GPII 1992 Insegnamenti - Udienza ai religiosi partecipanti al X Capitolo Generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza - Città del Vaticano (Roma)

Udienza ai religiosi partecipanti al X Capitolo Generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Non ci può essere vera evangelizzazione senza fervore apostolico

Fratelli carissimi!


1. Siate i benvenuti! Voi avete celebrato il X Capitolo generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza: fatica nobile e benedetta, perché fatica per il Regno di Dio! La vostra Assemblea Capitolare si è svolta a pochi mesi di distanza dalla repentina scomparsa del Direttore generale dell'Opera, don Giuseppe Masiero, e dell'Economo, don Angelo Riva. Fui informato quasi subito della loro tragica morte e soffersi e pregai con voi. Con voi ora gioisco perché, dopo momenti di prova così dura, mediante le vostre responsabili scelte, il Signore ha dato alla Congregazione un nuovo Superiore ed un nuovo Consiglio generale. Porgo, pertanto, il mio saluto a don Roberto Simionato, da voi eletto sesto successore di don Orione ed ai Consiglieri generali, da voi nominati per i prossimi sei anni.

Auspico di cuore che essi possano, con l'aiuto di Dio e lavorando in costante sintonia di intenti, adempiere fedelmente la missione loro affidata per il bene della vostra Opera e della Chiesa. Li animino sempre lo spirito di appassionato servizio ai poveri e l'ansia apostolica, che furono propri del vostro beato Fondatore. Di lui prolunghino soprattutto la luminosa testimonianza di amore a Cristo, ai piccoli ed a quanti vivono ai margini della società.


2. Seguendo le recenti indicazioni della Chiesa, alla quale vi lega un voto di speciale fedeltà, avete riflettuto a lungo durante il Capitolo su come impostare il futuro della Congregazione nell'ottica della missionarietà e dell'attenzione alle persone e ai popoli che attendono l'annuncio evangelico e anelano a condizioni di autentica giustizia e di concreta solidarietà. Il tema della nuova evangelizzazione si è così imposto fortemente alla vostra coscienza. Esso oggi si presenta a voi come l'attuazione del grido accorato del vostro Padre: "Anime! Anime!". Grido che prolunga il "sitio" di Gesù in croce. Grido che andrà sempre ripetuto da ciascuno e da tutti insieme. Non ci può essere vera evangelizzazione senza fervore apostolico. Non esistono scelte per il Regno, se non sono fatte in un contesto, personale e comunitario, di autentico fervore. Il libro degli Atti, specie in questo tempo pasquale, ce lo ricorda costantemente. Come gli Apostoli, anche voi, Padri Capitolari, siete inviati quali ardenti araldi a diffondere le decisioni adottate dal Capitolo per l'intero vostro Istituto.


3. "Essere il fondatore oggi": questo è stato il tema del Capitolo generale, durante il quale avete cercato di mettere in luce la vostra peculiare missione nella Chiesa secondo il carisma del Beato Luigi Orione. Alla vigilia del terzo Millennio cristiano stiamo vivendo un tempo carico di sfide e di enormi potenzialità positive. Un tempo nel quale le frontiere dell'evangelizzazione si allargano, domandando coraggiose scelte apostoliche. Il formarsi di un mondo più unito, grazie all'incremento delle comunicazioni, l'affermarsi tra i popoli di quei valori evangelici, che Gesù ha incarnato nella vita, e lo stesso tipo di sviluppo economico e tecnico, che spesso si rivela senz'anima, esigono da parte dei credenti, ma in maniera singolare da voi religiosi, ardore rinnovato, audacia missionaria, disponibilità costante e fedeltà indomita a Cristo e al suo Vangelo di speranza e di misericordia. Nell'impegno per la nuova evangelizzazione la vostra Famiglia religiosa troverà, ne sono certo, se saprà aprirsi ad un'autentica consapevolezza missionaria, ragioni ideali e stimoli concreti per una costante crescita ed un vivo rinnovamento evangelico. Fedeli, in tal modo, all'eredità spirituale lasciatavi da don Orione, voi sarete in questo tempo i prolungatori del suo servizio alla causa di Cristo e del messaggio salvifico.


