GPII 1992 Insegnamenti - Ai partecipanti ad un convegno promosso dal Centro di bioetica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore - Città del Vaticano (Roma)


1. Sono lieto di accogliere questa mattina, in speciale Udienza, tutti voi, organizzatori e convegnisti, che prendete parte al primo Congresso internazionale sul tema: "L'assistenza al morente. Aspetti socioculturali, medico-assistenziali e pastorali", promosso dal Centro di Bioetica che l'Università Cattolica del Sacro Cuore ha istituito al proprio interno già dal 1985. Vi ringrazio per la visita e porgo a ciascuno il mio deferente benvenuto. Rivolgo, in particolare, il mio pensiero riconoscente a Mons. Elio Sgreccia, che ha ben interpretato i comuni sentimenti. La scelta del tema è stata certamente dettata dalla opportunità di offrire una risposta chiara e motivata ai molteplici interrogativi e timori che circondano l'evento della morte. Nella nostra società si è ad esso raramente preparati e, per questo, nel corso dei lavori congressuali, avete cercato di mettere in evidenza i molti e complessi aspetti della delicata problematica che lo avvolge: si tratta di aspetti sociologici, clinici e antropologici; si tratta ancora di risvolti teologici, etici e pastorali.


2. Emerge, dalla morte, il dramma dell'essere umano: l'uomo, di fronte a tale traguardo, non può fare a meno di porsi la domanda sul senso del proprio esistere nel mondo. La letteratura antica e moderna, la filosofia, la sociologia, l'etica e la morale, l'arte e la poesia, si interrogano a proposito di così fondamentale e ineliminabile argomento. Le risposte, pero, risultano talora confuse, contraddittorie o addirittura disperate. Ogni persona ricerca il benessere materiale e talora in maniera esasperata, ma si trova a sperimentare, suo malgrado, il limite invalicabile della sofferenza e della morte; limite accompagnato da incertezza e solitudine, inquietudine ed angoscia. Davanti al mistero della morte si rimane impotenti; vacillano le umane certezze. Ma è proprio di fronte a tale scacco che la fede cristiana, se compresa ed ascoltata nella sua ricchezza, si propone come sorgente di serenità e di pace. Alla luce, infatti, del Vangelo, la vita dell'uomo assume una nuova e soprannaturale dimensione. Ciò che sembrava senza significato acquista senso e valore.


3. Quando viene meno il riferimento al messaggio salvifico della fede e della speranza e s'allenta, di conseguenza, l'appello della carità, subentrano principi pragmatici e utilitaristici che giungono a teorizzare come logica e persino giustificabile la soppressione della vita, se essa è ritenuta di peso per se stessi o per gli altri. Spinta da alcune ideologie, amplificate dai mass-media, l'opinione pubblica rischia, così, di tollerare o, addirittura, di giustificare comportamenti etici in netto contrasto con la dignità della persona: si pensi, ad esempio, all'aborto, all'eutanasia precoce dei neonati, al suicidio, all'eutanasia terminale e ai molteplici, preoccupanti interventi riguardanti il campo genetico.

Di fronte a casi particolarmente drammatici e sconcertanti, anche i credenti potrebbero restare perplessi, quando venissero a mancar loro punti di riferimento saldi e convincenti. Quanto necessario è, quindi, formare le coscienze secondo la dottrina cristiana, evitando opinioni incerte e dando adeguate risposte a dubbi insidiosi, affrontando e risolvendo i problemi con un costante riferimento a Cristo e al magistero della Chiesa.


4. Nei confronti, in particolare, dell'avvenimento ineluttabile della morte, la Chiesa ripropone, basandosi sulla Parola di Cristo, il suo perenne insegnamento, valido oggi come ieri. La vita è dono del Creatore, da spendere al servizio dei fratelli, ai quali, nel presente piano di salvezza, può sempre recare un giovamento. Non è, pertanto, mai lecito intaccarne il corso, dall'inizio al suo termine naturale. Essa, invece, va accolta, rispettata e promossa con ogni mezzo, e difesa da ogni minaccia. Al riguardo è utile richiamare quanto la Congregazione per la Dottrina della Fede ha affermato nella "Dichiarazione sull'eutanasia" del 5 maggio 1980: "Niente e nessuno può autorizzare l'uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzante. Nessuno, inoltre, può richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo. Si tratta, infatti, di una violazione della legge divina, di un'offesa alla dignità della persona umana, di un crimine contro la vita, di un attentato contro l'umanità" (n. II). Circa, poi, il cosiddetto "accanimento terapeutico", che consisterebbe nell'uso di mezzi particolarmente sfibranti e pesanti per il malato, condannandolo di fatto ad un'agonia prolungata artificialmente, la citata Dichiarazione così prosegue: "Nell'imminenza di una morte inevitabile, nonostante i mezzi usati, è lecito in coscienza prendere la decisione di rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all'ammalato in simili casi" (n. IV). D'altra parte la medicina dispone, oggi, di mezzi che permettono il sollievo del dolore nel giusto rispetto della persona del malato.


