GPII 1992 Insegnamenti - Al Consiglio esecutivo dell'Organizzazione Mondiale del Turismo - Città del Vaticano (Roma)

Al Consiglio esecutivo dell'Organizzazione Mondiale del Turismo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il turismo non deve perdere di vista il suo scopo essenziale

Signora presidente, Signor segretario generale, Signore e signori,


1. Sono felice di accogliere oggi il Consiglio esecutivo dell'Organizzazione mondiale del Turismo dopo essere stato così gentilmente ricevuto, dieci anni fa, nella sua sede centrale a Madrid. Questo incontro mi dà l'occasione di ribadire la stima che ho per il suo lavoro. La presenza di un osservatore permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione e le relazioni stabilite tra il suo Segretariato generale e il Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Emigranti e gli Itineranti in viaggio ne sono il segno e la garanzia.


2. I documenti pubblicati alla conclusione delle vostre Assemblee generali di Manila e di Sofia, senza dimenticare le raccomandazioni della Dichiarazione dell'Aia, manifestano con evidenza la vostra crescente attenzione ai contributi che il turismo può portare allo sviluppo dell'uomo. Come il Codice del turismo richiede, bisogna, nell'interesse stesso delle generazioni presenti e future, stare attenti a ciò che circonda il turismo, poiché, date le sue componenti umane, naturali, sociali e culturali, fa parte dell'eredità di tutti gli abitanti di un Paese. Se è vero che il turismo, per la sua importanza economica crescente, può rappresentare un elemento motore nella crescita dei popoli, "un vero sviluppo, secondo le esigenze proprie dell'essere umano (...) implica una viva coscienza del valore dei diritti di tutti e di ciascuno, e anche della necessità di rispettare il diritto di ciascuno alla piena utilizzazione dei vantaggi offerti dalla scienza e dalla tecnica (SRS 33). Ciò è importante soprattutto nel caso dei Paesi in via di sviluppo, nuove destinazioni di vacanze.


3. Il turismo, che oggi conosce una grande espansione, non deve perdere di vista il suo scopo essenziale: l'uomo, l'uomo più aperto al mondo, più capace di incontrare le altre tradizioni di saggezza o di pensiero religioso. Parlando del posto centrale dell'uomo nell'attività economica, ho scritto nell'enciclica "Centesimus Annus" (CA 29): "Non si tratta solo di elevare tutti i popoli al livello di cui godono oggi i paesi più ricchi, ma di costruire, attraverso un lavoro solidale, una vita più degna, di far crescere realmente la dignità e la creatività di ogni persona, la sua capacità di rispondere alla propria vocazione e dunque alla chiamata di Dio". L'opportunità che il turismo rappresenta per l'uomo oggi è precisamente di permettere, attraverso un'educazione ben condotta, che "il viaggio attento e rispettoso degli uni e l'ospitalità aperta degli altri possono trasformare delle semplici visite in autentiche visitazioni" (Discorso al IV Congresso di pastorale del turismo"). E' dunque a pieno titolo che avete messo all'ordine del giorno la questione dell'educazione: educazione ai lavori legati al turismo, ma anche educazione al viaggio.


4. Devo ora fare eco alle parole di alcuni vescovi d'Asia, colpiti dal degradante fenomeno del turismo sessuale. Giovani, ragazzi e ragazze sono attirati in questa industria che li tratta come puri oggetti. Con voi, sento la voce di centinaia di migliaia di bambini usati e distrutti nella loro dignità morale e fisica: essi chiedono che sia loro realmente assicurata la protezione sancita dagli accordi internazionali e richiesta dalla coscienza umana.


5. Con voi, formulo dei voti affinché il turismo, correttamente indirizzato, possa servire allo sviluppo armonioso delle nazioni e alla scoperta dei doni che il Creatore e Padre di tutti ha seminato a profusione nell'universo e nel cuore degli uomini di ogni razza, di ogni lingua e di ogni cultura. Questi sono i cammini di pace.

