GPII 1993 Insegnamenti - III. Il nuovo documento della Commissione Biblica

III. Il nuovo documento della Commissione Biblica


12. In queste prospettive - lo affermava la Providentissimus Deus - "un vasto campo di ricerca è aperto al lavoro personale di ciascun esegeta" (E.B., n.109).

Cinquantanna anni dopo, la Divino afflante Spiritu rinnovava, in termini differenti, la stessa stimolante constatazione: "restano dunque molti punti, e alcuni molto importanti, nella discussione e la spiegazione dei quali la profondità di spirito e il talento degli esegeti cattolici possono e devono esplicarsi liberamente" (E.B. n.565).

Ciò che era vero nel 1943 rimane ancora tale ai nostri giorni, poichè il progresso delle ricerche ha portato soluzioni ad alcuni problemi e, allo stesso tempo, nuove questioni da esaminare. Nell'esegesi, come nelle altre scienze, quanto più si fa avanzare la frontiera del non conosciuto, tanto più si allarga il campo da esplorare. Meno di 5 anni dopo la pubblicazione della Divino afflante Spiritu, la scoperta dei manoscritti di Qumran dava nuova luce a un grande numero di problemi biblici e apriva altri campi di ricerche. In seguito, molte scoperte sono state fatte e nuovi metodi di ricerca e di analisi sono stati approntati.


13. E' questo cambiamento di situazione che ha reso necessario un nuovo esame dei problemi. La Pontificia Commissione Biblica si è ricollegata a questo compito e presenta oggi il frutto del lavoro intitolato L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa. Ciò che colpirà a prima vista in questo documento, è l'apertura di spirito con il quale è concepito. i metodi, gli approcci e le letture adoperati oggi nell'esegesi sono esaminati e, malgrado slcune riserve a volte gravi che è necessario esprimere, si ammette, in quasi tutti, la presenza di elementi validi per un'interpretazione integrale del testo biblico. Poichè l'esegesi cattolica non ha un metodo di interpretazione proprio ed esclusivo, ma partendo dalla base storico-critica, svincolata dai presupposti filosofici o altri contrari alla verità della nostra fede, essa beneficia di tutti i metodi attuali, cercando in ciascuno di essi il "seme del Verbo".


14. Un altro tratto caratteristico di questa sintesi è il suo equilibrio e la sia moderazione. Nella sua interpretazione della Bibbia, essa sa armonizzare la diacronia e la sincronia riconoscendo che entrambe si completano e sono indispensabili per far emergere tutta la verità del testo e per venire incontro alle legittime esigenze del lettore moderno. Ed è ancora più importante che l'esegesi cattolica non rivolge la propria attenzione ai soli aspetti umani della rivelazione biblica, il che è a volte il torto del metodo storico-critico, nè ai soli aspetti divini, come vuole il fondamentalismo; essa si sforza di mettere in luce gli uni e gli altri, uniti nella divina "condiscendenza" (DV 13), che è alla base di tutta la Scrittura.


15. Potremo infine percepire l'accento posto in questo documento sul fatto che la Parola biblica attiva si rivolge universalmente, nel tempo e nello spazio, a tutta l'umanità. Se "le parole di Dio (...) si sono fatte simili al linguaggio, degli uomini" (DV 13) è per essere comprese da tutti. Esse non devono restare lontane, "troppo" alte "per te, nè troppo" lontane "da te. (...) Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perchè tu la metta in pratica" (Dt 30,11 Dt 30,14). Questo è lo scopo dell'interpretazione della Bibbia. Se il compito principale dell'esegesi è di raggiungere il senso autentico del testo sacro o i suoi differenti sensi, bisogna in seguito al destinatario della Sacra Scrittura che è, se possibile, ogni persona umana. La Bibbia esercita la sua influenza nel corso dei secoli. Un processo costante di secolarizzazione adatta l'interpretazione alla mentalità e al linguaggio contemporanei. Il carattere concreto e immediato del linguaggio biblico facilita grandemente questo adattamento, ma il suo radicamento in una cultura antica provoca molte difficoltà.