5. Momento veramente misterioso è la morte. Evento da circondare di affetto e di rispetto. Opportunamente, nell'ambito del vostro Congresso, non avete trascurato le problematiche inerenti alla cura umana e spirituale dei pazienti in fase terminale. Accanto alla persona che si dibatte tra la vita e la morte, occorre soprattutto una presenza amorevole. La fase terminale, un tempo accompagnata abitualmente dall'assistenza dei familiari in un clima di pacato raccoglimento e di cristiana speranza, nell'epoca attuale rischia spesso di svolgersi in ambienti affollati e movimentati, sotto il controllo di personale medico sanitario preoccupato prevalentemente dell'aspetto biofisico della malattia. Si afferma così sempre di più quel fenomeno della medicalizzazione della morte, che è sentito in misura crescente come poco rispettoso della complessa situazione umana della persona sofferente. La consapevolezza che il morente si appresta ad incontrare Iddio per l'eternità deve spingere i parenti, le persone care, il personale medico, sanitario e religioso, ad accompagnarlo in questo tratto decisivo della sua esistenza con sollecitudine attenta ad ogni aspetto, compreso quello spirituale, della sua condizione. Coloro che sono ammalati e soprattutto i morenti - come ho avuto modo di ricordare in altre precedenti circostanze - non devono mancare dell'affetto dei loro familiari, della cura dei medici e degli infermieri, del sostegno dei loro amici. L'esperienza insegna che, al di là dei conforti umani, fondamentale importanza ha l'aiuto che al morente viene dalla fede in Dio e dalla speranza nella vita eterna.


6. Illustri Signori e Signore! Con vivo apprezzamento per il vostro lavoro, vi incoraggio a proseguire nell'impegno a difesa e promozione della vita.

Testimoniate il "Vangelo della vita". Sentitevi responsabili di questo annuncio e proclamatelo "anche a costo di andare contro corrente, con le parole e con le opere, davanti ai singoli, ai popoli e agli Stati, senza alcuna paura" (Lettera ai Vescovi del mondo intero, dopo il Concistoro Straordinario del 4-7 Aprile 1991).

Quando curate la malattia e difendete la vita, voi prestate con competenza e responsabilità un qualificato e qualificante servizio all'umanità. Vi sostenga, in tale missione, la protezione di Maria, Madre del Verbo Incarnato, e vi accompagni anche la mia Benedizione.

Data: 1992-03-17 Data estesa: Martedi 17 Marzo 1992

Visita "ad limina" dei Presuli della Gran Bretagna provenienti dalle provincie di Westminster, Southwark e Birmingham - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solo una lettura autentica del Concilio Vaticano II offre l'ispirazione per il rinnovamento della Chiesa

