GPII 1992 Insegnamenti - Interventi vari riguardo all'evolversi della guerra nel Golfo Persico - Città del Vaticano (Roma)

Interventi vari riguardo all'evolversi della guerra nel Golfo Persico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dalla cattedra di Pietro una voce di pace

In quest'ora di profonda trepidazione, vi invito... ad elevare la vostra fervida preghiera a Dio clemente e misericordioso, chiedendoGli di voler illuminare coloro che detengono le sorti dei popoli affinché sappiano trovare eque soluzioni per i problemi esistenti e faccia così brillare la stella della pace sulle tribolate popolazioni del Golfo Persico, come su tutti i popoli del Medio Oriente.

(Angelus, 26 agosto 1990) Il dialogo e il negoziato devono prendere il posto del conflitto nella risoluzione delle tensioni.

(Dar-es-Salaam, 1 settembre; ai rappresentanti del Corpo Diplomatico accreditato presso la Tanzania) Noi chiediamo che il dialogo abbia la preminenza sul confronto e che i responsabili del bene comune facciano prevalere lo spirito di conciliazione su ogni altro atteggiamento.

(Bujumbura, 5 settembre 1990; ai rappresentanti del Corpo Diplomatico accreditato nel Burundi) E' necessario creare ora, per l'umanità, un'era di pace, fondata sulla giustizia e sul rispetto dei diritti degli individui e delle nazioni.

(Kigali, 9 settembre 1990, Angelus) Il dialogo nel mutuo rispetto si impone a tutti. La Chiesa conosce le grandi sfide della giustizia e della pace, i suoi figli e le sue figlie devono rispondere ad esse con coraggio e generosità.

(Yamoussoukro, 10 settembre 1990, Santa Messa) Le tensioni nel Golfo, il dramma della Palestina e la tragedia del Libano reclamano il concreto impegno dei cristiani a farsi fermento di riconciliazione.

(Ai Vescovi di rito latino della Regione Araba, 1 ottobre 1990) In nome dell'affetto che nutro per il popolo libanese tanto provato, chiedo insistentemente a tutti i responsabili di riflettere davanti a Dio sui loro progetti ed obiettivi.

(Udienza generale - Aula Paolo VI, 3 ottobre 1990) Il Signore conceda il dono della pace a tutti i popoli del Medio Oriente.

(Angelus, 18 novembre 1990) La comune trepidazione per gli uomini e le donne che vivono in quella regione si fa preghiera fervida al Signore, Principe della pace, perché si allenti la tensione in tutto il Medio Oriente e si cerchi nel dialogo la soluzione delle controversie.

(Basilica vaticana, 4 dicembre 1990; incontro con ufficiali e allievi della Marina militare italiana) La guerra è avventura senza ritorno. Con la ragione, con la speranza e col dialogo, e nel rispetto dei diritti inalienabili dei popoli e delle genti, è possibile individuare e percorrere le strade dell'intesa e della pace.

(Dal Messaggio alla Città e al Mondo, Natale 1990) O Anno Nuovo, incominciato da tutta l'umanità nella potenza del Nome di Gesù, sii l'anno della pace.

(Basilica Vaticana, Messa di Capodanno 1991) Con accorato sentimento il mio augurio si volge al Medio Oriente, auspicando che il 1991 sia per tutti un anno di pace e non di guerra.

(Angelus di Capodanno, 1991) Il dialogo e il negoziato prevalgano sul ricorso a devastanti e terrificanti strumenti di morte.

(Dal Messaggio ai Ministri degli Esteri delle Comunità Europee, 4 gennaio 1991) In queste ore decisive in cui l'umanità guarda con angoscia al Golfo Persico e non può rassegnarsi alla guerra, il mio pensiero è con Lei, Eccellenza, mentre Ella si prepara ad assolvere ad una missione di buona volontà a Bagdad.

(Dal messaggio al Segretario dell'ONU, 11 gennaio 1991) La zona del Golfo si trova dal mese di agosto in stato di assedio e si è visto che, quando un Paese viola le regole più elementari del diritto internazionale, è tutta la coesistenza tra le nazioni che è rimessa in causa. Non si può accettare che la legge dei più forti sia brutalmente imposta ai più deboli.

(Ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 12 gennaio 1991) ...Nelle condizioni attuali una guerra non risolverebbe i problemi, ma li aggraverebbe soltanto. La soluzione può essere trovata in proposte generose di pace, da una parte e dall'altra.

(Appello in Piazza San Pietro, 13 gennaio 1991) L'esperienza insegna a tutta l'umanità che la guerra, oltre a causare molte vittime, crea situazioni di grave ingiustizia che a loro volta, costituiscono una forte tentazione di ulteriore ricorso alla violenza.

(Dal messaggio a Sua Eccellenza Saddam Hussein, Presidente dell'Irak, 15 gennaio 1991) Non possiamo illuderci che l'impiego delle armi e soprattutto degli armamenti altamente sofisticati di oggi, non provochi, oltre alla sofferenza e alla distruzione, nuove e forse peggiori ingiustizie.

