GPII 1992 Insegnamenti - Udienza: ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici - Città del Vaticano (Roma)

Udienza: ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Voi siete testimoni della ricchezza dei doni che lo Spirito effonde tra i fedeli laici nella Chiesa

Signori Cardinali, Cari Confratelli nell'Episcopato, Cari amici,


1. Al termine di due riunioni complementari, sono felice di dare il benvenuto ai membri del Pontificio Consiglio per i Laici e ai rappresentanti di circa novanta associazioni o movimenti laici. Dopo l'Assemblea plenaria del Dicastero in Vaticano, la scorsa settimana, dedicata all'approfondimento degli aspetti fondamentali della spiritualità dei fedeli laici, il tema delle Giornate internazionali di studio di Rocca di Papa ne ha rappresentato un naturale prolungamento, poiché avete meditato sulla vostra esperienza nella pratica missionaria delle associazioni dei fedeli scegliendo, come titolo, le belle e concise parole di San Paolo: "Annunziare ai Gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8). Affidarsi in tal modo alla protezione dell'Apostolo delle Nazioni è già un autentico impegno.


2. Ringrazio il Signor Cardinale Eduardo Pironio di avermi illustrato sia i lavori del Dicastero che presiede, assistito da Mons. Paul Cordes, sia gli scambi dei colloqui a Rocca di Papa. La mia gratitudine va a tutti i membri e ai collaboratori del Pontificio Consiglio per i Laici che rende, a nome della Santa Sede, un servizio utilissimo di accoglienza e di ascolto, di dialogo e di collaborazione, di orientamento e di sostegno nei confronti dei fedeli laici, che si uniscono per prendere insieme la propria parte della missione della Chiesa. Con la loro vita e la loro azione comune, essi contribuiscono a presentare al mondo il segno dell'unione con Dio e dell'unità del genere umano che è la Chiesa, per usare le stesse parole del Concilio Vaticano Secondo all'inizio della costituzione della Chiesa (cfr. LG 1).

Poiché siete giunti da tutti i continenti, vedo in voi una chiara manifestazione dell'atteggiamento cattolico che sa unire le persone, numerose e molto diverse, che sono i fedeli laici nella Chiesa, e che sa rimanere aperto agli appelli del mondo. Voi siete testimoni della ricchezza dei doni che lo Spirito effonde tra i fedeli, dei "carismi" che sono alla base di tutte le autentiche esperienze associative. Si tratta per voi di servire l'unità nella fede, attraverso i molteplici modi di esprimere la propria fede e di viverla. Il vostro incontro manifesta anche la libertà delle persone e la libertà d'associazione all'interno di uno stesso mistero di comunione, in questa "nuova stagione aggregativa dei fedeli laici" sottolineata dall'esortazione post-sinodale Christifideles Laici (CL 29). La vostra azione suscita nei battezzati numerose forme di partecipazione responsabile nell'edificazione della Chiesa, affinché si rafforzi in essi l'impulso missionario che risponde alla "grazia di Dio" a noi concessa "di annunziare ai Gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8).

Lavorando insieme sempre di più nell'ambito dell'incontro che si conclude, come pure nelle vostre diverse regioni, percorrete un cammino assai utile che vi porta a conoscervi meglio, ad accogliere con riconoscenza i doni e i frutti portati da altre esperienze associative. Ci rendiamo conto che molti pregiudizi e ostacoli sono stati superati. Per tutti, si tratta di unirsi per vivere in modo più trasparente la comunione, per arricchirsi a vicenda e per prendere più attivamente ciascuno la propria parte nell'unica missione della Chiesa. Vi sono grato di aver risposto positivamente all'invito del Pontificio Consiglio per i Laici, dando in tal modo una nuova prova della vostra fedeltà al Successore di Pietro, inseparabile dalla vostra fedeltà fiduciosa nel ministero dei vescovi che, in comunione col Papa, presiedono le Chiese particolari in tutto il mondo.


3. La vostra riunione di numerosi movimenti laici non ha evidentemente per obiettivo quello di presentare una forza che potremmo credere imponente.

Significherebbe volersi erroneamente rassicurare, non dando il giusto valore all'autentica forza che ci anima. L'Apostolo che ispira le vostre riflessioni non ha forse proclamato: "So infatti a chi ho creduto" (2Tm 1,12)? Occorre innanzitutto ricordare che "c'è un solo Signore, Gesù Cristo" (1Co 8,6) e che "non vi è infatti altro nome dato agli nomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12): è questa la ragione principale della vostra esperienza associativa, della vostra testimonianza comunitaria e dell'evangelizzazione che siete chiamati a perseguire. Non adoriamo altri "dei", non seguiamo altri "signori". La forza paradossale della Chiesa - e quindi delle vostre associazioni - sta nel mistero dell'incarnazione, quando il Figlio di Dio si fa nostro fratello per salvare e trasfigurare la nostra vita con la ricchezza imperscrutabile del suo amore. L'incontro con Cristo è talmente bello e fecondo, che occorre diffonderlo ovunque, a tutto il "prossimo", in famiglia, nel proprio quartiere, nella scuola, in ufficio, in fabbrica, in tutti gli ambienti. Seguire Cristo è un'esperienza così radicale per coloro a cui è stata concessa, che è imperativo trasmetterne la gioia, nella speranza della salvezza aperta a tutti gli uomini. Significherebbe rendere un cattivo servizio ridurre le "ricchezze" del messaggio cristiano a "una sapienza meramente umana, quasi scienza del buon vivere" (RMi 11), a codici di comportamento incapaci di guarire il "cuore" dell'uomo e di metterlo sulla via della pienezza della vita.