Bisogna dunque costantemente ritradurre il pensiero biblico in un linguaggio contemporaneo, perchè sia espresso in una maniera adatta agli uditori. Questa traduzione deve tuttavia essere fedele all'originale, e non può forzare i testi per adattarli a una lettura o a un approcio in voga in un determinato momento.

Bisogna mostrare tutto il fulgore della parola di Dio anche se espressa "in paroel umane" (DV 13). La Bibbia è diffusa oggi in tutti i continenti e in tute le nazioni. Ma affinchè la sua azione sia profonda, bisogna che ci sia una inculturazione secondo il genio specifico di ogni popolo. Forse le nazioni meno segnate dalle deviazioni della moderna civiltà occidentale comprenderanno il messaggio biblico più facilmente di quelle che sono già quasi insensibili all'azione della parola di Dio a causa della secolarizzazione e degli eccessi della demitologizzazione. Nella nostra epoca è necessario un grande sforzo, non solo da parte dei sapienti e dei predicatori, ma anche da parte dei divulgatori del pensiero biblico: essi devono utilizzare tutti i mezzi possibili - e ce ne sono molti oggi - affinchè la portata universale del messaggio biblico sia ampiamente riconosciuta e affinchè la sua efficacia salvifica possa manifestarsi dappertutto. Grazie a tale documento l'interpretazione della Bibbia nella Chiesa potrà trovare un nuovo slancio, per il bene del mondo intero, per far risplendere la verità e per esaltare la carità alle soglie del terzo millennio.

Conclusione 16. Concludendo, ho la gioia di poter porgere, così come i miei predecessori, Leone XIII e Pio XII, agli esegeti cattolici e in particolare a voi, membri della Pontificia Commissione Biblica, allo stesso tempo ringraziamenti e incoraggiamenti. Viringrazio cordialmente per il lavoro eccellente che voi compite al servizio della parola di Dio e del popolo di Dio: lavoro di ricerca, d'insegnamento e di pubblicazione; aiuto apportato alla teologia, alla liturgia della Parola e al ministero della predicazione; iniziative che favoriscono l'ecumenismo e le buone relazioni tra cristiani e ebrei; partecipazione agli sforzi della Chiesa per rispondere alle aspirazioni e alle difficoltà del mondo moderno. A ciò aggiungo i miei calorosi incoraggiamenti per la nuova tappa da percorrere. L acrescente complessità del compito richiede gli sforzi di tutti e una vasta collaborazione interdisciplinare. In un mondo dove la ricerca scientifica assume una sempre maggiore importanza in numerosi campi, è indispensabile che la scienza esegetica si situi in un livello adeguato. E' uno degli aspetti dell'inculturazione della fede che fa parte della missione della Chiesa, in sintonia, con l'accoglienza del mistero dell'Incarnazione.

Che Cristo Gesù, Verbo di Dio incarnato, vi guidi nelle vostre ricerche, lui che ha aperto lo spirito dei suoi discepoli all'intelligenza delle Scritture (Lc 24,45)! Che la Vergine Maria vi serva da modello non solamente per la sua generosa docilità alla parola di Dio, ma anche e soprattutto per il suo modo di ricevere quello che Lui aveva detto! San Luca ci riferisce che Maria meditav in cuor suo le parole divine e gli avvenimenti che si compivano, "symballousa en te kardia autes" (Lc 2,19). per la sua accoglienza della Parola, essa è il modello e la madre dei discepoli (Cfr. Jn 19,27). che Essa vi nsegni ad accogliere pienamente la parola di Dio, non solo attraverso la ricerca intellettuale, ma anche in tutta la vostra vita! Affinchè il vostro lavoro e la vostra azione contribuiscano sempre più a far risplendere la luce delle Scritture, vi imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1993-04-23 Data estesa: Venerdi 23 Aprile 1993

Messaggio videoregistrato al popolo di Albania a vigilia del pellegrinaggio apostolico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vengo a voi nel nome di Dio. Vengo per implorare con voi e per voi un futuro di serenità e di pace.

Carissimi fratelli e sorelle albanesi!


1. Alla vigilia della mia visita alla vostra diletta e nobile Nazione - visita così a lungo attesa - desidero inviarvi un primo cordiale saluto, col quale intendo abbracciare tutti gli Albanesi.

