GPII 1992 Insegnamenti - La meditazione al termine dell'esecuzione dell'Oratorio sacro "Il Tesoro e la Sposa" su San Francesco d'Assisi - Pontificio Seminario Romano Maggiore al Laterano (Roma

La meditazione al termine dell'esecuzione dell'Oratorio sacro "Il Tesoro e la Sposa" su San Francesco d'Assisi - Pontificio Seminario Romano Maggiore al Laterano (Roma

Titolo: San Francesco ci ammonisce sull'unilateralità dello sviluppo scientifico-tecnico della nostra epoca

così, siamo tornati a San Francesco.

Questo ritorno è molto significativo e lo si deve spiegare all'interno di una certa dialettica della nostra storia, della nostra civiltà, della nostra eredità. Possiamo qui parlare della nostra eredità universale, ma in particolare di una eredità specifica propria del mondo occidentale. Questa eredità che si qualifica secondo le sue fonti, da una parte bibliche, dall'altra parte intellettuali e culturali, come giudeo-cristiana e greco-romana, Questa eredità occidentale, secondo i suoi frutti visibili, viene a volte accusata di essere all'inizio di un processo di grande progresso e di grande sviluppo, ma unilaterale. Noi certamente viviamo nell'epoca dello sviluppo scientifico-tecnico, ma ci rendiamo - o almeno dovremmo renderci - conto che questo sviluppo è unilaterale.

Ecco, torniamo a Francesco.

Questo ritorno a Francesco appartiene alla dialettica piena della nostra eredità, della nostra civiltà occidentale, anche nella sua prospettiva universale.

Questo ritorno a Francesco costituisce quasi una negazione, un contrasto rispetto a tutto quello di cui viene accusata la nostra civiltà: questo progresso unilaterale scientifico-tecnico. Francesco nella nostra eredità - non solamente quella giudeo-cristiana, evangelica, ma anche quella greco-romana - rappresenta un simbolo, ma soprattutto una realtà, in cui tutta questa unilateralità dello sviluppo, propria della civiltà occidentale, viene contrastata, viene superata.

Per questo torniamo sempre a S. Francesco. Ma si potrebbe dire semplicemente: per questo torniamo sempre a Gesù, al Vangelo attraverso Francesco.

Molti infatti sono convinti che nella storia della nostra tradizione, della nostra eredità, egli rappresenta un modello di uomo, di persona umana, più vicino a Gesù.

Un più perfetto imitatore di Gesù. Come persona, come realtà storica, come figura, come santo, in Europa - di cui è il simbolo - in qualche senso rappresenta il contrasto radicale dell'altro progresso, quello di cui siamo testimoni e utilizzatori, ma di cui a volte siamo anche vittime. Questo contrasto francescano consiste nel ritorno alla Creazione, al suo mistero. Questo ritorno al mistero della Creazione oggi forse potrebbero chiamarlo "movimento ecologico", ma questo è molto riduttivo, benchè invochino Francesco come Patrono. Questo è molto meno di ciò che egli rappresenta. Ritorno al mistero della Creazione, specifico di San Francesco, è ritorno attraverso il radicalismo evangelico della povertà, della castità e dell'obbedienza. Tutto ciò che è indicato come "consigli evangelici", tutto ciò in cui il Vangelo è più radicale rappresenta una sfida per le nostre tendenze umane, per le nostre tendenze che provengono dall'eredità del peccato originale. Tutto questo egli ha sposato - e oggi abbiamo ascoltato un oratorio su questo sposalizio di Francesco con "Madonna povertà", ma anche con "Madonna castità", e con "Madonna obbedienza". I tre consigli evangelici, le tre dimensioni dell'esistenza umana di Gesù, egli li ha sposati, li ha incarnati nei suoi tempi come protesta, anche, contro gli abusi dei suoi tempi, il secolo decimoterzo, quale potrebbe essere la protesta del nostro secolo, il secolo XX e i secoli successivi. Protesta costruttiva, non per negare i valori, perchè il progresso scientifico-tecnico rappresenta grandi valori. E questa strada in cui la nostra civiltà, la nostra storia è incamminata rappresenta molti valori, ma unilaterali: non rappresenta tutto e se si prende come tutto non arricchisce, ma impoverisce l'uomo, le persone, la comunità, le famiglie, i popoli, le nazioni. Forse questo è anche una diagnosi della nostra epoca, delle nostre società: noi ci sentiamo tanto ricchi, da una parte, e nello stesso tempo tanto poveri. Poveri non di questa povertà evangelica, ma di una povertà diversa. Abbiamo perso una dimensione della nostra vocazione umana, della nostra ricchezza umana. Ecco i tre consigli evangelici: questa povertà sposata a Francesco, questa castità, questa obbedienza sono una scoperta di ciò che nel senso più profondo arricchisce la nostra umanità.

