GPII 1991 Insegnamenti - Messaggio per la festa di Sant'Andrea

Messaggio per la festa di Sant'Andrea

Titolo: Il dialogo della carità

A Sua Santità Bartholomaios I Arcivescovo di Costantinopoli Patriarca ecumenico Per la prima volta da quando avete assunto la carica di Patriarca ecumenico, ho la grande gioia di esprimere le calorose felicitazioni della Chiesa di Roma a Sua Santità in occasione della festa di Sant'Andrea, patrono del Patriarcato ecumenico.

La celebrazione solenne del fratello di Pietro, patrono della Chiesa di Roma, mi dà ancora una volta l'occasione di far conoscere pubblicamente i legami di profondo affetto che lo Spirito Santo ha stabilito tra le nostre Chiese, grazie all'invio di una delegazione guidata da Sua Eminenza il Cardinale Edward Idris Cassidy, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unita dei Cristiani. Essa porta con se i migliori auguri di tutti i cattolici e manifesta la mia partecipazione personale alla vostra celebrazione. Inoltre, io sono sicuro dell'accoglienza cordiale che essa riceverà da parte di Sua Santità.

La sua elezione alla prima sede della Chiesa ortodossa mi invita a ricordare con Lei quella frase di San Paolo: "Tutto questo pero viene da Dio, che ci ha riconciliati con sè mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione (...). Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo" (). Faccia il Signore che noi esercitiamo sempre più insieme il ministero di riconciliazione e non risparmiamo nessuno sforzo al servizio del riavvicinamento di tutti nell'unità! Come potrei dimenticare a questo punto i due grandi predecessori di Sua Santità, i Patriarchi Athenagora e Dimitrios? Hanno contribuito in maniera decisiva all'avvento del dialogo della carità, poi del dialogo teologico tra le nostre Chiese. Hanno lottato senza requie per stabilire tra esse legami di unità piu stretti e più profondi, custodendo costantemente davanti ai loro occhi la visione di quel giorno, che speravano vicino, in cui saremo di nuovo uniti attorno allo stesso altare per celebrare l'unica Eucarestia del Signore.

E' proseguendo questo dialogo cominciato in modo così felice che potremo superare le nuove tensioni che sono sorte in Europa centrale e orientale. Bisogna che la si impari di nuovo a vivere nella libertà, nel rispetto reciproco e nella carità.

Nello scorso giugno, in qualità di rappresentante del Patriarca Dimitrios alla celebrazione della festa dei Santi Pietro e Paolo che si svolgeva a Roma, Sua Santità ha giustamente esortato "i capi delle sante Chiese di Dio" a cogliere l'occasione favorevole che Dio offre loro in questo momento per superare le loro divisioni, e per contribuire a fare in modo che quella che entra nel terzo millennio sia una famiglia umana riconciliata e riappacificata.

Fu detto ai discepoli che erano partiti alla ricerca di Gesù e lo avevano trovato in un luogo deserto, dove si era ritirato per pregare: "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perchè io predichi anche là; per questo infatti sono venuto" (Mc 1,38). Gesù indica così il compito che spetta ai suoi. Ma noi sappiamo che la fecondità di questa missione dipende dalla nostra unità (cfr. Jn 17,21). E' insieme che seguendolo dobbiamo proclamare il Vangelo nelle nostre società moderne. Non risparmiamo le nostre forze per rispondere a questo appello, "perchè in tutto venga glorificato Dio per per mezzo di Gesù Cristo" (1P 4,11).

In questi sentimenti e invocando l'intercessione dei santi Apostoli Pietro e Andrea, vi confermo, carissimi fratelli, i miei sentimenti di profonda carità fraterna.

Vaticano, 23 novembre 1991.

(Traduzione dal francese)

Data: 1991-11-23
Sabato 23 Novembre 1991

Ai genitori, studenti e docenti delle scuole cattoliche - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le istituzioni devono riconoscere il contributo di cultura e di valori offerto dalle scuole cattoliche garantendone concretamente il diritto di esistere e di vivere




1. "Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono" (Jn 13,13).

Queste parole di Gesù nel momento solenne dell'Ultima Cena, accompagnate dall'umile servizio della lavanda dei piedi agli Apostoli, fanno parte del testamento che il Signore ha affidato alla sua Chiesa come tesoro inalienabile. Da quel momento in poi ricordare la memoria di Gesù significa sempre incontrare il Maestro che serve, colui che con profondo amore dice la verità all'uomo e che secondo la verità insegna la via di Dio (cfr. Mc 12,14 Mc 12,32). E', quindi, ritrovare alla sorgente la verità di ogni magistero ecclesiale, sempre memori del detto del Signore: "Uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli" (Mt 23,8).

Considerando questa immagine del Cristo Maestro, la scuola cattolica ritrova la sua identità profonda, ed insieme il coraggio e la forza di procedere nella sua missione, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, talora gravi, che essa incontra. E' quanto emerge dal Convegno che avete svolto in questi giorni e che ora desiderate concludere qui con il Papa, per avere una parola di orientamento, di stimolo e di incoraggiamento.