4. Cari amici, poiché la fede oggi non è più nn patrimonio comune, ma soltanto un seme spesso dimenticato, spesso minacciato dagli "dei" e dai "signori" di questo mondo, le vostre associazioni e i vostri movimenti devono fare molto per prendersi cura di questo seme e farlo crescere, affinché possa portare abbondanti frutti, in una parola, per "impiantare" la Chiesa in tutti gli ambienti umani. Questa missione deriva dalla grazia battesimale, in virtù della quale ciascuno dei christifideles non dovrà restare inattivo nella vigna del Signore rappresentata dal mondo. Questa missione deve essere sempre ripresa, passando da una persona all'altra, da un'esperienza all'altra. La si può adempiere in tutti gli ambienti e in tutti i campi della vita sociale in cui vi trovate.

Nella dinamica missionaria animata dalla grazia, siete chiamati e inviati ad annunciare Gesù Cristo in numerosi "areopaghi" di un mondo che si allontana dal suo Creatore e Salvatore. Seguite l'esempio dei primi testimoni e dei primi discepoli dopo la Pentecoste; rafforzati dallo Spirito del Signore, essi superano gli ostacoli e attraversano le frontiere.

La missione inizia là dove si vive. Ma la missione ad gentes è più che mai affidata agli stessi fedeli laici, e anche alle loro associazioni e movimenti.

Che la grazia che vi è stata affidata vi converta in pellegrini capaci di abbandonare le proprie case e la propria sicurezza per andare a trasmettere le imperscrutabili ricchezze di Cristo là dove il Signore vi chiama, là dove la Chiesa ha bisogno di voi. Penso all'opera missionaria compiuta in numerosi paesi dove Gesù Cristo è ancora uno sconosciuto, o talvolta la presenza istituzionale della Chiesa è interdetta e comporta autentici pericoli. Penso alle comunità cristiane che intraprendono la propria ricostruzione dopo il periodo in cui si è cercato di annientare il senso religioso e di far tacere la Buona Novella. Penso anche a tanti luoghi in cui i poveri attendono una solidarietà attiva per ottenere la giustizia e la dignità umana, grazie alla carità creativa che testimonia la verità e la fecondità umana del messaggio di salvezza.

In tutte queste forme, l'impegno missionario non può mancare oggi nella partecipazione dei fedeli laici alla vita della Chiesa, anche in ragione della loro confermazione. Occorre quindi far progredire la coscienza che la missione riguarda tutti i cristiani, le diocesi e le parrocchie, le istituzioni e le associazioni ecclesiali. Più che mai la fede deve essere proposta alla libera adesione di tutti gli uomini, in tutti i popoli e le nazioni, perché "le moltitudini hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo, nella quale noi crediamo che tutta l'umanità può trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca a tentoni su Dio, sull'uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità" (Paolo VI, EN 53 cfr. RMi 7).

5. Alla vostra presenza, desidero affermare ancora una volta l'importanza che attribuisco alla Giornata Mondiale della Gioventù a motivo del suo significato nel creare tra i giovani un senso di appartenenza alla Chiesa, popolo di Dio in cammino, riunita da ogni nazione, razza e cultura. L'ultimo incontro mondiale della gioventù, tenutosi a Czestochowa lo scorso mese di agosto è stato una meravigliosa e particolarmente fruttuosa esperienza ecclesiale e missionaria.

Confido che, grazie agli sforzi congiunti delle associazioni e dei movimenti che rappresentate, il prossimo incontro, che si terrà a Denver, negli Stati Uniti, nell'agosto del 1993, sarà anch'esso un tempo di grazia. Prego affinché consenta a molti giovani di raggiungere una più profonda consapevolezza del proprio ruolo e della propria responsabilità nel diffondere il Regno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo nel mondo. Il tema, "lo sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10) mette in risalto il profondo contenuto spirituale della riflessione, del discernimento e dell'impegno che l'incontro intende proporre ai giovani del mondo. Il Pontificio Consiglio per i Laici, in cooperazione con la Chiesa negli Stati Uniti coordinerà il grande sforzo richiesto dalla preparazione di una riuscita celebrazione di questo importante evento.

Prima di concludere questo incontro, desidero ringraziare vivamente il lavoro effettuato dal Pontificio Consiglio sulla spiritualità dei laici, argomento principale dell'assemblea plenaria celebrata in questi giorni. Infatti il tema risponde a una necessità genuina: tutta l'autentica partecipazione nella comunione e nella missione ecclesiale esige da parte dei fedeli l'incontro con Cristo, l'adesione della propria fede maturata nella vita spirituale, secondo la vocazione di ciascuno. Occorre quindi che tutti i battezzati abbiano accesso a un'esperienza spirituale che alimenti la loro fede, dia un senso alla loro vita e ispiri la loro azione. I membri delle associazioni e dei movimenti che sono in contatto con il Pontificio Consiglio per i Laici, devono contribuire a questa riflessione comune con l'apporto del proprio carisma. Già da ora vi manifesto la mia gratitudine per i vostri preziosi contributi, che saranno di grande aiuto per tutti.

Nel salutarvi tutti cordialmente, riprendo l'augurio di San Paolo: "La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi" (1Th 5,28)! Con tutto il cuore invoco su di voi e su tutti i fedeli che rappresentate la Benedizione di Dio.

Data: 1992-05-14 Data estesa: Giovedi 14 Maggio 1992



Udienza: ai rappresentanti delle "United Bible Societes" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solo attraverso la preghiera e la conversione personale è possibile ottenere il dono della perfetta unità dei cristiani

Cari Amici, E' per me una grande gioia dare il benvenuto a voi, rappresentanti delle "United Bible Societies", che vi riunite questa settimana a Castelgandolfo. Saluto il vostro Segretario Generale, il Rev.do Dott. John Erikson, quanti di voi ho già incontrato in altre occasioni e quanti si trovano qui per la prima volta. La presenza della Federazione Biblica Cattolica con il suo presidente, S.E. Mons. Alberto Ablondi, e di altri rappresentanti dell'Associazione Biblica Italiana, è una conferma dei saldi vincoli di cooperazione che già vi uniscono nel vostro impegno biblico.