Cari confratelli Vescovi,


1. Con immensa gioia porgo il mio benvenuto a voi, membri della Conferenza Episcopale di Inghilterra e del Galles, Pastori delle Province di Westminster, Southwark e Birmingham. Uno degli scopi principali delle visite quinquennali dei Vescovi del mondo a questa Sede Apostolica è quello di rendere omaggio ai sepolcri dei Principi degli Apostoli, Pietro e Paolo. In questo senso, la visita ad Limina è un pellegrinaggio spirituale verso le origini della Chiesa, nel tempo in cui il Creatore divino affido le ricchezze della sua grazia agli Apostoli per "pascere e sempre più accrescere il popolo di Dio" (LG 18). La vostra presenza non è puro adempimento di un dovere amministrativo o giuridico del vostro Ministero, ma è una manifestazione di autentica fratellanza e di comunione nell'amore di Cristo, il Pastore Supremo (1P 5,4), che mando, e continua a mandare, i suoi vicari e i suoi ambasciatori, "affinché, partecipi della sua potestà, rendessero tutti i popoli suoi discepoli, li santificassero e li governassero" (LG 19). Saluto ognuna delle Chiese che voi presiedete in carità e servizio. Insieme a voi ringrazio Dio per la fede e la vita cristiana consacrata dei vostri sacerdoti, dei vostri religiosi e dei vostri laici, per l'unione di tutti i fedeli attorno ai loro Pastori e con il Successore di Pietro, il fondamento centrale e tangibile della perfetta unità della Chiesa. Vi incoraggio sentitamente a continuare a rafforzare l'affectus collegialis, che dovrebbe caratterizzare tutti i rapporti fra i Vescovi, in seno alla vostra Conferenza e nei confronti dei Confratelli Vescovi di tutto il mondo. In questo modo, la Conferenza, senza indebolire la responsabilità personale di ogni membro, vi permetterà di collaborare meglio dinanzi alle sfide non indifferenti dell'attuale epoca di evangelizzazione e di missione.


2. Riflettendo sul nostro ministero episcopale, mentre ci avviciniamo alla fine del Secondo Millennio Cristiano, ci rendiamo conto di come quasi ogni problema ed ogni attività sia strettamente legato all' idea che noi abbiamo della Chiesa stessa. Siamo gli eredi di un lungo e fruttuoso sviluppo, nel corso del quale la Chiesa ha acquistato una consapevolezza più profonda della sua stessa natura e della sua missione universale (cfr. LG 1). Nella sua Enciclica Ecclesiam suam, Papa Paolo VI indico questa consapevolezza quale tema unificante dell'immensa opera di studio e di riflessione poi realizzata dal Concilio Vaticano II: "la Chiesa in questo momento" scrisse "deve riflettere su se stessa per confermarsi nella scienza dei divini disegni sopra di sé, per ritrovare maggiore luce, nuova energia e migliore guadio nel compiere la propria missione e per determinare i modi migliori per rendere più vicini, operanti e benefici i suoi contatti con l'umanità" (Ecclesiam Suam, 1). Dobbiamo, invero, ringraziare Dio perché, dalla forza del Signore Risorto, la Chiesa oggi "trova la forza ... per svelare al mondo, con fedeltà, anche se sotto ombre, il mistero del Signore, fino a che alla fine dei tempi sarà manifestato nella pienezza della sua luce" (LG 8).

Un'attenzione così grande al mistero della Chiesa, suggerita e guidata dal Concilio, è infatti un grande dono di Dio ed è stata fonte di benefici immensi per il mondo. Certamente, è stata una ricca sorgente di spiritualità e di impegno apostolico per milioni di fedeli ad ogni livello della vita ecclesiale. La Sessione Straordinaria del Sinodo dei Vescovi del 1985, vent'anni dopo, defini il Concilio non soltanto "una grazia di Dio e un dono dello Spirito Santo", ma anche "una legittima e valida espressione e interpretazione della testimonianza di fede come si trova nelle Sacre Scritture e nella tradizione vivente della Chiesa" (Relazione finale, I, 2). Questa è la chiara verità e convinzione che deve caratterizzare tutto l'insegnamento, tutto il ministero e tutta l'attività pastorale. E' la verità su cui si sono basati tutti i documenti post-conciliari del Magistero Papale, favorendo un rinnovamento e un adattamento che non solo è utile e benefico, ma è anche strettamente conforme all'autentica dottrina e tradizione cattolica. Allo stesso tempo, dobbiamo essere illuminati dal fatto che la Sessione Straordinaria del Sinodo del 1985, indetta per riflettere su come si era mossa la Chiesa per mettere in atto il Concilio Vaticano II, sollevo una voce di monito a tal riguardo. I Vescovi partecipanti al Sinodo riconobbero che "una lettura parziale del Concilio" e "un presentazione unilaterale della Chiesa quale struttura puramente istituzionale priva del suo mistero" hanno condotto a gravi mancanze, soprattutto fra i giovani, che "criticamente considerano la Chiesa una pura istituzione" (Relazione finale, I, 4).