2. Esprimo la mia viva gratitudine a quanti poco fa, interpretando i sentimenti e le preoccupazioni di voi tutti, hanno introdotto e motivato questo importante incontro. Ringrazio di vero cuore la Conferenza Episcopale Italiana per essersi fatta promotrice del Convegno. Saluto il Cardinale Presidente della Conferenza Episcopale, il Cardinale Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, il Segretario Generale, la Commissione episcopale della C.E.I. per l'Educazione Cattolica, la Scuola, la Cultura e l'Università e tutti i Vescovi presenti. Saluto i Presidenti dell'Unione Superiori Maggiori e della Conferenza Italiana Superiori Maggiori, i Superiori Generali e Provinciali delle Congregazioni maschili e femminili impegnate nella Scuola Cattolica. So che al vostro Convegno hanno collaborato religiosi e religiose con tanta disponibilità e spirito di collaborazione. Saluto le Autorità Civili e ringrazio il Signor Ministro della Pubblica Istruzione per la sua presenza.


3. Si legge nel Vangelo che Gesù Cristo, mentre svolgeva il suo ministero, "vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose... e spezzo i pani e li diede ai discepoli perché li distribuissero" (Mc 6,34 Mc 6,41). La persona di ciascuno, nei suoi bisogni materiali e spirituali, è al centro del magistero di Gesù; per questo la promozione della persona umana è il fine della scuola cattolica. E' necessario ricordare che si tratta della persona dei giovani, chiamati a divenire responsabili della loro stessa vita e di quella della società. Si sa come la condizione giovanile sia ricca di possibilità, segnata da fermenti positivi, vero fondamento del futuro di un popolo e della Chiesa; ma è anche noto il rischio grave di una crescita deformata, a causa di visioni culturali e di modelli di vita francamente inaccettabili. Contrastare i segni negativi tramite una serena, profonda e chiara proposta educativa, che trova la sua piena realizzazione nella consapevole adesione alla fede cristiana: ecco una sfida tanto alta quanto necessaria, cui la Chiesa è chiamata a far fronte nelle molteplici forme di azione pastorale.


4. E' doveroso riconoscere, anzitutto, che il primo impegno della scuola cattolica è di essere scuola, cioè luogo di cultura e di educazione, di cultura ai fini dell'educazione. Tale scopo sarà da ricomprendere ininterrottamente perché sia aderente alla realtà, così mutevole ed insieme bisognosa di intervento competente, tempestivo e coraggioso. Non dovranno mancare il dialogo e il confronto con il mondo della cultura religiosa e di quella laica, e con le altre forme di scuola, per il conseguimento di quei fini che la comunità civile attende dalle scuole.

Rimane vero che tratto costitutivo irrinunciabile della scuola cattolica è il suo riferimento esplicito, ricercato ed attuato a Cristo Maestro, così come viene proposto dalla Chiesa. Con parole semplici ed incisive si potrebbe dire che suo scopo è formare alunni ad un corretto uso della ragione e all'ascolto della Parola della Rivelazione, ossia alla percezione di come Dio intenda intervenire per illuminare, salvare ed elevare ogni esperienza umana. In questa prospettiva diventa compito certamente alto, ma di grande importanza, tradurre nella scuola cattolica quelle che sono le "antiche" e sempre "nuove" parole della tradizione cristiana: fede, solidarietà, impegno per la giustizia e la pace, legge morale, nella speranza che razionalità e fede abbiano a fare sintesi sapienziale e di grande incidenza morale. Ci rendiamo conto, infatti, che la preoccupante situazione morale, civile, istituzionale in cui versa l'Italia non può non diventare per la scuola cattolica un invito diretto e pressante ad assumere, con i mezzi che le sono propri, gli obiettivi di una rinnovata formazione di persone che abbiano una chiara coscienza delle proprie responsabilità. Per questa via la scuola cattolica potrà ottenere un altro titolo di merito, fino ad ora forse poco riconosciuto, ma di singolare efficacia: in essa, proprio perché scuola e comunità educante, la pastorale della Chiesa potrà trovare delle risorse quanto mai significative e adeguate per la crescita di testimoni qualificati.


5. Un altro tratto distintivo della scuola cattolica, che le proviene dalla storia, è la sua vocazione popolare. Tale indirizzo rimane sempre al primo posto nel pensiero della Chiesa: donare cultura al povero significa dargli la prima libertà e dignità, quella, cioè, di riconoscere la verità di se stesso come persona, creata ad immagine di Dio, chiamata alla parità dei diritti e dei doveri.

