GPII 1993 Insegnamenti - Ad una delegazione della "Lega Mondiale Islamica" - Città del Vaticano (Roma)

Ad una delegazione della "Lega Mondiale Islamica" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La comune convinzione sulla dignità dell'uomo

Vostra eminenza, vostre eccellenze, cari amici, Sono lieto di accogliere in Vaticano i distinti membri della delegazione della Lega Mondiale Islamica che prende parte all'incontro organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio. E' mia speranza che la vostra discussione promuoverà una migliore comprensione tra musulmani e cristiani e una più efficace cooperazione nella causa della pace.

In un momento in cui i conflitti e le guerre stanno causando immense sofferenze ai membri della famiglia umana in tutto il mondo, c'è urgente bisogno della testimonianza, da parte dei seguaci delle diverse religioni, della nostra comune convinzione sulla dignità dell'uomo. Questo è vero specialmente in quelle situazioni dove le differenze religiose sono state considerate motivo di animosità, violenza e disprezzo per i diritti degli altri. I cristiani e i musulmani sono allo stesso modo chiamati a combattere il cattivo uso della religione e a promuovere la riconciliazione e il dialogo. Come ho detto ai seguaci dell'Islam riuniti ad Assisi all'inizio del mese, per lo speciale incontro di preghiera per la pace in Europa: "La vostra presenza... proclama che il credo religioso è fonte di comprensione e armonia reciproche, e che solo la distorsione dei sentimenti religiosi conduce alla discriminazione e al conflitto ("Discorso ai partecipanti musulmani", 10 gennaio 1993).

Cari amici: sono convinto che le varie religioni, ora e nel futuro, devono svolgere un ruolo importante nel conservare la pace e nell'edificare una società degna dell'uomo (Cfr. CA 60). La vostra presenza oggi è segno del vostro desiderio di lavorare insieme per creare le condizioni necessarie per un mondo giusto e pacifico. Vi incoraggio a continuare il vostro dialogo con pazienza e perseveranza, e di cuore invoco su di voi le migliori benedizioni dell'Altissimo.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1993-01-28 Data estesa: Giovedi 28 Gennaio 1993

Discorso a Officiali e Avvocati del tribunale della Rota Romana per l'apertura dell'Anno Giudiziario - Roma

Titolo: Umanizzare la Legge canonica non significa darne interpretazioni che ne snaturino le caratteristiche

Monsignor Decano, Reverendissimi Uditori, Officiali ed Avvocati tutti della Rota Romana!


1. A tutti il mio saluto deferente e cordiale. Ringrazio Monsignor Decano per le nobili espressioni che mi ha rivolto a nome del Collegio dei Prelati Uditori e di tutto il Tribunale della Rota Romana e mi felicito con lui per il generoso servizio svolto in tanti anni di dedizione assidua e fedele. Quanto mai gradito mi è, all'inizio di ogni anno giudiziario, l'incontro con coloro che lodevolmente prestano la loro opera presso questo Tribunale Apostolico. Grande, infatti, come ha sottolineato Monsignor Decano, è il legame tra questa Cattedra di Pietro e il grave officio, al medesimo affidato, di giudicare in nome e per l'autorità del Romano Pontefice. Ben volentieri approfitto, come già i miei Venerati Predecessori, di questa occasione per proporre, di anno in anno, alla vostra attenzione e, attraverso voi, a tutti coloro che nella Chiesa lavorano nello specifico ambito dell'amministrazione della giustizia, quanto la sollecitudine Apostolica mi suggerisce.

2. Mentre risuonano ancora gli echi del recente incontro di preghiera svoltosi ad Assisi, con la partecipazione di numerosi fratelli delle Chiese e Comunità cristiane d'Europa, come pure di altri credenti sinceramente impegnati a servizio della pace, non posso non sottolineare che frutto precipuo anche del vostro lavoro deve essere sempre il rafforzamento e il ristabilimento della pace nella società ecclesiale. E ciò non solo perché, come insegna il Dottore Angelico sulla scia di S. Agostino, "omnia appetunt pacem", anzi "necesse est quod omne appetens appetat pacem, inquantum scilicet omne appetens appetit tranquille et sine impedimento pervenire ad id quod appetit, in quo consistit ratio pacis, quam Augustinus definit tranquillitatem ordinis" (S. Thomas, II-II 29,2), ma perché diritto, giustizia e pace si richiamano, si integrano e si completano a vicenda. Scriveva in proposito l'insigne giurista Francesco Carnelutti: "Diritto e giustizia non sono la medesima cosa. Corre tra loro il rapporto da mezzo a fine; diritto è il mezzo, giustizia il fine... Ma cos'è questo fine? Gli uomini hanno soprattutto bisogno di vivere in pace. La giustizia è la condizione della pace... Gli uomini raggiungono questo stato d'animo quando c'è ordine in loro e intorno a loro. La giustizia è conformità all'ordine dell'universo. Il diritto è giusto quando serve realmente a mettere ordine nella società" (F. Carnelutti, Come nasce il diritto, 1954, pag. 53).


