GPII 1992 Insegnamenti - Ad un pellegrinaggio dell'Arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche - Città del Vaticano (Roma)

Ad un pellegrinaggio dell'Arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dare un senso all'impegno del cristiano significa vivere con coerenza e con coraggio la vocazione del credente

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Circa un anno fa ho avuto la gioia di visitare l'Arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche e mi resta viva nello spirito la memoria di quel breve soggiorno.

Quanto grande e gradito è, infatti, il ricordo, che conservo in cuore, della vostra terra, del vostro popolo, generoso ed accogliente! L'incontro odierno mi riporta a quei giorni e mi offre l'occasione di rinnovarvi l'espressione della mia cordiale gratitudine. Anche oggi, come allora, la vostra Chiesa diocesana si raccoglie tutta idealmente attorno al Successore di Pietro. Questa volta il nostro appuntamento ha luogo presso la tomba dell'Apostolo. Voi siete venuti qui, nel centro della cristianità, per ricambiare la mia visita; siete venuti soprattutto per testimoniare in maniera corale e sentita l'unica fede sulla quale si fonda la vita di ogni credente e dell'intero popolo cristiano. Vi saluto con affetto.

Saluto, in particolare, il vostro Pastore, l'Arcivescovo Monsignor Francesco Gioia; i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i rappresentanti dell'Azione Cattolica e dei vari Movimenti; saluto le varie componenti dell'Arcidiocesi, che riunisce due Chiese locali - Camerino e San Severino Marche - ricche entrambe di una lunga tradizione spirituale. Il mio deferente pensiero si rivolge, poi, all'Onorevole Arnaldo Forlani, ed ai rappresentanti delle Pubbliche Istituzioni, che hanno voluto essere presenti a questa speciale Udienza. Siate tutti benvenuti!


2. La vostra tradizione religiosa è segnata da numerose ed incisive testimonianze di santità. Penso, ad esempio, ai Santi originari della vostra Regione, come San Venanzio, San Severino, Sant'Ansovino, San Nicola da Tolentino, San Pacifico e la Beata Battista Varano. Penso, ancora, ai Santi che hanno soggiornato nella vostra terra: San Francesco d'Assisi, San Giacomo della Marca, San Leonardo da Porto Maurizio, San Paolo della Croce, San Gaspare del Bufalo, San Gabriele dell'Addolorata ed il Beato Rizzerio da Muccia. Essi costituiscono punti di saldo riferimento evangelico e dal loro amore a Cristo ognuno di voi può trarre incoraggiamento e sostegno per perseverare nell'adesione piena al Vangelo in questo nostro tempo, segnato da molteplici e radicali mutamenti sociali e culturali. Durante la suggestiva celebrazione eucaristica nella Cattedrale della vostra Arcidiocesi, in occasione della solennità di San Giuseppe dello scorso anno, ebbi a dirvi: "Ogni Chiesa particolare, ogni parrocchia, ogni famiglia è chiamata a dare un nome all'impegno del cristiano, affinché egli, fin dai primi anni della fanciullezza, approfondendo la conoscenza di Cristo, imparando ad amare ed a seguire il Salvatore, interrogandosi con animo aperto e generoso sulla volontà di Dio, scopra la propria missione e la conduca a compimento con gioia e perseveranza". Si tratta di un programma apostolico esigente, è vero, ma solo dalla sua messa in atto coraggiosa possono scaturire i frutti di santità e di rinnovamento che tutti auspicate.


3. Dare un nome all'impegno del cristiano significa prendere sul serio la propria vocazione di credente, "proclamare con coraggio e coerenza il nome di Gesù".

Questa è la consegna che vi ho lasciato durante il mio pellegrinaggio apostolico e questa è ancora l'esortazione che adesso vi rinnovo, rallegrandomi con voi per lo zelo con cui vi dedicate all'annuncio e alla testimonianza del Vangelo. Certo, non sono poche le difficoltà, non mancano gli ostacoli e le umane debolezze, ma vi sostenga in ogni circostanza la forza dello Spirito "che dà la vita" (Jn 6,63).

Non dimenticate mai, carissimi fratelli e sorelle, che il Signore "nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione in Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce" (1P 1,3-4). E' in Cristo che si trova il principio sicuro della nostra esistenza: è Cristo la nostra fondamentale e definitiva speranza. Mediante il battesimo siamo stati inviati a proclamare il suo nome con coraggio e coerenza.

