GPII 1991 Insegnamenti - Messa con la beatificazione di Amabile Visitainer - Florianopolis (Brasile)

Messa con la beatificazione di Amabile Visitainer - Florianopolis (Brasile)

Titolo: La Beata Paulina ispiri a tutti una risposta decisa e generosa al richiamo di Cristo alla santità




1. "Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria" (Col 3,4).

La mia gioia in questa giornata, cari fratelli e sorelle di Florianopolis e di Santa Catarina, ha un motivo del tutto speciale: la beatificazione di Madre Paulina do Coracao de Jesus Agonizante. Ella è, in verità, un'autentica rappresentante del popolo catarinense. Come i padri e i nonni di molti di quelli che sono qui, appartiene a una di quelle famiglie che sono giunte qui nel secolo scorso e che hanno dato un'impronta del tutto particolare alla terra catarinense. Lo scenario meraviglioso delle belle spiagge e isole del litorale, della valle dell'Itajai, dei campi della regione montuosa, delle immense e fertili regioni dell'ovest, fu popolato da gente nuova che ancora oggi conserva l'eredità delle culture, dei costumi e della lingua dei suoi antenati. Ai portoghesi delle Isole Azzorre o ai paolisti provenienti dai campi di Piratininga o di Curitiba, si unirono, più di cento anni fa, tante famiglie provenienti dall'Italia del Nord, dalle montagne del Tirolo, da diverse regioni della Germania, da molti altri luoghi del pianeta. Tutti hanno fatto di Santa Catarina un popolo unico, con molti idiomi, usi e tradizioni, le cui caratteristiche umane divennero brasiliane per prosperità del lavoro, per cordialità e, soprattutto, per un'unica fede cristiana. Fu una di queste famiglie, venuta dal Tirolo e radicatasi nella regione di Nova Trento, che diede al Brasile e alla Chiesa Madre Paulina.

Oggi, alla vostra presenza, sarà elevata dal Papa alla gloria degli altari. La gloria con la quale la Chiesa circonda i suoi santi e beati è un annuncio particolare della venuta di Cristo, che "è la nostra vita in Dio". Diventando uomo, egli, il Figlio unigenito del Padre, ci ha resi partecipi della vita divina, che è in Lui. Con il potere dello Spirito Santo, dato da Cristo alla Chiesa nel giorno della sua Risurrezione, questa vita divina dà i suoi frutti nella santità dei figli e delle figlie della Chiesa. Oggi, con la cerimonia della beatificazione professiamo la nostra fede nella Comunione dei Santi. E al tempo stesso, si consolida la nostra speranza di santità, di partecipazione nella vita di Dio. Ora, i santi ci indicano il cammino di questa speranza. così essi svolgono un compito speciale nell'ambito della missione di evangelizzazione della Chiesa sulla terra, e proclamano la vocazione cristiana alla santità. Ci esortano: "Rivestitevi della carità, che è il vincolo della perfezione" (cfr. Col 3,14).


2. In che modo Madre Paulina, che oggi proclamiamo beata, si è rivestita di questa carità? Ciò che più si distingue nella vita dei santi è la loro capacità di risvegliare il desiderio di Dio, in coloro che hanno la felicità di avvicinarsi a loro. La generosa corrispondenza alle grazie divine viene, quindi, premiata con una costante inclinazione a Dio, desiderato, conosciuto, lodato e amato. E' precisamente in questa luce che la Serva di Dio si presenta a noi, mentre ci prepariamo a riconoscerla solennemente tra i beati del Regno dei cieli.

"...pensate alle cose di lassù" (Col 3,2). E' stato proprio questo il dono vissuto in sommo grado da Madre Paulina. Seppe convertire tutte le sue parole e azioni in un continuo atto di lode a Dio. In gioventù chiese a Dio la grazia di accedere alla vita religiosa con l'unico fine di amarLo e di servirLo nel miglior modo possibile. L'accettare la volontà di Dio la indusse a una costante rinuncia di se stessa, affrontando qualsiasi sacrificio per compiere i disegni divini, specialmente nel periodo, particolarmente eroico, della sua destituzione come Superiora Generale della Congregazione da lei fondata. Frutto di questo grande amore di Dio fu la carità vissuta dalla Serva di Dio, fin da bambina e fino all'ultimo istante della sua vita terrena, nei confronti di tutti quelli che vissero con lei. Nel suo testamento spirituale scrisse: Vi esorto ad avere tra voi la santa Carità, specialmente verso i malati delle Sante Case, gli anziani degli ospizi, ecc. Tenete in grande considerazione la pratica della santa Carità. Fu per questo che, nell'Ospedale di Vigolo, lei e la sua prima compagna ricevettero il titolo di "infermiera". Questo essere-per-gli-altri, rappresenta lo sfondo di tutta la sua vita. I poveri e i malati furono i due ideali della vita ascetica di Madre Paulina che, nel suo servizio, trovava un incentivo per crescere nell'amore di Dio e nella pratica delle virtù.


