GPII 1992 Insegnamenti - Udienza: alla Plenaria della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica

Udienza: alla Plenaria della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica

La fecondità della vita religiosa dipende dalla qualità della vita fraterna in comune


"Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum" (Ps 133/132,1).

1. Questo è stato in sostanza l'obiettivo principale del vostro studio in questi giorni, carissimi membri della Plenaria della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Avete riflettuto insieme sul tema: "La vita fraterna in comune e la sua evoluzione alla luce del Concilio Vaticano II". Argomento particolarmente attuale, il cui risultato può incidere fortemente in ogni contesto di vita religiosa, ecclesiale e sociale. Nel compiacermi con voi per il lavoro compiuto, rivolgo un fraterno saluto al vostro Prefetto, Cardinale Eduardo Martinez Somalo, e lo ringrazio per la puntuale presentazione del tema affrontato in questi giorni di riflessione e di studio.

Saluto voi, Membri e Officiali della Congregazione che prendete parte alla Plenaria, e vi esprimo il mio apprezzamento per il contributo offerto all'attività del Dicastero. Confido che i risultati della vostra riflessione sulla vita fraterna in comune possano essere di giovamento per le persone che ne assumono l'impegno, sviluppando in tal modo un influsso positivo a vantaggio di tutta la Chiesa.


2. Nata da Dio, ogni comunità cristiana riflette in qualche modo il mistero della comunione trinitaria, che è la sua sorgente, e della comunione ecclesiale, di cui è segno. La vita fraterna è un'espressione concreta del mistero della Carità divina che il Padre ha voluto comunicare, nell'incarnazione del Figlio (cfr. Jn 3,16), a tutti gli uomini. I membri delle Comunità di vita consacrata e delle Società di vita apostolica sono chiamati a seguire "Cristo più da vicino per l'azione dello Spirito Santo" (cfr. CIC 573 §1). Questa vita accanto al Signore porta con sé un'esperienza profonda dell'amore di Gesù e il fermo proposito, che si converte in una vera passione interiore, di amare con Dio tutti quelli che Egli ama, evocando le caratteristiche del suo generoso amore. Per questo, la vita fraterna non è altro che una risposta radicale all'esortazione di San Paolo ai Filippesi: "Abbiate in voi - verso il Padre, ma anche verso i fratelli - gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù" (Ph 2,5), sentimenti che l'Apostolo descrive magistralmente nel suo inno alla carità (1Co 13,1-13). Certamente, l'amore di Cristo, accolto e vissuto autenticamente all'interno della comunità, costruisce la comunione, diventa sostegno e distintivo della fraternità, e realizza l'aspirazione missionaria di Cristo: "che tutti siano una cosa sola... perché il mondo creda..." (Jn 17,21). La chiamata a partecipare dell'amore del Signore vivendo il medesimo carisma nella "sequela Christi" è un appello e un dono gratuito di Dio. La risposta a questo invito ad edificare la comunità insieme al Signore, con quotidiana pazienza, passa lungo il cammino della croce: suppone frequenti rinunce a se stessi, in un'ascesi personale fatta di accoglienza degli altri, di condivisione dei beni e dei pesi, di accettazione delle diversità nel quotidiano superamento dei propri limiti. Suppone, a volte, lo stesso sacrificio supremo, come s'è reso evidente, anche di recente, nella vicenda di Religiosi e Religiose che hanno dato la propria vita, soprattutto in terra di missione, per amore di Cristo e della sua Chiesa. Per questo è necessario attingere continuamente alla grazia di Dio, lasciarsi guidare dalla sua Parola, alimentarsi spiritualmente dell'Eucaristia e frequentare il sacramento della riconciliazione.


3. Tutta la fecondità della vita religiosa dipende dalla qualità della vita fraterna in comune. Più ancora, il rinnovamento attuale nella Chiesa e nella vita religiosa è caratterizzato da una ricerca di comunione e di comunità. perciò la vita religiosa sarà tanto più significativa, quanto più riuscirà a costruire "comunità fraterne nelle quali si cerchi Dio e lo si ami sopra ogni cosa" (Cfr. CIC 619), e perderà invece la sua ragion d'essere ogni qual volta vi si dimentichi questa dimensione dell'amore cristiano, che è la costruzione di una piccola "famiglia di Dio" con quelli che hanno ricevuto la stessa chiamata. Nella vita fraterna si deve riflettere "la bontà di Dio nostro Salvatore e il suo amore per gli uomini" (Tt 3,4), quale si è manifestata in Gesù Cristo. Se pero si pospone questa testimonianza pubblica della vita religiosa all'azione apostolica o all'autorealizzazione personale, le Comunità religiose perdono la loro forza evangelizzatrice e non sono più quelle realtà che San Bernardo defini con bella espressione "Scholae Amoris", cioè luoghi dove s'impara ad amare il Signore e a diventare, giorno dopo giorno, figli di Dio e quindi fratelli e sorelle.