Per tale ragione il nostro sforzo di conversione al suo Vangelo, messaggio concreto di salvezza per ogni essere umano, deve farsi costante. Nell'itinerario pastorale delle vostre comunità, date sempre la priorità alla preghiera, all'ascolto della Parola di Dio, alla contemplazione, e alla docile obbedienza alla voce dello Spirito Santo. Cresca tra di voi la comunione e la collaborazione, condizioni indispensabili perché il mandato apostolico ricevuto dal divin Redentore possa recare abbondanti frutti spirituali a vantaggio dell'intero popolo di Dio.


4. Sapendo, inoltre, quale rilevanza abbia nella vita e nella missione della Chiesa il problema vocazionale, vi esorto a promuovere con ardore una attenta pastorale giovanile, specialmente fra i numerosi studenti che frequentano l'Ateneo camerte, sede universitaria di grande valore storico. Le molteplici vocazioni particolari nella Chiesa sono doni del Signore. Vanno implorate con l'orazione incessante e fiduciosa, vanno favorite con la coerente testimonianza evangelica.

Come ebbi a dirvi nel corso della mia visita dell'anno passato, "le vocazioni nascono e si sviluppano in comunità vive, fervorose e fedeli al Vangelo". Il Signore renda viva, fervorosa e fedele al Vangelo ciascuna vostra parrocchia e comunità. E' l'auspicio che formulo di cuore, implorando a tal fine la materna intercessione della Madre di Dio, venerata in Camerino con il titolo di "Santa Maria in via" ed invocata con fede in ogni angolo dell'Arcidiocesi. Vi sia di sostegno anche la Benedizione Apostolica: benedico volentieri voi qui presenti, le persone che vi sono care, e ogni componente della Comunità diocesana, in modo particolare gli ammalati e quanti soffrono nel corpo e nello spirito.

Il Papa prega per voi. Pregate anche voi per me che vi ricordo e vi amo!

Data: 1992-03-14 Data estesa: Sabato 14 Marzo 1992

Ai ragazzi e ai giovani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: visita alla Tomba dell'Apostolo Pietro

Carissimi ragazzi e giovani! Vi ringrazio per questa visita alla Tomba dell'Apostolo Pietro. Essa testimonia, ne sono certo, il vostro ardente desiderio di ascoltare il suo insegnamento. Il giorno di Pentecoste, davanti ad una grande folla venuta da ogni parte del mondo, Pietro annuncio che Gesù, morto sulla croce, era risorto.

All'udire quelle parole, le persone presenti si sentirono come trafiggere il cuore e gli chiesero: cosa dobbiamo fare? L'Apostolo rispose: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati" (Ac 2,38). Anch'io, in questo tempo di Quaresima, voglio invitarvi a cambiare la vostra vita per dare il primo posto a Gesù Cristo! Nasca in voi il desiderio di accoglierlo sempre più generosamente, crescendo non solo nel fisico, ma anche nello spirito di fede. La fede vuol dire che quello che siamo e facciamo ha un significato: è la compagnia di Dio che, in Gesù Cristo, ha vinto le nostre paure. Ognuno di noi è amato da Dio stesso, è assunto da Lui nella sua povertà, e avvalorato dalla sua grazia. I ragazzi e i giovani capaci di ringraziare per quello che sono e di condividere con gli altri ciò che hanno, scoprono la "perla preziosa", di cui parla il Vangelo, e trovano se stessi. Chi dona la propria vita per la causa del Vangelo, non la perde, ma l'avvalora infinitamente, perché già esperimenta la gioia di essere con il Signore. Vivete così la vostra vita, cari giovani, e scoprirete che essa è un dono meraviglioso di Dio, che vi chiama alla sua amicizia e al suo amore. Saluto, infine, i fedeli delle numerose Parrocchie provenienti da varie Diocesi d'Italia. Penso, in particolare, a quella del SS.mo Redentore di Ruvo di Puglia, che celebra il novantesimo anniversario di fondazione.

Carissimi, insieme con i vostri pastori, attingete sempre alle sorgenti della fede e della comunione con Dio, e fatevi messaggeri della carità di Cristo nelle vostre Comunità e nei vostri ambienti di vita. Imparto a tutti la mia Benedizione.