3. Care figlie della Congregazione delle Piccole Suore della Immacolata Concezione, l'esempio di santità della vostra Madre Fondatrice, raccoglie questo messaggio perenne che la Santa Chiesa conserva come un tesoro prezioso. Oggi, la Chiesa vuole diffondere, ancora una volta, le parole ispirate di San Paolo ai Tessalonicesi: "...questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione" (1Th 4,3). Con il Battesimo, siamo stati rigenerati per la nuova vita della filiazione divina, o anche, come dice San Pietro, della partecipazione alla natura divina (cfr. 2P 1,4). Con la santificazione non solo riceviamo il perdono dei peccati, ma siamo introdotti nella comunione di amore con Dio, siamo inseriti nel corpo mistico di Cristo e partecipiamo alla vita divina del Signore, come il tralcio trae la linfa dal tronco (cfr. Jn 15,1s). La santità ci rende templi vivi di Dio: "...il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Jn 14,23). Essere santo significa opporsi al peccato, alla rottura con Dio.

L'uomo non sacralizzato, non santificato, permane schiavo del peccato e non è toccato dall'azione del mistero pasquale redentore del divino Salvatore degli uomini. La Chiesa esiste per la santificazione degli uomini in Cristo. E' questa santità che essa deve portare anche tra gli uomini del mondo secolarizzato affinché non vengano profanati. Per questo essa insegna anche che la santità non è "alienazione", come a volte si sente dire, ma una maggiore familiarità con le realtà più profonde di Dio. A sua volta, Cristo è il Verbo fatto carne, e lo stesso Verbo è il Creatore e Salvatore. L'Incarnazione porta a termine la creazione, e in questa, l'uomo realizza se stesso, con Cristo a immagine di Dio, cooperando, attraverso la storia, per questa pienezza dell'opera divina della creazione. Cristo chiama tutti noi, ognuno secondo la sua vocazione - in casa, sul lavoro, nel compimento degli obblighi che competono al proprio stato, sia inseriti nelle realtà temporali, sia nel sacerdozio ministeriale o nella vita religiosa, nei doveri di cittadino, nell'esercizio dei propri diritti - tutti siamo chiamati a partecipare al regno dei cieli. Questa santità, che fa si che ogni cristiano debba essere Cristo presente tra gli uomini, ci ricorda, come fu detto a Puebla, che esiste "un popolo che nasce solo da Dio, e si rivolge a lui; (...) i cittadini di questo popolo devono camminare sulla terra, ma come cittadini del cielo, con il cuore radicato in Dio, mediante la preghiera e la contemplazione. Questo comportamento non significa fuga dal terreno, bensi condizione per una consegna feconda agli uomini. Perché chi non ha appreso ad adorare la volontà del Padre, nel silenzio della preghiera, difficilmente riuscirà a farlo quando la sua condizione di fratello gli chiederà rinuncia, dolore o umiliazione" (nn. 250-251).


4. E' stata proprio questa capacità di rimanere costantemente unita a Dio e, al tempo stesso, di svolgere un intensissimo lavoro per il bene delle anime, che ha caratterizzato la vita della Beata Paulina do Coracao de Jesus Agonizante. La Chiesa la propone, da oggi, come modello di vita da ammirare e imitare. La santità si prova nella vita di tutti i giorni, nel lavoro in favore dei fratelli, come frutto dell'unità con Dio. E' vincolata a un amore, attivo ed effettivo, verso la Chiesa di Cristo, rappresentata dai suoi Pastori che, all'interno del Collegio Episcopale, sono uniti al Successore di Pietro. La santità, dunque, è l'espressione di questa fede profondamente vissuta attraverso la carità, "Fides operatur per caritatem", in grado di dare un nuovo soffio di speranza e una risposta alla società che sembra voler vivere in un clima di edonismo e di consumismo.


5. Dio disse ad Abramo: "Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indichero" (Gn 12,1). Nel Discorso della Montagna Cristo disse: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli... Beati i miti... quelli che hanno fame e sete della giustizia... i misericordiosi... i puri di cuore... gli operatori di pace... i perseguitati per causa della giustizia". Cristo disse anche: "...di essi è il regno dei cieli" (Mt 5,1-10). Egli ripete oggi a tutti noi, ad ognuno di noi: vattene dal tuo paese, che è un luogo di passaggio, lascia la casa di tuo padre, luogo di tante generazioni - verso il paese che io ti indichero. Questo paese è il regno dei cieli, è la casa di mio Padre, nella quale ci sono molti posti (cfr. Jn 14,2). La beata Paulina do Coracao de Jesus Agonizante ha seguito queste parole di Cristo.

"Quando Cristo si manifesterà - Egli, la nostra vita - anche lei insieme a Lui si manifesterà nella sua gloria".

Concludendo, colgo l'occasione per salutare il Signor Ministro della Giustizia, Dott. Jarbas Passarinho, ringraziandolo per aver partecipato a questa Celebrazione Eucaristica. Saluto inoltre il Signor Governatore di Santa Catarina e anche le Autorità civili e militari.