In questi giorni, tutti i cristiani festeggiano il trionfo del Signore sulla morte. Come San Mattia, la cui ricorrenza cade oggi, siamo chiamati ad essere "testimoni della sua Resurrezione" (Ac 1,22) in un mondo assetato di quell'autentica felicità che è il frutto della salvezza in Cristo Gesù. La nostra fede in Cristo ci spinge a fare tutto il possibile per operare insieme al fine di rendere testimonianza alla parola di Dio affidata dallo Spirito alla Chiesa. Il fatto che la piena e perfetta comunione non esista ancora tra i cristiani dovrebbe costituire una costante spinta alla conversione personale e alla fervida preghiera affinché i nostri continui sforzi vengano coronati dal dono dell'unità.

Molti e inestimabili sono i tesori spirituali che condividiamo. Il Concilio Vaticano Secondo ha ricordato che la parola di Dio riportata dai Libri Sacri è "l'eccellente strumento nella potente mano di Dio per il raggiungimento di quella unità, che il salvatore offre a tutti gli uomini" (UR 21). Gli sforzi delle "United Bible Societies" per diffondere la conoscenza delle Scritture rappresentano quindi un importante contributo alla causa ecumenica.

Questo grande compito e la necessità di una nuova evangelizzazione dell'umanità mentre ci avviciniamo al Terzo Millennio cristiano, sono aspetti inseparabili del nostro dovere di essere fedeli ed umili messaggeri della parola di Dio.

Il successo che avete ottenuto con la pubblicazione di un gran numero di traduzioni interconfessionali costituisce un profondo motivo per rendere grazie a Dio. Molto sarà il bene che nascerà dai vostri sforzi di offrire un più facile accesso alla Bibbia, poiché nei Libri Sacri il Padre celeste incontra i suoi figli e ci parla della sua misericordia e del suo perdono (cfr. DV 21). Egli ci invita ad allontanarci dalle opere di tenebra e ci accoglie nel Regno di luce e di pace, dove avremo la vita eterna.

E' mia speranza che in mezzo alle fatiche che esige oggi la diffusione del seme della parola di Dio, voi possiate provare la gioia proclamata dal Profeta Isaia: "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: "Regna il tuo Dio"" (Is 52,7). In questo tempo di resurrezione e di effusione dello Spirito Santo, vi benedica il Padre del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo!

Data: 1992-05-14 Data estesa: Giovedi 14 Maggio 1992



Udienza: al Seminario organizzato dalla Pontificia Commissione per l'America Latina - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Da una riflessione storica sul cammino di cinquecento anni una nuova strategia evangelizzatrice per l'America Latina

Cari fratelli nell'Episcopato, Eccellentissimi Signori, Illustri Professori, Signore e Signori,


1. Vi ringrazio di tutto cuore per la vostra presenza in Vaticano, dove siete venuti da prestigiose Università e da diverse nazioni, in particolare dall'Ispanoamerica, per partecipare a questo importante Simposio, che la Commissione per l'America Latina ha organizzato sulla storia dell'Evangelizzazione del Nuovo Mondo.

Il Simposio si inquadra nel suggestivo contesto di questo felice anno 1992, in cui ricorre il V Centenario dall'inizio dell'Evangelizzazione dell'America. Celebriamo così quel 1492 che, come ho detto nella mia omelia del 1° gennaio, fu un "anno singolare, anno anniversario di grandi cambiamenti nella storia dell'umanità, anno delle nuove vie del Vangelo della nostra salvezza".

In queste poche parole si riassume ciò che fu quella memorabile effemeride che, nel quadrante della storia, è legata ad una data simbolica: 12 ottobre 1492, sebbene la grandiosa e ammirevole avventura della scoperta e della prima evangelizzazione del Nuovo Mondo si svolse negli anni successivi, lungo un arco di tempo - poco più di nn secolo - nel quale la traiettoria dell'Umanità cambio direzione.


2. In effetti le caravelle dell'ammiraglio Cristoforo Colombo salparono dal Porto di Palos, in Spagna, sotto l'egida dei Re Cattolici Isabella e Ferdinando, il 3 agosto del 1492 e il 12 ottobre approdarono alle terre del nuovo continente, che in seguito verrà chiamato America.

Il primo incontro degli europei con le popolazioni del Continente americano avvenne sull'Isola di Guanahani, situata nell'attuale arcipelago delle Bahamas e che Colombo chiamo San Salvador, nome carico di un profondo significato cristiano e che lasciava trasparire il progetto della futura e immediata evangelizzazione. Infatti, questa comincio proprio con il secondo viaggio di Colombo, in cui alcuni missionari facevano parte della spedizione. E così il 6 gennaio del 1494, Frate Bernardo Boyl, designato Vicario Apostolico del Nuovo Mondo, celebro la prima Messa solenne in America.

Queste notizie, che ci danno le cronache con dati precisi, fanno parte di una storia affascinante. E' compito degli storici continuare ad approfondire gli studi di alcuni avvenimenti che hanno segnato un punto importante nella vita dell'umanità. Sebbene, al di là di questi dati, la Chiesa proclami sempre che Gesù Cristo è il Signore della Storia: "Il Cristo, ieri e oggi. Principio e Fine. Alfa e Omega. A Lui appartengono il tempo e i secoli. A Lui la gloria e il potere per tutti i secoli in eterno", parole che abbiamo pronunciato nella liturgia della Veglia Pasquale.