4. La Chiesa vi domanda, pertanto, ancor oggi di vivere il vostro "carisma" con piena docilità allo Spirito Santo e con apertura generosa alle mutate esigenze dell'epoca attuale. Don Orione riassumeva così la finalità del vostro Istituto: "Instaurare omnia in Christo: per la grazia di Dio tutto instaurare nella Carità infinita di Gesù Cristo con l'attuazione del programma papale". Quanto è necessario oggi il vostro apporto specifico alla vita delle Comunità ecclesiali e all'intera società! Don Orione, sensibilissimo alla missione della Chiesa, avvertiva lo stacco che, all'inizio del nostro secolo, andava crescendo tra clero e popolo, tra religione e società, tra devozione e costumi morali. La fede e il Vangelo, pur profondamente radicati nella tradizione del popolo, sembravano quasi ininfluenti sui nuovi problemi e interessi della vita familiare, sociale, culturale. Le masse operaie, soprattutto, erano attratte e travolte da altre ideologie e da altri costumi. Occorreva un nuovo modo di essere "sale e lievito del mondo", un nuovo modo di "seminare e arare Cristo nel popolo", come egli amava ripetere. Era l'urgenza della Chiesa di quel tempo. E resta l'urgenza della Chiesa anche oggi. Una società come la nostra, che da una parte tende quasi orgogliosamente al materialismo della vita, mentre dall'altra parte sente il vuoto e l'ansia di Dio, necessita di testimoni del mistero, necessita di segni vivi del Vangelo. Voi siete chiamati ad essere, come il vostro Padre spirituale, questi testimoni e questi segni viventi di Cristo nel mondo d'oggi; apostoli coraggiosi, aperti alle prospettive missionarie che animano la famiglia dei credenti.


5. Potrete rispondere a questa non facile ma esaltante vocazione soltanto se rimarrete saldamente ancorati all'essenziale della vita religiosa: la docile sequela di Cristo povero, casto e obbediente; se sarete adoratori incessanti della divina Volontà; se farete dell'orazione l'alimento insostituibile dell'esistenza; se non cederete ai richiami del secolarismo e manterrete inalterato lo stile di povertà, di semplicità e di abbandono alla Divina Provvidenza, che fu proprio del vostro Fondatore. Il vostro ministero apostolico tra i poveri e tra i giovani - quest'ultimo significativamente ribadito in quest'anno centenario del primo Oratorio fondato da don Orione - sarà ancor più efficace e servirà l'unità della Chiesa se innanzitutto tra di voi mai verranno a mancare l'intesa e la fraterna comunione.

La vostra Opera, che va allargando le sue tende missionarie in ogni Continente, conservi sempre lo spirito delle origini. Sia sempre come la volle il Fondatore: una famiglia umile, gioiosa, interamente dedicata al servizio dei poveri, per tutti stringere, con amore dolcissimo, a Cristo nella Chiesa.

Vi accompagni in tale missione il materno aiuto di Maria, "Madre e celeste fondatrice" della vostra Congregazione, come amava ripetere don Orione.

Egli sostenga ed accompagni i passi del nuovo Direttore generale, del nuovo Consiglio generale e di tutta la vostra Famiglia spirituale. Vi sia di incoraggiamento anche la Benedizione che volentieri imparto a voi, qui presenti, e a tutti i membri, Religiosi, Religiose e Laici della Piccola Opera della Divina Provvidenza.

Data: 1992-05-16 Data estesa: Sabato 16 Maggio 1992

Ai Presuli della Conferenza Episcopale del Rwanda in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siete chiamati ad essere artigiani di pace e "buoni samaritani" accanto alle vittime della guerra, ai poveri, ai malati di Aids

Cari confratelli nell'Episcopato,


1. Vi porgo cordialmente il benvenuto in questo luogo, in cui la vostra tradizionale visita ad Limina vi conduce. E' la prima volta che ci incontriamo dopo la mia visita pastorale nel paese delle mille colline, nel settembre del 1990, che mi ha consentito di apprezzare la calorosa ospitalità del vostro popolo e il suo attaccamento al Successore di Pietro. Sono lieto che questo nuovo incontro rafforzi ulteriormente i vincoli di comunione tra Roma e la Chiesa in Rwanda. Ringrazio vivamente il Presidente della vostra Conferenza Episcopale, Mons. Thaddée Nsengiyumva, Vescovo di Kabgayi, per le parole tanto cordiali che mi ha appena rivolto a vostro nome. Porgo i miei auguri di un fecondo ministero pastorale al nuovo Vescovo di Kibungo, Mons. Frédéric rubwejanga, nonché al primo Vescovo della diocesi di Gikongoro, recentemente eretta, Mons. Augustin misago. Mi auguro che il vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, a cui dobbiamo il primo annuncio della fede, vi dia un nuovo sprone al servizio del popolo affidato alla vostra sollecitudine pastorale.