3. Dobbiamo comprendere con certezza che uno dei compiti urgenti del Magistero, e del vostro concreto ministero pastorale, è quello di garantire che sia presentata una autentica ecclesiologia cattolica a ogni livello dell'insegnamento della Chiesa, e che le strutture e le attività diocesane e parrocchiali, così come le varie associazioni e i vari movimenti, siano tutti permeati da un vero senso di ciò che la Chiesa è realmente. In seno alle vostre Chiese c'è stata una notevole fioritura di Consigli Pastorali Diocesani e Parrocchiali, e alcune hanno organizzato anche Assemblee o Sinodi Diocesani. A livello nazionale, la Conferenza Nazionale dei Sacerdoti, la Conferenza dei Superiori Maggiori Religiosi, l'Unione Cattolica e altri organismi offrono un alto grado di consultazione e cooperazione nella vita e nella missione della Chiesa. Il Consiglio Nazionale delle Donne Cattoliche può essere di particolare aiuto in questo momento, in cui il ruolo delle donne nella società e nella Chiesa è posto in discussione e sta subendo una trasformazione radicale. E' essenziale che tutte queste strutture e le loro attività siano ispirate dall'amore autentico per la Chiesa, con un senso di appartenenza al suo mistero e al suo destino trascendente. E' doloroso constatare che le energie, che dovrebbero essere impiegate per la costruzione del Corpo di Cristo, producano a volte un effetto opposto, a causa di una colpevole ecclesiologia che non riesce a tener conto della natura soprannaturale della missione della Chiesa e dei mezzi con cui Cristo la ha dotata per la sua realizzazione. I Pastori dovrebbero sentire la responsabilità di affrontare questo problema, e ciò che esso comporta, confidando pienamente nel fatto che solo una lettura autentica del Concilio offre l'ispirazione e l'illuminazione necessaria a quel rinnovamento della Chiesa, che è stato il motivo principale della convocazione del Concilio, un rinnovamento che ancora deve essere realizzato.


4. Soltanto una vita ecclesiastica basata fermamente sulle verità della fede può aiutare i membri della Chiesa a rimanere fedeli a Cristo e a cogliere le implicazioni del messaggio del Vangelo riguardo alle scelte culturali, politiche ed economiche di tutti i giorni. In una società molto secolarizzata, esiste la tentazione di predicare i "valori" condivisi dalla maggioranza, celando così, almeno in parte, la vera natura del Vangelo quale "potenza di Dio per la salvezza" (Rm 1,16). La Chiesa d'Inghilterra e del Galles gode di una vasta rete di scuole e collegi cattolici, di pubblicazioni cattoliche, di programmi per l'educazione religiosa degli adulti, come il Maryvale Institute a Birmingham, o il Catholic Enquiry Centre per quanti sono interessati alla fede, solo per citare qualche esempio. Questo "mondo" di insegnamento della fede fa appello alla vostra guida pastorale personale e consacrata.

I Vescovi hanno la responsabilità di verificare che nelle preghiere e nelle catechesi, nell'istruzione religiosa e negli studi teologici, così come nelle pubblicazioni cattoliche, sia presente, in modo completo, il mistero della Chiesa come mistero di verità e di grazia divina e, al contempo, umana (cfr. LG 8), avente lo Spirito Santo quale principio di vita (LG 7). Nessuno dovrebbe sorprendersi che i Vescovi correggano tutto ciò che non corrisponde all'insegnamento autentico della Chiesa o che sollecitino i membri della Chiesa ad una obbedienza leale. I Vescovi stessi sono i primi a dover obbedienza allo Spirito Santo e fedeltà alla testimonianza della fede.


5. Talvolta, nel vostro ministero, accade che incontriate resistenza a mutamenti, legittimi e autorizzati o incontriate critiche sistematiche a tal riguardo. Un comportamento simile può riflettere una mancanza di comprensione della natura dinamica del ruolo e della missione della Chiesa nel mondo, com'è evidente, per esempio, negli Atti degli Apostoli, dove è ampiamente dimostrato l'adattamento della Chiesa del tempo al mutare delle circostanze. Allo stesso tempo, molti cattolici preparati sono disturbati e perfino scandalizzati quando, nelle loro comunità, notano una "incapacità di distinguere correttamente tra un'apertura legittima ... verso il mondo e l'accettazione della mentalità e dell'ordine dei valori di un mondo secolarizzato" (Dichiarazione Finale del Sinodo dei Vescovi, I, 4). Non occorre dire che spetta, in primo luogo, ai Vescovi "esaminare ogni cosa" e "tenere ciò che è buono" (cfr. 1Th 5,21), ricordando l'ammonimento di S. Paolo: "annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina" (2Tm 4,2). A questo proposito desidero incoraggiarvi nel vostro difficile ma necessario compito, quello di offrire una guida efficace per garantire che la vita delle comunità affidate alla vostra cura pastorale sia ferma nella tradizione autentica, che abbiamo ereditato dagli Apostoli.