3. Bastano queste riflessioni per scongiurare qualsiasi cedimento a inopportune forme di spirito antigiuridico. Il diritto nella Chiesa, come del resto negli Stati, è garanzia di pace e strumento per la conservazione dell'unità, anche se non in senso immobilistico: l'attività legislativa e l'opera giurisprudenziale servono infatti per assicurare il doveroso aggiornamento e per consentire una risposta unitaria al mutare delle circostanze ed all'evolvere delle situazioni.

Con tale intento - che trascende l'aspetto esterno della Chiesa per raggiungere la dimensione più intima della sua vita soprannaturale - vengono emanate le leggi canoniche: così, in particolare, sono stati promulgati, per la Chiesa latina, il Codice Piano Benedettino, nel 1917, e poi quello del 1983, preparato con diuturna e laboriosa opera di studio, a cui han posto mano gli Episcopati del mondo intero, le Università Cattoliche, i Dicasteri della Curia Romana e numerosi maestri del diritto canonico. In tale prospettiva ho pure avuto la gioia di promulgare da ultimo, nel 1990, il Codex canonum Ecclesiarum Orientalium. Riuscirebbe vanificata, tuttavia, la suprema finalità di tale sforzo legislativo, non soltanto se i canoni non fossero osservati - "canonicae leges suapte natura observantiam exigunt", ho scritto nella Costituzione promulgativa del Codice latino -, ma anche, e con non meno gravi conseguenze, se l'interpretazione, e quindi l'applicazione di essi fossero lasciate all'arbitrio dei singoli o di coloro ai quali è affidato il compito di farli osservare.


4. Che talora, per quelle imperfezioni che sono connaturate alle opere umane, il testo della legge possa dare e di fatto dia adito, particolarmente nei primi tempi di vigore di un Codice, a problemi ermeneutici, non è cosa di cui ci si debba meravigliare. Lo stesso Legislatore ha previsto questa eventualità ed ha conseguentemente stabilito precise norme di interpretazione, fino a prospettarsi situazioni configuranti "Legis lacunas" (CIC 19) e ad indicare gli appropriati criteri per supplirvi. Al fine di evitare arbitrarie interpretazioni del testo codiciale, seguendo analoghe disposizioni dei miei Predecessori, fin dal 2 gennaio 1984, col Motu Proprio Recognito Iuris Canonici Codice, ho istituito la Pontificia Commissione per l'interpretazione autentica del Codice, che poi, con la Costituzione Apostolica Pastor Bonus, ho trasformato nel Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi, ampliandone la competenza. E' tuttavia indubbio che ben più spesso occorrono situazioni in cui l'interpretazione e l'applicazione della Legge canonica sono affidate a coloro ai quali incombe nella Chiesa la potestà sia esecutiva che giudiziaria. In tale contesto dell'ordinamento ecclesiale si colloca l'ufficio affidato ai Tribunali (Cfr. CIC 16, p. 3), e in modo particolare e con finalità specifica alla Rota Romana, in quanto questa "unitati iurisprudentiae consulit et, per proprias sententias, tribunalibus inferioribus auxilio est" (Const. Apost. Pastor Bonus, art. 126).


5. In proposito, non sembra inopportuno richiamare qui alcuni principi ermeneutici, trascurati i quali, la stessa Legge canonica si dissolve e cessa di essere tale, con pericolosi effetti per la vita della Chiesa, per il bene delle anime, in specie per la intangibilità dei sacramenti da Cristo istituiti. Se le leggi ecclesiastiche debbono essere intese, innanzi tutto, "secundum propriam verborum significationem in textu et contextu consideratam", ne consegue che sarebbe del tutto arbitrario, anzi apertamente illegittimo e gravemente colposo, attribuire alle parole usate dal Legislatore non il loro "proprio" significato, ma quello suggerito da discipline diverse da quella canonica. Non si può inoltre ipotizzare nella interpretazione del vigente Codice, una frattura col passato, quasi che nel 1983 vi sia stato un salto in una realtà totalmente nuova. Il Legislatore infatti positivamente riconosce e senza ambiguità afferma la continuità della tradizione canonica, particolarmente ove i suoi canoni fanno riferimento al vecchio diritto (Cfr. CIC 6, p. 2). Certo, non poche novità sono state introdotte nel vigente Codice. Altro, pero, è constatare che innovazioni sono state fatte circa non pochi istituti canonici, altro pretendere di attribuire significati inconsueti al linguaggio usato nella formulazione dei canoni. In verità, costante cura dell'interprete e di colui che applica la Legge canonica deve essere di intendere le parole usate dal Legislatore secondo il significato ad esse per lunga tradizione attribuito nell'ordinamento giuridico della Chiesa dalla consolidata dottrina e dalla giurisprudenza. Ciascun termine poi deve essere considerato nel testo e nel contesto della norma, in una visione della legislazione canonica che ne consenta una valutazione unitaria.