Che il Dio della concordia e della pace vi benedica e vi protegga! Che vi assista nel vostro lavoro e vi accompagni ogni giorno! (Traduzione dal francese)

Data: 1992-11-26 Data estesa: Giovedi 26 Novembre 1992

Udienza: ai Presidenti delle Commissioni delle Conferenze Episcopali europee per la pastorale della famiglia e della vita - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Preparazione e maturo discernimento per orientare i cristiani d'Europa di fronte alle nuove e formidabili sfide che investono la famiglia




1. Sono lieto di salutarvi, Signori Cardinali e venerati fratelli nell'Episcopato, responsabili delle Commissioni delle Conferenze Episcopali dell'Europa per la Pastorale della Famiglia e della Vita. Saluto, in particolare, il Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il Cardinale Alfonso Lopez Trujillo, e lo ringrazio per le cortesi parole che poc'anzi mi ha rivolto. Unisco nel ricordo i suoi collaboratori e quanti hanno attivamente curato la realizzazione di questo incontro, che costituisce un'occasione importante per riflettere insieme sulle odierne problematiche della famiglia e per un proficuo scambio di esperienze pastorali che, in tale ambito, fioriscono all'interno delle vostre rispettive Chiese locali. Ben conoscete la rilevanza delle sfide alle quali sono sottoposte, soprattutto in Europa, l'istituzione familiare e la vita umana. Iniziative in campo legislativo e sociale coinvolgono in rilevante misura il futuro della famiglia, santuario della vita, con prevedibili effetti sulla coscienza morale e le abitudini dei popoli. Allo stesso tempo non mancano positive prese di coscienza ed emergono rinnovate energie che si pongono a difesa dei valori fondamentali della persona umana e dei nuclei familiari. E' vero, la famiglia in Europa conserva ancora tante risorse. Durante questa riunione è vostro impegno approfondire, alla luce dell'unità del Continente europeo, la reale situazione della famiglia e le cause dei mali che la minacciano. Potete, soprattutto, delineare le comuni e coordinate direttive pastorali, che è doveroso assumere, al fine di venire in aiuto e sostenere validamente questo ambito privilegiato di umanizzazione e questa scuola di socialità che è appunto la famiglia.


2. Cristo soltanto conosce che cosa c'è nell'uomo ed illumina con la sua rivelazione anche le situazioni più complesse dell'umana esistenza. Egli solo può introdurre la persona alla piena conoscenza del valore dell'impegno matrimoniale come legge di libertà e di realizzazione nell'amore. Le esigenze proprie della donazione coniugale, l'unità e l'indissolubilità del matrimonio, così come il rispetto della vita, non costituiscono ostacoli all'autentico bisogno di autorealizzazione e di libertà. La natura stessa della persona comporta, infatti, nell'impegno coniugale, una donazione piena e totale al servizio della vita.

Realtà, questa, che per i cristiani si inserisce e si rafforza nel mistero dell'amore oblativo, pieno e totale, di Cristo per la sua Chiesa. Il bene della famiglia e il tesoro della vita di ogni umana creatura non possono, pertanto, essere abbandonati alla frantumazione imposta da desideri soggettivi ed arbitrari, svincolati da precisi riferimenti alle norme morali.


3. Venerati fratelli nell'Episcopato, la vostra riunione assume significativa rilevanza giacché si colloca in continuità con la recente Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Europa, quasi a sottolineare la necessità di determinare progetti pastorali organici e coordinati in questa area prioritaria e fondamentale della Nuova Evangelizzazione. La famiglia viene considerata non solo come destinataria del lieto annunzio degli ideali umani ed evangelici, ma è anche agente di evangelizzazione quale immagine viva del mistero dell'amore di Cristo e della Chiesa. Con l'amore, con la fecondità generosa, con l'unità e la fedeltà degli sposi, con la cooperazione di tutti i suoi membri, la famiglia cristiana rende così manifesta la viva presenza del Salvatore nel mondo e la genuina natura della Comunità ecclesiale (cfr. GS 48). Affermare che la famiglia è una "Chiesa domestica" significa riconoscere la vocazione peculiare del nucleo familiare cristiano. Esso, grazie al sacramento del matrimonio, dal quale prende origine, partecipa del mistero d'amore di Cristo e della Chiesa e ne diviene eloquente immagine per tutti. Alla luce di ciò, il vostro Convegno rappresenta una importante occasione per interscambi d'informazione e aiuti reciproci tra le diverse Diocesi del Continente europeo.


