GPII 1992 Insegnamenti - Ai bambini della Parrocchia dei Santi Aquila e Priscilla - Roma

Ai bambini della Parrocchia dei Santi Aquila e Priscilla - Roma

Titolo: Cristo e la Chiesa sono segni di vita eterna. Camminiamo tutti insieme verso una dimora senza fine

Grazie per questa accoglienza specialmente da parte dei bambini. Grazie per queste belle parole pronunciate dalla vostra rappresentante. All'inizio ho sentito dire: "Viva il Papa". Grazie a Dio ancora vive il Papa in questa terra, ma soprattutto vive con la speranza nella vita eterna. Questo dobbiamo dire e ricordare soprattutto in questo mese di novembre dedicato ai nostri cari morti. Il loro ricordo è sempre legato con la speranza della vita eterna. Lo dico anche perché dobbiamo consacrare la vostra chiesa, la parrocchia dei Santi Aquila e Priscilla, compagni di San Paolo. Debbo consacrare questa chiesa e la chiesa è per noi segno della vita eterna. Si, è il segno visibile, architettonico di Cristo, ma Cristo è Colui che ci ha aperto la prospettiva della vita eterna, ci ha dato la vita eterna. Tutta la sua missione tra gli uomini consiste in questo: dare la vita eterna a tutti i suoi fratelli e le sue sorelle del genere umano. così la Chiesa, che è simbolo di Cristo, è, per noi tutti, un segno della vita eterna. Noi tutti camminiamo con Cristo nella speranza della vita eterna. La bambina che ha parlato poc'anzi ha pochi anni di vita terrena ma vive con la stessa speranza della vita eterna con la quale viviamo anche noi, adulti, anziani, tutti. Questa speranza sia sempre più radicata nelle nostre anime. Questa speranza ci fa sopportare le sofferenze, i disagi. La nostra vita non ci viene tolta, ma trasformata.

Ricordiamo allora anche tutti i fratelli e le sorelle defunti della votra comunità e delle vostre famiglie in questo mese dedicato alla loro memoria.

Data: 1992-11-15 Data estesa: Domenica 15 Novembre 1992

Al Consiglio Pastorale della Parrocchia dei Santi Aquila e Priscilla - Roma

Titolo: "Trasformate in chiese domestiche le case del vostro quartiere"

Ringraziamo tutti il Signore Dio nostro per questa giornata. La dedicazione di questa chiesa ci porta a pensare alla costruzione delle chiese attraverso la storia della Chiesa e delle civiltà. Una volta le chiese erano sotto terra. Erano le chiese più preziose, erano le chiese dei protomartiri. Poi, crescevano queste chiese e andavano sempre più verso il cielo. Pensiamo alle chiese di Roma, e soprattutto alle chiese gotiche di Francia e dei Paesi nordici.

Oggi siamo arrivati a costrtuire chiese piuttosto basse. Cosa vuol dire questo? La chiesa che andava in alto voleva dire che noi vogliamo alzarci, andare verso questo Dio che è così trascendente. Oggi queste chiese umili, basse di statura esprimono un'altra sconvolgete verità: il nostro Dio si è abbassato, si è umiliato, è disceso fra di noi, si è fatto uomo nel seno della Vergine Maria.

Soprattutto si è umiliato nella sua passione e croce: è un Dio Emmanuele che sta con noi e cammina con noi. Allora anche queste chiese moderne con il loro punto di partenza archeologico e ideologico sono anche molto espressive. Mi congratulo con voi, con tutti i parrocchiani per questa odierna dedicazione. Vi auguro insieme con i vostri santi patroni Aquila e Priscilla amici e compagni di San Paolo di perseverare nell'amore e nella testimonianza cristiana che trasforma la propria casa in "chiesa domestica".

