GPII 1992 Insegnamenti - La preghiera mariana al termine della celebrazione - Santo Domingo

La preghiera mariana al termine della celebrazione - Santo Domingo

Titolo: L'arrivo del Vangelo di Cristo nelle Americhe porta il sigillo della Vergine Maria

Cari fratelli e sorelle,


1. La Chiesa, con la preghiera dell'Angelus, ci invita amorosamente a ricordare il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio e a rivolgere il nostro sguardo alla Vergine Maria. Durante i mesi che hanno preceduto il mio viaggio apostolico nella Repubblica Dominicana, ho voluto peregrinare spiritualmente, con la preghiera dell'Angelus, nei principali Santuari mariani del Continente. In gioiosa comunione di preghiera con le Chiese dell'America, ho reso omaggio alla Madre di Dio in questi luoghi, che sono vive testimonianze di fede cristiana e di profonda devozione mariana. Oggi, mentre si conclude la Santa Messa con la quale abbiamo commemorato i cinquecento anni di Evangelizzazione delle Americhe e durante la quale ho avuto la gioia di canonizzare un Vescovo colombiano, l'agostiniano recolletto Ezequiel Moreno, il nostro cuore si eleva alla nostra Madre Celeste. A questo proposito, desidero rivolgere un particolare saluto alle religiose e religiosi agostiniani recolletti che, da diversi paesi dell'America, dell'Europa e anche dell'Asia, sono giunti a Santo Domingo per partecipare alla solenne cerimonia della canonizzazione.


2. L'arrivo del Vangelo di Cristo nelle Americhe porta il sigillo della Vergine Maria. Il suo nome e la sua immagine campeggiavano sulla caravella di Cristoforo Colombo, la "Santa Maria", che cinque secoli fa approdo nel Nuovo Mondo. Essa fu "stella del mare" nella rischiosa e provvidenziale traversata dell'Oceano che apri insospettati orizzonti all'umanità. L'equipaggio delle tre caravelle, al sorgere del giorno della scoperta, la invoco con il canto del Salve Regina. Era il 12 ottobre, festa della Vergine del Pilar, memoria tradizionale dei primi frutti dell'arrivo del Vangelo in Spagna e rappresentava il segno provvidenziale che l'Evangelizzazione dell'America si sarebbe realizzata sotto la protezione della Madre di Dio. I cinquecento anni di storia cristiana dell'America sono segnati dalla presenza di Maria, che già dagli albori dell'Evangelizzazione, ha incarnato i valori culturali dei popoli del Continente, come vediamo nella Vergine del Tepeyac. Ogni santuario e ogni altare, con i loro nomi colmi di affetto e con i loro titoli pittoreschi, con le loro immagini semplici, cariche di devozione e di mistero, costituiscono la memoria di una particolare predilezione di Maria per ciascuna nazione e ciascun popolo. In ogni santuario si rinnova il patto di amore della Vergine con i suoi figli d'America. Questa profonda devozione verso la Madre di Gesù è una caratteristica che contraddistingue la loro cattolicità, è garanzia della loro perseveranza nella fede vera, della loro comunione ecclesiale e della loro unità spirituale.


3. Mentre evochiamo nell'Angelus il mistero dell'Incarnazione redentrice, affiora dalle nostre labbra l'invocazione che riconosce e venera il mistero della Vergine: Dio ti salvi Maria... E anche l'ardente supplica che implora la sua protezione: Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori... Da cinquecento anni queste invocazioni echeggiano in tutte le latitudini del Continente della speranza, nel quale Maria è Regina ma anche Madre dei poveri, speranza degli oppressi, aurora della civilizzazione dell'amore, della giustizia e della pace, che apre orizzonti di vera fratellanza tra tutti i suoi popoli. Ella sia speranza e consolazione per le famiglie dei due che hanno perso la vita pochi giorni fa: per questi morti, preghiamo il Signore.

E nell'ora della nuova Evangelizzazione, Maria ci indica e ci offre Gesù Cristo, l'unico Salvatore del mondo, "lo stesso ieri, oggi e sempre" (cfr. He 13,8). A Lei, che è Madre della Chiesa, Stella dell'Evangelizzazione, dolcezza e speranza nostra, tutti noi, pastori e fedeli, rivolgiamo la nostra fervente supplica e invochiamo la sua protezione agli albori del terzo millennio della storia cristiana.

Data: 1992-10-11 Data estesa: Domenica 11 Ottobre 1992

La benedizione del Seminario Missionario Arcidiocesano - Santo Domingo

Titolo: Nuovi evangelizzatori per il mondo

E' per me motivo di particolare gioia poter inaugurare a Santo Domingo, in una data così importante, il Seminario Missionario Arcidiocesano "Redemptoris Mater", che nel segno del V Centenario dell'arrivo della Buona Novella in America, vuole essere un contributo alla grande opera della nuova evangelizzazione alla quale ho chiamato la Chiesa universale.

Questo centro che ha ricevuto candidati al sacerdozio venuti da numerosi Paesi di tutto il Continente americano, dall'Europa e da altre Nazioni, deve essere sempre animato da uno spirito missionario che sia fermento in questa arcidiocesi, in tutta la Repubblica Dominicana, e che si proietti in tutto il mondo seguendo il mandato del Signore: "Andate e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 6,15). Ciò è stato manifestato anche dal Concilio Vaticano II nel decreto sul ministero e sulla vita sacerdotale: "Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell'ordinazione non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensi a una vastissima e universale missione di salvezza "fino agli ultimi confini della terra" (Ac 1,8)" (PO 10).