Con vivo affetto saluto la Comunità cattolica di Albania, pregustando la gioia di ordinare, nella Cattedrale di Scutari, i suoi nuovi Pastori. Dopo il lungo periodo di inaudita oppressione e violenza, a cui è stata sottoposta, possa essa riprendere con fiducia il suo cammino in grande fervore di comunione e di testimonianza, per l'edificazione del Regno di Dio e a vantaggio dell'intera società.

Il mio pensiero deferente va, poi, al Signor Presidente della Repubblica, Dott. Sali Berisha, e alle Autorità civili, politiche e militari del Paese. A tutti esprimo fin d'ora i miei sentimenti di gratitudine per la disponibilità con cui hanno favorito la mia visita pastorale.

Invio un particolare saluto anche alla Chiesa autocefala ortodossa albanese, nonché alla Comunità musulmana e a tutti i cittadini del Paese, con l'augurio che la mia visita serva a rinsaldare i legami di fraterna convivenza che hanno costantemente caratterizzato i rapporti fra le diverse confessioni religiose. Grazie all'impegno concorde di tutte le persone di buona volontà l'Albania saprà affrontare e risolvere i problemi non facili che le stanno dinanzi.

Carissimi fratelli e sorelle albanesi, vengo a voi nel nome di Dio.

Vengo per implorare con voi e per voi un futuro di serenità e di pace.

Mirupafshim të nesër! Zoti ju bekofte: (Arrivederci domani! Il Signore vi benedica!)

Data: 1993-04-24 Data estesa: Sabato 24 Aprile 1993

Discorso ai membri dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro -Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fare ogni sforzo per realizzare una fraterna convivenza tra i popoli che in Terra Santa s'incontrano per pregare l'unico Dio

Signor Cardinale, Venerati fratelli nell'episcopato, Signori membri del Gran Magistero e Luogotenenti, Gentili Signore!


1. Sono lieto di porgere a tutti il mio cordiale benvenuto e, altresi, di rinnovare i sentimenti della mia stima e riconoscenza ai Cavalieri, Dame ed Ecclesiastici, che compongono l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e che voi quest'oggi degnamente rappresentate. Desidero ringraziare di cuore il Signor Cardinale Giuseppe Caprio, Gran Maestro di questo Sodalizio, per le gentili espressioni di ossequio che, anche a nome vostro, mi ha poc'anzi indirizzato.

Desidero soprattutto partecipare a ciascuno di voi qui presenti il mio vivo compiacimento per il generoso impegno spirituale e per la costante opera caritativa che l'Ordine del Santo Sepolcro di Gerusalemme svolge da tanti anni in favore dei Luoghi Santi e del Patriarcato Latino, adempiendo con fedeltà la missione affidatagli in tal senso dai Sommi Pontefici nel corso della sua storia.


2. Come all'epoca della sua costituzione, quale "corpo d'onore" per la custodia del Santo Sepolcro, dopo tanti secoli quella Terra benedetta è, purtroppo, nuovamente priva di una solida pace. La fraterna convivenza dei popoli che li si incontrano per pregare Dio, unico Creatore e Signore, è, infatti, lungi dall'essere realizzata, nonostante gli sforzi sinora dispiegati.

A voi, carissimi, il mio ringraziamento per l'impegno profuso nel favorire questa auspicata solidarietà. Bisogna fare ogni possibile sforzo perché la logica della violenza non si impadronisca del cuore umano. Per questo vi incoraggio a sostenere con dedizione ogni iniziativa di riconciliazione tra individui e popoli e ad incrementare con ogni mezzo il servizio che è tipico del vostro Ordine nei confronti della Comunità ecclesiale e civile dei Luoghi Santi.

Sono grato per l'auspicio espresso circa una mia futura visita alla Terra resa sacra dalla presenza di Cristo, della Vergine Santa e degli Apostoli.

In attesa di compiere, quando il Signore vorrà, questo pellegrinaggio, desidero esortare ciascuno di voi - ogni Cavaliere, Dama ed Ecclesiastico dell'Ordine - a sostenere il mio servizio pastorale con la preghiera. Per parte mia, vi affido tutti alla materna protezione della Vergine di Nazareth, perché vi assista nello speciale compito di vegliare con amore su quei Luoghi, che videro il Divin Redentore passare "beneficando e risanando tutti coloro che erano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con Lui" (Ac 10,38).