Data: 1992-03-14 Data estesa: Sabato 14 Marzo 1992

Al Commendator Luciano Guerri - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Telegramma per la morte del Cardinale Sergio Guerri

Nell'apprendere la triste notizia dell'improvvisa scomparsa del suo dilettissimo zio Cardinale Sergio Guerri del titolo del SS. Nome di Maria al Foro Traiano desidero esprimerle il mio cordoglio e la mia partecipazione al dolore per il grave lutto e mentre ricordo la sua zelante vita sacerdotale ed episcopale ed il suo lungo e fedele servizio alla Chiesa nelle funzioni di Segretario dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e di Pro-Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano innalzo fervide preghiere di suffragio invocando dalla Divina Bontà la pace e il meritato riposo eterno a chi nelle responsabilità ricoperte ha saputo dare generosa testimonianza di fede cristiana e di amore a Cristo sacerdote eterno ed invio di cuore a lei familiari e a quanti hanno beneficiato delle sue doti di mente e di cuore la mia confortatrice Benedizione Apostolica.

Data: 1992-03-15 Data estesa: Domenica 15 Marzo 1992

L'omelia durante la Messa per la comunità parrocchiale di Gesù di Nazareth

Titolo: Il Sinodo pastorale diocesano è la via per attuare gli itinerari di educazione alla fede

Carissimi fratelli e sorelle della Parrocchia "Gesù di Nazareth"!


1. In questa seconda domenica di Quaresima la liturgia ci presenta l'episodio della Trasfigurazione del Signore sul monte Tabor, la quale tocca il suo vertice nelle parole del Padre: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!" (Lc 9,35). Contempliamo questo evento emozionante, nel quale Gesù manifesto la sua gloria, per predisporre i discepoli prediletti al duro passaggio della sua passione. Scrive Luca: "Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e sali sul monte a pregare" (Lc 9,28). E' una caratteristica di Luca quella di mettere in evidenza la consuetudine di Gesù con la preghiera, come momento di solitudine, di contemplazione e di intimità col Padre. L'Evangelista ci riferisce che era in preghiera al Giordano, quando la voce del Padre si rivelo per la prima volta (3,21); prima di scegliere i Dodici, allorché passo la notte in orazione (6,21); nei suoi frequenti ritiri in luoghi solitari (5,5-16) e, soprattutto, nel Getsemani, dove "inginocchiatosi, pregava: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice" (22,39-46). Questi esempi e le frequenti esortazioni da lui rivolte ai discepoli ci dicono che la preghiera deve avere il primo posto nella vita cristiana, specialmente in questo tempo di Quaresima, che è tempo privilegiato di comunione con Dio.


2. Sul Tabor, mentre appunto Gesù pregava, il suo volto cambio d'aspetto, la sua veste divenne candida e sfolgorante, e apparvero accanto a lui due uomini, Elia e Mosè, i quali parlavano "della sua dipartita, che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme" (Lc 9,31), cioè della sua prossima passione e morte. Mosè ed Elia sono personaggi celebri dell'Antico Testamento: uno il condottiero e il legislatore del popolo, l'altro il profeta del fuoco che distrugge l'iniquità; due prefigurazioni del Messia, nuovo liberatore e portatore sulla terra del nuovo fuoco della salvezza. La bellezza della visione affascina i tre Apostoli. Pietro desidera prolungare il più possibile quella esperienza beatificante ed esclama: "Maestro... facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia" (Lc 9,33). Ma mentre così parlava, venne una nube e li avvolse. Non vedendo più nulla, provarono paura, ma furono riconfortati dalla voce del Padre. Il Tabor è mistero di gloria e di passione. Infatti San Luca prima di descrivere la trasfigurazione riporta l'annuncio che Gesù fa della sua morte: "Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno" (Lc 9,33). Anche nella scena della trasfigurazione la morte del Cristo appare come il tema della conversazione fra Mosè ed Elia. Questa morte è detta "esodo", cioè dipartita: Gesù "partirà" passando dalla passione alla gloria, dal pellegrinaggio terreno al trionfo celeste. Anche il prefazio di questa domenica richiama il legame tra la passione e la glorificazione del Signore: "Egli, dopo aver dato ai discepoli l'annunzio della sua morte, sul santo monte manifesto la sua gloria e... indico agli Apostoli che, solo attraverso la passione, possiamo giungere con lui al trionfo della risurrezione". E' quest'ultimo aspetto del mistero che prevale nella trasfigurazione.