(Dal messaggio a Sua Eccellenza George Bush, Presidente degli Stati Uniti d'America, 15 gennaio 1991) Dio dei nostri Padri, grande e misericordioso, Signore della pace e della vita, Padre di tutti... Ascolta il grido unanime dei tuoi figli, supplica accorata di tutta l'umanità: mai più la guerra, avventura senza ritorno, mai più la guerra, spirale di lutti e di violenza; mai più questa guerra nel Golfo Persico, minaccia per le tue creature in cielo, in terra e in mare.

(Preghiera - Udienza generale, 16 gennaio 1991) Le notizie giunte durante la notte sul dramma in corso nella regione del Golfo hanno generato in me e - sono sicuro - in tutti voi sentimenti di profonda tristezza e grande sconforto... Tale amarezza è resa ancora più profonda dal fatto che l'inizio di questa guerra segna anche una grave sconfitta del diritto internazionale e della comunità internazionale. In queste ore di grandi pericoli, vorrei ripetere con forza che la guerra non può essere un mezzo adeguato per risolvere completamente i problemi esistenti tra le nazioni. Non lo è mai stato e non lo sarà mai! (Sala del Concistoro, 17 gennaio 1991; ai collaboratori del Vicariato di Roma e ai collaboratori della Segreteria di Stato, a poche ore dall'inizio delle ostilità) In questo momento, in cui il mondo si trova ancora una volta di fronte alla tragedia della guerra, vi invito a pregare intensamente per la pace.

(Ai Superiori ed alunni dell'Almo Collegio Capranica, 19 gennaio 1991) L'enorme impiego di mezzi e di armi fa pensare a conseguenze molto gravi, ma ciò che è motivo di un'ulteriore ansia è la possibile progressiva estensione del conflitto a tutto il Medio Oriente e il coinvolgimento di Paesi che finora, grazie a Dio, si sono astenuti dal partecipare direttamente ai combattimenti.

(Angelus, 20 gennaio 1991) Mentre perdura l'uso della violenza, con le sue drammatiche e dolorose conseguenze, nella regione del Golfo e nei Paesi Baltici, vi invito, cari fratelli e sorelle, alla preghiera e al sacrificio incessanti affinché il Signore ispiri a tutti sentimenti di pace e volontà di dialogo.

(Udienza generale, 23 gennaio 1991) I Paesi non coinvolti nelle ostilità si uniscano nel cercare strumenti nuovi e creativi per promuovere un ritorno al dialogo e al negoziato come l'unica vera via verso il ristabilimento dell'ordine internazionale e della giustizia.

(All'Ambasciatore di Singapore presso la Santa Sede, 24 gennaio 1991) In quest'ora difficile caratterizzata da inquietudini e sofferenze a causa del conflitto nel Golfo Persico, conforta sapere che una istituzione ecclesiale come la vostra si adopera a favorire presso le giovani generazioni, che ospita da tutto il mondo, una mentalità aperta alla verità del Vangelo e alla solidarietà reciproca, fondamenti sicuri dell'autentica pace.

(Al Corpo accademico e agli studenti della Pontificia Università Salesiana, 24 gennaio 1991) Lodate, nazioni tutte, il Signore. Questo invito ai popoli e alle nazioni perchè diano lode a Dio mi porta, in questo momento difficile per la pace nel mondo, a rivolgere il mio accorato pensiero a milioni di credenti nel Dio Unico - cristiani, ebrei, musulmani -, che vivono ore drammatiche di sofferenza e di angoscia sotto l'azione distruttiva di micidiali strumenti di guerra.

(Basilica di San Paolo fuori le Mura, 25 gennaio 1991) L'ansia e la tristezza, purtroppo già tante volte espresse per la guerra in corso nella regione del Golfo, continuano ad essere alimentate dai perduranti combattimenti, ai quali si aggiungono, ora, anche catastrofici rischi ambientali.

(Angelus, 27 gennaio 1991) Molti sforzi sono stati compiuti per allontanare la violenza della guerra. Ma, in troppe regioni, l'umanità non ha saputo far prevalere il ricorso al dialogo e al negoziato sulla voce delle armi.

(Alla Plenaria del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, 30 gennaio 1991) In quest'ora, in cui continuano a giungere preoccupanti notizie sui drammatici sviluppi del conflitto in corso nella regione del Golfo, non posso non farmi eco dei numerosi messaggi che continuamente mi pervengono: sono richieste di pace, invocazioni di aiuto e di solidarietà per le famiglie delle vittime, per le popolazioni civili, per i profughi e per i prigionieri.

(Udienza generale, 30 gennaio 1991) Il cuore di tutti noi è colmo di dolore per la guerra in corso nella regione del Golfo, da cui di giorno in giorno ci giungono notizie sempre più preoccupanti, per il numero di combattenti e la quantità di armi impiegate.

(Aula delle Benedizioni, recita del Santo Rosario, 2 febbraio 1991) Dobbiamo proclamare l'intangibilità del diritto a vivere - e a vivere con dignità - contro l'aborto..., contro ogni manipolazione genetica..., contro il razzismo e la violenza omicida di qualsiasi genere. Dobbiamo proclamare tale diritto contro la guerra - contro questa guerra, che si continua a combattere nella regione del Golfo Persico con crescente minaccia per tutta l'umanità.

(Angelus, 3 febbraio 1991; in Italia si celebra la Giornata per la Vita) Il pensiero di tutti noi continua a rivolgersi con profonda tristezza alla regione del Golfo, dove la guerra è giunta ormai al suo ventesimo giorno.

