GPII 1992 Insegnamenti - Lettera al Cardinale Roger Michael Mahony - Città del Vaticano (Roma)

Lettera al Cardinale Roger Michael Mahony - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una devozione mariana fervente

Al venerabile fratello nostro, S.R.E. card. Roger Michael Mahony, Arcivescovo di Los Angeles, California.

Abbiamo consapevolezza chiara e fondata dell'enorme importanza che nella società e nella Chiesa stessa riveste la famiglia, cui la dottrina cattolica e l'attività pastorale sono solite dedicare grandissima attenzione. Certamente la preghiera comune e specialmente il culto mariano hanno grande efficacia nel rendere saldo il vincolo familiare.

Sono peraltro trascorsi cinquant'anni da quando mosse i suoi primi passi una iniziativa che prende il nome di "Family Rosary Crusade". Fu il padre Patrick Peyton, membro della Congregazione della Santa Croce, a dare allora l'avvio a questo progetto, per un'ottima causa, che la Madre celeste fosse venerata, con l'ausilio della corona del rosario, e dispensasse così i suoi aiuti celesti.

Noi desideriamo che questa testimonianza cristiana sia rafforzata e consolidata anche nel nostro tempo. Pertanto apprendiamo con gioia che sarà celebrato convenientemente il cinquantesimo anniversario di quest'opera, così che la famiglia cristiana fiorisca sempre di più, seguendo e imitando l'esempio di Maria, e raggiunga la perfezione delle virtù domestiche.

Così, perché questa commemorazione si svolga in modo più solenne e fecondo, abbiamo stabilito di inviare una persona eminente a rappresentare la persona nostra e parimenti manifestare la nostra benigna esortazione e il nostro pensiero devoto a Maria. Abbiamo rivolto dunque a lei, venerabile fratello nostro, il pensiero e l'animo nostro, poiché lei ci è sembrato adatto per assumersi questo incarico e compierlo adeguatamente. La nominiamo perciò inviato speciale alla commemorazione del cinquantesimo anniversario di quella istituzione che è la "Family Rosary Crusade". Come sarà richiesto dall'occasione stessa, parlerà della preghiera del rosario e porterà la nostra voce, perché i fedeli acquistino un animo rinnovato e, per il futuro, una devozione mariana più fervente.

Manifesterà infine a tutti la nostra benevolenza, che abbracci tutti, consoli le pene di tutti e allieti tutte le famiglie. Vogliamo infine recare generosamente a tutti i partecipanti alla commemorazione la nostra benedizione apostolica, preannuncio e sicuro documento di grazie divine.

Città del Vaticano, 21 novembre 1992, anno quindicesimo del nostro pontificato.

(Traduzione dal latino)

Data: 1992-11-21 Data estesa: Sabato 21 Novembre 1992

Beatificazione di ventidue sacerdoti, tre laici e M. Maria de Jesus Sacramentato Venegas - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Con la loro morte i martiri messicani hanno suggellato nel nostro secolo la verità della Croce e del Regno di Dio




1. "Con il sangue della sua croce" (Col 1,20). Nell'odierna solennità la Chiesa proclama che Cristo Re è "generato prima di ogni creatura. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. Egli è... il principio. Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose" (Col 1,15 Col 1,17-20). E proprio per abbracciare questa pienezza, cioè l'universale dimensione del regno di Cristo, la Chiesa rivolge il suo sguardo alla croce. Il regno di Cristo, infatti, si è compiuto per mezzo della croce: "Con il sangue della sua croce" (Col 1,20). Sulla croce di Gesù fu posta una scritta che doveva rendere noto il motivo della sua condanna a morte: "Questi è il re dei Giudei" (Lc 23,38). Per alcuni essa fu oggetto di scherno, ma per il buon ladrone, che aveva subito la stessa condanna, divento fonte di speranza: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno" (Lc 23,42).


2. così, sul Calvario, la verità relativa al regno di Cristo fu annunciata a voce alta tra i supplizi della crocifissione. Nel nostro secolo, questa stessa verità è stata suggellata con la morte dei martiri messicani, che la Chiesa oggi eleva alla gloria degli altari: "Con il sangue della sua croce" anch'essi hanno testimoniato Cristo come Re ed hanno proclamato il suo regno per l'intera loro patria, che in quel tempo era messa alla prova da una sanguinosa persecuzione. Ecco come l'odierna Parola di Dio descrive la regalità di Cristo: "Egli è anche il capo del corpo (cioè) della Chiesa": Egli è "il primogenito di coloro che risuscitano dai morti"; Colui che ha "il primato su tutte le cose" (Col 1,18). Nell'anno in cui si compiono cinque secoli dall'inizio dell'evangelizzazione dell'America, le Chiese di quel grande continente proclamano tutte insieme questa stessa verità: "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre" (He 13,8).