4. Facevo, infatti, poc'anzi riferimento all'Assemblea del Sinodo dei Vescovi per l'Europa, i cui orientamenti voi intendete portare ad applicazione soprattutto nei campi della pastorale familiare e della vita. Il punto di partenza non può che essere la riscoperta di Cristo, il quale "svela... pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione" (GS 22): Cristo, Figlio di Dio, ha rivelato all'uomo questa profonda verità, soprattutto con la sua stessa vita.

L'evangelizzazione viene pertanto illuminata da questa verità sull'uomo che supera ogni forma di "riduzione antropologica".


5. Venerati fratelli nell'Episcopato, quanto voi fate per rafforzare tali fondamentali valori e sostenere i nuclei familiari, specialmente quelli in difficoltà, costituisce un alto servizio alla causa del Vangelo.

Vi guidi in questa vostra missione il Signore, al quale non mancherete di far ricorso costante con la preghiera. Sarà anche vostro impegno educare i fedeli al docile ascolto di Dio.

Alla base di ogni vera soluzione dei problemi della famiglia c'è, infatti, la conversione del cuore e la consapevolezza che solo con l'aiuto divino è possibile realizzare pienamente la missione che il Padre celeste affida a ciascuno.

Le nuove e formidabili sfide, che si presentano nel campo della bioetica, così strettamente collegato con quello della famiglia, richiedono nei Pastori una particolare preparazione ed un maturo discernimento per ben orientare il popolo cristiano affidato alle loro cure pastorali.

Invoco la materna protezione di Maria su questo vostro incontro: vi sostenga sempre la Madre di Dio nel quotidiano ministero episcopale. Vi sia di incoraggiamento anche la Benedizione Apostolica, che imparto a voi e a quanti la Provvidenza vi ha affidato.

Data: 1992-11-26 Data estesa: Giovedi 26 Novembre 1992

Incontro con il Presidente della Repubblica Italiana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il discorso al Presidente della Repubblica Italiana, Oscar Luigi Scalfaro

Signor Presidente.


1. Desidero esprimerLe profonda e viva riconoscenza per la visita con cui Ella oggi mi onora e porgerLe il mio cordiale benvenuto nella dimora del Successore di Pietro. L'odierna circostanza, tanto solenne, porta con sé il ricordo di un altro nostro incontro, meno formale ma non meno significativo, allorché con gesto altamente cortese ed apprezzato venne a visitarmi durante la degenza all'Ospedale Policlinico Gemelli per testimoniarmi l'affettuosa partecipazione dell'intera Nazione italiana alla mia malattia. Attraverso la Sua persona, quest'oggi, vorrei innanzitutto manifestare ai cittadini italiani i miei grati sentimenti per la vicinanza spirituale espressami in quei momenti e rivolgere a ciascuno un particolare saluto. Ora, come nel luglio scorso, sono lieto di accogliere in Lei il rappresentante del popolo italiano, i cui legittimi delegati - or sono pochi mesi - L'hanno designata, con largo consenso, alla suprema carica dello Stato. Nel rinnovarLe i più fervidi voti per il felice adempimento della missione affidataLe a servizio delle istituzioni democratiche, mi consenta, altresi, di significarLe il mio personale compiacimento nel vedere chiamato alla suprema magistratura dello Stato un Uomo di provata esperienza e rettitudine, sagacemente attento a quei valori giuridici e morali che costituiscono il tessuto connettivo della Nazione.


2. L'incontro tra il primo Magistrato della Repubblica Italiana ed il pastore universale della Chiesa non può non richiamare alla comune considerazione il contesto storico ed istituzionale ad esso sotteso: quei patti Lateranensi che, aggiornati nel 1984 dagli Accordi di revisione del Concordato, confermano la piena indipendenza ed autonomia delle Comunità politica ed ecclesiale nei rispettivi campi, ricordando ad esse il comune servizio dovuto, anche se a titolo diverso, alla vocazione individuale e sociale delle stesse persone ed impegnando entrambe ad una sana collaborazione tra loro, secondo le modalità suggerite dalle concrete circostanze. La storia anche recente dimostra quanto la Sede Apostolica e la Chiesa siano state partecipi delle vicende civili ed umane, talora dolorose e tragiche, della Nazione italiana contribuendo alla crescita del suo patrimonio culturale, sociale e spirituale. E' spontaneo l'auspicio che i cattolici italiani, oggi come in passato, siano pronti ad offrire il loro specifico apporto alla costruzione della Città dell'Uomo, in atteggiamento di "obbedienza" a Dio e di "fedeltà" alla storia, sull'esempio di tante nobili figure di cittadini leali e di integerrimi credenti, che li hanno preceduti.