(Udienza generale, 6 febbraio 1991) La pace occorre realizzarla ogni giorno in noi stessi e attorno a noi.

(Alla Giunta regionale del Lazio, 8 febbraio 1991) Voglia il Signore accogliere le nostre preghiere perché abbiano subito fine i tempi della distruzione, della perdita di tante vite umane, e voglia darci un periodo di lunga pace.

(Agli Amministratori della Provincia di Roma, 9 febbraio 1991) Anche oggi invito voi tutti presenti - e quanti ascoltano la mia voce - a unirsi alla mia fervida e fiduciosa preghiera a Dio, Padre dell'intera umanità, perché accolga la nostra accorata supplica di pace.

(Angelus, 10 febbraio 1991) La pace attende il nostro contributo personale fatto di preghiera e di penitenza, di conversione interiore e di generosa solidarietà.

(Udienza generale, 13 febbraio 1991; Mercoledi delle Ceneri) Noi vediamo questa guerra con i criteri che ci ha suggerito il Concilio Vaticano II... La nostra preoccupazione è che la guerra può creare abissi più profondi tra questi mondi. Noi siamo preoccupati per la continuazione della nostra visione conciliare del mondo.

(Al clero romano, 14 febbraio 1991) "Opus iustitiae pax". Ma d'altra parte è anche frutto della carità, dell'amore. Non si arriva alla pace se non attraverso l'amore.

(Ai giovani della parrocchia romana di Santa Dorotea, 17 febbraio 1991) A tutti i fedeli della Chiesa cattolica - alle Diocesi, alle parrocchie e alle diverse organizzazioni ecclesiastiche - chiedo di consacrare questo tempo di preparazione pasquale alla preghiera per la pace e a gesti concreti di fraterna sollecitudine verso coloro che soffrono a motivo della guerra e delle ingiustizie esistenti nella vasta e provata regione del Medio Oriente.

(Angelus, 17 febbraio 1991) Giovanni Paolo II convoca a Roma per il 4 e 5 marzo una riunione dei rappresentanti degli episcopati dei Paesi che partecipano direttamente alla Guerra del Golfo, per favorire uno scambio di informazioni e di opinioni in merito alle conseguenze del conflitto sulle popolazioni del Medio Oriente.

(20 febbraio 1991) Questa Sede Apostolica ha fatto quanto era nelle sue possibilità per evitare questa terribile guerra. Ora non ci resta che lavorare e pregare perché essa termini quanto prima e perché simili dolorose tragedie scompaiano dall'orizzonte dell'umanità.

(Angelus, 24 febbraio 1991) Invito tutti ad elevare a Dio una speciale preghiera, affinché l'incontro di lunedi e martedi prossimi a cui ho invitato i Patriarchi delle Chiese orientali e i Presidenti delle Conferenze episcopali dei Paesi più direttamente coinvolti nel conflitto, possa contribuire a far maturare decisioni utili per il bene di quelle popolazioni tanto provate.

(Udienza generale, 27 febbraio 1991) Preghiamo, ringraziando Dio per l'avvenuta cessazione dei combattimenti nella regione del Golfo e invocando da Lui misericordia per le vittime della guerra e consolazione per coloro che soffrono a causa del conflitto.

(Angelus, 3 marzo 1991) Invitandovi a prendere parte a questa riunione, cari fratelli nell'episcopato, ho voluto fornire a ciascun Capo delle Chiese del Vicino e del Medio Oriente l'occasione di esporre la situazione, spirituale e materiale, nella quale si trovano i loro fedeli a causa delle tensioni e dei combattimenti provocati dall'invasione irachena del Kuwait, il 2 agosto 1990, e le ostilità che ne sono seguite. Gli osservatori accorti della realtà internazionale sono unanimi nel dire che quella che si deve definire una guerra ha già avuto e avrà ancora ripercussioni su tutta la regione e oltre.

(Alla riunione dei Patriarchi e Vescovi dei Paesi coinvolti nella Guerra del Golfo, 4 marzo 1991) La guerra del Golfo ha portato morte, distruzione e ingenti danni economici e ambientali: abbiamo espresso la speranza che, per il popolo del Kuwait, le popolazioni dell'Iraq e tutti i loro vicini, la volontà della ricostruzione materiale sia accompagnata dal desiderio di leale collaborazione tra loro e con la grande famiglia delle nazioni. Sarà necessario superare i rancori e le divisioni culturali e, in particolare, quelle createsi tra diversi mondi religiosi.

(Udienza generale in conclusione della riunione dei Patriarchi e Vescovi dei Paesi coinvolti nella Guerra del Golfo) O Dio, ...Rinnova per noi i prodigi della tua misericordia, manda il tuo Spirito perché agisca nell'intimo dei cuori, i nemici si aprano al dialogo, gli avversari si stringano la mano e i popoli si incontrino nella concordia.

(Dalla preghiera in chiusura dell'Udienza generale, 6 marzo 1991) I Pastori delle Chiese cattoliche del Medio Oriente e dell'Occidente hanno fiducia nell'opera dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e auspicano che i negoziati per una pace giusta nel Golfo non comportino né umiliazione per chiunque né punizione per qualsiasi popolo.