4. Non soltanto la Chiesa, ma anche la nostra società può trarre grande vantaggio dalle comunità fraterne, che sono chiamate ad essere punti luminosi di riferimento per quanti devono superare difficoltà provenienti dalla diversità di interessi, di generazione, di razza e di cultura. La Comunità religiosa può così costituire una testimonianza vivente, in mezzo a un mondo desideroso di pace e che cerca di superare i suoi conflitti. La fraternità della vita religiosa, infatti, non è un ideale astratto, irrealizzabile, ma è qualche cosa di concreto e di verificabile, un "esempio dell'universale riconciliazione in Cristo" (cfr. CIC 602). Le Comunità religiose, che annunziano con la loro vita la gioia e il valore umano e soprannaturale della fraternità cristiana, dicono alla nostra società, con l'eloquenza dei fatti, tutta la forza trasformatrice della Buona Novella. Allo stesso tempo, esse sono vere scuole superiori dedite alla formazione di donne e uomini che imparano l'amore evangelico verso i più deboli ed emarginati ed acquistano la capacità di unire uomini e donne di ogni lingua, popolo, tribù e nazione, per formare una nuova umanità plasmata dalla parola di Cristo Signore e dallo Spirito Santo.


5. Per raggiungere questa altissima mèta occorre tener costantemente presente che la vita fraterna ha lo scopo di formare una peculiare famiglia, riunita non per motivazioni umane, ma per uno speciale invito del Signore, perché nella Chiesa sia il segno visibile di quell'amore dinamico e diffusivo che intercorre tra le Tre Persone della SS.ma Trinità. perciò la vita fraterna è prima di tutto opera dello Spirito che non manca mai di agire, quando i fratelli sono "assidui e concordi nella preghiera" (cfr. Ac 1,14). Quando si prega, viene donata la capacità di costruire comunità liete, accoglienti, sollecite nel servire e nelle buone opere, tali da essere di sostegno non solo ai fratelli e alle sorelle nel cammino della Nuova Alleanza, ma anche alle altre comunità cristiane nella testimonianza della fraternità. E' questo un compito importante della comunità religiosa, compito particolarmente atteso oggi da cristiani desiderosi di vivere da veri figli di Dio in un mondo il più possibile fraterno. Testimoni privilegiati di questa "scuola di amore" sono i monasteri contemplativi, luoghi di preghiera, di silenzio e di vita fraterna evangelica.


6. Invito pertanto i Superiori religiosi e i Vescovi a non risparmiare le loro cure perché venga coltivato il prezioso dono della vita fraterna nelle comunità religiose, dono che, gelosamente custodito e accresciuto, deve brillare con particolare intensità, per essere utile alla Chiesa nella sua missione evangelizzatrice e costituire una visibile testimonianza dell'amore misericordioso e unificante del Signore.

Affido alla Vergine Maria i lavori della vostra Congregazione Plenaria; Lei che visse in pienezza la comunione nella Famiglia di Nazareth, e che continua anche oggi a formare una famiglia spirituale tra coloro che la cercano come madre ed educatrice, sorregga e guidi le Comunità religiose nell'impegno di realizzare fra i loro membri una vera fraternità di fede, di carità e di zelo apostolico per la dilatazione del Regno.

Con questi sentimenti, imparto a voi e a tutte le Comunità di vita consacrata e alle Società di vita apostolica sparse nel mondo la mia affettuosa Benedizione.

Data: 1992-11-20 Data estesa: Venerdi 20 Novembre 1992

Visita "ad limina": ai Presuli della provincia ecclesiastica di Braga della Conferenza Episcopale Portoghese - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Privilegiare nel clero una presenza di condivisione e di vicinanza al gregge affidatogli da Gesù Cristo

Carissimi fratelli nell'Episcopato,


1. Benvenuti alla Sede di Pietro, in occasione della vostra visita quinquennale ad Limina. All'inizio di questo nostro incontro, permettetemi di ricordare il mistero della riconciliazione universale nel Verbo Incarnato, celebrato nella Solennità di Cristo Re, che ha luogo in questi giorni: "Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli" (cfr. Col 1,19-20). Per attuare questo disegno divino, siamo stati chiamati e consacrati come suoi messaggeri e mediatori a beneficio dell'umanità di oggi. Dopo essermi incontrato con ognuno di voi nei giorni scorsi, sono felice di potervi ora salutare tutti insieme, e rendo grazie al Signore per questa ulteriore occasione che mi viene offerta di entrare in contatto, tramite voi, con le varie diocesi della Provincia Ecclesiastica di Braga, alcune delle quali ho già avuto il piacere di visitare. A tutte loro va il mio saluto affettuoso e sincero. Lo rivolgo in particolare ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, al laicato cristiano, alle famiglie, ai giovani e ai malati. Sono venuto a conoscenza delle speranze, delle inquietudini e delle sfide che caratterizzano l'ora attuale delle vostre comunità cristiane, tramite le relazioni inviate e i colloqui personali che abbiamo avuto. A questo ha appena fatto allusione l'Arcivescovo di Braga nell'affettuoso saluto che, a nome di tutti, mi ha rivolto. Grazie, Mons. Eurico, per i sentimenti di devozione e solidarietà testimoniati alla persona e al ministero del Papa! Da parte mia, abbraccio cordialmente tutti voi, approfittando di questo momento per ringraziarvi, a nome della Chiesa, per il lavoro che portate avanti con tanto zelo, e per esortarvi ad una maggiore fiducia e solidarietà tra le varie componenti della Chiesa in Portogallo.