6. Quali maestri della fede, avete denunciato molte volte i problemi che affliggono la vita della vostra società. La direttiva che avete dato, per esempio, nella difesa della vita e nelle aree della giustizia sociale, della disoccupazione, degli alloggi, dei rapporti razziali e della piaga dei rifugiati, è stato uno stimolo per molti a diventare più attivi nel dibattito pubblico di tali problemi e negli sforzi di soddisfare le molte e varie necessità proprie di una società sviluppata come la vostra. E' impossibile citare tutte le eccezionali iniziative che sono sorte e che ricevono il vostro sostegno. Penso, in particolare, alle molteplici attività a favore della vita, in cui cattolici, cristiani di diverse denominazioni, ed altri non appartenenti ad una specifica religione, condividono una convinzione comune riguardo all'inviolabile valore della vita umana dal momento del concepimento alla morte naturale. Potrei ricordare l'organizzazione di un Convegno Nazionale, svoltosi l'anno scorso a Liverpool, per celebrare il centenario di Rerum Novarum, e la presentazione fatta dal Catholic Media Office dell'Enciclica Centesimus annus, quali esempi che hanno permesso a molte persone di acquistare una rinnovata consapevolezza di come l'insegnamento sociale della Chiesa si applica ai problemi reali della società. La Relazione sui Senzatetto del vostro Dipartimento della Conferenza per la Cittadinanza e la Responsabilità Sociale ne è un esempio. Alcune aree continueranno a richiedere, soprattutto, una guida attenta, perché le difficoltà nel loro ambito sono molto grandi: la difesa della vita, la famiglia e il rispetto dei principi etici e morali nell'applicazione dei progressi scientifici e tecnologici e nelle scelte politiche che determinano se la vita socio-economica serve o meno il benessere degli individui e della comunità.


7. C'è un ulteriore aspetto del vostro ministero a cui vorrei accennare brevemente. E' la questione importante dell'ecumenismo e il bisogno di porre le difficoltà, incontrate nel cammino verso l'unità cristiana, nel contesto generale delle relazioni ecumeniche, che sono mutate e notevolmente migliorate. Una serie di avvenimenti recenti, inclusa la pubblicazione dell' Official Response to the ARCIC I Final Report (Risposta Ufficiale alla Relazione Finale ARCIC I), hanno dimostrato che si può raggiungere il cuore delle gravi differenze fra Cristiani divisi e continuare a perseverare in un dialogo fraterno e progressivo. Il significato della Risposta sta non solo nella sua continuazione del dialogo teologico, che è anche importante, ma, soprattutto, nel fatto che la Chiesa Cattolica e la Comunione Anglicana comunicano fra di loro, ad un livello che può definirsi di vero dialogo ecclesiale. E' proprio a questo livello che, alla fine e con la grazia di Dio, ci si muoverà concretamente verso l'unità di fede e si realizzerà la tangibile unità ecclesiale. Il problema del "metodo ecumenico" dovrebbe essere considerato anche sotto questa luce. Attendo con ansia la prossima visita di Sua Grazia l'Arcivescovo Carey quale opportunità per discutere insieme il corso che dovrebbe seguire la futura discussione sulle relazioni ecumeniche con la Comunione Anglicana. L'Ecumenismo, naturalmente, non è soltanto un argomento destinato alle più alte autorità della Chiesa. Implica anche un dialogo di vita a livello di scambi e collaborazione fra credenti in ogni settore. E' incoraggiante che organizzazioni come Chiese Insieme in Inghilterra, CYTUN nel Galles e il Consiglio delle Chiese per la Gran Bretagna e l'Irlanda stiano dando buoni risultati. Possa Dio continuare ad ispirare tutti i cristiani in Inghilterra e nel Galles con sentimenti di amore evangelico, fiducia e rispetto reciproci in nome di una testimonianza sempre più efficace della parola di Dio e del servizio della missione salvifica di Cristo.