Volere, dunque, una simile scuola, potenziarla, adeguarla alle esigenze attuali delle nuove povertà è certamente nel pensiero di Cristo Maestro e nelle attese della sua Chiesa. La realizzazione di questo servizio alle fasce sociali più deboli e la promozione del bene sociale trovano attuazione più diretta in due esperienze che oggi vivono particolari situazioni di disagio. Mi riferisco, anzitutto, alle scuole materne, la cui opera educativa rimane sempre necessaria alla società. Nulla si può fare di più prezioso per il futuro del mondo che incoraggiare e sostenere tutte le istituzioni che prendono a cuore la crescita dei bambini. Il mio pensiero va, poi, anche ai centri di formazione professionale: essi sono stati titolo di onore, lungo i secoli, per tante famiglie religiose e per altre istituzioni ecclesiali. Le scuole professionali possono recare un contributo non piccolo alla soluzione della questione sociale, proprio perché esse perseguono prima di tutto la promozione completa della persona e l'integrazione tra cultura e professione. Ma a questo fine non posso non sottolineare la necessità che anche questo canale di educazione ottenga dalle autorità competenti il riconoscimento effettivo della pari dignità educativa. Nel contesto poi dell'orizzonte universale cui Cristo Maestro chiama la sua Chiesa ed ogni credente in essa, la scuola cattolica, proprio in forza di tale qualifica, si distingue per l'apertura ai grandi avvenimenti del mondo, formando gli alunni all'atteggiamento di solidarietà generosa. In questi tempi è lo stesso continente europeo che interpella la scuola, la quale ha accolto con partecipe consapevolezza il progetto delineato per la prossima Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi.

Quale fattore caratterizzante la scuola cattolica, ed insieme garanzia delle connotazioni precedenti, va rimarcata ancora oggi e con rinnovata forza, anche nel confronto dell'Italia con gli altri Paesi europei, l'esigenza di libertà e di pluralismo. Tale esigenza si rivolge alle istituzioni statali, perché garantiscano in concreto alle scuole cattoliche il diritto di esistere e di vivere con pari dignità, senza essere gravate da oneri talmente pesanti che di fatto compromettono la loro stessa sussistenza, riconoscendo piuttosto - perché è la verità - che da queste scuole debitamente attrezzate deriva alla comunità civile un incalcolabile contributo di cultura e di valori morali e spirituali.


6. La scuola cattolica si realizza attraverso l'opera dei docenti laici e di quelli religiosi. I primi, in forza della loro stessa condizione laicale, hanno il dono di contribuire ad una più incisiva educazione umana e cristiana nei riguardi delle realtà terrene e dei valori temporali fatti oggetto di cultura nella scuola.

Invece ai religiosi è dato, in un certo modo, di completare il processo culturale aprendolo alla profezia del Regno, in forza - si potrebbe dire - della loro stessa consacrazione, proponendo nuovi e più radicali valori all'esistenza umana. Ne deriva una forma complementare di educazione, che armonizza entrambe queste due prospettive educative. E' giusto ricordare che, in tale ottica, il laico docente cristiano si inserisce nella scuola quale soggetto responsabile a pieno titolo, grazie anche ad onesta contrattualità retributiva. Ai docenti laici, assieme alla riconoscenza per il loro prezioso lavoro, raccomando un peculiare impegno che proviene dalla loro vocazione laicale: fate in maniera che siano comprese ed interiorizzate dagli alunni le intenzioni cristiane della vostra scelta professionale, curate in particolare la maturazione etica delle coscienze ed insieme sappiate cogliere e coltivare le istanze ai valori del vero e del bene, emergenti nel mondo dei giovani. I docenti religiosi rappresentano, per tantissima parte in Italia, coloro che portano l'evangelico "pondus diei et aestus" (cfr. Mt 20,12) della scuola cattolica. Ad essi non può non andare una parola di vivo ringraziamento. Le vostre scuole sono parte importante della storia culturale ed educativa di questo Paese. A voi la scuola di oggi può sembrare talmente sovraccarica di oneri gestionali, amministrativi ed organizzativi da non consentire sempre una presenza pastorale diretta. può anche avvenire che in diversi religiosi si apra un conflitto tra esercizio di docenza e vocazione, dato l'assillo richiesto da una competente professionalità scolastica. Io vi invito ad avere coraggio, a ritenere che il dialogo tra fede e cultura, che voi impostate ed attuate nella scuola, ha in sé i germi decisivi che potranno sostenere, lo sforzo della nuova evangelizzazione della Chiesa. La Chiesa si aspetta molto dalla scuola cattolica per la sua stessa missione in un mondo, in cui la sfida culturale è la prima, la più provocante e gravida di effetti. Tocca a voi di ripensare il vostro compito, sapendo che la scuola cristianamente assunta è e rimane luogo di autentica vocazione religiosa, di testimonianza missionaria e di cammino di grande santità.