2. Essa, obbedendo all'opzione che lo Spirito Santo le ha ispirato per la fine del secondo millennio, rivela un forte e generoso impegno nell'evangelizzazione e nel rinnovamento della fede delle comunità cristiane, in particolare delle parrocchie, elemento fondamentale nel tessuto delle diocesi. Con la grazia di Dio, esse si stanno consolidando come promotrici di una catechesi permanente e integrale, di una celebrazione liturgica viva e partecipata, di un servizio caritativo efficace e solidale con i più bisognosi. Questa maturazione cristiana delle comunità si sta concretizzando in una maggiore disponibilità apostolica da parte dei fedeli laici.

Di fatto, una volta vinta la tendenza all'appropriazione soggettiva della fede, molti di essi sembrano oggi disposti a dare il meglio di se stessi per rendere possibile un momento di incontro, dialogo e collaborazione nel discernimento evangelico dei problemi e nella soluzione di questi ultimi. Costituiscono un esempio di questo il Sinodo, tuttora in corso, nella diocesi di Aveiro, la Settimana Sociale 1991, i Congressi diocesani e quello nazionale sui fedeli laici.

In questo siete stati testimoni delle meraviglie che lo Spirito continua oggi a realizzare in mezzo a voi, sensibilizzando e facilitando l'impegno dei credenti per la missione universale. Infatti, avete potuto raccogliere dalle labbra di molti di loro la generosa offerta personale: "Eccomi, manda me!" (cfr. Is 6,8). Il Papa si congratula vivamente con voi per il forte senso di appartenenza alla Chiesa e per la crescente coscienza missionaria e profetica della quale stanno dando prova i cristiani portoghesi, accompagnati dal conseguente desiderio e da un'apertura alla formazione cristiana e al rafforzamento della loro vita spirituale.


3. Gesù Cristo conta su di voi e sui vostri sacerdoti per illuminare i laici cristiani e confermarli come Suoi apostoli forti e decisi nel proclamare il Vangelo in tutta la sua integrità, nelle circostanze più varie. Per questo non vi stancate di accoglierli e sostenerli, aiutandoli fraternamente a conoscere e servire il Signore, presente nella comunità ecclesiale. Potrete in tal modo superare quel sentimento di inquietudine che tuttora trova spazio nell'ambito dei rapporti tra il clero e i laici cristiani. Essi si lamentano della mancanza di orientamento e d'aiuto, talvolta anche del disinteresse, se non addirittura dell'ostruzione, da parte dei sacerdoti, in quello che si riferisce alla loro crescita umana e cristiana. Da parte loro, i sacerdoti accusano mille difficoltà e limitazioni nella cura dei fedeli, non ultimo il peso degli anni e il sovraccarico pastorale che impedisce loro di prestare aiuto adeguatamente a tutti.




4. Cari fratelli, la nuova evangelizzazione aspetta i suoi profeti e i suoi apostoli. La pastorale vocazionale comincia a produrre i suoi frutti, con una maggiore fioritura di vocazioni e un timido aumento delle ordinazioni sacerdotali.

Tuttavia, salta all'occhio la sproporzione tra il numero di sacerdoti disponibili e le reali necessità pastorali del Popolo di Dio. Per questo, senza la formazione permanente dei sacerdoti di oggi, la rievangelizzazione non potrà andare avanti.

Questo costituisce un aspetto fondamentale della crescita della Chiesa. Vi incoraggio a dare piena attuazione alle indicazioni dell'Esortazione Apostolica post-sinodale Pastores Dabo Vobis, sempre fiduciosi nella promessa divina che vi "dà pastori secondo il suo cuore" (PDV 82), tra quelli di ieri, di oggi e di domani: i sacerdoti di sempre. Tutti loro sono chiamati "alla singolare urgenza della loro formazione nell'ora presente: la nuova evangelizzazione ha bisogno di nuovi evangelizzatori, e questi sono i sacerdoti che si impegnano a vivere il loro sacerdozio come cammino specifico verso la santità" (PDV 82). così, vinta qualsiasi tentazione di predominio o di potere sui fedeli che ancora potesse sussistere, e superati i preconcetti e i risentimenti del passato, i presbiteri si impegnino generosamente nell'edificazione del Corpo di Cristo, valorizzando la pluralità dei ministeri e la provvidenziale ricchezza dei carismi, che lo Spirito Santo non cessa di far fiorire nella comunità. Si ricordino di essere stati collocati alla testa del Popolo di Dio, quali amministratori fedeli e saggi, per distribuire a tempo debito la razione di cibo (cfr. Lc 12,42). Una lettura ricca di fede dei cammini della Divina Provvidenza garantirà loro che questo è il tempo giusto e propizio, per il quale essi furono preparati e inviati.


5. Per questo, riproducendo in se stessi la figura del Buon Pastore - che in essi fu impressa dall'Ordinazione sacerdotale - i Pastori riescano a conoscere le proprie pecore affinché anch'esse li possano riconoscere e udire (cfr. Jn 10,14-16): sviluppino un maggior contatto con i fedeli, "condividendo le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce, soprattutto dei poveri e di tutti coloro che soffrono" (cfr. GS 1), conquistando la loro fiducia e la loro amicizia. In questa attenzione e in questa vicinanza del Pastore, dovrà essere sempre più prioritaria la famiglia. Purtroppo, continuano ad aumentare i segnali del suo declino, tanto nella sua unità e perseveranza, quanto nella generosità nel trasmettere la vita, nel salvaguardarla e nell'educazione ad essa. So quanto voi vi siate impegnati in questo campo, ma, di fronte all'atteggiamento di rifiuto, sfiducia o semplice sospetto che continua a predominare nei confronti del piano divino per la famiglia annunciato dalla Chiesa, è giusto chiederci se le parrocchie stiano dando la risposta corretta e adeguata alle reali carenze e ai drammi dei coniugi, dei genitori e dei figli. Dobbiamo tener loro la porta aperta e avere il cuore solidale: adoperiamo "ogni sforzo perché la pastorale della famiglia si affermi e si sviluppi, dedicandosi ad un settore veramente prioritario, con la certezza che l'evangelizzazione, in futuro, dipende in gran parte dalla Chiesa domestica" (FC 65). Per questo, il sacerdote visiti le famiglie, e condivida le loro gioie e i loro dolori; incrementi nella parrocchia la formazione di gruppi di spiritualità familiare e di reciproco aiuto coniugale; la comunità parrocchiale appaia come una famiglia di famiglie, dove sia loro dedicato il meglio delle loro risorse.


