GPII 1992 Insegnamenti - Credenziali del nuovo Ambasciatore della Lituania - Città del Vaticano (Roma)

Credenziali del nuovo Ambasciatore della Lituania - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ricostruire la vita nazionale e le istituzioni democratiche per prendere parte attiva alla nuova storia dell'Europa

Signor Ambasciatore,


1. In questo giorno, la venuta di Vostra Eccellenza nella dimora del Vescovo di Roma rappresenta molto di più di una cerimonia ordinaria di presentazione delle Lettere credenziali, poiché si tratta di un incontro atteso da molto tempo dalla Sede apostolica e dalla Lituania. Inoltre, è grande la mia gioia di accoglierLa con la predilezione che la Chiesa ha sempre manifestato nei confronti di questo popolo d'Europa, l'ultimo ad essere entrato nella grande famiglia cristiana, e con la medesima emozione provata dal mio predecessore Benedetto XV, nel 1918, quando saluto l'indipendenza riconquistata dalla Sua Nazione. La ringrazio, Signor Ambasciatore, per le sue parole piene di cortesia e di entusiasmo. Come Lei, tengo a sottolineare che, oggi, non si tratta di stabilire nuove relazione fra la Lituania e la Santa Sede, ma di restituire ad esse tutto il loro splendore, dopo questo lungo mezzo secolo, nel corso del quale il Palazzo apostolico è sempre rimasto aperto alla Legazione lituana, che manteneva, a Roma, la presenza fedele del suo popolo provato. Dal tredicesimo secolo, come Ella ha ricordato, la storia ha avvicinato la Lituania al Papato. I legami diventarono stretti in occasione del battesimo del popolo, al seguito di Vytautas e di Jagellon. E, d'altro canto, come potrei non ricordare l'unione che fu allora conclusa e che doveva durare diversi secoli fra la Polonia e la Lituania? Nel corso degli anni, il cammino percorso dal popolo lituano è stato, spesso, un cammino di prova e di sofferenza, segnato dalla lotta per preservare un'identità, talvolta, sul punto di essere soffocata, costellato dai martiri della patria che sono stati anche martiri della fede cattolica. E' particolarmente vivo e doloroso il ricordo di questi ultimi decenni, nel corso dei quali la Lituania ha subito l'attacco distruttore di due ideologie che pretendevano di imporre, con la forza, all'Europa e al mondo, concezioni di vita radicalmente opposte alla vocazione dell'uomo alla libertà religiosa e civile. Noi conserveremo il ricordo delle grandi sofferenze di molti Vescovi, di migliaia di sacerdoti e di fedeli, di intellettuali e di uomini politici, di operai e di agricoltori, di intere famiglie, destinati alla deportazione spesso senza ritorno. Molti di essi fanno ormai parte della grande moltitudine dei perseguitati per la fede. E la storia non può dimenticare neanche la stessa tragica sorte che ha conosciuto la comunità ebraica di Vilnius e, soprattutto, di Kaunas a causa di un razzismo atroce che voleva farla scomparire dalla faccia della Terra. Osiamo soltanto ricordare che questo tragico destino commune ai figli della sua terra era scritto in patti iniqui, il cui segreto voleva nasconderne il carattere oscuro.


2. Ormai, grazie alla venuta di Vostra Eccellenza presso la Santa Sede e alla presenza del Nunzio apostolico a Vilnius, i rapporti fra la Lituania e la Santa Sede ritrovano la loro piena funzione nella fiducia reciproca per un dialogo permanente. In questa circostanza il primo desiderio che esprimo insieme a Lei è che la Lituania veda il suo futuro fondarsi su valori che garantiscano all'uomo una vita libera da ogni timore e nella prosperità. Si tratta, ora, per il suo Paese, di costruire con pazienza la propria vita nazionale e le proprie istituzioni democratiche, nella consapevolezza che i risultati dell'indipendenza possono essere acquisiti solo attraverso un processo graduale più o meno lungo. I molteplici cambiamenti avvenuti nel corso della storia hanno comportato, in particolare, la presenza di importanti minoranze nel suo territorio; L'ho ascoltata con soddisfazione dichiarare che i dirigenti faranno si che questi diversi gruppi vedano salvaguardate le loro specifiche ricchezze culturali di cui tutti beneficeranno. Signor Ambasciatore, Lei ha posto al centro delle libertà riconquistate dal suo Paese, la libertà religiosa che il Consiglio Supremo e il Governo intendono promuovere. Ciò rientra nella linea di condotta della Chiesa, convinta che la libertà di coscienza e di religione costituisca il fondamento delle altre libertà umane, il che deve essere oggetto di un largo consenso, che deve precedere le scelte particolari di ordine filosofico e religioso.