6. Da questi principi, consacrati del resto, come si è visto, dalla stessa norma positiva, non deve distogliere, specificamente in materia matrimoniale, l'intento di una non meglio precisata "umanizzazione" della Legge canonica. Con tale argomento, infatti, si intende non di rado avallare una sua eccessiva relativizzazione, quasi si imponessero, per salvaguardare asserite esigenze umane, una interpretazione e una applicazione della stessa che finiscono per snaturarne le caratteristiche. Il confronto fra la maestà della Legge canonica e coloro ai quali essa è diretta non è certamente da omettere o sottovalutare, come ho ricordato nell'Allocuzione dell'anno scorso: ciò tuttavia comporta l'esigenza di conoscere correttamente la normativa della Chiesa, pur senza dimenticare, alla luce di una corretta antropologia cristiana, la realtà "uomo", a cui quella è destinata. Piegare la Legge canonica al capriccio o all'inventiva interpretativa, in nome di un "principio umanitario" ambiguo ed indefinito, significherebbe mortificare, prima ancora della norma, la stessa dignità dell'uomo.


7. così - per proporre qualche esempio - sarebbe grave ferita inferta alla stabilità del matrimonio e quindi alla sacralità di esso, se il fatto simulatorio non fosse sempre concretizzato da parte dell'asserito simulante in un "actus positivus voluntatis" (Cfr. CIC 1101, p. 2); o se il cosiddetto "error iuris" circa una proprietà essenziale del matrimonio o la dignità sacramentale del medesimo non assurgesse a tale intensità da condizionare l'atto di volontà, determinando così la nullità del consenso (Cfr. CIC 1099). Ma anche in materia dell'"error facti", specificatamente ove si tratta di "error in persona" (Cfr. CIC 1097, p. 1), ai termini usati dal Legislatore non è consentito attribuire un significato estraneo alla tradizione canonistica; come pure l'"error in qualitate personae" soltanto allora può inficiare il consenso quando una qualità, né frivola né banale, "directe et principaliter intendatur" (Cfr. CIC 1097, p. 2), cioè, come efficacemente ha affermato la giurisprudenza Rotale, "quando qualitas prae persona intendatur". Ecco quanto volevo oggi richiamare alla vostra attenzione, carissimi Uditori, Officiali ed Avvocati della Rota Romana, nella certezza della costante fedeltà di codesto Tribunale alle esigenze di serietà e di approfondimento autentico della Legge canonica, nello specifico ambito ad esso proprio. Nel porgervi il mio cordiale augurio di un sereno e proficuo lavoro, imparto a tutti voi, quale segno di sincera stima ed auspicio della costante assistenza divina, la propiziatrice Benedizione Apostolica.

Data: 1993-01-29 Data estesa: Venerdi 29 Gennaio 1993


Udienza del Santo Padre alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia - Roma

Titolo: La nuova envagelizzazione passa necessariamente attraverso la famiglia, santuario della vita

Signori Cardinali, Arcivescovi, Vescovi Membri del Comitato di Presidenza, gentili coppie di sposi, Membri del Pontificio Consiglio per la Famiglia!


1. E' per me motivo di gioia incontrarvi a conclusione della Assemblea Plenaria, con la quale avete voluto incominciare questo nuovo anno di attività. A tutti rivolgo il mio saluto deferente e cordiale, con un pensiero di particolare gratitudine al Signor Card. Alfonso Lopez Trujillo, che ha nobilmente espresso i comuni sentimenti, esponendo in rapida sintesi lo svolgimento dei vostri lavori e sottolineando il compito di servizio alla famiglia ed alla vita, a cui il Pontificio Consiglio è per finalità istituzionale impegnato. Il tema, su cui avete deciso di riflettere, "Le strutture diocesane di pastorale familiare", riveste uno speciale interesse, anche perché è ormai vicino l'Anno Internazionale della Famiglia, che sarà celebrato nel 1994. Voi ben conoscete come la pastorale della famiglia e della vita occupi un ruolo di privilegio nella Chiesa e nel ministero del Vicario di Cristo, soprattutto nell'odierno contesto sociale. Anche oggi, infatti, tanto l'una quanto l'altra realtà è sottoposta ad attacchi particolarmente insidiosi, provenienti a volte da quelle stesse istanze da cui sarebbe legittimo attendersi protezione e sostegno. Non mancano tuttavia, singolari segnali di speranza, come quello offerto dalla vicenda che, in questi giorni, va suscitando vasta eco nell'opinione pubblica: una madre, un padre, un figlio - una famiglia, appunto -, che si sono trovati stretti in un commovente patto d'amore, perché ad un nuovo essere umano non fosse precluso l'accesso alla vita. Giustamente, pertanto, oggi molto si insiste sul posto centrale che alla pastorale familiare deve essere riservato nella programmazione delle attività delle Diocesi e delle Conferenze Episcopali. L'evangelizzazione infatti passa necessariamente attraverso la famiglia che è, a sua volta, oggetto e soggetto dell'annuncio del Vangelo. "Nella misura in cui la famiglia cristiana accoglie il Vangelo e matura nella fede diventa comunità evangelizzante" (FC 52). La forza e la stabilità del tessuto familiare rappresentano condizioni propizie per la salute della Comunità cristiana e dell'intera società.


