GPII 1993 Insegnamenti - Discorso durante l'incontro con i Membri della Conferenza Episcopale Ugandese - Kampala (Africa)

Discorso durante l'incontro con i Membri della Conferenza Episcopale Ugandese - Kampala (Africa)

Titolo: In questo momento della storia la Chiesa deve essere una comunità riconciliatrice

Cari Confratelli nell'Episcopato,


1. Questa visita pastorale in Uganda, che ho atteso con tanta ansia, può dirsi in certo qual modo la restituzione della vostra visita ad Limina a Roma lo scorso mese di maggio. Vi ringrazio ancora una volta per il vostro invito e per l'accurata preparazione che avete svolto affinché questo pellegrinaggio possa rafforzare la fede della Chiesa in Uganda. Sono anche molto grato per le cortesi parole di benvenuto che l'Arcivescovo Wamala mi ha rivolto a vostro nome. E' stata una gioia per me trascorrere questa Domenica offrendo l'amore di Cristo al suo popolo in Uganda - e ricevendo in cambio questo amore. Come tutti i Vescovi, anch'io devo predicare il Vangelo, "è per me un dovere" (1Co 9,16). Quali Pastori, il nostro primo dovere è quello di far conoscere "le imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8) in tutte le occasioni che il Signore ci offre, e oggi nella nostra offerta della Santa Eucaristia al Santuario dei Martiri abbiamo adempiuto a quest'obbligo, poiché attraverso il nostro servizio sacerdotale il Signore stesso ha parlato al suo popolo e lo ha nutrito con il Pane Celeste (Cfr. SC 7). Celebrare la Morte e la Risurrezione del Salvatore, così come incontrare i nostri fratelli e le nostre sorelle di altre denominazioni cristiane e confortare gli ammalati a imitazione del Buon Samaritano, sono stati modi autentici di compiere l'opera del Padre. Eppure, proprio in mezzo a una grande attività, il Signore ci invita a momenti come questo, momenti di riflessione e di comunione fraterna, affinché possiamo lodare il Padre per ciò che compie attraverso di noi e ravvivare questa carità pastorale che è propria del nostro ministero episcopale.


2. La mia presenza in Uganda riporta alla memoria la Visita Pastorale di un altro Papa pellegrino, il mio amato predecessore Paolo VI, che fu il primo Successore di Pietro dei tempi moderni a porre piede sul suolo africano. I quattro di voi che sono stati ordinati Vescovi nel 1969 rappresentano il legame vivente tra quella storica Visita e l'incontro di questa sera. A quella cerimonia di ordinazione, Papa Paolo parlo dei sacri doveri dei Vescovi, che ricevono "una straordinaria effusione di Spirito Santo", affinché possano essere "veicoli e strumenti dell'amore di Cristo per gli uomini". "I Vescovi sono ministri", ha osservato il Papa, "sono servitori; essi non sono per se stessi, bensi per gli altri... Essi sono per la Chiesa, e alla Chiesa offrono tutta la loro vita (Cfr. 2Co 12,15)...

Perché è a voi, amati fratelli, Vescovi delle Chiese nuove o molto giovani, che si richiede l'amore pastorale in misura maggiore" (Discorso per l'Ordinazione dei Vescovi, Kampala, 1 agosto 1969). Questo amore pastorale, di cui il Papa parlo con tale sentimento, è una partecipazione dell'amore del Figlio di Dio stesso (Cfr. PDV 23). Il dono di sé, che lo Spirito Santo rende capaci di offrire a quanti ricevono i Sacri Ordini, rappresenta una partecipazione alla donazione di sé del Buon Pastore che dà la vita per il suo gregge (Cfr. Jn 10,11).

Questa carità pastorale è il fondamento per ogni bene che noi siamo in grado di compiere nella Chiesa, perché la comunione di amore che unisce i membri del Corpo di Cristo può costruirsi soltanto nell'amore.


3. La mia visita in Uganda rappresenta un'occasione per sperimentare in modo particolarmente vivo la nostra comunione nella Santissima Trinità. E' allo stesso modo, come indicate nella Lettera Pastorale pubblicata in preparazione della mia visita, un'occasione per impegnarsi nuovamente a quegli atti di fede, speranza e amore che rendono testimonianza al Salvatore Risorto. La vostra identificazione delle aree specifiche in cui i fedeli dell'Uganda sono sfidati a vivere la loro vocazione cristiana, è un'autentica lettura dei "segni dei tempi" nella vostra nazione. In ciò voi continuate il rinnovamento messo in atto dai Padri del Concilio Vaticano II. Questa iniziativa della vostra Conferenza Episcopale mi sembra di tale importanza per la vita della Chiesa in Uganda, che vorrei trarre da questa Lettera Pastorale alcuni punti per le mie osservazioni di questa sera, riflessioni che intendono completare o ampliare gli argomenti discussi nel corso della vostra recente visita ad Limina.