Con tali sentimenti, volentieri imparto a tutti voi la mia Benedizione.

Data: 1993-04-24 Data estesa: Sabato 24 Aprile 1993

Discorso ai Vescovi del Michigani e dell'Ohio in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Recuperare e approfondire la tradizione cattolica è parte essenziale dell'opera della nuova evangelizzazione

Cari fratelli in Cristo,


1. Nell'amore del Signore risorto vi do il benvenuto, vescovi degli Stati Uniti provenienti dal Michigan e dall'Ohio, in occasione della vostra visita "ad limina". In questi giorni di gioia pasquale per la Chiesa prego affinché la vostra vita e il vostro ministero testimonino con forza sempre maggiore il fatto che "Cristo è risuscitato dai morti" (1Co 15,20). In tal modo sarete autentici testimoni e insegnanti della fede, e compirete veramente la missione che vi è stata affidata in quanto membri del Collegio episcopale. Il popolo di Dio ha bisogno, ora e sempre, di poter contare sulla chiara testimonianza della fede dei vescovi della Chiesa: "Poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, manteniamo la ferma professione della nostra fede" (He 4,14).

Riuniti qui presso la tomba di Pietro, che il Signore dopo la risurrezione ha confermato nel ruolo di rafforzare i fratelli (Jn 21,15-19), siamo uniti in una comunione che è fraterna e gerarchica. Questa unione in Cristo si estende per abbracciare il clero, i religiosi e i laici delle vostre Chiese locali. Con voi lodo lo Spirito Santo per i doni e i servizi che egli ispira loro, e per il suo potere di unire tutti in una meravigliosa unità (Cfr. 1Co 12,4).


2. Con fede nello stesso Spirito continuiamo le nostre riflessioni sulle sfide pastorali che la Chiesa nel vostro Paese deve affrontare. Partendo da ciò che dissi lo scorso mese al primo gruppo di vescovi con riferimento al Catechismo della Chiesa cattolica, desidero ancora una volta sottolineare il significato per la vita della Chiesa di una conoscenza più vasta delle verità del Credo, l'espressione della fede della Chiesa, la garanzia della sua apostolicità e della sua unità dottrinale. Non è possibile pensare alla Chiesa senza pensare al suo Credo, alle sue verità che devono essere professate da coloro che desiderano restare all'interno dei vincoli della sua comunione visibile. Di conseguenza, all'interno della comunione dell'unica Chiesa di Cristo, ogni Chiesa particolare deve rimanere salda nell'autentica dottrina cattolica, e in particolare attraverso l'insegnamento del vescovo.

La crescita e la vitalità della Chiesa, la sua capacità di santificare e di trasformare, il suo servizio verso la famiglia umana e la sua diffusione missionaria dipendono tutti dalla tutela della verità che le è stata affidata (Cfr. 1Tm 6,20). Il Concilio Vaticano II ricorda ai vescovi che uno dei loro principali doveri è quello di proporre loro "l'intero mistero di Cristo..." e di additare insieme "la via, da Dio rivelata, che conduce alla glorificazione di Dio... " (CD 12). La rivitalizzazione e l'autentico rinnovamento a cui il Concilio ha chiamato i vescovi, i sacerdoti e i diaconi nel ministero della Parola, sia come predicazione che come catechesi, implica non solo un adattamento alle esigenze dei tempi, ma anche - come ha indicato chiaramente il Concilio - il fatto che tutti dovrebbero tutelare la dottrina, insegnando ai fedeli a difenderla e a diffonderla (Cfr. CD 12).