Arricchisce perché mette ciascuno di noi dentro il mistero della Creazione, certamente, ma, soprattutto, dentro il mistero della Creazione attraverso il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione. Attraverso il mistero di Gesù.

Se pensiamo fino in fondo al mistero della Creazione, vediamo che esso vuol dire che abbiamo ricevuto e stiamo sempre ricevendo: c'è uno che ci dà in dono tutto questo di cui noi siamo esploratori; tutto questo soprattutto è un dono, tutto questo è bello, splendido in se stesso e si deve soprattutto guardare con ammirazione, si deve contemplare, si deve gioire. così si spiega la povertà di Francesco, la ricchezza della sua comunione con la Creazione, con il mistero della Creazione. No, non era solamente ecologista, era Santo. Viveva il mistero della Creazione e lo viveva attraverso il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione perchè se il Figlio di Dio si è fatto uomo, si è fatto creatura, è stato per confermare la Creazione in tutta la sua pienezza, soprattutto nella sua dimensione umana, e non si capisce l'uomo senza Cristo, come ci ha ricordato il Vaticano II; ma non solamente la creatura "uomo", ma tutte le creature, tutto il mistero del Creato. Il mistero della Creazione Egli l'ha confermato in modo divino, ci ha ricordato che tutto questo è dono. "Ti glorifico o Padre, perché hai rivelato queste cose ai semplici, e non ai sapienti". Non agli scienziati, ma ai semplici.

A coloro che sanno sposare la semplicità, la povertà, e che sanno sposare così profondamente il mistero della Creazione. Essi sanno bene che sono essi stessi un dono di Dio Creatore e Padre; sono donati e perdonati e gioiscono di questo mistero.

Naturalmente, non si tratta soltanto di una sola figura, di un solo Santo, Francesco; si tratta di tutta la grande tradizione evangelica, di tutta la grande tradizione cristiana, di tanti altri Santi e Sante nei diversi secoli e anche nel secolo nostro, perché anche nel nostro secolo non mancano i Santi. Si tratta nello stesso tempo della profondità della vocazione cristiana. La vocazione cristiana è sempre risposta a questa grande sfida: da una parte, quella del mondo in cui viviamo, della civiltà con la sua unilateralità di sviluppo e di progresso; dall'altra parte, quella del Vangelo che ci chiama a fare la scoperta, nel modo più profondo possibile, di ciò che significa "dono", "essere donato", "essere creatura", "essere redenti", "essere amati". Tutto questo, certamente, Francesco l'ha scoperto in modo emblematico, in modo esemplare e le sue stimmate, infine, furono la conferma di questa sua grande scoperta che era frutto della Grazia.

Grazie per questo ricordo della figura di San Francesco che è uno dei ricordi propri alla nostra epoca. Ritorniamo a Francesco, ritorniamo per diverse strade, per diversi aspetti, ma sempre ritorniamo per trovare in lui un bilanciamento a tutto quello cui ci ha portato la nostra civiltà unilaterale. Ritorniamo per ritrovare in lui la chiave della piena dialettica della nostra eredità, della nostra civiltà, della nostra tradizione. Noi occidentali, ma anche quelli di tutto il mondo, possiamo cercare attraverso Francesco tanti contatti con il mondo orientale, asiatico, e anche oltre.


Oggi celebriamo la festa della Madonna della Fiducia e veniamo in questa cappella dove la Madonna della Fiducia, Madre della Fiducia, ci affida soprattutto a coloro che sono passati in questo Seminario Romano. Stamane ho celebrato la Messa per il XXV anniversario di un gruppo di Sacerdoti che hanno ricevuto l'Ordinazione in questo Seminario, sotto l'auspicio della Madonna della Fiducia.