La Chiesa presente in terra messicana si unisce nell'annunziare questa medesima verità grazie alla testimonianza dei suoi martiri, che oggi abbiamo la gioia di vedere nella gloria dei beati.


3. Oggi la Chiesa contempla con immensa gioia la singolare grandezza di ventisei dei suoi figli, che riconoscendo il Regno di Cristo hanno offerto eroicamente le loro vite, affermando in tal modo che, se Dio è tutto, ed abbiamo ricevuto tutto da Lui, è giusto donarsi totalmente a Lui, unico assoluto, fonte inesauribile di vita e di pace. Durante le dure prove che Dio ha permesso che la sua Chiesa in Messico patisse, qualche decina di anni fa, questi martiri hanno saputo rimanere fedeli al Signore, alle loro comunità ecclesiali e alla grande tradizione cattolica del popolo messicano. Con una fede saldissima hanno riconosciuto quale unico sovrano Gesù Cristo, perché con viva speranza aspettavano il momento in cui avrebbe restituito alla nazione messicana l'unità dei suoi figli e delle sue famiglie. Per partecipare alla solenne beatificazione dei nuovi martiri, sono qui presenti tanti fratelli Vescovi e numerosi gruppi di pellegrini messicani. A tutti voi rivolgo il mio più affettuoso saluto e vi esorto a continuare a tenere accesa la fiaccola della fede nelle vostre comunità ecclesiali, poiché questi martiri sono per la vostra nazione una genuina espressione del Messico sempre fedele!


4. Ventidue di essi erano sacerdoti diocesani che svolgevano una feconda opera apostolica nelle proprie Chiese particolari: Guadalajara, Durango, Chilpancingo-Chilapa, Morelia e Colima. Tutti, persino prima di sopportare la persecuzione, avevano già offerto a Dio e al suo popolo un'esemplare vita sacerdotale. Sono da sottolineare il loro amore per l'Eucaristia, fonte di vita interiore e di ogni azione pastorale, la loro devozione a Santa maria di Guadalupe, la loro dedizione alla catechesi, la loro opzione per i poveri, gli emarginati e gli infermi. Un dono di sé tanto generoso e il sacrificio quotidiano e costante avevano già reso questi sacerdoti autentici testimoni di Cristo, anche prima di ricevere la grazia del martirio. La loro consacrazione al Signore e alla Chiesa era tanto salda che, anche avendo avuto la possibilità di allontanarsi dalle loro comunità durante il conflitto armato, decisero, sull'esempio del Buon Pastore, di rimanere fra i loro fratelli per non privarli dell'Eucaristia, della Parola di Dio e della cura pastorale. Lungi da tutti loro era il fomentare o ravvivare sentimenti che mettono i fratelli contro i fratelli. Al contrario, per quanto era nelle loro possibilità hanno cercato di essere artefici di perdono e riconciliazione.


5. Insieme a questi sacerdoti martiri vogliamo onorare, in modo particolare, tre giovani laici dell'Azione cattolica: Manuel, Salvador e David che, insieme al loro parroco Luis Batis, non esitarono a riconoscere - come ci dice San Paolo - che "il vivere è Cristo e il morire un guadagno" (Ph 1,21), mostrando così la fedele consacrazione al Signore e alla Chiesa che ha caratterizzato il nobile popolo messicano.

Questi tre laici, come molti altri nella storia - ci dirà il Concilio Vaticano II -, sono stati chiamati a "rendere questa massima testimonianza d'amore davanti a tutti, e specialmente davanti ai persecutori" (LG 42). A tale proposito, è molto eloquente la testimonianza di Manuel, ventotto anni, marito fedele e padre di tre figli piccoli, che prima di essere fucilato esclamo: "Io muoio, ma Dio non muore, Egli avrà cura di mia moglie e dei miei figli".