7. Voi, cari genitori, siete chiamati ad accogliere e sostenere il progetto educativo della scuola. E' troppo preziosa la vostra condizione di sposi e di genitori per non prolungare in un certo modo il vostro ruolo paterno e materno nell'educazione che la scuola cattolica propone come servizio allo sviluppo della vita, secondo la visione del Vangelo. Partecipare, dunque, alla vita della scuola cattolica è un titolo di merito che esige sempre più attenta considerazione da parte di tutti i soggetti educativi. Voi, alunni, che siete al centro delle attenzioni degli educatori, sappiate che è per voi che si è fatto questo Convegno, ma che è con voi che si riuscirà a realizzarne gli obiettivi. Consentitemi di tornare un poco al tempo in cui ero anch'io alunno come voi. Che cosa si teme di più nella scuola? Sono le interrogazioni. Vi auguro di non essere mai bocciati. Ma non lo sarete, se saprete rispondere alle interrogazioni. Gesù Maestro faceva molte domande e, interrogato, dava risposte sapienti. Ecco un traguardo che darà pienezza alla vostra personalità: saper interrogare, cioè andare a fondo delle cose, oltre le apparenze, e diventare onesti cercatori della verità, in particolare di quella religiosa; ed insieme saper ascoltare le risposte, quelle dei docenti e dei genitori. Dovete far si che la vostra scuola sia attiva, aperta, in grado di curare la formazione integrale della vostra persona.


8. Alle comunità ecclesiali ricordo il compito di riscoprire il dono della scuola cattolica nel proprio ambito e, quindi, la responsabilità di conoscerne l'identità, le funzioni, le esigenze, aiutandone lo sviluppo, difendendone con coraggio la libertà e i diritti, valorizzandone le possibilità formative pastorali. Allo stesso tempo, prego i responsabili della società civile di voler valutare il contributo di cultura, di valori educativi e didattici, di formazione dell'uomo e del cittadino, cui la scuola cattolica tende con la originalità della sua ispirazione cristiana. Non bisogna dimenticare che tanti sono i bisogni della società italiana, in particolare nell'ordine della educazione delle nuove generazioni: solo una proficua e leale collaborazione di tutte le istituzioni, che tendono a tale scopo, può recare i frutti tanto attesi. E' ciò che ricordava il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, nella sua nota Dichiarazione sull'educazione cristiana: "I pubblici poteri, a cui incombe la tutela e la difesa della libertà dei cittadini, nel rispetto della giustizia distributiva debbono preoccuparsi che le sovvenzioni pubbliche siano erogate in maniera che i genitori possano scegliere le scuole per i loro figli in piena libertà, secondo la loro coscienza" (GE 6).


9. "Le mie parole sono spirito e vita" (Jn 6,64), ha detto un giorno il Maestro Gesù, nella piena consapevolezza, testimoniata dai fatti, che chi cammina dietro a lui, non cammina nelle tenebre (cfr. Jn 8,12).

Nell'imminenza della festa di Cristo Re, mi è caro raccogliere le fatiche e i frutti del vostro Convegno e farne offerta a Dio, affinché egli consacri i vostri sforzi generosi e vi ridoni l'energia e la gioia di continuare il vostro cammino di educatori cristiani nella scuola cattolica per il bene della società.

Data: 1991-11-23
Sabato 23 Novembre 1991

Al Segretario Generale delle Nazioni Unite - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Sede Apostolica ha fiducia nelle Nazioni Unite

Signor Segretario Generale, E' con viva soddisfazione che la ricevo nel momento in cui lei sta per rivolgersi ad un Congresso organizzato dalla Santa Sede e in cui lei compie un viaggio in varie capitali europee.

Non è la prima volta che mi rende visita e vorrei cogliere l'occasione di questo nuovo incontro per assicurarLe di nuovo la fiducia che la Sede apostolica ripone nell'Organizzazione delle Nazioni Unite, dell'interesse attivo e del sostegno che, nei limiti delle sue competenze, essa desidera porgerle.

Dato che tra poche settimane la Sua missione di Segretario Generale avrà termine, vorrei esprimerLe la mia alta stima per l'opera che Lei ha compiuto in seno all'Organizzazione delle Nazioni Unite durante quasi dieci anni di instancabile dedizione personale in favore delle grandi cause dell'umanità.

Sotto il Suo impulso, l'Organizzazione ha conosciuto una felice evoluzione. Dopo un difficile periodo di crisi economica e di molte tensioni, essa può oggi affrontare la sua missione con maggiore speranza di successo. Si è impegnata a servire i grandi obbiettivi che hanno motivato la sua fondazione, al termine di due conflitti mondiali: mantenere la pace nella giustizia, promuovere i diritti dell'uomo e trattare i problemi che hanno una dimensione mondiale. Da una parte, questo è stato reso possibile grazie ad un migliore coordinamento tra le diverse istanze, in particolare tra il Segretario Generale e il Consiglio di Sicurezza. D'altra parte, la situazione d'insieme nel mondo si è notevolmente modificata; alcune coincidenze di interessi poderosi e delle opposizioni tra gruppi di Paesi che sembravano fino a poco tempo fa insuperabili, si sono affievoliti oppure hanno lasciato il posto a nuove collaborazioni. In un contesto internazionale largamente rinnovato durante questi ultimi anni, l'opportunità di una riforma delle istituzioni o dei meccanismi di decisione è oggi più chiaramente sentita, per affermare sempre meglio l'interdipendenza dei popoli, dei loro interessi e delle loro responsabilità.