La presenza di seminaristi della più svariata provenienza in quest'isola, che ha ricevuto i semi della predicazione evangelica e dalla quale si è irradiata la luce salvifica di Gesù Cristo al resto dell'America, è anche un segno di come, ormai alle soglie del Terzo Millennio cristiano, da questo Seminario Arcidiocesano "Redemptoris Mater" a Santo Domingo, con la grazia di Dio, potranno anche irradiarsi i nuovi evangelizzatori che portano a tutto il mondo Gesù Cristo, "Via, Verità e Vita".

Mentre elevo ferventi preghiere affinché Maria, Stella dell'Evangelizzazione, conduca al suo divino Figlio tutti coloro che riceveranno la formazione sacerdotale in questo Seminario, imparto a tutti con particolare affetto la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1992-10-11 Data estesa: Domenica 11 Ottobre 1992

Al Corpo Diplomatico incontrato nella sede della Nunziatura - Santo Domingo

Titolo: Il processo di integrazione latinoamericana deve sradicare la povertà ingiusta e disumana

Eccellenze, Signore e Signori,


1. E' per me motivo di particolare soddisfazione poter tenere questo incontro con un gruppo di persone qualificate quale è il Corpo Diplomatico accreditato presso il Governo della Repubblica Dominicana, così come con i rappresentanti delle Organizzazioni Internazionali. Esprimo a tutti il mio più cordiale saluto, che estendo ai Governi, alle Istituzioni e alle popolazioni che rappresentate. Le alte funzioni diplomatiche che svolgete vi rendono oggetto di apprezzamento e di attenta considerazione da parte della Santa Sede, soprattutto in quanto si tratta di un'attività al servizio della grande causa della pace, dell'avvicinamento e della collaborazione fra i popoli e di uno scambio fecondo per arrivare a rapporti più umani e giusti in seno alla comunità internazionale. La commemorazione del V Centenario dell'Evangelizzazione dell'America dà al nostro incontro un significato particolare. Infatti, questa fausta ricorrenza - che costituisce un motivo per ringraziare Dio poiché il seme del Vangelo ha dato come frutto questa realtà viva e rigogliosa che è la Chiesa Latinoamericana - ci pone, allo stesso tempo, di fronte ad un momento cruciale per i popoli di questo Continente che, insieme ai cambiamenti profondi che si sono avuti in ambito internazionale, soprattutto in Europa, devono affrontare sfide socio-economiche urgenti e con caratteristiche nuove nella loro attuale configurazione.


2. Consapevole dell'importanza di questo momento storico, la Chiesa Cattolica, sempre tanto vicina all'uomo latinoamericano nelle sue gioie e nelle sue speranze, nelle sue tristezze e nelle sue angosce (cfr. GS 1), ha voluto dare risalto a questo evento celebrando la IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, che avro la gioia di inaugurare domani in questa capitale. La Sede Apostolica condivide con partecipazione le ansie pastorali dei Vescovi dell'America Latina e si augura che la nuova evangelizzazione riceva un grande impulso da questa Conferenza e si proietti nella vita delle istituzioni e dei popoli, che cinquecento anni fa hanno ricevuto la luce della fede. Tutto ciò fa si che questo incontro con il Corpo Diplomatico acquisti una rilevanza particolare.

Il mio messaggio si rivolge a tutti i presenti, ma in questa occasione speciale, anche e in modo particolare, ai Governi della Nazioni di questo Continente.


3. La storia di questi cinque secoli ha reso i popoli dell'America Latina una comunità di Nazioni. Il passato, con le sue luci e ombre, chiarisce e illumina la realtà del presente. Ma è il futuro di questo Continente che deve essere oggetto dello sforzo deciso e generoso di quanti dedicano la loro vita al servizio del bene comune della società. perciò, con tutto il rispetto e la deferenza, mi rivolgo ai responsabili dei Governi dell'America Latina affinché diano un impulso decisivo al processo di integrazione latinoamericano che possa condurre i loro popoli ad occupare il posto che spetta loro sulla scena mondiale. Sono molti e molto importanti i fattori a favore di questa integrazione. Infatti, possiamo constatare, in primo luogo, la presenza della religione cattolica, professata dalla maggioranza dei latinoamericani. Si tratta di una componente che - per la sua stessa natura - si trova su un piano diverso e più profondo di quello della semplice unità sociopolitica. Senza dubbio, nel promuovere l'amore, la fratellanza e la convivenza fra gli uomini come fattore sostanziale della sua missione, la Chiesa Cattolica non può non favorire l'integrazione dei popoli che, per le loro comuni radici cristiane, si sentono fratelli (cfr. GS 42). Oltre a questa comunità di fede constatiamo anche stretti legami culturali e geografici.

L'America Latina costituisce una delle realtà geoculturali più significative del mondo contemporaneo. Il fattore linguistico, infatti, favorisce enormemente la comunicazione e l'avvicinamento fra le diverse mentalità. D'altra parte, l'unità geografica è determinante nel processo di configurazione delle comunità nazionali e internazionali. Infine, il passato storico, che è in gran parte comune ai diversi paesi dell'America Latina, costituisce un ulteriore elemento unificante.


4. Signore e Signori, la necessità dell'integrazione latinoamericana è una convinzione pacificamente condivisa da molti e confermata anche dalle mete già raggiunte in materia economica e di rappresentazione parlamentare. E' vero pero che l'integrazione richiede sforzo, perché implica un cambiamento di mentalità.