Cari fratelli e sorelle, il Papa ringrazia per la vostra accoglienza calorosa e amichevole, e ringrazia anche il caro fratello nell'Episcopato, l'Arcivescovo Monsignor Eusebio Oscar Scheid, i Cardinali e tutti i Vescovi che sono venuti qui, specialmente il Signor Cardinale Arcivescovo di San Paolo. Invio un saluto affettuoso al Signor Cardinale Agnelo Rossi, Decano del Collegio Cardinalizio, che ha tanto desiderato questa Beatificazione. Ancora una volta vi dico: il Brasile ha bisogno di santi, di molti santi! La santità è la prova più chiara, più convincente della vitalità della Chiesa in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Che l'esempio di Madre Paulina possa ispirare a tutti una risposta decisa, generosa al richiamo di Cristo alla santità! Affido alla protezione materna della Vergine Maria, Nostra Signora Aparecida, Nostra Signora do Desterro, come La venerate qui a Florianopolis, il presente e il futuro della Chiesa in Brasile.

Essa ha bisogno, oggi più che mai, di santi!

Data: 1991-10-18
Venerdi 18 Ottobre 1991

Incontro ecumenico nell'Aula Magna del Collegio Caterinense - Florianopolis (Brasile)

Titolo: L'espressione più genuina dell'ecumenismo è nel clamore incessante della nostra preghiera

Carissimi fratelli nel Signore!


1. Provo un'intensa gioia nel poter evocare, all'inizio di questo incontro, quelle parole del Vangelo che ci assicurano la presenza ineffabile del Signore in questo istante: "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). Certamente siamo ora riuniti nel suo nome, e per questo possiamo dire con gioia che Gesù si trova in mezzo a noi. Le parole che mi sono state rivolte da Sua Eccellenza Mons. Gregorio Warmeling in qualità di Presidente del Consiglio delle Chiese per l'Educazione Religiosa, e dal Pastore Meinrad Piske, della Chiesa Evangelica di Confessione Luterana del Brasile, ci confermano che il Signore vuole stare in mezzo a noi con la sua Luce, la Luce dello "Spirito di Verità" (Jn 16,13). Al calore della presenza di Cristo, "Primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29), questo incontro con i fratelli evangelici ha per me il carattere di un felice e fiducioso colloquio fraterno. Se è vero che ancora sono molte le cose che ci separano, sul piano della fede e dell'agire cristiano, è anche certo che ci unisce l'ansia, alimentata dall'Apostolo Paolo, che "vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo" (Ep 4,15).


2. Muove noi tutti, dietro impulso dello Spirito di Cristo (cfr. Rm 8,9), l'impegno di incrementare instancabilmente il dialogo ecumenico, "finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio" (Ep 4,13). Questo dialogo ecumenico, che da anni, con la grazia del Signore, sta crescendo e producendo frutti tanto promettenti, rappresenta la nostra sincera risposta all'ardente supplica che Gesù elevo al Padre nella notte dell'ultima Cena: "Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).

Queste parole di Cristo ci ardono nel cuore, costituiscono per tutti un programma e un compito ineludibile. Si può dire che il dialogo è il pulsare del cuore dell'ecumenismo. Sempre durante la Cena, quando Nostro Signore pregava per la tanto sospirata unità, Egli ci ha lasciato come testamento e segnale distintivo il suo comandamento nuovo: "che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato (...) Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,34-35). Per questo, tra di noi, il primo dialogo deve essere il dialogo della carità, che ha per base la comprensione, il rispetto reciproco e l'impegno, in unione di sentimenti, per compiere la Volontà del Signore.

Sforziamoci, pertanto, di sottolineare quello che ci unisce, e di comprendere, con umiltà e serena lucidità, nella fedeltà ai tesori della verità divina, quello che ci separa, sapendo che, tra noi che seguiamo Cristo, è molto più forte quello che ci unisce di quello che ci divide. E' per questo che non ci stancheremo di "cercare lealmente, con perseveranza, con umiltà e anche con coraggio, le vie di avvicinamento e di unione (...) senza scoraggiarci di fronte alle difficoltà che possono presentarsi o accumularsi lungo tale via; altrimenti, non saremmo fedeli alla parola di Cristo, non realizzeremmo il suo Testamento" (RH 6). Chiedo al "Padre della Luce", dal quale proviene "ogni buon regalo e ogni dono perfetto" (Jc 1,17) che continui a benedire l'azione che si va sviluppando, a livello mondiale e a livello nazionale, per favorire questo dialogo. Auspico che il lavoro che viene realizzato in Brasile dal Consiglio Nazionale delle Chiese Cristiane (CONIC), sul piano religioso e nel clima della carità di Cristo, continui a progredire nel cammino del dialogo interconfessionale.


3. Accanto al dialogo della carità, bisogna continuare ad intensificare anche la "disponibilità alla ricerca comune della verità nel pieno senso evangelico e cristiano" (RH 6), ovvero, il dialogo teologico. "Chi opera la verità viene alla luce" (Jn 3,21). Il desiderio autentico della fedeltà a Cristo, "luce del mondo" (Jn 8,12) non è forse come il pulsare dell'anima del dialogo teologico? Certamente, lungo è questo cammino, e non mancano gli ostacoli. Ma è anche sicuro che "il Dio di ogni consolazione" (2Co 1,3) ci conforta, propiziando segnali promettenti. Appaiono delle convergenze che fondano nella fede una speranza concreta, anche se permangono problemi seri, che esigono ulteriori approfondimenti, scambi più attivi e una maggiore pazienza e serenità di spirito (cfr. Discorso all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione dell'Unità dei Cristiani O.R., ed. port., 17/2/91, p. 9).