Sarà Lei il primo, Signor Segretario Generale, a sottolineare la gravità dei problemi che urge affrontare in molte regioni del mondo e anche su scala planetaria, fermamente. So che Lei lavora con una lodevolissima perseveranza perchè non siano dimenticati i flagelli che colpiscono, come altrettante piaghe, un numero terribilmente elevato di uomini, di donne e bambini, in prossimità del Terzo Millennio: povertà, analfabetismo, malattie, proliferazione dei traffici di droga, estensione della criminalità, degradazione dell'ambiente, per non menzionarne che alcuni dei più manifesti.

Il merito dell'Organizzazione, sin dalle sue origini, è quello di aver posto in primo piano la definizione, la difesa e la promozione dei diritti dell'uomo. Sono stati e continuano ad essere compiuti progressi notevoli dopo la Dichiarazione universale adottata nel 1948. Sono stati messi più in risalto i vincoli tra i diritti individuali e i diritti delle comunità culturali e spirituali, dei popoli e delle nazioni. Si comprende meglio, anche, che al di là di una salvaguardia, in un certo senso passiva, bisogna consentire a tutti i membri della famiglia umana di espandersi e progredire. Non si può più affrontare il tema primordiale dello sviluppo restando soltanto sul piano economico, ma bisogna includere nelle prospettive la promozione dell'educazione, della famiglia, della cultura, delle responsabilità civiche liberamente esercitate, in breve, è tutto l'uomo che ne è il soggetto degno e responsabile. Lei sa quanto queste preoccupazioni interessino la Chiesa, che cerca di sviluppare in questo senso la dottrina sociale. E la ringrazio di aver pubblicamente manifestato l'attenzione che ha avuto per l'insegnamento sociale della Santa Sede, pochissimo tempo fa in occasione del centenario dell'enciclica Rerum Novarum.

Numerose iniziative delle Nazioni Unite sono state prese nel corso dei suoi due mandati per risvegliare le coscienze, approfondire la riflessione e suscitare misure efficaci e coordinate. Penso in particolare alle prossime conferenze convocate per il 1992 sull'ambiente e lo sviluppo, o per il 1994 sulla popolazione. La Santa Sede desidera apportare a questi programmi la sua collaborazione, nella misura dei suoi mezzi e conformemente alla sua missione.

Essa desidera anche far valere i punti di vista che le sembrano essenziali per la salvaguardia della dignità degli individui e dei popoli, nel desiderio che degli organismi specializzati non giungano a invocare il credito delle Nazioni Unite per imporre, in particolare nel campo demografico, politiche che farebbero violenza alla libertà e al senso di responsabilità delle persone in tutte le regioni del mondo. L'ispirazione di un'azione internazionale dinanzi all'insieme dei problemi attuali non può essere che l'intuizione fondamentale delle Nazioni Unite: il servizio della pace e della giustizia grazie alla collaborazione di tutti è ad una migliore ripartizione delle risorse della terra.

Lo scenario del mondo non presenta soltanto disparità nello sviluppo o nell'esercizio dei diritti fondamentali; ci mostra giorno dopo giorno un doloroso insieme di conflitti in quasi tutti i continenti. Il linguaggio delle armi si fa ascoltare più di quello della concordia. Molto vicino a noi, per esempio, si svolge una guerra fratricida e inutile che spinge intere popolazioni nello sconforto e nella desolazione. Mi riferisco evidentemente ai combattimenti che si svolgono in Jugoslavia. L'inquietante accumularsi delle armi non può non coinvolgere il loro uso, lo vediamo molto spesso. Vorrei, tuttavia, salutare ed incoraggiare gli sforzi compiuti dalle Nazioni Unite affinchè si progredisca sulla via del disarmo, nella speranza che esse siano seguite con convinzione, perchè si rendano inutili degli arsenali tanto minacciosi e si faccia un uso migliore, sia del potenziale economico reso sterile, che delle energie umane mobilitate per cause tanto criticabili.

Signor Segretario generale, desidero qui rendere omaggio alla perseverante azione che ha personalmente compiuto in questi ultimi anni per giungere a risolvere dei conflitti tra i piu difficili da pacificare. L'abbiamo vista, seminatore di pace, in tutti i continenti. così, la sua azione diplomatica tenace e saggia ha ottenuto un accordo di cessate il fuoco che ha posto termine al conflitto tra Iran e Irak. La Namibia le deve l'essere infine giunta all'indipendenza. Lei ha contribuito agli accordi che riguardano l'Afghanistan. La sua mediazione ha consentito progressi nella liberazione in molti Paesi dell'America centrale a lungo lacerati da conflitti mortali. Non ha smesso di rivolgere la sua attenzione alla preoccupante situazione di Cipro. Molto recentemente, grazie al Suo impegno paziente e discreto, hanno ritrovato la loro libertà alcune persone tenute in ostaggio per anni in Medio Oriente. In questo stesso momento le Nazioni Unite accompagnano il popolo cambogiano sulla via della pacificazione e della rinascita. E posso ricordare tutti i campi a cui lei ha personalmente partecipato in un'azione positiva delle Nazioni Unite, come ad esempio nell'evoluzione dei rapporti tra Est e Ovest. Per tutto ciò, mi rendo interprete della gratitudine dei popoli al servizio dei quali Lei ha posto tutte le sue qualità e tutta la sua dedizione.