3. Tutti i lituani, ne sono certo, così come le Autorità che li rappresentano, fanno affidamento sui loro connazionali cattolici affinché offrano il loro particolare contributo alla vita nazionale, a cominciare da coloro che fanno parte delle istituzioni legislative e dell'esecutivo. Essi ricorrono all'illuminazione della Dottrina Sociale della Chiesa che non ha cessato di arricchirsi dopo il Concilio Vaticano Secondo. In comunione con i fedeli di altre tradizioni e con i loro fratelli e le loro sorelle di buona volontà, i lituani cattolici potranno ispirarsi a valori umani essenziali, quali il rapporto profondo esistente fra lo sviluppo e la pace, la dignità del lavoro come condizione della dignità del lavoratore, il destino universale dei beni della Terra, la tutela del creato, lo scrupoloso rispetto della dignità della persona, le esigenze dell'amore e della giustizia, l'onore della famiglia come primo nucleo sociale, i diritti dell'uomo a partire dal diritto alla vita.


4. Da parte sua, l'Episcopato lituano, con il suo clero, desidera impegnarsi in un grande sforzo di catechesi al fine di formare i cristiani e di rendere la comunità cattolica sempre più attenta al messaggio spirituale e sociale del Concilio Vaticano Secondo. Queste riunioni fondamentali della Chiesa hanno avuto luogo in un momento in cui numerosi prelati, sacerdoti e fedeli erano contretti a rivivere l'esperienza delle catacombe; oggi, è ancor più necessario che il loro messaggio sia conosciuto in Lituania. La congiuntura storica attuale sembra molto favorevole a proporre apertamente le verità della fede, anche attraverso i mezzi di comunicazione sociale, e a far si che rientrino nella vita quotidiana la solidarietà, lo spirito fraterno, la carità e l'impegno per la giustizia, ispirati dalla fede. Credendo nell'Incarnazione del Figlio di Dio, la Chiesa desidera "incarnarsi" in tutte le realtà che richiedono spirito di servizio e dono di sé. Tutto ciò presuppone che il clero e il laicato traccino nuove vie per la santificazione delle persone e per l'impegno fraterno al servizio di ogni uomo.

Per far fronte alle difficoltà derivanti da decenni di prove, la Conferenza Episcopale, presieduta dal venerato Card. Vincentas Sladkevicius, si sta dando nuovi statuti al fine di ampliare e migliorare la propria azione ecclesiale e sociale. I sacerdoti si aprono a forme di apostolato che, fino a poco tempo fa, non potevano svolgere. Gli ordini religiosi maschili e femminili si stanno riorganizzando. I candidati al sacerdozio ricevono già una formazione che li prepara ad assumersi responsabilità prima escluse dal loro orizzonte pastorale. I grandi movimenti laici, di cui la Chiesa si è arricchita in questi ultimi decenni, desiderano offrire il loro aiuto ai loro fratelli lituani. così, la Chiesa che è in Lituania si prepara a prendere parte attiva alla "nuova Evangelizzazione dell'Europa", divenuta necessaria dopo il tormentato periodo che volge al termine.


