GPII 1991 Insegnamenti - Ai rappresentanti del mondo della cultura nella cattedrale di San Francesco Saverio - Salvador (Brasile)

Ai rappresentanti del mondo della cultura nella cattedrale di San Francesco Saverio - Salvador (Brasile)

Titolo: L'evangelizzazione della cultura si realizzi insieme con la promozione umana, senza limiti o ambiguità

Signore e signori, fratelli e sorelle,


1. In questa sede di Bahia, un tempio così bello che mi ricorda l'eloquenza del grande padre Antonio Vieira, esponente della cultura brasiliana, e l'ammirevole opera educatrice dei Gesuiti durante l'epoca coloniale, assume un significato speciale questo incontro con i rappresentanti del mondo della cultura, della scienza, dell'arte e dell'industria. Siete "i costruttori della società", come mi piace chiamarvi, perché nelle vostre mani si trova il vero futuro del paese, che è la costruzione di questo popolo come Nazione. Ringrazio per le cortesi parole il professore José Carlos Almeida da Silva, Magnifico Rettore dell'Università cattolica di Salvador che mi ha salutato a nome vostro. Quelle parole hanno tradotto, in maniera chiara, le aspirazioni e le necessità degli uomini di cultura del Paese. Con stima e affetto ringrazio anche per i saluti del caro Cardinale Lucas Moreira Neves. Sono già stato in questa città durante il mio primo viaggio in Brasile. Oggi sono tornato e devo dirvi che ho provato di nuovo quell'impressione così piacevole e duratura che avevo provato undici anni fa. La sua meravigliosa posizione, sulla costa orientale della Baia di Todos os Santos, che costeggia l'Atlantico, riflette qualcosa dell'infinita bellezza del Creatore e ci invita a lodare la sua immensa saggezza e bontà. Le chiese coloniali, le moderne costruzioni, testimonianze di oltre quattro secoli della fede e del dinamismo imprenditoriale del popolo bahiano, fanno della città l'incontro tra il meglio della tradizione architettonica del barocco luso-brasiliano dei secoli XVII e XVIII, e la presenza viva e fattiva di un solo popolo costituito da molte razze e culture, deciso a costruire nella solidarietà il suo presente e il suo futuro.

Un'industria e un'attività commerciale intense rivelano la volontà di sviluppo alla quale si unisce la cultura accademica e scientifica che non si distacca da questa cultura popolare viva e vibrante che tanto caratterizza questa città. Mi congratulo affettuosamente con la città di Salvador da Bahia: la sua storia di circa 450 anni, dalla fondazione dovuta alla visione geopolitica ed ispirata del primo Governatore Generale Tomé de Sousa, e la sua realtà attuale sono un espressivo monumento della capacità civilizzatrice dell'uomo nelle zone tropicali.


2. Questo contesto così stimolante mi offre l'occasione per ricordarvi, con la mia presenza e le mie parole, la grande responsabilità che avete nella vostra missione umanizzatrice nei confronti di questa Nazione: la cultura e l'evangelizzazione. La cultura, secondo la Gaudium et spes, è "uno stile comune di vita" che caratterizza un popolo e comprende l'insieme dei valori che lo sostengono e dei disvalori che lo indeboliscono. Essa è costituita da "tutti quei mezzi con i quali l'uomo affina ed esplica le molteplici sue doti di anima e di corpo; procura di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende più umana la vita sociale sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni" (GS 53).

Anche se si parla sempre di un contesto sociale, non possiamo dimenticare che l'uomo in quanto tale è l'unico soggetto e oggetto della cultura.

E' lui che entra in relazione con il mondo, con gli altri uomini, con Dio, realizzando così tutte le sue potenzialità. "L'uomo vive una vita veramente umana grazie alla cultura". Nella varietà e ricchezza delle sue manifestazioni, è essa che rende l'uomo un essere differente e superiore al mondo che lo circonda. Per questo "l'uomo non può stare al di fuori della cultura" (Discorso all'Unesco, giugno 1980). Il riconoscimento della sua condizione di "essere differente e superiore" porta all'uomo, allo stesso tempo, una duplice esigenza antropologica e etica. L'essenziale della cultura poggia su questo fondamento, cioè sull'"atteggiamento con cui un popolo afferma o nega il suo vincolo religioso con Dio". Ne consegue che "la religione, o la sua assenza ispirano i vari settori della vita culturale, la famiglia, l'economia, la politica, l'arte e altri ancora, nella misura in cui li apre ad un significato ultimo, trascendente, o li rinchiude nel suo significato immanente" (Discorso al mondo della cultura, Cile, 3.4.1987).