Data: 1992-11-15 Data estesa: Domenica 15 Novembre 1992

Ai giovani della Parrocchia dei Santi Aquila e Priscilla - Roma

Titolo: "Fuori la superficialità della vostra vita. Siate missionari come Aquila e Priscilla"

Carissimi giovani, Dopo questa celebrazione di oggi c'è in verità poco da aggiungere. La consacrazione della vostra chiesa parrocchiale è già un grande evento, una grande parola, un grande messaggio. Vorrei aggiungere una breve parola sui Patroni di questa vostra comunità: Aquila e Ppriscilla. Li conosciamo attraverso le Lettere di San Paolo. Li conosciamo come sposi, come coniugi, come chiesa domestica. Penso che in questa parrocchia dedicata ad una coppia di sposi santi legati direttamente, fraternamente all'Apostolo Paolo, ai giovani si deve augurare una buona preparazione alla loro vocazione cristiana e se ci sarà alla vocazione matrimoniale e familiare. Non c'è solamente una avventura, c'è una vocazione divina, un grande compito, una grande missione. Erano mssionari, come Paolo, questi due, Aquila e Priscilla. Vi auguro una buona preparazione, perché è oggi molto importante prepararsi alla vita di domani. Viviano in un'epoca molto superficiale. Si lavora per la superficialità e con questa superficialità si distrugge quanto è prezioso e profondo nell'uomo, che costituisce la sua vera umanità, la sua vera personalità, specialmente alla luce del Vangelo si deve augurare ai giovani di essere coraggiosi, di sapersi opporre a questa moda, di saper scegliere e costruire la propria vita come una chiesa, un tempio come dice San Paolo. Dovete costruire la "chiesa domestica" se siete chiamati - come vi auguro - alla vocazione coniugale, matrimoniale e familiare.

Data: 1992-11-15 Data estesa: Domenica 15 Novembre 1992

Al termine dell'Angelus: la Giornata "Pro Orantibus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoni della morte e della Resurrezione

Sabato prossimo, festa della Presentazione di Maria Santissima al Tempio, ricorre l'annuale Giornata "Pro Orantibus", nella quale la Chiesa rivolge uno speciale pensiero ai Monasteri di Clausura.

La testimonianza di queste anime generose che, alla scuola del Divin Maestro, innalzano a Dio un'assidua preghiera di lode, di ringraziamento e di riparazione, suscita in ogni fedele profonda ammirazione. Seguendo il Signore in una vita di nascondimento e di penitenza, esse diventano le annunciatrici più attendibili del Mistero della morte e risurrezione del Signore.

Vogliamo oggi esprimere loro la nostra grata solidarietà col ricordo nella preghiera e col sostegno del nostro aiuto concreto e generoso, affinché possano continuare il loro fecondo ed insostituibile apostolato per la santificazione del mondo.

Data: 1992-11-15 Data estesa: Domenica 15 Novembre 1992

All'ordinazione episcopale dell'Arcivescovo Nerses Der-Nersessian, primo Ordinario Armeno Cattolico dell'Europa Orientale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In quest'ora storica la speranza torna a fiorire tra le rocce dell'Armenia




1. "Figlio dell'uomo, io ti ho costituito quale sentinella sopra la casa d'Israele". La sentinella ha due compiti: osserva e vigila. Scruta l'orizzonte, per comprendere meglio la realtà, per coglierne i mutamenti, i pericoli incombenti o le occasioni che consentono strategie di vittoria, Veglia, perché mentre l'accampamento dorme, il nemico non sopraggiunga a derubare e distruggere.


2. Osservare e vegliare è compito della Chiesa e, in essa, di ogni cristiano. Il suo vegliare non è l'atteggiamento di chi per paura si paralizza, come il servo che sotterra il suo talento. Il vegliare della Chiesa è l'ansia, la trepidazione di chi attende un ritorno, di chi sa che il suo domani dipende da un amico che sta per giungere: Cristo, Salvatore del mondo. Essa lo aspetta, lo invoca, lo desidera, perché la sua trepidazione sia appagata e la sua speranza coronata. Nel far questo il suo occhio non è mai stanco di cogliere, nelle cose e negli eventi, le tracce consolanti della sua venuta. E, quando le ha scorte, corre ad annunciarle ai fratelli, perché la sua gioia sia una festa per tutti.


3. Ma osservare e vegliare sono, nella Chiesa, un preciso mandato per chi riceve dallo Spirito la pienezza del sacerdozio. Quando il gregge a lui affidato si interroga con timore, il vescovo lo conforta e rafforza, comunicando la ferma certezza a lui partecipata dall'amore di Dio, che parla nella Scrittura Santa, che si comunica nei Sacramenti, che si rifrange nei mille volti degli uomini. Quando il gregge si attarda, egli lo sprona, lo esorta, lo rimprovera se necessario, sempre indicandogli i segni della presenza dell'Amico lontano, ma ogni giorno più vicino, quell'Amico che egli ha atteso vegliando nella notte dal suo posto di sentinella.