3. Questo è un punto importante poiché fra i modi in cui la grazia di Cristo ci tocca, singolarmente e insieme nel corpo mistico, la parola dell'annuncio ha un significato particolare. Una predicazione falsa o superficiale non servirà a far rivivere il mistero. Essa non condurrà alla fede, alla grazia e al sacramento. Non promuoverà la realizzazione della salvezza ottenuta "per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta e per sempre" (He 10,10). Vi esorto a considerare attentamente i valori essenziali in gioco. I tempi sono maturi per concentrare i vostri sforzi pastorali, pianificati, sentiti e colmi di preghiera, sulla riappropriazione e sull'approfondimento delle abbondanti ricchezze della tradizione cattolica. Questo sforzo enorme, parte essenziale della "nuova evangelizzazione", avrà esito positivo soltanto se sarà affiancato da un nuovo fervore, soltanto se incarnerà uno stile di vita pastorale che in tutte le cose si conforma al modello del buon pastore (Cfr. PDV 18). Se la "nuova evangelizzazione" consiste nel portare frutti duraturi (Cfr. Jn 15,16), è prima necessario valutare obiettivamente la situazione attuale. Solo allora potremo assicurare una risposta corretta a ciò che lo Spirito Santo sta dicendo alle Chiese oggi (Cfr. Ap 3,22).


4. Da recenti pubblicazioni della vostra Conferenza e dalle nostre conversazioni avvenute durante questa visita "ad limina", emerge chiaramente che molti di voi percepiscono un rafforzamento del catechismo come uno dei compiti più importanti che la Chiesa si trova ad affrontare negli Stati Uniti. In alcuni luoghi i giovani non hanno ricevuto un'istruzione adeguata sulle verità fondamentali della fede. I genitori spesso non sono in grado di adempiere al loro ruolo di primi educatori nella fede. Persino ad adulti istruiti alcune volte manca la capacità di formulare la loro fede in relazione alle numerose questioni sorte a causa della grande diversità di opinioni presenti nella società. I pastori possono essere inclini a delegare una parte troppo grande della loro responsabilità di insegnamento. Le organizzazioni catechistiche professionali e i centri di formazione per catechisti a volte non sono in grado di riconoscere l'inefficacia di quei programmi e di quelle pubblicazioni che non danno abbastanza importanza al contenuto della fede.

Sono stati adottati alcuni metodi in cui il "fides quae creditur" viene troppo trascurato. Mi rivolgo ad ognuno di voi personalmente, e a tutto il corpo dei vescovi, per affrontare questa sfida. Il Catechismo della Chiesa cattolica sarà un validissimo strumento e un indispensabile punto di partenza per aiutare voi e i fedeli ad affrontare le sfide attuali con l'inesauribile ricchezza del Vangelo (Cfr. "Lettera ai sacerdoti in occasione del Giovedi Santo 1993, n. 2).

Anche voi riconoscete che mantenere il carattere ecclesiale delle istituzioni più importanti - in primo luogo le grandi strutture educative, sanitarie e i servizi sociali, di cui i cattolici americani sono giustamente orgogliosi - pone la Chiesa negli Stati Uniti di fronte a sfide sempre maggiori. I cambiamenti nel clima culturale della nazione esigono che tali istituzioni siano più attive nel promuovere la propria identità cattolica e quindi nell'assolvere le proprie responsabilità nei confronti della Chiesa e della società (Cfr. "Incontro con i responsabili dell'Educazione cattolica superiore, New Orleans, 12 settembre 1987, n. 3). Se la missione e l'orientamento nell'ambito di tali istituzioni hanno seguito in modo troppo acritico modelli secolari, voi, vescovi, dovete esortarli a ritrovare di nuovo la perenne freschezza del Vangelo.


5. Le precedenti generazioni dei cattolici statunitensi hanno fatto dei grandi sacrifici per costruire un sistema di scuole parrocchiali che ha prodotto successi incommensurabili nel trasmettere la fede e nell'offrire un'eccellente esperienza educativa. Questo è stato reso possibile dall'illimitata dedizione di tanti religiosi, religiose e laici, e approfitto dell'occasione per ringraziare tutti coloro che si dedicano così generosamente a questo compito e a questa missione.