Una visione deterministica e statica potrebbe far credere che ogni popolo abbia una cultura definitiva che non è possibile modificare. Invece, la libertà di cui l'uomo è dotato lo porta a non convivere solo con la natura, o ad adeguarsi semplicemente ad essa, ma a vivere bene. A questa esigenza fondamentale di vivere bene, si aggiunge il concetto di benessere, la necessità di una qualità di vita da cui non può essere disgiunta una esigenza etica fondamentale. L'atto culturale si presenta, quindi, come una decisione in favore della vita, del progresso e così si prolunga, in maniera sempre rinnovata e dinamica, lungo la storia delle diverse culture. La memoria storica aiuta molto questo dinamismo. Da ciò deriva anche la necessità di coltivare costantemente la cultura, di proteggerla da pressioni che possano indebolirla. così la cultura di un popolo sopravvive, nella misura in cui i suoi valori vengono fortificati ed affermati.


3. La Chiesa, nella sua missione salvifica di annuncio della Buona Novella a tutte le Nazioni, si incarna nelle culture, ma non si identifica con nessuna di esse, accogliendo quel che di buono c'è nel substrato umano e nelle forme di vita di tutti i popoli (cfr. LG 13,2). La Chiesa si interessa alle culture dei diversi popoli e delle diverse civiltà per due grandi motivi. Prima di tutto perché la cultura deriva, in maniera immediata dal carattere razionale e sociale dell'uomo. Di conseguenza, promuovere la persona umana, come vuole il Concilio, significa interessarsi a questa espressione privilegiata e necessaria della persona che è la sua cultura. In secondo luogo, perché il Vangelo deve essere annunciato nel contesto culturale di tutti i popoli (cfr. GS 58-59). Il Concilio, avendo presente il vincolo tra la persona e la sua espressione culturale, chiede con insistenza l'accesso di tutti alla cultura, senza distinzione di razza, sesso, religione, nazione o condizione sociale, affinché tutti possano raggiungere il pieno sviluppo culturale, in sintonia con le proprie capacità e tradizioni.


4. Vedete quindi, amici miei, come sono difficili i compiti e serie le responsabilità che incombono su di voi, in virtù di questo titolo così nobile di uomini di cultura. Da questo posto di osservazione privilegiato del panorama culturale brasiliano che è Bahia, permettetemi di ricordare alcuni di questi compiti e responsabilità. Essi hanno una rilevanza ed un'urgenza particolari dinanzi alla sfida di una nuova evangelizzazione dell'America Latina, visto che il prossimo anno vedrà il V Centenario del primo annuncio del Vangelo su queste terre. Con il motto "Nuova Evangelizzazione, promozione umana, cultura cristiana", essa sarà il tema della IV Assemblea Generale dell'Episcopato Latinoamericano che si riunirà l'anno prossimo a Santo Domingo. In primo luogo, è necessario che il Vangelo, la fede, la religione, nel confronto con le culture vive che devono essere salvate da Cristo, abbiano per loro un ruolo decisivo, permeandole dei valori cristiani. Queste culture o non lo hanno recepito profondamente o sono andate offuscandolo, a causa dell'influenza dannosa del secolarismo, del consumismo, del relativismo e di altri mali di una modernità che fa a meno del messaggio di Cristo e della presenza feconda della Chiesa. L'evangelizzazione delle culture deve essere fatta sempre in maniera esplicita, suscitando in esse una adesione vitale e comunitaria, in necessaria connessione con la promozione umana, senza limitazioni o ambiguità. D'altro lato, perché il Vangelo possa penetrare in maniera efficace e rispettosa all'interno delle culture, deve essere compreso da queste, deve parlare il loro linguaggio, deve interrogarle e lasciarsi interrogare da esse. Deve anche conoscere le loro radici, saperle identificare, discernere i valori autentici per accoglierli, quando siano compatibili con il messaggio evangelico o per purificarle dai falsi valori o dai disvalori. Questa è l'inculturazione del Vangelo, non un adattamento più o meno opportuno ai valori della cultura contingente, ma un'autentica incarnazione in questa cultura per purificarla e redimerla. La cultura viva del Brasile è veramente un paradigma nel continente latinoamericano, a causa delle sue dimensioni e della sua tipologia. La sua origine risale all'incontro della cultura europea, nella versione portoghese, con le culture indigene e africane. Un impasto razziale e culturale ha segnato profondamente e continuerà a segnare il modo di essere e di esprimersi del popolo brasiliano. Non si può non riconoscere comunque che alcuni gruppi indigeni continuano a mantenere la loro cultura originale e che ve ne sono altri il cui grado di integrazione continua ad essere limitato. A partire dai secoli XVI e XVII furono lanciate le basi della cultura latinoamericana, compresa quella brasiliana, e del suo profondo sostrato cattolico. La prima evangelizzazione del continente fu abbastanza profonda, al punto che la fede cattolica è diventata costitutiva del suo essere e della sua identità. Questo fatto permane nella religiosità popolare, tanto segnata da un particolare senso della trascendenza e, al tempo stesso, della vicinanza di Dio e dell'intimità con Lui. Una saggezza popolare che ispira il modo di vivere delle persone, il loro rapporto con la natura e con il prossimo, in un clima di festa, di solidarietà, di amicizia, di parentela e cameratismo, di tutte quelle cose, infine, che rendono così tipica la cordialità brasiliana e fanno la vita semplice e allegra. La nascente cultura dell'uomo nuovo che era sorta in Brasile e nell'America Latina dal miscuglio di razze o che si manteneva in alcuni gruppi indigeni o africani, incomincio a subire, a partire dal XVIII secolo, l'influenza di un nuovo modello di civiltà. Forze sociali e politiche antagoniste, l'impatto delle ideologie dominanti dell'illuminismo, del liberalismo, del razionalismo e, più di recente, del marxismo e del secolarismo, la ricerca da parte di molti di un'apparente sicurezza in alcuni movimenti libertari o conservatori, tutto questo ha prodotto una forte accelerazione della storia.