6. Senza questa solidarietà concreta, senza un'attenzione perseverante alle necessità spirituali e materiali dei fratelli fino a farle proprie, senza orientare la comunità verso la soluzione delle stesse, non esiste vera fede in Cristo (cfr. Jc 2,14-17), in questo contesto non si è realizzata ancora pienamente la dimensione socio-caritativa della Chiesa che quest'ultima definisce come Buon Samaritano rivolto all'umanità. Essa si rivela oggi più sensibile a questo servizio della carità, come via principale per scoprire l'amore infinito di Dio Padre. Per questo, i credenti cerchino seriamente di dar testimonianza dell'amore che, attraverso lo Spirito Santo, fu versato nei loro cuori (cfr. Rm 5,5). Non potendo menzionare tutte le realizzazioni ecclesiali sotto questo profilo della carità, vorrei per lo meno riportare qui il contributo degli Istituti Religiosi Maschili e Femminili i cui carismi fondanti per la maggior parte rappresentano risposte concrete alle richieste di aiuto dell'umanità dell'epoca della loro fondazione; oggi la loro azione congiunta e feconda riesce a dar vita a realizzazioni meravigliose e decisive nel campo dell'istruzione, dell'assistenza e dell'apostolato.


7. La presenza e l'azione apostolica di tanti religiosi e religiose che operano nelle vostre diocesi sono una grande ricchezza che deve essere più efficacemente riconosciuta e valorizzata nei compiti specifici che nascono dai loro carismi.

Anche questo rappresenta un punto cruciale nella concretizzazione del progetto comune della rievangelizzazione del Portogallo, non solo nel senso che la Chiesa può contare su numerosi e qualificati evangelizzatori, ma soprattutto perché gli uomini e le donne di oggi si mostrano assolutamente carenti di tali testimonianze vive, che diffondano i valori di santità, di preghiera e di contemplazione, di servizio generoso e totale che la consacrazione religiosa esprime. La prossima Assemblea Sinodale, come è stato annunciato, sarà loro dedicata. Auspico che il cammino percorso insieme, nella preparazione e nella partecipazione al sinodo per i religiosi vi permetta una sempre maggiore coordinazione tra gli Istituti di Vita Consacrata e la gerarchia, nella prospettiva di una presenza più organica e visibile dei religiosi e delle religiose nella vita della comunità ecclesiale della quale rappresentano il carattere profetico.


8. Venerati fratelli nell'Episcopato, costruite l'unità nelle verità e nella carità, tra i laici e i sacerdoti, tra i diversi componenti della parrocchia e i suoi Pastori, tra i Pastori e i Religiosi, e ancora tra le diocesi stesse, secondo la raccomandazione conciliare: "I vescovi, infine, nell'universale comunione della carità, offrono volentieri un fraterno aiuto alle altre chiese, specialmente alle più vicine e più povere" (LG 23). Vi esorto a proseguire in questo cammino di avvicinamento e di solidarietà ecclesiale, sempre nel pieno rispetto dell'autonomia di ogni Vescovo locale e della necessità di incarnazione della Chiesa in ogni sensibilità e cultura: l'evangelizzazione della società della vostra Nazione non sarà possibile senza che sia colmato il grande divario che continua a esistere tra le diocesi portoghesi. Sono certo che evitando le insidie di un certo tipo di malintesa autonomia, che potrebbe, dinnanzi all'evidenza dei fatti, dimostrarsi inutile o inefficace, riuscirete a trovare il modo di dar loro più attenzione, eventualmente considerando come Sorelle gemelle le diocesi portoghesi più povere di mezzi e con minor capacità di affermare la loro presenza nel tessuto sociale della regione; questo naturalmente senza che voi dimentichiate gli orizzonti sempre più vasti della missione "ad gentes", che già caratterizzarono l'anima e la cultura cristiana portoghesi e per le quali la Chiesa intera vi è immensamente grata.


9. Carissimi fratelli, siamo stati chiamati e consacrati dallo Spirito Santo per essere oggi i messaggeri e i mediatori della riconciliazione dell'umanità in Gesù Cristo Re! Insieme a voi, ho voluto stringere al cuore e incoraggiare gli attuali agenti di questo disegno di salvezza, a cui è stato concesso di testimoniare quotidianamente l'amore di Dio alla ricerca dell'uomo.