Infatti richiede, fra l'altro, di considerare come un beneficio particolare ciò che accomuna tutti. Per questo è necessario, prima di tutto, superare i vari conflitti e tensioni che turbano la convivenza pacifica fra i paesi e generano sfiducia e antagonismi reciproci. In questo contesto vorrei rivolgere un pressante appello per la soluzione pacifica delle controversie. La possibilità di qualsiasi conflitto armato deve essere esclusa con ferma decisione. Un paese fratello vinto e umiliato è, in una certa misura, un danno concreto e immediato anche per il vincitore. A maggior ragione bisogna opporsi fermamente alla violenza armata all'interno di una stessa comunità nazionale. Se chi impugna le armi lo fa perché si sente privato della sua dignità e leso nei diritti civili, con la guerriglia, oltre ad attentare alla vita delle persone e ai principi della convivenza pacifica, contribuisce a perpetuare odi e vendette di generazione in generazione.

Signori Ambasciatori: una politica di pacificazione e di integrazione ha come requisito indispensabile il rispetto dei diritti umani. Infatti, la solidarietà richiede la promozione dell'inalienabile dignità di ogni persona. Per questo mi sembra particolarmente appropriato ripetere qui la riflessione che facevo nell'Enciclica Centesimus annus: "Dopo il crollo del totalitarismo comunista e di molti altri regimi totalitari e "di sicurezza nazionale", si assiste oggi al prevalere, non senza contrasti, dell'ideale democratico, unitamente ad una viva attenzione e preoccupazione per i diritti umani. Ma proprio per questo è necessario che i popoli che stanno riformando i loro ordinamenti diano alla democrazia un autentico e solido fondamento mediante l'esplicito riconoscimento di questi diritti" (CA 47).


5. Mosso dalla mia sollecitudine pastorale, dinnanzi alle gravi conseguenze scaturite per i popoli dell'America Latina dal problema del debito estero, ho rivolto pressanti appelli affinché si trovino soluzioni adeguate a questo drammatico problema. Pero, in contraddizione con gli sforzi realizzati per alleggerire la crisi economica, si verificano fenomeni come la fuga di capitali, l'accumulazione di ricchezze nelle mani di pochi o il fatto che somme e risorse considerevoli vengono investite in obiettivi non direttamente collegati con lo sviluppo desiderato, come l'attuale tendenza a una politica degli armamenti in America Latina: questo fa si che alcuni fondi che dovrebbero essere destinati a risolvere tante necessità, come il problema dell'educazione, della salute o quello grave della casa, vengano di fatto deviati verso l'incremento dell'arsenale bellico, trascurando ulteriormente le numerose aspettative degli uomini e delle donne latinoamericane. Mi vengono in mente le domande che, a questo proposito, vengono poste nell'Enciclica Sollicitudo rei socialis: "Come giustificare il fatto che ingenti somme di denaro, che potrebbero e dovrebbero esser destinate a incrementare lo sviluppo dei popoli, sono invece utilizzate per l'arricchimento di individui o di gruppi, ovvero assegnate all'ampliamento degli arsenali di armi, sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, sconvolgendo così le vere priorità?" (SRS 10; cfr. SRS 24). In un Continente in cui non si riesce a contenere il processo di impoverimento, in cui i tassi di disoccupazione e sottoccupazione sono così alti, e in cui, per contrasto, le possibilità e le risorse sono abbondanti, non si può più rimandare un adeguato investimento del capitale disponibile allo scopo di creare nuovi posti di lavoro e di aumentare la produzione. La povertà, disumana e ingiusta, deve essere sradicata. Per questo deve essere potenziato il fattore umano che è il fattore chiave del progresso di un popolo. Infatti, investire nell'educazione dell'infanzia e dei giovani significa assicurare un futuro migliore a tutti. Che vasto campo d'azione c'è qui per la solidarietà dei popoli e dei Governi, così come per le vostre analisi e i vostri suggerimenti di aiuto e di appoggio! Dio conceda ai responsabili del bene comune lungimiranza e saggezza per riuscire a trovare le misure da prendere e una ferma volontà per metterle in pratica.


6. Signore e Signori: posso assicurarvi che nella Santa Sede troverete sempre un attento interlocutore per tutto ciò che riguarda la promozione della fratellanza e della solidarietà fra i popoli, così come per tutto ciò che possa favorire la pace, la giustizia e il rispetto dei diritti umani.

Prima di concludere questo incontro, desidero ringraziarvi vivamente per la vostra presenza, e allo stesso tempo esprimere i voti più sinceri per la prosperità dei vostri paesi, per il conseguimento degli obiettivi delle istituzioni da voi rappresentate, per il buon esito della vostra missione e la felicità dei vostri cari.

Molte grazie.