3. Ella ben sa, Signor Presidente, quale opera solerte la Santa Sede svolga a favore della pace e come il Successore di Pietro - fedele al mandato ricevuto da Cristo Signore, "principe della pace" (Is 9,5) - continui a domandare, con voce a volte grave ed ammonitrice, un reale superamento di nuovi ed antichi antagonismi, di conflitti e dolorose lacerazioni. La missione evangelizzatrice della Chiesa, infatti, è anche proclamazione instancabile della dignità della persona e dei diritti dei popoli. Missione, questa, che si conferma in tutta la sua urgenza, se si guarda alla nuova configurazione dell'Europa segnata, in non poche regioni, da perdurante instabilità, quando non anche da drammatici conflitti.

E' vero, antichi e nobili paesi dell'Est europeo, con il cadere delle ideologie e della contrapposizione dei blocchi, hanno visto compiersi finalmente il loro pellegrinaggio verso la libertà (cfr. Discorso al Corpo Diplomatico, Gennaio 1990). Sono così diventati attivi protagonisti della propria storia, riscoprendo le loro tradizioni, le loro risorse culturali e spirituali dopo decenni di oppressione e di isolamento. Ma tali promettenti opportunità di sviluppo e di crescita integrale potrebbero rivelarsi effimere ed illusorie, se venisse meno il solidale sostegno delle Nazioni dell'Ovest europeo. E' necessario il concorso di tutti per disegnare un comune e coraggioso progetto di collaborazione e di integrazione che, grazie al superamento di situazioni di fragilità politica e di debolezza economica, favorisca l'emergere dei genuini valori dell'"homo europaeus". Sono certo che l'Italia - grazie alla sua ricca eredità culturale e religiosa - non mancherà di recare il proprio importante contributo alla costruzione della Casa Comune per tutte le genti d'Europa, dall'Atlantico agli Urali. Ciò si ripercuoterà favorevolmente anche a livello mondiale sulla convivenza pacifica e sul rispetto dei diritti degli uomini e dei popoli.


4. La Chiesa non si sente estranea, ma solidale con la vita di ogni popolo. Per questo essa partecipa intimamente alla presente situazione del popolo italiano, caratterizzata da fermenti di speranza, ma segnata anche da elementi di inquietudine e di trepidazione. Si tratta di un travaglio che investe l'intera compagine del paese. In esso la Chiesa invita a vedere, tra le ombre, anche segnali positivi che promettono nuovi equilibri, nuove forme di convivenza, nel quadro di una situazione mondiale profondamente mutata dopo il crollo dei "muri" e delle ideologie. E', pertanto, di primaria importanza tenere alta la tensione verso i valori etico-spirituali della persona e della convivenza sociale ricercando, in sincerità d'intenti e con sforzo concorde, soluzioni ispirate al fondamentale principio della solidarietà. Al riguardo la Comunità ecclesiale offre l'apporto del ricco patrimonio della propria dottrina sociale, come moderno e dinamico punto di riferimento e di ispirazione. I recenti Accordi di revisione del Concordato, a cui più sopra facevo riferimento, intendono promuovere, secondo corretti criteri di rispetto delle rispettive peculiarità, il fecondo e vitale intreccio tra sviluppo democratico del paese e presenza animatrice della Chiesa, così da mantenere vivi nel tessuto sociale e culturale i germi dei valori sui quali si fondano, ultimamente, la stessa Costituzione e la convivenza civile del popolo italiano. Sono i valori immutabili e irrinunciabili della dignità della persona umana, del diritto alla vita dal concepimento fino al suo termine naturale, del diritto alla libertà religiosa e di coscienza. E ancora: sono i valori dell'onestà e della laboriosità, della giustizia e della solidarietà, del pluralismo e della sussidiarietà, delle legittime autonomie locali, valorizzate nel quadro dell'unità nazionale e dell'apertura alla cooperazione europea ed internazionale. Non da ultimo, la Chiesa riconosce, promuove e sostiene il valore dell'istituto familiare, vera e prima cellula vitale dell'intera società. Lo spirito, con cui essa annuncia il "Vangelo della famiglia" e si adopera per la sua attuazione, ha una felice risonanza nel dettato della Costituzione italiana che riconosce i diritti del nucleo familiare come società fondata sul matrimonio.