Il Signore vi chiama a un'opera sempre più intensa e coraggiosa! Con Maria Santissima, proseguite fiduciosi nella vostra missione. Non posso concludere questo incontro senza affidarvi a Lei, in questo anno che celebra le Apparizioni a Fatima: depongo i vostri progetti e i vostri affanni ai suoi piedi, vittoriosi sul serpente maligno. Che Nostra Signora protegga voi così come le vostre diocesi, dia sostegno al vostro sforzo e renda fecondo il vostro ministero apostolico! Vi accompagni anche la mia Benedizione che vi imparto volentieri e che estendo con vivo affetto a ognuna delle Comunità diocesane.

Data: 1992-11-20 Data estesa: Venerdi 20 Novembre 1992

Udienza: ai partecipanti al II Convegno Nazionale dei Catechisti promosso dalla CEI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La ricchezza del Vangelo e la mutevolezza sociale richiedono al catechista di essere sempre in cammino




1. "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo... Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,13-16). Con le parole stesse di Gesù do a voi il mio affettuoso saluto, carissimi catechisti, come riconoscimento che la Chiesa vi deve per quello che siete e per quello che fate. Con voi saluto il Cardinale Camillo Ruini e gli altri miei fratelli Vescovi qui presenti, che in voi trovano cooperatori preziosi e qualificati nel servizio del Regno, e da voi attingono motivi di fiducia per gli impegni della nuova evangelizzazione.


2. Rendo grazie al Signore, insieme con voi, cari catechisti, per la vostra numerosa presenza e per la vasta schiera di Religiosi e laici, di uomini e donne delle Diocesi d'Italia, che qui rappresentate. E' uno spettacolo bello e confortante, che apre il cuore a legittime speranze. Non possiamo tuttavia dimenticare i tanti problemi che circondano questo servizio ecclesiale agli adulti, così indispensabile e così esigente. Quanti sono gli adulti che le nostre comunità riescono effettivamente a raggiungere ed incontrare? Si può ritenere adeguata la formazione di chi, in risposta alla chiamata di Dio, assume tale impegno? Un giorno, presso Cesarea di Filippo, Gesù chiese ai discepoli che cosa la gente, gli adulti del suo tempo pensavano di lui. Risulto che lo ritenevano un grande uomo, persino un profeta, ma nessuno era capace di riconoscere la vera identità del Maestro di Nazareth. Gesù, allora, si rivolse direttamente a coloro che lo avevano seguito ed erano stati sempre con lui, e domando: "Voi, chi dite che io sia?". E Pietro rispose, a nome di tutti: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,15-16). Pietro, aperto alla grazia di Dio, nel suo atto di fede accolse pienamente il mistero di Gesù il Messia, il Figlio di Dio fatto uomo.

La parola di Pietro non era una formula teorica, ma il riconoscimento del progetto di salvezza di Dio per il mondo. Il suo era un maturo atto di fede; su di esso il primo Apostolo impegno tutta la propria vita di pastore e di evangelizzatore, fino alla morte.


3. Lo dico con trepidazione: anche tra i cristiani di oggi si notano talvolta incertezze, o addirittura errori, più spesso una diffusa ignoranza a riguardo dell'integrale e genuina fede di Pietro e della Chiesa. Non è così per voi.

Catechista degli adulti è anzitutto colui che ha per sé la grazia di una fede adulta, perché, con Pietro, sa confessare ogni giorno: "Tu, Gesù, sei il Messia, il Figlio del Dio vivente". Verificate, dunque, la vostra fede con quella della Chiesa, l'intelligenza che ne avete, l'adesione che ad essa date, la condotta di vita che da essa scaturisce. Vi sarà d'aiuto in ciò il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica. Mediato dall'azione lungimirante dei vostri Vescovi, sarà per voi riferimento sicuro nell'annuncio della fede. Strumento privilegiato di tale mediazione sarà certamente il Catechismo degli adulti, che la Conferenza Episcopale Italiana sta preparando, in piena sintonia con questa Sede Apostolica.


4. Essere adulti nella fede è essere missionari; o, come dice il titolo del vostro Convegno, essere adulti significa essere "testimoni del Vangelo nella città degli uomini". Parole grandi e attuali. Il cammino del Regno di Dio non si è fermato: per vie diverse, nelle situazioni più varie, Dio va toccando il cuore di uomini e donne del nostro tempo, disponendoli alla verità del Vangelo. Ciò traspare dalle tante domande di verità e di senso che, in forme diverse, emergono nella nostra società: dalla ricerca inquieta di risposte profonde, dall'aspirazione ad una convivenza più giusta e fraterna, dalla dedizione alla cura dei poveri e dei deboli, in un tempo di avidità egoistica e consumistica... Chi darà a questi fratelli e sorelle la pienezza della verità cui anelano? Come testimoniare alla "città degli uomini" che il Vangelo è parola ed evento di autentica liberazione, perché redime l'uomo dal suo limite più profondo e genera autentica novità di vita?


5. Intuite subito come emerga qui un altro tratto della vostra identità di catechisti adulti nella fede. Come fece Gesù sulla strada di Emmaus, occorre dosare ascolto e parola, pazienza e coraggio, accoglienza e stimolo, fede in Dio e amore alle persone. Anche qui San Pietro ha qualcosa da dirci di notevole valore missionario e di straordinaria attualità: "Non vi sgomentate per paura di loro (di quanti, cioè, vi avversano), né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza" (1P 3,14-16). E' un programma che lascio al vostro approfondimento, come fonte e verifica della maturità del vostro servizio di adulti ad adulti: il coraggio della proposta in un contesto di indifferenza o di ostilità, l'amore e il rispetto verso tutti, il legame tra fede e vita che rende autentica la testimonianza.