(Dal messaggio ai fedeli dell'Islam al termine del mese del Ramadan, 21 marzo 1991)

Data: 1992-01-17 Data estesa: Venerdi 17 Gennaio 1992

Discorso ai Vescovi delle regioni nord della Francia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La difesa dei valori essenziali della persona umana incoraggia il dialogo interreligioso con i musulmani

Cari fratelli nell'Episcopato,


1. Quali Pastori delle tredici Diocesi della Regione apostolica del Nord della Francia, la vostra visita ad Limina vi porta di nuovo sulla via di Pietro e di Paolo, per attingere alle sorgenti vive della vostra missione, in comunione con il Vescovo di Roma.

Sono felice di porgervi il benvenuto, con questo affectus collegialis di cui, come ho spesso affermato, la visita ad Limina manifesta in concreto la realtà. Ringrazio Mons. Lucien Bardonne, vostro Presidente, per le parole che mi ha appena rivolto. Comprendo bene le preoccupazioni che ha espresso e i problemi che ha posto. Questi sono elementi importanti, che traducono lucidamente le quotidiane difficoltà della missione ecclesiale ed anche la speranza che anima voi e tutti i vostri collaboratori. Conservo tutte le vostre richieste, benché non possa oggi rispondere a tutti i punti; cerchero di ritornare su di essi durante i miei incontri successivi con i vostri confratelli di Francia.


2. Nel rapporto regionale, insistete sui "cambiamenti permanenti" che caratterizzano le vostre regioni. "Cose nuove", per riprendere l'espressione di Leone XIII, vi preoccupano spesso, ma esse comportano anche aspetti positivi e dinamici. La vostra Commissione sociale ha appena presentato un'ampia esposizione e proposto vie di riflessione. Vorrei soffermarmi un momento su tre aspetti delle nuove situazioni umane, create da cambiamenti sociali - ed economici - la cui rapidità ne accresce il peso sulla società in generale e l'impatto sulla vita ecclesiale. Bisogna prenderne atto senza vane nostalgie, ma, poiché queste nuove situazioni sono ora il terreno dell'evangelizzazione, esse portano a continuare risolutamente l'annuncio della Lieta Novella ai vostri compatrioti dovunque vivano.

Nel vostro paese, il mondo rurale si trasforma profondamente. In meno di una generazione, le condizioni di produzione sono completamente cambiate, il numero di lavoratori diminuisce, il popolamento di intere zone si riduce e persino il paesaggio viene alterato. Si creano nuove attività, ma queste non bastano a offrire lavoro a quelli cui la terra non dà più da vivere, in particolare ai giovani. D'altra parte, l'arrivo di cittadini alla ricerca di un ambiente più sano e più a portata di mano, oppure di un paesaggio adeguato ai loro svaghi, ricompone la società rurale, senza renderla sempre omogenea.

Non devo continuare l'analisi, voi lo fate con cura nei vostri rapporti.

Ma ritengo utile, attraverso la vostra mediazione, incoraggiare i cristiani a comprendere i problemi umani posti da questi mutamenti. L'insegnamento sociale della Chiesa ha ripetutamente sottolineato che l'attenzione per i bisogni dell'uomo fa parte delle esigenze evangeliche (cfr. Paolo VI, enciclica PP 1). Parlando di chi si sottomette alla legge della carità, il Cardinale de Lubac ha giustamente scritto: "Diventa impossibile per lui non cercare di stabilire tra gli uomini dei rapporti conformi alla realtà cristiana" (Catholicisme, cap. XII). Non è fuori luogo, per i cristiani e per i loro Pastori, fedeli al senso di solidarietà che è sempre stata una qualità rurale, chiedere che non ci si fermi alle dimensioni economiche e finanziarie dei problemi, ma mostrare i compiti da assumersi affinché il tessuto sociale resti vivo. Da un punto di vista umano e fraterno, bisogna prendere in considerazione le sofferenze di quanti si sentono come spodestati, la condizione particolare delle persone anziane, delle donne, dei giovani. E' un dovere anche quello di rispettare la natura e di proteggere la vitalità di spazi che rischiano una vera desertificazione.


3. Al tempo stesso in cui il mondo rurale s'indebolisce, crescono gli insediamenti urbani. Questa evoluzione traduce reali dinamismi, una creatività economica e culturale. Ciononostante, bisogna constatare che una parte importante degli abitanti delle città non trova in esse rasserenanti condizioni di vita; sono persino indeboliti e hanno difficoltà a trovare l'aiuto di un intreccio di relazioni personali. Le differenze di reddito, quelle grandi nell'ambiente, le possibilità molto diverse di trovare un lavoro, tutto questo comporta discriminazioni o esclusioni. D'altra parte, i ritmi di vita sono tesi e lasciano meno spazio alla vita di famiglia e ai rapporti umani. Un sentimento di incertezza e l'assenza di punti di riferimento morali comportano molti ripieghi individualistici. La corruzione falsa alcune attività economiche. Dinanzi alla precarietà della loro situazione, troppi giovani cercano una compensazione sotto diverse forme di violenza o cedono ai richiami della droga. Vediamo moltiplicarsi le tentazioni di rifugiarsi nell'irrazionale o in raggruppamenti di tipo settario.

Certo, il carattere sommario di questo bilancio lo rende troppo severo.