6. Una menzione particolare merita oggi anche la prima donna messicana ad essere stata dichiarata beata, Madre Maria di Gesù Sacramentato Venegas. Essa trasmise al suo Istituto, le Figlie del Sacro Cuore di Gesù, una spiritualità forte e coraggiosa, basata sull'unione con Dio, sull'amore e l'obbedienza alla Chiesa. Con il suo esempio ha insegnato alle sue sorelle religiose - molte delle quali sono qui presenti per onorarla - che dovevano vedere nei poveri, i malati e gli anziani, l'immagine viva di Cristo. Quando assisteva uno di essi soleva dire: "Abbi fede e tutto andrà bene". Difatti, la sua vita è un esempio di consacrazione assoluta a Dio e all'umanità sofferente, che essa ha iniziato a conoscere nell'Ospedale del Sacro Cuore di Gesù, di Guadalajara. Madre Venegas nutriva anche una venerazione particolare per i sacerdoti e i seminaristi, quando pregava per loro diceva: "Oh Gesù, sacerdote eterno, porta i tuoi servi nel cuore, conserva immacolate le loro mani consacrate e benedici il loro lavoro". La nuova Beata ci insegna un continuo rapporto con Dio e una dedizione assoluta ai fratelli attraverso la nostra opera quotidiana nel nostro ambiente.


7. La solennità di oggi, istituita da Papa Pio XI proprio quando era più forte la persecuzione religiosa in Messico, si è radicata molto profondamente in quelle comunità ecclesiali e ha dato una forza particolare a questi martiri, cosicché al momento di morire molti gridavano: Viva Cristo Re e la Vergine di Guadalupe! Attraverso questa solennità i cattolici hanno potuto scoprire tutta la profondità della realtà divina, che culmina nel sacrificio sulla Croce e si manifesta anche dove regnano la giustizia e la misericordia, dove si favorisce il perdono e la riconciliazione, come unica via per la pace e la convivenza sociale. Che il ricordo dei nuovi Beati, nell'ambito delle celebrazioni del V Centenario dell'Evangelizzazione dell'America, faccia si che tutti noi siamo testimoni della presenza sovrana e amorevole di Gesù in mezzo agli uomini. Che come cristiani impegnati accogliamo l'appello ad essere apostoli in mezzo ai nostri fratelli, affinché Cristo regni con maggior splendore sulle loro vite. La Chiesa ha bisogno di questo; il mondo si aspetta da noi una conscrazione totale. Con l'apostolo Giovanni proclamiamo che questi Beati hanno vinto "per mezzo del sangue dell'Agnello... poiché hanno disprezzato la vita fino a morire. Esultate, dumque o cieli, e voi che abitate in essi" (Ap 12,11-12). Tutti dobbiamo sempre essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo, se fosse necessario sulla via della Croce, attraverso le persecuzioni che non mancano mai né mai mancheranno alla Chiesa (cfr. LG 42).


8. "Ringrazio con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce" (cfr. Col 1,12). così prega la Chiesa quest'oggi.

Così, in modo particolare, pregano, nel mistero della comunione dei santi, quanti "col sangue della croce di Cristo" ricevono oggi nella Chiesa la gloria dei beati.

E, seguendo il pensiero dell'Apostolo, confessano: Ringraziamo il Padre... "E' lui, infatti, che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati" (Col 1,13-14).

Ringraziamo il Padre! Ringraziamolo per i cinque secoli dell'evangelizzazione del continente americano. Ringraziamolo per la Chiesa nel Messico, per il popolo cristiano, per la nazione e per l'intero paese.

Che la pace riconquistata da Cristo col sangue della croce regni nei nostri cuori! In tutti i cuori! Amen!

Data: 1992-11-22 Data estesa: Domenica 22 Novembre 1992

Angelus: la preghiera mariana nella solennità di N.S. Gesù Cristo Re dell'Universo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I nuovi Beati: esempi luminosi di generosa ed eroica dedizione

Carissimi fratelli e sorelle!


1. L'anno liturgico, che scandisce la vita della Chiesa, si chiude oggi con la solennità di Gesù Cristo Re dell'Universo. Nell'odierna liturgia proclamiamo con fede la grandezza e la magnificenza del suo Regno, che è "Regno di verità e di vita, Regno di santità e di grazia, Regno di giustizia, di amore e di pace".

Contempliamo, dunque, il mistero della regalità di Cristo che, senza clamori ma con la forza della grazia e la tenacia della misericordia, cresce giorno dopo giorno nel cuore dei credenti, liberandoli dall'egoismo e dal peccato ed aprendoli all'obbedienza della fede nonché al generoso dono di se stessi nella carità.