Anche noi che siamo qui, seminaristi e ospiti di questo Seminario, siamo tutti coinvolti in un grande e diversificato processo vocazionale. Tutti chiedono a Gesù, al Padre: "Quale è la mia strada? Dove devo andare? Che cosa scegliere?". E' una domanda benedetta. Questa domanda deve incontrare la risposta che si trova nella tradizione della Madonna della Fiducia, perché trovare la propria vocazione - sacerdotale, o religiosa, o coniugale: cristiana - significa trovare in fin dei conti la fiducia: in Dio, in se stesso. In se stesso attraverso la Grazia di Dio, l'amore di Dio. Trovare la fiducia. Ecco, a questo ritrovamento ci conduce Maria.


Come ha condotto San Francesco e tanti altri Santi, così conduce sempre ciascuno di noi, ognuno nel modo proprio. Vi auguro che questo incontro, questo odierno, ma anche i tanti altri incontri che si fanno in questa cappella del Seminario Romano, siano fruttuosi in fiducia. così la scoperta della propria vocazione, sarà una scoperta gioiosa, come gioioso era Francesco - pur tanto sofferente, tanto provato in modi diversi; anche le stimmate erano un grande privilegio ma anche una grande sofferenza: raffigurato a Cristo crocifisso, portava i segni della crocifissione nel suo corpo - era gioioso, era uomo di grande gioia e questa gioia si sente attraverso le generazioni e attraverso i secoli. Era un Santo gioioso. Si diceva una volta: "Santo triste, triste Santo". Certamente, Francesco non lo era e se la sua attrazione, il suo fascino, il suo lavoro si prolunga attraverso i secoli, ebbene, certamente questo è anche la sua gioia specifica, la sua allegria che ce lo spiega. Ce lo spiega con la sua persona, con la sua santità, con il suo mistero.

Auguro a tutti, avvicinadosi già il periodo quaresimale, che esso sia fruttuoso, cioè anche gioioso.

Data: 1992-02-29 Data estesa: Sabato 29 Febbraio 1992


L'omelia durante la Messa per la comunità parrocchiale di San Paolo della Croce a Corviale

Titolo: Nelle vostre mani c'è il futuro della città: sentitevi responsabili e fieri di offrire una testimonianza cristiana capace di rinnovare la società

Carissimi fratelli e sorelle della Parrocchia di San Paolo della Croce!


1. Sono venuto tra voi come vostro Vescovo, per compiere la visita pastorale.

Essa, fin dai tempi del Concilio di Trento, rappresenta uno dei principali doveri del Vescovo, in risposta alle giuste attese dei fedeli. Nella visita pastorale il Vescovo si fa più vicino, anche fisicamente, ai suoi fedeli. La sua presenza ricorda che Dio stesso si è paragonato al pastore. Lo ha fatto nell'Antico Testamento, attraverso le parole dei profeti, come queste di Ezechiele: "Io stesso cerchero le mie pecore e ne avro cura. Andro in cerca della pecora perduta e ricondurro all'ovile quella smarrita, fascero quella ferita e curero quella malata, avro cura della grassa e della forte, le pascero con giustizia" (34,11.16). Ma lo ha fatto soprattutto nel Nuovo Testamento, quando Gesù ha detto: "Io sono il buon pastore" (Jn 10,11) e a Pietro ha ordinato in seguito di pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle.


2. Frequentando la vostra Chiesa, voi avete imparato a riconoscere Dio per Padre e i propri simili come fratelli e sorelle, che vivono come in una sola famiglia spirituale, quella dei figli di Dio, in forza della Parola del Signore, del Battesimo e degli altri Sacramenti della fede cristiana. Ora stiamo per celebrare insieme l'Eucaristia, la quale rende presente tra noi il grande Pastore delle pecore, Gesù Cristo, rinnova il sacrificio di valore infinito da Lui offerto per la nostra salvezza, fa elevare a Dio la lode e il ringraziamento senza fine e, alla mensa del Signore, imbandisce la cena della comunione intima tra Lui e le nostre anime. Nella liturgia della parola il Vangelo di Luca ci ha riproposto l'interrogativo di Gesù: "può forse un cieco guidare un altro cieco?" (6,39). Il Signore intende dire che una guida non può essere cieca, deve vedere bene, se non vuol rischiare di arrecare danno alle persone che le sono state affidate. Gesù richiama così l'attenzione di tutti coloro che hanno compiti educativi o di comando: i pastori d'anime, i reggitori dei popoli, i legislatori, i maestri, i genitori, esortandoli ad avere coscienza, a sentire la responsabilità, ad interrogarsi sulla strada giusta e a percorrerla essi stessi per primi.