Lascia in ombra molti successi personali e molte iniziative, da parte sia dei poteri pubblici che di associazioni private, per affrontare le carenze della vita urbana. Ma, neanche qui, la Chiesa può ignorare quanto provoca più sofferenze o quanto degrada la persona umana. So che le comunità cristiane, benché povere, si sforzano di vivere una solidarietà attiva e calorosa verso i loro fratelli e le loro sorelle più deboli, praticando nei loro confronti una condivisione generosa sia dal punto di vista materiale che culturale e spirituale. Esse in questo modo contribuiscono notevolmente a rendere umani questi ambienti di vita. Ricordando dinanzi a voi le azioni che traducono concretamente l'amore per il prossimo, vi incoraggio a promuovere ancora queste forme autentiche di testimonianza di rispetto per ogni uomo, nell'amore che è legge evangelica.


4. Vi siete spesso riferiti ad un elemento attualmente importante nella società del vostro paese, come d'altra parte in Europa, che è all'origine di molti dibattiti e tensioni. Penso alla presenza di numerose persone di origine straniera tra voi. Alcuni sono stati chiamati per lavoro, altri sono giunti, attirati da una prosperità che credevano accessibile, altri ancora, non potendo più vivere sicuramente nei loro paesi, cercano rifugio in una nazione che possiede una lunga tradizione di ospitalità. Da alcuni anni, specialmente a causa delle difficoltà economiche che si ripercuotono sull'impiego, constatiamo quelle che dobbiamo chiamare reazioni di rigetto, che colpiscono soprattutto gli immigrati o i rifugiati che si trovano in situazione precaria. Avete giustamente attirato l'attenzione a varie riprese su quanto vi è di sconvolgente negli atteggiamenti discriminatori. Infatti, non possiamo accettare il misconoscimento dei diritti umani di alcuni, il mantenimento delle separazioni familiari, la rottura della elementare solidarietà verso lo straniero cui si bloccherebbe così la via della speranza. Alcuni timori si appuntano sulla considerevole proporzione di fedeli dell'Islam tra gli immigrati in Francia. Gli avvenimenti dell'anno scorso hanno dimostrato, come mi avete detto, che dei cristiani possono incontrare i propri fratelli musulmani in una stessa ricerca della pace che trova la sua fonte nel Dio unico. Bisogna ricordare la posizione del Concilio Vaticano Secondo: il rispetto per le credenze non cristiane e quanto esse comportano di positivo, la possibilità di difendere con i loro fedeli dei valori essenziali, il desiderio di incontrarli nella verità. Per questo, è opportuno continuare ad incoraggiare il dialogo interreligioso con i Musulmani, in tutta chiarezza. Si tratta di conoscere meglio i loro valori spirituali e morali e, al tempo stesso, di consentire ad essi di avere una comprensione giusta della fede e della vita della Chiesa cui si accostano. A questo riguardo, è utile che sacerdoti e laici siano preparati a condurre questi dialoghi o a consigliare le comunità più coinvolte; gli educatori sono particolarmente coinvolti in quei luoghi in cui giovani di diverse provenienze religiose devono imparare a vivere amichevolmente insieme, pur restando fedeli alla fede e alle esigenze proprie. Gli orientamenti pubblicati di recente dalla Santa Sede sul dialogo interreligioso e l'annuncio del Vangelo aiuteranno ad affrontare giustamente i rapporti tra credenti.


5. Cari fratelli, le "cose nuove" della società del vostro paese che ho appena ricordato si accompagnano a quanto costituisce la vostra maggiore preoccupazione, la riduzione del numero dei fedeli attivi nella Chiesa, il progredire dell'indifferenza religiosa o dell'incredulità ed anche l'attrazione crescente di certi sincretismi. Prendete atto di questa realtà ogni giorno, contemporaneamente alla diminuzione della pratica religiosa; questo colpisce le diverse generazioni, i giovani in particolare; ciò riguarda la vita delle famiglie e la vita pubblica.

E' questa la ragione per cui tutta la Chiesa cattolica, da voi come altrove, è chiamata ad impegnarsi in quello che ho chiamato la "nuova evangelizzazione", il ché non significa evidentemente che si disconosca l'apostolato coraggioso e spesso fruttuoso condotto fin'ora.

Si tratta di prendere un nuovo slancio sul cammino apostolico. Si tratta di irradiare tutto l'ardore della fede in Gesù Cristo che abbiamo ricevuto come un dono e di annunciare ai nostri fratelli e alle nostre sorelle delle città e delle campagne l'amore di Dio che ci offre la salvezza in suo Figlio. Noi li esortiamo a formare insieme la comunità dei figli adottivi del Padre infinitamente misericordioso. Facciamo questo perché amiamo i nostri fratelli di quest'epoca, perché conosciamo le loro aspirazioni sincere e perché sappiamo che Dio chiama tutti gli uomini ad entrare nell'Alleanza con Lui.

Ogni battezzato riceve la missione di essere testimone, bisogna ricordarlo incessantemente. Ma è altrettanto chiaro che il messaggio non può essere completamente portato e reso credibile se non mediante il Corpo ecclesiale nel suo insieme. Per questo è più necessario oggi che mai promuovere comunità a misura dell'uomo: nelle zone rurali, malgrado i necessari raggruppamenti, è da auspicare che le comunità locali non si dissolvano; nelle città, sarà incoraggiata la vitalità di comunità quanto più possibile inserite nei quartieri che siano famiglie calorose. Le parrocchie restano il posto in cui fedeli dalle diverse sensibilità comunicano nella stessa liturgia, in cui i movimenti specializzati si incontrano, in cui le attività di catechesi, di formazione, di preparazione ai sacramenti, di apostolato o di reciproco aiuto si coordinano senza divisioni.

