GPII 1993 Insegnamenti - Lettera a padre Jean-Louis Bruguès - Città del Vaticano (Roma)


Titolo: Nel centenario della nascita della "Revue thomiste"

Al reverendo Padre Jean-Louis Bruguès, priore provinciale di Tolosa, dell'Ordine dei Frati Predicatori.

La Provincia domenicana di Tolosa e, più ampiamente, tutto l'Ordine di san Domenico celebrano quest'anno il centenario della "Revue thomiste", che aveva il compito di "far rivivere la filosofia cristiana", come si augurava Leone XIII nel Breve del 12 luglio 1894. Dal 25 al 28 marzo Tolosa, "la santa e la saggia" come veniva chiamata un tempo per la stima nei confronti di san Tommaso, della facoltà di teologia e del papato, è sede di un Convegno internazionale organizzato dalla nuova équipe della rivista, con l'intento di stimolare la riflessione dei discepoli di san Tommaso e l'insieme delle ricerche filosofiche e teologiche.

Questo evento costituisce anche l'occasione per ringraziare il Signore per un così grande pensatore, la cui scienza illumina la Chiesa intera: il Concilio Vaticano II lo ha presentato come un maestro per quanti si preparano al sacerdozio (Cfr. OT 16) e, successivamente, nel settimo centenario della morte del "Doctor communis" il mio predecessore Paolo VI ha indirizzato a padre Vincent de Couesnongle, maestro generale dell'Ordine dei Frati Predicatori, una lettera che ancora oggi costituisce una guida di grande attualità.

Fin dalla sua comparsa, la "Revue thomiste" si è proposta "di aiutare la scienza a rimanere o a ridiventare cristiana, di aiutare gli scienziati a rimanere o a diventare credenti", secondo l'esempio di san Tommaso, "il principe della filosofia e della teologia cattolica", come amavano definirlo i pontefici. Per molti lettori, essa è stata e continua ad essere un pregevole strumento di lavoro e di riflessione, soprattutto quando, dinanzi a concezioni dogmatiche o ad approcci esegetici contrari alla tradizione cattolica, è necessario un lucido discernimento. Nella retrospettiva cui si accinge il Congresso, l'esame delle dispute teologiche decisive che si sono svolte nel secolo passato, porterà a constatare che, di fronte, ai maggiori problemi dell'epoca, i redattori e i collaboratori della rivista hanno portato avanti una riflessione critica e allo stesso tempo costruttiva, che ha assicurato alla "Revue thomiste" un posto di primo piano nella vita intellettuale cattolica. Saranno ricordati collaboratori illustri come Jacques Maritain o Etienne Gilson, e anche i successivi direttori che hanno saputo preservare lo spirito e le qualità della pubblicazione. Di recente, si è reso omaggio, con un numero speciale, alla personalità e all'opera di quel maestro di teologia che fu padre Marie-Michel Labourdette.

Invito oggi i Frati Predicatori, ai quali è stata affidata la redazione della rivista, e i fedeli che vogliono continuare a svolgere delle ricerche di filosofia e di teologia, a divenire degli autentici discepoli di san Tommaso, idonei alle "quaestiones disputatae" e in grado di dialogare con quanti sono lontani dalla fede e dalla Chiesa, senza che questo significhi la sostituzione di una scienza profana a questa scienza per eccellenza che è la teologia. Grazie a un'assidua frequentazione dell'opera monumentale del Doctor angelicus, il pensatore cristiano acquisisce un metodo rigoroso e degli strumenti concettuali che gli permettono di penetrare le profondità della Dottrina sacra e di condurre un'argomentazione atta a rendere conto dell'esistenza e della perfezione divina, nei limiti di quanto può essere compreso dalla ragione.

San Tommaso si interessava a tutto ciò che è utile per lo spirito e per l'anima: "Utilia potius quam curiosa", ricorda il suo motto. Si sforzava incessantemente di percepire l'armonia fra la teologia, la filosofia e le scienze, e non costruiva mai una tesi a priori. La sua ricerca, sempre incompiuta, continuava ad essere un incessante dialogo, senza esclusiva, con gli autori pagani e cristiani, da cui traeva le cose migliori. Era, infatti, particolarmente attento ai diversi campi investigativi delle scienze profane. Sapeva scoprire nell'organizzazione del creato la presenza del Creatore, causa prima ed efficiente: tutto è voce che parla di Dio (Cfr. 1Co 14,10). Numerose intuizioni, che dimostrano la sua attenzione per le realtà create, guidano il procedimento del Doctor angelicus: il mondo è il luogo in cui Dio si rivela in quanto primo agente (Cfr. I 8,1); l'uomo porta in sé l'immagine del suo Creatore, che niente può completamente alterare, e ogni scienza è un inno al Creatore.