3. Come Successore di Pietro, desidero proclamare oggi dinnanzi a Voi che la storia è guidata da Dio. Per mezzo di Lui, i diversi "eventi" possono trasformarsi in "occasioni salvifiche" (kairos), quando nel corso dei secoli Dio si fa presente in un modo speciale. Di fronte ai nuovi orizzonti che si aprirono il 12 ottobre 1492, la Chiesa, fedele al mandato ricevuto dal suo divino Fondatore (cfr. Mt 28,19), senti il dovere perentorio di piantare la Croce di Cristo nelle nuove terre e di predicare il Messaggio Evangelico ai loro abitanti. Questo, lungi dall'essere una scelta arrischiata o un calcolo di convenienza, fu la ragione dell'inizio dello sviluppo dell'Evangelizzazione del Nuovo Mondo.

Senza dubbio in questa Evangelizzazione, come in ogni opera dell'uomo, vi sono stati esiti e sbagli, "luci ed ombre"; pero "più luci che ombre" (Cfr. Lettera Apostolica I cammini del Vangelo, 29 giugno 1990, 8), a giudicare dai frutti che troviamo dopo cinquecento anni: una Chiesa viva e dinamica che rappresenta oggi una parte rilevante della Chiesa universale. Ciò che celebriamo quest'anno è proprio la nascita di questa splendida realtà: l'arrivo della fede attraverso la proclamazione e la diffusione del Messaggio evangelico nel Continente. E lo celebriamo "nel senso più profondo e teologico del termine: come si celebra Gesù Cristo (... ) il primo e più grande Evangelizzatore, essendo Egli stesso il "Vangelo di Dio"" (cfr. Angelus del 5 gennaio 1992).


4. Non celebriamo, quindi, avvenimenti storici controversi. Siamo consapevoli che i fatti storici, così come la loro interpretazione, sono una realtà complessa che va studiata attentamente e pazientemente. Da Voi si spera un valido contributo, serio e obiettivo, un giudizio sereno su questi eventi. Infatti lo storico non deve essere condizionato da interessi di parte, né da pregiudizi interpretativi, deve piuttosto cercare la verità dei fatti. Per questo, il V Centenario dell'Evangelizzazione dell'America è un'occasione propizia per "uno studio storico rigoroso, un giudizio equanime e un bilancio oggettivo di quella impresa singolare che deve essere vista nella prospettiva del suo tempo e con una chiara coscienza ecclesiale" (Lettera Apostolica I cammini del Vangelo, 4). A questo riguardo, hanno già avuto luogo in Spagna, in America ed anche a Roma diversi e significativi congressi di carattere storico. Il presente incontro si colloca allo stesso modo su questa linea, così come l'Esposizione di libri e documenti precedenti al 1600, organizzata dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e dall'Archivio Segreto Vaticano.

Questo Simposio ha luogo prima della IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano che, durante il prossimo mese di ottobre, discuterà a Santo Domingo su una nuova strategia evangelizzatrice per il futuro.

La suddetta Conferenza avrà per tema "Nuova Evangelizzazione, Promozione umana, Cultura cristiana", ponendo il Redentore dell'uomo e Signore della storia al centro del suo programma di evangelizzazione: "Gesù Cristo ieri, oggi e sempre" (cfr. He 13,8). Avete studiato questa stessa tematica nella prospettiva storica dei cinquecento anni, ponendo l'attenzione sul primo secolo della grande epopea missionaria realizzata nel Continente americano a partire dal 1492.

Nel campo dei contributi agli studi storici, sono da lodare le numerose e valide pubblicazioni che hanno portato alla luce preziosi documenti degli inizi dell'evangelizzazione. Degni di menzione sono i due volumi dei "Documenta Pontificia ex Registris et Minutis praesertim in Archivio Secreto Vaticano existentibus" che, con il titolo "America Pontificia. Primi Saeculi Evangelizationis" (1493-1592) sono stati pubblicati dall'Archivio Segreto Vaticano. Questo è stato un degno omaggio della Sede Apostolica alla Storia dell'Evangelizzazione dell'America, così come lo è il Padiglione della Santa Sede all'Esposizione Universale di Siviglia.


5. A quanti sentono come proprio il compito di evangelizzare non può non destare una viva soddisfazione l'esame del contenuto degli atti dei numerosi Concili e Sinodi che vennero celebrati nel primo periodo, così come altri documenti di ricchissimo contenuto, come le Dottrine o Catechismi, che furono centinaia e sono quasi tutti scritti nelle lingue delle etnie e dei paesi in cui i missionari svolgevano la loro missione.

E' anche interessante rileggere le Cronache sull'azione missionaria, così come i testi che condannavano gli abusi e le prepotenze che, come in ogni opera umana, non mancarono. La testimonianza della Scuola di Salamanca rappresenta un encomiabile sforzo di portare avanti l'opera di colonizzazione secondo principi ispirati da un'etica cristiana. Frate Francisco de Vitoria, nelle sue celebri relazioni sugli indios pose i fondamenti filosofico-teologici di una colonizzazione cristiana. Il maestro di Salamanca dimostro che indios e spagnoli erano fondamentalmente uguali in quanto uomini. La loro dignità umana stava nel fatto che gli indios, per loro natura, erano anch'essi razionali e liberi, creati a immagine e somiglianza di Dio, con un destino personale e trascendente, per il quale potevano essere salvati o condannati. In quanto esseri razionali e liberi, gli indios erano soggetti ai diritti fondamentali inerenti a ogni essere umano, e non li perdevano a causa dei peccati di infedeltà, idolatria o altre offese contro Dio, poiché questi diritti si fondavano sulla loro natura e condizione di uomini.


6. Gli indios erano, di conseguenza, veri padroni dei loro beni allo stesso modo dei cristiani, e non potevano dipendere da questi ultimi per la loro mancanza di cultura. La situazione deplorevole di molti indios - aggiungeva Vitoria - era dovuta in gran parte alla loro mancanza di educazione e formazione umana. Per questo, in virtù del diritto di società e di comunicazione naturale, gli uomini e i popoli più fortunati avevano il dovere di aiutare quelli più arretrati e sottosviluppati. così Vitoria giustificava l'intervento della Spagna in America.