4. Parallelamente al dialogo della carità e al dialogo teologico, è della massima importanza proseguire in quello che potremmo chiamare il dialogo della vita. Mi riferisco al congiungimento degli sforzi, tra coloro che professano la fede in Gesù Cristo, per servire con spirito evangelico tutti gli uomini. Estremamente fruttuosa si sta rivelando questa cooperazione tra i cristiani, con l'intento di superare tanti mali che affliggono il mondo attuale, e il Brasile in particolare, come la fame, l'analfabetismo, la povertà, la mancanza di terra e di case e l'ingiusta e sproporzionata distribuzione dei beni che Dio ha destinato a tutti.

Continuiamo a unire le nostre forze per cercare, con mezzi sempre più efficaci e nello spirito della carità, l'avvento del regno della fratellanza, della giustizia e della pace nella famiglia umana, chiamata, in Cristo, a diventare la famiglia dei figli di Dio (cfr. GS 92).


5. Non dimentichiamoci, cari fratelli, che questo dialogo fraterno, le cui linee fondamentali ho ora ricordato, ci richiede, per essere fecondo, che ognuno di noi apra sempre più largamente le porte del cuore a Cristo. Deve essere Lui, nella potenza dello Spirito Santo, che deve camminare con noi e agire per nostro tramite.

Tutte le attese d'unità maturano a partire da un rinnovamento dei cuori, mossi dal desiderio di identificazione con Cristo e alimentati dal sincero proposito di riconoscere umilmente i nostri errori personali, di correggere in noi tutto quanto potrebbe indebolire la nostra unione con il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo.

Prima di ogni altra cosa, tuttavia, che l'ecumenismo incontri la sua espressione più genuina nel clamore incessante della nostra preghiera. La nostra fede nella preghiera, nella promessa del Signore, "tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto, e vi sarà accordato" (Mc 11,24), costituisce il vero fondamento delle nostre più grandi speranze.

Dio ci conceda di perseverare così, unanimi nella preghiera (cfr. Ac 1,14), nella carità e nella ricerca della verità, perché siamo degni di ottenere, come una nuova effusione dello Spirito, il prezioso dono dell'unità. così potrà trasformarsi in realtà quello che Gesù, nella notte della Cena, ha chiesto al Padre: "che siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Jn 17,23).

E' questo spirito di dialogo che desidero, ancora una volta, porre nelle mani dei miei fratelli nel servizio episcopale della Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Da loro dipende in gran parte il futuro cristiano del Brasile. Ma lo affido anche ai fratelli responsabili delle Chiese di altre confessioni cristiane, raccomandandolo anche a tutti voi, fratelli e sorelle nello stesso Vangelo di Cristo.

Data: 1991-10-18
Venerdi 18 Ottobre 1991

Alle religiose nella palestra del Centro "Servizio Sociale del Commercio" - Florianopolis (Brasile)

Titolo: Povertà, castità ed obbedienza esprimono l'identità e l'autenticità della vita religiosa

Carissime figlie e sorelle in Cristo!


1. saluto i fratelli religiosi che sono venuti a questo incontro, che è dedicato soprattutto alle religiose del Brasile. Mi sento immensamente felice di trovarmi di nuovo con voi, rivivendo quegli incontri che ho avuto il piacere di avere con le religiose del Brasile, in occasione del mio primo viaggio pastorale in questa cara Nazione. Ringrazio Suor Ilze Mees, per le amabili parole che mi ha appena rivolto, in nome di tutte le religiose del Brasile. Figlie mie, è fondamentale il vostro ruolo in questo immenso compito della nuova evangelizzazione, per il quale Dio ci convoca al termine di questo millennio. Sarebbe impossibile per la Chiesa assolverlo compiutamente senza la partecipazione generosa della vostra vita consacrata. Come ho detto due anni fa a tutti i religiosi e le religiose del Brasile, "sarebbe quasi impossibile immaginare la vitalità della Chiesa in Brasile senza questa rete di comunità religiose, che rendono presente e visibile il Vangelo (...) Vi ringrazio di cuore per la fedeltà alla vostra consacrazione e missione, per la vostra presenza ecclesiale in tutte le latitudini di questo immenso Brasile. La fecondità misteriosa delle vostre comunità contemplative, la testimonianza di coloro che vivono il loro inserimento tra i più poveri e la generosa dedizione di coloro che lavorano in regioni sperdute e isolate, costituiscono una ricchezza per la Chiesa in Brasile e sono una prova della sua vitalità" (Lettera ai partecipanti alla XV Assemblea Generale Ordinaria della CRB, 11/7/1989).


2. Questo orizzonte così ricco e stimolante della missione che Dio vi convoca a realizzare nella Chiesa e nel mondo, esige da voi, come condizione della sua vitalità, una fedeltà incondizionata a Cristo e alla Chiesa. Di questo voglio parlarvi oggi, in modo speciale. Non si ricorderà mai abbastanza che "l'identità e l'autenticità della vita religiosa sono caratterizzate dal seguire Cristo e dal consacrarsi a Lui, mediante la professione dei consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza. Con essi si esprime la totale dedizione al Signore e l'identificazione in Lui, nel suo affidarsi al Padre e ai fratelli" (Lettera Apostolica, 29/6/1990, 16). Amate, con profondo spirito di fede, questi tre vincoli santi. Essi, per così dire, definiscono e qualificano la vostra vita, creano uno spazio di assoluta libertà dentro i vostri cuori, che possono, mediante loro, accogliere l'amore di Cristo e vivere interamente in Lui, per Lui e di Lui.