4. Osservare e vegliare sono da oggi il tuo compito particolare, caro fratello che la Chiesa armena presenta al Successore di Pietro, perché gli imponga le mani per il servizio episcopale. Ti hanno condotto qui i tuoi fratelli nell'episcopato, sotto la guida del Patriarca degli Armeni cattolici, che ne è padre e capo. A loro va il mio saluto e il mio bacio di pace, nell'assicurazione che questa casa, la casa di Dio costruita sulla tomba dell'Apostolo Pietro, è la loro casa in cui sono accolti con gioia e speranza. Ti hanno condotto qui col pensiero i tuoi fedeli, che non possono essere oggi presenti a causa dei disagi economici che ancora attraversa il popolo armeno. Essi pure partecipano spiritualmente a questo momento straordinario di grazia, offrendo a Cristo, l'Amico che viene, il loro pianto, la loro sofferenza, ma anche la loro fiducia, e l'affetto e la venerazione che nutrono per te. E per te intercedono dal Cielo i sacerdoti armeni cattolici che, nei decenni passati, sono stati strappati alle loro comunità e condotti a morire lontano. Tu non hai esitato a lasciare la vita protetta del tuo monastero, dove per cinquant'anni sei vissuto nella lode di Dio e nello studio operoso, per condividere con loro la speranza di una rinascita, così fortemente mescolata al travaglio del parto. Essi non cessano di ringraziare Dio e la Chiesa per il dono della tua persona e del tuo servizio. Gli Armeni cattolici a te affidati hanno bisogno di un padre, oggi più che mai: un padre che renda presente l'universalità della Chiesa, la sua sollecitudine, la forza della verità che le è affidata. Non dimenticare che nelle tue vene scorre il sangue di tuo padre, che fu testimone di Cristo e confessore della fede. Con loro si rallegrano gli Armeni cattolici della diaspora, che si impegnano a conservare la loro fede e la loro cultura, ben coscienti di essere figli di martiri. I loro Vescovi hanno portato con sé una rappresentanza dei loro fedeli: ad essi vanno il benvenuto e la benedizione del Papa.


5. Un arduo compito ti attende al tuo ritorno. La tua, la vostra patria è stretta nella morsa di immani disagi, mentre il sangue continua a scorrere nella terra benedetta e martoriata del Caucaso. Eppure, in quest'ora storica la speranza torna a fiorire tra le rocce d'Armenia con una tenacia e un entusiasmo carichi di immense potenzialità. Quel popolo, nel quale il cristianesimo ha radici antichissime, vede oggi realizzato il sogno della libertà, tanto attesa, tanto amata, e così raramente posseduta. Ora tutti si adoperano, e le Autorità civili in particolare, per offrire ai giovani una prospettiva che consenta di spendere ogni sforzo per un domani migliore. Essi sanno bene che per far questo occorrono ideali possenti, che giustifichino il sacrificio e l'attesa, una pazienza a volte eroica e un impegno senza sosta. Sanno bene che ciò può venire soltanto dalla fede in Cristo, il Signore della storia, il Dio fattosi uomo per la libertà piena e completa di ogni uomo. Sanno che nel nome di Cristo tanto sangue armeno, nel corso dei secoli, è stato sparso sull'altare della storia. Essi vedono che ciò non è stato vano. Ma comprendono pure che il tempo della prova non è finito: la speranza continua a costare un prezzo altissimo. La fiaccola della fede è stata mantenuta accesa in questi anni dai Cristiani che hanno pagato a caro prezzo la loro costanza. Essa si è conservata viva anche nelle comunità cattoliche, per decenni prive di ogni presenza sacerdotale, e che pure, nel nome dell'unico Signore Gesù Cristo, non hanno cessato di attendere e di pregare, insieme ai loro fratelli della Chiesa armena apostolica. A Sua Santità il Catholicos Vazken I, all'intera Gerarchia e ai fedeli di quella Chiesa va ora il mio pensiero di venerazione e di affetto.