Questo fatto sta richiedendo uno sforzo enorme di creatività da parte dei popoli latinoamericani che non hanno voluto vedere le loro culture relegate in secondo piano o addirittura eliminate (cfr. CELAM, Evangelizzazione della cultura, Rio de Janeiro, 1985, pagg. 75-78).


5. Essendo la cultura di un popolo la sua maggiore ricchezza, non c'è missione così importante come quella che chiedo a voi, di conservarla nella sua integrità, di difenderla dalle minacce o dai rischi di contaminazione, di proteggere i suoi valori evangelici e cristiani. In questo momento, qui a Bahia che fin dall'inizio è stata il luogo privilegiato in cui si è plasmata la cultura brasiliana, permettetemi di formulare i più fervidi auguri per il rinnovato vigore di questa cultura nelle sue più autentiche manifestazioni. Che il "sostrato cattolico" del modo di essere dell'uomo brasiliano non si perda, ma acquisti una nuova vitalità.

Che le qualità umane e cristiane del popolo, i valori morali e spirituali che gli danno un aspetto così particolare non vengano frustrati né contaminati.

Soprattutto che venga conservata, come un autentico dono di Dio, la sua eccezionale capacità di integrare e di rendere solidali, senza alcun tipo di discriminazione, le diverse componenti etniche della sua fisionomia umana in tutto il Brasile.

Spetta a voi, uomini e donne di cultura, in quanto "costruttori della società" essere la coscienza viva della Nazione. Spetta a voi portarla, soprattutto negli strati più favoriti, a condividere con maggiore generosità i beni economici e le iniziative di tipo sociale e politico, prese a volte con non poco sacrificio da parte di tutta la popolazione, mirando al progresso del paese, al bene comune, in particolare dei più deboli e bisognosi. Per conservare ed arricchire la cultura brasiliana, molti settori dovranno essere oggetto di maggiore attenzione.

Fra questi, in primo luogo, la famiglia. Impegnati nella costruzione di una civiltà dell'amore, conosciamo tutti il ruolo della famiglia che è il servizio all'amore e alla vita. Nella mia Esortazione apostolica Familiaris consortio ho espresso chiaramente la convinzione per cui la salute e il benessere della società passano necessariamente attraverso la famiglia.