3. E il percorso giusto è quello tracciato dal divin Maestro. Lo ha detto Lui stesso con un'espressione semitica, che suona così: "Il discepolo non è da più del maestro, ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro" (Lc 6,40). Con essa Gesù si presenta come Modello e ci invita a seguire la sua condotta e i suoi insegnamenti. Solo così si è guide sicure e sagge. Gli insegnamenti del Signore, per quanto attiene alla vita morale, sono contenuti principalmente nel discorso della montagna, che da tre domeniche leggiamo nella celebrazione della Santa Messa. Nel brano d'oggi troviamo un'altra frase molto significativa, quella che esorta a non essere presuntuosi e ipocriti. "Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non t'accorgi della trave che è nel tuo?" (Lc 6,41). Com'è facile scorgere i difetti e i peccati altrui e non vedere i propri! E come possiamo accorgerci se il nostro occhio è libero o se è impedito da una trave? La verifica ci viene dalle nostre azioni. E' ancora Gesù che ce lo dice: "Ogni albero si riconosce dal suo frutto" (Lc 6,44). Il frutto sono le azioni, ma anche le parole. Anche da queste si conosce la qualità dell'albero. Infatti, chi è buono trae fuori dal suo cuore e dalla sua bocca il bene e chi è cattivo trae fuori il male. Questo insegnamento di Gesù fa eco agli antichi detti sapienziali del Siracide, che abbiamo ascoltato nella prima lettura: "Il frutto dimostra come è coltivato l'albero, così la parola rivela il sentimento dell'uomo" (Si 27,6).


4. La Chiesa, che è a Roma, in questo tempo sta percorrendo un cammino di rinnovamento del suo modo di vivere la propria fede. E' il cammino sinodale, che è iniziato nel 1986 per stimolare gli animi a più saldi legami di carità e ad una più robusta ed esemplare predicazione del Vangelo. In questo periodo stiamo concentrando i nostri sforzi sulla famiglia, alla quale si riferiscono, e dentro la quale si ripercuotono, i problemi morali, educativi e sociali del nostro tempo.

Vi esorto ad essere "saldi e irremovibili" (cfr. 1Co 15,58) nell'edificazione delle famiglie nuove, secondo gli insegnamenti di Gesù Cristo, radicandole nel suo amore, che è dono, sacrificio e gioia. Esorto gli sposi a perseverare negli impegni assunti, sia nella costruzione del bene reciproco, sia di quello dei figli. Esorto tutti a vincere la stanchezza, che viene dalle pressioni del mondo e dagli ostacoli della vita quotidiana. Anche quando vi sentite circondati dall'indifferenza e dall'egoismo reagite caritatevolmente come figli di Dio e cristiani veri. Voi siete una porzione della nuova Roma, cresciuta negli ultimi decenni. Di fronte a voi e nelle vostre mani c'è il futuro di questa Città.

Sentitevi responsabili e fieri di offrire una testimonianza cristiana capace di rinnovare interiormente ed esteriormente la società.


5. Nella consapevolezza di questo comune impegno spirituale, unitamente al Cardinale Vicario, Camillo Ruini, e al Vescovo Ausiliare del Settore, Monsignor Cesare Nosiglia, saluto tutti voi, cari fedeli di questo vasto quartiere di Corviale, e vi ringrazio per la vostra partecipazione a questa celebrazione eucaristica. Saluto specialmente il Parroco, Don Valerio Nardo, e tutti i sacerdoti che prestano la loro collaborazione nella cura delle anime. Il mio pensiero va, pure, agli appartenenti ad Istituti Religiosi, maschili e femminili, che portano il loro qualificato contributo alle attività parrocchiali: i Padri dell'Istituto della Consolata, le Suore dell'Istituto "Regina Pacis", le Figlie di Nostra Signora di Monte Calvario, le Suore Missionarie di Madre Teresa di Calcutta e le Pie Discepole del Divin Maestro. Desidero salutare pure tutte le componenti più impegnate nelle iniziative promosse dalla Parrocchia: il gruppo dei catechisti e delle catechiste, che si dedica alla importante missione della illuminazione ed edificazione delle menti e delle coscienze; quello caritativo, che segue anzitutto le famiglie o le persone che si trovano in difficili situazioni materiali e morali, come pure le persone anziane e quelli che soffrono perché portatori di handicap o vittime della droga; ricordo inoltre il gruppo di preghiera che si incontra in varie circostanze, ma soprattutto per l'adorazione dell'Eucaristia e per la recita del Rosario. Esprimo il mio incoraggiamento a quanti sono impegnati nella promozione delle opere sociali con un forte accento di testimonianza cristiana; penso soprattutto alle ACLI e al Servizio Sociale Parrocchiale. So che siete passati attraverso numerose difficoltà e prove, prima di ottenere gli alloggi dove ora vivete. Auguro che presto possiate risolvere i problemi che ancor oggi affliggono il vostro quartiere, a motivo delle carenze di infrastrutture, del degrado ambientale e di alcune piaghe sociali, che sono tipiche delle grandi periferie urbane del nostro tempo. Fa ben sperare, pero, il fatto che la Parrocchia, impiantata qui prima ancora che il quartiere fosse abitato, è viva e costituisce un forte elemento di aggregazione per tutti, specialmente per coloro, e sono la stragrande maggioranza, che riconoscono l'importanza della fede cristiana e dei legami che nascono da essa.