Con i suoi articoli e i vari bollettini bibliografici, la rivista ha conservato questa apertura verso il mondo. Il teologo di oggi e il cristiano devono attenersi a questo procedimento razionale, benevolo nei confronti della realtà umana, se vogliono rendere conto della speranza che li anima. Si guarderanno così da un atteggiamento pietistico che potrebbe portare al disprezzo del mondo.

L'Aquinate invita ogni uomo a preoccuparsi continuamente della verità, perché è solo ricercandola con insistenza che si giunge alla comprensione del reale (Cfr. "Contra Gentiles", II, 2-4) e di Colui che ne è l'autore: "et sic etiam humana mens debet semper moveri ad cognoscendum de Deo plus et plus secundum modum" ("In lib. Boetii de Trinitate", q. II, a. 1). La ricerca dell'uomo, infatti, non è procedimento del puro intelletto, ma ricerca del Bene supremo, quel Bene supremo che è Dio stesso, il solo in grado di dare la felicità alla quale l'uomo aspira. Ma l'analisi razionale non basta per aderire a Cristo. Bisogna accogliere il dono della fede, opera nell'anima della grazia che Dio ci concede attraverso il velo della nostra natura umana, fino al giorno in cui, nella visione beatifica. gioiremo della conoscenza perfetta che ci renderà felici in eterno.

Davanti al mistero di Dio, uno e trino, che nessuno può dimostrare. l'anima entra nel silenzio dell'adorazione e dell'amore che la porta a una comunione inesprimibile con il suo Dio.

Per il maestro abituato alla preghiera prima che allo studio, la ricerca si conclude nel cuore stesso di una vita di preghiera che rende "familiari di Dio" ("Le Pater", 2). La coerenza dell'opera deriva da un lungo lavoro e da un lungo raccoglimento. San Tommaso - vir evangelicus - dice il suo biografo - amava meditare le Scritture, contemplare la croce e Cristo presente nell'Eucaristia.

Trovava anche nella Vergine Maria, verso la quale nutriva una grande devozione, il modello perfetto della docilità e dell'accoglienza del Verbo fatto carne. Seguendo l'esempio di colui che si prepara all'incontro con il suo Signore attraverso il digiuno, le penitenze e il pianto, chi cerca Dio deve procedere sul cammino della virtù e della contemplazione, necessaria ascesi per educare l'intelletto e purificare le passioni, nella fedeltà, nell'obbedienza e "secondo il significato della Chiesa" (DV 24).

Affido alla protezione del Doctor angelicus l'équipe della "Revue thomiste", i membri della famiglia domenicana e coloro che intraprendono la ricerca filosofica e teologica, discipline di cui la Chiesa e il mondo hanno particolarmente bisogno in quest'epoca. Li incoraggio a farsi sentinelle, per spargere nelle culture, in un linguaggio comprensibile ai nostri contemporanei, la buona novella della salvezza, per presentare la dottrina autentica del magistero e contribuire all'intelligenza della fede. Chiedo al Verbo divino, che è pienezza della rivelazione, che ci fa conoscere la verità ultima sul Padre e che ci comunica lo Spirito, di illuminare l'intelligenza e risvegliare i cuori, per portare ad una conoscenza sempre più approfondita di ciò che deve essere creduto, desiderato e compiuto. Concedo di cuore a tutti i partecipanti al Convegno di Tolosa, a quanti collaborano alla "Revue thomiste" e a tutti i frati domenicani, la mia benedizione apostolica.

Città del Vaticano, 11 marzo 1993.

[Traduzione dal francese]

Data: 1993-03-11 Data estesa: Giovedi 11 Marzo 1993

Ai Presuli della Conferenza Episcopale del Monzambico in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Questa è l'ora del consolidamento della pace che impegna tutti a rispettare con serietà gli accordi firmati