4. La vostra Lettera Pastorale tratta estesamente dei molti modi in cui i cattolici dell'Uganda possono offrire il proprio contributo all'ordine civile. Vi appellate a un nuovo vigore per la costruzione della nazione giunta a un punto cruciale della sua storia. Poiché il popolo dell'Uganda esce da un periodo di violenza e di sconvolgimento sociale, esso sta cercando di ricostruire la nazione, e così emerge una pressante necessità da parte dei membri della comunità cattolica di dedicarsi generosamente alle opere di solidarietà. Qui, come in tutti i Paesi e le nazioni, i beni più importanti da rafforzare nella vita della popolazione sono quelli spirituali e morali. Senza questi essa non avrà mai uno "sviluppo" degno di questo nome. Tra i componenti essenziali di una sana vita civile vi sono elementi quali il riconoscimento della dignità di ogni persona umana, il rispetto per i diritti che sono radicati in tale dignità - soprattutto il diritto alla vita e il diritto alla libertà religiosa - e un impegno effettivo ad assicurare il benessere dei poveri, dei deboli e degli indifesi (Cfr. SRS 33,42).

Costruire una società che consideri queste realtà come un patrimonio prezioso significa costruire la cultura della pace, un ambiente in cui i cittadini riusciranno sempre più facilmente a raggiungere gli obiettivi per cui sono stati creati. Per la maggior parte del periodo trascorso dall'indipendenza dell'Uganda, questi beni spirituali sono stati - triste a dirsi - presi d'assalto in ragione della lotta che spesso ha opposto quanti detenevano il potere contro il popolo e che ha messo cittadino contro cittadino. Il fatto che la nazione stia emergendo dalle ombre di quegli anni non significa che tutte le minacce alla cultura della pace siano passate. Perfino adesso la tentazione di mantenere in vita e di nutrire passati rancori può rappresentare una minaccia al benessere della società. In questo momento della storia dell'Uganda, quindi spetta alla Chiesa rispondere con sempre maggiore fedeltà all'ingiunzione di Dio di essere una comunità riconciliatrice (Cfr. RP 8). I membri del popolo di Dio vivono con la profonda sensazione di essere stati molto perdonati e che devono a loro volta perdonare (Cfr. Mt 18,23-35). Questa consapevolezza dovrebbe fruttificare in una disponibilità da parte di tutti i fedeli dell'Uganda a mettere da parte l'odio e in tal modo testimoniare la verità che lo spirito di misericordia è più forte dello spirito di vendetta. A questo proposito non possiamo esimerci dal menzionare il ruolo specifico dei responsabili laici cattolici. A loro sono affidati gli ambiti dell'ordine temporale: la politica, l'economia, la direzione della società (Cfr. LG 31 CL 15). In questi campi essi "sono chiamati ad impegnarsi direttamente nel dialogo o in favore del dialogo per la riconciliazione" (RP 25) e in Uganda la necessità di tali passi verso il ristabilimento dell'armonia è veramente pressante. Nessuno, naturalmente, deve pensare che invitando i cittadini cattolici dell'Uganda ad operare per il rinnovamento della comunità voi implichiate che questo dovere spetti soltanto a loro. No, la cooperazione dei cristiani di tutte le Chiese e le Comunità Ecclesiali tra di loro, come pure con i seguaci di altre religioni, non è soltanto benvenuta, ma è indispensabile (Cfr. Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1992, n. 6-7).


5. Portare la luce del Vangelo a tutti gli uomini e le donne è il compito fondamentale affidato da Cristo ai suoi discepoli (Cfr. Mt 28,19; RMi 71). Le parole di San Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi, "Ho creduto, perciò ho parlato" (2Co 4,13), sottolinea il fatto che la diffusione della Parola di Dio è una parte essenziale dell'atto di fede in quella Parola.