5. Signor Ambasciatore, nel suo Paese e nel mondo, non mancano, certamente, motivi di preoccupazione, conseguenza dolorosa di anni in cui la libertà della nazione era soffocata e la sua dignità umiliata. Bisogna sperare che tali difficoltà vengano risolte in un clima di dialogo sincero e costruttivo fra gli Stati interessati, dialogo che tutti auspicano a partire dalle Nazioni Unite e dalle diverse Organizzazioni europee. La Santa Sede, da parte sua, confida in tali capacità di dialogo ed è sempre pronta a portare il suo contributo specifico, scevro da qualsiasi interesse temporale, al fine di giungere ad una soluzione rapida e degna di ogni Paese, che, democraticamente, cerca di aprire nuove vie alla pace e alla concordia interna e internazionale. Nutro la speranza che, nei diversi contesti esistenti, la Lituania possa offrire il suo specifico contributo e che trovi il sostegno di cui ha bisogno sia per consolidare la sua economia che per garantire la sua sicurezza, rafforzare le sue istituzioni e promuovere la sua vita culturale, in una parola, per sviluppare la sua dignità nazionale. Ma, nel suo Paese e nel mondo, non mancano nemmeno ragioni di speranza. Tutto considerato, anche se questo non viene sempre notato, i motivi di ottimismo prevalgono su quelli che ispirano pessimismo. In particolare, sono di buon auspicio l'aumento della consapevolezza di un mondo sempre più interdipendente e la coscienza del dovere che spetta alla comunità internazionale di costruire una pace maggiormente garantita nella solidarietà. Rimaniamo, oggi, in questa prospettiva, rendendo grazie a Dio e domandandogli di donare saggezza, forza e coraggio agli artefici della pace.


6. A testimonianza della stima e del rispetto che provo per la Lituania e per i due altri Paesi baltici, suoi vicini geografici che hanno condiviso le stesse prove, sono felice di cogliere l'occasione della presentazione delle Lettere credenziali di Vostra Eccellenza per annunciare che accetto di buon grado l'invito ricevuto dalle Autorità ecclesiali e civili di recarmi in visita pastorale nei Paesi baltici. Questo invito, che Ella mi ha appena rinnovato a nome del Presidente del Consiglio Supremo e dei suoi connazionali, coincide con un desiderio che, da molto tempo, mi animava, come ho avuto l'occasione di esprimere, in particolare nel 1984, in occasione del quinto centenario del battesimo di S.

Casimiro, patrono della Lituania, e, nel 1987, in occasione del sesto centenario del "battesimo" della Lituania. Con l'aiuto di Dio spero di potermi recare in questi tre Paesi l'anno prossimo, nel settembre del 1993.

Affido questo progetto all'intercessione materna di Maria, che i cattolici del Baltico venerano nei Santuari della "Porte de l'Aurore" a Vilnius, di Silova in Lituania e di Anglona in Lettonia.


7. Signor Ambasciatore, La prego di esprimere a S. E. il Sig. Vytautas Landsbergis, Presidente del Consiglio Supremo, la mia gratitudine per il suo ossequioso messaggio e l'invito di cui La ha incaricata. Voglia rassicurare Sua Eccellenza dei miei fervidi auguri per l'adempimento della sua missione, così come per la felicità della nobile e amata Nazione lituana. Eccellenza, la sua presenza a Roma risale al momento della perdita dell'indipendenza del suo Paese; oggi, è in qualità di Ambasciatore della Lituania che Ella prosegue la sua attività. Esprimo i miei migliori auguri per Lei e per la sua famiglia; spero che avrà molte soddisfazioni nello svolgimento del suo compito per sviluppare gli ottimi rapporti che uniscono il suo Paese alla Santa Sede. Sappia che i miei collaboratori Le offriranno, di buon grado, l'aiuto e il sostegno di cui potrà avere bisogno.

Invoco su tutti i lituani la benevola intercessione di Nostra Signora, di S.

Casimiro, del Beato Jurgis Matulaitis.

Invoco di cuore sui dirigenti e sui membri della sua Nazione, su di Lei, sulla sua famiglia e sui suoi collaboratori, l'abbondanza delle Benedizioni di Dio.

Data: 1992-07-11 Data estesa: Sabato 11 Luglio 1992

Ai Vescovi della Svizzera in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La solidarietà è l'espressione della vocazione cristiana che realizza l'unità del genere umano oltre ogni frontiera