2. Nella vostra preghiera di pellegrini, mi è facile immaginare che sia l'inestimabile dono della pace ciò che chiedete incessantemente al Signore in questo drammatico periodo della storia del Rwanda. Infatti, purtroppo, avevo appena lasciato la vostra terra, che nell'ottobre del 1990 è scoppiata la guerra, causando perdite di vite umane e portando il suo triste bagaglio di distruzione e di miseria. Intere popolazioni hanno dovuto fuggire e cercare rifugio in posti più sicuri. All'inizio dello scorso anno si sono verificati massacri che sono andati ad aggiungersi alle sofferenze delle famiglie e che hanno fatto crescere la tensione tra i gruppi sociali. Ultimamente le incursioni notturne e gli attentati hanno provocato la morte di vittime innocenti. E si temono nuovi drammi nel momento in cui si vorrebbe poter chiudere definitivamente con il regno della violenza. Siate certi, cari Confratelli, che la mia preghiera si unisce alla vostra per chiedere al Signore che il vostro paese, che ha intrapreso la strada delle riforme a cui aspirano i Rwandesi, conosca una pace duratura e che si sviluppi, tra i membri di una stessa nazione, un dialogo costruttivo e fecondo. A questo proposito, è con soddisfazione che sono venuto a conoscenza degli accordi a cui si è giunti ultimamente per la formazione del governo, e spero che il Rwanda continui a progredire sulla via della democrazia in un clima di unità nazionale.


3. Come vi ho esortati nel mio messaggio di Kigali, il 9 settembre 1990, perseverate a tutti i costi nel vostro difficile e paziente impegno in vista dell'unità tra i fratelli e le sorelle rwandesi! A questo scopo avete le risorse del Vangelo. Infatti solo la fede cristiana può riuscire a eliminare i pregiudizi etnici, a instaurare un clima di fratellanza perfezionando il rispetto che si deve agli altri. E' per questo che vi ripeto: "Che ciascun rwandese comprenda che il prossimo che Gesù chiede di amare non è soltanto l'uomo dello stesso gruppo sociale, ma ogni uomo che si incontra lungo la strada" (n. 5). Vi incoraggio con tutto il cuore a perseguire più che mai la vostra opera di artefici di pace e di buoni samaritani. So che, nell'assistenza alle vittime della guerra, ai rifugiati e ai membri più bisognosi della popolazione, voi compite veri miracoli con l'aiuto dei sacerdoti, dei religiosi, delle religiose e di altre persone di buona volontà.

Che Dio benedica gli slanci di generosità e di compassione! Certamente il vostro compito principale è quello di portare la luce e l'amore di Cristo negli spiriti e nei cuori. Nel periodo di riforme politiche che sta vivendo il vostro paese, è ciò che fate, tra l'altro, attraverso messaggi destinati a formare le coscienze, come quello del 21 novembre 1991 ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose. In questo periodo pasquale, in cui sentiamo più vivamente la presenza attiva dello Spirito Santo, dono del Signore Risorto, auspico che vi rinnoviate nella vostra bella missione di portatori di speranza e di conforto, a immagine di Colui che invochiamo il giorno di Pentecoste, come "Consolatore sovrano". Che i fedeli lungi dal sentirsi abbandonati e lasciati allo smarrimento, possano avvertire che sono sostenuti, incoraggiati e accompagnati da guide illuminate e amorevoli!


4. In questo apostolato prioritario e nel proseguimento di altre attività di evangelizzazione siete circondati da collaboratori privilegiati: i sacerdoti. Essi si aspettano da voi un affetto comprensivo, un'accoglienza attenta, così come consigli ed incoraggiamenti per il loro ministero. La recente esortazione apostolica Pastores dabo vobis vi aiuterà in quel compito di grande importanza e particolarmente delicato che è la formazione dei futuri sacerdoti, formazione che deve continuare per tutta la vita, per favorire la santificazione personale nel ministero e un costante rinnovamento dell'impegno pastorale (cfr. PDV 2). La costatazione che la maggioranza dei Rwandesi professano la religione cattolica non deve far dimenticare l'urgenza di annunciare il Vangelo e di approfondire la fede ricevuta. Come faceva notare l'enciclica Redemptoris missio, l'azione missionaria è solo agli inizi e la Chiesa deve affronatre le sfide del mondo d'oggi con lo stesso coraggio che animava i missionari delle epoche passate e la stessa disponibilità ad ascoltare la voce dello Spirito (cfr. RMi 30). In quest'anno del centenario della morte del Cardinale Lavigerie, i cui figli sono stati i primi a portare la Buona Novella nel vostro paese, dobbiamo ricordare gli insegnamenti che dava ai "Padri Bianchi": "I missionari dovranno dunque essere soprattutto degli iniziatori, ma l'opera duratura deve essere compiuta dagli Africani stessi, divenuti cristiani ed apostoli" (Allocuzione in occasione della partenza di venti missionari per l'Africa equatoriale, Algeri 29 giugno 1890). Cari fratelli, fate in modo che i sacerdoti delle vostre diocesi, fortificati da un rinnovamento della loro vita di preghiera, mossi da uno zelo apostolico rafforzato e sostenuto da un'autentica atmosfera di fratellanza sacerdotale nel presbiterio, s'impegnino a radicare fermamente la fede nei cuori, per la crescita della Chiesa e per il bene delle vostre nazioni.