6. Fratelli dell'Armenia, il Papa oggi vi dice: Ricordatevi di chi siete figli.

Non dimenticate che se il nome di Cristo è ancora onorato in alcune terre, ciò è merito dei vostri padri che non hanno rinunciato alla fede. Il chicco di grano sepolto rinasce e germoglia. Cristo non delude. Non abbandonatelo, per accontentarvi di facili risposte, che sono un cibo che perisce. Egli solo vi offre un cibo che dura per la vita eterna. Egli vi offre il suo Regno, già qui, oggi. Vi promette che non morirete, come persone e come popolo. E così un giorno voi incontrerete di nuovo i vostri antenati, che vi hanno preceduto, seguendo san Vartan e gli altri martiri, nella certezza che è meglio morire che rinunciare alla Verità. La Chiesa cattolica, il Vescovo di Roma non cesseranno di pregare per voi e di adoperarsi in ogni modo per alleviare le vostre sofferenze, insieme alle sofferenze di tutti i popoli che con voi soffrono e sperano.


7. A voi in particolare, amatissimi cattolici del Caucaso, io chiedo di ricevere il vostro Arcivescovo con lo stesso canto, con il quale lo avete accolto la prima volta, quel giorno in cui si è recato in un vostro villaggio tra le montagne, primo sacerdote armeno cattolico dopo tanti anni. E' un canto scritto dall'abate Mechitar, vanto del popolo armeno e fondatore della Congregazione Monastica, cui il vostro Arcivescovo appartiene e alla quale va la gratitudine per averlo donato.

E' un canto che per tanti anni non avete dimenticato, perché nelle famiglie le mamme non hanno smesso di insegnarlo ai loro bambini.

"Ti prego, Madre di Dio, / che sei tempio del Verbo incarnato, / alta e luminosa sopra il sole, / supplica per me tuo Figlio".

Cantatelo anche per il Papa che oggi, nell'imporre le mani su colui che vi è padre e fratello, tutti vi abbraccia nel nome del Cristo e della Sua Vergine Madre.

Data: 1992-11-17 Data estesa: Martedi 17 Novembre 1992




Udienza: ai Vescovi della Chiesa Armena Cattolica all'inaugurazione del loro Sinodo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "La vostra stirpe di martiri e di confessori non ha smesso di stupire e di edificare il mondo, grazie alla perseveranza"




1. Due giorni sono passati dall'evento, ricco di esultanza spirituale, che ci ha riuniti nella Patriarcale Basilica Vaticana per l'ordinazione episcopale dell'Ordinario degli Armeni cattolici dell'Europa orientale. Ora di nuovo saluto Sua Beatitudine il Patriarca Giovanni Pietro e tutti voi, come pure il Signor Cardinale Achille Silvestrini, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, e quanti con voi collaboreranno per la piena riuscita dei lavori sinodali.


2. L'Ordinazione episcopale che abbiamo celebrato due giorni fa è premessa ideale alla celebrazione del Sinodo che oggi inauguriamo, in quanto la ripresa di una presenza pastorale nel Caucaso costituisce certamente l'avvenimento più significativo degli ultimi tempi per i Cattolici armeni. Per tanti anni le comunità cattoliche armene, in particolare in Armenia e Georgia, sono rimaste completamente prive di sacerdoti ed hanno conservato la loro fedeltà a Cristo e alla Sede di Pietro a prezzo di grandi sacrifici, mostrando così come la famiglia rimanga il primo luogo della catechesi e della formazione alla fede e alla preghiera: i genitori e i nonni hanno sostituito sacerdoti e catechisti nell'iniziare alla fede i loro bambini. Nei decenni passati la fede del popolo armeno è stata sottoposta a durissime prove. Ma la vostra stirpe di martiri e confessori non ha smesso di stupire ed edificare il mondo, grazie alla sua perseveranza. Gratitudine e ammirazione meritano tutti coloro che si sono efficacemente adoperati a mantenere l'identità cristiana del popolo armeno, così radicata, come afferma il vostro antico storico Eliseo, da non potersi estirpare, come non si può separare la pelle dal suo colore. Mi riferisco in particolare alla Chiesa armena apostolica che, in condizioni spesso molto precarie, ha fatto risuonare con ampiezza crescente nelle stupende chiese della vostra terra la Parola di Dio e la nota, dolente eppure fiduciosa, dei vostri inni liturgici, che accompagnano i momenti fondamentali della vita del vostro popolo: dal morire e rinascere in Cristo nel battesimo al cibarsi del suo Corpo e del suo Sangue nell'Eucaristia.