Basandosi su questi principi cristiani il saggio domenicano articolo un autentico codice dei diritti umani. Con esso pose i fondamenti del moderno diritto dei popoli: diritto alla pace e alla convivenza, alla solidarietà e alla collaborazione, alla libertà di coscienza e alla libertà religiosa. Perché l'evangelizzazione era - concludeva Vitoria - un mezzo di promozione umana e presupponeva il rispetto della libertà, così come l'educazione della fede nella libertà.

La dottrina della Scuola di Salamanca fu in gran parte assunta dalle Leggi delle Indie, le quali manifestano l'ispirazione cristiana dell'impresa colonizzatrice, anche se a volte tali leggi non venivano rispettate. Per questo, la cosiddetta "colonizzazione" non può essere svuotata del contenuto religioso che la permeo o accompagno, poiché la Croce di Cristo, piantata sin dal primo momento nelle terre del nuovo mondo, illumino il cammino degli scopritori o colonizzatori, come è provato dalla religiosità che ha segnato tutto il suo percorso e i numerosi scritti dell'epoca, così come i nomi stessi di tante città e santuari sparsi in tutta l'America.


7. Nel parlare della cristianizzazione del nuovo mondo, bisogna sottolineare, come fa questo Simposio, l'eccezionale lavoro svolto dagli Ordini religiosi. A questo proposito "Voglio, tuttavia, ripetere la valutazione globalmente positiva sull'azione dei primi evangelizzatori che erano in gran parte membri di Ordini religiosi. Molti dovettero operare in circostanze difficili e, in pratica, inventare nuovi metodi di evangelizzazione, proiettati verso popoli e genti di culture diverse" (Lettera Apostolica I cammini del Vangelo, 4). La loro opera apostolica, stimolata dai Papi e guidata da coraggiosi Pastori, provenienti anche dal clero secolare, come San Turibio di Mogrovejo, Patrono dell'Episcopato Latino-Americano, fu ricca di frutti di santità. Di essa siamo gli eredi e siamo chiamati a renderla viva e attuale nell'America dei nostri giorni. Per questo, è necessario penetrare e approfondire le radici cristiane dei popoli americani, esaminando il loro percorso e delineando l'identità del cosiddetto "Continente della Speranza".

Come ho già sottolineato nell'Enciclica Redemptoris Missio, la nostra epoca "esige un rinnovato impulso nell'attività missionaria della Chiesa. Gli orizzonti e le possibilità della missione si allargano, e noi cristiani siamo sollecitati al coraggio apostolico, fondato sulla fiducia nello Spirito. E' lui il protagonista della missione! Sono numerose nella storia dell'umanità le svolte epocali che stimolano il dinamismo missionario, e la Chiesa, guidata dallo Spirito, vi ha sempre risposto con generosità e lungimiranza" (RMi 30).


8. Non molto tempo fa è stato commemorato il primo millennio dal battesimo della Rus' e dall'evangelizzazione dei popoli slavi. Allo stesso modo è stato ricordato in questi anni il primo centenario dall'inizio delle missioni nei diversi paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'Oceania. Queste commemorazioni sono state avvenimenti della Chiesa universale, così come il V Centenario dall'inizio dell'Evangelizzazione dell'America, felice effemeride che ci chiama ad una Nuova Evangelizzazione.

Con iniziative simili a questo Simposio, "la Chiesa, in ciò che le concerne, vuole giungere a celebrare questo centenario con l'umiltà della verità, senza trionfalismi né falsi pudori; guardando solamente alla verità per rendere grazie a Dio per i successi e trarre dagli errori motivi per lanciarsi con spirito rinnovato verso il futuro" (Discorso ai Vescovi del CELAM, Santo Domingo, 12 ottobre 1984).

Prima di concludere questo incontro voglio ringraziare vivamente tutti per la vostra generosa partecipazione ai lavori del simposio, e vi esorto a proseguire nei vostri compiti di studio e di ricerca come un servizio alla verità e un omaggio a tanti uomini e donne che hanno dedicato e dedicano le loro vite alla causa dei nostri fratelli del continente americano.

Con la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1992-05-14 Data estesa: Giovedi 14 Maggio 1992

Ai Vescovi italiani riuniti nell'Aula del Sinodo per la XXXV Assemblea Generale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Edificare comunità cristiane mature per una concreta testimonianza della Verità

Christos anèsti! Cristo è risorto!


1. Venerati e cari Confratelli, in questo tempo pasquale risuoni tra noi l'annuncio gioioso che il Signore è risorto e vivo: "Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù" (Ac 3,13).

Mentre così profonde novità segnano la vita delle Chiese e dei popoli dell'Europa, e li riavvicinano tra loro per un mutuo scambio di doni, accogliamo l'invito a porre il nostro incontro sotto il segno della fede nel Risorto.

La potenza della vita nuova e divina Cristo è risorto! "Non era possibile", infatti, che la morte "tenesse in suo potere" (Ac 2,24) colui che è "l'Autore della vita" (Ac 3,15). Il saluto che ci scambiamo ci riconduce al centro della nostra fede, e ci dà di coglierla nella sua essenzialità: il mistero di un Dio che è all'origine di tutto e che nel suo Figlio incarnato va incontro alla morte per liberare l'umanità che ne è diventata schiava. In questa fede vogliamo reciprocamente confermarci e confermare i nostri fratelli (cfr. Lc 22,32 Ac 1,22). Questa fede vogliamo proclamare nelle nostre comunità ecclesiali, per riaffermare la potenza della vita nuova e divina, ricevuta in dono nel Battesimo. Questa fede dobbiamo instancabilmente annunciare ad un mondo che continua a manifestare segni di ardente sete di vita, anche se tante volte non sa dove cercarne l'autentica sorgente. Cristo è risorto! Il saluto si fa così parola che apre alla speranza e mandato che impegna. E' un saluto che, nella comunione della fede e nella condivisione di quanto in ambito pastorale e sociale la Conferenza Episcopale Italiana autorevolmente propone, vuole esprimere anche la comunione del cuore che mi lega a tutti voi: al Cardinale Camillo Ruini, Presidente, al Cardinale Salvatore Pappalardo, che, dopo undici anni di apprezzata collaborazione, cessa di essere uno dei Vice Presidenti, e a Mons. Giuseppe Agostino che gli subentra, a Mons. Dionigi Tettamanzi, Segretario Generale, a ciascuno di voi, Vescovi delle varie Chiese particolari d'Italia, qui riuniti per i lavori della XXXV Assemblea Generale della Conferenza Episcopale.