Quello di Cristo è, pertanto, il Regno della consolazione e della pace, che libera l'uomo da tutte le sue angosce e paure e lo introduce nella comunione col Padre celeste. Esso inizia già qui in terra, ma avrà pieno compimento in cielo.


2. Testimoni coraggiosi ed esempi luminosi di generosa ed eroica dedizione a Cristo, Re dell'Universo, sono Cristobal Magallanes e ventiquattro compagni, che questa mattina ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari insieme con Maria de Jesus Sacramentado Venegas, vergine. Questi Martiri del nostro secolo accettarono di morire proclamando pubblicamente la loro adesione al Vangelo e perdonando i loro persecutori. Molti fra di loro affrontarono la prova suprema al grido di: "Viva Cristo Re e la Vergine di Guadalupe!". "Martire" significa "testimone". Questi Martiri messicani, oggi proclamati Beati, hanno testimoniato, non solo a parole ma con la libera offerta della vita, la suprema regalità di Gesù Cristo, che quanto più viene osteggiata dalle potenze del mondo, tanto più risplende nel vigore della carità e nella purezza della santità.


3. In questo contesto la preghiera dell'Angelus assume oggi un tono particolare di esultanza e di solidarietà ecclesiale. L'invocazione alla Vergine Santa è, infatti, confortata dalla comunione con questi nostri fratelli che, grazie alla testimonianza del sangue e alla verginità della vita, hanno proclamato, ad imitazione della Madre del Signore, le grandi opere di Dio.

Maria, che attese con fede, accolse con gioia e custodi con amore l'avvento del Regno nella persona di Gesù, ci aiuti ad essere fedeli ogni giorno all'amore di Cristo, ci aiuti a riconoscere ed accogliere il Redentore come unico Re e vero Signore della nostra esistenza.

Maria, Regina dei Martiri, prega per noi!

Data: 1992-11-22 Data estesa: Domenica 22 Novembre 1992

Udienza: ai pellegrini messicani giunti per la beatificazione di 25 martiri - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un impegno di fedeltà e di testimonianza per un nuovo dinamismo apostolico in Messico

Carissimi fratelli e sorelle, Nella nostra celebrazione di ieri, solennità di Cristo Re, la Chiesa ha intonato un inno di gioia e di lode a Dio nel proclamare Beati i 25 martiri messicani e la Religiosa Maria de Jesus Sacramentado Venegas. Per assistere a questa solenne cerimonia siete venuti a Roma, centro del cattolicesimo, guidati da un folto gruppo di Vescovi, che saluto con affetto fraterno, per onorare la memoria di questi vostri esimi concittadini, che sono in un certo senso le figure di maggior risalto di quella pleiade di cristiani, che all'epoca della persecuzione testimoniarono la propria fede fino a versare il proprio sangue.

La Chiesa in Messico gioisce nel poter contare su questi nuovi intercessori nel cielo e vede nei nuovi Beati la chiave per comprendere la forza trasfigurante del saper donare tutto per il prossimo. "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13) ci dice Gesù nel Vangelo. I nuovi Beati martiri donarono le loro vite per amore, perdonando i loro carnefici. La fermezza della loro fede e la loro indistruttibile speranza li sostennero nel martirio. E' questa la fede cristiana che oggi ha bisogno di essere ravvivata in Messico per poter dare così una risposta alle sfide della nostra epoca.

perciò, in questa occasione, desidero esortare voi tutti ad un rinnovato impegno nella vostra fedeltà a Dio e alla Chiesa, che si traduca in una generosa testimonianza di vita cristiana e in un nuovo dinamismo apostolico che trasformi le persone, le famiglie, la società intera, facendo si che in esse regnino la giustizia, la fratellanza, l'armonia fra tutti i messicani.

Mi tornano in mente le indimenticabili giornate vissute in Messico durante le due visite pastorali che la Provvidenza mi ha concesso di compiere in quella terra benedetta. Nei numerosi incontri che ho avuto con gli amatissimi figli del Messico, dallo Yucatan alla Bassa California, ho potuto sempre apprezzare il calore umano della loro gente, la loro religiosità pura, la loro devozione al Successore di Pietro. In questa occasione, desidero rinnovare i sentimenti che ho espresso al Signor Presidente della Repubblica al mio arrivo nella Capitale due anni or sono, affermando la mia gioia di trovarmi in quella "terra generosa, che si distingue per la sua nobiltà di spirito, per la sua cultura e che ha dato tante prove di profonda fede e di amore verso Dio, di venerazione filiale per la Santissima Vergine e di fedeltà alla Chiesa" (Discorso all'arrivo, Città del Messico, 6 maggio 1990).