Sotto la guida dei Vescovi, tutto il popolo di Dio partecipa all'opera di proclamare che il suo Regno è giunto. Come avete indicato nella vostra Lettera Pastorale, vi è un ampio obiettivo per quest'opera di proclamazione del Vangelo qui in Uganda. Una vasta porzione della popolazione non ha ancora ricevuto la luce di Cristo. Allo stesso tempo esiste la necessità di confermare nella loro fede cattolica quanti sono tentati di allontanarsi dalla Chiesa e abbandonare le esigenze di una sana spiritualità in una ricerca improduttiva di "visioni" e "cure" o aderendo alle sette di nuova fondazione. Con un rinnovato impegno da parte di tutti i fedeli di questa nazione, il seme verrà gettato in abbondanza e crescerà nel suolo dell'Uganda e dalla semina Dio produrrà un abbondante raccolto (Cfr. Mt 13,8 1Co 3,7).


6. Riguardo a quanto avete scritto nella vostra Lettera Pastorale su un rinnovato impegno a proseguire l'inculturazione della fede cristiana, spero vivamente che il lavoro dell'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa getterà nuova luce su questo compito difficile e delicato. Saggiamente avete fatto eco ai Padri del Concilio nel sottolineare che l'origine e il modello di questa inculturazione è il mistero dell'Incarnazione (Cfr. AGD 22). Nell'unione di Dio e uomo in Cristo, nulla della verità divina è andata perduta, e ogni affermazione, ogni azione di Cristo non erano nient'altro che manifestazioni del Figlio Unigenito (Cfr. Concilio di Efeso, DS 255 CEC 468). Tutti i tentativi odierni di esprimere questa Parola ineffabile nelle realtà culturali di un popolo o di una razza devono similmente garantire che nulla venga perduto o aggiunto alla rivelazione di Dio in Gesù Cristo. Solo quanti veramente conoscono Cristo, e veramente conoscono il proprio retaggio culturale, possono discernere come la Parola Divina possa essere opportunamente presentata attraverso il mezzo di tale cultura. Ne consegue che non può esistere un'autentica inculturazione se questa non proceda dalla contemplazione della Parola di Dio e dalla crescita nella somiglianza a lui attraverso la santità di vita. E alla fine spetta al Magistero della Chiesa giudicare quali nuove voci siano riuscite ad esprimere l'eterno mistero di Dio Uno e Trino e del suo amore per noi. Poiché il Catechismo della Chiesa Cattolica, di recente pubblicazione, offre una presentazione completa e sistematica delle ricchezze della Buona Novella, mantenute "sempre integre e vive nella Chiesa" (DV 7), esso rappresenta un supporto provvidenziale nel compito dell'inculturazione. Il Catechismo è "una norma sicura per l'insegnamento della fede" (Fidei Depositum, n. 4), e quindi confido che voi e tutti coloro che collaborano con voi troveranno una guida chiara e affidabile nel predicare che Gesù è il nostro solo e unico Mediatore col Padre, nell'insegnare il ruolo della Chiesa quale segno e strumento di salvezza per tutta l'umanità, nell'esporre le esigenze morali della vita di grazia, e nello spiegare la relazione delle religioni non cristiane con la Rivelazione.


7. Sono perfettamente d'accordo con l'enfasi che avete posto nella vostra Lettera Pastorale sulla necessità di rafforzare la vita familiare. In effetti, il rafforzamento della vita familiare è un passo essenziale per rinnovare la società, poiché è nella casa che la cultura di una società viene trasmessa, nutrita e il suo futuro viene determinato. Lo Stato, così come la Chiesa, deve fare della tutela e della promozione della famiglia una delle sue maggiori priorità. Le famiglie cristiane di questa nazione hanno un ruolo cruciale da svolgere nella società civile, eppure il loro compito è allo stesso modo essenzialmente ecclesiale. E' opportuno ricordare che la famiglia cristiana è giustamente chiamata una "Chiesa in miniatura (Ecclesia Domestica)", poiché è "inserita a tal punto nel mistero della Chiesa da diventare partecipe, a suo modo, della missione di salvezza propria di questa" (FC 49). In questa comunione stabilita con il Sacramento del Matrimonio, i coniugi diventano, come la Chiesa - una comunità salvata, che è anche chiamata ad essere una comunità salvifica attraverso la condivisione dell'amore di Cristo con gli altri, prima e innanzitutto con i figli e le figlie donati a loro da Dio (Cfr. ). L'azione pastorale della Chiesa deve essere specificamente volta ad aiutare i genitori cristiani ad adempiere a questa nobile vocazione. Talvolta può rendersi necessario ricordare ai vostri collaboratori che la cura pastorale delle famiglie non è una questione di programmi nuovi e talvolta superficiali, ma è il risultato di una catechesi penetrante che conduce le coppie e i loro figli ad una fede più profonda, ad una partecipazione più generosa ai Sacramenti - soprattutto alla Penitenza e alla Santa Eucaristia - ad una più fervente vita di preghiera e a un più generoso servizio reciproco. Pregando insieme, i membri della famiglia cristiana chiaramente esprimono che la loro comunione non si limita a questo mondo, ma è una partecipazione alla comunione eterna della Santissima Trinità.