Il mio più fervido desiderio, Eccellenza, è che Lei possa conoscere, dopo dieci anni di responsabilità internazionale, la soddisfazione di vedere la sua opera continuata, di vedere gli impulsi che Lei ha dato continuare a fare progressi nei numerosi campi che riguardano le Nazioni Unite.

Per Lei stesso, Signor Segretario Generale, per i suoi collaboratori e i suoi cari, esprimo i migliori voti di felicità. E prego l'Onnipotente che Le accordi sempre il Suo sostegno e le Sue Benedizioni.

(Traduzione dal francese)

Data: 1991-11-23
Sabato 23 Novembre 1991

Messaggio per la VII Giornata Mondiale della Gioventù

Titolo: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo"

"Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo" (Mc 16,15).

Carissimi giovani,


1. Il Signore ha benedetto in modo davvero straordinario la VI Giornata Mondiale della Gioventù, celebrata lo scorso agosto presso il Santuario di Jasna Gora a Czestochowa.

Nell'annunziarvi il tema della prossima Giornata, ritorno con il pensiero a quei momenti meravigliosi, rendendo grazie alla divina Provvidenza per i frutti spirituali che quell'Incontro Mondiale ha portato non solo alla Chiesa, ma all'intera umanità. Quanto vorrei che il soffio dello Spirito Santo, che abbiamo sentito a Czestochowa, si diffondesse dappertutto! In quei giorni indimenticabili il Santuario Mariano era diventato cenacolo di una nuova Pentecoste, con le porte spalancate verso il terzo Millennio. Ancora una volta il mondo ha potuto vedere la Chiesa, così giovane e così missionaria, piena di gioia e di speranza. Ho provato una felicità immensa nel vedere tanti giovani, i quali, per la prima volta, si sono trovati insieme dall'Est e dall'Ovest, dal Nord e dal Sud, uniti dallo Spirito Santo nel vincolo della preghiera. Abbiamo vissuto un evento storico, un evento la cui incommensurabile portata salvifica ha aperto una nuova tappa nel cammino di evangelizzazione, del quale i giovani sono i protagonisti. Eccoci, dunque, alla VII Giornata Mondiale della Gioventù 1992. Come tema di quest'anno, ho scelto le parole di Cristo: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo" (Mc 16,15). Queste parole, indirizzate agli Apostoli, toccano, mediante la Chiesa, ogni battezzato. Come è facile notare, si tratta di una tematica intimamente collegata a quella dell'anno scorso. Lo stesso Spirito, che ci ha resi figli di Dio, ci spinge all'evangelizzazione. La vocazione cristiana, infatti, implica una missione. Alla luce del mandato missionario che Cristo ci ha affidato, appaiono con maggior chiarezza il significato e l'importanza delle Giornate Mondiali della Gioventù nella Chiesa. Partecipando a questi raduni, i giovani intendono confermare e rinvigorire il proprio "si" a Cristo e alla sua Chiesa, ripetendo, con le parole del profeta Isaia: "Eccomi, manda me!" (cfr. Is 6,8). E' stato appunto questo il significato del rito di invio, che ha avuto luogo a Czestochowa, quando ho consegnato ad alcuni vostri rappresentanti dei ceri accesi, invitando tutti i giovani a portare la luce di Cristo nel mondo. Si, a Jasna Gora - alla Montagna Luminosa - lo Spirito Santo ha acceso una luce che è segno di speranza per la Chiesa e per tuta l'unità.


2. La Chiesa è, per sua natura, una comunità missionaria (cfr. AGD 2).

Essa vive costantemente protesa in questo slancio missionario, che ha ricevuto dallo Spirito Santo nel giorno della Pentecoste: "avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni" (Ac 1,7). Infatti, lo Spirito Santo è il protagonista di tutta la missione ecclesiale (cfr. RMi 21-30, III).

Di conseguenza, anche la vocazione cristiana è proiettata verso l'apostolato, verso l'evangelizzazione, verso la missione. Ogni battezzato è chiamato da Cristo a diventare suo apostolo nel proprio ambiente di vita e nel mondo: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21). Cristo, tramite la sua Chiesa, vi affida la missione fondamentale di comunicare agli altri il dono della salvezza e vi invita a partecipare alla costruzione del suo Regno.