Data: 1992-10-11 Data estesa: Domenica 11 Ottobre 1992

Per la pubblicazione del "Catechismo della Chiesa Cattolica" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Costituzione apostolica "Fidei Depositum"

Ai venerabili fratelli Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, Presbiteri, Diaconi e a tutti i Membri del Popolo di Dio


1. Introduzione

Custodire il deposito della fede è la missione che il Signore ha affidato alla sua Chiesa e che essa compie in ogni tempo. Il Concilio Ecumenico Vaticano II aperto trent'anni or sono dal mio predecessore Giovanni XXIII, di felice memoria, aveva come intenzione e come finalità di mettere in luce la missione apostolica e pastorale della Chiesa, e di condurre tutti gli uomini, facendo risplendere la verità del Vangelo, a cercare e ad accogliere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza (cfr. Ep 3,19). Al Concilio il Papa Giovanni XXIII aveva assegnato come compito principale di meglio custodire e presentare il prezioso deposito della dottrina cristiana, per renderlo più accessibile ai fedeli di Cristo e a tutti gli uomini di buona volontà. Pertanto il Concilio non doveva per prima cosa condannare gli errori dell'epoca, ma innanzitutto impegnarsi a mostrare serenamente la forza e la bellezza della dottrina della fede. "Illuminata dalla luce di questo Concilio - diceva il Papa - la Chiesa (...) si ingrandirà di spirituali ricchezze e, attingendovi forze di nuove energie, guarderà intrepida al futuro (...). Il nostro dovere (...) è di dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell'opera che la nostra età esige, proseguendo così il cammino, che la Chiesa compie da quasi venti secoli" (1). Con l'aiuto di Dio i Padri conciliari hanno potuto elaborare, in quattro anni di lavoro, un considerevole complesso di esposizioni dottrinali e di direttive pastorali offerte a tutta la Chiesa. Pastori e fedeli vi trovano orientamenti per quel "rinnovamento di pensieri, di attività, di costumi e di forza morale, di gaudio e di speranza, che è stato lo scopo stesso del Concilio" (2). Dopo la sua conclusione, il Concilio non ha cessato di ispirare la vita della Chiesa. Nel 1985 potevo affermare: "Per me - che ho avuto la grazia speciale di parteciparvi e di collaborare attivamente al suo svolgimento - il Vaticano II è sempre stato, ed è in modo particolare in questi anni del mio Pontificato, il costante punto di riferimento di ogni mia azione pastorale, nell'impegno consapevole di tradurne le direttive in applicazione concreta e fedele, a livello di ogni Chiesa e di tutta la Chiesa. Occorre incessantemente rifarsi a questa sorgente" (3). In questo spirito, il 25 gennaio 1985 ho convocato un'Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi, in occasione del ventesimo anniversario della chiusura del Concilio. Scopo di questa assemblea era di celebrare le grazie e i frutti spirituali del Concilio Vaticano II, di approfondirne l'insegnamento per meglio aderire ad esso e di promuoverne la conoscenza e l'applicazione. In questa circostanza i Padri sinodali hanno affermato: "Moltissimi hanno espresso il desiderio che venga composto un catechismo o compendio di tutta la dottrina cattolica per quanto riguarda sia la fede che la morale, perché sia quasi un punto di riferimento per i catechismi o compendi che vengono preparati nelle diverse regioni. La presentazione della dottrina deve essere biblica e liturgica. Deve trattarsi di una sana dottrina, adatta alla vita attuale dei cristiani" (4). Dopo la chiusura del Sinodo, ho fatto mio questo desiderio, ritenendolo "pienamente rispondente ad un vero bisogno della Chiesa universale e delle Chiese particolari" (5). Come non ringraziare di tutto cuore il Signore, in questo giorno in cui possiamo offrire a tutta la Chiesa, con il titolo di "Catechismo della Chiesa Cattolica", questo "testo di riferimento" per una catechesi rinnovata alle vive sorgenti della fede! Dopo il rinnovamento della Liturgia e la nuova codificazione del Diritto canonico della Chiesa latina e dei canoni delle Chiese orientali cattoliche, questo Catechismo apporterà un contributo molto importante a quell'opera di rinnovamento dell'intera vita ecclesiale, voluta e iniziata dal Concilio Vaticano II.


2. Itinerario e spirito della stesura del testo


Il "Catechismo della Chiesa cattolica" è frutto di una larghissima collaborazione: è stato elaborato in sei anni di intenso lavoro condotto in uno spirito di attenta apertura e con un appassionato ardore. Nel 1986 ho affidato a una Commissione di dodici Cardinali e Vescovi, presieduta dal signor Cardinale Joseph Ratzinger, l'incarico di preparare un progetto per il Catechismo richiesto dai Padri del Sinodo. Un Comitato di redazione di sette Vescovi diocesani, esperti di teologia e di catechesi, ha affiancato la Commissione nel suo lavoro. La Commissione, incaricata di dare le direttive e di vigilare sullo svolgimento dei lavori, ha seguito attentamente tutte le tappe della redazione delle nove successive stesure. Il Comitato di redazione, da parte sua, ha assunto la responsabilità di scrivere il testo, di apportarvi le modifiche richieste dalla Commissione e di esaminare le osservazioni di numerosi teologi, esegeti e catecheti e soprattutto dei Vescovi del mondo intero, al fine di migliorare il testo. Il Comitato è stato un luogo di scambi fruttuosi ed arricchenti per assicurare l'unità e l'omogeneità del testo. Il progetto è stato fatto oggetto di una vasta consultazione di tutti i Vescovi cattolici, delle loro Conferenze episcopali o dei loro Sinodi, degli Istituti di teologia e di catechetica. Nel suo insieme esso ha avuto un'accoglienza largamente favorevole da parte dell'Episcopato. Si ha ragione di affermare che questo Catechismo è il frutto di una collaborazione di tutto l'Episcopato della Chiesa Cattolica, il quale ha accolto con generosità il mio invito ad assumere la propria parte di responsabilità in un'iniziativa che riguarda da vicino la vita ecclesiale. Tale risposta suscita in me un profondo sentimento di gioia, perché il concorso di tante voci esprime veramente quella che si può chiamare la "sinfonia" della fede.