8. Cari Confratelli Vescovi, prima di concludere desidero ringraziarvi di cuore per la vostra fedeltà a nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo e per il vostro profondo senso di comunione con la Chiesa universale. Sono trascorsi dieci anni dalla mia memorabile visita al vostro Paese. Ricordo ancora con fervore quel tempo. E ancora ricevo molte lettere dalla Gran Bretagna, che ricordano i giorni del nostro incontro religioso. Permettetemi oggi di ripetere un pensiero che ho condiviso con voi durante la nostra riunione nella Casa dell'Arcivescovo a Westminster: "Con il nostro clero, i nostri religiosi e i nostri laici, e uniti l'uno all'altro, proclamiamo il messaggio di salvezza e di riconciliazione del Vangelo, nella profonda convinzione che - come Gesù e con Gesù - non siamo soli.

Nella collegialità dell'Episcopato Cattolico recuperiamo nuova forza e nuovo vigore per guidare il popolo di Dio" (Saluto ai Vescovi di Inghilterra e del Galles, 28 maggio, 1982). Possa lo Spirito rafforzarvi in questo pensiero confortante! Con la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1992-03-17 Data estesa: Martedi 17 Marzo 1992



Introduzione all'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: San Giuseppe protegga in modo speciale le Chiese che stanno in America

Cari fratelli e sorelle,


1. L'itinerario che stiamo compiendo spiritualmente in quest'anno del V Centenario della scoperta ed evangelizzazione dell'America, ci porta oggi a Montréal, in Canada, per visitare il celebre Santuario di San Giuseppe, il grande Santo di cui celebreremo la festa giovedi prossimo 19 marzo. Il Santuario fu fondato, in forma di modesto Oratorio, dal Beato André Bessette all'inizio del secolo. Oggi è un tempio grandioso, un centro importante di irradiazione della devozione al santo Patriarca di Nazareth. Ogni anno vi affluiscono più di due milioni di pellegrini.

Ho avuto la gioia di visitarlo l'11 settembre 1984, ed in quella circostanza ho chiesto a San Giuseppe di accompagnare e proteggere tutta la Chiesa nel suo impegno di servizio al Vangelo nel mondo contemporaneo.


2. Rivolgiamoci fiduciosi a San Giuseppe, Patrono della Chiesa Universale, e domandiamogli di proteggere in modo speciale le Chiese che stanno in America in quest'anno del V Centenario della loro evangelizzazione. La devozione a San Giuseppe ha radici solide in tutto il Continente americano. Alcune Diocesi e Vicariati Apostolici ne portano il nome: San José de Costa Rica, San José in California, San José de Mayo in Uruguay, San José de Amazonas in Perù, San José del Guaviare in Colombia. Molte Chiese locali lo hanno come Patrono speciale, mentre innumerevoli sono le cattedrali e le parrocchie a lui dedicate in ogni Nazione di quell'Emisfero. Ciò sta ad indicare la grande influenza che tale devozione ha avuto nel corso dell'evangelizzazione in America, sin dai suoi inizi.

In Messico, ad esempio, intorno al 1525, il missionario fra' Pedro de Gante dedico a "San José de Belén" la prima parrocchia per indigeni, nella quale gli Indios furono educati ed evangelizzati.


3. Nell'Esortazione Apostolica "Redemptoris Custos" sulla figura e la missione di San Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa, ho scritto che il patrocinio del Santo "deve essere invocato ed è necessario tuttora alla Chiesa non soltanto come difesa contro gli insorgenti pericoli, ma anche e soprattutto a conforto del suo rinnovato impegno di evangelizzazione nel mondo" (n. 29). In questo tempo di Quaresima ci aiuti il Santo Custode del Redentore ad entrare sempre più nel clima della conversione interiore e ci renda ascoltatori silenziosi della Parola di salvezza, perché possiamo rispondere fedelmente alla nostra vocazione cristiana.

Invochiamo anche la Vergine Maria, sua Sposa Santissima: ci guidi Lei e ci accompagni con la sua materna protezione nell'affascinante avventura della Nuova Evangelizzazione.