Rivolgo qui un appello a tutta la società brasiliana, ai poteri pubblici, ai legislatori, agli industriali, agli educatori, ai Pastori e ai Capi religiosi, ai padri e alle madri di famiglia, ai movimenti sociali e ai comunicatori affinché impieghino tutti i loro sforzi perché le famiglie brasiliane possano trovare condizioni migliori, nell'ambito domestico e sociale, per compiere bene la loro missione. Questo appello si rende urgente, perché sono a conoscenza del dramma di tante famiglie distrutte o costruite in modo instabile, di coppie che si uniscono soltanto "per fare esperienza", completamente impreparate e immature di fronte ad una opzione di vita così seria, di bambini che non conoscono il padre o vivono senza di lui. Consolidare l'unione delle famiglie è indispensabile per recuperare uno dei pilastri fondamentali della cultura brasiliana.

In secondo luogo, devo parlarvi dell'educazione e dei suoi agenti. Una cultura cresce e si perfeziona nella misura in cui viene permesso a tutti l'accesso ad una educazione integrale. Questa è la condizione indispensabile per la promozione umana e la vera liberazione delle persone e delle comunità.

Parlando di educazione mi riferisco a tutti i suoi livelli, ma, in particolare desidero sottolineare i due che occupano gli estremi di questa classificazione. Anzitutto, il settore dell'alfabetizzazione e della scolarità primaria, così vitale in un paese dalle dimensioni geografiche e demografiche del Brasile. La percentuale di analfabeti, soprattutto nelle zone rurali, il dramma del mancato rispetto degli obblighi scolastici durante i primi anni, esigono uno sforzo e devono essere affrontati ad ogni costo. Questo paese non può lasciarsi sfuggire la sua maggiore ricchezza, l'elemento umano, in quanto elemento decisivo per il suo sviluppo. D'altro canto, l'ingresso del Brasile, con competenza e con il rispetto degli altri popoli, nel concerto delle nazioni più avanzate, richiede il contributo indispensabile del suo livello di studi superiori. Il vero progresso di un paese si misura sulla possibilità di accesso dei suoi giovani agli studi universitari, che hanno la duplice funzione di formare professionisti di livello superiore e di realizzare e promuovere la ricerca pura e quella applicata.

In Brasile, dove le Università, per motivi storici noti a tutti, sono relativamente giovani in confronto a quelle di altri paesi del continente, vedo con gioia e ammirazione lo sforzo realizzato che ha saputo recuperare uno svantaggio di tre secoli. Il Brasile possiede oggi sedici Università cattoliche, cinque delle quali pontificie. In stretta collaborazione con le Università pubbliche, esse svolgono un lavoro di straordinario valore nel campo della promozione della cultura nazionale. Riconosco lo sforzo dell'Episcopato brasiliano, con l'appoggio dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, dei professori e degli studenti, per promuovere una pastorale universitaria seria e un dialogo significativo tra fede e cultura.

A questo proposito, desidero presentare all'Università cattolica di Salvador, ai suoi dirigenti, ai suoi professori, ai suoi impiegati e alunni, le mie affettuose congratulazioni per i suoi trenta anni di fondazione e i miei auguri di grande progresso nel futuro, nel nuovo "campus" in costruzione nella bella zona di Pituau. Voglio farlo in modo più significativo, benedicendo, a conclusione di questo incontro, la prima pietra di questa eminente opera edilizia.

Ricevo, inoltre, con grande gioia, la notizia che per questa opera gigantesca, e in particolare per l'edificazione dell'Istituto di Scienze Biomediche, viene assicurato un valido appoggio da parte della Fondazione Monte Padova dell'Ospedale San Raffaele. Era mio vivo desiderio esprimere con una visita personale il mio apprezzamento per questa casa di salute, pietra miliare altamente significativa della presenza imperiale a Salvador. Nell'impossibilità di fare questa sospirata visita per mancanza di tempo e per un'agenda già piena d'impegni, voglio esprimere i miei auguri di ottimi risultati all'attività del San Raffaele, soprattutto nell'assistenza ai malati meno abbienti e, pertanto, più bisognosi di assistenza.

Questa benedizione è rivolta principalmente a tutti coloro che oggi e in futuro cercheranno in questa casa la salute desiderata.

Saluto con molta gioia le altre Università e Scuole Superiori cattoliche e in particolare il loro Ente rappresentativo, l'ABESC (Associazione Brasiliana delle Scuole Superiori Cattoliche) la cui opera so che è stata molto proficua in questi ultimi anni. Le mie congratulazioni a tutte le istituzioni pubbliche e private di insegnamento superiore del Brasile, a tutti gli istituti di formazione tecnica, tra i quali voglio ricordare, nel suo primo cinquantenario, il SENAI (Servizio Nazionale di Apprendistato Industriale), contributo benemerito dell'Industria brasiliana per la formazione professionale di tanti giovani.