La realizzazione di questo Catechismo riflette in tal modo la natura collegiale dell'Episcopato: testimonia la cattolicità della Chiesa.


3. Distribuzione della materia


Un catechismo deve presentare con fedeltà ed in modo organico l'insegnamento della Sacra Scrittura, della Tradizione vivente nella Chiesa e del Magistero autentico, come pure l'eredità spirituale dei Padri, dei santi e delle sante della Chiesa, per permettere di conoscere meglio il mistero cristiano e di ravvivare la fede del popolo di Dio. Esso deve tener conto delle esplicitazioni della dottrina che nel corso dei tempi lo Spirito Santo ha suggerito alla Chiesa.

E anche necessario che aiuti a illuminare con la luce della fede le situazioni nuove e i problemi che nel passato non erano ancora emersi. Il Catechismo comprenderà quindi cose nuove e cose antiche (cfr. Mt 13,52), poiché la fede è sempre la stessa e insieme è sorgente di luci sempre nuove. Per rispondere a questa duplice esigenza, il "Catechismo della Chiesa Cattolica" da una parte riprende l'"antico" ordine, quello tradizionale, già seguito dal Catechismo di san Pio V, articolando il contenuto in quattro parti: il Credo; la sacra Liturgia, con i sacramenti in primo piano; l'agire cristiano, esposto a partire dai comandamenti; ed infine la preghiera cristiana. Ma, nel medesimo tempo, il contenuto è spesso espresso in un modo "nuovo", per rispondere agli interrogativi della nostra epoca. Le quattro parti sono legate le une alle altre: il mistero cristiano è l'oggetto della fede (prima parte); è celebrato e comunicato nelle azioni liturgiche (seconda parte); è presente per illuminare e sostenere i figli di Dio nel loro agire (terza parte); fonda la nostra preghiera, la cui espressione privilegiata è il "Padre Nostro", e costituisce l'oggetto della nostra supplica, della nostra lode, della nostra intercessione (quarta parte). La Liturgia è essa stessa preghiera; la confessione della fede trova il suo giusto posto nella celebrazione del culto. La grazia, frutto dei sacramenti, è la condizione insostituibile dell'agire cristiano, così come la partecipazione alla Liturgia della Chiesa richiede la fede. Se la fede non si sviluppa nelle opere, è morta (cfr. Jc 2,14-16) e non può dare frutti di vita eterna. Leggendo il "Catechismo della Chiesa cattolica", si può cogliere la meravigliosa unità del mistero di Dio, del suo disegno di salvezza, come pure la centralità di Gesù Cristo, l'Unigenito Figlio di Dio, mandato dal Padre, fatto uomo nel seno della Santissima Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, per essere il nostro Salvatore. Morto e risorto, Egli è sempre presente nella sua Chiesa, particolarmente nei sacramenti; Egli è la sorgente della fede, il modello dell'agire cristiano e il Maestro della nostra preghiera.


4. Valore dottrinale del testo


Il "Catechismo della Chiesa Cattolica", che ho approvato lo scorso 25 giugno e di cui oggi ordino la pubblicazione in virtù dell'autorità apostolica, è un'esposizione della fede della Chiesa e della dottrina cattolica, attestate o illuminate dalla Sacra Scrittura, dalla Tradizione apostolica e dal Magistero della Chiesa. Io lo riconosco come uno strumento valido e legittimo al servizio della comunione ecclesiale e come una norma sicura per l'insegnamento della fede.

Possa servire al rinnovamento al quale lo Spirito Santo incessantemente chiama la Chiesa di Dio, Corpo di Cristo, pellegrina verso la luce senza ombre del Regno! L'approvazione e la pubblicazione del "Catechismo della Chiesa Cattolica" costituiscono un servizio che il successore di Pietro vuole rendere alla Santa Chiesa Cattolica, a tutte le Chiese particolari in pace e in comunione con la Sede apostolica di Roma: il servizio cioè di sostenere e confermare la fede di tutti i discepoli del Signore Gesù (cfr. Lc 22,32), come pure di rafforzare i legami dell'unità nella medesima fede apostolica. Chiedo pertanto ai Pastori della Chiesa e ai fedeli di accogliere questo Catechismo in spirito di comunione e di usarlo assiduamente nel compiere la loro missione di annunziare la fede e di chiamare alla vita evangelica. Questo Catechismo viene loro dato perché serva come testo di riferimento sicuro e autentico per l'insegnamento della dottrina cattolica, e in modo tutto particolare per l'elaborazione dei catechismi locali. Viene pure offerto a tutti i fedeli che desiderano approfondire la conoscenza delle ricchezze inesauribili della salvezza (cfr. Jn 8,32). Intende dare un sostegno agli sforzi ecumenici animati dal santo desiderio dell'unità di tutti i cristiani, mostrando con esattezza il contenuto e l'armoniosa coerenza della fede cattolica. Il "Catechismo della Chiesa Cattolica", infine, è offerto ad ogni uomo che ci domandi ragione della speranza che è in noi (cfr. 1P 3,15) e che voglia conoscere ciò che la Chiesa Cattolica crede. Questo Catechismo non è destinato a sostituire i Catechismi locali debitamente approvati dalle autorità ecclesiastiche, i Vescovi diocesani e le Conferenze episcopali, soprattutto se hanno ricevuto l'approvazione della Sede apostolica. Esso è destinato ad incoraggiare ed aiutare la redazione di nuovi catechismi locali, che tengano conto delle diverse situazioni e culture, ma che custodiscano con cura l'unità della fede e la fedeltà alla dottrina cattolica.