5. Nel quadro di questi valori, ampiamente condivisi fin dalla fondazione democratica e costituzionale dell'Italia, la Santa Sede ribadisce la disponibilità dei cattolici ad ogni forma di reciproca e fruttuosa collaborazione in vista sempre della promozione integrale dell'uomo e per il vero bene del paese. E' pertanto auspicabile che si giunga ad una sollecita e costruttiva conclusione della fase attuativa degli Accordi del 18 febbraio 1984 di revisione del Concordato, particolarmente per quanto concerne il settore dei beni culturali ecclesiastici: questi costituiscono, oltre che un incalcolabile patrimonio dell'intera umanità, la testimonianza vivente del fecondo incontro tra il genio italiano e i principi della fede cristiana. Come tali, essi rappresentano visibilmente le radici e il significato di quella identità unitaria della nazione italiana che precede ed accompagna le sue forme statuali, armonicamente componendosi con la ricchezza e la varietà delle sue articolazioni regionali e locali.


6. Signor Presidente, facendo mie le parole della Conferenza Episcopale Italiana, desidero rivolgermi, attraverso la Sua persona, a tutti gli italiani per invitarli a guardare con fiducia verso l'avvenire, a credere che il nostro non è il tempo della rinuncia ma del coraggio, della generosità e della tenacia. L'Italia possiede energie umane e risorse materiali largamente sufficienti per superare le difficoltà dell'attuale momento, in una logica di giustizia e di solidarietà che permetteranno ad un antico, ma sempre vivo, patrimonio di concordia culturale, sociale e spirituale di esplicitare potenzialità nuove, adeguate alle esigenze dell'ora presente (cfr. Comunicato dei Lavori della XXXVI Assemblea Generale della C.E.I., Collevalenza, 26-29 ottobre 1992).

Come non pensare, in proposito, alle innumerevoli risorse del popolo italiano? Come non ricordare, tra l'altro, il concorso generoso e creativo di tante associazioni di volontariato e di numerosissimi giovani, che si prodigano con abnegazione e gratuità per dare risposte nuove a problemi emergenti specialmente sul fronte delle moderne forme di emarginazione? Mi rivolgo, soprattutto, ai giovani, ai quali Ella, Signor Presidente, cerca di trasmettere quegli ideali di giustizia e di pace che hanno plasmato la storia del popolo italiano, perché sentano come propri tali intramontabili valori che sono indispensabili per dar vita a società libere e solidali.

Esprimo, infine, l'augurio, che l'Italia, grazie anche alla Sua guida illuminata, sappia avanzare unita e concorde lungo la via maestra disegnata dalla fede e dall'impegno civile dei suoi padri; sappia trovare nella sua storia millenaria motivi di rinnovato impulso per tutelare e promuovere i valori umani, morali e spirituali che Le hanno garantito onore e considerazione nel mondo; possa progredire efficacemente nella ricerca del giusto benessere e dell'autentica prosperità di ogni suo abitante.

Ecco, Signor Presidente, gli auspici che mi è grato formulare alla Sua persona e all'intero popolo d'Italia, mentre invoco la benedizione di Dio su Lei e sui Suoi familiari, come pure sulle Autorità qui presenti e sulla diletta Nazione italiana.



Data: 1992-11-27 Data estesa: Venerdi 27 Novembre 1992

Visita "ad limina": ai Presuli delle Province ecclesiastiche di Lisbona e di Evora della Conferenza Episcopale Portoghese - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Difendere la vita e contrastare l'agnosticismo laicista per edificare una società fondata sulla solidarietà e sulla verità

Signor Cardinale Patriarca di Lisbona, Signor Arcivescovo di Evora, Venerati Vescovi delle due Province Ecclesiastiche,


1. Un anno e mezzo fa, ho avuto la gioia di poter tornare nella vostra Patria, per "convocare" da li "tutto il popolo di Dio all'evangelizzazione del mondo" (Discorso di arrivo, 10-V-1991, n.3). In occasione della Visita ad Limina del primo gruppo della vostra Conferenza Episcopale, ho avuto l'opportunità di congratularmi con la Chiesa in Portogallo per i frutti che sta raccogliendo da un decennio consacrato in particolar modo alla causa della rievangelizzazione, tra cui bisogna esaltare il desiderio di una maggiore unità fraterna e di una condivisione solidale che lo spirito del Signore sta suscitando in seno alle vostre diocesi. Sono certo che passano di li le vie dell'Avvento di Gesù Cristo, il Redentore dell'uomo, delle quali siamo stati costituiti araldi e sentinelle.