6. Il catechista degli adulti nasce da lontano: è frutto di una chiamata del Signore a cui si risponde mediante una intensa formazione. E' facile, invece, la tentazione, quanto mai deleteria per chiunque - Sacerdote, Religioso, laico -, di procedere fidandosi di quanto si è già appreso, come pure di astrarre dalla reale situazione della gente, muovendosi secondo schematismi deformanti. La ricchezza del Vangelo e la mutevolezza del contesto sociale richiedono al catechista di essere sempre in cammino: di mettersi in ascolto della Parola di Dio e, insieme, delle persone che incontra; di cercare come comunicare con gli uomini e le donne del nostro tempo; di testimoniare la propria fede senza sottostare ai condizionamenti riduttivi dell'ambiente. Ai Sacerdoti, primi e insostituibili catechisti degli adulti, e insieme indispensabili formatori degli stessi catechisti laici, vorrei ricordare quale importanza abbia la loro formazione permanente per un'efficace azione sugli adulti: formazione umana, spirituale, intellettuale, pastorale (cfr. PDV 71-78). "Solo la formazione permanente aiuta il prete a custodire con vigile amore il "mistero" che porta con sé per il bene della Chiesa e dell'umanità" (PDV 72). Invito Religiosi e Religiose a porsi in atteggiamento di accoglienza di quanto a riguardo della loro formazione dirà l'Assemblea Generale dei Vescovi italiani nell'autunno '93 e poi la prossima Assemblea del Sinodo dei Vescovi della Chiesa universale, per essere con la loro stessa esistenza segno credibile del mistero che annunciano. Ai laici ricordo che la formazione permanente come catechisti deve inserirsi nel cammino in cui matura la loro personale vocazione e missione quali membri della Chiesa e insieme cittadini della società civile (cfr. CL 57-60); un ruolo specifico in questa formazione ricopre la famiglia, essa stessa itinerario di fede e scuola di sequela di Cristo.


7. Posso tacere che servire il Vangelo sulla strada indicata significa incontrare la croce, come il Maestro, come l'Apostolo? Anche questo è un grande, decisivo segno di maturità cristiana.

Fare catechesi degli adulti non è impegno da poco e di poco prezzo. La sofferenza vostra non sarà pero la tristezza di sconfitti, ma la prova di una misteriosa identificazione col Signore crocifisso e risorto.

Lo scrive San Pietro ai primi cristiani. Oggi le sue parole risuonano per voi, catechisti della nuova evangelizzazione degli adulti del nostro tempo: "perciò siate ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po' afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, ... torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo: voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la mèta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime" (1P 1,6-9).

Con questi sentimenti di gioia e di speranza, mentre affido il vostro ministero catechistico all'intercessione di Maria, prima portatrice del Verbo all'umanità, imparto a voi, alle vostre comunità, alle vostre famiglie, agli adulti che accompagnate sulla via della fede, la mia affettuosa Benedizione.

Data: 1992-11-21 Data estesa: Sabato 21 Novembre 1992




Udienza: ai partecipanti alla Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I disabili hanno il diritto di essere accolti nella società e di diventare autentici protagonisti della loro esistenza

Signor Cardinale, Venerati fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio, Illustri Signore e Signori!


1. Sono lieto di poter rivolgere anche quest'anno il mio saluto ai partecipanti alla Conferenza Internazionale, promossa e preparata dal Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari sul tema "Le vostre membra sono Corpo di Cristo. I Disabili nella Società". Questo annuale appuntamento di riflessione e di studio, mentre suscita un crescente interesse nei diversi ambiti sociali, sempre più si propone come occasione di incontro per un fruttuoso scambio di esperienze fra persone impegnate nella ricerca di mezzi adeguati per la soluzione dei problemi più gravi che affliggono tanta parte del genere umano. Saluto con gratitudine gli illustri ospiti qui convenuti da diverse nazioni - scienziati, ricercatori, medici, sociologi, teologi, studiosi e operatori sanitari -, i quali offrono il contributo delle loro indagini e delle loro esperienze, maturate in anni di dedizione solerte e responsabile. Saluto, in particolare, il Signor Cardinale Fiorenzo Angelini, attivo Presidente del Pontificio Consiglio, ed i suoi collaboratori, come pure tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito alla riuscita di quest'importante Congresso Internazionale.