3. Ma voi, Vescovi armeni cattolici, portate qui, in questa Assise sinodale, anche le preoccupazioni dei fedeli che vivono nella diaspora, pur essi spesso travagliati dalla sofferenza e dalla precarietà. Nel Medio Oriente essi hanno risentito drammaticamente dell'instabilità politica, che ha indotto una così numerosa parte del vostro gregge, già emigrato dall'Armenia per poter sopravvivere, a lasciare quella terra che fu ospitale e generosa, per cercare altrove condizioni di vita più serene. Là pero hanno dovuto lottare anzitutto per potersi inserire in contesti culturali tanto diversi e, conseguentemente, per non perdere la propria identità culturale e religiosa.


4. Situazioni così gravi e problematiche hanno indotto il Vescovo di Roma, nella sua sollecitudine per la Chiesa universale, ad invitarvi nella sua casa. Qui, sostenuti dall'esperienza e dagli stimoli che questa Città trae dal suo essere centro di convergenza di tante culture, amalgamandole nel crogiolo dell'unica fede suscitata dalla testimonianza apostolica, potrete affrontare con speranza e fiducia l'appello che a voi è rivolto dallo Spirito di Dio. Qui potrete essere coadiuvati anche dall'apporto dei Dicasteri della Curia Romana maggiormente competenti per le tematiche che dovrete trattare. Soprattutto qui potrete sperimentare anche fisicamente la vicinanza del Papa, che sempre vi segue con amore di predilezione e costantemente eleva a Dio la sua preghiera per tutto il popolo armeno.


5. Situazioni di tanto radicale mutamento, che stanno coinvolgendo la vostra Chiesa, richiedono una revisione globale delle mete e dei metodi pastorali. E se le difficoltà che perdurano potrebbero indurre alla rinuncia e al ripiegamento, è proprio il bene dei fedeli a voi affidati a chiedere che, in costante ascolto della Verità che salva, siate invece protagonisti di una progettualità capace di infondere solide speranze e di sostenere efficacemente l'impegno straordinario che i tempi richiedono.


6. Due linee convergenti vi ispirino in questo delicato, ma appassionante compito: il grato rispetto per la vostra tradizione e la lettura teologica delle sfide che la vita del vostro popolo vi pone. La Tradizione trasmessa dagli Apostoli suscita l'esperienza viva, che s'arricchisce progressivamente lungo le generazioni dei credenti. Essa è anche fonte delle varie e venerabili tradizioni ecclesiali, che sono una ricchezza per la Chiesa universale. "Ciò che fu trasmesso dagli Apostoli - ci ricorda la Dei Verbum - comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa e all'incremento della fede del popolo di Dio. così la Chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede... Le asserzioni dei Santi Padri attestano la vivificante presenza di questa Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della Chiesa che crede e che prega" (n. 8). Non si deve poi dimenticare che la vostra tradizione, come le altre tradizioni orientali, ha un valore del tutto particolare. Smarrirla o comprometterne la genuinità costituirebbe una perdita irreparabile per tutta la Chiesa. Il Decreto Unitatis redintegratio così si esprime al riguardo: "Tutti sappiamo che il conoscere, venerare, conservare e sostenere il ricchissimo patrimonio liturgico e spirituale degli Orientali è di somma importanza per custodire fedelmente la pienezza della Tradizione cristiana e per condurre a termine la riconciliazione dei Cristiani d'Oriente e d'Occidente" (UR 15). Certo, le varie tradizioni ecclesiali sono realtà vive, e come tali sono segnate da contributi e influssi disparati, non tutti dello stesso valore. Se è certo che "non si devono introdurre mutazioni, se non per ragioni del proprio organico progresso" (OE 6), è vostro compito, attraverso "una conoscenza sempre più profonda e un uso sempre più perfetto" (), in particolare del vostro patrimonio liturgico, esaminare tale patrimonio e restituirlo alla sua integrale purezza, qualora circostanze di tempo o di persone l'avessero alterata (cfr. ). Ciò, naturalmente, va fatto con grande prudenza pastorale e sempre coinvolgendo i vostri fedeli più sensibili, affinché vi aiutino a meglio comprendere quella sensibilità vivente del popolo di Dio che è custodia di autentici tesori di grazia. Contemporaneamente la Chiesa "vuole adattare il suo tenore di vita alle varie necessità dei tempi e dei luoghi" (OE 2). Noi sappiamo bene che le tradizioni orientali nascono da una esperienza viva e dinamica della Chiesa. Tanto furono attente alla cultura e alla sensibilità dei tempi da costituire ancora oggi un modello, forse insuperato, della cosiddetta inculturazione. Sarebbe triste che quelle Chiese corressero oggi il rischio di rinchiudersi nel proprio passato, nella pura ripetizione, senza interpellare il proprio patrimonio originale a partire dalle domande dell'uomo di oggi. Tale pericolo esse potranno più agevolmente superare se si apriranno all'incontro con altre esperienze ecclesiali, senza per questo nulla cedere della propria specificità, ma facendo tesoro anche di stimoli e prospettive nate dall'esperienza di altri. E' questo un impegno che oggi dovrebbe contraddistinguere le Chiese Orientali in piena comunione con la Sede di Pietro.