5. I religiosi e le religiose vi offrono allo stesso tempo un aiuto pregevole, non solo per il loro contributo alla pastorale ma attraverso la loro stessa vita consacrata. Essi sono chiamati nella Chiesa a dare una testimonianza visibile del loro dono totale a Dio e spetta ai Vescovi aiutarli a compiere questa opzione fondamentale. Come ha dichiarato il Concilio Vaticano II, "i religiosi col loro stato testimoniano in modo splendido e singolare che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini" (LG 31). Nel promuovere la vita religiosa, seguendo i carismi propri dei diversi istituti, i Vescovi compiono un autentico dovere pastorale.


6. Esiste inoltre un ministero a cui, ancora un volta, vi invito a prestare un'attenzione speciale, con il contributo di sacerdoti competenti: la pastorale dell'élite del paese. A tutti i battezzati e, in particolare, a quanti occupano posti di responsabilità per il progresso della nazione, offrite l'aiuto necessario affinché i valori evangelici, in cui credono dal momento del loro ingresso nella comunità cristiana, permeino il loro modo di pensare e di agire. Oggi hanno la possibilità di leggere la parola di Dio nella propria lingua: il primo esemplare della traduzione della Bibbia in kinyarwanda mi è giunto lo scorso anno. Mentre apprezzo il lavoro che tale pubblicazione rappresenta, colgo l'occasione di questo incontro per complimentarmi con l'équipe di sacerdoti e di laici, biblisti e linguisti, e con il loro presidente, Mons. André perraudin, Arcivescovo-Vescovo emerito di Kabgayi, per questo grande servizio reso ai cristiani di lingua rwandese. Infine mi auguro che i fedeli laici approfondiscano sempre di più l'insegnamento sociale della Chiesa, affinché i membri della società rwandese costruiscano per se stessi e per i loro figli un avvenire degno e prospero. E' ancor più necessario, nell'attuale fase della vita della nazione, che si ponga rimedio alla situazione economica del paese, soprattutto riguardo all'insufficienza della terra e a causa dei problemi sociali che devono affrontare quanti ne hanno la responsabilità.


7. In una nazione come la vostra, in cui la metà della popolazione è al di sotto dei 18 anni di età, la pastorale dei giovani merita una sollecitudine particolare.

A quanti, ragazzi e ragazze, rappresentano il Rwanda del domani, e che anelano alla conoscenza della verità, come ho constatato durante il mio incontro nello stadio Amahoro, occorre comunicare ciò che dà senso alla vita e presentare con entusiasmo il messaggio di Cristo, trasmesso dalla sua Chiesa. Altrimenti questi giovani a cui dobbiamo testimoniare il nostro affetto e la nostra fiducia rischiano di diventare preda della mentalità neopagana che li circonda, e saranno tentati di vedere nello sviluppo economico l'unico fine dell'esistenza. Dinanzi alla fragilità del tessuto familiare, siete chiamati a mettere a punto una pastorale adeguata per aiutare quegli stessi giovani a fondare un focolare secondo il progetto di Dio. Sane regole di condotta morale sono necessarie per costruire solidamente una famiglia cristiana: possa la vostra voce farsi ascoltare chiaramente, affinché i giovani imparino ad apprezzare il matrimonio e si preparino ad affrontare le loro responsabilità di sposi e di genitori! Ricordate loro che la salute della società si fonda sulla famiglia, in cui l'essere umano riceve quegli insegnamenti fondamentali che determinano il suo comportamento da adulto. Infatti è nella famiglia che si risvegliano la fede ed il senso civico.


8. Fra le gravi difficoltà conosciute dal vostro popolo, ve n'è una che non è svincolata, del resto, dalla degradazione della vita morale: l'epidemia dell'AIDS.

I malati devono essere oggetto di tutta la nostra sollecitudine, senza discriminazioni, e sentirsi avvolti dalla carità dei discepoli di Cristo. Con tutte le risorse di cui disponete, continuate a illuminare e ad assistere efficacemente giovani e adulti nelle scuole cattoliche e negli ambulatori.

Esortateli a un modo di vivere degno e fedele al Vangelo, affinché non compromettano né la propria vita, né quella del loro prossimo.


9. Concludendo vorrei chiedervi di porgere i miei cordiali saluti e il mio incoraggiamento ai sacerdoti delle vostre rispettive diocesi. Formulo i migliori auguri accompagnati dalla mia preghiera ai candidati al sacerdozio.