Le "visite ad limina": condividere insieme la sollecitudine per la gente di questo amato paese


2. Il nostro incontro viene dopo la conclusione delle visite "ad limina Apostolorum", che dal gennaio 1991 al febbraio 1992 hanno permesso a ciascuno, singolarmente e nelle Conferenze Episcopali regionali, di rinnovare la comunione con la Sede di Pietro e, quindi, con tutta la Chiesa. In queste visite ho avuto modo di approfondire la conoscenza delle situazioni sociali, culturali e pastorali, e di condividere con voi la sollecitudine per le Chiese e per la gente di questo amato Paese. L'incontrarvi è per me, quindi, una felice occasione per poter ripercorrere insieme quanto ci siamo detti in questi mesi e per riproporre, alla vostra attenzione e a quella delle vostre comunità ecclesiali, alcune costanti emerse dal nostro dialogo, come punti di riferimento per il cammino che le Chiese in Italia stanno compiendo, secondo gli orientamenti pastorali che opportunamente vi siete dati per gli anni '90, sotto il tema di "Evangelizzazione e testimonianza della carità".

E' indilazionabile l'urgenza di una nuova evangelizzazione


3. Il motivo conduttore, il richiamo pastorale sempre ribadito nei nostri incontri è stato l'appello ad un rinnovato impegno di evangelizzazione, la riaffermazione della necessità e dell'urgenza indilazionabile di una "nuova evangelizzazione". La recente Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi ha mostrato con grande chiarezza come tale esigenza sia profondamente avvertita e condivisa da tutte le Chiese di questo Continente (cfr. Declaratio, 3). Si tratta di una esigenza che scaturisce, anzitutto, dalla consapevolezza che la proclamazione del Vangelo è un atto mai concluso e sempre da rinnovarsi, coscienti come siamo della straordinaria ricchezza del dono che ci viene fatto e della inadeguatezza di ogni nostra pur generosa accoglienza. Tale esigenza è pure legata alla constatazione della svolta epocale che stanno vivendo la cultura e la vita dei popoli dell'Europa, attraversate da una crisi della coscienza collettiva che rischia di oscurarne o addirittura di strapparne le radici cristiane. Il richiamo al dovere di ridire il Vangelo agli uomini di questo tempo e di questi Paesi di antica evangelizzazione si accresce di ulteriori motivazioni nel V Centenario della evangelizzazione dell'America: una memoria che induce a verifica e fa appello ad un nuovo slancio di missionarietà, due atteggiamenti che presuppongono una chiara e forte coscienza del Vangelo e della sua verità che salva.

I segni della speranza del Vangelo nella storia e nella cultura del popolo italiano


4. Occorre riconoscere che questo appello ad una "nuova evangelizzazione" assume connotazioni tutte proprie per le comunità ecclesiali italiane, per la singolarità di questo Paese e la varietà di situazioni culturali e religiose al suo interno.

Su queste caratteristiche ci siamo confrontati negli incontri con le varie Conferenze Episcopali regionali. Mi basta qui, pertanto, brevemente accennarle. I segni della presenza del Vangelo nella storia e nella cultura del popolo italiano non cessano di manifestarsi, lasciando emergere un ricco patrimonio di valori spirituali, morali e umani. E' viva pure nella maggioranza della gente la coscienza di un'appartenenza ad un contesto religioso, cui ci si affida soprattutto negli eventi fondamentali della vita, come la nascita e la morte. Sono ancora significative, specialmente in alcuni contesti sociali, forme di espressione religiosa tradizionale, di pietà popolare e di religiosità civica. E' pero anche vero che la cultura, che sempre più va permeando la società italiana, presenta caratteri di crescente secolarismo e indifferentismo. La forma con cui questi si manifestano è prevalentemente quella di un relativismo, che abbraccia tanto la sfera della verità che quella dell'etica. Proprio a queste radici, come a loro terreno di coltura, si riconducono i molteplici fenomeni di disgregazione e di malessere sociale, l'appiattimento della persona e dei modelli sociali su forme di vita puramente consumistiche, i diversi attentati alla vita umana e alla legalità, il concreto disprezzo del valore incomparabile della persona e della doverosa ricerca della giustizia e della solidarietà.

La maturità della fede è una risposta alle esigenze dei tempi


5. Di fronte a questa situazione, più volte abbiamo ripetuto che con la "nuova evangelizzazione" vogliamo metterci in cammino verso traguardi di maturità: il nostro obiettivo pastorale primario è di edificare comunità cristiane mature e di aiutare i cristiani a crescere in una fede adulta, cristiani e comunità cioè che sappiano essere nel mondo testimoni della trascendente verità della vita nuova in Cristo. La maturità della fede è una risposta alle esigenze dei tempi. E ciò giustamente, perché compito della Chiesa nella storia è di discernere i segni dei tempi, rispondere alle sollecitazioni che la richiamano a vivere nella fedeltà al suo Signore, sempre più profondamente ma anche in modi sempre più comprensibili dagli uomini d'oggi (cfr. GS 4). Ma la tensione verso la maturità della fede non dipende solo né primariamente dalle esigenze, pur importanti, delle circostanze storiche. Essa infatti è connaturata al dinamismo stesso della vita cristiana. Per sua intima natura, la fede reclama la totale disponibilità del credente ad un radicamento sempre più profondo e ad una espressione sempre più ampia, seguendo il dinamismo stesso dello Spirito, che è fonte inesauribile di vita e di pienezza (cfr. Rm 8,1-17). La vita del cristiano e quella della comunità di fede, incarnazioni germinali del Regno di Dio, richiedono per loro stessa natura di sprigionare dal piccolo granello di senapa le potenzialità del grande albero (cfr. Mt 13,31-32).