La religiosa, fedele agli impegni della sua consacrazione, prova l'immensa felicità di camminare in compagnia di Gesù, di vivere della sua parola, di godere della sua presenza interiore, di partecipare alla sua missione di salvezza (cfr. Lettera Apostolica, 29/6/1990, 16).


3. Amate, dunque, con tutta l'anima, il consiglio evangelico della castità. Esso libera, in modo singolare, i vostri cuori, perché s'infiammino sempre più nella carità di Dio e di tutti gli uomini. E' un mezzo senza uguali perché possiate dedicarvi con ardore al servizio e alle opere di apostolato (cfr. PC 12). Quando l'amore di Cristo è accettato con "cuore indiviso", nella sua interezza, senza concessioni e duplicità, senza scoraggiamenti e compensazioni, la castità si rivela come una gioiosa affermazione di amore, e non come una limitazione o una negazione. Essa canalizza e dà nuovo vigore alla infinita capacità di amare che Dio ha posto nel cuore umano, portandolo ai vertici dell'illimitato amore divino. Ed è da questo amore che sgorga la maternità spirituale (cfr. Ga 4,19), fonte di vita per la Chiesa. L'esempio di Maria Santissima, la Vergine di Nazaret, sarà sempre fonte di particolare fecondità spirituale nella vostra vita consacrata, e il riparo sicuro dell'affidamento fatto per amore a Dio.


4. Amate, allo stesso modo, con tutta l'anima, i consigli evangelici della povertà e dell'obbedienza, con l'ardente desiderio di imitare l'esempio di Cristo, che "...si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" (2Co 8,9), e che, per amore verso il Padre e per la salvezza degli uomini, "...umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,8). I consigli evangelici, così come sono sempre stati compresi e vissuti nella Chiesa, possono oggi sembrare una vera "stoltezza" (1Co 1,18) a molti incapaci di intendere la "saggezza delle cose di Dio" (cfr. Mt 16,23). Sono, infatti, una stoltezza, ma una felice stoltezza di amore. Siate certe che non può esserci autentico rinnovamento della vita religiosa, né un rifiorire delle vocazioni religiose, senza questo approfondimento sincero della vostra fedeltà alla consacrazione totale, espressa e concretizzata in questi consigli. I consigli evangelici, permettetemi d'insistere, vissuti in piena gioia, vi identificano con Gesù Cristo Crocifisso e Risorto. Si rivelano così per tutte la persone consacrate una fortissima motivazione amorosa, un ideale sempre vivo e presente, in grado di superare tutte le fatiche, le afflizioni e le contrarietà.


5. Questi tre consigli evangelici, struttura portante della vostra vita di donazione, devono, pero, concretizzarsi in accordo con l'identità specifica di ogni famiglia religiosa. La varietà degli istituti religiosi è come "un albero piantato da Dio e in un modo mirabile e molteplice ramificatosi nel campo del Signore" (LG 43). Questa diversità si esplica, per volontà di Dio, nella varietà dei carismi dei Fondatori e delle Fondatrici. Questi carismi devono essere vissuti dai loro discepoli e dalle loro discepole, conservati gelosamente, approfonditi e sviluppati, in omogenea continuità, nel corso dei tempi, in qualsiasi circostanza storica. Ogni Istituto, di fatto, come riflesso della infinita varietà dei doni dello Spirito, ha i suoi "propri fini e il suo carattere" (cfr. C.I.C., c. 598), non soltanto per ciò che concerne l'osservanza dei consigli evangelici, ma anche in tutto ciò che riguarda lo stile di vita dei suoi membri (cfr. C.I.C., c. 498,2).


6. Da qui derivano diverse conseguenze. Tenendo conto che la formazione iniziale e permanente, secondo il proprio carisma, è nelle mani dell'Istituto, la formazione intercongregazionale non può supplire interamente al compito della formazione permanente dei suoi membri. Questa deve essere impregnata, in molti aspetti, delle caratteristiche proprie del carisma di ogni Istituto. Ciascuno deve, pertanto, promuovere e organizzare diversi tipi di formazione speciale, per una realizzazione migliore dei suoi fini specifici. Infatti, la fedeltà al proprio carisma ha bisogno di essere approfondita nella conoscenza, ogni giorno più vasta, della storia dell'Istituto, della sua missione peculiare e dello spirito del Fondatore, sforzandosi contemporaneamente di incarnarlo nella vita personale e comunitaria (cfr. Orientamenti sulla formazione negli Istituti religiosi, 2/2/1990, 68 e 69). Per questo, la formazione intercongregazionale dovrà essere complementare e al servizio di ogni Istituto, ma non servirà da sostituto o come livellamento dei distinti carismi. La seconda conseguenza, derivata dalla prima, è che questa ricca diversità di carismi, i frutti con i quali contribuiscono al Regno di Dio, si impoverirebbe se fosse livellata su uno stesso modello, o uniformatà per finalità pastorali polarizzate intorno a un obbiettivo unilaterale.