Data: 1992-03-19 Data estesa: Giovedi 19 Marzo 1992

L'incontro con la cittadinanza e con le autorità locali in piazza Torquato Tasso - Sorrento

Titolo: "Fatevi promotori della cultura del rispetto e della solidarietà verso tutti"

Signor Sindaco, Onorevole Ministro, Rappresentante del Governo, Carissimi fratelli e sorelle!


1. Mentre poco fa dall'elicottero ammiravo le bellezze della natura, il cielo, il mare, il digradare dei colli e l'incantevole spettacolo offerto dall'insieme della penisola sorrentina, mi tornavano alla mente le parole del Salmista: "Signore, nostro Dio, com'è grande il tuo nome su tutta la terra!" (Ps 8,2). Ero preso da un sentimento di stupore, quasi di religiosa ammirazione, dinanzi alle meraviglie ambientali di cui Iddio ha arricchito la vostra terra. E in questo momento, nel mio primo incontro con voi, avverto tutto il calore del vostro affetto, che mi fa sentire subito fra amici, aperti ed accoglienti. Grazie per la vostra immediata simpatia e per la calda accoglienza che mi avete riservato; grazie a ciascuno e all'intera comunità, che popola le pendici e la costa di quest'ultimo lembo del golfo di Napoli. Mi rivolgo con gratitudine, innanzitutto, al Signor Sindaco e all'Onorevole Ministro, Rappresentante del Governo Nazionale e li ringrazio per le gentili espressioni di benvenuto che mi hanno indirizzato a nome di tutti voi.

Saluto le autorità civili, amministrative e militari della Regione, della Provincia e del Comune. Dirigo, poi, il mio affettuoso pensiero al venerato Pastore dell'Arcidiocesi, Mons. Felice Cece, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, e a quanti lavorano senza sosta al servizio del Vangelo. Uno speciale saluto ai Signori Cardinali e ai Vescovi qui presenti. Permettetemi, carissimi abitanti di queste località note in tutto il mondo, di stringervi tutti in un cordiale abbraccio spirituale. Sono veramente lieto di trovarmi fra voi; sono lieto di rendere visita, in occasione della solennità di San Giuseppe, al "particolare santuario" delle vostre famiglie e del vostro lavoro.


2. Osservando il palco sul quale mi trovo, mi colpisce subito l'originale opera d'intarsio con cui è stato allestito. Da essa traspare l'ingegnosità e l'amore per l'arte che vi contraddistinguono, e la sintesi armoniosa che la vostra gente non cessa di comporre tra bellezze naturali e valori morali: fra storia e fede, fedeltà all'uomo e gloria a Dio, lavoro e gratuità, operosità e preghiera, azione e contemplazione. Voi siete nati e dimorate in luoghi veramente suggestivi; avete alle spalle una lunga tradizione popolare, ispirata agli ideali evangelici; costituite un popolo industrioso ed ottimista. Siate di ciò riconoscenti alla divina Provvidenza. Sappiate rispettare il creato; apprezzate i doni ricevuti e conservate in voi la capacità di ammirare con cuore aperto le meravigliose ricchezze naturali, che rendono famosa nel mondo la vostra terra.


3. Fin dall'antichità la vostra Regione è stata meta di visitatori attratti dalla mitezza del clima, dal profumo degli agrumeti, dall'incanto della costa. Da alcuni decenni, poi, il turismo da fenomeno elitario si è trasformato, un po' come su tutto il territorio nazionale, in fenomeno di massa. L'intensificarsi dell'attività turistica vi offre, così, non soltanto il modo di valorizzare le bellezze naturali, ma anche l'opportunità di incontrare persone sempre nuove nelle quali riconoscere l'immagine di Dio. Non si può, infatti, riconoscere l'intervento del Creatore nella natura che ci circonda, senza soffermarsi a riflettere sulla dignità della persona, resa unica ed irripetibile dalla carità divina. L'uomo, come opportunamente osserva S. Ireneo, è la gloria del Dio vivente. Già il Salmista, pur estasiato dinanzi al cielo e alle stelle, riconosce che è l'uomo l'apice dell'intera creazione. E, rivolto verso il Signore, si chiede: "Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato!" (Ps 8,5-6).