Sappiano tutti i fedeli costituire, nella gioia della loro comunione, il riflesso unificato del volto di Cristo, per essere insieme un segno autentico della sua presenza! E non dimentico le grandi riunioni ecclesiali, tanto numerose in questi tempi, presso le vostre Diocesi; esse sono utili per il rafforzamento dei fedeli nel complesso, per la reciproca conoscenza delle loro iniziative e delle loro esperienze e per la concreta manifestazione della loro unità.

Vi è un'altra esigenza per questa evangelizzazione rinnovata incessantemente: quella della chiarezza della parola che la esprime. I nostri contemporanei hanno bisogno di ascoltare l'annuncio in termini che possano comprendere. Uno di voi parla, giustamente, di trovare un "linguaggio catecumenale" affinché gli incontri siano dei dialoghi reali sulla fede esplicitamente proposta. Incoraggiate delle ricerche al tempo stesso teologiche e spirituali, culturali e pedagogiche per consentire ai membri della Chiesa di rispondere alle domande dei nostri fratelli e delle nostre sorelle di oggi, di far loro scoprire la Verità intera e di esortarli a condurre la loro vita personale e sociale secondo la luce di Cristo.


6. Al termine di questo incontro, vorrei offrirvi il mio appoggio fraterno nella vostra missione pastorale. Ne conosco le difficoltà, ne ho appena ricordate alcune che sono molto importanti. Ma so anche che nelle vostre Diocesi, gli operai del Vangelo lavorano con entusiasmo e generosità; sanno che "la speranza non delude" (Rm 5,5). Ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai laici incaricati di specifiche missioni, a tutti i fedeli delle vostre Diocesi, portate il cordiale saluto del Successore di Pietro e porgete loro i miei incoraggiamenti per i loro compiti e la loro testimonianza. Confidino nello Spirito del Signore, Spirito di amore e di verità! Camminando con Cristo, possano dire come i discepoli di Emmaus: "Non ci ardeva forse il cuore nel petto...?" (Lc 24,32). Vi affido all'intercessione della Madre del Signore e dei Santi delle vostre Diocesi ed invoco su tutti voi la Benedizione di Dio.

Data: 1992-01-18 Data estesa: Sabato 18 Gennaio 1992

Udienza ai Vescovi della regione nord della Francia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La difesa dei valori essenziali della persona umana incoraggia il dialogo interreligioso con i musulmani

Cari fratelli nell'Episcopato,


1. Quali Pastori delle tredici Diocesi della Regione apostolica del Nord della Francia, la vostra visita ad Limina vi porta di nuovo sulla via di Pietro e di Paolo, per attingere alle sorgenti vive della vostra missione, in comunione con il Vescovo di Roma. Sono felice di porgervi il benvenuto, con questo affectus collegialis di cui, come ho spesso affermato, la visita ad Limina manifesta in concreto la realtà. Ringrazio Mons. Lucien Bardonne, vostro Presidente, per le parole che mi ha appena rivolto. Comprendo bene le preoccupazioni che ha espresso e i problemi che ha posto. Questi sono elementi importanti, che traducono lucidamente le quotidiane difficoltà della missione ecclesiale ed anche la speranza che anima voi e tutti i vostri collaboratori. Conservo tutte le vostre richieste, benché non possa oggi rispondere a tutti i punti; cerchero di ritornare su di essi durante i miei incontri successivi con i vostri confratelli di Francia.


2. Nel rapporto regionale, insistete sui "cambiamenti permanenti" che caratterizzano le vostre regioni. "Cose nuove", per riprendere l'espressione di Leone XIII, vi preoccupano spesso, ma esse comportano anche aspetti positivi e dinamici. La vostra Commissione sociale ha appena presentato un'ampia esposizione e proposto vie di riflessione. Vorrei soffermarmi un momento su tre aspetti delle nuove situazioni umane, create da cambiamenti sociali - ed economici - la cui rapidità ne accresce il peso sulla società in generale e l'impatto sulla vita ecclesiale. Bisogna prenderne atto senza vane nostalgie, ma, poiché queste nuove situazioni sono ora il terreno dell'evangelizzazione, esse portano a continuare risolutamente l'annuncio della Lieta Novella ai vostri compatrioti dovunque vivano.

Nel vostro paese, il mondo rurale si trasforma profondamente. In meno di una generazione, le condizioni di produzione sono completamente cambiate, il numero di lavoratori diminuisce, il popolamento di intere zone si riduce e persino il paesaggio viene alterato. Si creano nuove attività, ma queste non bastano a offrire lavoro a quelli cui la terra non dà più da vivere, in particolare ai giovani. D'altra parte, l'arrivo di cittadini alla ricerca di un ambiente più sano e più a portata di mano, oppure di un paesaggio adeguato ai loro svaghi, ricompone la società rurale, senza renderla sempre omogenea.