Si deve tener presente questo, specialmente, per quanto riguarda i problemi che, spesso, portano con sé il cosiddetto "inserimento della comunità religiosa in mezzo al popolo". Come già notava il documento di Puebla, l'opzione preferenziale per i poveri è stato un fattore molto espressivo nella vita religiosa latino-americana negli ultimi tempi (cfr. Conclusioni di Puebla, 721-766). Questa opzione preferenziale per i poveri, che non è mai esclusiva né escludente, ha indotto, di fatto, molti religiosi e religiose a essere generosamente "presenti nelle periferie, tra gli indigeni, gli anziani e gli ammalati, nelle innumerevoli situazioni di miseria che l'America Latina (e di conseguenza il Brasile) vive e soffre, come sono le nuove povertà che affliggono soprattutto i giovani, dall'alcolismo alla droga" (Lettera Apostolica, 29/6/1990, 19). Pertanto, le piccole comunità religiose inserite in mezzo al popolo, possono essere, e in realtà spesso lo sono, una espressione significativa di questa "scelta per i poveri". Ma è di somma importanza sapere che questa presenza, per essere in accordo con le intenzioni del cuore di Cristo, deve essere vissuta in perfetta armonia con lo spirito dei fondatori di ogni istituto e con le caratteristiche proprie della vita consacrata.


7. Proporre a tutte le famiglie religiose un unico modello di vita e di missione, l'inserimento in mezzo al popolo, sarebbe dimenticare l'importanza insostituibile dell'azione che molte religiose, in consonanza con il loro carisma peculiare, devono svolgere nei diversi ambienti sociali. Le religiose che, per indole e fini propri dei loro istituti, lavorano in questi ambienti, siano certe che sono un nucleo di evangelizzazione più che necessario, e che stanno fornendo un grande servizio alla causa di Cristo nella società, considerata come un tutto organico.

Naturalmente, questa vostra azione si differenzia sostanzialmente da quella che compete ai laici, per sua stessa vocazione. Non sarà mai una sua imitazione, poiché questo toglierebbe la caratteristica all'essenza della vostra vocazione religiosa. Quanto alle religiose che, sempre in accordo con il carisma del loro istituto e con la legittima indicazione dell'Autorità competente, si sono inserite in mezzo al popolo, condividendo la vita e i lavori dei più poveri, siano certe che saranno operaie efficaci del Vangelo nella misura in cui conserveranno la loro identità come consacrate. E', senza dubbio, molto lodevole lo sforzo generoso e la buona intenzione con cui aiutano le popolazioni povere, spesso abbandonate alla loro sorte. Pero è necessario che queste piccole comunità osservino certi criteri, che assicurino la loro autenticità religiosa. Tra questi: la garanzia che possano vivere in comunità, secondo le caratteristiche di ogni istituto, la vita di preghiera, comunitaria e personale, che esige nella comunità i tempi e i luoghi di silenzio; la completa disponibilità a obbedire alle esigenze delle superiore dell'istituto; un'attività apostolica che corrisponda, prima di tutto, non a una scelta personale, ma a una scelta dell'istituto, in armonia con il carisma e con la pastorale diocesana, della quale il Vescovo è il primo responsabile (cfr.

Orientamenti sulla formazione negli Istituti religiosi, 2/2/1990, 28). Pertanto, qualunque sia il lavoro a cui vi dedicate, non potrà mai diminuire, in qualsiasi modo, la vita di preghiera continua, come dice il Signore: bisogna "pregare sempre senza stancarsi" (Lc 18,1). La vita religiosa esige che si combini, in una forte unità, il tempo dedicato all'intimità con Dio e il tempo consacrato alle diverse attività.


8. Con grande gioia voglio ricordare ora la raccomandazione che feci ai Vescovi brasiliani del Regionale Nord-Uno, nella loro visita ad limina, nel chiedere loro "di promuovere e seguire gli Istituti di vita contemplativa, la cui presenza nella Chiesa è tanto più importante quanto maggiori le necessità pastorali del popolo" (Discorso, 21/5/1990).

Carissime religiose contemplative, il Papa vi assicura che siete un grande tesoro della Chiesa. Senza la vostra amorevole immolazione, senza la vostra continua intercessione, senza il vostro gioioso sacrificio, il lavoro della Chiesa si vedrebbe privato di una delle maggiori fonti di energia. Siete nel cuore della Chiesa. Siete come un motore nascosto che le fornisce energia per la sua attività feconda. Perseverate nella vostra funzione indispensabile della preghiera, contribuendo all'azione dello Spirito che vivifica tutto l'organismo ecclesiale.


9. Carissime sorelle, meditate su questa doppia fedeltà che il Papa vi ricorda, che Dio vi chiede. Non dubitate che da essa dipenda l'incomparabile efficacia della vostra vocazione e missione nella Chiesa. Questa fedeltà sarà sempre il vostro punto di riferimento per qualsiasi rinnovamento, per ogni e qualsivoglia "riproposta", che ricerchi, in modo autentico, la vera vitalità della vita religiosa.

Termino questo incontro ringraziando Dio, ancora una volta, per il dono della vostra vita consacrata, che arricchisce in modo singolare tutta la Chiesa. E chiedo, al tempo stesso, che la nuova evangelizzazione desiderata da tutti, sia vitalizzata da un rifiorire di autentiche vocazioni religiose in Brasile, autentiche religiose.