Saluto anche i religiosi e le religiose esortandoli a far progredire ancor più la comunione ecclesiale tra le diocesi attraverso la loro testimonianza di consacrati e la loro presenza nell'opera di evangelizzazione.

Infine a tutti i fedeli, e in particolare ai vostri compatrioti nella prova, ribadite l'affetto del Papa; assicurate loro la sua preghiera perché ciascuno abbia di che vivere, le famiglie restino unite e la loro esistenza quotidiana si svolga nella pace.

Di tutto cuore benedico voi e tutte le vostre comunità diocesane.

Data: 1992-05-16 Data estesa: Sabato 16 Maggio 1992

Piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Accorato appello per la pace e la concordia nel Sudan

...Desidero, ancora una volta, rivolgere un accorato appello ai responsabili delle sorti del Sudan, affinché diano realizzazione agli asseriti ideali di pace e di concordia; affinché il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo - e in primo luogo del diritto alla libertà religiosa - sia a tutti garantito, senza discriminazioni etniche o religiose.

Preoccupa grandemente la situazione delle centinaia di migliaia di profughi dalle regioni meridionali, che la guerra ha costretto ad abbandonare casa e lavoro; recentemente sono stati obbligati a lasciare anche i campi dove avevano trovato una qualche forma di assistenza e sono stati trasportati in luoghi desertici ed è stato perfino impedito il libero passaggio ai convogli di soccorsi delle agenzie internazionali. La loro situazione è tragica e non può lasciarci insensibili.

Raccomando vivamente agli Enti internazionali di assistenza di volere continuare ad inviare il loro provvido, necessario e urgente aiuto.

Data: 1992-05-17 Data estesa: Domenica 17 Maggio 1992

Prima della recita del "Regina Caeli" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Hanno nutrito la loro vita spirituale con una fervida devozione alla Madre di Dio"

Fratelli e sorelle carissimi, E' giunto il momento di recitare la bella antifona del "Regina Caeli".

Essa esprime magnificamente la gioia della Madre del Signore per la Risurrezione del suo Figlio e, con Lei ed in Lei, la gioia della Chiesa e di tutti noi.

Oggi in modo particolare la Chiesa gioisce con Maria nel vedere elevati agli onori degli altari il Beato Josemaria Escriva de Balaguer e la Beata Giuseppina Bakhita.

La Chiesa gioisce per loro due, per il fatto che si sono incontrati oggi per questa Beatificazione in Piazza San Pietro. E' un incontro che ci parla molto e parla a tutto il mondo.

Questo nostro fratello e questa nostra sorella in Cristo hanno costantemente nutrito la loro vita spirituale con una fervida ed autentica devozione alla Madre di Dio.

Anche negli ultimi istanti della vita terrena Monsignor Escriva levo un intenso sguardo al quadro della Vergine di Guadalupe, affisso nella sua stanza, per affidarsi alla sua materna intercessione ed essere accompagnato da Lei verso l'incontro con Dio. così pure le ultime parole di Suor Bakhita furono un'estatica invocazione alla Vergine: "La Madonna! La Madonna!" ella esclamo, mentre il sorriso le illuminava il volto. Ecco perché il loro incontro oggi per questa Beatificazione in Piazza San Pietro parla molto alla Chiesa.

Anche noi, alla luce del loro esempio, siamo invitati a guardare e invocare Maria soprattutto in questo mese a Lei dedicato, recitando in particolare la corona del Santo Rosario. In questa preghiera, la Vergine guida la nostra meditazione sui principali misteri della Redenzione. La fede di Maria sia dunque anche la nostra; la sua gioia sia anche la nostra.

E come Ella è "causa nostrae laetitiae", così impegniamoci, a nostra volta, ad essere la gioia di Maria, in modo da raggiungere con Lei, Regina del Cielo, la Patria beata.

Data: 1992-05-17 Data estesa: Domenica 17 Maggio 1992

Udienza ai pellegrini a Roma per la Beatificazione di suor Giuseppina Bakhita - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sull'esempio di Bakhita siate fermi nella fede e operosi nella carità

Carissime Suore Canossiane "Figlie della Carità", e ugualmente cari e amati Sacerdoti e fedeli partecipanti a questa Udienza!