Non devo continuare l'analisi, voi lo fate con cura nei vostri rapporti.

Ma ritengo utile, attraverso la vostra mediazione, incoraggiare i cristiani a comprendere i problemi umani posti da questi mutamenti. L'insegnamento sociale della Chiesa ha ripetutamente sottolineato che l'attenzione per i bisogni dell'uomo fa parte delle esigenze evangeliche (cfr. Paolo VI, enciclica PP 1). Parlando di chi si sottomette alla legge della carità, il Cardinale de Lubac ha giustamente scritto: "Diventa impossibile per lui non cercare di stabilire tra gli uomini dei rapporti conformi alla realtà cristiana" (Catholicisme, cap. XII). Non è fuori luogo, per i cristiani e per i loro Pastori, fedeli al senso di solidarietà che è sempre stata una qualità rurale, chiedere che non ci si fermi alle dimensioni economiche e finanziarie dei problemi, ma mostrare i compiti da assumersi affinché il tessuto sociale resti vivo. Da un punto di vista umano e fraterno, bisogna prendere in considerazione le sofferenze di quanti si sentono come spodestati, la condizione particolare delle persone anziane, delle donne, dei giovani. E' un dovere anche quello di rispettare la natura e di proteggere la vitalità di spazi che rischiano una vera desertificazione.


3. Al tempo stesso in cui il mondo rurale s'indebolisce, crescono gli insediamenti urbani. Questa evoluzione traduce reali dinamismi, una creatività economica e culturale. Ciononostante, bisogna constatare che una parte importante degli abitanti delle città non trova in esse rasserenanti condizioni di vita; sono persino indeboliti e hanno difficoltà a trovare l'aiuto di un intreccio di relazioni personali. Le differenze di reddito, quelle grandi nell'ambiente, le possibilità molto diverse di trovare un lavoro, tutto questo comporta discriminazioni o esclusioni. D'altra parte, i ritmi di vita sono tesi e lasciano meno spazio alla vita di famiglia e ai rapporti umani. Un sentimento di incertezza e l'assenza di punti di riferimento morali comportano molti ripieghi individualistici. La corruzione falsa alcune attività economiche. Dinanzi alla precarietà della loro situazione, troppi giovani cercano una compensazione sotto diverse forme di violenza o cedono ai richiami della droga. Vediamo moltiplicarsi le tentazioni di rifugiarsi nell'irrazionale o in raggruppamenti di tipo settario.

Certo, il carattere sommario di questo bilancio lo rende troppo severo.

Lascia in ombra molti successi personali e molte iniziative, da parte sia dei poteri pubblici che di associazioni private, per affrontare le carenze della vita urbana. Ma, neanche qui, la Chiesa può ignorare quanto provoca più sofferenze o quanto degrada la persona umana. So che le comunità cristiane, benché povere, si sforzano di vivere una solidarietà attiva e calorosa verso i loro fratelli e le loro sorelle più deboli, praticando nei loro confronti una condivisione generosa sia dal punto di vista materiale che culturale e spirituale. Esse in questo modo contribuiscono notevolmente a rendere umani questi ambienti di vita. Ricordando dinanzi a voi le azioni che traducono concretamente l'amore per il prossimo, vi incoraggio a promuovere ancora queste forme autentiche di testimonianza di rispetto per ogni uomo, nell'amore che è legge evangelica.


4. Vi siete spesso riferiti ad un elemento attualmente importante nella società del vostro paese, come d'altra parte in Europa, che è all'origine di molti dibattiti e tensioni. Penso alla presenza di numerose persone di origine straniera tra voi. Alcuni sono stati chiamati per lavoro, altri sono giunti, attirati da una prosperità che credevano accessibile, altri ancora, non potendo più vivere sicuramente nei loro paesi, cercano rifugio in una nazione che possiede una lunga tradizione di ospitalità. Da alcuni anni, specialmente a causa delle difficoltà economiche che si ripercuotono sull'impiego, constatiamo quelle che dobbiamo chiamare reazioni di rigetto, che colpiscono soprattutto gli immigrati o i rifugiati che si trovano in situazione precaria. Avete giustamente attirato l'attenzione a varie riprese su quanto vi è di sconvolgente negli atteggiamenti discriminatori. Infatti, non possiamo accettare il misconoscimento dei diritti umani di alcuni, il mantenimento delle separazioni familiari, la rottura della elementare solidarietà verso lo straniero cui si bloccherebbe così la via della speranza. Alcuni timori si appuntano sulla considerevole proporzione di fedeli dell'Islam tra gli immigrati in Francia. Gli avvenimenti dell'anno scorso hanno dimostrato, come mi avete detto, che dei cristiani possono incontrare i propri fratelli musulmani in una stessa ricerca della pace che trova la sua fonte nel Dio unico. Bisogna ricordare la posizione del Concilio Vaticano Secondo: il rispetto per le credenze non cristiane e quanto esse comportano di positivo, la possibilità di difendere con i loro fedeli dei valori essenziali, il desiderio di incontrarli nella verità. Per questo, è opportuno continuare ad incoraggiare il dialogo interreligioso con i Musulmani, in tutta chiarezza. Si tratta di conoscere meglio i loro valori spirituali e morali e, al tempo stesso, di consentire ad essi di avere una comprensione giusta della fede e della vita della Chiesa cui si accostano. A questo riguardo, è utile che sacerdoti e laici siano preparati a condurre questi dialoghi o a consigliare le comunità più coinvolte; gli educatori sono particolarmente coinvolti in quei luoghi in cui giovani di diverse provenienze religiose devono imparare a vivere amichevolmente insieme, pur restando fedeli alla fede e alle esigenze proprie. Gli orientamenti pubblicati di recente dalla Santa Sede sul dialogo interreligioso e l'annuncio del Vangelo aiuteranno ad affrontare giustamente i rapporti tra credenti.