Con tutto il cuore benedico tutte le famiglie religiose, tutte e ognuna di voi, affidandovi alle cure materne della sempre Vergine Maria, Nostra Signora Aparecida.

E termino questo incontro ringraziando Dio per la beatificazione di Madre Paolina.

Data: 1991-10-18
Venerdi 18 Ottobre 1991

Messa per i fedeli dell'Arcidiocesi nell'"Aterro da Conduza" - Vitoria (Brasile)

Titolo: Riconosciamo in Maria la consolatrice di quanti soffrono per ogni forma di violenza




1. "Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlo a voce alta" (Ac 2,14).

Le Letture della liturgia di oggi ci conducono alle porte del Cenacolo di Gerusalemme nel giorno di Pentecoste. Pietro prende la parola: "Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme... Che tutta la casa di Israele sappia, dunque, con certezza, che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso" (Ac 2,14-36). Nella risurrezione di Cristo, Dio ha rivelato che lui è il Messia, l'"Unto" con la pienezza dello Spirito Santo. In lui si sono compiute pienamente le promesse fatte nell'Antica Alleanza ad Abramo, e trasmesse attraverso Mosè ed i Profeti. E' Lui che viene al mondo come luce: "Dio da Dio, Luce da Luce" (Credo). Alle porte del Cenacolo di Gerusalemme, la Chiesa ha cominciato la sua evangelizzazione, che dovrà giungere fino ai più remoti confini della terra. Gli Apostoli e i loro successori porteranno la luce che è Cristo a tutti gli uomini, a tutti i popoli e a tutte le nazioni. Cari fratelli e sorelle di questo stato di Spirito Santo e che siete venuti da Rio de Janeiro, da Minas Gerais, dal sud di Bahia e da altri luoghi! Il Papa oggi è molto felice. E' venuto a conoscere una delle più antiche comunità della storia della Chiesa in Brasile.

Essa è inziata infatti nel 1541 con l'arrivo in questa terra del sacerdote diocesano Francisco da Luz, primo e zelante pastore dell'appena fondata parrocchia di Nostra Signora della Vittoria. Questa comunità è stata santificata dalla presenza del Beato Josè de Anchieta, che ha trascorso in questo stato gli ultimi anni della sua vita missionaria ed è morto alla fine del secolo XVI nel villaggio indigeno di Reritiba, che è oggi la città che porta il suo nome. Qui è vissuto, nello stesso periodo, l'uomo di Dio Fra Pedro Palacios, il virtuoso fratello laico cappuccino, catechista ed eremita, il cui eremo bianco, nell'alto della rocca, è oggi il Santuario di Nostra Signora della Penha, Patrona di questo stato.


2. Cristo è la luce del mondo. "Chi vede me, vede colui che mi ha mandato" (Jn 12,45). Cristo, il Verbo eterno, è il Figlio consustanziale al Padre e immagine del Padre, è Dio da Dio. Egli dice: "Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato" (Jn 12,44). "Il Padre... mi ha ordinato che cosa devo dire e annunciare... Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me" (Jn 12,49-50). Pietro e gli Apostoli, alle porte del Cenacolo di Gerusalemme, cominciano ad annunciare la parola ricevuta da Cristo, la parola che viene dal Padre. Questa Parola è la Buona Novella, ossia il Vangelo. E' la verità sulla salvezza eterna dell'uomo in Dio. Cristo dice: "Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo... Io sono venuto come luce nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre" (Jn 12,47 Jn 12,48). Quanti ascoltavano Pietro nel giorno di Pentecoste, dopo aver ascoltato la verità su Cristo, si convertirono e si fecero battezzare. Dalla parola sulla verità evangelica è nata la Chiesa quale comunità di battezzati nello Spirito Santo. Come quei primi che si sono avvicinati a San Pietro nel giorno di Pentecoste, anche noi siamo stati battezzati. E attraverso il Battesimo, Dio nostro Padre si è impossessato delle nostre vite, ci ha incorporato alla vita di Cristo e ci ha mandato lo Spirito Santo. Il Signore, dice la Sacra Scrittura, "Ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia, mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da Lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna" (Tt 3,5-7).