Desidero infine porgere il mio saluto amichevole ai gruppi, alle entità e ai movimenti culturali qui rappresentati. Auguro a tutti una vitalità sempre più grande e il riconoscimento da parte di tutti gli organismi responsabili della promozione della cultura in questo paese, della sua attività e dei suoi meriti.

Il momento che stiamo vivendo è cruciale per il Brasile e per il mondo.

Si ha l'impressione che una pagina decisiva della storia di tutta l'umanità stia per essere voltata in questa fine del Millennio. Soprattutto nell'immenso continente che celebra il V Centenario della sua evangelizzazione. Chiedo al Signore, e che tutti chiedano con me, che ci ispiri e ci protegga lungo il cammino che dobbiamo percorrere. Spero fermamente in voi, uomini e donne che fate della cultura il vostro lavoro. Sono certo che saprete scrivere una nuova pagina, bella e feconda, negli annali della storia così ricca della evangelizzazione della cultura del vostro popolo. E come segno della grazia e della protezione divina sul vostro ideale di servizio, vi benedico di cuore e vi affido alla protezione della Vergine Maria, "Sede della Sapienza".

Grazie!

Data: 1991-10-20
Domenica 20 Ottobre 1991

Messa celebrata nell'"Aterro da Boca do Rio da Armacao" - Salvador (Brasile)

Titolo: "Esorto questa Chiesa pellegrina nella speranza ad essere testimone dell'immensa tenerezza di Dio"




1. "L'anima nostra attende il Signore" (Ps 32/33,20) "Signore, sia su di noi la tua grazia" (Ps 32/33,22) così prega il salmista. così innalza a Dio il suo grido a nome del suo popolo, del Popolo che il Signore e Dio vero ha scelto e ha avvolto con la sua grazia. Spesso Dio ha fatto conoscere a questo Popolo la grazia della sua elezione e vocazione nella storia di tutta la grande famiglia umana. Diceva a questo Popolo: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me" (Ex 20,2-3). così parlava Dio al popolo eletto stabilendo con esso un'Alleanza e manifestandogli la sua volontà per mezzo di Mosè, ai piedi del monte Sinai.

"Signore, sia su di noi la tua grazia". E' solo a nome del suo popolo - Israele - che il Salmista eleva il suo grido al Signore? Non è forse presente in quel grido la voce di tutti i popoli e di tutti gli uomini della terra? Non sono forse le anime di tutti in attesa del Signore? Non aspettavano forse il Signore, il Dio vero, le anime di tutti gli uomini e di tutti i popoli che abitavano nel grande continente americano, anche prima che qui giungessero gli Apostoli chiamati dal Signore - gli apostoli della grazia e della salvezza?


2. "Signore, sia su di noi la tua grazia"... La grazia, ossia l'amore della divina elezione abbraccia tutti gli uomini nel Verbo eterno: il Figlio consustanziale al Padre. Dal Padre e dal Figlio procede eternamente lo Spirito, Soffio salvifico di amore, con il quale Dio abbraccia e penetra tutta la creazione e, in modo particolare, le anime degli uomini creati a immagine e somiglianza di Dio. Ciò avviene per opera del Figlio che si è fatto uomo, il divino Emmanuele: "E' cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida", secondo le parole del profeta Isaia (Is 53,2). E' cresciuto nella storia dell'umanità come il Figlio della Vergine di Nazareth, Maria, la quale, in virtù dello Spirito Santo lo ha concepito e lo ha dato alla luce. In lui, il Dio eterno e ineffabile ha dato compimento alle speranze dell'uomo: "Ecco, l'occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia" (Ps 32/33,18); in Cristo, Dio e Uomo, si è fermato in ciascun uomo "per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame" (Ps 19). E' stato compiuto tutto questo per opera della croce, come annunciava lo stesso profeta Isaia, quando affermava: "Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione... si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità" (Is 53,10-11). così infatti il Figlio consustanziale al Padre, Dio nato da Dio e Luce nata da Luce, come Uomo nato da una Vergine, è diventato servo: servo della santità di Dio, servo dei disegni eterni e salvifici di Dio. Servo della nostra eterna salvezza, di noi uomini, di tutti gli uomini. Quando contempliamo il Crocifisso, si compie ciò che profetizzava Isaia. Qui, davanti a noi, è Cristo: "Disprezzato e reietto tra gli uomini, uomo dei dolori" (Is 53,3). Eccolo davanti a noi, il Cristo, servo dell'eterna salvezza dell'uomo, di tutti gli uomini, popoli e nazioni. In tal modo egli è diventato, come proclama l'Apostolo nella Lettera agli Ebrei, sommo sacerdote, l'unico sommo sacerdote di tutta la storia del cosmo, della storia dell'uomo nel mondo, in tutti i continenti.