5. Cari fratelli, le "cose nuove" della società del vostro paese che ho appena ricordato si accompagnano a quanto costituisce la vostra maggiore preoccupazione, la riduzione del numero dei fedeli attivi nella Chiesa, il progredire dell'indifferenza religiosa o dell'incredulità ed anche l'attrazione crescente di certi sincretismi. Prendete atto di questa realtà ogni giorno, contemporaneamente alla diminuzione della pratica religiosa; questo colpisce le diverse generazioni, i giovani in particolare; ciò riguarda la vita delle famiglie e la vita pubblica.

E' questa la ragione per cui tutta la Chiesa cattolica, da voi come altrove, è chiamata ad impegnarsi in quello che ho chiamato la "nuova evangelizzazione", il ché non significa evidentemente che si disconosca l'apostolato coraggioso e spesso fruttuoso condotto fin'ora.

Si tratta di prendere un nuovo slancio sul cammino apostolico. Si tratta di irradiare tutto l'ardore della fede in Gesù Cristo che abbiamo ricevuto come un dono e di annunciare ai nostri fratelli e alle nostre sorelle delle città e delle campagne l'amore di Dio che ci offre la salvezza in suo Figlio. Noi li esortiamo a formare insieme la comunità dei figli adottivi del Padre infinitamente misericordioso. Facciamo questo perché amiamo i nostri fratelli di quest'epoca, perché conosciamo le loro aspirazioni sincere e perché sappiamo che Dio chiama tutti gli uomini ad entrare nell'Alleanza con Lui.

Ogni battezzato riceve la missione di essere testimone, bisogna ricordarlo incessantemente. Ma è altrettanto chiaro che il messaggio non può essere completamente portato e reso credibile se non mediante il Corpo ecclesiale nel suo insieme. Per questo è più necessario oggi che mai promuovere comunità a misura dell'uomo: nelle zone rurali, malgrado i necessari raggruppamenti, è da auspicare che le comunità locali non si dissolvano; nelle città, sarà incoraggiata la vitalità di comunità quanto più possibile inserite nei quartieri che siano famiglie calorose. Le parrocchie restano il posto in cui fedeli dalle diverse sensibilità comunicano nella stessa liturgia, in cui i movimenti specializzati si incontrano, in cui le attività di catechesi, di formazione, di preparazione ai sacramenti, di apostolato o di reciproco aiuto si coordinano senza divisioni.

Sappiano tutti i fedeli costituire, nella gioia della loro comunione, il riflesso unificato del volto di Cristo, per essere insieme un segno autentico della sua presenza! E non dimentico le grandi riunioni ecclesiali, tanto numerose in questi tempi, presso le vostre Diocesi; esse sono utili per il rafforzamento dei fedeli nel complesso, per la reciproca conoscenza delle loro iniziative e delle loro esperienze e per la concreta manifestazione della loro unità.

Vi è un'altra esigenza per questa evangelizzazione rinnovata incessantemente: quella della chiarezza della parola che la esprime. I nostri contemporanei hanno bisogno di ascoltare l'annuncio in termini che possano comprendere. Uno di voi parla, giustamente, di trovare un "linguaggio catecumenale" affinché gli incontri siano dei dialoghi reali sulla fede esplicitamente proposta. Incoraggiate delle ricerche al tempo stesso teologiche e spirituali, culturali e pedagogiche per consentire ai membri della Chiesa di rispondere alle domande dei nostri fratelli e delle nostre sorelle di oggi, di far loro scoprire la Verità intera e di esortarli a condurre la loro vita personale e sociale secondo la luce di Cristo.


6. Al termine di questo incontro, vorrei offrirvi il mio appoggio fraterno nella vostra missione pastorale. Ne conosco le difficoltà, ne ho appena ricordate alcune che sono molto importanti. Ma so anche che nelle vostre Diocesi, gli operai del Vangelo lavorano con entusiasmo e generosità; sanno che "la speranza non delude" (Rm 5,5). Ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai laici incaricati di specifiche missioni, a tutti i fedeli delle vostre Diocesi, portate il cordiale saluto del Successore di Pietro e porgete loro i miei incoraggiamenti per i loro compiti e la loro testimonianza. Confidino nello Spirito del Signore, Spirito di amore e di verità! Camminando con Cristo, possano dire come i discepoli di Emmaus: "Non ci ardeva forse il cuore nel petto...?" (Lc 24,32).

Vi affido all'intercessione della Madre del Signore e dei Santi delle vostre Diocesi ed invoco su tutti voi la Benedizione di Dio.

Data: 1992-01-18 Data estesa: Sabato 18 Gennaio 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Interventi vari riguardo all'evolversi della guerra nel Golfo Persico - Città del Vaticano (Roma)