Amato Signor Cardinale, cari Confratelli nell'Episcopato,


1. Sono felice di accogliervi in occasione di questa vostra nuova visita ad limina. La visita alle tombe dei Principi degli Apostoli rappresenta un momento importante nella vita dei Vescovi, poiché ci offre l'opportunità di esprimere la nostra solidarietà e di condividere il ministero apostolico che ci accomuna e che fa di noi i successori degli Apostoli. E' tale "affectus collegialis" che ci unisce nella preghiera, nella celebrazione eucaristica e negli incontri, per condividere le gioie e le difficoltà della missione, per riconoscere gli appelli del Signore, in modo da anticipare sempre ciò che Egli si attende da noi. E' nell'Eucaristia che la comunione ecclesiale ha il suo centro e la sua origine. Il Vescovo di Roma, dopo S. Pietro, ha ricevuto la missione unica di confermare i suoi fratelli nella fede e nel ministero, e di essere segno e garanzia dell'unità e della cattolicità del gregge che è affidato alla nostra cura. Nella fede, dobbiamo riflettere sul dono divino, che ci è stato concesso quando siamo stati consacrati nella pienezza del sacerdozio e siamo stati chiamati a far parte del Collegio apostolico; nella fede, possiamo scoprire che la nostra missione appartiene al mistero della Chiesa di Cristo. Il Vescovo è dottore della fede e maestro della dottrina: ha la responsabilità di annunciare il Vangelo e il compito di insegnare il dogma e la morale a quella parte di popolo a lui affidata (Cfr. CIC 375). E' suo dovere discernere, chiarire e, se necessario, correggere, affinché la fede sia espressa secondo la tradizione della Chiesa con autentica fedeltà al magistero. Nella comunione che ci unisce, noi siamo segni dell'unità della Chiesa riunita attorno al successore di Pietro. Il vostro ministero in una chiesa particolare vi chiama alla cura per la Chiesa universale e a condividere le preoccupazioni di tutte le chiese (cfr. CD 6). "Tutti i vescovi, infatti, devono promuovere e difendere l'unità della fede e la disciplina comune a tutta la Chiesa, istruire i fedeli di tutto il corpo mistico di Cristo" (LG 23).


2. Il mio pensiero e la mia preghiera si rivolgono oggi al vostro Paese che, nel 1991, ha celebrato il settimo anniversario della fondazione della Confederazione Elvetica, una delle più antiche Nazioni democratiche d'Europa. I valori, che hanno permesso la costruzione della Confederazione, sono ricchi di insegnamenti per la costruzione della nuova Europa, verso la quale ci stiamo avviando. Punto di partenza dell'accordo del 1291 è stata un'alleanza, perché la Terra fosse posta al servizio di tutti. Si tratta di un grande esempio di fratellanza umana e di solidarietà. Affinché regnasse l'armonia nel territorio dell'Associazione appena fondata, era necessario che predominasse quel senso del dialogo che permette di superare le inevitabili tensioni della vita collettiva. Tale esigenza esiste ancora oggi. In questo modo, tutti possono assumersi, con coscienza, le proprie responsabilità e contribuire alla vita comune e alla vocazione della Nazione.

Si riesce meglio, nelle azioni concrete, ad adempiere alla missione affidata all'uomo dal Creatore di governare la creazione affinché serva al bene di tutti (cfr. Gn 1,28-29). La sollecitudine per il consenso, con il ricorso al compromesso, se necessario, s'ispira al rispetto del prossimo e tende ad assicurare a ciascuno il suo posto in seno alla vita pubblica. Si scopre allora che il desiderio di unità non fa scomparire le differenze fra gli uomini e le sensibilità. Un Paese non può essere inteso come un'uniformità, ma come un'unità attorno ai valori essenziali.

L'accordo stipulato fra i Cantoni ha fatto innanzitutto risaltare la necessità della pace per una crescita integrale dell'uomo, in quanto persona umana e sociale, così come l'importanza della fiducia che le persone si concedono reciprocamente. Allo stesso tempo sorgeva quella sollecitudine particolare che caratterizza la nazione Svizzera nell'epoca moderna: la neutralità. Come diceva il Cardinal Journet, "la neutralità svizzera è l'equivalente della pace di Dio". Essa non può consistere nel ripiegarsi su se stessi e nel chiudersi nei particolarismi.

Essa trova la sua pienezza di significato quando si manifesta non solo come un distacco rispetto alle tensioni internazionali ma come il dovere di accogliere gli stranieri, attraverso una tradizione di ospitalità. La recente Assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi ricordava che il senso di ospitalità contribuisce fortemente all'unità di un paese: "La stessa identità nazionale non si realizza se non nell'apertura verso gli altri popoli e attraverso la solidarietà con essi" (Dichiarazione finale del Sinodo dei Vescovi per l'Europa, n. 10).