Signor Cardinale, Venerati fratelli nell'Episcopato,


1. Nei giorni passati a Roma, avete pregato sul sepolcro dei Principi degli Apostoli, testimoniando in questo modo l'unità di fede e di amore che lega ognuna delle vostre diocesi alla Chiesa Universale, presieduta nella carità dal Successore di Pietro, che siete venuti a visitare (Cfr. Ga 1,18), cogliendo l'occasione per esporgli, direttamente e nella persona dei suoi collaboratori nei vari Dicasteri della Curia Romana, i problemi e le aspettative delle vostre Chiese locali. Devo confessarvi che, sulla base delle vostre relazioni scritte e dei colloqui personali, ho potuto in un certo senso tornare nel seno delle vostre comunità e rivivere con gioia e con nostalgia quell'abbraccio che il buon Dio ci ha concesso di scambiarci nel settembre del 1988, in occasione della visita pastorale nel vostro Paese, compiuta con il motto "Costruiamo la pace nella giustizia e nell'amore". Conservate con sollecitudine questa ansia di pace e di fratellanza che il popolo mozambicano mi affido allora. In questa nuova fase della storia del vostro popolo, lieto per la pace che si annuncia ma pieno di timore per le piaghe sociali che ancora sanguinano, desiderai ardentemente questa visita ad Limina, come un'occasione significativa per elevare con voi al Cielo una gioiosa azione di grazie e per condividere fraternamente la speranza e il coraggio che ci viene dalla certezza che il Signore è con noi. Con questi sentimenti nell'anima, vi accolgo e vi saluto tutti, e nella vostra persona saluto i sacerdoti, i missionari, le religiose, i catechisti e gli animatori delle comunità cristiane, tutti i fedeli delle vostre diocesi e l'intero popolo del Mozambico. Ringrazio Mons. Paulo Mandlate, Vescovo di Tete e Presidente della Conferenza Episcopale, per le sue parole di saluto, che rispecchiano le aspirazioni, le sofferenze e i progetti del Popolo di Dio in Mozambico. Desidero salutare in modo speciale i Vescovi delle nuove diocesi di Chimoio e Nacala, rispettivamente Mons. Francisco Silota e Mons. Germano Grachane, augurandovi un fecondo ministero pastorale al servizio del gregge a voi affidato. L'erezione di queste nuove diocesi, oltre a rispondere alle esigenze di ristrutturazione delle circoscrizioni ecclesiastiche, costituisce anche un segno di quella crescita e maturazione della Chiesa locale che rappresenta una realtà consolante nella vostra Nazione.


2. La Chiesa in Mozambico ci appare oggi giustamente impegnata nel suo consolidamento. così avete recentemente scritto alle vostre comunità cristiane: "In questo momento, il consolidamento della Chiesa locale si evidenzia come un compito necessario e improcrastinabile per tutti i suoi figli e per ognuno di essi" (Lettera Pastorale Consolidare la Chiesa Locale, conclusione). Quindici anni fa, obbedendo allo Spirito Consolatore e attenti ai segni dei tempi, optaste per la "costruzione di una Chiesa di base, di comunione e familiare, una Chiesa di ministeri" (Ga 11), mediante la libera creazione di piccole comunità cristiane che, con la grazia del Signore, si moltiplicarono in seno alle parrocchie e alle missioni, "per favorire l'iniziativa e la responsabilità di tutto il Popolo di Dio nel consolidamento della Chiesa locale" (Ga 12). Ringraziamo il Padre Celeste e il "Dio di ogni consolazione" (1Co 1,3) per l'ammirevole eroismo che ha suscitato nel cuore dei credenti, così organizzati in comunità, con una menzione particolare per i suoi catechisti e animatori locali, che hanno saputo conservare la fede e alimentare la speranza cristiana delle popolazioni che erano state loro affidate.