3. Ma l'episodio della trasfigurazione di Gesù è anche sorgente di fede particolarmente significativa, una tappa di quell'itinerario di fede, lungo il quale con tanta pazienza il Signore guido i suoi discepoli. La fede è la scelta di Dio al di sopra delle cose visibili. La fede è l'adesione a Lui con tutta l'anima.

La fede permette di vedere tutto ciò che esiste con lo sguardo di Dio. Senza fede non si può piacere a Dio. Gesù ha chiesto apertamente di credere in Lui. E gli Apostoli, dopo tante esitazioni, hanno finalmente abbracciato la fede in modo totale e irreversibile, fino alla testimonianza suprema del sangue. La liturgia della Parola insiste sulla fede, insiste anche riportando sia l'esempio di Abramo, il quale "credette al Signore che glielo accredito come giustizia" (Gn 15,6), e insiste anche l'esortazione di San Paolo ai Filippesi, ai quali l'Apostolo dice che solo per fede si può rimanere saldi nel Signore e raggiungere la patria celeste, dove il nostro misero corpo sarà trasfigurato, cioè reso conforme al suo corpo glorioso (cfr. Ph 3,18-19).


4. Cari fratelli e sorelle! Nella Lettera che indirizzai circa un anno fa alla Diocesi di Roma, ebbi a ricordare che Roma è chiamata a una speciale esemplarità cristiana, perché a lei giustamente guardano tutte le altre Chiese. Purtroppo essa oggi, più che nel passato, conosce la sfida massiccia della secolarizzazione, che si traduce in una condotta di vita, come se Dio non esistesse. Per questo chiedevo di far convergere in uno slancio unitario le molte energie che lo Spirito Santo le ha donato, perché giunga a tutti l'annuncio e la testimonianza di Gesù Cristo, unico Redentore dell'uomo. E indicavo nel cammino del Sinodo Pastorale Diocesano la via per attuare gli itinerari di educazione alla fede. Nella vostra parrocchia, grazie all'impegno dei Sacerdoti, dei Religiosi e dei Laici, si stanno realizzando tali direttive con lodevoli iniziative pastorali a favore della famiglia, dei giovani e degli adulti. L'attenzione con cui intendete rivivere lo spirito della Famiglia di Nazareth già nelle strutture architettoniche e funzionali del complesso parrocchiale in via di ultimazione, e ancor più negli atteggiamenti spirituali e morali della comunità, è segno di autentica adesione al Vangelo. Se incontrerete difficoltà materiali e morali, nella struttura del quartiere e nelle scelte di vita dei suoi abitanti, non perdetevi d'animo. La fede in Gesù Cristo, l'adesione ai suoi insegnamenti e l'atteggiamento caritatevole verso tutti, anche i lontani e gli erranti, avranno la meglio sulle forze del male.


5. E adesso insieme al Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale, al Vescovo del Settore, Monsignor Salvatore Boccaccio, insieme al Parroco, Don Andrea Santoro, ai Religiosi e alle Religiose che collaborano in questa zona, saluto voi tutti, cari fedeli, che prendete parte alla vita della Parrocchia. Desidero salutare, altresi, i giovani del Circolo ricreativo (AIRS), quelli dell'Azione Cattolica e di altri Movimenti ecclesiali, i quali testimoniano la loro fede con gioia e con entusiasmo. Rivolgo un pensiero grato ai membri del Consiglio Pastorale e di quello per gli Affari economici, come pure ai rappresentanti della Caritas, i quali promuovono iniziative umanitarie a favore dei malati, degli anziani, degli emarginati e dei tossicodipendenti. Mentre li ringrazio per la loro opera in campo sociale, desidero informarvi che il Cardinale Vicario e il vostro Vescovo Ausiliare in questi mesi mi hanno tenuto al corrente della prova dura in cui molti di voi sono coinvolti: so che diversi posti di lavoro sono venuti a mancare nell'area tiburtina della Diocesi e che molte aziende si trovano in gravi difficoltà. La Chiesa non può rimanere insensibile a questa sfida, che rischia di condizionare la serenità delle famiglie e il futuro dei nostri giovani. Di cuore prego per tutti voi. Preghiamo insieme. Mi aspetto che in questa Chiesa romana, prima e meglio che altrove, sia recepito l'insegnamento tradizionale della Chiesa, che io stesso ho ribadito anche nella Lettera Enciclica "Centesimus annus", e cioè che la via della solidarietà tra tutte le parti sociali è imprescindibile in una società che voglia ispirarsi al Vangelo. Vi esorto a vivere intensamente il mistero della redenzione nello spirito dell'antica massima ascetica: per crucem ad lucem! E' questo il mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo, che riviviamo soprattutto in questo tempo di Quaresima. E' il mistero che riviviamo nei sacramenti della fede. Riscoprite in questi santi giorni il sacramento della penitenza o riconciliazione, che vi fa passare dalle tenebre del peccato alla luce della grazia e dell'amicizia con Dio Padre. Voi siete ben consapevoli della grande forza spirituale che questo sacramento ha per la vita cristiana: esso vi fa crescere nell'intimità con Dio, vi fa riacquistare la gioia perduta e godere della consolazione di sentirsi personalmente accolti dall'abbraccio misericordioso di Dio. Solo così possiamo trasfigurarci, come il Signore sul monte Tabor, e risplendere di luce limpidissima davanti al mondo, che ancora non conosce il Signore Gesù; solo così saremo un giorno accolti dal Padre con le parole rivolte al Figlio suo: "Questi è il Figlio mio prediletto, in cui mi compiaccio" (Mt 3,17).