1. Il 2 ottobre del 1988 ebbi la grande gioia di dichiarare "Santa" Madre Maddalena di Canossa, Fondatrice della Famiglia religiosa dei "Figli e delle Figlie della Carità", appartenente ad un nobile casato di Verona, ben noto in quel periodo di tempo e benefico lungo la storia d'Italia. E ieri ho avuto la fortuna di dichiarare "Beata" una sua figlia spirituale, Suor Giuseppina Bakhita, che doveva pur provenire da una agiata famiglia del Sudan, nella regione del Darfur, ma che all'età di nove anni fu rapita da due negrieri e ridotta in schiavitù. Fu tale il terrore per questa crudele e improvvisa vicenda, che la bambina dimentico perfino il proprio nome davanti al negriero che la interrogava, cosicché - per ironia e disprezzo - le fu imposto il nome di "Bakhita", che significa "Fortunata". Povera Bakhita! Quanto dovette soffrire negli anni della sua fanciullezza e della sua giovinezza! Fu venduta per ben cinque volte, passando da una situazione penosa ad un'altra peggiore. C'è veramente da rabbrividire pensando alle crudeltà alle quali essa con le altre schiave venne sottoposta, fin quando, finalmente, al seguito di due italiani giunse in Italia, a Genova prima e poi a Venezia. E qui, dopo un anno di catecumenato, il 9 gennaio ricevette il battesimo, tanto atteso e sospirato, con il nome di Giuseppina. Tre anni dopo entro nel noviziato della vostra Congregazione, care Sorelle Canossiane, professando quindi i voti religiosi nella vostra Casa Madre di Verona l'8 dicembre 1896. Destinata in seguito a Schio, al Centro comprendente asilo, orfanotrofio, oratorio festivo e scuole, la sua vita fu tutta dedita ai lavori più umili - come cuoca, sacrestana, portinaia, rammendatrice e ortolana - che ella compi sempre con fervore religioso e con ardore di carità.


2. Elevata ora all'onore degli altari e posta come esempio davanti alla Chiesa intera, la beata Giuseppina Bakhita, nella sua umiltà e nel suo totale abbandono in Dio, ci insegna non soltanto a lavorare e a pregare, ma soprattutto a confidare. Dalle sue dolorose vicende aveva imparato, con la grazia di Dio, ad avere completa fiducia in Lui, che è presente sempre e dappertutto, e ad essere, pertanto, costantemente e con tutti buona e generosa. Sempre lieta e serena, compiva con gioia il suo dovere, accettando, infine, con coraggio e rassegnazione anche la lunga e penosa malattia, senza mai lamentarsi e senza mai parlare male di nessuno. così essa diceva: "Se incontrassi quei negrieri che mi hanno rapita, ed anche quelli che mi hanno torturata, mi inginocchierei a baciare le loro mani, perché se non fosse accaduto ciò, non sarei ora cristiana e religiosa". Vedeva, cioè, la mano provvidenziale dell'Altissimo, che guida e sostiene la storia umana, non abbandonando mai chi a Lui si affida, anche se molte volte consente che egli passi attraverso avvenimenti oscuri e impenetrabili. Alla luce della Grazia, Suor Giuseppina Bakhita aveva scoperto che "non è importante quello che sembra tale, ma quello che vuole il Signore". Ora la beata Giuseppina Bakhita ci sta ancora più vicino con il suo esempio e la sua intercessione. Quando a 78 anni, l'8 febbraio 1947, ella si spense, le sue ultime parole furono: "La Madonna! La Madonna!", mentre sorridendo entrava nell'eternità. Seguendo l'esempio della sua devozione a Maria Santissima, invochiamo in modo speciale, durante il mese di maggio, l'aiuto della Nostra Madre celeste per rimanere fermi nella nostra fede e insieme operosi sempre nell'esercizio della bontà e della carità!


3. (Omissis, in lingua inglese)

Data: 1992-05-17 Data estesa: Domenica 17 Maggio 1992

Udienza ai pellegrini a Roma per la Beatificazione di Josemaria Escriva de Balaguer - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeli all'insegnamento del nuovo Beato impegnatevi nell'opera di evangelizzazione




1. Ringrazio sentitamente per la filiale adesione che, in nome di tutti coloro che affollano Piazza San Pietro e dei numerosi fedeli, cooperatori e amici dell'Opus Dei, ha espresso nei miei confronti Monsignor Alvaro del Portillo. A lui rivolgo uno speciale ed affettuoso saluto, che estendo agli altri membri dell'Episcopato ed a tutti i presenti. Voi siete ricolmi di gioia per la Beatificazione di Josemaria Escriva de Balaguer, perché confidate che la sua elevazione agli altari, come appena detto dal Prelato dell'Opus Dei, recherà un gran bene alla Chiesa.