3. Senza abbandonare quella prima opzione, che continuerà senza dubbio a rivelarsi necessaria per poter giungere ad un'autentica personalizzazione della fede e ad una valida e profonda inculturazione mozambicana del Vangelo, eccovi ora lanciati verso "una meta centrale e qualificante dell'attività missionaria" (RMi 48): il consolidamento della Chiesa locale, che passa certamente attraverso la valorizzazione delle forze locali, con l'assunzione da parte delle stesse di responsabilità sempre maggiori nell'orientamento e nell'attività pastorale, a livello diocesano o nazionale. Tuttavia, in questa fase di crescita e di maturazione, costituisce un prezioso aiuto la presenza e l'azione di tanti missionari venuti da fuori, che rendono visibile tra di voi la vocazione missionaria della Chiesa, e la cui azione è diretta precisamente alla fondazione e al consolidamento della Chiesa locale. E' necessario, inoltre, unire gli sforzi e lavorare insieme alle forze locali e a quelle adottive, per rendere sempre più solide le strutture ecclesiali già esistenti e per portare il primo annuncio del Vangelo a coloro che ancora non conoscono Gesù Cristo. In questa linea di pensiero, vi esorto all'aiuto reciproco, affinché ogni diocesi venga dotata di un vero e proprio presbiterio diocesano, valido e necessario punto di riferimento tanto per i sacerdoti e i diaconi incardinati che per coloro che, da fuori, sono venuti ad aggiungersi a loro. Come ho scritto nell'Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis, "Il rapporto con il Vescovo nell'unico presbiterio, la condivisione della sua sollecitudine ecclesiale, la dedicazione alla cura evangelica del Popolo di Dio nelle concrete condizioni storiche e ambientali della Chiesa particolare sono elementi dai quali non si può prescindere nel delineare la configurazione propria del sacerdote e della sua vita spirituale" (PDV 31). Pertanto ogni sacerdote, sempre fedele al suo carisma vocazionale, cerchi di regolare il proprio ministero secondo un profondo senso della Chiesa e una testimonianza di una stretta collaborazione e adesione al piano pastorale, la cui direzione spetta all'Ordinario della diocesi e, a livello nazionale, alla Conferenza Episcopale.

Cari Fratelli nell'Episcopato! Accompagnate i vostri sacerdoti "con particolare sollecitudine", sforzandovi di ascoltarli come i vostri collaboratori e consiglieri più diretti nella riunificazione e nella cura del gregge del Signore.

Nelle situazioni estreme in cui vivono le vostre diocesi, non lasciateli privi dei "mezzi e delle istituzioni di cui hanno bisogno per promuovere la vita spirituale e intellettuale" e senza provvedere "al loro onesto sostentamento e assistenza sociale" (Cfr. CIC 384), affinché la preoccupazione di queste cose non finisca per distrarli dal "loro assiduo impegno nella preghiera e nel ministero della parola" (Cfr. Ac 6,2-4).


4. Ho potuto constatare, dalla lettura delle vostre relazioni, che la Chiesa in Mozambico, parlando in generale, attraversa un momento felice per quanto riguarda il numero dei candidati al sacerdozio e alla vita consacrata negli istituti religiosi maschili e femminili. A questa confortante e promettente realtà vocazionale deve corrispondere un rinnovato impegno nel discernimento dei chiamati e nella loro adeguata formazione spirituale ed ecclesiale. La promozione del clero locale, nel quadro di una visione ampia e generosa dei vari carismi e ministeri, dovrà costituire ancora per molti anni una priorità nelle vostre preoccupazioni di Pastori. Conosco la sollecitudine con cui seguite i vostri Seminari, ai quali, in questo momento, rivolgo il mio pensiero affettuoso e pieno di speranza. Portate un saluto particolare del Papa a tutti i seminaristi mozambicani, in particolare a quelli che già si trovano nei vostri Seminari Maggiori, verso i quali giustamente si rivolgono gli sguardi supplicanti delle comunità cristiane senza pastore. Fate in modo, cari Fratelli, che i superiori dei Seminari possano dedicarsi a tempo pieno al compito nobile ma esigente di preparare i sacerdoti secondo il Cuore di Dio (Cfr. PDV 82): presbiteri conformati a Cristo Capo e Pastore della Chiesa e animati da una grande carità pastorale, autentici "uomini di Dio", umanamente maturi, consapevoli della chiamata al celibato per il Regno di Dio, e dotati di una solida formazione intellettuale e teologica per annunciare fruttuosamente il Vangelo della salvezza. Per i religiosi e le religiose in generale vanno la mia e la vostra gratitudine e stima, perché, durante questi anni di autentica emergenza nazionale, hanno dovuto correre dietro a tutto e a tutti, in un atteggiamento di abbandono filiale alla Provvidenza divina. Speriamo in Dio che la normalizzazione della vita in Mozambico permetta a ogni consacrato, nella fedeltà al carisma che gli viene dal Fondatore, di impegnarsi fruttuosamente nelle attività alle quali la sua Famiglia Religiosa si sente particolarmente chiamata, nell'immenso campo del servizio evangelico e della multiforme attuazione delle opere di misericordia. Un frutto visibile della vitalità ecclesiale della vostra Chiesa locale sono le consacrazioni diocesane; ma, talvolta, nella loro definizione e attuazione, sono sorte delle ambiguità che potrebbero risultare pregiudiziali per il popolo cristiano e, in modo speciale, per le vocazioni stesse. La vita religiosa costituisce, ovunque, un dono di Dio alla sua Chiesa, e, come tale, dovrà essere accolta, rispettata e amata. Nell'impegno della missione, che vi compete, di discernere i sentieri dello Spirito, cercate di aiutare ognuna delle chiamate a identificare e dare pieno compimento ai disegni di Dio a riguardo.