3. Il vostro Paese ha pure una lunga tradizione di solidarietà, che ha aperto a poco a poco lo spirito degli uomini della Nazione alla consapevolezza d'essere anche cittadini dell'Europa e del mondo. Penso alle Organizzazioni internazionali, che hanno la loro sede nel vostro Paese, e in modo particolare alla Croce Rossa Internazionale, fondata nel 1862 da Henri Dunant, che opera perché, in tutti i paesi e in ogni circostanza, le persone possano essere trattate con giustizia e rispetto della loro dignità, e perché ricevano l'assistenza sanitaria e umanitaria di cui hanno bisogno. La generosità del vostro popolo manifesta attraverso altri organismi, come la Caritas Svizzera e l'Action de Carême, la sollecitudine fraterna delle comunità cristiane nei confronti dei loro fratelli, che soffrono nelle regioni più sfavorite del Terzo Mondo. Questa solidarietà risponde bene alla vocazione cristiana, che realizza l'unità al di là delle frontiere "raccogliendo nella comunione reciproca le ricchezze delle diverse nazioni" (Dichiarazione del Sinodo per l'Europa, 6; cfr. LG 13). Con la prassi democratica che la caratterizza, la Svizzera, aprendosi sempre di più all'Europa, può contribuire efficacemente alla nuova strutturazione del Continente, poiché in molti paesi "le persone hanno difficoltà nel retto uso della libertà e del regime democratico" (Dichiarazione del Sinodo per l'Europa, 1). Voi appartenete anche ad una nazione nella quale la fede cristiana è stata seminata assai presto: ho appreso che scoperte recenti attestano la presenza di una vivace comunità cristiana, attorno al Vescovo di Martigny, fin dai primi secoli. Successivamente, mistici della nuova Confederazione Elvetica, comunemente chiamati "Amici di Dio", hanno dato il loro contributo all'organizzazione politica e sociale del paese, e hanno anche suscitato gruppi dove i cristiani, secondo l'ideale della Comunità apostolica, vivevano uniti nella preghiera e nell'Eucaristia, intorno al Signore (cfr. Ac 2,42 Ac 2,46). Tra questi, San Nicola di Flüe invitava, nella lettera ai cristiani di Berna, all'accordo reciproco mediante il dono della pace, che Cristo ci rinnova durante la Messa, giacché senza di essa ogni comunità cristiana è sminuita nella sua missione e impoverita nel suo legame col Risorto: "La pace è sempre dono di Dio... Cercate quindi di conservare la pace. Poiché Dio è pace".


4. Il cristianesimo, portatore dei valori fondamentali dell'umanità, ha contribuito alla costituzione dell'Europa: "Ma nessuno può negare che la fede cristiana appartenga in modo decisivo al fondamento permanente e radicale dell'Europa" (Dichiarazione del Sinodo per l'Europa, n. 2). L'annuncio rinnovato del Vangelo così come l'incontro con la persona di Cristo devono permettere ai vostri compatrioti, e a tutti i popoli dell'Europa, di fondare il loro avvenire comune su solide basi.

Il contributo della Chiesa all'Europa verrà continuato attraverso la nuova evangelizzazione in cui tutti si devono impegnare. E' un appello a tutti i cristiani affinché, ricevendo il Vangelo della verità, vengano affrancati da ogni egoismo e ripiegamento su se stessi per divenire discepoli capaci di lasciare tutto per seguire Cristo (cfr. Jn 8,31-32), affinché vivano nella speranza della salvezza e si aprano alla via della fratellanza e della carità. La Chiesa, annunciando la salvezza, è consapevole di servire tutta l'umanità (cfr. GS 40-42 CL 36).


5. La Chiesa compie la sua missione attraverso i molteplici aspetti della sua vita e della sua opera. I sacramenti costituiscono una delle vie privilegiate per trasmettere la grazia agli uomini, in particolare il mistero eucaristico in cui il Salvatore si rende presente nel suo sacrificio redentore e invia i suoi discepoli in missione. Occorre richiamare l'attenzione sulla necessità dell'unità di riti liturgici affinché il cristiano di ogni cultura e di ogni paese si senta dovunque come a casa sua quando partecipa alla Messa in assemblee diverse. La confessione individuale, cammino personale dei credenti, fa accedere alla grazia del perdono e alla riconciliazione, sviluppa il senso di responsabilità e di solidarietà e affina la nostra coscienza. E' nella vita di preghiera che l'uomo si unisce a Dio, alla Trinità, e approfondisce le virtù teologali di fede, di speranza e di carità.