3. Quando lo Spirito Santo è disceso sugli Apostoli, nel giorno di Pentecoste, in mezzo a loro stava la Madre di Cristo. Insieme a loro, era assidua nella preghiera dal giorno in cui Cristo, dopo essere tornato al Padre, aveva ordinato loro di aspettare insieme il Consolatore. Lei stessa aveva già ricevuto lo Spirito Santo al momento dell'Annunciazione: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35). Grazie allo Spirito Santo la Vergine di Nazareth ha concepito e dato alla luce il Verbo Eterno. Colui che è la luce del mondo ha ricevuto da lei l'umanità. E' diventato il Figlio dell'uomo. Lei gli ha dato la vita umana perché come vero uomo Cristo diventasse fonte della Luce e della Vita per tutti gli uomini, per tutti i popoli, per tutti noi. Non pensiamo, pertanto, che Maria Santissima abbia assunto un ruolo meramente passivo nella Redenzione dell'Umanità. Dall'inizio della sua vocazione di madre, in ogni momento, la Vergine Santissima ha partecipato in modo centrale, non marginale, alla missione messianica di suo Figlio. Tutti sappiamo come a Cana di Galilea, quando i discepoli già cominciavano ad accompagnare il Maestro, anche Maria fosse stata invitata a quella festa di nozze. Li Gesù cambia l'acqua in vino, dopo un delicato suggerimento di sua Madre, che si era accorta della difficoltà in cui si trovavano gli anfitrioni della festa. "Maria si pone tra suo Figlio e gli uomini, nella realtà delle loro privazioni, indigenze e sofferenze. Si pone "in mezzo", cioè fa da mediatrice non come una estranea, ma nella sua posizione di madre, consapevole che come tale può anzi ha il diritto di fare presente al Figlio i bisogni degli uomini. Non solo: come Madre desidera anche che si manifesti la potenza messianica del Figlio, ossia la sua potenza salvifica, volta a soccorrere la sventura umana, a liberare l'uomo dal male che in diverse forme e misure grava sulla sua vita" (RMA 21). Lei è la Consolatrice degli afflitti: di quanti soffrono per ogni forma di violenza, di quanti sono oppressi dalle ingiustizie che offendono la dignità umana, dalla tortura, dai sequestri, dagli attentati alla vita dei più indifesi, dei malati e dei bambini non ancora nati, dal concepimento fino al termine naturale della vita. Lei è l'Ausilio dei cristiani che supplicano per una più giusta e seria distribuzione dei beni che Dio ha consegnato a tutti gli uomini, la terra ancora divisa tra pochi, la natura, che è a disposizione dell'Umanità, aggredita in modo irrazionale.


4. E' così che la Madre di Dio si trova proprio all'inizio dell'evangelizzazione, e la sua presenza nel Cenacolo il giorno di Pentecoste lo conferma pienamente. Ai piedi della Croce la Madre del Redentore diventa la Madre dei redenti e il giorno di Pentecoste la Madre della Chiesa. E' molto significativo che la Chiesa sia nata il giorno di Pentecoste, quando i discepoli e le pie donne erano riuniti, in unione di cuore e di preghiera - con Maria, la Madre di Gesù (Ac 1,14). Dove stavano i discepoli di Cristo e quanti ascoltavano i suoi insegnamenti e venivano battezzati, quanti "erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane (eucaristico) e nella preghiera" (cfr. Ac 2,42), la Madre di Dio è per essi l'unità nello Spirito Santo. Questa unione è particolarmente significativa e piena di benefici frutti per l'evangelizzazione della Chiesa. Dove sta Maria - "la serva del Signore" - li si trova la stessa Chiesa che si manifesta più pienamente come Madre verginale delle anime e serva della vita divina e della luce divina in mezzo agli uomini (cfr. LG 64).


5. L'immagine cinquecentesca di Nostra Signora della Penha, che ci accompagna in questa celebrazione eucaristica, evoca in noi quella "donna vestita di sole... e sul suo capo una corona di dodici stelle" (Ap 12,1) contemplata da San Giovanni.

La nostra Madre è Regina. Regina di tutti gli uomini, dei figli di Dio e fratelli di Gesù Cristo, fino alla fine dei secoli. Lei è adesso nella gloria del Cielo, insieme alla Santissima Trinità. E insieme a Dio lei contempla, nella luce della gloria divina, tutti e ciascuno dei suoi figli in tutti e ciascun momento della loro esistenza, e guarda verso di loro: nei momenti di gioia e di dolore, nei momenti di difficoltà, nei momenti di solitudine, quando cadono e quando si rialzano... Non c'è un attimo nella nostra vita, non c'è un battito del nostro cuore, che non sia accompagnato amorevolmente dal Cuore di Maria.

Desideriamo chiedere a Maria Santissima che regni anche nei nostri cuori, e nel cuore di tutti gli uomini. Innanzitutto in tutta questa arcidiocesi, benedicendo e guidando maternamente i progetti pastorali del signor Arcivescovo, il caro fratello Silvestre Luis Scandian ed i Vescovi di questa Provincia ecclesiastica in unione con i loro sacerdoti, con i laici, le religiose e i religiosi impegnati nella Chiesa all'alba di una "nuova evangelizzazione".

Desidero salutare e ringraziare il Signor Governatore e le altre Autorità civili e militari dello stato di Espirito Santo per la loro presenza a questa Celebrazione Eucaristica. Chiediamo anche alle autorità e ai magistrati a livello nazionale, statale e comunale, che sappiano curare sempre di più il bene comune di ciascun cittadino, impegnati nella causa della giustizia affinché quanti hanno fame e sete di giustizia siano saziati (cfr. Mt 5,6).

Carissimi figli e figlie, consegniamo questi propositi nelle mani del Beato José de Anchieta. Questo Apostolo del Brasile, che si è consacrato interamente alla causa del Vangelo, che tanto venerate, sia di modello e di stimolo perché possiate mettere le vostre migliori energie al servizio della Chiesa nostra Madre.

Che lo Spirito Santo illumini questo stato del Brasile che porta il suo nome, guidando i passi dei suoi figli e delle sue figlie verso il porto definitivo, il Regno dei Cieli.

Data: 1991-10-19
Sabato 19 Ottobre 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Messa con la beatificazione di Amabile Visitainer - Florianopolis (Brasile)