Per esse è infatti naturale vivere il respiro dell'universalità e dello scambio fraterno. Un simile atteggiamento contribuirebbe a renderle ancor più significative nel dialogo ecumenico, e apportatrici di una preziosa specificità da offrire ai fratelli cattolici. Ma perché ciò avvenga pienamente, esse devono rimanere fedeli alla propria identità, non solo nell'ambito liturgico, ma anche in quello di una spiritualità che non sia presa a prestito da altri, ma affondi le sue radici nella propria liturgia e negli scritti dei Padri, capaci di esprimere ancor oggi una mirabile e articolata architettura di vita cristiana. Vi chiedo, pertanto, fratelli amatissimi, di continuare con vigore il vostro approfondimento della dottrina e delle indicazioni del Concilio Vaticano II e di predisporre ogni cosa perché esse penetrino in profondità nel tessuto vivo della vostra Chiesa.


7. Il vostro compito riguarda primariamente, come si è visto, la liturgia, nella quale è ancora vivente il respiro antico e sempre nuovo dello Spirito. Dobbiamo ribadire con forza che i fedeli hanno diritto, come ci ricorda il Concilio, di essere "guidati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della liturgia" (SC 14). Vi invito pertanto a procedere ad una seria opera di studio e riforma della vostra stupenda liturgia, in modo che i riti e i testi "esprimano più chiaramente le sante realtà che significano, e il popolo cristiano, per quanto possibile, possa capirle facilmente e parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria" (SC 21). E poiché voi condividete questa intatta ricchezza con i fratelli della Chiesa armena apostolica, sarebbe significativo se tale processo potesse avvenire in comunione con questi.


8. Accanto all'impegno liturgico, è da privilegiare un accurato progetto pastorale per l'evangelizzazione. Poiché le vostre comunità cattoliche del Caucaso hanno anzitutto bisogno della predicazione del Vangelo che salva, ancor prima dell'aiuto materiale, dell'istruzione e dell'organizzazione sociale, è fondamentale che elaboriate strategie e strumenti di catechesi che siano rispettosi della vostra autentica natura ed aperti alle esigenze degli uomini d'oggi. Una cosa è certa: le comunità armene cattoliche attendono di fare un'esperienza viva dell'incontro con Cristo Signore, unico Salvatore del mondo. Questo appello non deve restare inascoltato e una concreta risposta va elaborata senza ritardi.


9. Un ulteriore settore di testimonianza, dove i gesti si fanno particolarmente eloquenti e la cooperazione ecumenica può esprimersi in modo privilegiato, è quello del servizio della carità. Molte delle vostre Eparchie sono in gravi difficoltà. E in ancor più pesanti angustie si trovano le comunità del Caucaso. E' indispensabile che, su invito dell'Apostolo, chi è nell'abbondanza rechi aiuto a coloro che sono nella necessità (cfr. 2Co 8,14). E molti, che non hanno potuto sino ad ora aprirsi al Vangelo, nel gesto concreto della solidarietà offerta dai credenti scopriranno Cristo, il volto d'uomo del Dio Amore.


10. Ecco, carissimi fratelli, alcune indicazioni che il Papa vi offre mentre date inizio, nel nome del Signore, al vostro Sinodo. Scelte concrete, impegni precisi si impongono. Rimane vivo nel mio cuore, e sono certo anche nel vostro, il desiderio che venga presto il giorno in cui potrete pregare, meditare, decidere, esortare in piena comunione con i Vescovi della Chiesa armena apostolica. Siete tutti figli dello stesso popolo, tutti generati dallo stesso Cristo, tutti configurati a lui, supremo Capo e Pastore della Chiesa. Noi continuiamo a tendere la nostra mano, al di là di ogni difficoltà, secondo il comando del Signore.