2. I problemi stessi, che il matrimonio e la famiglia incontrano, stimolano la creatività di chi si occupa della pastorale familiare, cuore dell'evangelizzazione. Ho avuto modo di ricordarlo nell'incontro con i Vescovi incaricati delle Commissioni di Pastorale Familiare dell'Africa, riuniti presso il Pontificio Consiglio per la Famiglia, dal 28 settembre al 2 ottobre 1992. Pur fiduciosi nell'azione dello Spirito, anima e guida della Chiesa, le Diocesi, le parrocchie, ed i movimenti apostolici non possono non preoccuparsi di predisporre strutture adatte ad assicurare risposte adeguate alle attuali sfide che concernono l'istituto della famiglia. "Ogni Chiesa locale - scrivevo nell'Esortazione Apostolica Familiaris consortio - e, in termini più particolari, ogni comunità parrocchiale deve prendere più viva coscienza della grazia e della responsabilità che riceve dal Signore in ordine a promuovere la pastorale della famiglia. Ogni piano di pastorale organica, ad ogni livello, non deve mai prescindere dal prendere in considerazione la pastorale della famiglia" (FC 70). Sarebbe utile ed opportuno che, nelle Conferenze Episcopali, le Commissioni per la Famiglia assumessero compiti simili a quelli che la Costituzione Apostolica Pastor Bonus ha indicato per il vostro Pontificio Consiglio (cf. nn. 139-141), con competenze pastorali specifiche a servizio della famiglia, santuario della vita. Ciò consentirebbe un rapporto più articolato all'interno delle stesse Conferenze Episcopali e con le singole Comunità diocesane. Nelle Diocesi, poi, sarebbe importante costituire, a seconda delle circostanze e delle possibilità - diverse sono infatti le esigenze della pastorale urbana rispetto a quella rurale - efficienti organi di coordinamento, si da rafforzare, sotto l'attiva e stimolante azione dei Vescovi, l'insieme del corpo ecclesiale, seguendo le linee tracciate dalla Familiaris consortio e tenendo in debito conto la ricchezza profetica dell'Enciclica Humanae vitae, come pure gli orientamenti della "Carta" della Santa Sede sui Diritti della Famiglia. Il Vangelo della speranza potrebbe così arrivare abbondantemente alle "chiese domestiche" e, grazie ad una nuova e coraggiosa evangelizzazione che vede la famiglia protagonista dell'annuncio evangelico, irrorare di sangue nuovo tutto il tessuto sociale.


3. Impegno primario, pertanto, è formare la famiglia perché sia soggetto responsabile e qualificato dell'azione evangelizzatrice. Uno strumento provvidenziale per tale opera, che conduce i membri della famiglia a crescere nella conoscenza della fede (Catechesi Tradendae, CTR 68), è rappresentato anche dal nuovo "Catechismo della Chiesa Cattolica", a partire dal quale sarà più agevole realizzare l'auspicato "Catechismo per le famiglie", un testo chiaro, breve e facile da assimilare. I genitori potranno servirsene nel loro ministero educativo che, "in quanto radicato e derivato dall'unica missione della Chiesa ed in quanto ordinato all'edificazione dell'unico Corpo di Cristo", "deve restare in intima comunione e deve responsabilmente armonizzarsi con tutti gli altri servizi di evangelizzazione e di catechesi, presenti e operanti nella comunità ecclesiale, sia diocesana sia parrocchiale" (FC 53). La famiglia va inoltre aiutata ad inserirsi nella vita liturgica, la cui manifestazione più alta e più piena è l'Eucaristia, e a scoprire sempre maggiormente il valore e l'importanza della preghiera familiare. La spiritualità della coppia, indispensabile per vivere appieno la missione evangelizzatrice tipica della famiglia, trae alimento dalla Parola di Dio, interiorizzata sull'esempio della Madre dell'Emmanuele, la quale "conservava tutte queste cose meditandole in cuor suo" (Lc 2,19). Vorrei qui far cenno a significative esperienze di gruppi di famiglie che si riuniscono tra di loro per maturare nella fede, pregare insieme e, alla luce dei valori evangelici, valutare modalità e strumenti operativi al fine di intervenire responsabilmente in talune situazioni a rischio, connesse con l'accoglienza della vita umana. Si potrebbero, pure, opportunamente menzionare avviati centri di sostegno alla vita umana, iniziative di aiuto agli anziani e ai malati, gesti di fattivo interesse nei confronti dei più poveri e, specialmente, delle famiglie bisognose, per far sentire loro la solidarietà di quanti sono chiamati a tutelarne i diritti e a promuoverne la dignità (cf. Enciclica CA 28).