6. Cari fratelli e sorelle, mercoledi prossimo daremo inizio al tempo sacro della Quaresima. Sia per tutti voi questo tempo forte dell'anno liturgico un'occasione provvidenziale per rinnovare l'impegno, sempre necessario, di totale conversione a Cristo mediante la meditazione della parola di Dio, la preghiera, la penitenza e la vita sacramentale. Date spazio in questa stagione dello spirito al Sacramento della Riconciliazione, che restituisce alle anime la piena amicizia con Dio e con il prossimo.

Vi invito fin d'ora a partecipare alla intensità del periodo quaresimale nella Chiesa universale e specialmente nella Chiesa di Roma. E salutandovi così uniti nella chiesa, in questo sacro spazio, saluto anche tutti gli altri parrocchiani che in questo momento non sono qui, ma sono legati a noi nella nostra solidarietà, nella nostra amicizia, in questo amore reciproco che contraddistingue la comunità cristiana.

Amen!

Data: 1992-03-01 Data estesa: Domenica 1 Marzo 1992

Ai bambini della parrocchia di San Paolo della Croce - Corviale

Titolo: La Chiesa è la "casa" dell'amicizia con Cristo Gesù

Sappiamo che questa parrocchia è famosa a causa del suo palazzo più grande, il più grande di Roma, forse d'Italia, del mondo: il più grande e il più lungo, oltre un chilometro. Ma ci sono tante belle cose soprattutto nel vostro comportamento, in tutto quello che avete detto, cantato e anche suonato.

Vi ringrazio per questa accoglienza. Vedo che vi siete preparati alla visita di oggi e sono molto grato per questa vostra disponibilità, direi per questa vostra amicizia, perché la più bella parola che si è ascoltata durante il nostro incontro è stata: amicizia. E qui vorrei aggiungere subito le parole di Gesù che ha detto ai suoi apostoli: non vi chiamero più servi, ma vi chiamero amici. E Gesù ha spiegato che non solamente saranno chiamati amici, ma saranno amici. Penso a questa parola soprattutto nel contesto della vostra catechesi che è preparativa al Sacramento della Prima Comunione e poi al Sacramento della Cresima.

Tutte queste preparazioni e questi Sacramenti sono segni di amicizia che Gesù Cristo, Figlio di Dio, nostro Redentore, ha per noi, per ciascuno di noi, come aveva per i suoi apostoli. Questa sua amicizia per ciascuno di noi comincia nel Sacramento del Battesimo. Noi lo riceviamo attualmente da piccoli, da neonati, e allora non ci rendiamo conto di questo, come invece una volta i primi cristiani facevano, dopo una preparazione lunga, dopo un lungo catecumenato. Invece ci prepariamo alla Prima Comunione già da ragazzi, e tanto più alla Cresima, già da giovani, e possiamo capire meglio quella che è l'amicizia di Gesù verso di noi e quella che deve essere la nostra amicizia ricambiata, reciproca, verso di Lui. Io vi auguro di conoscere questa amicizia di Gesù perché egli ha detto ai suoi apostoli che l'amico conosce tutto quello che è nel suo amico. Voi dovete conoscere bene quello che appartiene all'amicizia di Gesù verso tutti gli uomini, non solamente verso i suoi apostoli, ma verso tutti noi, perché noi siamo i discendenti di questi apostoli come Chiesa. E dovete poi pensare ancora di più come ricambiare questa amicizia, come offrire a Gesù la nostra amicizia reciproca, che è sempre deficiente nei confronti della sua, ma è sempre necessaria e deve essere sempre approfondita, perfezionata. Dopo la Prima Comunione che ricevete da bambini, poi passate agli anni successivi e come giovani ricevete la Cresima, che è una conferma dell'amicizia di Gesù verso di noi e deve essere anche la conferma dell'amicizia nostra verso Gesù.