Questa preghiera allo stesso modo insegna ai figli le vie del discepolato. Quando i genitori e i figli si uniscono quotidianamente per rendere lode e ringraziare Dio - nei momenti di gioia come pure nei momenti di ansietà e di dolore, i giovani imparano ad affidare tutta la loro vita al Padre Celeste (Cfr. FC 60). Nessun pastore d'anime può fare a meno di insistere sull'importanza della preghiera nella vita cristiana dei fedeli.


8. La vostra Lettera Pastorale da particolare importanza al ruolo che i giovani dell'Uganda possono svolgere nel proclamare la Buona Novella della Salvezza.

Troviamo qui un'eco dei sentimenti dei Padri del Concilio Vaticano II: i giovani "debbono divenire i primi e immediati apostoli dei giovani...; anche i fanciulli hanno la loro attività apostolica" (AA 12). Poiché "prima ancora di essere azione, la missione è testimonianza e irradiazione" (RMi 26), quanti debbono ancora raggiungere la maturità sono tuttavia ben capaci di manifestare la bellezza di un genuino approccio cristiano alla vita. Finché verranno aiutati a rispondere alla grazia del Battesimo, l'entusiasmo dei giovani per il futuro li renderà testimoni efficaci della verità che "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Rm 8,28). Allo stesso modo, quella giovanile energia nell'aiutare gli altri diventa un riflesso dell'esempio dello stesso Signore di essere il servitore di tutti (Cfr. Mt 20,28). Una tale testimonianza all'amore di Cristo non può fare a meno di attrarre gli altri a lui.

L'apostolato missionario dei giovani cattolici ugandesi ha bisogno di essere incanalato attraverso gruppi parrocchiali e movimenti e associazioni giovanili.

Qui dovrete discernere ciò che è sano e utile, e quale forma di associazione rifletta autenticamente il carattere del vostro popolo. Ho espresso altrove la mia convinzione che lo Spirito Santo stia preparando una "nuova primavera del Vangelo" (Cfr. RMi 86). Non dovremmo sorprenderci se Egli si servirà dei "piccoli" (Cfr. 1Co 1,26-29), di quelli che sono nella primavera della loro vita, per raggiungere il suo obiettivo.


9. Cari fratelli, oggi mi rallegro come pellegrino che ha raggiunto la meta del suo viaggio in Uganda: il sacro Santuario dei Martiri, il terreno reso sacro dalle loro morti. Avere offerto la Santa Eucaristia insieme a voi e al vostro popolo è una gioia perfetta, perché è veramente giusto e opportuno per noi rendere presente il Sacrificio del Calvario proprio nel luogo in cui la gloria della Passione del nostro Salvatore si è manifestata nelle membra del suo Corpo Mistico (Cfr. Ph 3,10). Ricordero le esperienze di questo giorno, e questo ricordo spesso diventerà preghiera a San Charles Lwanga e ai suoi Compagni per l'amato popolo dell'Uganda.

"Buono e retto è il Signore" (Ps 24,8) per avermi portato in Uganda.

Mentre affido voi e tutti i vostri sacerdoti, religiosi e fedeli laici all'amorevole intercessione di Nostra Signora della Speranza, imparto la mia Benedizione Apostolica come pegno di amore e pace in Cristo suo Figlio.