5. Mi congratulo con voi per il modo ammirevole con cui avete saputo preservare, guidare e assistere, molte volte a rischio della vita stessa, il vostro gregge.

Ora che la pace comincia a permettere una lenta normalizzazione della vita, maggiori possibilità e nuove sfide reclameranno la presenza e la missione evangelizzatrice della Chiesa in Mozambico (Cfr. RMi 37), in particolare per contribuire alla riconciliazione di un intero popolo alla ricerca della sua anima nazionale; aiutare il ritorno dei profughi e degli sfollati; difendere la gioventù, facile preda dell'immediato, poiché sprovvista di valori e modelli perenni; creare comunità fraterne e dinamiche nei centri urbani, che generano anonimato umano e apatia cristiana; diffondere la Buona Novella tra tutti i gruppi etnici e le diverse aree del Mozambico, dove ancora mancano comunità capaci di garantire un chiaro segno di presenza cristiana... Dio sarà accanto a voi, amati Fratelli, in questo arduo compito di assistere con sollecitudine - di persona o attraverso i sacerdoti, i religiosi, le religiose e altri collaboratori impegnati nella pastorale - queste moltitudini immense, bisognose di tutto, ma in particolare di riincontrare la speranza e la ragione di essere della propria vita, che solo Gesù Cristo potrà dare loro.


6. In questi anni difficili, i fedeli laici del Mozambico sono stati messi alla prova nella loro fedeltà al Vangelo, e Dio li ha considerati degni di Lui, nel chiamarli a migliaia come capi apostolici delle Sue comunità di base e essi hanno dimostrato grande consapevolezza della loro appartenenza a Cristo e della loro missione nella Chiesa. Ma è necessario guardare al futuro. E ciò richiederà che i laici si irrobustiscano come testimoni di Gesù Cristo nella società, fino al punto di "raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità che sono in contrasto con la parola di Dio e con il disegno della salvezza" (EN 19). Con la vostra Lettera Pastorale Momento Nuovo, avete voluto offrire le giuste direttive ai cattolici e agli uomini di buona volontà per questa crescita evangelica della cultura e della vita del Mozambico. Facendo eco alle vostre esortazioni, vorrei esortare soprattutto i fedeli laici a rendersi consapevoli e ad assumere coraggiosamente il loro ruolo nella vita sociale e politica del Paese, secondo i principi e i criteri proposti dalla dottrina sociale della Chiesa. Nel contesto di una cultura di violenza e morte, risplendano i laici come convinti testimoni dell'Eterno Vivente, il Signore Gesù Cristo, impegnati nel rispetto e nella difesa della vita e della dignità umana. Sappiano denunciare i guadagni illeciti, la corruzione e gli interessi di gruppo, e accettino di partecipare agli incarichi pubblici e di condividerli con autentico spirito di servizio e con senso di responsabilità per il bene comune. La democrazia del Mozambico, basata sulla dignità e sull'uguaglianza fondamentale delle persone e dei gruppi nel rispetto dei loro diritti e doveri, potrà in tal modo trovare i capi e i professionisti idonei che, privilegiando l'arte del dialogo e la pratica della giustizia sociale, riusciranno a porre fine a tanti anni di rivalità, inasprite fino a giungere al sangue e alla morte e renderanno possibile lo sviluppo integrale e generale del Paese.


7. Questa presenza socio-politica di laici preparati e formati secondo il Vangelo troverà la sua scuola necessaria e il suo banco di prova nella famiglia. Questa è visibilmente in crisi, non soltanto a causa della degenerazione derivata dalla guerra e della crescente invasione di controvalori, che stanno scavando un abisso tra genitori e figli in tanti focolari, ma anche a causa dell'educazione amorale, alla quale sono stati educati molti di coloro che ora hanno l'età per formare una famiglia. Nei vostri rapporti, cari Fratelli, ho potuto misurare con quanta attenzione vi siete interessati a questo settore, cercando di moltiplicare gli sforzi per ricostruire il senso della famiglia e per educare tutti alla difesa della sua unione, fecondità e stabilità. Continuate ad accompagnare con particolare sollecitudine i giovani del Mozambico. Questo è il loro momento, per il quale la Nazione non ha potuto o non ha saputo prepararli. Ora dovranno crescere in frettta, perché il Mozambico non può rimanere indietro. Essi sono stati costretti a fare la guerra; oggi i giovani del Mozambico andranno a fare volontariamente la pace. Comincino con la propria famiglia: cerchino e amino i genitori, se ancora possono incontrarli, imparino da essi la saggezza africana di sempre, che rispetta affettuosamente Dio e la vita umana dal suo inizio al suo termine naturale. Imparino a rispettare secondo il volere di Dio il proprio corpo, le proprie inclinazioni e la propria capacità di amare un'altra persona con uguale dignità e vocazione divina per insieme richiamare alla vita il futuro del Mozambico. Possa tutto ciò essere generato nella stabilità di un focolare, benedetto dal matrimonio, uno e indissolubile! Signor Cardinale! Amati Arcivescovi e Vescovi del Mozambico!