Sceglie voi, nonostante i limiti che ciascuno porta con sé, perché vi ama e crede in voi. Questo amore di Cristo, così incondizionato, deve costituire l'anima stessa del vostro apostolato, secondo le parole di San Paolo: "l'amore del Cristo ci spinge" (2Co 5,14). Essere discepoli di Cristo non è un fatto privato. Al contrario, il dono della fede deve essere condiviso con gli altri. Per questo lo stesso Apostolo scrive: "Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Co 9,16). Non dimenticate, inoltre, che la fede si fortifica e cresce proprio quando la si dona agli altri (cfr. RMi 2).


3. "Andate in tutto il mondo".

Le terre di missione, in cui siete chiamati ad operare, non sono situate necessariamente nei paesi lontani, ma possono trovarsi in tutto il mondo, anche nei vostri ambienti quotidiani. Nei paesi di più antica tradizione cristiana c'è oggi un urgente bisogno di rimettere in luce l'annuncio di Gesù tramite una nuova evangelizzazione, essendo ancora diffusa la schiera di persone che non conoscono Cristo, o che lo conoscono poco; molte, prese dai meccanismi del secolarismo e dell'indifferentismo religioso, se ne sono allontanate (cfr. CL 4). Lo stesso mondo dei giovani, miei cari, costituisce per la Chiesa contemporanea una terra di missione. E' a tutti noto quali problemi tormentano gli ambienti giovanili: la caduta dei valori, il dubbio, il consumismo, la droga, la delinquenza, l'erotismo, ecc. Ma, al tempo stesso, è viva in ogni giovane una grande sete di Dio, anche se a volte si nasconde dietro un atteggiamento di indifferenza o addirittura di ostilità. Quanti giovani, smarriti e insoddisfatti, sono andati a Czestochowa per dare un senso più profondo e decisivo alla propria vita! Quanti sono venuti da lontano - non solo geograficamente - pur non essendo battezzati! Sono certo che per la vita di molti giovani l'incontro a Czestochowa ha costituito una forma di "preparazione evangelica"; per alcuni, ha addirittura segnato una svolta essenziale, un'occasione di autentica conversione. La messe è abbondante! Eppure, mentre sono tanti i giovani che cercano Cristo, sono ancora pochi gli apostoli in grado di annunciarlo in modo credibile. C'è bisogno di tanti sacerdoti, di maestri ed educatori nella fede, ma c'è anche bisogno di giovani animati dallo spirito missionario, poiché sono i giovani che "debbono diventare primi e immediati apostoli dei giovani, esercitando da loro stessi l'apostolato fra di loro" (AA 12). Questa è una basilare pedagogia della fede. Ecco, dunque, il vostro grande compito! Il mondo di oggi lancia molte sfide al vostro impegno ecclesiale. In particolare, il crollo del sistema marxista nei paesi dell'Europa Centro-orientale e la conseguente apertura di numerosi paesi all'annuncio di Cristo costituiscono un nuovo segno dei tempi, a cui la Chiesa è chiamata a dare una risposta adeguata. Allo stesso modo la Chiesa cerca le vie per superare le barriere di varia natura che permangono in molti altri paesi. Sono indispensabili lo slancio e l'entusiasmo che proprio voi, carissimi giovani, potete offrire alla Chiesa.


4. "Predicate il Vangelo".

Annunciare Cristo significa soprattutto esserne testimoni con la vita.

Si tratta della forma di evangelizzazione più semplice e, al tempo stesso, più efficace a vostra disposizione. Essa consiste nel manifestare la presenza visibile di Cristo nella propria esistenza, attraverso l'impegno quotidiano e la coerenza con il Vangelo in ogni scelta concreta. Oggi il mondo ha bisogno innanzi tutto di testimoni credibili. Voi, cari giovani, che tanto amate l'autenticità nelle persone e che quasi istintivamente condannate ogni tipo di ipocrisia, siete disposti ad offrire al Cristo una testimonianza limpida e sincera. Testimoniate, dunque, la vostra fede, anche tramite il vostro impegno nel mondo. Il discepolo di Cristo non è mai un osservatore passivo ed indifferente di fronte agli eventi. Al contrario, egli si sente responsabile della trasformazione della realtà sociale, politica, economica e culturale. Annunziare, inoltre, significa propriamente proclamare, farsi portatore della Parola di salvezza agli altri. Molte persone rifiutano Dio per ignoranza. C'è, infatti, molta ignoranza intorno alla fede cristiana, ma c'è anche un profondo desiderio di ascoltare la Parola di Dio. E la fede nasce dall'ascolto. Scrive San Paolo: "E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?" (Rm 10,14). Annunziare la Parola di Dio, cari giovani, non spetta soltanto ai sacerdoti o ai religiosi, ma anche a voi. Dovete avere il coraggio di parlare di Cristo nelle vostre famiglie, nel vostro ambiente di studio, di lavoro o di ricreazione, animati dallo stesso fervore degli Apostoli quando affermavano: "Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto ed ascoltato" (Ac 4,20). Neanche voi dovete tacere! Esistono luoghi e situazioni in cui solo voi potete portare il seme della Parola di Dio. Non abbiate paura di proporre Cristo a chi non lo conosce ancora. Cristo è la vera risposta, la più completa a tutte le domande che riguardano l'uomo e il suo destino. Senza di lui l'uomo rimane un enigma senza soluzione. Abbiate, dunque, il coraggio di proporre Cristo! Certo, bisogna farlo con il dovuto rispetto della libertà di coscienza di ciascuno, ma bisogna pur farlo (cfr. RMi 39). Aiutare un fratello o una sorella a scoprire Cristo, Via, Verità e Vita (cfr. Jn 14,6) è un vero atto di amore verso il prossimo. Parlare di Dio, oggi, non è un compito facile. Molte volte si incontra un muro di indifferenza, ed anche una certa ostilità. Quante volte sarete tentati di ripetere con il profeta Geremia: "Ahimé, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane!" Ma Dio risponde sempre: "Non dire: sono giovane, ma va' da coloro a cui ti mandero" (cfr. Jr 1,6-7). Quindi non scoraggiatevi, perché non siete mai soli. Il Signore non mancherà di accompagnarvi, come ha promesso: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).


