, sotto la sua protezione, voglio rimettere adesso le vostre preoccupazioni apostoliche, le vostre gioie e i vostri dolori, i vostri lavori e la vostra zelante dedizione. A queste mani materne affido anche le speranze degli uomini e delle donne del Brasile, che sono così vicine al cuore e del Papa. Sia pegno di questi desideri e dei doni del cielo, la mia e la vostra affettuosa Benedizione Apostolica a tutti.

Data: 1991-10-13
Domenica 13 Ottobre 1991

Ai sacerdoti nella Cattedrale dedicata a Nostra Signora della Presentazione - Natal (Brasile)

Titolo: "Rivestitevi di Cristo per restare strettamente vincolati alla vostra vera identità sacerdotale"




1. E' per me una grande gioia potermi riunire con i sacerdoti in questa Chiesa Cattedrale! Desidero, prima di tutto, ringraziare Don Francisco de Assis Pereira, per le amabili parole che mi ha appena rivolto, ed anche tutti i sacerdoti presenti - insieme ai quali ho venerato questa mattina l'ineffabile mistero dell'Eucaristia - per la bontà di essere venuti qui, per partecipare a questo incontro con il Successore di Pietro. Ho presente, in questo momento, la memoria di tanti sacerdoti che, nel lavoro nascosto, nella vita di fede e di preghiera e nello zelo apostolico, hanno saputo piantare e coltivare la vita della Chiesa in Brasile. Fra i tanti, ricordo ora la figura di Don Joao Maria Cavalcanti, morto all'inizio di questo secolo vittima della carità sacerdotale, modello di Parroco e guida spirituale del popolo, così benvoluto, ricordato e venerato in questa città di Natal dove ha vissuto e lavorato. Ho presenti anche i sacerdoti di tutto il Brasile che non sono potuti venire qui ma che mi accompagnano in questa ora. A tutti, molte grazie e che Dio vi benedica! Vorrei rivolgervi un invito come quello di Cristo ai suoi Apostoli: "Venite, voi pure, in disparte, in un luogo solitario e riposatevi un poco" (Mc 6,31). Sarebbe certamente il riposo migliore per la mia anima potermi intrattenere personalmente con ciascuno di voi e conversare con calma, in confidenza, a lungo. Purtroppo così non può essere. Ma io vi assicuro che mi sento molto vicino ad ognuno di voi, specialmente in questi momenti di forte unità spirituale. Conosco bene le difficoltà che incontrate nel vostro impegno pastorale, e conosco bene la lieta e zelante generosità con cui vi dedicate al vostro ministero.


2. Ciò che oggi desideravo dirvi può riassumersi in poche parole tratte da San Paolo: "rivestitevi del Signore Gesù Cristo" (Rm 13,14), e "Abbiate in voi quel medesimo sentimento che fu in Cristo Gesù" (Ph 2,5). Ossia, cercate con tutte le forze di identificarvi in Cristo. In verità, cercare l'identificazione in Cristo è un dovere di tutti i fedeli, poiché in essa consiste tutta la vita cristiana. Ma, nel caso del sacerdote, questo dovere assume un'importanza decisiva, essendo strettamente vincolato alla stessa identità sacerdotale.