Coltivate in voi, carissimi fratelli e sorelle, tali considerazioni spirituali, e sappiate tradurle in gesti di fraterna accoglienza nei confronti dei turisti, che desiderano trascorrere, in queste amene località, giorni tranquilli di distensione e riposo. Non considerate mai i vostri ospiti come semplici utenti di servizi, ma fratelli e sorelle da rispettare e servire. Fatevi promotori, con ogni mezzo, della cultura del rispetto e della solidarietà verso tutti.


4. Il contatto con persone di diverse tradizioni e abitudini religiose e sociali interpella necessariamente la vostra identità di credenti. Per questo è indispensabile che vi sentiate apostoli nel vostro quotidiano lavoro, "pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1P 3,15). Animati da profonda fede, non cedete mai a compromessi ispirati dal desiderio del facile guadagno. Promuovete sempre, in maniera autentica, la causa dell'uomo. Mentre vi sforzate di migliorare e rendere più efficienti i servizi per il tempo libero, non chiudete gli occhi dinanzi a tanti fratelli vicini e lontani, privi ancora del necessario. E' forte, infatti, la tentazione di aderire alla "congiura del silenzio", che, soprattutto nelle località turistiche, cerca di allontanare, o addirittura di rimuovere, il ricordo di chi ha fame, o giace nella miseria, o è senza casa, o è privato dei propri diritti fondamentali. In tale contesto è da incoraggiare lo sforzo di coloro che s'impegnano, non senza sacrifici, ad offrire, accanto alla distensione e allo svago, anche concrete opportunità di incontri religiosi e culturali, affinché il turismo diventi preziosa occasione di maturazione umana e spirituale.


5. Carissimi fratelli e sorelle, coloro che qui vengono a trascorrere le loro vacanze possano ritornare a casa non solo con il ricordo del vostro clima mite e di paesaggi unici al mondo, ma anche, e soprattutto, della testimonianza della vostra operosità, della trasparenza della vostra onestà, della saldezza della vostra religiosità e dell'entusiasmo attivo della vostra gioventù. Vegli su ogni vostro lavoro la Vergine Madre di Dio, venerata in Arcidiocesi con i titoli di Santa Maria del Lauro e di Santa Maria di Pozzano; interceda per voi San Giuseppe, di cui oggi celebriamo la festa, ed i vostri Santi Patroni, Antonino e Catello. Mi domando perché sono venuto oggi a Sorrento e a Castellammare. Sono venuto per passare insieme con voi una giornata in preghiera e in riflessione e anche per condividere le vostre preoccupazioni. Non solamente per ripetere le diverse lamentele molte volte giustificate, ma anche per cercare le vie della speranza, le prospettive. E sono venuto nella giornata della solennità di San Giuseppe, quando si contempla la sua breve vita. Ma nella Sacra Scrittura si vede una ricchezza immensa, che è soprattutto il Mistero di Dio. Giuseppe è stato il testimone più diretto, accanto alla Vergine sua sposa, del Mistero dell'Incarnazione di Dio, del Mistero dell'Emmanuele, "Dio con noi". D'altra parte, è stato un uomo che ha sperimentato tante difficoltà nella vita. Lo si capisce attraverso la lettura dei Vangeli che la sua vita è stata piuttosto difficile, in diversi sensi, anche nel senso socio-politico: è stato costretto a fuggire per salvare la vita di Gesù e forse anche la sua e quella della sua sposa. E' stato costretto a soffrire di diverse privazioni, cominciando da Betlemme e anche negli anni di Nazareth. Egli è il Patrono a noi vicino. Attraverso questa persona che è così vicina a tutte le generazioni delle persone umane, è vicino a noi anche il Figlio di Dio. Cerchiamo di seguire questo itinerario di San Giuseppe nelle diverse tappe del mio pellegrinaggio e cerchiamo di trovare in lui anche un grande motivo della nostra speranza. Forse la nostra vita, che molte volte pensiamo tanto difficile, è ancora più facile della sua. Un' ultima osservazione "climatica". Speravo di trovare qui un gran caldo. Questo vento ci invita invece a trascorrere qui non solo i giorni caldi, ma anche quelli freddi, nella speranza che dopo i giorni freddi, arrivino quelli caldi.

Data: 1992-03-19 Data estesa: Giovedi 19 Marzo 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Ai partecipanti ad un convegno promosso dal Centro di bioetica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore - Città del Vaticano (Roma)