2. Il problema dei disabili è comune a tutti i Paesi. Le persone portatrici di handicap sul piano fisico o psichico assommano in effetti a circa cinquecento milioni, ma molti di essi, purtroppo, non beneficiano ancora dei servizi necessari. Fattori di rischio e gravi disagi di riadattamento si registrano specialmente nei Paesi in via di sviluppo, dove, secondo alcuni dati autorevoli, vive l'85% dei disabili, e dove un'alta percentuale di handicap, come ad esempio la cecità, è causata da malattie endemiche e da condizioni sanitarie subumane. I frequenti conflitti e le calamità naturali ne hanno moltiplicato il numero. Penso, in particolare, ai bambini, alle donne e agli anziani, come pure alle gravi condizioni in cui versano gruppi considerevoli di profughi e di rifugiati disabili. Anche nei Paesi industrializzati il numero degli handicap, favoriti dal diffondersi di modelli di sviluppo che negano o disattendono la dignità della persona umana, è elevato e in alcune regioni persino in aumento. Basti pensare alle conseguenze derivanti dagli incidenti stradali, dagli infortuni sul lavoro non protetto, dall'abbandono dei minori. Molti portatori di handicap, poi, fragili e non di rado mortificati dalla consapevolezza della loro minorazione, si sentono ignorati nelle loro difficoltà e sono spinti a condurre di fatto un'esistenza emarginata. L'opinione pubblica, che pur consacra spazio e attenzione a temi, mode e costumi talora effimeri, non dedica tutto l'interesse dovuto ad un così grave problema. Non mancano, pero, iniziative lodevoli volte a sensibilizzare la società nei confronti di tali problematiche e a sostenere i portatori di handicap nel superamento della loro condizione di emarginazione e nell'inserimento a pieno titolo nella comunità. La legislazione di molte nazioni ha operato notevoli passi a tale riguardo, promovendo con scelte attente e coraggiose la cultura dell'accoglienza e favorendo la progressiva integrazione sociale di queste persone.


3. Anche voi, nelle lezioni e riflessioni, nello scambio di esperienze e di opinioni di queste giornate, avete studiato il tema dei disabili, approfondendone gli aspetti antropologici, clinici, morali, tecnici, sociali, giuridici e religiosi. Avete rilevato che, nel contesto di una ritrovata coscienza sociale e sanitaria, è possibile, mediante l'ausilio della scienza e della tecnologia, attuare una più qualificata assistenza sociale e sanitaria soddisfacendo le varie istanze ed esigenze dei disabili e spesso anche prevenendo lo stesso insorgere degli handicap fisici o psichici. Se in questo campo molto è stato fatto pur tra difficoltà e ostacoli, molto resta ancora da fare perché siano definitivamente superate le barriere culturali, sociali e architettoniche che impediscono ai disabili il soddisfacimento delle loro legittime aspirazioni. Occorre far in modo che essi possano sentirsi a pieno diritto accolti nella comunità civile, essendo loro accordata l'effettiva opportunità di svolgere un ruolo attivo nella famiglia, nella società e nella Chiesa. Non basta quindi un'assistenza discrezionale affidata alla generosità di alcuni; è necessario che vi sia il coinvolgimento responsabile, a vari livelli, dei componenti dell'intera comunità.


4. Ogni persona umana - la legislazione internazionale lo riconosce chiaramente - è soggetto di diritti fondamentali che sono inalienabili, inviolabili e indivisibili. Ogni persona: quindi anche il disabile. Questi, tuttavia, a causa del suo handicap, può incontrare particolari difficoltà nell'esercizio concreto di tali diritti. Ha perciò bisogno di non essere lasciato solo. Nessuno meglio del cristiano è in grado di capire il dovere di un simile intervento altruistico. A lui infatti san Paolo, parlando della Chiesa, Corpo mistico di Cristo, ricorda che "se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui" (1Co 12,26). Questa rivelazione illumina dall'alto anche la società umana e fa capire che, all'interno delle strutture, la solidarietà dev'essere il vero criterio regolatore dei rapporti fra individui e gruppi. L'uomo, ogni essere umano, è degno sempre del massimo rispetto ed ha il diritto di esprimere appieno la propria dignità di persona. In tale ottica la famiglia, lo Stato, la Chiesa - ciascuna entità nell'ambito della propria natura e dei propri compiti - sono chiamate a riscoprire la grandezza dell'uomo ed il valore della sofferenza, "presente nel mondo per sprigionare amore... per trasformare tutta la civiltà umana nella civiltà dell'amore" (Salvifici Doloris, 30). Alla famiglia, allo Stato e alla Chiesa - strutture portanti dell'umana convivenza - è domandato un peculiare contributo, perché si sviluppi la cultura della solidarietà e perché i portatori di handicap possano divenire autentici e liberi protagonisti della loro esistenza. La famiglia, anzitutto, che è il santuario dell'amore e della comprensione, è chiamata a condividere più di ogni altro la condizione dei più deboli, a riscoprire il proprio ruolo determinante nella formazione del disabile, in vista del suo recupero fisico e spirituale e del suo effettivo inserimento sociale. Essa costituisce il luogo naturale della sua maturazione e della sua crescita armoniosa verso quell'equilibrio personale ed affettivo che risulta indispensabile per l'instaurazione di adeguati contatti e rapporti con gli altri. Un compito ugualmente importante spetta poi allo Stato, il quale misura il proprio livello di civiltà sul metro del rispetto con cui sa circondare i più deboli tra i componenti della società. Tale rispetto deve esprimersi nell'elaborare e nell'offrire strategie di prevenzione e di riabilitazione, nel ricercare e nell'attuare tutti i possibili percorsi di recupero e di crescita umana, nel promuovere l'integrazione comunitaria nel pieno rispetto della dignità della persona, favorendo nel disabile - come già ho avuto occasione di ricordare - "la partecipazione alla vita della società in tutte le sue dimensioni e a tutti i livelli accessibili alle sue capacità: famiglia, scuola, lavoro, comunità sociale, politica, religiosa" (, vol. VII/2, 1984, p. 398). Dovere e diritto di intervenire nella delicata materia ha anche la Chiesa, che, guidata dall'esempio e dall'insegnamento del suo Signore, non ha mai cessato di prodigarsi a servizio dei più deboli. Basti accennare alle non poche benemerite Istituzioni religiose maschili e femminili, nonché alle Associazioni di fedeli laici sorte nei secoli con lo specifico carisma della cura dei portatori di handicap. Questa attenzione a chi è nel bisogno deve sempre più coinvolgere l'intera comunità ecclesiale, così che ciascuno, ed in particolare, il soggetto in difficoltà, possa trovare piena integrazione nella vita della famiglia dei credenti. Ai disabili rinnovo qui il messaggio formulato dall'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi nel 1987: "Contiamo su di voi per insegnare al mondo intero che cos'è l'amore" (Messaggio al Popolo di Dio, n. 13: in "L'Osservatore Rom.", 30.X.1987, p. 4).