Queste scuole, basate su una filosofia educativa in cui fede, cultura e vita vengono armonizzate, si integrano nella missione evangelizzatrice e catechizzante della Chiesa (Cfr. Congregazione per l'Educazione cattolica, "La dimensione religiosa dell'educazione in una scuola cattolica, n. 34). Allo stesso modo, esse sono portatrici di un grandissimo valore sociale, nella misura in cui trasmettono dei sani principi etici e morali, il primato della persona e una solidarietà universale e concreta con coloro che si trovano nel bisogno. I vostri sforzi, nonostante le difficoltà finanziarie e gli avvicendamenti della popolazione, per mantenere la presenza delle scuole cattoliche nelle aree urbane e per essere al servizio delle minoranze e degli immigranti appena arrivati, dimostrano il fermo impegno delle diocesi e delle comunità religiose per una solidarietà multiculturale come esigenza dell'amore evangelico. La vostra guida pastorale è ora richiesta al fine di riconfermare la comunità cattolica nella "profonda convinzione che le scuole cattoliche devono esistere per il bene della Chiesa" (Vescovi statunitensi, "In Support of Catholic Elementary and Secondary Schools", 14 novembre 1990, n. 1).


6. Desidero inoltre ribadire quello che già dissi a New Orleans ai responsabili dell'Educazione cattolica superiore: "La più grande sfida è e rimarrà quella di preservare e rafforzare il carattere cattolico dei vostri collegi e università: quello stesso impegno istituzionale verso la parola di Dio proclamato dalla Chiesa cattolica" (12 settembre 1987, n. 9). La comunità accademica cattolica in quanto tale, e non solo i singoli che ne fanno parte, è chiamata a sposare questa visione, senza false dicotomie tra il ruolo della ragione e quello della rivelazione, tra la libertà accademica e Le esigenze di un'identità cattolica. La chiamata ad essere cattolici implica un rapporto con l'insegnamento della Chiesa in tutti gli aspetti della vita di tale istituzione: nelle implicazioni etiche e morali del suo insegnamento, la testimonianza dell'integrità intellettuale e della condotta deontologica dei suoi docenti, nonché i modelli di bontà, disciplina e conoscenza offerti agli studenti.

In certi casi, il vescovo locale può rafforzare l'identità cattolica di un Collegio o di una Università tramite il suo ruolo giuridicamente riconosciuto nella gestione interna dell'istituzione. In altri casi, i vescovi devono adempiere a questa grave responsabilità indirettamente, attraverso il personale consacrato o laico implicato. In ogni caso, le istituzioni cattoliche devono riconoscere il ruolo del vescovo come supremo maestro della fede nella diocesi. Come ho sottolineato nel corso della mia ultima visita pastorale negli Stati Uniti, i vescovi non devono essere visti come "operatori esterni, ma come partecipanti alla vita dell'Università Cattolica". Come pastori dell'intero popolo di Dio affidatovi, voi sostenete equamente, incoraggiate e, quando necessario, offrite una correzione fraterna a coloro che sono impegnati nella nobile causa dell'educazione cattolica superiore.


7. Infine, vorrei dire qualche parola sui servizi sanitari e sociali nel vostro compito pastorale. Dando testimonianza all'inalienabile dignità della persona umana e condividendo con compassione le sofferenze dei malati e degli anziani, coloro che sono impegnati in questi servizi portano una testimonianza efficace dell'amore del "buon samaritano" (Cfr. "Salvifici Doloris", 29). Il mantenere, ma ancor più il rendere fiorenti tali istituzioni, proprio in quanto cattoliche, è un compito che richiede determinazione e coraggio. Nella Chiesa, e nella società nel suo insieme sono necessarie un'ulteriore spiegazione e una migliore formazione riguardo alla loro identità cattolica e il loro specifico contributo al bene comune. I cristiani impegnati nella ricerca medica, nell'assistenza sanitaria e nei servizi sociali hanno bisogno di un fermo sostegno per poter resistere a pressioni che mirano a far loro tollerare o a coinvolgerli direttamente in pratiche immorali che compromettono la vera dignità della persona umana. Inoltre, i vescovi dovrebbero incoraggiare tutti coloro che si dedicano ad alleviare la sofferenza umana a vedere la propria attività come una forma eminente di amore cristiano. L'ispirazione evangelica del loro servizio non deve essere oscurata o minata dalla crescente "industrializzazione" del sistema sanitario.