Durante quell'indimenticabile viaggio apostolico ho voluto rivolgere, dal Santuario di Nostra Signora di Guadalupe, un accorato appello al "laicato messicano ad impegnarsi con maggior vigore nella nuova evangelizzazione della società". La risposta dei fedeli cattolici del Messico è stata generosa è si è fatta sentire nei diversi ambiti della vita ecclesiale e sociale. A questo proposito, non posso fare a meno di ricordare con piacere il nuovo clima di maggior comprensione e collaborazione che si stà instaurando fra la Chiesa e le Autorità civili del Messico. Gli accordi raggiunti a questo riguardo saranno senz'altro un beneficio per tutta la società nel veder rafforzati i vincoli di armonia e di dialogo, mediante una leale collaborazione fra la Chiesa e lo Stato a partire dal mutuo rispetto e la libertà.

Infine desidero esprimere la mia viva gratitudine per la vostra presenza a Roma per onorare i nuovi Beati. Guardo con particolare gioia alla partecipazione, entusiasta e festosa, di numerosi giovani, ai quali auguro di trovare nei tre giovani laici beatificati esempi e modelli da seguire nella fedeltà alla vocazione cristiana e nell'azione apostolica. Il mio affettuoso saluto si rivolge anche agli oltre trecento sacerdoti che sono venuti da diverse diocesi del Messico, così come alle Religiose Figlie del Sacro Cuore di Gesù, Sorelle del Cuore di Gesù Sacramentato e Clarisse del Sacro Cuore, i cui fondatori sono stati beatificati ieri.

Non vorrei concludere questo mio messaggio senza prima affidarvi un incarico che, ne sono certo, compirete con particolare piacere: portate il saluto affettuoso e la benedizione del Papa ai vostri familiari ed amici in Messico, in particolare ai bambini ai malati e a coloro che soffrono.

Affido alla materna protezione di Nostra Signora di Guadalupe tutti i presenti, mentre imparto con gioia la mia Benedizione Apostolica.



Data: 1992-11-23 Data estesa: Lunedi 23 Novembre 1992

Visita pastorale: omelia ai sacerdoti e seminaristi del Pontificio Collegio Messicano - Roma

Titolo: "Siate segno trasparente della carità di Cristo, Buon Pastore"

"Io prego per loro; non prego per il mondo ma per coloro che mi hai dato, perché sono i tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie" (Jn 17,9-10) Cari fratelli nell'Episcopato, Amatissimi sacerdoti, religiose, fratelli e sorelle,


1. Con immensa gioia mi trovo di nuovo in questo Pontificio Collegio Messicano per celebrare, insieme a tutti voi, il XXV Anniversario della sua fondazione. La mia prima visita ha avuto luogo al ritorno da quel viaggio apostolico in Messico nel 1979, del quale conservo ricordi così belli, e, durante il quale, il Signore mi ha concesso la grazia di poter inaugurare a Puebla de los Angeles la III Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, che ha portato abbondanti frutti ecclesiali, in particolare per l'aumento delle vocazioni al sacerdozio, alla vita religiosa e all'apostolato laico. In questa occasione, dopo il viaggio a Santo Domingo, dove ho inaugurato la IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, mi trovo di nuovo tra voi per rendere fervidamente grazie a Dio per i venticinque anni di vita di questa istituzione ecclesiastica, che è come se fosse una piccola parte della Nazione messicana qui a Roma.


2. Le parole di Gesù nella sua preghiera sacerdotale, che abbiamo appena ascoltato, ci introducono nella preghiera comunitaria di questa Liturgia della Parola. così come gli Apostoli riuniti nel cenacolo con Maria, ci siamo riuniti qui sotto lo sguardo materno di Nostra Signora di Guadalupe, per elevare il nostro fervido ringraziamento a Dio per i molti doni che ha concesso a questo Collegio e, attraverso di esso, alla Chiesa del Messico, durante questi cinque lustri di formazione e di vita sacerdotale. Rivolgo il mio saluto cordiale e riconoscente ai Vescovi del Messico che ci accompagnano e a quanti, rimasti in patria, si uniscono spiritualmente alla nostra celebrazione. Un ricordo speciale, pieno di gratitudine, va ai Superiori del Collegio e a quelle persone che, in diversi modi, hanno contribuito a fare di questa istituzione un valido strumento per il bene della Chiesa del Messico. Saluto anche tutti i presenti e, in particolare, voi attuali alunni che rappresentate i tanti sacerdoti delle numerose diocesi messicane, che si sono arrichiti spiritualmente in questo centro attraverso un'accurata formazione sacerdotale e intellettuale, vicino alla Sede di Pietro.