Condivido anch'io questa fiducia. Sono infatti convinto, come ho scritto nell'Esortazione Apostolica Christifideles laici, che "l'intero Popolo di Dio, e i fedeli laici in particolare, possono trovare ora nuovi modelli di santità e nuove testimonianze di virtù eroiche vissute nelle condizioni comuni e ordinarie dell'esistenza umana" (Es. Ap. CL 17). Come non vedere nell'esempio, negli insegnamenti e nell'opera del Beato Josemaria Escriva un'eminente testimonianza di eroismo cristiano nell'esercizio delle comuni attività umane? La chiamata universale alla santità e all'apostolato è, lo sapete bene, uno dei punti su cui maggiormente ha insistito il magistero del Concilio Vaticano II (cfr. Cost. dogm. LG 40-42 Decr. AA 1-4). Come già altri prima di lui, il Beato Josemaria, grazie alla luce di Dio, comprese questa vocazione universale non solo come una dottrina da insegnare e diffondere specialmente tra i fedeli laici, ma anche e soprattutto come il nucleo stesso di un attivo impegno nella sua attività pastorale. Il giovane sacerdote Josemaria Escriva si trovo a lavorare con generosa corrispondenza alla grazia divina in un campo disseminato di difficoltà. La sua fedeltà permise allo Spirito Santo di condurlo alle vette dell'unione personale con Dio con la conseguenza di una fecondità apostolica straordinaria. Il Signore, in effetti, gli concesse di contemplare già durante la vita terrena frutti confortanti del suo apostolato, che Josemaria attribuiva esclusivamente alla bontà divina, considerandosi sempre uno "strumento inetto e sordo" e dando prova di una straordinaria umiltà, tanto da vedersi, alla fine della sua esistenza, "come un bambino che balbetta".

-2. (Omissis, in lingua spagnola)

-3. (Omissis, in lingua spagnola)

-4. (Omissis, in lingua francese)

-5. (Omissis, in lingua inglese)

Data: 1992-05-18 Data estesa: Lunedi 18 Maggio 1992




Alla delegazione della Repubblica Ellenica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La testimonianza e il messaggio dei Santi Cirillo e Metodio

Signora, Sono felice di ricevere in Vaticano la Delegazione ufficiale del governo greco guidata da Sua Eccellenza, venuta a Roma in qualità di rappresentante della Grecia in occasione delle celebrazioni in onore dei Santi Cirillo e Metodio, che si svolgono, come di consueto, nella basilica paleocristiana di San Clemente. Noi apprezziamo profondamente questa partecipazione che dà forza e significato all'omaggio reso a questi santi: nati in Grecia, a Salonicco, essi hanno portato la buona novella di Cristo al di là delle frontiere del loro paese, in particolare ai popoli slavi. Nell'Enciclica Slavorum Apostoli ho voluto sottolineare il loro contributo "alla causa della riconciliazione, della amichevole convivenza, dello sviluppo umano e del rispetto dell'intrinseca dignità di ogni Nazione" (n. 1). E' dunque a buon diritto che essi sono i patroni dell'Europa, di questa Europa che deve ispirarsi al loro messaggio così da rafforzare la sua anima cristiana e la sua identità spirituale e trovarvi le radici della sua unità.

La Grecia è sensibile a questo messaggio e ne dà prova con la sua presenza attiva nell'ambito della comunità europea e degli organismi di questo continente. Essa manifesta, inoltre, la sua fedeltà ai principi fondamentali che hanno ispirato le concezioni filosofiche e culturali di cui l'antica Grecia ha saputo far beneficiare i popoli, gettando le basi di una pacifica convivenza ed una collaborazione reciproca. Le verità proclamate da tutti i cristiani devono dare a queste concezioni un contenuto ed una dimensione più spirituale. Mi auguro che la testimonianza di fede ed il messaggio dei fratelli Cirillo e Metodio siano l'anima dello sviluppo umano e sociale della Grecia e di tutto il continente.

Essi sono i santi Patroni e gli ispiratori degli sforzi ecumenici di tutte le Chiese del mondo cristiano che, superando incomprensioni e difficoltà transitorie, contribuiscono alla costruzione di una Europa radicata nella giustizia e nella solidarietà. I cattolici greci possono essere giustamente orgogliosi di essere fedeli a questi ideali ed ai principi ispiratori della vita civile del loro paese.

Ringraziandola della sua visita, signora, vorrei esprimerle i miei più calorosi auguri per la prosperità ed il bene spirituale e sociale del caro popolo greco. Invoco su di esso e su coloro che lo governano la ricchezza delle Benedizioni divine.