Organizzare la speranza nell'attuale realtà sociale e politica


6. Occorre a questo punto riflettere su cosa vogliamo dire quando parliamo di "maturità" di fede. Certamente essa implica accoglienza del dono della grazia, libera scelta personale, consapevolezza di verità, apertura alla celebrazione e alla lode di Dio, superamento di ogni frattura tra fede e vita nel servizio della carità e nell'impegno per la giustizia, coinvolgimento responsabile nell'edificare il tessuto delle comunità ecclesiali, generosa e coerente comunicazione della propria esperienza di fede nella missionarietà, convinta partecipazione alla inculturazione della fede, appassionata offerta e organizzazione della speranza nell'attuale realtà sociale e politica. Dietro ciascuna di queste espressioni della maturità cristiana sta quella compromissione totale dell'esistenza personale e comunitaria che nel Vangelo assume la forma del seguire Gesù. "Vieni e seguimi!", è l'invito di Gesù a chi gli chiede indicazioni per raggiungere la pienezza della vita (Mt 19,21). Ma la condizione di questa sequela è la piena espropriazione di sé, per "ritrovare" se stesso nella adesione a Gesù Cristo e, con lui, nel dono di sé ai fratelli: "se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà" (Mt 16,24-25). L'invito e le condizioni di Gesù riguardano tutti, perché unica, nelle diverse forme, è la vocazione alla santità, unico è il distacco richiesto nei riguardi degli idoli di questo mondo, unica è la sequela del Signore. La fede cristiana non si identifica con la pura accoglienza di un complesso di verità, sebbene non possa sussistere senza l'adesione della mente alla verità rivelata e la continua e amorosa ricerca dell'intelligenza di essa. La fede cristiana non si riduce neppure alla semplice obbedienza ai comandamenti del Signore, sebbene non possa prescindere dalla coerenza della vita con la verità che si professa. La fede cristiana manifesta la sua assoluta originalità e novità nell'essere un incontro personale con il Signore Gesù, una comunione e condivisione di vita con lui. "Venite e vedrete", dice Gesù ai primi discepoli, ed essi "si fermarono presso di lui" (Jn 1,39). Vedere il Signore, dimorare con Lui e in Lui (cfr. Jn 15,1-11), questa è la scelta radicale che il Vangelo propone e che costituisce il criterio e la misura della maturità del discepolo di Cristo. E' da questo incontro e da questa comunione personale che nasce la forza della testimonianza e lo slancio della missionarietà. "Ho visto il Signore", è il grido di Maria di Magdala dopo l'incontro con il Maestro risorto (Jn 20,18), e lo stesso affermano Tommaso e i discepoli che hanno ricevuto dal Risorto il dono della pace e dello Spirito: "Abbiamo visto il Signore" (Jn 20,22).

Adulto è farsi "piccolo" è considerarsi "servo" di tutti


7. Parrebbe prevalere nella cultura contemporanea il convincimento che la condizione dell'adulto si identifichi con quella di una totale autonomia. Adulto, per molti uomini e donne del nostro tempo, è colui che è autonomo dagli altri, che non soggiace a nessuno e che di nessuno necessita nel suo fare e produrre. Adulta sarebbe la ragione che si è svincolata da ogni legame di tradizione e di rivelazione. Adulta sarebbe la volontà di chi prescinde da ogni norma e si determina secondo un arbitrio che non ha riferimenti se non in se stesso. Non così pensa il Vangelo, per il quale essere "adulto", ovvero essere "grande", non si misura sul potere autonomo di cui si gode e sulla produttività di cui si è capaci, ma, al contrario, sul farsi "piccolo" e considerarsi "servo" di tutti: "Chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è grande" (Lc 9,48) e "colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo" (Mt 20,26). In questa duplice figura del "piccolo" e del "servo" sta l'essenza stessa della maturità cristiana. Essa è totale affidamento a Dio come Padre, in una assoluta disponibilità all'ascolto della sua Parola e delle esigenze dei fratelli, a non considerare mai compiuta la propria esistenza in attesa di una voce che ancora una volta dica: "Ora va'! Io ti mando" (Ex 3,10). Essa implica totale compromissione con gli altri e per gli altri, come espressione perfetta dell'amore che viene da Dio. In una società che sembra aver generalizzato il minimalismo delle proposte di vita, il radicalismo della proposta del Signore Gesù suona come una sfida suggestiva e tremenda ad assumere in pienezza la responsabilità di se stessi per farsi dono totale al Padre e ai fratelli. E' la sfida a poggiare le radici della propria esistenza personale e comunitaria nella salda ricchezza del dono inesauribile dello Spirito, piuttosto che nella limitatezza e precarietà dei nostri sforzi e delle nostre realizzazioni umane.