Avere lo sguardo rivolto a Dio non allontana dagli uomini. Come dice l'Apostolo, "l'amore del Cristo ci spinge" (2Co 5,14) perché Cristo sia maggiormente conosciuto e amato, perché il Vangelo venga annunciato fino agli estremi confini della terra. Questo annuncio comincia con il catechismo, che fornisce una cultura religiosa ai bambini, ai giovani e agli adulti, sempre più numerosi, introducendoli alla vita cristiana e alla pratica evangelica. Esorto le vostre comunità diocesane a rivolgere un'attenzione particolare ai giovani del vostro paese affinché vengano date loro ragioni per vivere, per crescere e per sperare. Incoraggio l'impegno dei giovani nelle parrocchie e nei diversi movimenti presenti nelle vostre diocesi. Essi divengono in tal modo apostoli nel loro ambiente. In ogni tempo, i cristiani, sacerdoti, religiosi e laici, hanno bisogno di approfondire la loro fede. Il catechismo della Chiesa cattolica, che mi rallegro di veder presto pubblicato, costituirà uno strumento prezioso per quanti sono incaricati della catechesi, come pure dell'insegnamento del dogma cristiano e della morale. Esso sarà un'espressione di portata universale del dono della fede rivelata che dobbiamo trasmettere agli uomini perché il Vangelo è per il mondo. E' nostro dovere inculturare la Buona Novella della Salvezza. "Per farlo è indispensabile l'apporto degli uomini e delle donne di cultura e dei teologi in cordiale sintonia con la Chiesa" (Dichiarazione del Sinodo per l'Europa, n. 3).

In quest'opera di evangelizzazione, la missione dei laici, legata al loro carattere battesimale, è di primaria importanza. Essi hanno il compito del primo annuncio ai loro bambini e alle persone che li circondano ogni giorno. E' loro compito anche impegnarsi nelle realtà del mondo (cfr. LG 32-35; CL 15) che, pur conservando la loro necessaria autonomia, possono accogliere i valori evangelici come principio e fondamento morale dell'agire. La vita quotidiana dei discepoli di Cristo costituisce quindi una testimonianza agli occhi degli uomini. E' loro dovere inoltre, secondo le modalità che li differenziano dai sacerdoti senza tuttavia separarli da essi (Cfr. LG 31-32), di esercitare i loro carismi al servizio della comunità ecclesiale in una collaborazione fiduciosa e fraterna.

I religiosi e le religiose, attraverso l'impegno radicale e profetico secondo i tre voti di castità, di povertà e di obbedienza, dimostrano che il mondo non può chiudersi in se stesso, che l'uomo è chiamato a vivere in eterno. I sacerdoti, consacrati nel celibato alla missione che Cristo affida loro, santificano il popolo affinché risponda all'appello del Signore. Con l'ordinazione essi hanno ricevuto il potere di agire sacramentalmente in nome di Cristo. Occorre che tutti prendano coscienza della distinzione necessaria delle funzioni e del ruolo specifico e insostituibile del sacerdozio ministeriale che, come amava ripetere il parroco di Ars, è "l'amore del cuore di Gesù". In questo senso, i seminaristi che si preparano agli ordini sacri devono avvalersi di una formazione particolare, in vista del loro futuro ministero. L'esortazione apostolica post-sinodale "Pastores dabo vobis" fornisce gli elementi essenziali di questo percorso. I gruppi di formatori favoriranno l'atmosfera necessaria allo studio e alla scoperta della spiritualità del sacerdote diocesano attraverso l'apprendimento della preghiera personale, la celebrazione della liturgia delle ore, la preghiera quotidiana, come pure attraverso la pratica della vita sacramentale, di cui l'Eucaristia quotidiana è la fonte e l'apice. La vita spirituale sacerdotale fa crescere e maturare il desiderio di servire con amore il popolo di Dio.