Allora, mi concentro su questa parola, su questa realtà che è l'amicizia. Auguro a voi tutti di essere veramente amici di Cristo: non solamente di godere del nome, dell'appellativo di amici, ma di essere amici. Cercate di essere amici di Gesù! E io ho buona speranza, perché avete dimostrato tanta amicizia verso il Papa, non a causa del Papa, ma a causa di Gesù. Sono pieno di tante speranze per la vostra futura amicizia verso Gesù stesso durante la vostra giovinezza e durante tutta la vita.

Un ultima osservazione vorrei fare. Se alcuni dicono che la vostra chiesa non è tanto bella, non vi preoccupate. La chiesa è sempre bella perché nella chiesa è sempre Gesù nostro amico. E' un ambiente dell'amicizia. Le cose architettoniche possono essere discusse, sono discutibili. Invece questa è una realtà essenziale della Chiesa: essa è l'ambiente, la casa dell'amicizia di Gesù verso di noi e della nostra amicizia verso di Lui. Con queste parole e con questo incontro vorrei anche inaugurare la visita alla parrocchia di San Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti. così sono già accolto nella vostra parrocchia attraverso i più giovani parrocchiani.

Data: 1992-03-01 Data estesa: Domenica 1 Marzo 1992

Al consiglio pastorale della parrocchia di San Paolo della Croce - Corviale

Titolo: Aprite il vostro cuore alle necessità e ai bisogni degli altri

Vi ringrazio per la vostra presenza e anche per queste parole che ho potuto ascoltare, che esprimono la natura stessa del Consiglio pastorale.

Esprimono una sollecitudine, esprimono una preoccupazione, molte preoccupazioni.

Se torniamo indietro, al modello di ogni pastoralità nella Chiesa, Gesù Cristo Buon Pastore, troviamo gli stessi accenti, gli stessi elementi. C'è anche questa preoccupazione, questa sollecitudine, questa disponibilità. Gesù ha detto: il Buon Pastore dà la sua vita. Ci sono modi diversi di dare la propria vita. Ma certamente il pastore è quello che è sempre disponibile ad essere per gli altri.

Così si dà la propria vita: non bisogna chiudersi, vivere entro orizzonti chiusi, egoistici, egocentrici, ma aprirsi, vedere le necessità, essere disponibile a collaborare, ad aiutare, a sconsigliare o a consigliare. Poi dovete portare tutto questo insieme nella comunità, perché voi siete un consiglio-comunità, intorno al parroco, per compiere insieme - sacerdoti e laici - questo compito di "Buon Pastore" nella vostra parrocchia. Certamente il vostro Patrono, Fondatore dei Passionisti, San Paolo della Croce, ha avuto questo spirito in modo specifico, fondando la sua Congregazione. Aveva la stessa disponibilità, in grado superiore, eroico.

Quando penso a queste parole, quando rispondo alla vostra presenza e alle vostre parole, porto ancora nella memoria e nel cuore la scorsa domenica, quando ho visitato le comunità africane: Senegal, Gambia e Guinea Conakry. Lo dico per sottolineare quella comunione che ci unisce fra i Continenti, fra i popoli.

Questa comunione che ci unisce è una similitudine, un'immagine di quella suprema comunione che Dio stesso è in sé, Padre, Figlio e Spirito Santo. Allora, pensate anche a questi vostri fratelli africani, neri, che sono tanto buoni. Sono una piccola comunità di fronte alla maggioranza musulmana. Ma con questi musulmani vivono in buona solidarietà e questa è una grande consolazione, una grande promessa per il futuro. Una parola per i nostri fratelli africani che ho visitato come Vescovo di Roma: sono andato da Vescovo di Roma, non perdendo le mie radici petrine, anzi, nel nome di queste radici, di questo ministero petrino.