E con queste parole voglio augurarvi di vivere in profondità il grande mistero della Trasfigurazione del Signore.

Amen!

Data: 1992-03-15 Data estesa: Domenica 15 Marzo 1992

Ai bambini della parrocchia di Gesù di Nazareth

Titolo: Voi siete la "grande festa" di Gesù

Il Papa si è complimentato con il piccolo Davide con queste parole: "Il vostro collega ha fatto un bel discorso. Potrebbe essere, non so, onorevole. Ma, i bambini non fanno ancora le elezioni, non hanno un proprio parlamento, ma lo hanno a modo loro...".

Dopo aver salutato tutti, dai bambini e dalla bambine dell'asilo fino agli adulti, ai genitori, ai catechisti e agli insegnanti, il Santo Padre si è soffermato a spiegare la frase del canto con il quale è stato accolto: "la festa siamo noi". "Questo è vero - ha detto subito il Santo Padre - la festa siete voi, grazie a ciò che siete come ragazzi, ragazze, giovani. La festa è in voi. La festa di ogni famiglia di questa comunità parrocchiale di Roma. La festa è manifestazione della vita, della dignità dell'uomo e poi, la festa della speranza, perché i giovani, i bambini ci indicano il futuro, che speriamo migliore, sempre migliore. Si deve sempre migliorare la vita umana e speriamo che voi lo potrete fare meglio di noi. Ma, d'altra parte, quando voi cantate: "la festa siamo noi" e aggiungete "l'Alleluja" allora dobbiamo comprendere che noi ci prepariamo a quella festa centrale che chiamiamo la "Pasqua del Signore nostro Gesù Cristo". Questa è la festa del "Giorno che ha fatto il Signore", giorno in cui egli ha manifestato la potenza della vita che viene da lui, la vita che supera la morte ed anche la morte dello spirito che è il peccato. Questa "festa delle feste" è la risurrezione del Signore ed a questa festa noi ci prepariamo attraverso il cammino liturgico quaresimale".

Dopo aver ricordato la sublimità della Quaresima, il Santo Padre si è soffermato sul mistero della Trasfigurazione di Gesù riproposto dal Vangelo di Luca. "Prima di essere torturato e e crocifisso Gesù dà ai suoi apostoli una testimonianza soprannaturale che viene da suo Padre. Gli Apostoli dovevano essere preparati attraverso la Trasfigurazione di Gesù verso i giorni della passione di Gesù quando lo vedranno umiliato, flagellato, crocifisso, distrutto corporalmente.

Questa è l'ora della grande prova. Prepariamoci tutti insieme alla celebrazione della Pasqua e alla celebrazione della Liturgia di questa Domenica. Vi ringrazio poi per quanto avete assicurato al Papa. Avete assicurato soprattutto con occhi aperti, e con cuore aperto la spontanea preghiera per il Papa. Pregate per me sempre fin quando il Signore mi permetterà ancora di servire la sua Chiesa come Vescovo di Roma.

"Gioisco profondamente perché la vostra parrocchia fa parte della Chiesa di Roma, della universalità di questa Chiesa. Auguro a voi bambini di crescere nella consapevolezza di essere cittadini e cristiani della Chiesa di Roma".