4. La famiglia deve, dunque, stare al centro delle preoccupazioni di ogni Comunità diocesana, di ogni parrocchia e struttura pastorale sensibile alle esigenze dei nostri tempi. Si tratta di valorizzare attivamente i nuclei familiari nella preparazione al matrimonio, di accompagnare le giovani coppie nel loro iter formativo, di avere a cuore una adeguata pastorale dell'infanzia e della terza età. Tocca ai Vescovi, primi responsabili dell'attività apostolica nelle Diocesi, provvedere alla qualificazione di quanti più specificamente sono impegnati nell'apostolato familiare. L'Istituto Superiore per lo studio dei problemi della famiglia è sorto presso la Pontificia Università Lateranense con tale intento ed è auspicabile che Centri simili vengano creati in altre parti del mondo per offrire a sacerdoti, religiosi e laici opportunità concrete di formazione, saldamente ancorate alla dottrina cristiana.


5. Il 1994, come già ricordato, sarà l'Anno Internazionale della Famiglia, occasione quanto mai propizia per mettere in evidenza l'identità di un istituto le cui radici affondano nel diritto naturale e per lumeggiarne i compiti e la missione insostituibile. La Chiesa si prepara a celebrarlo con spirito aperto alla speranza: esso costituirà un tempo provvidenziale per rinnovare l'annuncio del Vangelo della famiglia. Il vostro Pontificio Consiglio è già all'opera perché tale evento di portata mondiale possa recare gli auspicati frutti di sensibilizzazione e di approfondimento dei valori propri dell'istituto familiare. Evangelizzare la famiglia: ecco ciò che ci sta a cuore, e sono lieto di costatare che nella vostra Assemblea Plenaria, grazie alla collaborazione di molteplici e significativi Movimenti apostolici, avete cercato il modo migliore per far pervenire a tutti i credenti quest'ansia di nuova evangelizzazione. L'Esortazione Apostolica Familiaris consortio, che raccoglie il frutto dei lavori del Sinodo sulla Famiglia, costituisce una preziosa fonte di ispirazione per le raccomandazioni ed i suggerimenti che intendete indirizzare, in tale circostanza, alle Conferenze Episcopali, alle singole Chiese locali ed alle forze vive del mondo cattolico. A dieci anni, poi, dalla pubblicazione della "Carta" della Santa Sede sui Diritti della Famiglia, l'annunciato Anno Internazionale potrà servire a promuovere la conoscenza, l'assimilazione e la pratica attuazione di così fondamentali principi.

Consapevoli dei propri diritti, le famiglie potranno far intendere con maggiore autorevolezza la loro voce nelle sedi competenti, dove vengono elaborate le leggi e le politiche familiari.


6. Carissimi fratelli e sorelle, il mio auspicio è che la riflessione di questi giorni, nella prospettiva dell'atteso Anno Internazionale, possa suscitare un rinnovato interesse intorno alla famiglia, cellula fondamentale della società e della Chiesa. Grazie al vostro impulso, sono certo che si intensificheranno nelle Diocesi le iniziative di apostolato familiare, guardando con ardore missionario all'ormai prossimo terzo Millennio. Maria, Vergine e Madre, vi accompagni nel vostro lavoro arduo ed appassionante. Protegga le famiglie cristiane perché siano veramente piccole "chiese domestiche" e santuari della vita. Con tali voti, che nel mio cuore si trasformano in preghiera, imparto a tutti con affetto la mia Benedizione.

Data: 1993-01-31 Data estesa: Domenica 31 Gennaio 1993

Omelia nella parrocchia di San Pio X - Roma

Titolo: Gesù chiede onestà e moralità in tutti i comportamenti. Nelle Beatitidini è contenuta l'indicazione della solidarietà sociale

Carissimi fratelli e sorelle della parrocchia di San Pio X!


1. "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli" (Mt 5,3). Sono queste le parole con le quali il nostro Signore e Maestro Gesù dà inizio al discorso detto "della montagna" o "delle beatitudini", che delinea alcuni principi fondamentali del messaggio evangelico. Domenica scorsa la parola dominante del Vangelo era: "Convertitevi". E' questo un verbo molto impegnativo; nel linguaggio del Nuovo Testamento significa: cambiare mentalità, assumere nello spirito un atteggiamento opposto a quello suggerito dalla mondanità, che subordina l'intelligenza e le scelte della volontà alle pulsioni sregolate della natura ferita dalla colpa originale. Ma, in positivo, quale deve essere l'atteggiamento del convertito? La risposta a tale domanda è contenuta nelle nove affermazioni proposte a noi dall'odierno brano evangelico: "Beati!". Beati, ovvero felici, coloro che ispirano la vita ai valori evangelici, esattamente antitetici a quanto predica il mondo. Secondo lo spirito mondano, se la vita ha un senso, esso si ritrova nella conquista della ricchezza, nel godimento dei piaceri terreni, nel conseguimento del potere e del dominio sopra gli altri, anche a prezzo di violenze e di sopraffazioni. Si considerano, al contrario, perdenti i poveri, gli afflitti, i malati e gli handicappati, gli emarginati, coloro che non si fanno giustizia da sé, che coltivano il pudore e la purezza di cuore, che pagano un prezzo per mettere pace tra i fratelli, o che soffrono persecuzioni per essere fedeli al loro ideale di fede, di verità e di giustizia.