(Traduzione dal francese)

Data: 1992-05-21 Data estesa: Giovedi 21 Maggio 1992

Udienza: ai partecipanti alla 20° Assemblea Generale del Centro Cattolico Internazionale per l'UNESCO - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'impegno dei laici cattolici rende presente la Chiesa nei dibattiti su questioni fondamentali dell'ora attuale

Cari amici, In occasione della vostra ventesima Assemblea Generale e 45 anni dopo la fondazione del Centro Cattolico Internazionale per l'UNESCO, sono lieto di accogliervi a Roma. Ringrazio il vostro Presidente, Signor André Aumonier per la sua presentazione delle vostre attività e dei vostri progetti, che mostra il dinamismo del vostro Centro e il suo desiderio di estendere ancor più la sua competenza e la sua azione.

La vostra presenza a Roma per alcune giornate di riflessione mi offre l'occasione di manifestarvi ancora una volta la gratitudine della Santa Sede per i numerosi servizi che le rendete. Infatti sappiamo di poter contare sul Centro per assistere le delegazioni della Santa Sede nei vari incontri internazionali. Allo stesso modo prestate la vostra collaborazione a diversi Consigli Pontifici che beneficiano delle vostre competenze per progetti che riguardano le grandi preoccupazioni della Chiesa nel mondo attuale, in particolare per organizzare importanti colloqui o per progettare la partecipazione della Santa Sede nelle conferenze che vertono su problemi della società che ci stanno particolarmente a cuore. Inoltre non dimentico il sostegno che il vostro Centro offre alle organizzazioni internazionali cattoliche nelle loro attività presso l'UNESCO. Di tutto questo vi ringrazio.

Come attesta il vostro riconoscimento a mezzo di statuto canonico, il Centro fa parte degli organismi che permettono ai laici cattolici di esercitare le loro responsabilità al fine di rendere la Chiesa presente negli areopaghi dove si dibattono vari problemi importanti per il momento attuale.

Quando illustrate questo insieme di attività, emerge chiaramente come, se ci si preoccupa della cultura, ci si trova di fronte ad un crocevia di vari elementi essenziali nella società e di cui i cristiani non possono disinteressarsi. Penso soprattutto all'istruzione: l'accesso al sapere viene assicurato in modo molto poco omogeneo; dall'alfabetizzazione fino alle formazioni superiori e alla ricerca scientifica è necessario comprendere correttamente i bisogni dei popoli e incoraggiare le forme di cooperazione che permettano a ciascuno di valorizzare i propri talenti, di usare saggiamente le risorse della terra, di garantire la vita della propria famiglia con il lavoro, di contribuire alla prosperità del proprio paese, di vivere e di condividere la propria fede.

Questo breve accenno evidenzia l'interazione che esiste tra la cultura e l'economia, tanto palese quando si considerino i divari dello sviluppo tra il Nord e il Sud del pianeta.

Lavorate anche in vista del prossimo Anno della Famiglia proclamato dalle Nazioni Unite. Promuovere la famiglia, e spesso difenderla, deve mobilitare le competenze e l'energia di quanti possono operare per migliorarne le condizioni di vita. Occorre garantire la coerenza degli studi demografici, sanitari e sociologici, senza mai perdere di vista il diritto della famiglia al suo sviluppo e la morale che le conferisce la sua dignità propriamente umana. Per i cristiani è particolarmente sentita la necessità di operare in questo spirito.

Il servizio della cultura offre anche un contributo importante alla costruzione della pace. Le nazioni giungeranno ad una pace stabile solo se gli uomini e le donne conserveranno il meglio del proprio patrimonio culturale nel rispetto di quello dei loro fratelli e sorelle; le relazioni tra i popoli guadagneranno in dinamismo costruttivo se ciascuno di essi svilupperà le sue capacità migliori, quelle degli individui e delle comunità.

Cari amici, nei limiti di questo incontro, non posso non menzionare queste diverse preoccupazioni. Ciò consente se non altro di sottolineare l'opportunità del lavoro di informazione e di comunicazione che rappresenta la vocazione del vostro Centro. Vi ringrazio ancora una volta per tutto ciò che fate e vi incarico di estendere la mia gratitudine alle persone che sostengono generosamente la vostra attività. Auspico che il Centro Cattolico Internazionale per l'UNESCO prosegua nella sua opera alla luce della Buona Novella di Cristo e della tradizione della Chiesa, per farne sempre di più un servizio reso fraternamente all'uomo.

Di tutto cuore invoco su di voi, sui vostri collaboratori e sui vostri familiari, la Benedizione di Dio.



Data: 1992-05-21 Data estesa: Giovedi 21 Maggio 1992

Udienza: ai partecipanti alla XXXV Conferenza annuale della "Canon Law Society of Great Britain and Ireland" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Bisogna evitare ogni indebito adattamento delle norme ecclesiali all'"ethos" della società civile

Cari amici,


GPII 1992 Insegnamenti - Udienza ai religiosi partecipanti al X Capitolo Generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza - Città del Vaticano (Roma)