3. Nell'ordinare ai suoi apostoli con persuasiva chiarezza, "andate" (Mc 16,15) e nell'assicurare loro "io sono con voi" (Mt 28,20), il Messia crocifisso e morto, ma risorto, li ha costituiti, senza riserve e irrevocabilmente, araldi, testimoni e comunicatori della grazia salvifica, già invocata dal Salmista, promessa dai profeti, adesso garantita da lui, Figlio dell'Eterno Padre. Ai quattro orizzonti sono corsi i Dodici, latori della salvezza e spinti nel loro intimo dall'urgenza di annunziarla come "buona notizia" e come fonte di vita. Anche sulle coste dell'America, cinquecento anni fa, sulle coste del territorio che hanno chiamato Vera Cruz e Santa Cruz, prima di chiamarlo Brasile, arrivarono a ondate successive i messaggeri e i ministri della grazia della Salvezza, sacerdoti del clero diocesano, francescani e domenicani, carmelitani e mercedari, benedettini e gesuiti, precedendo molti altri. Essi assunsero coraggiosamente questi territori vastissimi come campo della propria missione. Diedero inizio, senza por tempo in mezzo, al compito dell'evangelizzazione da essi intesa come annuncio chiaro ed esplicito di Gesù Cristo, del suo nome, della sua persona, della sua buona novella di salvezza, delle sue norme di vita. Ma anche per convivere con gli abitanti di queste regioni, difendendo i loro diritti e promuovendo la loro dignità di esseri umani. Le gesta di questi uomini ebbero carattere di eroismo, di solidarietà umana e, al tempo stesso, di ardori di carità soprannaturale, di fede contagiosa, di acceso zelo apostolico. Ricordando questa epopea missionaria della prima evangelizzazione in questi luoghi, in questa terra generosa e sotto il cielo di Bahia, non posso non pronunciare un nome che è tutto un programma: quello di Padre José de Anchieta, giustamente soprannominato "l'Apostolo del Brasile". Ho avuto l'intima soddisfazione di elevare all'onore degli altari, beatificandolo nella Basilica Vaticana pochi giorni prima del mio primo viaggio in Brasile, questo figlio di Tenerife che, entrato nella Compagnia di Gesù e giunto poco più che adolescente nella Terra di Santa Cruz, ha qui vissuto una vita santa e apostolica, interamente dedicata all'educazione umana e cristiana degli indios in mezzo a sofferenze e tribolazioni di ogni tipo. Come Superiore della Compagnia, ha trascorso anni della sua esistenza in questa Città di Salvador, prima di morire, consumato dalla fatica più che dall'età, presso il mare di Reritiba, nello stato di Spirito Santo, che ho visitato ieri.