Data: 1992-03-01 Data estesa: Domenica 1 Marzo 1992

Ai giovani della parrocchia di San Paolo della Croce - Corviale

Titolo: Un progetto di vita personale e apostolica nutrito d'amore

Ecco, è già tracciato il programma ulteriore: dobbiamo prenderci per mano e cantare insieme. Ma prima, ancora qualche parola. Soprattutto io devo ritornare indietro. Non a Czestochowa, al 15 agosto. Sarebbe anche questo molto utile; ma basta tornare indietro di una settimana. Ho avuto incontri in tre Paesi con i giovani africani, neri. Penso che fra loro una parte erano musulmani, perché i cattolici sono minoranze: 5 per cento, 4 per cento, 2 per cento. L'incontro meglio preparato, più splendido direi, degno di una capitale mondiale, era quello di Dakar, dove i giovani hanno raccontato tutta la storia del loro popolo, della loro vita: storia nel senso di passato e anche delle prospettive future. Poi, un altro incontro c'è stato con i giovani della scuola cattolica della Gambia e ancora un incontro con i giovani della Guinea-Conakry, un Paese che ha sofferto molto durante almeno venti anni di una dittatura brutale di tipo marxista, un po' modellata sulla dittatura dei tempi di Stalin in Unione Sovietica. Quando il Papa viaggia nei Paesi africani, per esempio, poi rende conto, racconta questo davanti ai giovani italiani, romani soprattutto, perché è sempre Vescovo di Roma e i giovani di Roma hanno diritto di ascoltare dalla sua bocca questa breve relazione sui giovani dei Paesi africani.

Sono molto grato della vostra presenza, della vostra accoglienza, dei canti nella chiesa, durante la celebrazione eucaristica. Ho cercato di paragonarne la forza: certamente gli africani cantano in modo stupendo, con una forza stupenda, con la forza delle voci, ma gli italiani non sono tanto lontani da loro.

E' andato bene il canto...

Saluto tutti i gruppi. In questa stessa sala ho visto stamattina i bambini. E quando sono entrato qui, la prima riflessione e il primo pensiero è stato: non sono più bambini, sono giovani. E questo essere giovani poi si esprimeva in tutto quello che dicevate. I bambini sono bambini; i giovani hanno già un progetto di vita personale, ma anche apostolico. E lo si è visto nel primo discorso e nel secondo discorso, quest'ultimo con coloritura fortemente mariana, perché G.A.M. è l'abbreviazione di Gioventù Ardente Mariana. Allora, vi ringrazio per questo ardore che traspariva anche attraverso le parole e attraverso le vostra grida. Ti amiamo, dicono sempre: noi giovani ti amiamo. Ma il Papa sa che un amore vero è sempre esigente. Allora, il Papa deve comportarsi bene, se è amato così ardentemente, con questo ardore. Io vi ringrazio per questo amore, perché mi spinge, mi presenta le esigenze del mio ministero a Roma, come Vescovo di Roma, ma anche Petrino, in Africa e dove mi porta la Provvidenza.

Adesso dobbiamo arrivare alla conclusione proposta: darci la mano, fare una "catena" e poi cantare, per concludere il nostro incontro e per augurarvi una buona continuazione in questa comunità giovanile nella parrocchia di San Paolo della Croce.

(Ai fedeli:) Ringrazio per la vostra accoglienza, per la partecipazione molto vivace alla Santissima Eucaristia e a tutta la visita. Saluto tutti. Io penso che salutando quanti abitano in questo grande palazzo, il più lungo del mondo - come mi ha spiegato il vostro parroco - questo "arcipalazzo", allora saluto già almeno la metà della parrocchia, dei parrocchiani. Ma saluto anche tutti gli altri, che abitano le case grandi e piccole, e vi auguro una buona continuazione, superando sempre le difficoltà che si trovano sulla vostra strada come comunità, come comunità civile e anche come parrocchia.

Data: 1992-03-01 Data estesa: Domenica 1 Marzo 1992

Angelus: Nell'anno del V centenario dell'inizio dell'evangelizzazione del Nuovo Mondo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'Immacolata Concezione di Washington renda sempre più incisiva la presenza evangelizzatrice della Chiesa

Carissimi fratelli e sorelle!