Data: 1992-03-15 Data estesa: Domenica 15 Marzo 1992

Ai giovani della parrocchia di Gesù di Nazareth

Titolo: Siate testimoni del "sursum corda"

Vi ringrazio per il messaggio molto ricco. Ma, prima di tutto vorrei farvi una domanda: "Cosa si cantava nella casa di Gesù di Nazareth?". Noi non lo sappiamo. Ma oggi, certamente, nella parrocchia di Gesù di Nazareth si è cantato.

Si è cantato, e si è cantato molto bene. E questo è già una risposta. I giovani hanno cantato e questo è connaturale al loro spirito, alla loro giovinezza di cantare, di esprimere a voce i loro spiriti, i loro cuori. Il canto è un piccolo mistero non soprannaturale, ma, mistero umano. Il canto esprime lo spirito umano nel senso che il canto cerca il bello, il vero, il buono. Con il canto si cerca tutto quello che fa elevare la nostra personalità umana. Il canto è prezioso nella Chiesa; è un "sursum corda".

Nel vostro messaggio sottoscritto, firmato da alcuni giovani, vedo un segno credibile, tangibile di questo (sursum corda), di questa disponibilità di vivere non solamente dentro se stessi o per se stessi, ma di vivere per gli altri, per la comunità, per la Chiesa.

In questo Gesù ci ha dato l'esempio più perfetto. Egli è l'uomo per gli altri. Alcuni definiscono Gesù così. Non è una definizione sufficiente. Ma è una definizione anche vera.

Vedo in questa vostra dichiarazione l'espressione della vostra maturità giovanile. Avete chiesto al Papa che vi indichi gli impegni. Posso indicarvi gli impegni piuttosto in modo globale, non in modo particolare. Fate tutto ciò che serve al "sursum corda": elevare i cuori delle persone povere, abbattute e depresse. Bisogna elevare i loro cuori. Già si vede qui un campo grande di lavoro e la vostra buona volontà può trovare qui applicazione. Poi fate anche quanto serve ad illuminare i nostri intelletti, la nostra mente e la mente degli altri.

Per servire gli altri bisogna illuminare in primo luogo se stessi. E' un apostolato questo. E' un'opera di amore trasmettere la verità agli altri. Allora il bene, il vero e il bello devono irradiarsi. Bisogna rendere la vita più bella nel senso più profondo della parola. Tutto questo è dietro i tre termini: bello, vero, buono. E' questo il campo per la vostra applicazione concreta. Affidatevi poi a voi stessi, al vostro giovane vice parroco per l'applicazione concreta. E' anche lui un giovane tra voi giovani. Cercate con lui le possibili applicazioni per voi e per la vostra comunità.

Devo ora prendere congedo da questa Nazareth per fare ritorno in Vaticano per la recita dell'Angelus.

Grazie, avete cantato molto bene.

Data: 1992-03-15 Data estesa: Domenica 15 Marzo 1992

Al mondo del lavoro della parrocchia di Gesù di Nazareth

Titolo: E' l'uomo il criterio di ogni soluzione

Il problema è concreto. Vi ringrazio per questo incontro anche perché attraverso questo incontro vedo l'Italia, vedo l'Europa. Tutti questi problemi appartengono al programma europeo, alla Comunità Europea. Questa Europa, dall'Atlantico agli Urali, deve affrontare questi problemi che sono reali ad ovest come ad est. Dentro questi problemi c'è, pero, sempre l'uomo, la persona umana, la famiglia. Questo deve rimanere il criterio fondamentale di ogni soluzione. Cento anni fa, Leone XIII lo ha espresso e sottolineato nella sua Enciclica, la prima Enciclica sociale, "Rerum novarum". Qualche progresso si è fatto ma vi sono ancora tanti progressi da fare.

Auguro a voi, alle vostre famiglie, alla vostra comunità di lavoro di accelerare questo progresso per il bene comune.

Data: 1992-03-15 Data estesa: Domenica 15 Marzo 1992

Rito funebre in suffragio del cardinale Sergio Guerri nella Basilica Vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In ogni suo impegno fu soprattutto un sacerdote a totale servizio di Dio e della Santa Chiesa

"Fratelli, la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori..." (Rm 5,5).