Per ora offriamo a Dio la nostra sofferenza per ciò che ancora ci divide, nella certezza che Egli, artefice di ogni unità, un giorno farà del nostro desiderio una realtà. Non dimentichiamo che l'impegno ecumenico resta un dovere primario della Chiesa. Il mondo non può aspettare: ha bisogno che quanti credono in Cristo vivano in pienezza la comunione che invocano e l'amore che predicano.


11. E sui vostri Sacerdoti, sui Religiosi e le Religiose, insostituibili collaboratori del vostro ministero, sulle famiglie, sui giovani, speranza del vostro popolo, sui malati e i sofferenti, su quanti soffrono violenza invoco con immenso affetto la benedizione di Dio.

A voi auguro un proficuo lavoro, certo che al vostro ministero sarà impresso rinnovato slancio da questo tanto significativo esercizio della collegialità. Tale auspicio vi porgo con le parole del vostro santo Patriarca Nerses: "Nelle nostre orazioni preghiamo Dio per la salvezza delle vostre anime, perché si aprano gli orecchi della vostra intelligenza ad accogliere le parole divine".

Data: 1992-11-19 Data estesa: Giovedi 19 Novembre 1992

Ai membri della Presidenza della LIGA - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per il settantacinquesimo della fondazione

Gentili signori, L'Istituto di Risparmio e Credito Bancario LIGA festeggia quest'anno il 75° della sua fondazione. Creata originariamente come Associazione di risparmio dei parroci cattolici della Baviera e trasformata dopo la seconda guerra mondiale in Associazione economica degli ecclesiastici cattolici della Baviera, la LIGA è oggi una istituzione civile del clero cattolico al servizio di preti, di ordini religiosi, nonché di istituzioni della Chiesa e dei suoi collaboratori. Nella sua sfera di competenza la LIGA comprende oggi tutta le diocesi della Baviera oltre alla diocesi di Speyer e dall'unificazione della Germania anche la diocesi Dresda-Meiben, nonché l'Amministrazione Apostolica di Görlitz.

Per questo anniversario è stato vostro desiderio visitare le tombe dei principi degli apostoli e assicurare al successore di san Pietro la vostra fedeltà e lealtà; vi rivolgo quindi di cuore il mio saluto di benvenuto. Ho corrisposto alla vostra preghiera con la consapevolezza che il desiderio principale della vostra istituzione è stato per decenni lo stare insieme e l'impegno comunitario di confratelli al servizio della Chiesa e per la Chiesa. La vostra impresa ha sempre reso giustizia ad un'alta esigenza morale, come ho detto nell'enciclica "Centesimus Annus" (CA 35): "La Chiesa riconosce la giusta funzione del profitto, come indicatore del buon andamento dell'azienda. Tuttavia, il profitto non è l'unico indice delle condizioni dell'azienda... ad esso va aggiunta la considerazione di altri fattori umani e morali che, a lungo periodo, sono almeno egualmente essenziali per la vita dell'impresa".

Per tutte le difficili fasi della storia della LIGA un'esigenza primaria è stata l'attenzione ai bisogni sociali del clero. Nel 1922 il mio predecessore Pio XI ha donato alla LIGA cinquemila lire come riconoscimento del grande impegno sociale verso la Chiesa e il clero.

Al mio ringraziamento e riconoscimento per il lavoro da voi e dai vostri collaboratori e collaboratrici coscienziosamente condotto unisco la fiducia in un più ampio e fecondo impegno per il bene dei preti, degli ordini sacerdotali e dei collaboratori nelle vostre diocesi e imparto a voi tutti di cuore la mia benedizione apostolica.

(Traduzione dal tedesco)

Data: 1992-11-19 Data estesa: Giovedi 19 Novembre 1992

Udienza: al 18° Congresso nazionale dell'Unione cattolica italiana insegnanti medi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La persona dell'alunno deve essere al centro della vita della scuola

Carissimi fratelli e sorelle dell'Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi!


1. Mi è gradito porgervi, oggi, il mio cordiale benvenuto in occasione della celebrazione del vostro diciottesimo Congresso nazionale, in cui avete voluto soffermarvi a riflettere insieme su un tema di scottante attualità: "La domanda educativa nell'attuale fase di transizione: le nuove responsabilità della Scuola e dell'Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi". L'analisi da voi condotta durante questi giorni di studio e di dibattito è stata fondamentalmente indirizzata alla ricerca delle cause della crisi di valori, che segna in modo così profondo la cultura del nostro tempo.