Gli anni della vostra permanenza a Roma vi permettono, senza dubbio, di acquisire una speciale esperienza riguardo alla Chiesa universale, non solo per il fatto di essere vicino al Successore di Pietro, ma anche per i vari e proficui contatti con i Pastori delle Chiese particolari e con altri ecclesiastici di altri paesi e continenti, così come con i vostri compagni di studio che provengono da tutte le parti del mondo. Tutta questa ricchezza di esperienze, cari sacerdoti, deve aiutarvi a rinvigorire solidamente la virtù dell'equilibrio, sia a livello personale che ecclesiale, e deve riflettersi beneficamente sui vostri rispettivi presbiteri diocesani, nella più intima e sincera comunione con i vostri Vescovi, e nella collaborazione fraterna con i religiosi. Voglio riservare un saluto affettuoso alle religiose, al personale ausiliario, che, con il loro lavoro silenzioso e costante, collaborano a rendere più accogliente la vita giornaliera della casa.


3. Voglio mettere in evidenza che questo Collegio ha la delicata missione di favorire, insieme alle Università ecclesiastiche di Roma, la formazione dei presbiteri, che sono inviati dai loro rispettivi Vescovi per ottenere alcune specializzazioni nelle scienze sacre e umane, con lo scopo di offrire un migliore servizio pastorale nei Seminari e nelle Istituzioni delle Chiese diocesane in Messico. Per incoraggiarvi in questo processo formativo, desidero ricordare e sottolineare alcuni aspetti della formazione permanente, che ho proposto nella esortazione apostolica Pastores dabo vobis. Possa il vostro impegno e quello dei sacerdoti nelle vostre diocesi, far si che si elaborino alcuni "itinerari di formazione permanente capaci di sostenere in modo realistico ed efficace il ministero e la vita spirituale dei sacerdoti" (PDV 3).

In primo luogo ricordiamo che, "la formazione permanente trova così il suo fondamento proprio e la sua motivazione originale nel dinamismo del sacramento dell'Ordine" (PDV 70), che ha diversi aspetti e un significato profondo. Infatti, essa "è espressione ed esigenza della fedeltà del sacerdote al suo ministero, anzi al suo stesso essere... è un'esigenza intrinseca al dono e al ministero sacramentale ricevuto" ().




4. Nella liturgia della Parola che stiamo celebrando, abbiamo ascoltato il discorso di Pietro nella casa di Cornelio, nel quale riassume tutta la vita di Gesù con queste poche parole: "Passo beneficando" (Ac 10,38). Egli è "Gesù di Nazaret", il consacrato "in Spirito Santo e potenza", colui che mori e risorse, di cui San Pietro dice, in nome degli altri apostoli, "noi siamo testimoni" (Ac 10,39).

Orbene, il sacerdote ministro deve essere segno e trasparenza della carità di Cristo, il Buon Pastore. Poiché partecipa alla sua consacrazione, può prolungare la sua missione stessa ed è chiamato ad adottare il suo stesso stile di vita. Tutte le dimensioni della formazione permanente tendono a questo obbiettivo: "Come tutta l'attività del Signore è stata il frutto e il segno della carità pastorale, così deve essere anche per l'operosità ministeriale del sacerdote" (PDV 72). Per questo il "significato profondo" della formazione permanente è di "aiutare il prete ad essere e a fare il prete nello spirito e secondo lo stile di Gesù buon Pastore" (PDV 73).

Le diverse dimensioni della formazione permanente si armonizzano fra loro, perché tendono tutte a creare Pastori disposti a dare la vita come il Signore. Quindi, "anima e forma della formazione permanente del sacerdote è la carità pastorale" (PDV 70). Per essere "segno" del Buon Pastore che "passo beneficando", il sacerdote deve approfondire la propria formazione umana, fino a nutrire un "appassionato amore per l'uomo", condividendo con lui gioie e dolori. Questa solidarietà con l'uomo, secondo l'esempio di Gesù, non sarà possibile senza una profonda e solida formazione spirituale, che si traduce in un intimo rapporto personale con il Signore e nella sequela del Vangelo fino a giungere a una partecipazione "sempre più grande e radicale dei comportamenti di Gesù Cristo". La formazione intellettuale, sempre aggiornata, deve centrarsi sul Mistero di Cristo, annunciato, celebrato, comunicato, vissuto: "Il sacerdote, partecipando alla missione profetica di Gesù e calato nel mistero della Chiesa, Maestra di Verità, è chiamato a rivelare agli uomini il volto di Dio in Gesù Cristo" (PDV 73).