2. "Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5,12). Gesù dice che proprio i "perdenti" secondo la logica di questo mondo sono da considerare beati: perché troveranno serena coscienza e gioia interiore in questa vita, e poi una grande ricompensa nei cieli. Carissimi fratelli e sorelle, a che giova, in effetti, accumulare beni materiali senza rispetto della coscienza né senso di responsabilità verso gli altri, quando l'esperienza quotidiana ci dimostra che ciò comporta affanno e inquietudine gravi e, spesso, anche una resa dei conti di fronte alla comunità civile? A che serve abbandonarsi senza regola ai piaceri, che ottundono la mente ed il cuore e quasi sempre feriscono l'amore e la fraternità? Quale bene comporta il prestigio umano, inteso come vanità e affermazione di sé, o peggio ancora come facoltà di opprimere gli altri per conseguire interessi di parte, quando la coscienza universale riconosce la pochezza dell'uomo e giudica valido il potere soltanto se è servizio equanime e generoso alla comunità? agli altri? "Beati voi"! Con il discorso della montagna, Gesù propone ai suoi seguaci una scelta ben diversa: chiede onestà e moralità in tutti i comportamenti. Non solo l'onestà e la moralità del buon senso, del senso comune, bensi quella superiore moralità derivante dalla divina rivelazione, per la quale sappiamo che al primo posto nelle nostre sollecitudini deve stare l'amore verso Dio, che ci ha creati e redenti e, inseparabile da esso, la sollecitudine verso i fratelli, figli tutti dello stesso Padre e destinati alla felicità eterna con Lui. Solo così la persona umana cresce veramente, secondo la misura della chiamata di Dio.


3. "Considerate la vostra chiamata, fratelli... Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti" (1Co 1,26-27). L'invito dell'Apostolo, contenuto nella seconda Lettura proclamata poc'anzi, giunge quanto mai opportuno al nostro spirito, stimolato dalla parola sacra a non porre la sua sicurezza nella potenza di questo mondo. "Chi si vanta si vanti nel Signore" (1Co 1,30), aggiunge san Paolo ricordandoci come sia essenziale per il credente seguire con fiducia il Signore per sperimentare la forza del suo Spirito. Dal fedele ascolto del divino Maestro sgorga l'impegno profetico e coraggioso del cristiano, in questo nostro tempo percorso da affanni ed incertezze, che non sempre derivano da eventi ineluttabili, ma talvolta dai comportamenti di quanti dovrebbero provvedere al benessere e alla pace nella convivenza sociale. Voi sapete come l'inquietudine serpeggi in molte coscienze, frustrate da complessi, da sensi di colpa, da insoddisfazioni profonde. Inserito in tale contesto, il discepolo di Cristo sa di dover testimoniare concretamente, con umiltà e coerenza, che nel programma delle beatitudini evangeliche è contenuta l'indicazione della via della pace interiore e della solidarietà sociale. Gesù rimuove dal centro dell'interesse umano la presunzione, l'orgoglio personale, la vanità, l'egocentrismo come momenti fondamentali dell'esistenza, e sostituisce ad essi la semplicità, lo spirito di povertà, l'altruismo, la mitezza e la misericordia nei rapporti con gli altri, privilegiando chi soffre e chi cerca la giustizia e la pace.


4. "Cercate il Signore voi tutti, poveri della terra" (So 2,3). E' l'esortazione del profeta Sofonia, il quale nella prima Lettura ci ha ricordato che Iddio si fa trovare non dai superbi, troppo sicuri di se stessi, ma dai poveri e dagli umili, i quali "cercano la giustizia e l'umiltà", così da trovarsi "al riparo nel giorno dell'ira del Signore". Questa parola si rivolge oggi a tutti i cristiani e a voi, carissimi parrocchiani di San Pio X, che costituite una porzione viva della nostra Diocesi. Vi saluto tutti con affetto, unitamente al Cardinale Vicario Camillo Ruini e al Vescovo di Settore, Monsignor Cesare Nosiglia, che ringrazio cordialmente per la loro presenza. La vostra grande chiesa, imponente, dedicata al mio predecessore San Pio X, un Papa di grandi virtù personali e di straordinario zelo pastorale, raduna attorno a sé quasi cinquemila famiglie, più di quindicimila persone, molte delle quali sono attive nella pratica religiosa, diligenti nella frequenza alla Santa Messa festiva e ai sacramenti, e coinvolte nell'apostolato di quartiere. Mi è grato conoscere l'impegno che ponete nella catechesi, nel servizio liturgico, in quello della carità verso i più bisognosi e i più deboli e nelle molteplici attività parrocchiali, sotto la guida zelante del vostro parroco, Monsignor Antonino Ubaldi, che saluto di cuore insieme al vice parroco e agli altri sacerdoti collaboratori. So pure che un buon numero di fedeli è coinvolto con responsabilità personale nella pastorale della parrocchia, nell'apostolato.