5. Conclusione


Al termine di questo documento che presenta il "Catechismo della Chiesa Cattolica", prego la Santissima Vergine Maria, Madre del Verbo Incarnato e Madre della Chiesa, di sostenere con la sua potente intercessione l'impegno catechistico dell'intera Chiesa ad ogni livello, in questo tempo in cui essa è chiamata ad un nuovo sforzo di evangelizzazione. Possa la luce della vera fede liberare l'umanità dall'ignoranza e dalla schiavitù del peccato per condurla alla sola libertà degna di questo nome (cfr. Jn 8,32): quella della vita in Gesù Cristo sotto la guida dello Spirito Santo, quaggiù e nel Regno dei cieli, nella pienezza della beatitudine della visione di Dio faccia a faccia (cfr. 1Co 13,12 2Co 5,6-8)! Dato il giorno 11 ottobre 1992, trentesimo anniversario dell'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, quattordicesimo anno del mio pontificato.

Data: 1992-10-11 Data estesa: Domenica 11 Ottobre 1992

L'omelia della Messa presieduta sul sagrato del Santuario "Cuore spirituale" dell'isola - Altagracia

Titolo: Maria stella della evangelizzazione è il Vangelo che si è fatto vita




1. Queste parole dell'Apostolo Paolo, cari fratelli e sorelle, ci introducono nel mistero di questa Donna, piena di grazia e di bontà, che, generazione dopo generazione, i dominicani son venuti ad onorare in questa Basilica in cui oggi siamo riuniti. Dal lontano 1514, la presenza vigile e amorosa di Nostra Signora di Altagrazia ha accompagnato ininterrottamente gli amati figli di questa nobile Nazione, facendo fiorire nel loro cuore, con la luce e la grazia del suo Figlio divino, l'immensa ricchezza della vita cristiana.

Nella mia visita a questa Basilica, voglio abbracciare con l'amore che proviene dalla nostra Madre celeste, tutti e ciascuno dei presenti e quanti sono uniti spiritualmente a noi in tutto il Paese. Il mio saluto fraterno si rivolge a tutti i miei fratelli nell'Episcopato che mi accompagnano e, in particolare, ai cari Vescovi della Repubblica Dominicana, che con tanta dedizione e sollecitudine hanno preparato la mia visita pastorale. E da questa Basilica mariana - che è come il cuore spirituale di quest'isola, dove cinquecento anni fa giunsero i predicatori del Vangelo - desidero esprimere il mio ringraziamento e il mio affetto ai Pastori e ai fedeli di ognuna delle diocesi della Repubblica, cominciando da quella di Nostra Signora di Altagrazia a Higüey, dove ci troviamo.

La mia riconoscenza, fattasi preghiera, va anche all'Arcidiocesi di Santo Domingo, al suo Pastore e ai Vescovi Ausiliari. Rivolgo un saluto particolarmente affettuoso anche alle diocesi di Bani, Barahona, La Vega e Mao-Monte Cristi con i loro Vescovi. Pace e Benedizione ai Pastori e ai fedeli di San Francisco de Macoris, Santiago de los Caballeros e San Juan de la Maguana. Un cenno particolare, pieno di affetto e di ringraziamento, va a tutti i sacerdoti, i religiosi, le religiose e agli altri agenti di pastorale che, con generosità e sacrificio, dedicano la loro vita all'opera della nuova evangelizzazione.


2. Celebriamo, cari fratelli e sorelle, l'arrivo del messaggio di salvezza in questo continente. così era scritto nel disegno del Padre che, all'arrivo della pienezza dei tempi, ci ha inviato suo Figlio, nato da donna (cfr. Ga 4,4), come abbiamo ascoltato nella seconda lettura della Santa Messa. Dio è al di fuori e al di sopra dei tempi, poiché Egli è l'eternità stessa nel mistero insondabile della divina Trinità. Ma Dio, per farsi vicino all'uomo, ha voluto entrare nel tempo, nella storia umana: nascendo da una donna si è convertito nell'Emanuele, Dio con noi, come aveva annunciato il profeta Isaia. E l'Apostolo Paolo conclude che, con la venuta del Salvatore, il tempo umano giunge alla pienezza, poiché in Cristo la storia acquista la sua dimensione di eternità. Come professiamo nel Credo, la seconda persona della Santissima Trinità "si incarno per opera e grazia dello Spirito Santo". "Lo Spirito Santo scenderà su di te - le rispose l'Angelo - su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo" (Lc 1,35). Con il "si" della Vergine di Nazareth raggiunge la sua pienezza e il suo compimento la profezia di Isaia sull'Emanuele, il Dio con noi, il Salvatore del mondo. Insieme all'Angelo Gabriele rendiamo gloria a Maria piena di grazia in questo Santuario di Higüey, che è sotto la protezione della Madonna di Altagrazia, e che è il primo luogo di culto mariano conosciuto che sia stato edificato in terra americana. Tutto ciò che si vede nel quadro benedetto che rappresenta nostra Signora di Altagrazia è espressione limpida e pura di quanto ci dice il Vangelo sul mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio. All'ombra di questo tempio si è formato un popolo con la fusione di razze e culture, di desideri e speranze, di successi e di sconfitte, di gioie e di dolori. Il popolo domenicano è nato sotto il segno della Vergine Madre, che lo ha protetto lungo il suo cammino nella storia. Come è scritto negli annali di questa Nazione, a questo luogo santo sono accorsi per trovare coraggio e forza gli artefici fondatori della nazionalità; per trovare ispirazione, i poeti, gli scrittori e i saggi; per trovare riposo, i lavoratori; per trovare consolazione, gli afflitti, gli ammalati, i diseredati; per trovare perdono, i pentiti; per trovare la grazia e la virtù, coloro che sentono l'urgenza di farsi santi. Tutti quanti, sotto il mantello di Nostra Signora di Altagrazia, colei che è piena di grazia.