8. Cari fratelli vescovi, il vostro ministero abbraccia in modo speciale la nascente generazione dei cattolici statunitensi, il giovane popolo delle vostre diocesi, che ha il diritto di aspettarsi che voi, e le loro famiglie, scuole e parrocchie, trasmettiate loro i il tesoro di una fede piena e autentica. Penso con gioia al momento in cui incontrero molti di loro in occasione della Giornata mondiale della gioventù, in agosto, a Denver. La preparazione spirituale che vi conduce a tale evento avrà importanti conseguenze per la realizzazione del fine che noi tutti perseguiamo: che Cristo, la via, la verità e la vita, venga proclamato al mondo della gioventù. E' Gesù Cristo, e nessun altro, che risponde alle aspirazioni più profonde dei giovani nella loro esigenza di un mondo di verità, giustizia e pace. Vi esorto a continuare ad essere degli entusiasti sostenitori dell'incontro di Denver.

Ci sono così tanti compiti pastorali impegnativi che vi attendono nell'avvicinarsi del prossimo millennio cristiano. La Chiesa negli Stati Uniti sta sperimentando un periodo di sfida particolare. Le sue istituzioni sono chiamate ad incarnare in modo sempre più completo la verità liberatrice del Salvatore (Cfr. Jn 8,32). I cattolici americani affrontano la sfida di essere rinnovati nella loro "obbedienza nella fede" a Cristo e alla sua Chiesa (Cfr. Rm 1,5 Rm 16,26). Nelle mie preghiere affido voi insieme ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose e ai laici delle vostre diocesi a Maria, Madre del Redentore.

Possa il Signore risorto sostenere i vostri decisi sforzi per rimanere sempre fedeli alla missione e al ministero affidatovi quando avete ricevuto la pienezza del sacerdozio. Con la mia apostolica benedizione.

Data: 1993-04-24 Data estesa: Sabato 24 Aprile 1993

Discorso alla cerimonia di benvenuto all'aeroporto internazionale - Tirana (Albania)

Titolo: L'Europa e il mondo non devono dimenticare gli anni di passione del popolo albanese

Signor Presidente, Illustri Rappresentanti del Governo e del Parlamento, Venerati Fratelli nell'Episcopato, Distinti membri del Corpo diplomatico! Vëllezër e motra shqiptarë fort të dashur! Mirë se ju gjej. (Carissimi fratelli e sorelle albanesi! Ben trovati).


1. Con profonda gioia e gratitudine al Signore visito oggi per la prima volta questa amata terra albanese. Mi rivolgo anzitutto con sentimenti di grata deferenza al Capo dello Stato, Dottor Sali Berisha, che ha voluto unirsi ai responsabili della Chiesa Cattolica nell'invitarmi per l'odierno incontro, e Gli esprimo sincero apprezzamento per le parole di benvenuto rivoltemi, alle quali corrispondo volentieri augurando pace e serena prosperità per l'intera Nazione.

Saluto con affetto l'Arcivescovo Anastas ed i fedeli della Chiesa Ortodossa, a noi legata dalla comune fede in Cristo e dall'impegno di fattiva collaborazione nell'annuncio del Vangelo. Indirizzo un pensiero cordiale al Kryemufti Sabri Koçi ed alla comunità musulmana, ricordando il nostro incontro, nel gennaio scorso, ad Assisi, per invocare da Dio il dono della pace in Europa e nel mondo. Abbraccio nel Signore tutti i miei Fratelli cattolici ed a ciascuno ripeto con l'apostolo Paolo: "Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo" (Rm 15,13). A te, nobile popolo albanese, il mio caloroso e affettuoso saluto! Sono note a tutti le tristi vicende che hai dovuto affrontare, specialmente negli ultimi venticinque anni. Anni di autentica passione, le cui conseguenze il tempo difficilmente riuscirà a cancellare e che, comunque, l'Europa ed il mondo intero non devono dimenticare. Anni di privazione delle libertà fondamentali della persona umana, comprese quelle di espressione, di associazione e di religione, che hanno provocato gravi lacerazioni nel tuo tessuto sociale, segnando profondamente i comportamenti e le coscienze. La Santa Sede ha seguito sempre con partecipe attenzione - che si faceva non di rado accorata trepidazione - il tuo faticoso cammino durante i lunghi anni dell'oppressione totalitaria, e ti è stata vicina con la preghiera e la sollecitudine pastorale. Ed oggi, mi rallegro di poter condividere con te, Paese ricco di tradizioni culturali e spirituali, la gioia per la ritrovata libertà. Sono lieto di poterti incoraggiare nell'intrapreso sforzo di ricostruzione morale e materiale, assicurandoti il leale e costante sostegno della Chiesa Cattolica.