Data: 1993-02-07 Data estesa: Domenica 7 Febbraio 1993

Annuncio durante l'incontro con i Vescovi ugandesi - Kampala (Africa)

Titolo: "Sono felice di elevare il Santuario a Basilica Minore"

Cari fratelli dell'Episcopato dell'Uganda, Avevo preparato un documento da leggere, ma ognuno di voi lo leggerà personalmente. Esprimo la mia gratitudine per l'invito nella sede della Conferenza Episcopale, la mia gratitudine per le parole dell'Arcivescovo Wamala, vostro Presidente, ed anche la mia gratitudine per il vostro invito in Uganda. E' stato qualche mese fa, in maggio, che mi avete invitato. Non ero molto convinto sull'opportunità di venire. Pensavo che Papa Paolo VI era stato in Uganda per la prima ed unica visita di quel mio grande Predecessore. Perché sarei dovuto andare una seconda volta? - mi sono chiesto. Ma poi è giunta una persona molto buona, un Cardinale africano, ed egli ha insistito affinché venissi, ma non in Uganda, bensi in Benin. La mia convinzione limitata sul viaggio è quindi divenuta più ampia. Ho quindi visto che tutti i miei collaboratori, tutte le personalità del Vaticano, specialmente Monsignor Re, erano convinte che fosse necessario andare. Ho quindi dovuto convincermi anche io. E l'ultima motivazione è stata Giuseppina Bakhita, la martire canonizzata recentemente. Cosa significa il nome di questa povera schiava del vicino Sudan? Il Sudan è un Paese vicino e in questa vicinanza è chiaro che c'era una chiamata della Provvidenza a venire nuovamente in Africa, in Benin, in Uganda, per la seconda volta, e a Khartoum, solamente. Dopo la mia visita, specialmente dopo la grande celebrazione al Santuario dei Martiri, mi sono profondamente convinto che era necessario essere qui. Non c'è dubbio, era necessario. E' un grande momento nell'apostolato e nell'evangelizzazione del mondo, non solo del vostro Continente.

Esprimo la mia gratitudine per il vostro invito a venire in Uganda. Mi avete convinto. Dal momento che abbiamo in programma di incontrarci nuovamente questa sera in Nunziatura, è meglio non dilungarci troppo in questo incontro. Devo aggiungere che l'intera visita è molto bella, è molto calda, non solo climaticamente, perché non fa caldo come in Benin. Ma è calda psicologicamente. La temperatura del cuore è molto alta. Talvolta penso di non potere sopportarla. Ma alla fine la sto sopportando. Grazie per la vostra gente. Sono buoni cattolici.

Come ricordo della mia visita al Santuario dei Martiri ugandesi e della storica visita di Papa Paolo VI, sono felice di elevare il Santuario alla condizione di Basilica Minore.

La vostra attesa è finita.

Data: 1993-02-07 Data estesa: Domenica 7 Febbraio 1993

Omelia durante la celebrazione eucaristica sulla spianata del Vescovado - Kasese (Africa)

Titolo: Urge un rinnovamento morale per instaurare la giustizia, la pace e l'unità

Abagonzebwa omu Kristo, Muroho Muta? (Cari fratelli in Cristo, come state?)


1. Mukama waitu Yesu Kristo natugambira ati, Itwena tube bamu. (Nostro Signore Gesù Cristo ci ha detto che dovremmo essere una sola cosa). La notte prima di morire Cristo prego il Padre per l'unità dei suoi discepoli: "perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21). Dio stesso è una sola cosa: Padre, Figlio e Spirito Santo. E le radici dell'unità di tutti i discepoli di Cristo affondano nelle profondità del mistero della Santissima Trinità, in cui il Padre è nel Figlio e il Figlio nel Padre, attraverso lo Spirito di Amore che procede dal Padre e dal Figlio. Quello stesso Amore che il Padre ha riversato sul mondo in Gesù Cristo: "Dio infatti ha tanto amato da dare il suo figlio unigenito" (Jn 3,16). Oggi, qui a Kasese, al Vescovo di Roma, al Successore di Pietro è stata concessa la grazia di celebrare l'Eucaristia con voi, fedeli della regione Centro-Occidentale dell'Uganda. Riuniti nel nome di Gesù Cristo Nostro Signore, noi riconosciamo e gioiamo nell'unità che ci tiene insieme nella Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica. La notte precedente al suo sacrificio sulla Croce per la redenzione del mondo, il Figlio prego il Padre per l'unità dei suoi discepoli: per gli Apostoli e per coloro che sarebbero venuti in seguito, di generazione in generazione. Egli prego per l'unità di tutti coloro che attraverso le parole degli Apostoli avrebbero creduto in Lui (Cfr. Jn 17,20). Quindi prego per l'unità delle Chiese particolari, e per l'unità delle Chiese particolari con il Vescovo di Roma.


2. L'Eucaristia è il segno più completo della nostra unità. E così con grande affetto in Nostro Signore Gesù Cristo io saluto tutti voi, in particolare coloro che hanno affrontato grandi distanze per partecipare a questo evento solenne.