3. Questo Santuario, amatissimi dominicani, è la casa in cui la Vergine Santissima ha voluto rimanere fra voi come madre piena di tenerezza, sempre disposta a condividere il dolore e la gioia di questo popolo. Alla sua materna protezione affido tutte le famiglie di questa terra benedetta affinché regnino l'amore e la pace fra tutti i suoi membri. La grandezza e la responsabilità della famiglia consistono nell'essere la prima comunità di vita e di amore, il primo ambito in cui i giovani imparano ad amare e a sentirsi amati. Ogni famiglia ha ricevuto da Dio la missione di essere "la prima e vitale cellula della società" (AA 11) ed è chiamata a costruire, giorno per giorno, la sua felicità nella comunione. così come in ogni tessuto vivo, la salute e la forza della società dipendono dalla qualità delle famiglie che la compongono. Per questo i poteri pubblici hanno anche la responsabilità di favorire l'istituzione familiare, rafforzandone la stabilità e tutelandone i diritti. Il vostro paese non può rinunciare alla sua tradizione di rispetto e di fermo appoggio a quei valori che, coltivati nel nucleo familiare, sono un fattore determinante nello sviluppo morale dei suoi rapporti sociali, e formano il tessuto di una società che vuole essere veramente umana e cristiana. E' responsabilità vostra, padri e madri cristiani, formare e far crescere famiglie in cui si coltivino e vivano i valori del Vangelo.

Eppure quanti segni di morte e di disamore caratterizzano la nostra società! Quanti attentati alla fedeltà matrimoniale e al mistero della vita! Non lasciatevi sedurre, sposi cristiani, dal facile ricorso al divorzio. Non lasciate che si offenda la fiamma della vita. L'amore autentico nella comunione del matrimonio si manifesta necessariamente in un atteggiamento positivo nei confronti della vita.

La pratica anticoncezionale è una falsificazione dell'amore coniugale che trasforma il dono di poter partecipare all'azione creatrice di Dio in una pura convergenza di meschini egoismi (cfr. FC 30 FC 32). E come non ripetere ancora una volta in quest'occasione che se non si possono porre ostacoli alla vita, ancor meno si possono eliminare impunemente coloro che non sono ancora nati, come vien fatto con l'aborto? Da parte loro, gli sposi cristiani, in virtù del loro battesimo, della loro conferma, e per la forza sacramentale del matrimonio, devono trasmettere la fede ed essere fermento di trasformazione nella società. Voi, padri e madri di famiglia, dovete essere i primi catechisti ed educatori dei vostri figli nell'amore. Se non si impara ad amare e a pregare in famiglia, difficilmente si potrà superare in seguito questo vuoto. Con quanto fervore chiedo a Dio che i giovani e le giovani dominicani trovino nelle loro famiglie la testimonianza cristiana che ravvivi la loro fede e li sostenga nei momenti di difficoltà e di crisi!


4. Giovani dominicani! Chiedo a Nostra Signora di Altagrazia che vi rafforzi nella fede, che vi conduca a Gesù Cristo perché solo in Lui troverete la risposta alle vostre inquietudini e aspirazioni, solo Lui può appagare la sete del vostro cuore.

La fede cristiana ci insegna che vale la pena di lavorare per una società più giusta, che vale la pena di difendere l'innocente, l'oppresso e il povero, che vale la pena di sacrificarsi affinché trionfi la civiltà dell'amore. Siete i giovani del continente della speranza. Che le difficoltà che vi trovate a vivere non costituiscano un ostacolo all'amore, alla generosità, ma piuttosto una sfida alla vostra volontà di servizio. Dovete essere forti e coraggiosi, lucidi e perseveranti. Non vi lasciate sedurre dall'edonismo, dall'evasione, dalla droga, dalla violenza e dalle mille ragioni che sembrano giustificarla. Siete i giovani che sono in cammino verso il terzo millennio e dovete prepararvi per essere gli uomini e le donne del futuro, responsabili e attivi nelle strutture sociali, economiche, culturali, politiche ed ecclesiali del vostro paese affinché, sostenuti dallo spirito di Cristo e dalla vostra intelligenza nel trovare soluzioni originali, possiate contribuire a promuovere uno sviluppo sempre più umano e cristiano.