Voi vi preoccupate giustamente anche di coloro che, a motivo di una minore vicinanza con la comunità parrocchiale, corrono il rischio di restare privi del nutrimento spirituale derivante dall'ascolto della Parola di Dio e dalla pratica dei Sacramenti.


5. Per tutto questo voglio lodare il Signore, - La lode è la finalità principale di una visita pastorale - Lodare il Signore per tutto quanto il bene che si realizza nelle comunità parrocchiali. Voglio lodare il Signore, pregandolo di concedervi la perseveranza nel bene, mentre a ciascuno di voi dirigo il mio grato pensiero: alle famiglie, ai bambini, ai giovani, alle coppie di fidanzati e di coniugi, agli anziani, ai malati e sofferenti, agli immigrati e a quanti fanno parte della vostra famiglia parrocchiale, incamminata nell'itinerario sinodale diocesano. Il Sinodo Pastorale è, infatti, un camminare insieme verso una più qualificata vita cristiana dell'intera comunità diocesana. I lavori di questa Assemblea, che cerca di cogliere le attese religiose della Città, e di elaborare risposte pastorali, in vista dell'inizio del Terzo Millennio dell'era cristiana, stanno per giungere a compimento e, con l'aiuto di Dio, il prossimo 29 maggio, vigilia di Pentecoste, potro consegnare alla Diocesi le conclusioni pastorali. Vi ringrazio, carissimi fratelli e sorelle, per il contributo che anche voi date al Sinodo con le vostre preghiere e con il lavoro della parrocchia e dei vostri delegati parrocchiali. La linea guida del Sinodo, come voi sapete, è l'impegno per una nuova evangelizzazione della Città, che tutti insieme dobbiamo realizzare mediante l'annuncio evangelico e la testimonianza della fede cristiana. "Sarete miei testimoni" è la parola chiave di Cristo.


6. "Il Signore è fedele per sempre" (Salmo resp.). Sostenga il vostro cammino apostolico e missionario, carissimi fratelli e sorelle della Parrocchia di S. Pio X, la certezza che Dio è sempre presente all'interno del suo popolo. Egli è operante con il suo amore che tutto rinnova: agisce con potenza come fece in Maria, umile serva dell'altissimo, in san Pio X, vostro celeste patrono, in tante persone buone, religiose e laiche, che voi stessi avete conosciuto. E noi, a somiglianza dei "piccoli del Vangelo", seguiamolo con fiducia. Confidiamo nel suo nome. "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli". Amen!

Data: 1993-01-31 Data estesa: Domenica 31 Gennaio 1993

Discorso ai bambini della parrocchia di San Pio X - Roma

Titolo: "Affido la mia preghiera per la pace alla Chiesa dei bambini"

Sia lodato Gesù Cristo! Sono tanto contento di essere qui, in questa parrocchia di San Pio X.

Voglio ringraziare voi tutti per la vostra presenza e i vostri rappresentanti per le parole e per i fiori. Vorrei farvi una domanda: in quale secolo viviamo? Nel ventesimo secolo dopo la nascita di Gesù Cristo e tra pochi anni saremo nel 2000.

Perchè ho fatto questa domanda sul secolo in cui viviamo? Perchè appunto il Patrono di questa parrocchia, il Papa Pio X, è vissuto all'inizio di questo secolo, esattamente è stato il primo Papa di questo secolo dopo Leone XIII. E poi molto presto durante questo secolo è diventato anche un Santo, canonizzato e venerato nella Chiesa come Patrono, specialmente Patrono della vostra parrocchia.