Fratelli carissimi, è per me motivo di grande gioia accogliervi oggi, al termine dei colloqui che ho avuto con ognuno di voi. Saluto tutti voi con fraterna cordialità e rendo grazie al Signore per la grande comunione che unisce voi e le vostre Chiese locali al Successore di Pietro. Sono grato a S.E. Cardinale Antonio Ribeira, per il saluto di omaggio che mi ha rivolto a nome di tutti: nelle sue parole ho sentito vibrare le preoccupazioni e le speranze che ognuno di voi porta nel suo cuore di Pastore, chiamato a annunciare e a promuovere le realtà trascendenti della vita nuova in Cristo, nel mondo di oggi, che di esse è particolarmente carente.


2. A prima vista, il corpo sociale della vostra nazione si va irrobustendo e sembra essere sulla giusta via: la maggior parte delle persone ha un migliore livello economico di vita, con un maggiore accesso ai beni della civiltà, grazie al significativo sforzo di progresso e di modernizzazione in atto. Regna un clima sociale di libertà e pace, che comincia ad essere di dialogo e di partecipazione, favorita dalla tolleranza e dal rispetto reciproco tra i cittadini. La Chiesa è amata dai fedeli e stimata da quanti si considerano estranei a lei, esistendo un buon rapporto tra autorità civili e ecclesiastiche, con reciproco sostegno in vista del bene comune, ma con indipendenza e libertà nei rispettivi campi di azione specifica. Tuttavia, accanto a questi segnali di vigore, emergono sintomi di crisi e di disorientamento, in particolare: un progressivo degrado del senso morale e dei costumi, con il frequente ricorso a separazioni coniugali, al divorzio; l'improvviso calo delle nascite a livelli preoccupanti, con il conseguente invecchiamento della popolazione e la rottura tra le generazioni; un laicismo, concepito come agnosticismo in materia di valori, che limita una popolazione di cultura cristiana nei suoi legittimi e riconosciuti diritti di scelta e di espressione; la diffusione di malattie che trovano terreno fertile in modi di vita che negano la verità della persona, come la prostituzione e l'amore libero, e che dire dell'insensibilità generalizzata all'impunità legale dell'aborto e alla sfrenata strage di innocenti da esso causata, che mina la capacità di accogliere e di proteggere la vita in tutte le sue fasi?!


3. La Chiesa è stata collocata da Dio sul lucerniere della Storia come Luce dei popoli al fine di illuminare tutti coloro che si trovano nella casa del tempo (cfr. Mt 5,14-16). Giustamente per questo, voi, amati fratelli, avete cercato, con pazienza e perseveranza, di illuminare il cammino dell'uomo e della società portoghese attraverso l'annuncio del piano divino rivelato in Gesù Cristo per la salvezza del mondo che riguarda tutti gli aspetti della vita umana: anche l'organizzazione e la convivenza sociale e politica. In questo ambito la Dottrina Sociale della Chiesa non nasconde la sua simpatia per il sistema democratico, ma difende la teoria secondo cui "un'autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana" (CA 46). Orbene, "uno Stato di diritto" comprende, innanzitutto, il riconoscimento e il rispetto dei diritti umani, primo tra essi, il diritto alla vita, "di cui è parte integrante il diritto a crescere sotto il cuore della madre dopo essere stati generati" (CA 47). "Si tratta di diritti naturali, universali e inviolabili: nessuno, né il singolo, né il gruppo, nè l'autorità, nè lo Stato, li può modificare né tantomeno li può eliminare, perché tali diritti provengono da Dio stesso" (CL 38). Per questo, la Chiesa ricorda che la democrazia esige il rispetto di tali diritti, ma il loro rispetto rappresenta al tempo stesso i limiti della democrazia.