1. Queste parole di San Paolo, nella lettera ai Romani, illuminano in modo significativo la celebrazione funebre in suffragio dell'amato nostro fratello, il Cardinale Sergio Guerri: anche lui ci ha lasciati per il cielo, ricco di meriti e di esperienze, all'età di quasi ottantasette anni. Come sapete, la sua morte è avvenuta domenica sera, appena terminata la celebrazione della Santa Messa. Da alcuni giorni non si sentiva bene e, nonostante il suggerimento di non celebrare a motivo delle precarie condizioni di salute, volle offrire il Divin Sacrificio. E fu l'ultima sua Messa! Mentre dalla Cappella ritornava in camera, si è accasciato al suolo ed è morto. Ci ha lasciati così, improvvisamente. Conserveremo sempre il ricordo del suo esempio di sacerdote appassionato e generoso, del suo lavoro meticoloso e intenso, del suo amore prudente e lungimirante per la Sede Apostolica, della sua carità verso tante persone ed Istituzioni, del suo apostolato per le vocazioni sacerdotali. Con la sua morte, avvenuta in circostanze tanto significative, il Cardinale Guerri sembra soprattutto voler rivolgere a noi sacerdoti, giovani ed anziani, l'ammonimento, fraterno ma severo, a celebrare sempre la Santa Messa come se fosse l'ultima, come un incontro mistico ma reale con Colui che ci attende per l'eternità, ben convinti che dall'unico Sacrificio del Calvario, che si rinnova sull'altare, scaturisce la salvezza e la santificazione delle anime. La Celebrazione Eucaristica è stata al centro di ogni sua giornata ed ha costituito la sorgente a cui alimentava il suo impegno spirituale. Possiamo dire - come deve essere di ogni sacerdote - che la Messa è stata la ragione della sua vita. A tal proposito torna alla memoria quanto scrive l'Autore dell'"Imitazione di Cristo": "Grande mysterium et magna dignitas Sacerdotum: quibus datum est quod Angelis non est concessum!" (L. IV, c. V, 1).


2. Ricevuta l'Ordinazione Sacerdotale nella Diocesi di Tarquinia, dopo aver conseguito le Lauree in Filosofia, in Teologia e in "utroque iure", il giovane Don Sergio Guerri esercito il ministero in diocesi fino al 1937, ricoprendo vari incarichi di responsabilità e dimostrando, nei diversi uffici della Curia Vescovile, e particolarmente reggendo l'amministrazione dell'Orfanotrofio "Barbarigo", doti amministrative non comuni, unite a saggezza, a bontà d'animo ed umana sensibilità. Nel 1937, chiamato a Roma con l'incarico di Economo nel Pontificio Collegio Urbano di "Propaganda Fide", iniziava il secondo periodo della sua esistenza sacerdotale. Ricopri successivamente la mansione di Officiale presso l'Istituto per le Opere di Religione, ove nel 1946 veniva nominato Sostituto-Segretario. Fu poi Pro-Segretario e, nel 1951, Segretario della Commissione Cardinalizia per l'Amministrazione dei Beni della Santa Sede. Nel novembre 1968 assunse l'alto impegno di Pro-Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano. Nell'aprile del 1969 Paolo VI lo elevava alla dignità cardinalizia. In tutti questi anni quanti delicati e complessi lavori Egli ha svolto con maestria ed efficacia! Ricordiamo, tra gli altri, il suo servizio alla Chiesa come Delegato per l'Amministrazione Speciale della Santa Sede, affidatagli dal mio Predecessore Giovanni XXIII, l'interessamento per la manutenzione dei Pontifici Seminari Regionali, la responsabilità del settore amministrativo del Concilio Vaticano II, con i molti problemi tecnici e logistici che egli segui personalmente insieme con l'apposito Segretariato. Si occupo, inoltre, della costruzione dell'Aula "Paolo VI" e di altre molteplici realizzazioni nell'ambito del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Ricordiamo anche che il 25 aprile 1952 Monsignor Guerri veniva nominato Canonico di questa Patriarcale Basilica di San Pietro, nel cui Capitolo ricopri a più riprese l'officio di camerlengo. In ogni suo impegno il Cardinale Guerri fu e volle essere soprattutto un sacerdote a totale servizio di Dio e della Chiesa. Ebbe profonda e convinta pietà eucaristica, congiunta a prudenza, saggezza e indubbie capacità professionali. Sempre fedele ed obbediente ai Superiori, lavoro con piena dedizione, senza risparmio di tempo e di fatica. Persona di poche parole, ma schiette ed efficaci, raggiunta nel 1980 l'età del meritato riposo, lascio i suoi incarichi, iniziando così il terzo ed ultimo periodo della sua vita, nel silenzio e nella preghiera, lieto di aver servito il Signore e la Santa Sede.