4. Qui, dove hanno avuto inizio i primi passi dell'opera evangelizzatrice, più che parlare del passato, dobbiamo interrogarci sul presente. Più che chiederci come è stata, quali ostacoli abbia affrontato, quali limiti e condizionamenti abbia conosciuto la prima evangelizzazione, dobbiamo e vogliamo lasciarci interpellare dalla seconda evangelizzazione di cui siamo protagonisti. La domanda che deve stimolarci in modo particolare in questa domenica di ottobre, tradizionalmente dedicata alle Missioni, è una di quelle che ho posto nella recente Enciclica Redemptoris missio. Voi, bahiani, uomini e donne, anziani, adulti, giovani, adolescenti e bambini, colti e poco istruiti, voi in che modo proseguite l'opera dei vostri padri nella fede? Che ne è stato della missione e dell'evangelizzazione che deve essere presentata come nuova evangelizzazione a Salvador e alla Bahia di oggi? Qui a Bahia si presenta in modo immediato, evidente e ineludibile, il "mondo" di quanti si professano cristiani e cattolici per origine familiare, per i sacramenti che hanno ricevuto, per la pratica più o meno frequente delle norme e dei precetti della Chiesa. Tra loro esistono i più impegnati nella comunità ecclesiale, nella sua vita e attività, come anche quelli che soffrono di un'insufficiente formazione religiosa e sono perciò più esposti alle superstizioni, al sincretismo religioso, al fascino di gruppi o correnti religiose incompatibili con la fede cattolica. Questo mondo religioso di grandi proporzioni, in cui si inserisce la complessa realtà della religiosità popolare con le sue varie sfaccettature, ha urgente necessità di una risposta perseverante e sollecita, e la esige con una rassegnazione carica di drammatica sofferenza spirituale. Un altro "mondo", non meno bisognoso, è quello degli indifferenti; di quanti sono stati cattolici in un passato più o meno recente, ma, per la mancanza della presenza attiva di pastori, per l'inquietudine della vita, per l'influenza di studi e letture, per negligenza, hanno abbandonato ogni pratica religiosa. E' molto grande il numero di queste persone legate alla propria fede originale soltanto da un tenue vincolo di una sporadica pratica religiosa. Esiste anche il "mondo" di quanti sono rimasti segnati dall'ateismo ideologico o da quello pratico - dall'edonismo e dal consumismo - e dal secolarismo per una totale mancanza di riferimento religioso. Fanno parte di questo "mondo" in prevalenza elementi delle classi superiori, soprattutto giovani o giovani-adulti delle università, impegnati in attività decisionali nella società. Si avverte l'urgente necessità di introdurre il Vangelo in questo "mondo" da cui, che lo si voglia o meno, derivano in gran parte le direttive della vita politica, sociale, economica e culturale di una Città, di uno Stato, di un Paese.


5. Ma la Domenica delle Missioni risveglia nella nostra coscienza anche il dovere missionario "ad gentes". Il senso di questo dovere, quando è vissuto con una certa pienezza, produce oggi un risultato: le Chiese anche povere, nonostante la loro povertà, danno alle Chiese ancora più povere. In questo senso, il documento di Puebla contiene questa affermazione di enorme portata: il nostro continente è missionario, nel senso che ha ancora bisogno, e molto, del contributo missionario di altri paesi. E' anche missionario perché, all'interno del paese stesso, missionari di una regione più dotata di risorse e di persone danno ad altre più carenti; è missionario infine perché già si comincia a inviare missionari "ad gentes" in altri continenti. Sono a conoscenza che già centinaia di sacerdoti, laici e religiosi brasiliani hanno accolto la missione "ad gentes" e oggi si trovano in terre lontane, impegnati nell'azione missionaria in tutte le sue dimensioni. Do il mio più chiaro e vigoroso sostegno, da un lato al programma "Chiese-sorelle", valido strumento del mandato missionario all'interno del paese stesso, e, dall'altro, ai programmi di "missioni ad gentes" a cominciare dal Brasile.


6. Avverto, a questo punto dell'omelia, l'impulso interiore di rivolgermi a tutta la Chiesa pellegrina in Brasile. Pellegrina negli stati e territori che non mi è stato ancora possibile visitare, ai cui pastori, governanti e popolo imparto da qui la mia Benedizione Apostolica più sentita: il piccolo e caro Sergipe, geograficamente vicino a Bahia e ecclesialmente unito al Regional Nordeste III con la sua arcidiocesi e le diocesi suffraganee. Acre e Rondonia, Amapa e Roraima. Pellegrina in ogni città, villaggio e agglomerato; in ogni comunità ecclesiale di base, parrocchia e diocesi. In ogni fabbrica, miniera, fattoria o fazenda, scuola o università. In ogni famiglia segnata dalla felicità e dalla gioia, o colpita dal dolore e dal lutto. Pellegrina negli ospedali e nelle prigioni, negli stadi e nei luoghi di divertimento onesto e sano. A questa Chiesa pellegrina nella speranza, comunione di fede, amore, preghiera e mutuo servizio tra pastori e fedeli, rivolgo l'esortazione: "Sia nel mondo testimone fedele e affidabile dell'immensa tenerezza di Dio verso l'umanità!". Alla Chiesa che si costruisce ogni giorno nell'arcidiocesi di Salvador e nello stato di Bahia, al suo Cardinale Arcivescovo, S. Em.za Lucas Moreira Neves e a tutti gli altri Vescovi, presbiteri e diaconi, persone consacrate e laici, voglio lasciare, in occasione di questo secondo incontro, l'espressione del mio affetto e la mia Benedizione Apostolica, specialmente ai più poveri e miseri, ai più bisognosi e dimenticati. Il Figlio di Dio, il Signore di Bonfim, ai cui piedi mi sono prostrato in adorazione questa mattina, benedica Salvador e Bahia, i responsabili del bene comune e tutta la popolazione.