5. Apprezzamento e gratitudine meritano, poi, gli sforzi compiuti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e da altri Organismi delle Nazioni Unite gli interventi condotti ormai da molti anni in questo settore per la ricerca sulle cause degli handicap, per l'informazione e gli incontri di studio, per le consulenze interregionali, il coordinamento e lo sviluppo dei servizi, per la promozione del riadattamento, l'educazione e la formazione professionale del personale sanitario, educativo e socio-assistenziale. Vivo plauso va inoltre rivolto all'Organizzazione delle Nazioni Unite per aver proclamato, il 14 ottobre scorso, la "Giornata Internazionale delle persone handicappate", stabilendo che essa sia celebrata ogni anno il 3 dicembre. Provvida iniziativa, che opportunamente s'affianca alla "Giornata Mondiale del Malato", che la Chiesa cattolica, a partire dal prossimo undici febbraio, celebrerà annualmente nel giorno dedicato alla Beata Vergine di Lourdes. Suo intendimento è di suscitare nei credenti e in tutte le persone sensibili una più intima partecipazione alle sofferenze di ogni essere umano senza distinzione di razza, cultura, religione, coinvolgendo, per quanto possibile, l'opinione pubblica in una maggiore attenzione all'uomo sofferente in vista di un più valido servizio alla vita. Come non ricordare, poi, l'apporto dato a tale causa dalle Organizzazioni non governative e di categoria, e il meraviglioso contributo offerto dal Volontariato, con una presenza che in molti casi si è rivelata determinante per la soluzione di problemi umani anche complessi? Vorrei pertanto rendere merito ai tanti volontari che con encomiabile spirito di servizio offrono gratuitamente le loro risorse, il loro tempo, la loro disponibilità per venire incontro alle necessità dei disabili. Di gran cuore li incoraggio a proseguire nella loro azione, che è eloquente testimonianza di fede ed insieme esperienza singolare di un incontro diretto con Cristo, presente nelle persone provate dalla malattia (cfr. Mt 25,40).


6. Né vorrei dimenticare il compito della scienza e della medicina, chiamate a congiungere i loro sforzi per migliorare le condizioni fisiche dei disabili ed accrescere in loro la speranza di ricupero e di attivo inserimento sociale.

Scienziati, medici, infermieri, tecnici sono chiamati a fare il possibile per umanizzare l'assistenza terapeutica, ben sapendo che, nei portatori di handicap, limitazione fisica e difficoltà psichica postulano un convergente e responsabile impegno da parte di tutti.


7. Le parole che accompagnano il tema di questa Conferenza Internazionale - "Le vostre membra sono Corpo di Cristo" - non sono un'espressione retorica, ma una precisa verità rivelata (cfr. 1Co 6,15), da cui si evince un chiaro programma di vita. L'handicap, ogni forma di handicap, non intacca mai la dignità della persona né il suo diritto alla migliore qualità dell'esistenza. Lo dimostrano, tra l'altro, i risultati ottenuti nella stesse discipline sportive: aprendosi giustamente ai disabili, esse hanno offerto loro motivi di legittima ed esemplare fierezza e sono divenute così celebrazione di autentici valori di recupero fisico e spirituale. Le recenti Olimpiadi di Barcellona ne hanno costituito una nuova e splendida prova.

"Voi siete membra del Corpo di Cristo": il corpo del Risorto! Ecco il vero fondamento di una indistruttibile dignità! Una dignità che resiste anche allo scacco della morte. E' detto infatti: "Questo nostro corpo corruttibile si vestirà di incorruttibilità; questo nostro corpo mortale si vestirà di immortalità" (Cfr. 1Co 15,52).

Illustri Signore e Signori, nella prospettiva luminosa che la parola di Dio apre davanti agli occhi della fede, rivolgo a ciascuno un caldo invito a perseverare nella dedizione alla nobile causa della promozione dei disabili. La Vergine Santissima, Stella del nostro pellegrinaggio sulla terra, vi accompagni e susciti nell'animo di ogni uomo sentimenti di fraterna condivisione, così che dall'incontro tra la sofferenza e l'amore scaturisca e si affermi nel mondo il valore della solidarietà, sorgente inestinguibile di giustizia e di carità.

Iddio fecondi con la sua grazia gli orientamenti e i propositi maturati nel corso di questi giorni e su tutti voi qui presenti, come pure su quanti hanno preso parte ai lavori della vostra Assemblea, scenda l'Apostolica Benedizione, auspicio di rinnovato impegno al servizio del Vangelo della speranza.

Data: 1992-11-21 Data estesa: Sabato 21 Novembre 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Udienza: alla Plenaria della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica