GPII 1993 Insegnamenti - Alla Presidenza Generale del Circolo di San Pietro - Roma

Alla Presidenza Generale del Circolo di San Pietro - Roma

Titolo: Continuate generosamente nell'opera di promozione umana

Carissimi Dirigenti e Soci del "Circolo di san Pietro"!


1. Sono lieto di accogliervi, come di consueto, in occasione della festa della Cattedra di San Pietro, e a tutti rivolgo il mio cordiale benvenuto. In particolare saluto il carissimo Monsignor Ettore Cunial, al quale formulo fervidi auguri per l'ormai prossimo 40° anniversario della sua Ordinazione episcopale e lo ringrazio di cuore perchè da oltre vent'anni, con generosa dedizione, vi segue come vostro Assistente spirituale. Sono, inoltre, grato al vostro Presidente, il Marchese Giovanni serlupi Crescenzi, per le cortesi parole, con le quali ha voluto introdurre il nostro familiare appuntamento. Anche quest'anno è stata vostra cura presentarmi l'"Obolo di San Pietro", da voi raccolto tra i fedeli delle Parrocchie di Roma. Grazie! questo gesto, accompagnato dai vostri sentimenti di ossequio e di fedeltà al Papa, rappresenta un segno concreto di partecipazione alle necessità e sollecitudini della Chiesa universale.


2. Ho ascoltato poco fa dal vostro Presidente un breve resoconto delle attività, che vi conducono ad interessarvi di molte persone in difficoltà portando loro, con il sostegno della fede, un concreto aiuto morale e materiale. Vi incoraggio, carissimi, a continuare generosamente in così benemerita opera di formazione e di promozione umana, fedeli sempre al Vangelo e alle direttive della Chiesa. Oggi come ieri, è soprattutto la testimonianza della carità che tocca il cuore degli uomini; la nuova evangelizzazione, soprattutto in una città cosmopolita come Roma, richiede grande apertura di spirito e sapiente disponibilità verso tutti, al di là di ogni differenza di razza e di religione. In tale contesto ben si situa la vasta rete di interventi assistenziali che voi ogni giorno realizzate a favore di quanti si trovano nel bisogno. Mi piace sottolineare, tra l'altro, l'accoglienza riservata ai giovani immigrati rumeni e ai bambini di Chernobil, come pure la collaborazione che non pochi di voi prestano regolarmente in case-famiglia, in asili e in altre strutture di solidarietà sociale. Continuate su tale cammino, animati da profondo spirito cristiano, sempre memori delle parole di Gesù, Maestro Divino e Buon Samaritano: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).


3. E come, poi, non ricordare il prezioso servizio d'ordine che diligentemente svolgete durante le celebrazioni liturgiche nella Basilica di San Pietro? Esso torna tanto maggiormente a vostro onore, in quanto manifestate con esso eloquentemente la costante dedizione e la devota fedeltà che vi uniscono alla Sede di Pietro. Il Signore ve ne renda merito. Vi protegga e vi sostenga Maria, "Salus Populi Romani", al cui Cuore Immacolato vi siete affidati.

Da parte mia invoco per voi tutti abbondanti ricompense celesti, mentre di cuore imparto la Benedizione Apostolica su ciascuno di voi e sui vostri cari.

Data: 1993-02-27 Data estesa: Sabato 27 Febbraio 1993

Lettera al Superiore Generale della Congregazione di Gesù e Maria per il 350° della fondazione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Gli Eudisti, operai dell'evangelizzazione

Al Reverendo Padre Pierre Drouin, Superiore Generale della Congregazione di Gesù e Maria Nel 1643, San Giovanni Eudes fondava la Congregazione di Gesù e Maria a Caen, insieme ad un gruppo di sacerdoti, per stabilire un seminario. Era, secondo le sue stesse parole, il "giorno nel quale il Figlio di Dio si è incarnato e la Santa Vergine è stata fatta Madre di Dio" (Opere Complete, XII, 112). Nel momento in cui la Congregazione celebra il trecentocinquantesimo anniversario della sua fondazione, sono lieto di unirmi all'azione di grazia e alla preghiera di speranza di tutti gli Eudisti e dei loro associati.

Sacerdoti, candidati al sacerdozio e laici riuniti nella vostra Società di vita apostolica, voi evocate con riconoscenza la santa figura di colui che fu missionario instancabile, incessantemente preoccupato di formare dei buoni operai del Vangelo. San Giovanni Eudes ha occupato un posto di primo piano nella Francia religiosa del XVII secolo; egli ha contribuito in modo molto personale al movimento spirituale profondo che verrà definito come scuola francese, rispondendo con coraggio alle necessità e agli appelli dei suoi contemporanei tramite la predicazione, gli scritti e le molteplici iniziative nei campi dell'istruzione e della carità. Il vostro fondatore vi ha lasciato un patrimonio spirituale di grande valore che ispira ancor oggi la vostra Congregazione. Un esempio è costituito dalle Costituzioni, che, seguendo fedelmente la Regula Domini Jesu di Giovanni Eudes, riconoscono i seguenti "fondamenti" nella vita degli Eudisti: la grazia divina, per comunicarla agli altri; la volontà divina, per servirla; la croce di Gesù, per camminare nelle orme del Signore; un amore profondo per Gesù e Maria, ai quali la Congregazione appartiene e che rappresentano la loro famiglia (Cfr. n. 3).

Oggi, è bene approfondire nuovamente le intuizioni essenziali del vostro fondatore. Egli contemplava incessantemente il Cristo, l'unigenito di Dio donato per la salvezza del mondo. Egli era talmente penetrato dal messaggio della Parola di Dio, che formulo le Regole proposte ai suoi fratelli usando le stesse parole della Sacra Scrittura. Con armonia, egli abbinava la profondità della riflessione teologica, attinta da San Paolo e da San Giovanni, all'ardore spirituale di una vita di preghiera ricca d'amore. Non disegnava forse un autoritratto quando scriveva: "Dobbiamo essere animati dallo spirito di Gesù, vivere della sua vita, camminare nelle sue vie, essere rivestiti dei suoi sentimenti e inclinazioni, compiere ogni nostra azione secondo le disposizioni e le intenzioni con cui egli compiva le sue" (Royaume de Jésus, II, 2)? Egli comprese e seppe mostrare la fecondità della devozione al Cuore di Gesù, che egli stesso contribui a diffondere. Giammai separo la contemplazione di Gesù da quella della Madre sua: "Oh Gesù, unigenito di Dio, unigenito di Maria, io vi contemplo e vi adoro, come vivente e regnante nella vostra Santissima Madre, e come colui che tutto siete e tutto fate in lei" (Royaume de Jésus, V, 9). Inoltre egli fu riconosciuto, nel tempo della sua glorificazione, come "Padre, Dottore e Apostolo del culto dei Sacri Cuori", tanto egli amava il cuore di Gesù e Maria.

L'anniversario celebrato dopo tre secoli e mezzo di storia, spesso tormentata, della Congregazione, costituisce per gli Eudisti un invito a tornare alla memoria del loro fondatore e del suo messaggio, come alle radici vive della loro presente vocazione. Ritrovare l'ispirazione che dà vita all'Istituto, e l'esperienza incessantemente rinnovata dalle generazioni successive dei suoi membri, costituiscono altrettante grazie che, se ricevute, possono illuminare il cammino da riprendere insieme, con entusiasmo, per la missione, facendo fronte ai nuovi appelli del nostro tempo.

"Gli Eudisti, operai dell'evangelizzazione, lavorano al rinnovamento della fede nel Popolo di Dio" (Constitutions, n. 2).

La missione assume delle forme differenti secondo le epoche e i luoghi; ma l'impegno totale di San Giovanni Eudes rimane per i suoi figli un esempio e una guida per coloro che si consacrano all'annuncio della Buona Novella della salvezza al fine di annunciare ai propri fratelli e sorelle la luce dell'amore di Gesù e di Maria. Essi collaborano in particolare "a formare dei laici in vista dei diversi compiti apostolici" (Constitutions, n. 33).

Vorrei incoraggiare in modo tutto particolare gli Eudisti a proseguire oggi l'azione che ha motivato la loro fondazione: la formazione dei candidati al sacerdozio e la formazione permanente dei sacerdoti. Le condizioni si sono evolute, ma il fondamento è rimasto lo stesso. San Giovanni Eudes aveva una concezione molto elevata del sacerdote. così scriveva ai suoi fratelli: "Il Figlio di Dio vi associa a lui nelle più nobili perfezioni e nelle più divine azioni: poiché egli vi fa partecipi della sua qualità di mediatore tra Dio e gli uomini..." (Mémorial de la vie ecclésiastique, I). Occorre lavorare affinché questo ministero di mediazione sia assicurato con una generosità illuminata. Mi è concesso di indirizzarvi questo messaggio un anno dopo aver pubblicato l'esortazione Pastores dabo vobis, che ha fatto seguito al Sinodo dei Vescovi sulla formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali.

So che la Chiesa può contare sui figli di San Giovanni Eudes, dato che essi sono tra i primi ad aver messo in opera questi orientamenti essenziali. Che vadano avanti, che siano allo stesso tempo entusiasti ed esigenti, nei confronti di se stessi come nei confronti di coloro alla cui formazione contribuiscono, affinché le comunità cristiane ricevano dal Signore gli operai della messe che essi stessi hanno chiesto nella preghiera. San Giovanni Eudes è stato anche il fondatore o l'ispiratore di un'intera grande famiglia di Istituti fedeli alla sua spiritualità, al suo dinamismo apostolico e all'impulso che ha saputo dare all'attività caritativa.

E' giusto che gli uomini e le donne che condividono la stessa eredità si uniscano alla gioia e alla speranza dei loro fratelli Eudisti. Concludero questo messaggio riprendendo, nel rivolgermi ai membri della Congregazione di Gesù e Maria, un'esortazione dello stesso San Giovanni Eudes: "Donatevi a Gesù, per entrare nell'immensità del suo grande Cuore, che contiene il Cuore della sua santa Madre e di tutti i Santi, e per perdervi in questo abisso d'amore, di carità, di misericordia, di umiltà, di purezza, di pazienza, di sottomissione e di santità" (Coeur admirable, III, 2).

Ai Superiori, ai sacerdoti e ai laici della Congregazione, auguro la felicità di conoscere un autentico rinnovamento interiore in occasione delle celebrazioni dell'anniversario di quest'anno. Esprimo loro la fiducia e la gratitudine della Chiesa per i servizi che essi rendono nell'evangelizzazione, e specialmente nella formazione dei sacerdoti in tre continenti: in Europa, in America e in Africa. Invocando con loro San Giovanni Eudes, implorando la Madre del Signore e il suo Cuore ammirabile, affido le loro persone e il loro ministero a Cristo Sacerdote. Con affetto, concedo loro la mia Benedizione apostolica.

Città del Vaticano, 27 febbraio 1993.

Data: 1993-02-27 Data estesa: Sabato 27 Febbraio 1993

Omelia - Parrocchia di Sant'Eusebio (Roma)

Titolo: La quaresima è il tempo propizio per recuperare la limpida coscienza della personale responsabilità




1. "Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo" (Mt 4,1). Carissimi Fratelli e Sorelle! così inizia il testo evangelico, appena proclamato, e che la Chiesa propone alla nostra meditazione in questa prima domenica di Quaresima. Invitandoci a riflettere sulle tentazioni di Gesù, la Chiesa ci stimola ad entrare con Lui nel deserto per fare esperienza della vicinanza di Dio, nella preghiera e nel digiuno, imparando da Lui il segreto della vittoria sul male. Solo, infatti, attraverso un autentico cammino di purificazione interiore è possibile fare esperienza viva della Pasqua, e risorgere con il Signore a vita nuova.


2. Considerando in parallelo le tre letture bibliche dell'odierna liturgia, non è difficile coglierne il nesso: esse gettano luce nuova sulla nostra vita. La prima, tratta dal Libro della Genesi, ci pone davanti agli occhi il dramma del peccato originale, che ha sconvolto il disegno di Dio e ha posto l'uomo in balia della morte. Dopo quella sconfitta primordiale, il male è andato sviluppandosi e l'umanità si è sempre più allontanata da Dio. Con Gesù, la storia in qualche modo ricomincia: Egli, come san Paolo ci spiega nella lettera ai Romani, è il secondo Adamo. Provato in ogni cosa come noi, escluso il peccato (He 4,15), si è sottoposto alle tentazioni del primo Adamo, per restaurare il progetto iniziale di Dio, e ridare all'uomo la reale possibilità di sconfiggere il male. La persona umana incontra Gesù, il vincitore, che le riapre la via del ritorno a Dio: è Lui, anzi, la "via" (Jn 14,6), sulla quale Dio e l'uomo si incontrano in una nuova intimità. "Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà la vita" (Rm 5,18).

Chi vuol salvarsi, non ha che da aggrapparsi a Cristo. Il primo Adamo è stato foriero di morte, il secondo Adamo è sorgente di vita.


3. "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4). Ecco la prima risposta di Gesù al tentatore. All'inizio della vita pubblica, questi viene a prospettargli la strada facile di un messianismo temporale e glorioso, apparentemente più efficace, forse in grado di attirare il plauso degli uomini, ma certamente non rispondente al disegno divino. Quanto simili alle nostre sono le prove che Gesù ha subito! Satana fa leva sul naturale bisogno di pane, per insinuargli la tentazione dell'avidità e del possesso, e si richiama alla consapevolezza del suo speciale rapporto con Dio, per muoverlo a desideri di potenza e di gloria umana. E' sempre questa, fin dal giardino dell'Eden, la logica insidiosa del tentatore. Egli parte dal legittimo bisogno di vivere, di realizzarsi, di essere felici, per muovere l'uomo a credere che tutto ciò sia possibile senza Dio; anzi persino ponendosi contro di Lui.

Al primo uomo, Jahwé aveva dato non solo la gioia della sua amicizia, ma anche una reale partecipazione alla sua signoria, sottoponendogli ogni cosa. Tutto pero era condizionato al retto uso della libertà. In quell'albero proibito al centro del giardino dell'Eden, vediamo simboleggiato il limite dell'umana libertà: l'uomo è creatura, e la legge della sua esistenza viene necessariamente dal suo Creatore. I nostri progenitori si illusero di diventare come Dio, andando contro di Lui. Finirono pero per sperimentare la loro nudità, umiliati dal peccato e condannati a morire. Gesù, vincendo le tentazioni, ristabilisce il ruolo proprio di Dio. A guidare le sue scelte non sono le proposte ingannevoli di Satana, ma la parola del Padre celeste. E' significativa l'insistenza della risposta di Cristo: "sta scritto". Egli fa riferimento alla parola che non muta, alla legge di Dio che regge l'universo e guida la storia. A Dio l'uomo deve un'adorante e filiale obbedienza: "Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto" (Mt 4,10).


4. Perdonaci, Signore, abbiamo peccato! Questo è il tema che scandisce il Salmo Responsoriale dell'odierna liturgia. Questo è anche il sentimento che deve accompagnare l'intera Quaresima. Non può esserci salvezza, per chi non prende coscienza della propria colpa. "Riconosco la mia colpa - dobbiamo confessare col Salmista - il mio peccato mi sta sempre dinanzi" (Ps 51,5). Non si tratta, tuttavia, di abbandonarsi ad oscuri "complessi", che non hanno nulla a che vedere con l'autentico pentimento, e sono una incresciosa patologia della psiche. Occorre piuttosto recuperare la limpida coscienza della personale responsabilità, che, prima ancora di obbligare il credente davanti alla legge degli uomini, lo pone a confronto con la legge del Signore. "Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi io l'ho fatto" (Ps 51,6).


5. Carissimi fratelli e sorelle, in questo tempo di Quaresima ci viene chiesto di sottrarci, per quanto è possibile, al ritmo talvolta frenetico dell'esistenza moderna, per rivedere, alla luce della Parola di Dio, l'intera nostra vita. La Quaresima, pertanto, è un periodo provvidenziale di riflessione e di conversione, di pentimento e di propositi nuovi. E' anche occasione propizia per una maturazione della coscienza morale, che ci renda capaci di affrontare responsabilmente le tentazioni dell'epoca contemporanea. C'è il rischio infatti che la comunità cristiana, quando non è ben formata, avverta con difficoltà quali sono le irrinunciabili esigenze della Parola di Dio rispetto ai Problemi e alle situazioni inedite del momento storico che stiamo vivendo. Dedicare un tempo più prolungato alla lettura della Sacra Scrittura, preoccuparsi di mettere a frutto gli aspetti della dottrina cristiana servendosi anche del "Catechismo della Chiesa Cattolica" recentemente promulgato, può essere per ciascuno un significativo impegno quaresimale, capace di illuminare la mente e disporre il cuore verso Dio ed i fratelli. Nel rapporto personale e vivo con la Parola di salvezza si trova il segreto della vittoria sulle tentazioni, secondo l'esempio di Gesù, che è accanto a ciascuno per aiutarlo nella lotta. "Non di solo pane - ci ricorda il divino Maestro - vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".


6. Carissimi fratelli e sorelle della parrocchia di Sant'Eusebio! Voi vivete in una zona della Città, che ricorda le proprie origini cristiane. Il vostro patrono era un patrizio romano del IV secolo, presbitero e confessore della fede. Intorno alla vostra chiesa parrocchiale si alimento per secoli quel culto dei santi, testimoni di Cristo, il cui esempio ha sostenuto la perseveranza delle generazioni cristiane. Attualmente anche questo vostro quartiere è segnato dal ritmo e dalle caratteristiche tipiche della vita moderna, con i vantaggi, e le concrete problematiche a voi ben note: povertà, emarginazione, difficoltà economiche e sociali, illegalità, disordine, paura. Ma è qui ed in questo tempo che voi siete chiamati ad annunciare e testimoniare il Vangelo della speranza. Il bene che nella vostra parrocchia si fa è molto. Insieme ai vostri presbiteri, date vita a iniziative preziose per la pratica religiosa, la frequenza ai sacramenti, il sostegno ai bisognosi, la carità nelle sue molteplici espressioni. Operano tra voi diverse Congregazioni religiose femminili, che prestano un attivo contributo alla pastorale, mentre molti laici offrono volentieri la loro collaborazione attraverso gli organismi pastorali. Di questo ringrazio Dio. Ringrazio inoltre voi tutti, che saluto cordialmente, insieme al Cardinale Vicario, al Vescovo di Settore, Mons.

Giannini, al vostro parroco, don Gianfranco Martella ed ai sacerdoti collaboratori. Il mio affettuoso pensiero si estende ai malati, ai giovani, alle numerose famiglie del vostro quartiere ed a quanti compongono la vostra attiva Comunità parrocchiale.


7. Perseverate nel bene! Non stancatevi di collaborare con Gesù nel portare il suo Vangelo a quanti incontrate. Il secolo ventesimo sta ormai per chiudersi, e noi vogliamo dedicare gli anni che restano ad uno sforzo di rinnovata evangelizzazione. Questo si propone il Sinodo Pastorale Diocesano, giunto a un momento molto importante del suo percorso. Concluso l'esame dello "Strumento di lavoro sinodale", esso verrà ora rielaborato alla luce dei molteplici suggerimenti raccolti. Prego il Signore che il Sinodo e il "Confronto con la Città", sul quale è tornato ieri con opportune parole il Cardinale Vicario, siano vissuti in profondità nella vostra parrocchia.

Carissimi fratelli e sorelle, siate una comunità viva, vibrante, generosa. Possiate fare esperienza del Vangelo ed esserne coraggiosi testimoni. Il Signore vi ricolmi della sua misericordia e della sua pace.

Amen!

Data: 1993-02-28 Data estesa: Domenica 28 Febbraio 1993

Ai bambini - Parrocchia Sant'Eusebio (Roma)

Titolo: "Potete essere grandi evangelizzatori"

Vi ringrazio per l'accoglienza che mi avete riservato e per quelle brevi ma sentite parole rivoltemi dalla vostra amica. Soprattutto vi ringrazio per aver recitato quella bella preghiera di San Francesco.

Ecco proprio la preghiera è molto importante in questo periodo appena iniziato, la Quaresima....Nella vita del cristiano è molto importante la catechesi, ma non basta, ci vuole anche la preghiera perchépregando noi ci mettiamo sotto lo sguardo ed alla presenza di Dio stesso, gli apriamo il cuore. E lui quando trova l'apertura interna del nostro cuore può entrare ed operare in questo nostro cuore, può operare dall'interno, può trasformarci. Questa è la forza della preghiera. Per questo all'inizio della Quaresima io vi dico pregate, pregate come sapete pregare, perché si prega diversamente secondo le diverse età. Con l'andare avanti degli anni si cambia, ma si cambia anche nel modo di pregare. I bambini hanno un grande dono nella preghiera, sono semplici, così semplici, così disposti ad essere insieme con Gesù, ad aprirsi alla sua persona, al suo amore, alla sua grazia.

Allora vi dico pregate, non dimenticate mai la preghiera, non abbandonate mai la preghiera, pregate ogni giorno, anche quando non vi sentite troppo disposti, anche quando non sentite il gusto della preghiera. Pregate sempre perché preghiera è anche la perseveranza, preghiera è anche esercizio della volontà. E pregando voi cercate di far pregare anche gli altri, fate pregare anche le vostre famiglie. Alla vostra preghiera invitate anche i vostri genitori per pregare insieme; portateli in chiesa insieme con voi. I bambini hanno grandi possibilità di essere apostoli, evangelizzatori, di fare tante opere di bene intorno a loro. Questo è un vostro privilegio, questa è la vostra forza.

Certamente siete molto piccoli e dovete ancora imparare molte cose. Ma nonostante ciò avete il vostro carisma, avete la vostra forza nell'essere bambini. Gesù amava molto i bambini, si fidava di loro, era sempre circondato dai bambini, si trovava bene in mezzo a loro. E questo dice molto, molto.

Dunque ricordate sempre l'importanza della preghiera, soprattutto in questo periodo di Quaresima, cioè quello della preparazione alla Pasqua.

Data: 1993-02-28 Data estesa: Domenica 28 Febbraio 1993

Angelus sulla Quaresima - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Preghiera, digiuno e carità: tre impegni per l'itinerario quaresimale di salvezza

Carissimi fratelli e sorelle!


1. E' iniziata la Quaresima. La Chiesa in questo tempo penitenziale ci invita a fare una traversata nel "deserto", come l'antico popolo dell'Alleanza quando fece il suo "esodo" dalla schiavitù dell'Egitto alla libertà della Terra promessa; prefigurazione di un esodo ben più profondo e definitivo, di un'Alleanza nuova ed eterna, realizzata nel mistero pasquale. La pedagogia ecclesiale ci suggerisce per tale itinerario di salvezza tre impegni: la preghiera, il digiuno, la carità, realtà tra loro intimamente connesse. Con la preghiera ci poniamo in ascolto di Dio e coltiviamo la nostra amicizia con Lui. Col digiuno ci sottraiamo alle tentazioni e talvolta alla schiavitù dell'abbondanza, per rendere libero il nostro cuore. Con la carità ci facciamo "prossimi" di quanti sono nel bisogno, diventando per loro testimonianza viva della tenerezza di Dio. Con queste interiori disposizioni possiamo intraprendere senza indugio, sorretti dalla forza della parola del Signore, il cammino quaresimale, "per vincere le seduzioni del maligno e giungere alla Pasqua nella gioia dello Spirito" (dall'odierna liturgia).


2. Ha inizio oggi, prima domenica di Quaresima, nelle diocesi della Spagna e dell'America Latina un Giubileo speciale, che ho concesso con il Breve Pontificio "Fidelis sui Divini Conditoris", per mettere in luce il dono inestimabile che rappresento per il Nuovo Mondo l'arrivo del Messaggio di Gesù Cristo, nel 1493. I primi missionari, provenienti dalla Spagna, cominciarono a predicare il Vangelo in quelle terre benedette che si sarebbero poi chiamate "America". A ricordo di tale provvidenziale avvenimento in tutte le Cattedrali spagnole e iberoamericane, come in alcuni Santuari stabiliti dai Vescovi, i fedeli potranno lucrare l'indulgenza plenaria, alle consuete condizioni. Il Giubileo durerà sino alla prossima solennità di Pentecoste e ha come finalità sia di rendere grazie al Signore per il dono della fede ricevuta, sia di promuovere la Nuova Evangelizzazione, impegno prioritario di ogni Comunità ecclesiale nella prospettiva del terzo Millennio del Cristianesimo. Auspico di cuore che questi mesi, dedicati a celebrare e a vivere più in profondità il mistero della Redenzione, costituiscano una particolare occasione di conversione e di grazia per ogni credente, chiamato ad aderire con maggiore ardore a Cristo, per essere coraggioso e perseverante suo evangelizzatore tra i fratelli.


3. Cari fratelli e sorelle, questa sera, come ogni anno, iniziero con i miei collaboratori della Curia Romana gli Esercizi Spirituali, interrompendo per alcuni giorni le ordinarie attività del mio ministero. Vi chiedo di accompagnarmi con la vostra preghiera ed auguro anche a voi di saper trovare, nel clima penitenziale della Quaresima, qualche momento di rigenerante silenzio, al fine di meglio prepararvi alla celebrazione della Pasqua. Affidiamo questo nostro intendimento all'intercessione di Maria, nel cui cuore il seme della Parola di Dio non cadde mai invano.

Maria, donna dell'ascolto e santuario della divina Presenza, prega per noi!

Data: 1993-02-28 Data estesa: Domenica 28 Febbraio 1993

Lettera al Presidente della Conferenza Episcopale svizzera Monsignor Pierre Mamie - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nomina di due Ausiliari per la Diocesi di Coira

Al mio fratello nell'episcopato, monsignor Pierre Mamie, vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo, presidente della Conferenza episcopale svizzera.

"Grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro Salvatore" (Tt 1,4). Caro fratello, con le parole della Lettera di san Paolo a Tito, la saluto molto cordialmente.

Con quella sollecitudine costante per tutta la Chiesa che è propria di Pietro e dei suoi successori per volontà di Cristo, seguo con grande attenzione i vari problemi della Chiesa svizzera, in particolare quelli riguardanti la diocesi di Coira. In seguito agli incontri avuti con lei e con gli altri miei fratelli nell'episcopato del suo paese, e sulla base, inoltre, delle numerose informazioni che mi sono giunte da parte di persone degne di fede, ho potuto acquisire una maggiore conoscenza delle difficoltà attuali di questa diocesi, come pure del vivo desiderio da parte di sacerdoti e fedeli perché venga fatto ogni sforzo per ristabilire la piena comunione ecclesiale.

Dopo aver pregato e riflettuto a lungo, illuminato dalle opinioni di persone competenti, sono giunto alla convinzione che la nomina di due vescovi ausiliari era, in questo momento, la misura più adeguata per superare le difficoltà ricordate.

I reverendi padri Peter Henrici, S.J., e Paul Vollmar, S.M., prescelti per aiutare il vescovo di Coira, sono sacerdoti che si distinguono non solo per le loro doti umane, sacerdotali e pastorali, ma anche per l'amore sincero verso la Patria e verso la Chiesa. Sono sicuro dunque che sapranno consacrarsi con generosità al compimento della loro missione al servizio dell'unità presso questa beneamata parte del popolo di Dio.

Chiedo a lei, caro fratello, e a tutti i vescovi della Svizzera, di accogliere questi due vescovi con affetto fraterno. Durante i primi tempi, soprattutto, avranno bisogno di un sostegno leale e disinteressato che potrà aiutarli a conquistare il cuore della popolazione di Coira.

Tengo molto al fatto che i sacerdoti e i fedeli di questa diocesi, così come l'opinione pubblica di tutta la Confederazione, siano informati della vera intenzione che ha ispirato questa misura, ossia il contribuire a ristabilire la piena comunione in una Chiesa dalle tradizioni cristiane venerabili e illustri.

Per questo le saro molto riconoscente di quanto vorrà fare, insieme agli altri vescovi, per raggiungere questo obiettivo, dando così una chiara testimonianza della sua comunione con il successore di Pietro e con la Chiesa universale. In questa delicata circostanza, che rappresenta per tutti i cattolici svizzeri un appello alla conversione e un invito alla speranza, affido il clero e i fedeli della diocesi di Coira e delle altre diocesi alla beata Vergine Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, e a san Nicola di Flüe, patrono principale della Confederazione elvetica, affinché concedano a tutti la grazia di rinnovare l'impegno a diffondere il Vangelo di Cristo alla vigilia del terzo millennio cristiano, ormai alle porte. Con il saluto di colui che, risuscitato dai morti, vive in eterno e ci ripete: "Pace a voi!" (Jn 20,19), invio a lei, agli altri pastori e a tutti i fedeli della Svizzera, la mia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 1° marzo 1993.

[Traduzione dal francese]

Data: 1993-03-01 Data estesa: Lunedi 1 Marzo 1993

Messaggio al signor Boutros-Ghali, segretario dell'ONU - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Avere il coraggio della Pace"

A sua eccellenza il signor Boutros-Ghali, Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

Davanti alle sfide della storia, gli uomini hanno saputo affrontare le più gravi difficoltà facendo ricorso a quelle forze che nella sua misericordiosa bontà Dio onnipotente ha posto nel loro cuore e nel loro intelletto. Oggi il mondo assiste, da testimone impotente, al dramma che da molti mesi affligge le popolazioni della Bosnia Erzegovina e la comunità internazionale vorrebbe aiutare le vittime di questa guerra spaventosa: bambini feriti, divenuti orfani, senza futuro, scoraggiati di fronte alla crudeltà della vita; donne violentate, torturate o lasciate per la strada, al freddo e in uno stato di abbandono, con ciò che resta delle loro famiglie, per salvare quanto è possibile; uomini, per lo più anziani, senza un tetto che li protegga e costretti ad abbandonare ciò che ha fatto la felicità della loro vita.

Interi villaggi sono stati devastati, le case bruciate, i luoghi di culto, chiese o moschee, rasi al suolo quasi a eliminare qualsiasi segno di trascendenza. Le comunità umane e le famiglie sono state smembrate. La vita, così preziosa per chiunque, non ha più prezzo. La morte, la tortura, la violenza e l'espulsione sono le molteplici facce dell'odio che mette le une contro le altre popolazioni dalle radici culturali, etniche e religiose diverse, ma vicine per ragioni geografiche e storiche.

"Mai più la guerra, mai più!" invocava il mio predecessore, il venerato Papa Paolo VI, davanti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 4 ottobre 1965. Di fronte alla tragedia della Bosnia Erzegovina, come Pastore della Chiesa cattolica supplico gli uomini di buona volontà affinché operino, all'interno dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, per fare tutto ciò che è in loro potere per porre fine a questo conflitto. La parola di Dio risuona nel nostro orecchio: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!" (Gn 4,10). Che cosa abbiamo fatto, che cosa dobbiamo fare perché cessi l'ondata di orrore, di violenza, di distruzione dell'uomo da parte dell'uomo? L'Organizzazione delle Nazioni Unite è oggi la sede più adeguata perché la comunità internazionale si assuma le proprie responsabilità nei confronti di alcuni suoi membri incapaci di accettare consapevolmente le loro diversità.

L'autorità del diritto e la forza morale delle più alte istanze internazionali sono il fondamento su cui poggia il diritto d'intervento a salvaguardia di popolazioni prese in ostaggio dalla follia omicida dei fomentatori della guerra.

Il dialogo al quale prendono parte i responsabili delle parti in conflitto dovrebbe aiutarli ad apprezzarsi reciprocamente invece che ad opporsi; a impegnare tutte le loro energie per far cessare i combattimenti sul posto, e non per ricercare vantaggi politici; a edificare la loro nazione sui fondamenti solidi della giustizia che è condizione per la pace, invece che perseguire ambizioni che possono soltanto distruggerla.

Nell'esprimerle il dolore che provo davanti a questo conflitto che si svolge nell'ex Jugoslavia e la fiducia che nutro per l'operato delle Nazioni Unite a favore della pace, le chiedo, signor segretario generale, di farne parte ai membri del Consiglio di Sicurezza, i quali hanno la responsabilità di vegliare sul destino delle popolazioni in questione. Queste stesse popolazioni e la comunità internazionale al completo saranno loro riconoscenti di aver avuto il coraggio della pace, senza risparmiare alcuno sforzo, alcun sacrificio né alcun mezzo per restituire la pace a questi popoli, un tetto ai rifugiati e agli esiliati, un focolare agli orfani, un luogo di preghiera ai credenti.

Con la mia gratitudine per il suo impegno a favore della pace in Bosnia Erzegovina, la prego di ricevere, signor segretario generale, l'espressione della mia più alta considerazione.

Città del Vaticano, 1° marzo 1993.

[Traduzione dal francese]

Data: 1993-03-01 Data estesa: Lunedi 1 Marzo 1993

All'Ambasciatore Mongbè - Roma

Titolo: I rifugiati: una sfida alla solidarietà

A sua eccellenza signor René Valéry Mongbe, presidente del Comitato delle Conferenze della Fondazione "Path to Peace".

In occasione dell'incontro dedicato alla questione dei rifugiati, intesa come "una sfida alla solidarietà", spero di unirmi con questo messaggio al vostro desiderio di far sentire, nell'ambito dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, la voce delle vittime di numerose vicissitudini nella nostra epoca. La vocazione di questa Organizzazione internazionale è precisamente quella di manifestare il più possibile la volontà di cooperazione e di solidarietà delle nazioni nel mondo; per la sua stessa natura, essa è chiamata a vigilare sulla tutela dei diritti fondamentali di ogni essere umano, come pure sulla ricerca della pace e dello sviluppo di tutti i popoli.

I diversi continenti sono attualmente a conoscenza della tragedia dello sradicamento brutale di milioni di persone in seguito a conflitti armati, a rivalità etniche, a violazioni dei diritti umani più elementari, a persecuzioni religiose, a catastrofi naturali o a disastri ecologici causati dall'uomo. I rifugiati e le persone dislocate all'interno del proprio Paese o fuori dalle proprie frontiere vengono colpiti nella propria inalienabile dignità, feriti nel corpo e nello spirito, scherniti nei diritti, mentre i responsabili di tali iniquità rimangono impuniti. Negli occhi dei profughi, più spesso in quelli delle donne e dei bambini, ho potuto constatare la sofferenza di vite distrutte e l'angoscia di attese deluse. Le loro mani tese verso di me in numerosi Paesi che ho visitato mi chiamavano a sostenere la loro speranza, a gridare giustizia per loro e a ripetere al mondo che essi hanno il diritto di avere un focolare, una terra, una cultura, e di poterne beneficiare serenamente, liberamente e con dignità. Come ho più volte dichiarato, la sofferenza dei rifugiati è "una piaga tipica e rivelatrice degli squilibri e dei conflitti del mondo contemporaneo" (SRS 24).

Avete scelto come punto di partenza per la vostra riflessione il documento pastorale pubblicato dal Pontificio Consiglio "Co Unum" e dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti con il titolo "I rifugiati una sfida alla solidarietà". Questo documento mostra ancora una volta l'interesse della Santa Sede per questo problema.

In collaborazione con numerose persone di buona volontà, la Chiesa accompagna i rifugiati nel loro esilio, e grazie ai suoi volontari, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, che prestano loro aiuto, contribuisce all'educazione dei bambini, garantisce un'assistenza pastorale e condivide con tutti loro, quotidianamente, la propria vita. Tutte queste persone generose e le organizzazioni che esse hanno creato offrono una testimonianza di solidarietà umana e di amore verso i più piccoli dei nostri fratelli e sorelle, testimonianza che mostra la via da seguire.

Mentre la comunità internazionale lavora ancora per rimediare alle conseguenze di decenni di scontri ideologici, essa deve far fronte a nuove, massicce migrazioni di popoli causate da nazionalismi inaspriti dall'instabilità politica e dalle lotte tribali. Alcune guerre sono scoppiate proprio per provocare nuovi esodi di popolazioni ricorrendo alla strategia immorale della pulizia etnica". Esiste la tentazione di chiudere le porte, di rifiutare l'accoglienza, persino di rimanere indifferenti e abituarsi alla situazione disperata e alla morte lenta di milioni di rifugiati, la cui presenza costituisce un segno evidente dell'incapacità di controllare la violenza e un segno della divisione nella fraternità.

Ciononostante, sapete che soltanto la via della riconciliazione e del dialogo conduce alla pace e permette di ricostruire rapporti armoniosi. Il documento che esaminate lo ricorda: "Ci saranno rifugiati vittime di abusi di potere fintanto che i rapporti tra le persone e tra le nazioni non si baseranno su una vera capacità di accettarsi sempre di più nella diversità..." (n. 8).

Oggi più che mai, la comunità internazionale viene chiamata a costruire un mondo più giusto e più umano in cui la pace verrà consolidata, in cui le minoranze saranno rispettate, in cui la gente avrà la libertà di praticare la propria religione e di vivere senza paura nei propri focolari e nei propri Paesi con mezzi adeguati per la sussistenza delle proprie famiglie. Allo stesso tempo, gli aiuti ai rifugiati devono continuare, come pure lo sviluppo della tutela giuridica dei diversi gruppi di persone costrette a migrare.

Noto con soddisfazione che ci sono stati progressi. Grazie ai numerosi organismi che si dedicano a questo scopo - l'Alto Commissariato per i rifugiati innanzitutto -, la maggior parte dei rifugiati che si trovano nei Paesi in via di sviluppo riceve assistenza sotto forma di aiuti di prima necessità. Ma gli stessi organi si preoccupano anche di apportare un sostegno economico e politico allo sviluppo dei Paesi d'origine, per rendere effettivo il diritto al ritorno, e anche dei Paesi d'accoglienza, per facilitare un'eventuale integrazione.

Un numero sempre maggiore di Stati ormai ammette la fondatezza di uno statuto internazionale dei rifugiati e la necessità di condividere il peso della sua concreta attuazione.

Senza dubbio, rifletterete sull'importanza sempre attuale del diritto d'asilo, del diritto di stabilirsi su una nuova terra, del diritto di tornare volontariamente nella propria terra d'origine. Prenderete atto del fatto che l'aiuto umanitario, per quanto necessario esso sia, non può sostituirsi all'azione politica. Per risolvere il problema dei rifugiati, la solidarietà di tutti - gli Stati, le organizzazioni non governative e i singoli individui - è necessaria affinché vengano sconfitti il silenzio e l'indifferenza, affinché venga impedito il genocidio di interi popoli e affinché si giunga alla soluzione politica di problemi di fondo che straziano gran parte della famiglia umana.

All'alba del terzo millennio, ho il dovere di lanciare un appello urgente affinché nasca ovunque uno spirito di accoglienza e di solidarietà generosa nel rispetto dei diritti di tutti gli esseri umani. Se la determinazione nell'agire secondo tale spirito esiste, sarà possibile collaborare efficacemente e utilizzare i mezzi disponibili per proteggere i rifugiati; si troverà anche l'energia indispensabile per alleviare le sofferenze inflitte alle persone costrette allo sradicamento, si preparerà un avvenire in cui non esisteranno più rifugiati.

Sperando vivamente che le vostre riflessioni e i vostri appelli siano compresi e ascoltati ampiamente, affido i vostri lavori alla grazia misericordiosa del Signore e lo prego di benedire voi e tutti i rifugiati del mondo che volete servire.

Dal Vaticano, 5 marzo 1993.

[Traduzione dal francese]

Data: 1993-03-05 Data estesa: Venerdi 5 Marzo 1993

Ai partecipanti alla V Assemblea Nazionale del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Approfondire la conoscenza amorosa della verità cristiana attraverso una lettura sapienzale della realtà

Carissimi fratelli e sorelle, membri del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale!


GPII 1993 Insegnamenti - Alla Presidenza Generale del Circolo di San Pietro - Roma