All'ombra del massiccio del Ruwenzori, le cui maestose cime benedicono silenziosamente il Signore (Cfr. Da 3,75), saluto i vostri Vescovi: il Vescovo Egidio Nkaijanabwo di Kasese, che ringrazio per le cordiali parole di benvenuto; il Vescovo Paul Bakyenga di Mbarara, il Vescovo Paul Kalanda di Fort Portal, il Vescovo Deogratias Byabazaire di Hoima, e il Vescovo Barnabas Halem'Imana di Kabale, così come S. E. Mons. Serapio Bwcemi Magambo, Vescovo emerito di Fort-Portal, e S.E. John Baptist Kakubi, Vescovo emerito di Mbarara. Saluto voi, sacerdoti, religiosi e laici dell'intera regione Occidentale dell'Uganda. Rivolgo anche un cordiale saluto ai rappresentanti di altre Chiese cristiane e comunità ecclesiali, e ai seguaci di altre religioni. Apprezzo con gratitudine la presenza delle autorità civili, impegnate nel nobile compito di servire il bene comune dei loro concittadini. Il Vescovo Nkaijanabwo ha parlato della grande bellezza naturale delle montagne del Ruwenzori e dei numerosi fiumi che scendono dalle sue cime e irrigano la regione. Ispirati da questa immagine nel momento in cui celebriamo l'Eucaristia, apriamo i nostri cuori al flusso di acqua di vita che Cristo dona a coloro che credono in Lui, affinché divenga una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna (Cfr. Jn 4,14).


3. Nella preghiera sacerdotale di Gesù nel Cenacolo la notte prima di morire c'è un'eco distante ma fedele delle parole del Profeta Ezechiele, che abbiamo udito nella liturgia odierna: "Vi prendero dalle genti, vi radunero da ogni terra e vi condurro sul vostro suolo" (Ez 36,24). Il Profeta pronuncio queste parole pensando ai figli e alle figlie di Israele che vivevano in esilio nella Diaspora. Quanto desideravano tornare a casa! Quanto desideravano ricostruire l'antica unità del Popolo di Dio intorno al Tempio di Gerusalemme! Gesù, d'altra parte, parla di un'unità ancor più profonda: un'unità in grado di superare ogni barriera e ogni divisione, un'unità di mente e di cuore che trova la sua fonte in Dio stesso.

Poiché Gesù ha pregato: "Come tu, Padre sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola,... Io in loro e tu in me" (Jn 17,21-23). "Io in loro". Questo è il grande obiettivo che desidero proporre ai fedeli cristiani dell'Uganda Occidentale: che Cristo possa vivere in voi, attraverso la vostra fede e la santità di vita, che nessuna differenza etnica, che nessuna differenza sociale o religiosa ostacoli la via verso un'autentica solidarietà nella costruzione del bene comune.


4. In questa regione, con le sue montagne e pianure abitate da tanti popoli diversi, c'è stato un grande movimento di popolazioni. In molti luoghi persone di diversa origine etnica e di diversa lingua vivono fianco a fianco. Non dovrebbero tutti, in particolar modo i capi religiosi e le autorità civili, adoperarsi per creare una consapevolezza di appartenenza a una più ampia comunità regionale e nazionale, un'appartenenza che richiede che tutti svolgano un ruolo nel compito comune di ricostruire il tessuto sociale dell'Uganda? I tragici eventi del passato recente hanno lasciato una dolorosa eredità. Durante quegli anni bui i Vescovi hanno coraggiosamente nutrito la speranza che un giorno la pace e l'unità sarebbero prevalse. Ringraziamo insieme per il loro zelo pastorale e per la testimonianza cristiana di numerosi fedeli il cui eroismo, la cui carità e il cui sacrificio hanno aggiunto un ulteriore splendido capitolo alla storia della Chiesa in Africa. Adesso è il "tempo opportuno, il giorno della salvezza", il momento per tutti gli ugandesi di accantonare le tracce delle divisioni distruttive basate sull'ineguaglianza, l'inimicizia etnica e la rivalità. Il Vangelo ci ricorda: "nessuna città o famiglia discorde può reggersi" (Mt 12,25). così, i vostri Vescovi hanno scritto "è giunto per noi in quanto nazione il momento di perdonarci gli uni gli altri e di riconciliarci, e di iniziare una nuova era di comunione e solidarietà" (Fa risplendere la tua luce, n. 36). Faccio mie queste parole e vi esorto a riconciliarvi con Dio e fra voi (Cfr. 2Co 5,20).