4. Quest'ultima, pertanto, non implica che tutto si possa votare, che il sistema giuridico dipenda soltanto dalla volontà della maggioranza e che non si possa pretendere la verità nella politica. Al contrario, bisogna rifiutare con fermezza la tesi secondo la quale il relativismo e l'agnosticismo sarebbero la migliore base filosofica per una democrazia, visto che quest'ultima, per funzionare, esigerebbe da parte dei cittadini l'ammettere che sono incapaci di comprendere la verità e che tutte le loro conoscenze sono relative, vane o dettate da interessi e accordi occasionali. Una tale democrazia rischierebbe di trasformarsi nella peggiore delle tirannie: la libertà, elemento fondamentale di una democrazia, "è pienamente valorizzata soltanto dall'accettazione della verità" (CA 46). Proprio questo ha concluso, quasi un anno fa, il Sinodo dei Vescovi per l'Europa nel tentativo di identificare le vie della Nuova Evangelizzazione di un continente caratterizzato da diversi impulsi irrazionali e da un nuovo paganesimo: "Appare decisiva la questione del rapporto tra libertà e verità, troppo spesso concepito in termini antitetici dalla moderna cultura europea, mentre in realtà libertà e verità sono in tal modo reciprocamente ordinate e non possono essere raggiunte l'una senza l'altra. Egualmente essenziale è il superamento di un'altra alternativa, del resto collegata alla precedente: quella tra libertà e giustizia, libertà e solidarietà, libertà e comunione reciproca. La persona umana infatti, di cui la libertà costituisce la più alta dignità si realizza non nel ripiegamento su se stessa ma nel dono di sé" (Declaratio, n. 4), perché l'origine e il senso di tutta la realtà è Dio, Amore Trinitario, che si dona a noi attraverso la croce e la resurrezione di Cristo.


5. Amati fratelli nell'episcopato, senza nostalgia del passato né desiderio di conquista, ma con la motivata certezza che Gesù Cristo è l'unico Redentore dell'Uomo - nel Quale tante generazioni dei nostri antenati hanno trovato piena soddisfazione alle loro aspirazioni più profonde di libertà, verità e comunione -, sembra possibile e necessario provocare un confronto leale e cordiale con l'attuale società e la cultura portoghese, in modo che essa "sia messa in grado di decidere nuovamente del suo futuro nell'incontro con la persona e il messaggio di Gesù Cristo" (Declaratio, n. 2). Fra quelle condizioni, emerge innanzitutto il vedersi confrontata con l'appello alla conversione di vita: la persona, e con essa, la società e la cultura, troveranno la vita e la libertà nell'apertura alla trascendenza. Alla domanda "che dobbiamo fare fratelli?", la risposta della Chiesa dovrà essere: "Convertitevi...!" (cfr. Ac 2,37-38). Ciò significa che la nuova evangelizzazione dovrà contenere una finalità chiaramente penitenziale: portare l'uomo alla conoscenza di se stesso e a un riordinamento interiore, al distacco dal male e al ristabilimento dell'amicizia con Dio. Condizione necessaria perché la persona possa entrare nel santuario della propria coscienza è il liberarsi, almeno temporaneamente, dal ritmo frenetico e dal rumore assordante della vita moderna. Costretta, forse, a un simile vortice nelle ore di lavoro, la persona potrà ribellarglisi, rifugiandosi in alcune oasi di silenzio, nel tempo libero: dopo il lavoro, durante il fine settimana, durante le ferie... Ritroverà in tal modo la dimensione interiore dell'esistenza, quello sguardo umile e sincero dentro di sé, che scopre con stupore riconoscente il "dono di Dio" (Jn 4,10). A questo sguardo, venerati fratelli, urge chiamare ed educare gli uomini, aiutandoli, nel loro tempo libero, a fermarsi, a convivere e a estasiarsi nel loro Creatore e dinanzi alle sue opere. Che le vostre diocesi, attraverso le loro istituzioni, opere e iniziative create per accogliere questo pellegrino della pace, sappiano offrire, con un silenzio pieno di Dio, il riposo necessario al suo cuore inquieto (cfr. Sant'Agostino, Confessioni, I, 1). Desidero ricordare solo alcune priorità: creare il proprio spazio e tempo di preghiera personale e familiare; rispettare la Domenica, recuperando il suo originario significato religioso, di "giorno del Signore" mediante la partecipazione all'Eucaristia, e la sua importanza sociale di giorno del riposo e dell'incontro personale attraverso la partecipazione alla mensa e al dialogo con i familiari, e ancora attraverso il servizio di comunione e solidarietà verso i malati e i sofferenti; infine, ritemprarsi umanamente e spiritualmente con alcuni giorni di riflessione e formazione, di interiorità e orientamento di vita.