5. "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo".

Il tema della VII Giornata Mondiale della Gioventù vi invita anche a guardare la storia dei popoli, in particolare la storia della loro evangelizzazione. In vari casi si tratta di storia antichissima, in altri è, invece, storia recente. Ma è meraviglioso il dinamismo con cui proprio le Chiese più giovani crescono nella fede, arricchendo il patrimonio spirituale dell'intera Chiesa universale. In occasione di questa Giornata, carissimi giovani di tutto il mondo, vi invito a riflettere, alla luce della fede, sulle figure degli apostoli e missionari, i quali per primi hanno innalzato la Croce di Cristo nei vostri paesi.

Cercate di trarre dal loro esempio lo zelo e il coraggio per meglio affrontare le sfide dei nostri tempi. Grati per il dono della fede che hanno portato ai popoli, vogliate assumervi in prima persona la responsabilità della eredità della Croce di Cristo, che siete chiamati a trasmettere alle generazioni future. A questo punto, desidero rivolgere un incoraggiamento speciale ai giovani del Continente Latino-americano, dove quest'anno si celebra il V Centenario della prima evangelizzazione. Questo evento, di grande importanza per la Chiesa intera, è per voi un'occasione per ringraziare il Signore della fede che vi ha donato e per rinnovare il vostro impegno di fronte alle sfide della nuova evangelizzazione, alle soglie del terzo Millennio.


6. Con la pubblicazione di questo Messaggio, si apre il cammino di preparazione spirituale alla celebrazione della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che vi riunirà intorno ai vostri Vescovi, il giorno della Domenica delle Palme.

Il carattere ordinario della celebrazione, tuttavia, non deve significare un impegno minore. Al contrario, invito voi, giovani, e gli animatori della pastorale giovanile, nonché i responsabili dei movimenti, associazioni e comunità ecclesiali a intensificare lo sforzo, affinché questo cammino si trasformi in una vera scuola di evangelizzazione e di formazione apostolica. Spero che molti ragazzi e ragazze, animati da sincero zelo apostolico, vorranno consacrare la propria vita a Cristo e alla sua Chiesa, come sacerdoti, religiosi e religiose, oppure come laici disposti anche a lasciare il proprio paese per accorrere là dove scarseggiano gli operai della vigna di Cristo. Ascoltate, dunque, con attenzione la voce del Signore, che anche oggi non cessa di chiamarvi, così come chiamo Pietro ed Andrea: "Seguitemi, vi faro pescatori di uomini" (Mt 4,19). Nell'approssimarsi dell'anno 2000, la Chiesa sente l'esigenza di un rinnovato slancio missionario e ripone molta speranza in voi, carissimi giovani, proprio per questo. Non dimenticate di ringraziare ogni giorno lo Spirito Santo, il quale continua ad accendere tanti focolai di impegno apostolico nella Chiesa di oggi. Le comunità parrocchiali vive e dinamiche ne costituiscono un terreno assai fertile, così come le associazioni, i movimenti ecclesiali e le nuove comunità che crescono e si diffondono con tanta abbondanza di carismi, soprattutto negli ambienti giovanili. E', questo, un nuovo soffio che lo Spirito Santo dona ai nostri tempi: come vorrei che esso entrasse nella vita di ciascuno di voi! Affido a Maria, Regina degli Apostoli, la celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù 1992.

Ella vi insegni che per portare Gesù agli altri non è necessario compiere gesti straordinari, ma occorre semplicemente avere un cuore ricolmo d'amore per Dio ed i fratelli, un amore che spinga a condividere i tesori inestimabili della fede, della speranza e della carità.

Lungo tutto il cammino di preparazione alla VII Giornata Mondiale della Gioventù vi accompagni, carissimi giovani e carissime giovani, la mia speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, il 24 Novembre 1991, Solennità di N. S. Gesù Cristo, Re dell'Universo.

Data: 1991-11-24
Domenica 24 Novembre 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Messaggio per la festa di Sant'Andrea