Soprattutto, i cristiani sono invitati a progredire nella carità attiva, in seno alle comunità particolari, nella Chiesa universale così come presso gli uomini loro fratelli. Si tratta in questo caso della "testimonianza della diaconia della Chiesa" (Dichiarazione del Sinodo per l'Europa, n. 5), che avvicina Cristo ad ogni nomo e ci fa riconoscere suoi discepoli: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35). Con la carità fraterna che è il comandamento del Signore, noi partecipiamo alla guarigione delle ferite provocate e delle sofferenze causate dalla mancanza d'amore che dobbiamo nutrire gli uni per gli altri, pastori e membri della Chiesa.


6. La missione comporta anche l'esigenza di proseguire sulla via dell'unità. La forte presenza di altre confessioni cristiane nel vostro paese costituisce una situazione singolare che deve invitare allo stesso tempo a un dialogo fraterno e a una ricerca seria della specificità e delle risorse della propria tradizione. Se occorre non relativizzare le nostre concezioni dottrinali e le nostre pratiche sacramentali, dobbiamo tuttavia tener conto, nei nostri rapporti, di tutto quanto vi è di positivo in campo spirituale, teologico e pastorale. Il nostro desiderio e il nostro comportamento devono essere esemplari affinché possiamo vedere un giorno la realizzazione di una piena comunione. Desiderio e comportamento che devono tendere ad attuare la preghiera che il Signore rivolgeva a suo Padre al momento della Passione (cfr. Jn 17). Mi rallegro dei passi che sono stati compiuti, sulla linea del Concilio Vaticano II, per "il ristabilimento dell'unità da promuoversi fra tutti i cristiani" (UR 1). Mi auguro, come ho già detto in occasione del mio viaggio nel vostro Paese ai membri del Consiglio della Federazione delle Chiese protestanti della Svizzera, che possiate proseguire nella lettura della storia della vostra nazione, che ha vissuto dolorosamente le divisioni religiose del passato. "La purificazione della memoria è un elemento fondamentale del progresso ecumenico" (Giovanni Paolo II, discorso ai Membri del Consiglio della Federazione delle Chiese Protestanti della Svizzera, 14 giugno 1984, n. 2). So d'altronde che i rapporti con la religione ebraica sono cordiali e fruttuosi.


7. Prima di concludere il nostro incontro, vorrei salutare i dirigenti della Confederazione elvetica e dei diversi Cantoni che hanno la cura dell'unità della comunità nazionale e dell'intensificazione dei rapporti con le altre nazioni, in Europa e nel mondo. Apprezziamo i contatti che mantengono con voi nelle diocesi che vi sono state affidate dal Governo. Sono grato al Consiglio federale per aver inviato nella persona di Mons. Jeno C.A. Staehelin, un Ambasciatore straordinario e plenipotenziario in missione speciale presso la Santa Sede.


8. Portate ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi e ai laici delle vostre diocesi l'incoraggiamento del Vescovo di Roma che, dal suo ministero al servizio di tutte le Chiese sparse in tutto il mondo, ha il fervido desiderio che Cristo sia maggiormente conosciuto e amato, per la gloria di Dio e la salvezza del mondo, e che auspica che la comunità dei credenti abbia un solo cuore e una sola anima intorno al suo Signore. A voi e a tutti i fedeli della Chiesa in Svizzera, imparto di tutto cuore la mia Benedizione apostolica.

Data: 1992-07-11 Data estesa: Sabato 11 Luglio 1992

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nostra Signora della Presentazione del Quinche ci aiuti a riscoprire i luoghi privilegiati per l'evangelizzazione

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Prosegue il nostro pellegrinaggio attraverso i Santuari del Continente americano in questo anno 1992 nel quale celebriamo il V Centenario dell'Evangelizzazione dell'America. Facciamo sosta, quest'oggi, in un grande tempio che si trova in Ecuador, a 50 chilometri dalla città di Quito, su una bella montagna, chiamata "El Quinche", dove, da quattro secoli, l'amato e nobile popolo ecuadoriano venera la Vergine con il titolo di Nostra Signora della Presentazione.

L'immagine, scolpita in legno nel 1591 da un artista spagnolo nel vicino villaggio di Oyacachi, venne trasportata qualche tempo dopo a "El Quinche", sede della parrocchia e punto di irradiazione del cristianesimo fra le popolazioni indigene della regione. Da allora, la Madonna della Presentazione sostiene l'evangelizzazione del popolo ecuadoriano, il quale considera questo Santuario Nazionale come centro di fede, di riconciliazione e di pietà popolare.