6. Come è stato detto, nell'obbiettivo della nuova evangelizzazione rientra la trasformazione della cultura dell'uomo di oggi; vi esorto, quindi, ad usufruire dei mezzi e delle iniziative necessari per inserirvi e far sentire la vostra presenza nei vari ambienti in cui essa viene decisa. La mancanza di tempo mi obbliga ad essere breve e incompleto, ma so che posso contare sulla vostra già lunga, persistente e sollecita attenzione a queste realtà. La prima di queste è il vasto campo dei mezzi di comunicazione sociale. Potendoli considerare oggi la principale fonte di informazione, di orientamento e di ispirazione, a livello di comportamento individuale, familiare e sociale, la Chiesa "ritiene suo dovere predicare l'annuncio della salvezza servendosi anche degli strumenti della comunicazione sociale... Compete pertanto alla Chiesa il diritto nativo di usare e possedere siffatti strumenti, in quanto siano necessari o utili alla formazione cristiana ed alla sua globale opera salvifica delle anime" (IM 3).

Senza dimenticare la lodevole opera evangelizzatrice della stampa cattolica, con la sua importante rete di giornali soprattutto regionali, e della radio cattolica, non posso oggi fare a meno di congratularmi con voi, per il fatto che in breve è divenuto realtà l'accesso della Chiesa ad un uso degno, libero e necessario di un canale televisivo, grazie alla mediazione di un gruppo di laici cristiani e di istituzioni cattoliche, prima fra tutte Radio Renascença, tutte molto meritevoli del nostro apprezzamento e della nostra benedizione. Una seconda realtà decisiva per intervenire nella cultura portoghese, in vista della sua recristianizzazione, è il mondo della Scuola, dalle elementari all'Università. Condivido la vostra preoccupazione nel vedere le difficoltà che in quel campo vi si presentano, sia per mantenere in piedi una Scuola alternativa di ispirazione cristiana, che per motivare gli alunni della Scuola pubblica alla scelta positiva a favore della disciplina di Educazione Morale e Religiosa Cattolica, che è autorizzata con lo statuto di iscrizione libera senza alcuna conseguenza per il curriculum scolastico. Senza negare l'importanza e la necessità dei mezzi finanziari e strutturali materiali, ci fa ricordare come la Chiesa abbia sempre saputo, anche nella povertà di strumenti, aprirsi alla ricchezza della grazia, riuscendo a trovare in tal modo apostoli per le grandi cause. Con la loro presenza persino la moltiplicazione di quelli sembra possibile.


7. Signor Cardinale, venerati Vescovi, Se il Pastore della parabola è preoccupato per aver perso una delle cento pecore del suo gregge, (cfr. Lc 15,4), certamente non possiamo rimanere in pace, vedendo lo smarrimento doloroso e mortale di tanti fratelli e la loro vita sempre più povera di significato. A voi spetta il compito di condurre questo popolo di Dio alla pienezza della risposta fedele al disegno divino. Vi accompagna, in questo arduo ma esaltante cammino, la Vergine Signore di Fatima, Guida celeste che conduce con affetto materno i popoli verso la libertà, i quali in Lei trovano l'immagine più perfetta della liberazione (cfr. Saluto durante la Veglia Mariana 12.V.1991 n. 4). Alla sua vigile e materna protezione, affido i vostri progetti apostolici e le necessità materiali e spirituali delle diocesi di cui siete Pastori.

Non lasciate che le difficoltà, gli imprevisti e persino le contraddizioni del ministero che vi è stato affidato spengano il vostro entusiasmo, piuttosto, andate ripetendo come San Paolo: "So infatti a chi ho creduto" (2Tm 1,12). Siate apostoli dell'ottimismo e della speranza e infondete fiducia ai più diretti collaboratori che condividono le vostre ansie e le vostre gioie pastorali. A ognuno di voi, così come ai sacerdoti, ai consacrati, a tutti i fedeli delle vostre Comunità e a tutto il popolo portoghese, imparto con affetto la mia Benedizione.

Data: 1992-11-27 Data estesa: Venerdi 27 Novembre 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Al Consiglio esecutivo dell'Organizzazione Mondiale del Turismo - Città del Vaticano (Roma)