3. Assumendo la sua autentica identità, il sacerdote diverrà strumento efficace dell'unico Mediatore tra Dio e gli uomini, essendo egli stesso presenza e trasparenza di Cristo. Guardatevi intorno! Non udite l'immenso clamore di tanti uomini e donne, di tutte le condizioni, di tutte le razze, di tutte le età che, oggi più che mai, sembrano dirci, anche quando non formulano esplicitamente questo desiderio: "desideriamo vedere Gesù"! (Jn 12,21). Desideriamo vedere Gesù nella persona e nella vita dei suoi sacerdoti! E' risaputo che, in alcuni ambienti, nel periodo post-conciliare - per motivi che non è il caso di esporre adesso, e a causa, spesso, di una lettura erronea del Magistero del Concilio Vaticano Secondo -, si è offuscata la coscienza della vera identità sacerdotale, e ha avuto origine la tendenza a "laicizzare" le funzioni sacerdotali, in parallelo alla tendenza a "clericalizzare" la figura del laico (cfr. Lettera ai sacerdoti, Giovedi Santo 1991, 2). Le manifestazioni di questa tendenza sono diverse, dall'intervento del presbitero in attività proprie dell'azione politica, attività che fanno parte della missione libera e responsabile dei laici, alla scarsa considerazione per compiti specificamente sacerdotali o per segnali esterni al sacerdozio, fino alla prassi di affidare a laici incarichi il cui esercizio compete ai presbiteri o funzioni che si giustificano solo in caso di reale necessità, con carattere di supplenza. Grazie a Dio, i vacillamenti sull'identità del sacerdote, che hanno avuto dolorose conseguenze sulla vita di non pochi preti e sulla promozione delle vocazioni sacerdotali, stanno per essere, sebbene non totalmente, a poco a poco superati. Gli interventi di molti Padri Sinodali, durante l'ultima Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, danno segnali promettenti in questo senso (cfr. Lettera, ibid.). Senza alcun dubbio, c'è nel Popolo di Dio una coscienza sempre più chiara dell'assoluta necessità del sacerdozio ministeriale, con le caratteristiche alle quali mi riferisco, in perfetta continuità con il Vangelo, con la Tradizione viva della Chiesa e con gli insegnamenti del Concilio Vaticano Secondo. Pertanto, dovete assumere con convinzione la vostra identità sacerdotale, in tutta la sua pienezza. Date ascolto al clamore dei vostri fratelli, che supplicano: vogliamo vedere Gesù nei suoi sacerdoti!


4. Vogliamo vedere Gesù! Gli uomini hanno bisogno di vedere, in primo luogo, la santità di Cristo riflessa nei sacerdoti. Il Brasile, il mondo intero, ha bisogno di sacerdoti santi, fedeli alla loro piena consacrazione a Dio, e totalmente dediti alla loro missione peculiare. Sacerdoti il cui unico obbiettivo sia quello di compiere la volontà del Padre e completare la sua opera (cfr. Jn 4,34), disposti a impiegare la loro vita, con una carità pastorale senza limiti, nella funzione di mediazione che è loro propria: portare gli uomini a Dio, e portare Dio agli uomini. Sacerdoti che manifestino l'immensa ricchezza dell'amore di Dio, l'unica risposta alle ansie d'infinito del cuore umano, attraverso l'allegria con cui gli affidano il cuore indiviso (cfr. 1Co 7,32-34). Il celibato sacerdotale non è soltanto una legge ecclesiastica ma riveste un significato profondo alla luce della teologia del sacerdozio. La Chiesa non riconosce come accettabili i tentativi e le pressioni per reintegrare nel ministero sacerdotale coloro che lo lasciano per la vita nel matrimonio. Non sarà questo il cammino per risolvere la grave carenza di sacerdoti in Brasile. Il celibato, miei cari preti, deve essere per ognuno di voi la giubilante conferma di sentirsi scelto dalla predilezione di Colui che vi ha chiamato per una dedizione completa e senza riserve al Suo Amore.

Un "uomo di Dio" trasforma una comunità. Un sacerdote devoto diventa un promotore di vocazioni autentiche per la piena dedizione a Dio e ai fratelli. Un prete fedele ai suoi impegni è lo stimolo migliore per la santità e la stabilità della famiglia. Un sacerdote animato dalla carità del cuore di Cristo è un fuoco vivo, che accende nelle coscienze l'ardore per la giustizia e collabora efficacemente, nell'ambito della sua missione specifica, affinché molti laici assumano la responsabilità personale di promuovere un ordine sociale più consono al piano di Dio e alla dignità della persona umana.