5. Trovandomi in una zona rurale della Repubblica, il mio pensiero si rivolge, in particolare, agli uomini e alle donne della campagna. Voi, cari contadini, collaborate all'opera della creazione facendo in modo che la terra produca i frutti che serviranno a nutrire le vostre famiglie e tutta la comunità. Con il vostro sudore e la vostra fatica, offrite alla società quei beni che sono necessari al suo sostentamento. Per questo mi appello al sentimento di giustizia e di solidarietà dei responsabili, affinché impieghino tutti i mezzi a loro disposizione per risolvere i problemi che affliggono oggi il settore agricolo, in maniera tale che i contadini e le loro famiglie possano vivere in modo degno, come conviene alla loro condizione di lavoratori e figli di Dio. La devozione alla Vergine Santissima, così radicata nella religiosità dei lavoratori della terra, contraddistingue la loro vita con il segno di una ricca umanità e di una concezione cristiana dell'esistenza, poiché in Maria si fondano le speranze di quanti ripongono la loro fiducia in Dio. Essa è come la sintesi del Vangelo e "ci insegna che è mediante la fede e nella fede che, sul suo esempio, il popolo di Dio diventa capace di esprimere in parole e di tradurre nella sua vita il mistero del disegno della salvezza e le sue dimensioni liberatrici sul piano dell'esistenza individuale e sociale" (Ist. Libertatis conscientia, n. 97).


6. "Dio mando il suo Figlio nato da donna" (Ga 4,4). Maria è la donna che, accogliendo con fede la parola di Dio e unendo indissolubilmente la sua vita a quella di suo Figlio, si è convertita nella "prima e più perfetta seguace di Cristo" (Marialis Cultus, 35). Per questo, in circostanze come quelle attuali, mentre il secolarismo incalzante tende a soffocare la fede dei cristiani negando qualsiasi riferimento al trascendente, la figura di Maria si innalza come esempio e stimolo del credente di oggi e gli ricorda l'urgente necessità che la sua accettazione del Vangelo si traduca in azioni concrete ed efficaci nella sua vita familiare, professionale e sociale (cfr. CL 2). Infatti, il laico dominicano è chiamato, in quanto credente, a rendere presenti i valori evangelici nei diversi settori della vita e della cultura del suo popolo. E proprio la sua vocazione cristiana lo porta a vivere immerso nelle realtà temporali come artefice di pace e armonia collaborando sempre al bene comune della Nazione. Tutti devono promuovere la giustizia e la solidarietà nei diversi campi delle loro concrete responsabilità sociali: nel settore economico, nell'attività sindacale o politica, nel campo culturale, nei mezzi di comunicazione sociale, nel lavoro assistenziale ed educativo. Tutti sono chiamati a collaborare al grande compito della nuova evangelizzazione. Oggi come ieri, Maria deve essere anche la Stella di questa nuova evangelizzazione alla quale la Chiesa universale, e soprattutto in America Latina, si sente chiamata nel celebrare i suoi cinquecento anni di fede cristiana. Infatti, l'annuncio del vangelo nel Nuovo Mondo è stato compiuto "presentando la Vergine Maria come sua realizzazione più elevata" (Puebla, 282). E nel corso di questi cinque secoli, la devozione mariana ha ampiamente dimostrato di essere un fattore fondamentale di evangelizzazione, poiché Maria è il Vangelo fatto vita. Ella è la più alta e perfetta realizzazione del messaggio cristiano, il modello che tutti devono seguire. Come affermarono i Vescovi latinoamericani riuniti a Puebla de los Angeles, "senza Maria il Vangelo si disincarna, si sfigura e si trasforma in un'ideologia, in un razionalismo spiritualista" (Puebla, 301).


7. "Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente" (Lc 1,49). Questo proclama Maria nel Magnificat. Ella, Signora di Altagrazia, ci consegna al Salvatore del mondo e, come nuova Eva, diventa veramente "la madre di tutti i viventi" (Gn 3,20). Nella Madre di Dio incomincia a compiersi la "pienezza dei tempi" in cui "Dio mando il suo Figlio, nato da donna, ... perché ricevessimo l'adozione a figli" (Ga 4,4-5).

L'Emanuele, Dio con noi, continua ad essere una nuova e meravigliosa realtà che ci permette di rivolgerci a Dio come a un Padre, poiché Maria ci consegna a Colui che ci fa figli adottivi di Dio: "figli nel Figlio". "E che voi siete figli - scrive San Paolo - ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio" (Ga 4,6-7). Questa è la grande verità proclamata dall'Apostolo nella nostra celebrazione eucaristica: la filiazione adottiva nel ricevere la vita divina. perciò le nostre labbra possono ripetere le stesse parole: "Padre... Padre nostro", poiché è lo Spirito Santo che le suggerisce al nostro cuore.


8. Altagrazia! La grazia che supera il peccato, il male, la morte. Il grande dono di Dio si diffonde fra i popoli del Nuovo Mondo, che cinque secoli fa hanno ascoltato le parole di vita e ricevuto la grazia del battesimo. Un dono che è destinato a tutti, senza eccezioni, al di sopra della razza, della lingua o della situazione sociale. E se alcuni sono stati privilegiati da Dio, sono proprio i semplici, gli umili, i poveri di spirito.

Tutti siamo chiamati ad essere figli adottivi di Dio, poiché "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi" (Ga 5,1): liberi dalla schiavitù del peccato! Madre di Dio! Vergine di Altagrazia! Indica il cammino dell'Emanuele, nostro Salvatore, a tutti i tuoi figli e figlie nel Continente della speranza affinché, in questo V Centenario dell'Evangelizzazione, la fede ricevuta si renda feconda in opere di giustizia, di pace e di amore.

Amen.

Data: 1992-10-12 Data estesa: Lunedi 12 Ottobre 1992


GPII 1992 Insegnamenti - La preghiera mariana al termine della celebrazione - Santo Domingo