2. A Quito, sotto lo sguardo della Vergine del Quinche, è stato celebrato lo scorso mese di maggio il Primo Congresso Latino-americano di Pastorale dei Santuari, che ha ripreso quanto già aveva affermato la Terza Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-americano, svoltasi a Puebla nel febbraio 1979: "I santuari mariani del Continente sono segni dell'incontro della fede della Chiesa con la storia latino-americana" (n.282); in essi "il messaggio evangelico trova l'opportunità, non sempre pastoralmente utilizzata, di giungere al cuore delle masse" (n.449); per cui è necessario "portare avanti una crescente e pianificata trasformazione dei nostri santuari perché possano essere luoghi privilegiati di evangelizzazione" (n.463).


3. Luoghi di intensa azione pastorale, dove i fedeli, soprattutto i poveri e gli emarginati, si sentono accolti e considerati come persone; dove la Parola di Dio è opportunamente accompagnata da una catechesi ed una liturgia fortemente significative; dove si amministrano senza sosta i sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia. Luoghi di grande portata ecclesiale, dove le folle radunandosi manifestano la loro appartenenza alla Chiesa e si sentono famiglia di fratelli convocati dal Signore, animati di fede e di speranza. La Conferenza di Santo Domingo fisserà la sua attenzione sulla fervente religiosità popolare, autentico tesoro spirituale dell'America Latina, si da promuovere una pastorale organica dei Santuari perché, come antenne permanenti della Buona Notizia, essi siano centri propulsori sempre più dinamici della Nuova Evangelizzazione. Auspico che si continui a pregare in tutti i Santuari Mariani dell'America Latina, particolarmente nei giorni 11 e 12 ottobre, per i Vescovi che si riuniranno a Santo Domingo e per il buon esito della loro Assemblea.

La Vergine Santissima accolga la comune invocazione e venga in aiuto al nostro anelito di evangelizzazione.

Data: 1992-07-12 Data estesa: Domenica 12 Luglio 1992

Recita dell'Angelus - Policlinico Gemelli (Roma)

Titolo: La cara Nazione Italiana e la Bosnia Erzegovina nel cuore e nella preghiera di Giovanni Paolo II

Carissimi fratelli e sorelle! Anche in questa domenica recito l'Angelus dal Policlinico Gemelli, unendomi spiritualmente ai pellegrini raccolti in Piazza San Pietro ed a quanti sono collegati mediante la radio e la televisione.

Rinnovo il mio ringraziamento a coloro che, durante la degenza in ospedale, mi hanno sostenuto ed aiutato in vari modi. Grazie! Tante Grazie! La liturgia odierna ci invita a perseverare nell'invocare l'aiuto del Signore. Gesù nel Vangelo dice: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto" (Lc 11,9). Forti di tale assicurazione, non permettiamo mai, fratelli e sorelle carissimi, che le occupazioni e le difficoltà quotidiane impediscano quell'interiore e filiale relazione con Dio che illumina e dà valore ad ogni avvenimento della vita. Solo in Lui, infatti, il nostro spirito trova pieno riposo e conforto nella fatica, nella malattia e nella prova.

Preghiamo quest'oggi, in modo speciale, per le vittime degli efferati episodi di violenza, che, anche di recente, hanno procurato dolorosi lutti e rovine, turbando la serena e civile convivenza delle famiglie e della cara Nazione Italiana. Preghiamo, inoltre, per le popolazioni della Bosnia-Erzegovina, le cui sofferenze mi sono state costantemente presenti in questi giorni.

Affidiamo la nostra insistente invocazione di pace e di concordia alla materna intercessione della Madonna, con la preghiera dell'Angelus.

(Giovanni Paolo II all'Angelus del 26 luglio, trasmesso via radio dal Policlinico Agostino Gemelli)

Data: 1992-07-26 Data estesa: Domenica 26 Luglio 1992

Messaggio del Santo Padre in occasione della Giornata mondiale del Migrante - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Accogliere lo straniero con l'atteggiamento gioioso di chi sa riconoscere in lui il volto di Cristo

Carissimi fratelli e sorelle!


GPII 1992 Insegnamenti - Credenziali del nuovo Ambasciatore della Lituania - Città del Vaticano (Roma)