Dio e la sua "giustizia" siano al centro della nostra esistenza


8. Parlare di cristiani "maturi" nei termini dei "piccoli" e dei "servi" non significa affatto optare per una identità cristiana meno evidente e meno presente nella storia. Al contrario: Annunciando le Beatitudini, il Signore Gesù comincia con il chiamarci alla "povertà nello spirito", per renderci simili a Lui "mite ed umile di cuore" (Mt 11,29), e conclude con la prospettiva di una persecuzione per causa sua e del Vangelo, come espressione suprema del servizio di testimonianza ai fratelli (cfr. Mt 5,3-12). In mezzo a questo cammino - dalla povertà al servizio e dall'espropriazione di sé al rifiuto da parte del mondo -, sta l'adesione piena alla verità, cioè al mistero salvifico di Dio, al suo disegno sulla storia e sul mondo, che il Vangelo chiama la sua "giustizia". Scegliere che Dio e la sua "giustizia" siano al centro della nostra esistenza - ed è questa la scelta fondamentale -, implica l'accettazione delle esigenze radicali con cui Gesù, con la sua parola "Ma io vi dico...", ci insegna un progetto di vita che contraddice le logiche dominanti del mondo, quelle che fanno del potere, dell'avere e del piacere gli idoli dell'uomo (cfr. Mt 5,20-48). Solo su questa strada si cammina verso quella maturità che il Vangelo chiama perfezione: "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48). Questa "giustizia" e "perfezione", che risplende nelle "opere buone", è la prima forma di evangelizzazione dei nostri fratelli, perché "rendano gloria al Padre che è nei cieli" (Mt 5,16).

Responsabilità della Chiesa italiana nei confronti dell'Europa


9. Mi è caro affidarvi questa immagine di maturità nella fede, perché ad essa potrà far riferimento l'impegno di approfondimento degli Orientamenti pastorali per gli anni '90, alla luce delle responsabilità delle Chiese in Italia nei confronti della nuova situazione dell'Europa. Su questa figura di maturità dovranno soprattutto misurarsi i diversi soggetti dell'azione pastorale. Prima fra tutti la comunità parrocchiale, il cui tessuto cristiano necessita di una profonda ricostruzione (cfr. Evangelizzazione e testimonianza della carità, 28), attraverso una presenza viva e cooperante di tutti i suoi membri: presbiteri, diaconi, religiosi, fedeli laici. I giovani, poi, cui è da riservare particolare attenzione, per accompagnarli con un dialogo personalizzato nella formazione di una forte personalità cristiana. Un ruolo non secondario in ciò è chiamata a svolgere la scuola, che, nelle sue varie forme e nei suoi diversi momenti, dovrebbe proporsi come luogo di esperienza di integrale umanità; nella scuola si realizza in misura rilevante il più ampio compito di presenza della Chiesa nel mondo della cultura. Alla costruzione di questa maturità cristiana ed ecclesiale deve concorrere in particolare quel cammino permanente di catechesi, che la vostra Conferenza Episcopale, d'intesa con la Santa Sede, sta progressivamente offrendo alle comunità ecclesiali, tramite i diversi volumi del "Catechismo per la vita cristiana". Al suo vertice si pone la catechesi degli adulti, a cui un particolare impulso potrà venire dalla celebrazione del II Convegno nazionale dei Catechisti nel prossimo novembre. Di questa immagine piena dell'esperienza cristiana devono, infine, farsi portatori, insieme con le forze educative e culturali, i mezzi di comunicazione sociale, affinché a tutti possa risplendere, con verità ed efficacia, la gioia che l'incontro con il Risorto genera nel cuore di chi crede in lui e a lui si affida (cfr. Lc 24,32 Lc 24,41).

"Siate padri, fratelli e amici dei vostri presbiteri" 10. Un'ultima parola sento di dover aggiungere. Nel proporre alla porzione del popolo di Dio affidata alla vostra guida pastorale questi traguardi di maturità, sarete affiancati anzitutto dai vostri presbiteri. So che ad essi e ai loro problemi la vostra Conferenza Episcopale dedicherà l'Assemblea Generale del prossimo ottobre, e sono certo che in quella occasione le indicazioni della Esortazione Apostolica post sinodale "Pastores dabo vobis", che ho voluto indirizzare a tutta la Chiesa in occasione del Giovedi Santo, non mancheranno di essere meditate e attualizzate per la situazione della Chiesa in Italia. Da questo documento, che offre un progetto articolato di riflessione sulla identità del presbitero e sulle esigenze della sua formazione, permettete che stralci un testo, come esortazione per tutti noi, fratelli nell'episcopato: "La fisionomia del presbiterio è... quella di una vera famiglia, di una fraternità, i cui legami non sono dalla carne e dal sangue, ma dalla grazia dell'Ordine: una grazia che assume ed eleva i rapporti umani, psicologici, affettivi, amicali e spirituali tra i sacerdoti; una grazia che si espande, penetra e si rivela e si concretizza nelle più varie forme di aiuto reciproco, non solo quelle spirituali ma anche quelle materiali. La fraternità presbiterale non esclude nessuno, ma può e deve avere le sue preferenze: sono quelle evangeliche, riservate a chi ha più grande bisogno di aiuto o di incoraggiamento" (PDV 74).

Possiate, cari fratelli, realizzare questa fraternità nel vostro presbiterio. Siate padri, fratelli e amici dei vostri presbiteri: incoraggiatene costantemente con l'insegnamento e l'esortazione il ministero, sorreggeteli con la vostra presenza e condivisione nelle difficoltà, sperimentate con loro la dolcezza di far parte del gruppo di coloro che il Signore ha scelto perché insieme stiano sempre con lui (cfr. Mc 3,14 Ac 1,21).


11. Affido queste riflessioni a Maria Santissima, invocando la sua intercessione, perché possano tradursi in progetti concreti di impegno pastorale, facendo di ciascuno di voi un fedele amministratore della grazia del Signore (cfr. 1Co 4,1-2) e un pastore sollecito del suo popolo (cfr. 1P 5,1-4). Con questa fiducia imparto a ciascuno di voi e alle vostre Chiese la Benedizione Apostolica.

Data: 1992-05-14 Data estesa: Giovedi 14 Maggio 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Udienza: ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici - Città del Vaticano (Roma)