Visse questi anni in attesa, come ricorda il Vangelo, del Padrone, con la cintura ai fianchi e la lucerna accesa, pronto ad aprirgli subito, appena fosse arrivato a bussare.


3. Davanti alla sua salma, ai piedi dell'altare, ascoltiamo, fratelli e sorelle carissimi, il suo silenzioso insegnamento. Del Cardinale Guerri, che agli anni della diretta attività pastorale ha fatto seguire oltre cinquant'anni d'impegno negli Uffici del Vaticano, ci colpisce la costante disponibilità ad operare per il Regno di Dio, venendo incontro alle esigenze degli organismi centrali della Sede Apostolica, a servizio della Chiesa universale. E' questo un conforto ed una esortazione per quanti lavorano nella Curia Romana: talvolta il lavoro umile e nascosto di chi opera negli Uffici potrebbe apparire burocratico, potrebbe diventare pesante e monotono, suscitando una certa nostalgia per la diretta attività pastorale. Anche questi servizi sono una missione apostolica, un ministero salvifico e santificatore. Scrivendo al discepolo Timoteo, San Paolo dettava le consolanti parole, che tante volte abbiamo avuto modo di meditare: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia, che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno, e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione" (2Tm 4,7-8). "In quel giorno!...". Per il Cardinale Guerri è arrivato "quel giorno" e certamente egli è andato a ricevere dal Signore "la corona di giustizia", poiché ha combattuto la buona battaglia, ha mantenuto la fede. Noi ricordiamo con affetto questo nostro fratello, mentre a suffragio della sua anima offriamo il Sacrificio della salvezza, che Egli per l'ultima volta ha celebrato immediatamente prima della chiamata al Cielo.

Maria Santissima, che Egli ha amato ed invocato con devozione, ottenga a Lui la gloria e la felicità nel Signore ed a noi la forza e l'impegno di operare sempre con il medesimo spirito che ha animato l'esistenza del Cardinale Guerri.

Amen!

Data: 1992-03-15 Data estesa: Domenica 15 Marzo 1992

Alla Giunta dell'"Orfeo Català" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nel centenario di questa istituzione

Mi è molto gradito salutare cordialmente il Presidente e i membri della Giunta dell'"Orfeo Català", accompagnati dal Signor Cardinale Narciso Jubany, Arcivescovo Emerito di Barcellona, i quali, in occasione del centenario di questa grande istituzione barcellonese e seguendo la tradizione cristiana delle generazioni precedenti, hanno voluto avere questo incontro con il Papa, riaffermando ancora una volta la loro vicinanza alla Sede di Pietro.

Vedo con piacere che le attività dell'"Orfeo", dalla sua fondazione, hanno dato un valido apporto alla diffusione della musica, anche al di fuori della Catalogna. I suoi diversi interventi sono nell'ambito della formazione musicale e hanno anche una dimensione artistica, con una vasta proiezione culturale e sociale. Il suo lungo lavoro, nel campo della ricerca musicale e delle pubblicazioni specializzate, ha meritato diversi riconoscimenti. Ma è stato, soprattutto, il costante appoggio del nobile popolo catalano il principale supporto al suo apprezzato cammino professionale.

Tutta l'attività musicale richiede dedizione e impegno costante. Si tratta di uno sforzo gratificante che eleva l'animo rendendolo più sensibile ai valori spirituali. La musica è un linguaggio che favorisce la comunione dei cuori.

Per questo invito i membri dell'"Orfeo" affinché con il canto e le diverse melodie, che rappresentano così bene i valori spirituali e la cultura catalana, superando tutti i tipi di frontiere, camminino nel mondo portando agli altri un messaggio di pace e fratellanza.

Prima di concludere questo incontro, vi prego di portare l'affettuoso saluto del Papa a quanti fanno parte e collaborano direttamente alle attività dell'"Orfeo Català", così come alle loro famiglie, mentre imparto a tutti la Benedizione Apostolica.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1992-03-16 Data estesa: Lunedi 16 Marzo 1992

Ai partecipanti ad un convegno promosso dal Centro di bioetica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Di fronte al mistero della morte la fede cristiana si propone come sorgente di serenità e di pace

Illustri Signori e Signore!


GPII 1992 Insegnamenti - Ad un pellegrinaggio dell'Arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche - Città del Vaticano (Roma)