5. Una conversione spirituale, un rinnovamento morale sono necessari se si vogliono instaurare saldamente la giustizia, la pace e l'unità. Il Profeta insegna che Dio deve mettere in noi "un nuovo cuore" e "un nuovo spirito" cosicché vivremo secondo la volontà divina (Cfr. Ez 36,26). Se c'è discordia tra di voi, tra membri della stessa famiglia, tra diversi gruppi, tra regioni, lasciate che la grazia di Dio tolga il "cuore di pietra" e lo sostituisca con il "cuore di carne" (Cfr. ). Fate che vi siano riconciliazione e pace! Tutti noi traiamo origine dallo stesso Dio amorevole, che "creo da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra" (Ac 17,26). La famiglia umana è una! E' chiamata a formare una comunità libera dalla discriminazione basata su razza, colore, classe o religione (Cfr. NAE 5). Le differenze tra di noi dovrebbero rafforzare, non diminuire l'unità e il rispetto reciproci. Uno spirito di comunità, un senso di generosa condivisione, una calorosa ospitalità verso gli altri sono tra gli aspetti più importanti della cultura tradizionale africana.

Recentemente, queste qualità hanno ispirato la vostra ammirevole generosità nei confronti dei molti rifugiati della guerra civile in Ruanda. Preghiamo affinché gli sforzi perché cessi il conflitto in quella regione abbiano successo e affinché ai rifugiati sia data la possibilità di ritornare alle loro case e alle loro famiglie. Avendo toccato con mano le sofferenze che si verificano quando il pregiudizio porta all'odio e alla sofferenza, sapete quanto sia importante non permettere che l'individualismo esagerato e l'egoismo minaccino i valori di solidarietà, giustizia e pace che rappresentano l'unica certa speranza per il futuro della società ugandese.


6. A questo proposito desidero incoraggiare la Chiesa nell'Uganda Occidentale a continuare la sua opera impegnata in alcuni ambiti di sollecitudine pastorale. In primo luogo promuovere un apostolato familiare sempre più efficace.

Proprio dalle prime pagine del libro della Genesi appare chiaro che Dio desiderava che l'uomo e la donna si trovassero, si amassero l'un l'altro in modo stabile e fedele, e che accettassero responsabilmente, nutrissero ed educassero i frutti del loro amore, i loro figli. "Questa volta essa", Adamo dice contemplando sua moglie, "è carne della mia carne e osso delle mie ossa. Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne" (Gn 2,23-24). Questa unione profonda, personale, monogama non ha origini occidentali, ma piuttosto corrisponde al disegno di Dio per il marito e la moglie.

Il patto del matrimonio è così nobile, così vicino al modo di essere di Dio nella Trinità che le Scritture continuamente paragonano l'amore di Dio per l'umanità peccatrice all'amore di un marito infinitamente fedele a sua moglie. San Paolo presenta coraggiosamente l'amore sacrificale di Cristo per la sua Chiesa come il simbolo e il modello di tutti i contratti matrimoniali indissolubili (Cfr. Ep 5,25-33).

Il senso positivo dei vincoli familiari caratteristici delle tradizioni africane, la serietà dell'impegno matrimoniale come base di solidarietà tra le famiglie imparentate - una solidarietà che favorisce in particolar modo gli anziani, le vedove e gli orfani, e produce una forma di corresponsabilità nella cura dei bambini - possono contribuire al rafforzamento delle case cristiane. E' compito delicato di sacerdoti, religiosi, e catechisti insegnare alle giovani coppie come far si che questo dinamismo familiare si conformi al disegno di Dio per il matrimonio e per la famiglia.

I corsi di preparazione al matrimonio dovrebbero guidare le coppie alla scoperta di tutta la grazia e la forza spirituale che viene loro dal Sacramento che consacra il loro amore. Con fede nel Signore possono iniziare un cammino di vita insieme, consapevoli delle minacce a cui sarà esposta la loro fedeltà, ma pronti a fronteggiare insieme qualsiasi sfida si presenterà loro.