2. Durante un così rigido e penoso inverno di sofferenze e di prove, "l'eroica Chiesa in Albania, sconvolta da dura e prolungata persecuzione, ma arricchita dalla testimonianza dei suoi martiri", come ebbi a ricordare nel corso della Visita pastorale all'Arcidiocesi pugliese di Otranto nell'ottobre del 1980, ha condiviso fino in fondo i dolori e le speranze della Nazione, tenendo viva, anche mediante il sacrificio personale di numerosi suoi membri, l'antichissima tradizione cristiana, nella convinzione che essa rappresenta un valore irrinunciabile dell'autentica identità albanese. Come fu partecipe delle recenti dolorose vicende, la Chiesa intende anche ora condividere la gioia e la responsabilità dell'insorgente stagione di libertà appena iniziata. E' sua viva aspirazione offrire un significativo contributo alla realizzazione del progresso integrale dell'Albania, come pure al suo attivo inserimento nel contesto europeo, a cui le antiche radici storiche naturalmente la conducono.


3. Gli eventi liturgici e spirituali, che costituiscono il principale motivo di questo mio rapido soggiorno nella vostra Patria, sottolineano opportunamente il clima di rinnovamento che il Paese sta ora sperimentando. Con l'odierna ordinazione di quattro Vescovi nella Cattedrale di Scutari, la vita della Comunità ecclesiale riceverà rinnovato impulso e vigore. Essa potrà, così, crescere con maggiore stabilità e serenità, arricchendosi di più fresche energie per servire, con rinfrancata disponibilità, la causa del popolo albanese e del suo armonioso sviluppo. Avro poi, quest'oggi, l'opportunità di benedire la prima pietra del Santuario della Madonna del Buon Consiglio, che la Chiesa albanese invoca come sua speciale protettrice. Possa quel tempio diventare per tutti un costante richiamo a cercare in Dio l'ispirazione più salda per ricostruire in modo sempre rispettoso dell'uomo il destino della Nazione. Maria Santissima, a cui anche i fedeli musulmani guardano con venerazione, vi preservi, carissimi Fratelli e Sorelle, da ogni tentazione d'intolleranza e di reciproca diffidenza. La mia visita vuole essere poi un incoraggiamento a proseguire uniti e saldi nel cammino, pur impervio e non privo di rischi, che conduce alla piena libertà, nel rispetto di tutti e seguendo le orme a voi familiari della pacifica convivenza, dell'aperta collaborazione ed intesa fra le diverse componenti etniche, culturali e spirituali. Come già un tempo Cattolici, Ortodossi e Musulmani dettero prova di fruttuosa comprensione, così anche per il presente ed il futuro il reciproco dialogo e la mutua solidarietà si approfondiscano e si sviluppino, si da sorreggere validamente lo sforzo in atto della ricostruzione e del rinnovamento nazionale.

E' doveroso ricordare, in questa circostanza, l'eroe nazionale e fervente cristiano, Gyergy Kastriota Skënderbeu, l'"atleta di Gesù Cristo", della cui morte proprio quest'anno ricorre il 52 anniversario. Come nei suoi tempi assai difficili, la Chiesa anche oggi non mancherà di offrire ogni suo possibile apporto allo sviluppo integrale, materiale e spirituale, del popolo albanese.

Con tali sentimenti, ancora una volta ringrazio voi tutti qui presenti per l'accoglienza riservata a me e ai miei Collaboratori. Invoco sull'odierna Visita pastorale la protezione di Maria, Madre del Buon Consiglio, ed a Lei affido le inquietudini e le speranze dell'intero popolo albanese. Iddio effonda su ciascuno, in particolare su quanti collaborano alla realizzazione di questo mio soggiorno albanese, la più larga effusione della sua grazia e della sua benevolenza.

Edhe një herë ju përshendes me gjithë zemër! (Ancora una volta vi saluto cordialmente!).

Data: 1993-04-25 Data estesa: Domenica 25 Aprile 1993


GPII 1993 Insegnamenti - III. Il nuovo documento della Commissione Biblica