5. La preghiera sacerdotale di Gesù durante l'ultima cena, le cui parole iniziali abbiamo ascoltato in questa celebrazione, ci offre un aspetto essenziale della vita del presbitero: la sua intima unione con Gesù Cristo. Il Signore ripete costantemente: gli "uomini che mi hai dato dal mondo... li hai dati a me..." (Jn 17,6). Come non vedere in queste parole la fonte e il centro della nostra vocazione in tutte le fasi e dimensioni della formazione iniziale e permanente? Il nostro essere, il nostro operare e il nostro stile di vita devono essere, dinnanzi agli uomini, come un "prolungamento visibile e segno sacramentale di Cristo" (PDV 16).

Le rotte della vita sacerdotale, cari fratelli, sono tracciate chiaramente nella dottrina, nella tradizione e nella vita della Chiesa. Di questo siamo tutti convinti. Sussiste tuttavia la domanda che si pongono molti sacerdoti: come trovare meglio nel proprio Presbiterio, con il proprio Vescovo, i mezzi necessari per adempiere a tutti questi doveri evangelici? Ecco il perché di un "programma" di vita che bisogna elaborare per realizzare una formazione permanente efficace che risponda alle necessità proprie delle comunità che vi vengono affidate. Si tratta infatti di "delineare un progetto e stabilire una programmazione capaci di configurare la formazione permanente non come qualcosa di episodico, ma come una proposta sistematica di contenuti, che si snoda per tappe e si riveste di modalità precise" (PDV 79).


6. La formazione permanente aiuta i sacerdoti a costruire questa "famiglia" sacerdotale e la "fraternità sacramentale" volute dal Concilio (CD 2 PO 8) nella quale tutti collaborino in modo responsabile a realizzare l'"intima fraternità" che nasce "dalla comune ordinazione sacra e dalla comune missione" (LG 28). Perché "all'interno della comunione ecclesiale, il sacerdote è chiamato in particolare a crescere, nella sua formazione permanente, nel e con il proprio presbiterio unito al Vescovo... La fisionomia del presbiterio è, dunque, quella di una vera famiglia" (PDV 74).

Gli ardenti desideri di Gesù, manifestati durante l'ultima cena, devono essere assunti da ciascuno, personalmente e responsabilmente, questo è il compito da cui dipende in gran parte il futuro della Chiesa. La grazia dello Spirito Santo, ricevuta nel sacramento dell'Ordine, ci spinge a sentirci fratelli di tutti gli altri sacerdoti, facendoci carico del compito di rendere il proprio Presbiterio - sempre in comunione con il proprio Vescovo - un'autentica famiglia sacerdotale in cui tutti si sentano accolti e uniti per condividere e per aiutarsi nei diversi campi della vita e del ministero.

Se lasciamo penetrare nel nostro cuore il profondo amore di Cristo verso i suoi sacerdoti, come si manifesta nella preghiera sacerdotale dell'ultima cena, ci sentiremo chiamati a servire con i nostri fratelli del Presbiterio la Chiesa che è mistero, comunione e missione (cfr. PDV 73).


7. La comunità ecclesiale, cari sacerdoti, ha bisogno di vedere in noi il segno personale del Buon Pastore, che "passo beneficando" (Ac 10,38). Esorto, quindi, tutti a seguire le orme di tanti sacerdoti esemplari che il Messico ha avuto nel corso della sua storia, anche in quella più recente. Di ciò sono una prova eloquente i ventidue sacerdoti martiri, che ho beatificato durante la festa di Cristo Re. La Chiesa e la società di oggi hanno bisogno di testimoni credibili che compiano, come questi Beati, un'opera apostolica profetica e di martirio "prolungando, ciascun sacerdote e con gli altri, quell'operosità pastorale che ha contraddistinto i confratelli che li hanno preceduti" (PDV 74). Con loro potremo dire anche noi: "Gesù di Nazaret... passo beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo... E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute" (Ac 10,38-39).