1. L'itinerario spirituale, che stiamo percorrendo in occasione del quinto Centenario della scoperta e dell'evangelizzazione dell'America, ci porta oggi presso la Basilica-Santuario nazionale dell'Immacolata Concezione, a Washington, Capitale degli Stati Uniti d'America. Solennemente dedicato nel 1959, questo tempio rappresenta una vivida testimonianza del ruolo rilevante, che la devozione mariana occupa nella tradizione religiosa dei cattolici nordamericani. Infatti, l'amore per la Madre di Dio, costituisce una singolare componente dell'eredità spirituale trasmessa a quel nobile ed immenso paese dagli evangelizzatori e dagli emigranti cattolici, che là giunsero da diverse parti del mondo. Esattamente due secoli or sono, nel 1792, il primo Vescovo cattolico, Mons. John Carroll, pose la giovane Nazione sotto la protezione della Santa Vergine, mentre, nel 1846, il Papa Pio IX, accogliendo l'istanza dei Presuli americani riuniti per il Sesto Concilio Provinciale di Baltimora, proclamo l'Immacolata Concezione Patrona degli Stati Uniti d'America.


2. Costante è l'afflusso di pellegrini degli Stati Uniti e dell'intero Continente ai piedi della Vergine Immacolata nello splendido tempio, dalle maestose linee architettoniche, aperto al culto nel 1926. In particolare, nella Cappella di Nostra Signora di Guadalupe accorrono frequentemente fedeli di origine latino- americana, molto numerosi negli Stati Uniti e che costituiscono oggetto di speciale attenzione da parte della Chiesa. Come ebbi a dire, quando anch'io ebbi la gioia di recarmi colà il 7 Ottobre 1979, "questo Santuario ci parla con la voce di tutta l'America, con la voce di tutti i figli e le figlie dell'America, che qui si recarono provenendo da differenti Paesi del Vecchio Mondo", al fine di "raccogliersi attorno al cuore della Madre comune".

3. In occasione delle celebrazioni giubilari, anche i Pastori degli Stati Uniti, unendo la loro voce a quella dell'Episcopato latino-americano, hanno invitato il popolo cristiano a far si che il 1992 "sia un anno di nuovo impegno per vivere e condividere, nell'ambito privato e pubblico, il Vangelo di Gesù Cristo". Nella Lettera pastorale, che porta il significativo titolo di "Eredità e Speranza", essi affermano che è molto importante tenere presente "il ruolo fondamentale che l'evangelizzazione ha giocato nella formazione della civiltà attuale del nostro Continente", in modo che, riflettendo sul passato si possano affrontare, "con coscienza rinnovata, le sfide del nostro tempo". "Come Chiesa" - essi ricordano - siamo una presenza permanente del Vangelo di Cristo; tutti chiamati a lavorare "con rinnovato zelo per l'evangelizzazione, la giustizia e la pace, come anche per dare risposta alle necessità dei poveri".

Alla vigilia ormai della Quaresima, domandiamo a Maria Immacolata di intercedere perché la presenza evangelizzatrice della Chiesa sia sempre più incisiva in ogni angolo del Continente americano.

(Omissis, saluto in spagnolo alla Comunità Neocatecumenale di "Murcia y Cartagena" (Spagna)) Rivolgo un saluto particolare ai numerosi partecipanti alla "Giornata della Pace e dell'Amicizia negli stadi", promossa dall'Associazione Calcio Pavia.

Vi esprimo il mio compiacimento per codesta vostra manifestazione, con la quale intendete sesibilizzare l'opinione pubblica sulla necessità di far cessare negli stadi i riprorevoli atteggiamenti di intolleranza e di violenza, che talvolta, stravolgendo lo spirito del vero agonismo sportivo, sfociano in tragici episodi. Mentre ringrazio per la vostra presenza a questo incontro domenicale, auguro ogni successo alle iniziative da voi promosse.

Saluto pure i giocatori, gli accompagnatori e i parenti dell'Associazione Sportiva della Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, in diocesi di Prato. A tutti auguro buona domenica!

Data: 1992-03-01 Data estesa: Domenica 1 Marzo 1992




GPII 1992 Insegnamenti - La meditazione al termine dell'esecuzione dell'Oratorio sacro "Il Tesoro e la Sposa" su San Francesco d'Assisi - Pontificio Seminario Romano Maggiore al Laterano (Roma