2. Come Insegnanti cattolici, avete esaminato ed analizzato, in modo specifico, la situazione attuale della Scuola in Italia, insistendo sulla carenza di modelli educativi e sullo smarrimento dei valori, che non di rado si riscontrano anche nelle persone a cui spetta il compito di formare le nuove generazioni. Al tempo stesso, pero, non avete mancato di rilevare gli aspetti positivi dell'Istituzione della quale fate parte: la sua apertura a tutti senza discriminazioni, l'impegno di orientamento e di innovazione didattica, l'adeguamento dei programmi e lo sforzo di coraggiose riforme strutturali. Ciò non vi ha impedito di riconoscere come la tendenza consumistica, che disattende le esigenze dei valori etici, personali e comunitari, abbia avuto purtroppo inevitabili riflessi anche nel mondo della Scuola. La concezione individualista, propria di tanta parte della cultura e della prassi contemporanee, mette in difficoltà coloro che si sforzano di rimanere fedeli alle finalità della paideia veramente umana e cristiana.


3. Si, carissimi Insegnanti, è essenziale e urgente riaffermare l'importanza educativa della Scuola, non solamente nella sua funzione istruttiva, volta ad offrire conoscenze, informazioni ed abilità tecniche, ma soprattutto come ambiente vitale e luogo privilegiato per la crescita umana e spirituale dei giovani.

Occorre mettere nuovamente al centro della vita della Scuola non solo i programmi, ma anche e soprattutto la persona dell'alunno. E' necessario che la formazione degli studenti, ragazzi e ragazze, che domani saranno i responsabili diretti della vita e del progresso della società, sia mirata a renderli - secondo l'espressione che leggiamo nella Costituzione Gaudium et Spes del Concilio Vaticano Secondo - "non tanto raffinati intellettualmente quanto, piuttosto, di forte personalità, come è richiesto fortemente dal nostro tempo" (GS 31). Se l'impegno educativo sarà guidato da questi principi, esso offrirà sicuramente validi strumenti anche per premunire i giovani dai mali tipici della società consumistica e per aiutarli a non lasciarsi suggestionare dai miraggi illusori e micidiali che portano alla tossicodipendenza, alla devianza e alla violenza.


4. Benché a monte della Scuola si collochi il diritto e il dovere originario ed inalienabile dei genitori ad educare i figli, l'Istituzione scolastica resta uno strumento prezioso e necessario per la formazione delle nuove generazioni. Ciò suppone, com'è ovvio, una collaborazione sincera e continua tra Scuola e Famiglia per assicurare un'efficace e positiva incidenza in un settore tanto importante e delicato. Vi esorto a svolgere il servizio che vi è stato affidato non come un lavoro qualsiasi, tanto meno come un mestiere, ma piuttosto come una missione o, meglio - è parola del Concilio - come una vocazione.


5. In questa prospettiva emerge con chiarezza, carissimi fratelli e sorelle, come l'educazione della persona consista nel saper condurre il giovane alla scoperta dei valori, aiutandolo a vedere in essi non una realtà esteriore od estranea a se stesso, ma, al contrario, una componente fondamentale che qualifica l'interiorità della sua persona.

Proprio per questo è importante non dimenticare l'impegno della propria formazione permanente, sia culturale che spirituale. Ciò comporta il coraggio di rinnovarsi, aprendosi alle esigenze dei cambiamenti in atto, accogliendo i nuovi modelli e i nuovi linguaggi dei rapporti interpersonali, secondo l'insegnamento evangelico del padrone di casa che sa trarre fuori dal suo tesoro "cose nuove e cose vecchie" (Mt 13,52).

Nell'affidare alla Madre di Dio il vostro prezioso servizio e la vostra significativa testimonianza cristiana all'interno del mondo dell'educazione, affinché Ella vi sostenga con la sua protezione nelle quotidiane fatiche e negli inevitabili sacrifici, legati al vostro impegno scolastico, imparto di cuore a Voi, qui presenti, a tutti i membri della vostra Associazione, come pure agli alunni, per la cui formazione spendete le vostre energie, una speciale Benedizione Apostolica.

Data: 1992-11-20 Data estesa: Venerdi 20 Novembre 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Ai bambini della Parrocchia dei Santi Aquila e Priscilla - Roma