7. Trovandoci quindi in questo momento storico - vero "kairos" - dell'evangelizzazione e della missione "ad gentes", ascoltiamo le parole rivolte da Gesù Cristo agli apostoli e in particolare ai due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni: "Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?" (Mc 10,38).

Potete partecipare alla croce salvifica della Redenzione? Siete disposti a perseverare sotto il potere dello Spirito di Verità, anche passando attraverso travagli e sofferenze, mediante il ministero della parola e della carità? Sotto il potere dello Spirito che si dona ai cuori umili e forti? E Cristo prosegue: Non pensate alla gloria di questo mondo, alle grandezze terrene. "Chi vuol esser grande tra voi si farà vostro servitore" - servo di tutti. "Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,43-45).

Un giorno Cristo ha chiesto agli apostoli: "Potete?" - e questi risposero: "Possiamo" (Mc 10,39).

Oggi lo stesso Cristo vi chiede - chiede a voi, bahiani, a voi, brasiliani - a voi che siete il popolo di Dio e alla Chiesa del Dio vivo: "Potete, per il vostro bene e il bene dei vostri fratelli e delle vostre sorelle, mettervi al servizio della mia parola e dei miei sacramenti, della mia Buona Novella di salvezza, al servizio della Speranza che sono venuto a portare e dell'Amore che sono venuto ad accendere perché arda il mondo? Potete, voi giovani, rinunciare agli idoli dell'avere, del potere e del piacere e rendere testimonianza di perfetta adesione a me, accettando di seguirmi lungo le vie della vita consacrata e del ministero diaconale e presbiteriale? Potete accogliere l'appello che vi faccio: "Vieni e seguimi!", come dico a ciascuno dei Dodici? Potete dedicare il meglio della vostra vita ai poveri, agli ammalati, agli emarginati, ai peccatori, a quanti sono lontani da me e dal Padre mio?".

Sia dunque la vostra risposta: "Possiamo, Signore! Non per la nostra capacità, ma per la tua grazia. Possiamo, tutto possiamo in colui che ci dà la forza!" (cfr. Ph 4,13).

(Il Papa ha poi aggiunto le seguenti parole:) Alla fine di questa celebrazione eucaristica che chiude la mia visita pastorale in questo Paese, vorrei invitare tutti voi, fratelli e sorelle del Brasile, a continuare a pregare intensamente per la pace nel mondo intero, implorando con le parole della liturgia: "Signore, donaci la pace... O Domine, dona nobis pacem".

Il mio pensiero va soprattutto a questi Paesi dell'America Latina, dove la pace viene minacciata da guerriglie interne e da tensioni esterne. E come potremmo inoltre dimenticare nelle nostre preghiere i popoli della Jugoslavia mentre soffrono grandi prove nelle giuste aspirazioni alla giustizia e alla libertà? Oggi, pero, vorrei invitarvi a pregare particolarmente per la pace in Medio Oriente. E' stato annunciato per il prossimo 30 ottobre un significativo evento, tanto atteso da tutti. Rappresentanti di Paesi, di popoli, si incontreranno a Madrid per cercare, insieme e nel dialogo, il cammino della giustizia e della sicurezza per la pace nel Medio Oriente.

Ringraziamo il Signore per aver ispirato e sostenuto questa volontà di dialogo fra coloro che si sono impegnati intensamente nella promozione dell'iniziativa, e fra quanti ad essa aderiranno. Affinché si rendano sensibili ai diritti e alle legittime aspirazioni di tutti, soprattutto dei più deboli, consapevoli che quella regione è particolarmente cara a milioni di credenti che vi trovano le radici e i luoghi sacri al loro credo. Affido questo impegno di pace alla preghiera della Chiesa Universale, a Maria Santissima, perché interceda presso Suo Figlio affinché, con costanza e coraggio, si prosegua lungo un cammino che sarà lungo e difficile, ma che è necessario percorrere per raggiungere la pace in una regione così cara a tutti.

Data: 1991-10-20
Domenica 20 Ottobre 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Ai rappresentanti del mondo della cultura nella cattedrale di San Francesco Saverio - Salvador (Brasile)