7. Desidero esortare i vostri instancabili Vescovi e sacerdoti a continuare a considerare la vita familiare una priorità dell'azione pastorale. I gruppi e i movimenti che sostengono le coppie dovrebbero essere incoraggiati. Le coppie cattoliche possono essere di enorme aiuto alle altre coppie. Corsi e giornate di preghiera e di studio possono svolgere un ruolo determinante nel consolidamento delle famiglie. Quando vi sono difficoltà particolari, per esempio quando i mariti sono costretti a partire per cercare lavoro, o in caso di malattia, o quando ci sono altri problemi, la comunità cristiana dovrebbe dimostrare una particolare sollecitudine e offrire un'assistenza concreta per mantenere saldi i vincoli della vita familiare. Sono consapevole del fatto che per molti di voi le radici familiari sono molto lontane ed è difficile creare uno spirito di comunità. Vi sto chiedendo, in particolar modo a voi giovani di essere coraggiosi e di sviluppare una profonda sollecitudine per il bene comune. Anche lo Stato dovrebbe essere fermamente convinto dell'importanza della famiglia in quanto base di una società ordinata, e di conseguenza dovrebbe perseguire politiche che difendano i valori familiari da attacchi di tutti i tipi.


8. Fratelli e sorelle, la vostra gioiosa partecipazione a questa Liturgia riflette la vitalità della vostra vita parrocchiale.

So che siete vicini ai vostri sacerdoti, alle vostre Suore e ai vostri Fratelli religiosi che operano in questa parte dell'Uganda. Ma il loro numero non è sufficiente per il lavoro da svolgere. Il Papa vi sta chiedendo di pregare affinché vi siano più sacerdoti e religiosi. Egli vorrebbe che i giovani si chiedessero se Cristo li sta chiamando e che siano generosi nel risponderGli se li chiama. C'è così tanto da fare! In particolare desidero sottolineare il ruolo delle religiose nell'evangelizzazione e nel sostentamento della comunità cattolica. Ringrazio di cuore a nome della Chiesa tutte le Suore presenti. E come potrei dimenticare di ringraziare i catechisti? E gli insegnanti cattolici? La vostra ammirevole opera e la collaborazione del laicato nelle Commissioni e nei Consigli laici sono fondamentali per il rafforzamento della vita della Chiesa nelle vostre parrocchie e nelle vostre diocesi. In tutto ciò deve esserci un grande senso di unità intorno ai vostri Vescovi. E così torniamo al tema di questa Eucaristia, in cui la preghiera sacerdotale di Cristo risuona con enfasi: "siano... una cosa sola". Il Salvatore vuole che noi siamo una cosa sola perché il mondo creda che il Padre Lo ha mandato (Cfr. Jn 17,21). Ogni opera di evangelizzazione dipende da questa testimonianza. Se gli altri devono credere, devono vedere che i cristiani sono uniti. Essi devono vedere che noi siamo una sola cosa nell'amore. Il sacrificio della Croce, infatti, è il culmine della missione del nostro Redentore, e attraverso di esso il mondo conosce l'amore con cui Dio ha amato tutta l'umanità. Ogni volta che celebriamo il Sacrificio Pasquale di Cristo nell'Eucaristia, Cristo rinnova questo amore per ognuno di noi. Dove conduce questo amore? Esso conduce alla vita eterna in Dio: "voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo" (Jn 17,24). Durante l'ultima cena Cristo ha espresso il suo amore per i suoi discepoli. Oggi a Kasese Egli esprime lo stesso amore per voi. "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!" (He 13,8). Attraverso l'unione con Lui, attraverso la nostra unione reciproca in Lui, anche noi diventiamo partecipi della vita divina: la vita eterna nel Padre, Figlio e Spirito Santo. Il popolo dell'Uganda Occidentale aspira a una vita migliore, una vita più onesta, più giusta e più pacifica. Ciò sarà possibile soltanto se la società rispetterà e difenderà la dimensione spirituale della vita dell'uomo e la sua chiamata alla trascendenza. Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te (Cfr. Sant'Agostino, Confessioni, I,1, CSEL 33, s. 1). Ma noi abbiamo una ferma speranza poiché il Signore stesso ha pregato per il suo popolo: "E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo faro conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro" (Jn 17,26).

Engonzi za Yeso Kristo zikale omu mitima yanyu ebiro byoona. Engonzi za Ruhanga zibe maani ganyu, inywena Abanya 'Uganda. Amina.

(Possa l'amore di Gesù regnare nei vostri cuori! Possa l'amore di Dio essere la forza di tutti gli ugandesi! Amen.)

Data: 1993-02-08 Data estesa: Lunedi 8 Febbraio 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Discorso durante l'incontro con i Membri della Conferenza Episcopale Ugandese - Kampala (Africa)