5. Gli uomini di oggi, come quelli di tutti i tempi, hanno bisogno di vedere Gesù nella santità del sacerdote, nella testimonianza sacerdotale di una fede integra, di lieta speranza e di illimitata carità. Siate uomini di fede. Cristo vuole continuare a rivolgere agli uomini la parola della salvezza, soprattutto per bocca dei suoi sacerdoti. "Chi ascolta voi, ascolta me" (Lc 10,16), diceva Gesù. Per questo, è necessario che siate uomini di fede integra, in modo tale che, ascoltandovi, tutti possano riconoscere inequivocabilmente la Parola di Dio. Solo Cristo è la "luce degli uomini" che "splende nelle tenebre" (Jn 1,4-5). Questa luce, manifestata al mondo, Egli la deposito nelle mani della Chiesa che, con l'assistenza dello Spirito Santo, la conserva fedelmente e la trasmette. Pertanto, una espressione chiara di questa vostra fede sarà l'adesione sincera e fiduciosa a tutta la dottrina del Magistero autentico della Chiesa, della quale si farà eco la vostra predicazione e catechesi. Che la vostra catechesi sia, nel suo contenuto, fedele alla dottrina e comprensibile al popolo. E la vostra predicazione sia sempre l'annuncio del mistero di Cristo Resuscitato, senza rivestirsi di quel falso profetismo che, non raramente, la riduce a un mero messaggio politicizzato.

Ricordatevi che la nostra fede, come dice San Paolo, non si fonda sulla "sapienza degli uomini" né si confonde con la "sapienza di questo secolo" (1Co 2,5-6). Per questo, nessuna ideologia potrà offrire un postulato che sia premessa alla quale subordinare la dottrina di fede. Al contrario, è la fede che giudica, con la "sapienza di Dio" (1Co 2,7), le conclusioni valide delle scienze umane, che, se autentiche, non potranno mai essere in contraddizione con la Verità della fede.

Come alimento di fede è molto importante la vostra formazione permanente. Non lasciatevi dominare da un attivismo pastorale, che, anche se ben intenzionato, può portarvi al vuoto interiore danneggiando il vostro ministero. Riservate saggiamente qualche ora del giorno o giorno della settimana per una preghiera personale più tranquilla, per la lettura di buoni libri di teologia o spiritualità, oltre, è chiaro, al ragionevole e indispensabile riposo.


6. Siate anche uomini di speranza. Noi sappiamo che, nell'esercizio del ministero, siamo "operai di Dio", e la nostra speranza è sorretta dalla certezza che è Lui, Dio, che "fa crescere" (1Co 3,9 1Co 3,7). Il Sacerdote, per esercitare fruttuosamente il suo ministero, deve rimanere unito alla vite da cui sboccia la vita (cfr. Jn 15,5). Ha la necessità vitale di unirsi a Cristo mediante una intensa vita eucaristica, di rinnovarsi interiormente, in una continua conversione, accogliendo in sé con frequenza il Sacramento della Riconciliazione, di dedicarsi, pur essendo multiple le sue attività, al silenzio dell'adorazione, della meditazione, della preghiera.


7. Siate inoltre gli uomini della carità. Animati dall'amore illimitato del Buon Pastore, date la vita per le vostre pecore (cfr. Jn 10,11), facendo della vostra esistenza una completa e autentica diaconia, a modello del Figlio dell'Uomo, che "non è venuto per essere servito, ma a servire" (Mt 20,28). Un sacerdote che possiede i sentimenti di Cristo trascorre la vita servendo tutti gli uomini e cercando di corrispondere alle sue aspirazioni più profonde, senza dare peso a sacrifici personali. E' un cuore aperto e comprensivo, che accoglie tutti con la carità di Cristo, senza discriminazioni. perciò non permettete che preconcetti ideologici o qualsiasi specie di classismo vi inducano a lesinare a qualcuno un vostro gesto affettuoso e il vostro zelo pastorale. Senza alcun dubbio, un sacerdote che vuole essere un altro Cristo prova la stessa compassione di Gesù per le moltitudini affamate (cfr. Mt 15,32), e per tutti coloro che giacciono abbattuti e stanchi come pecore senza pastore (cfr. Mt 9,36). Quindi, dedica un amore di preferenza - sebbene non esclusivo - ai più poveri, a tutti quelli che soffrono come vittime dell'ingiustizia e delle violazioni dei diritti intangibili della persona umana. Senza discostarsi da quanto caratterizza la sua sacra missione, come formatore delle coscienze, e evitando la tentazione di trasformarsi in un leader terreno, politico o sociale, deve inoltre promuovere instancabilmente il bene della giustizia e i diritti dei più derelitti. Non dimenticate, pero, che la missione fondamentale della Chiesa, più che la liberazione puramente sociale o economica, è la liberazione dalla miseria morale del peccato, che spezza la relazione filiale dell'uomo con Dio e costituisce la sua maggior disgrazia (cfr. RP 18).