Voi avete scelto il suo nome per la vostra parrocchia: San Pio X. Poi vorrei anche - seguendo un po' i voti, gli auguri, del vostro collega - accennare ad un altro momento molto significativo. Questo Papa, Pio X, è morto nell'anno 1914, appena scoppiata la I guerra mondiale. E quindi si deve aggiungere che il nostro XX secolo è un secolo di grandi guerre mondiali: la prima tra il 1914 ed il 1918, poi dopo 20 anni, la seconda, ancora più terribile, tra il 1939 ed il 1945. Tutto questo per voi è già un passato, ma noi che viviamo più lungamente in questo secolo - come il Papa e come, anche se meno, il Cardinale Vicario e il vostro Vescovo di settore - abbiamo esperienza di questa seconda guerra mondiale, tremenda, come anche abbiamo esperienza di tutto quello che è accaduto dopo la II guerra mondiale. Ho seguito le parole del vostro giovane collega che ha parlato sulla guerra e sulla pace e ha fatto un augurio di pace. Quale augurio della pace aveva Pio X, come ha supplicato i governi di allora nel 1914 di fermarsi e di non andare verso questa guerra. Ci ha lasciato un esempio perchè noi dobbiamo sempre pregare per la pace e fare di tutto per la pace, seguendo Gesù Cristo che ci ha detto: io vi lascio la pace e vi do la mia pace. E così cerchiamo, anche alla fine di questo secolo, di prevenire le guerre e di lavorare per la pace, pregare per la pace. così come abbiamo pregato ultimamente in questo mese ad Assisi per la pace in Europa, perchè di nuovo non è una guerra mondiale, ma è una guerra regionale: è molto drammatica, tra i popoli vicini, con grandi atrocità. Allora è bene che voi giovani amate la pace, pregate per la pace, così pregate anche per il Regno di Cristo, perchè il Regno di Dio è la pace e poi Cristo è la nostra pace. Vi ringrazio per la vostra accoglienza, per queste parole e per questi canti. Vi auguro di vivere in questa parrocchia, di crescere come buoni cristaini, come amanti della pace, come operatori di pace: anche i più piccoli possono essere operatori di pace. Anzi, la loro voce, il loro grido ha una speciale eloquenza. E io affido anche questa mia preghiera per la pace a tutta la Chiesa e specialmente alla Chiesa giovane, alla Chiesa dei bambini. Voglio ancora ringraziare per la presenza dei vostri genitori, dei vostri catechisti, e voglio augurare a tutti un buon anno: l'anno della pace 1993. Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1993-01-31 Data estesa: Domenica 31 Gennaio 1993

Al Consiglio pastorale della parrocchia di San Pio X - Roma

Titolo: Vi lascio la consegna di Pio X: Instaurare omnia in Christo

Come non ricordare in questa parrocchia dedicata a San Pio X le sue parole emblematiche - sue, piuttosto ritrovate nella Sacra Scrittura, nel deposito paolino - "Instaurare omnia in Christo". Parole emblematiche e programmatiche non solamente per il suo Pontificato ma, potrei dire, per tutto questo secolo ventesimo, che si annunciava già all'inizio come un secolo difficile. E' vero che alla fine della vita di Pio X è scoppiata la I guerra mondiale: un annuncio delle guerre seguenti, soprattutto della seconda. Allora attraverso tutto questo, attraverso quel cammino doloroso e difficile dell'Europa e dell'umanità intera, Pio X ha trovato queste parole: "Instaurare omnia in Christo". "Instaurare", innovare, cercare in Lui sempre il recupero, l'instaurazione, la restaurazione di quello che è giusto, che è umano, che è pacifico, che è bello, che è sano e che è santo. Allora questo programma, possiamo dire, ha inaugurato anche il Concilio Vaticano II, nella seconda metà di questo secolo e ci ha aperto le strade verso gli ultimi decenni, verso questo ultimo decennio, gli anni Novanta, e anche verso l'anno 2000, verso il secolo XXI. Siamo grati a questo Papa Santo per la sua ispirazione, sua e paolina e evangelica, e sempre in queste parole possiamo trovare un orientamento. M'incontro con voi carissimi membri del Conisglio pastorale di questa parrocchia ed io penso che anche per voi queste parole di Pio X - "Instaurare omnia in Cristo" - sono programmatiche. "Instaurare omnia" e "omnia" vuol dire la vita personale, la vita delle famiglie, la vita degli ambienti umani, dei quartieri, di questo grande quartiere che è diventato parrocchia di San Pio X. "Instaurare", permeare con lo spirito di Cristo la problematica umana, quotidiana, personale, sociale. Giustizia e pace è tutto questo, sempre tornare a Lui, sempre trovare in Lui una sorgente: "Auriatis acquas". Allora "aurire" queste acque della Verità, della carità, della salvezza eterna e anche quella temporale perchè l'uomo deve camminare nelle vie della salvezza alla salvezza ultima escatologica. Vi ringrazio, carissimi, per la vostra collaborazione, per il contributo che date come apostolato dei laici, apostolato in diversi campi: catechesi, carità, assistenza e tanti altri, nella preghiera soprattutto. E poi per questo contributo che date come Consiglio pastorale, accanto al vostro parroco e ai suoi collaboratori. E' veramente una attuazione di queste parole profetiche: "Instaurare omnia in Christo". Vi auguro una buona continuazione e tutto il bene per le vostre persone, per le famiglie, per tutti gli ambienti di lavoro, gli ambienti di vita, di esistenza cittadina e cristiana.

Data: 1993-01-31 Data estesa: Domenica 31 Gennaio 1993

Angelus - Roma

Titolo: La difesa della vita, punto di partenza comune per costruire un mondo solidale e un futuro di pace

Carissimi fratelli e sorelle!


GPII 1993 Insegnamenti - Ad una delegazione della "Lega Mondiale Islamica" - Città del Vaticano (Roma)