Per aderire maggiormente a questo impegno di abnegata vita sacerdotale, vi affido alla Santissima Vergine, che, "con il suo esempio e la sua intercessione..., continua a vigilare sullo sviluppo delle vocazioni e della vita sacerdotale nella Chiesa" (PDV 82).

Desidero concludere con le parole che ho pronunciato a Durango, durante la mia indimenticabile visita pastorale, dove ho avuto la gioia di ordinare un centinaio di sacerdoti di tutto il paese: "Il Messico ha bisogno di sacerdoti santi! Il Messico ha bisogno di uomini di Dio che sappiano servire i loro fratelli nelle cose di Dio! Sarete voi questi uomini? Il Papa che vi ama con tutto il cuore, si augura che sia così. Siate i sacerdoti santi di cui hanno bisogno i messicani e che la Chiesa attende! Che Nostra Signora di Guadalupe vi accompagni sempre per i cammini della nuova evangelizzazione dell'America. E così sia" (Omelia a Durango, 9.V.90, n. 10).

Data: 1992-11-24 Data estesa: Martedi 24 Novembre 1992



Messaggio al Patriarca di Costantinopoli - E' in gioco la realizzazione dell'unità dei discepoli di Cristo



A sua santità Bartolomeo I, Arcivescovo di Costantinopoli, patriarca ecumenico.

"Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù" (Ph 2,5).

La solennità liturgica dell'apostolo Andrea, fratello dell'apostolo Pietro, ci invita ancora una volta a stringere i legami di carità e di fede che ci uniscono gli uni gli altri. Questa celebrazione è per le nostre Chiese sorelle una nuova occasione di inginocchiarsi davanti a nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo e di incontrarsi in un'umile preghiera. Insieme, invochiamo ancora lo Spirito Santo e gli chiediamo di guidarci rendendoci docili alla sua voce. E' lui che ci chiama a progredire nella carità fraterna per superare le difficoltà del cammino, ed è lui che ci permette di tenere salda l'àncora della nostra speranza (cfr. He 6,19).

Cristo stesso ci mostra la via. Si è abbassato a un punto che solo la croce ci ha rivelato (cfr. Ph 2,8). "Ricco che era, si è fatto povero" (2Co 8,9). Egli non solo ci mostra la via, ma è lui stesso il cammino (cfr. Jn 14,6), rivelandoci le profonde esigenze dell'amore che Paolo ci enumera: "La carità è paziente, è benigna la carità..., non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto..., si compiace della verità" (1Co 13,4-6). Possa, in questo spirito, ciascuno dei membri delle nostre Chiese avanzare seguendo Cristo con generosità sempre più grande! La commissione mista preparatoria del nostro dialogo teologico aveva chiesto all'unanimità che si partisse dalle realtà profonde che ci uniscono e che ne venissero tratte le conseguenze per risolvere le questioni che ancora ci dividono. Durante questi dieci anni, questo dialogo è stato benedetto da Dio e ha portato frutti preziosi. Sono convinto che sia necessario rianimarlo con determinazione e andare avanti con prudenza e coraggio.

L ricerche condotte insieme si sono fondate sulla nostra tradizione comune, vissuta nel primo millennio nella diversità e nel rispetto reciproco.

Tuttavia, il passato non deve essere idealizzato. Un tempo abbiamo attraversato, non dimentichiamolo, crisi forse più gravi di quelle che affrontiamo oggi. Forti di queste esperienze e radicati nel comportamento evangelico evocato all'inizio di questa lettera, dobbiamo avere l'audacia di guardare in faccia al futuro delle nostre relazioni e lo scopo del nostro dialogo: è la realizzazione dell'unità dei discepoli di Cristo, voluta da lui, che è in gioco. Possiamo dar prova di immaginazione per scoprire insieme come vivere di nuovo oggi, in piena fedeltà, ciò che gli apostoli ci hanno trasmesso, e tutto ciò in un mondo profondamente diverso da quello del primo millennio! Questo ammirevole e necessario compito può essere assolto solo con l'aiuto dello Spirito Santo; tocca a tutti noi chiederlo, in una preghiera insistente e continua.

Offro a sua santità, alla gerarchia che la circonda, a tutto il popolo fedele della sua Chiesa, i miei voti di gioiosa festa e le assicuro la mia profonda carità fraterna.

Dal Vaticano, 24 novembre 1992.

(Traduzione dal francese)

Data: 1992-11-24 Data estesa: Martedi 24 Novembre 1992





GPII 1992 Insegnamenti - Lettera al Cardinale Roger Michael Mahony - Città del Vaticano (Roma)