8. Vorrei inoltre ricordarvi, cari fratelli e sorelle, che la carità vi deve indurre a essere testimoni di quella "fraternità sacramentale" che lega ogni prete "nel vincolo della comunione con i Vescovi e con gli altri fratelli nel sacerdozio" (cfr. PO 8 PO 14). Cooperatori dell'Ordine episcopale, la vostra vocazione vi chiede, come dice Sant'Ignazio di Antiochia, di "essere in grande armonia con il vostro Vescovo, come le corde della cetra" (Ad Ephesinos). Seguite, con fiducia e obbedienza, le loro direttive e orientamenti, dando loro appoggio e conforto. Questa raccomandazione ha un significato molto speciale per voi, sacerdoti religiosi che oggi svolgete un ruolo così importante e indispensabile in quasi tutte le diocesi del Brasile. E' chiaro che il vostro lavoro pastorale non può fare a meno di ispirarsi ai carismi propri degli istituti ai quali appartenete. Esso deve comunque essere in tutto subordinato all'orientamento e alla direzione del Vescovo con il quale lavorate. Non spetta ai Superiori Religiosi, ma unicamente ed esclusivamente al Vescovo, il governo pastorale dei fedeli di ogni Chiesa locale, in tutte le sue dimensioni e livelli.

Cari fratelli e sorelle, cari sacerdoti. E' molto importante l'unità fraterna tra voi. Sacerdoti diocesani e religiosi devono aiutarsi mutuamente nell'attività pastorale e nell'appoggio umano e materiale. Che nessun fratello sacerdote senta la sofferenza della solitudine e della incomprensione! La Chiesa vi riconosce, inoltre, il diritto ad avere le vostre associazioni a livello diocesano, o, se necessario, a livello inter-diocesano. Ne esistono già molte in Brasile, sotto forma delle tradizionali fraternità, confraternite o movimenti sacerdotali. Esse devono essere stimolo "alla santità nell'esercizio del ministero (...) e all'unità dei chierici tra di loro e col proprio Vescovo" (CIC 278). Non avrebbero, pero, alcun significato se fossero concepite come o diventassero, in pratica, una sorta di sindacato di preti o un gruppo corporativo, con atteggiamenti rivendicativi o antagonistici nei confronti dell'autorità dei vostri Vescovi.

L'unità fraterna dei presbiteri si può solo ispirare alla carità di Cristo e al desiderio di servire meglio la sua Chiesa.


9. Cari fratelli e sorelle, devo terminare. Voglio concludere queste parole rivolgendomi alla Madonna, Madre dei sacerdoti, Madre della nostra speranza.

Che Ella accompagni con il suo amore misericordioso ogni vostro passo, renda sempre più santa, più lieta e più efficace la vostra missione di servitori di Dio e degli uomini, nello spirito di fede, di speranza e di amore.

E ora dobbiamo concludere questa celebrazione della parola con una Benedizione Apostolica per tutti i presenti, per tutti i sacerdoti del Brasile.

Data: 1991-10-13
Domenica 13 Ottobre 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Recita dell' Angelus - Natal (Brasile)