8. Ora che è stata firmata la pace, scritta con il sangue e la sofferenza di un popolo esausto, con la preghiera dei credenti e con i laboriosi consensi di buona volontà, accogliete questa fragile primavera. Essa è sbocciata dalla fede in un Dio e Padre comune e potrà fruttificare e consolidarsi soltanto mediante il perdono generoso e la reciproca fiducia tra i Suoi figli del Mozambico, che hanno avuto il coraggio di riconoscersi fratelli. Questa è l'ora del consolidamento della pace che impegna tutti affinché rispettino con serietà gli accordi firmati.

Voglio in questo momento esortare tutte le parti in causa a proseguire, con l'aiuto delle Istanze Internazionali, il cammino dell'attuazione degli Accordi firmati. Bisogna farlo senza indugio: i poveri non possono attendere. La pace continua a essere minacciata... Che le speranze di tutto un popolo, sprofondato nella miseria e nelle mortali sofferenze, non vengano deluse! La Chiesa in Mozambico non può abbandonare i suoi concittadini in questa nuova fase della costruzione della pace. Come ho detto alla Nazione nella mia Visita Apostolica, "la presenza e l'attività della Chiesa in una determinata società non costitutiscono mai una cooperazione o un'assistenza giunte 'da fuori'" (Discorso di arrivo, n. 7). Essa, di fatto, non è estranea al Paese. Ha pagato un pesante tributo, vedendo cadere tanti dei suoi figli, per rimanere accanto al popolo martirizzato; essa è stata la prima istituzione a "proporre cammini di riconciliazione e di dialogo per giungere a una pace autentica", e in essi "si è impegnata profeticamente" (Cfr. Discorso alle Delegazioni firmatarie dell'Accordo generale della Pace, 5/X/1992), come il popolo del Mozambico le riconosce pienamente. Non si è trattato di singole persone, ma è stata la Chiesa intera e solidale che ha sofferto, ha pregato e si è adoperata per la pace. Non chiede nessuna ricompensa o privilegio, chiede uno spazio reale e concreto che, per diritto naturale e storico, le compete nella vita della Nazione, come coscienza morale e lievito di riconciliazione del popolo del Mozambico. Con raddoppiata fiducia, pongo questo "momento nuovo" del vostro destino nazionale ai piedi della Vergine Maria, Regina della Pace e Madre comune di tutti gli abitanti del Mozambico.

Come pegno dell'assistenza divina e dei doni dello Spirito Santo, vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica e vi chiedo di trasmetterla ai sacerdoti, ai missionari, alle religiose e a tutti i fedeli così come a tutto il caro popolo del Mozambico.

Data: 1993-03-12 Data estesa: Venerdi 12 Marzo 1993

Al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Che il mondo possa conoscere l'amore del Figlio Divino

Cari fratelli vescovi, Cari fratelli e sorelle in Cristo,


1. E' un piacere ricevere i menbri e gli esperti che sono venuti da ogni continente per prendere parte all'Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali. Consapevole che nella nuova evangelizzazione che dovrebbe preparare l'alba del terzo millennio cristiano "al fne di rendere più efficace il multiforme apostolato della Chiesa con l'impiego degli strumenti di comunicazione sociale" (IM 18), vi state incontrando allo scopo di riferire, di progettare e anzi di incoraggiare gli sforzi conosciuti in tutto il mondo per rendere la Chiesa più efficacemente presente nel vasto mondo dei mezzi di comunicazione. Vi saluto quindi con affettuosa gratitudine e stima per l'abilità e la dedizione con cui servite la Santa Sede in questo specifico compito.


2. Avete avuto nolto da riferire di quest'anno che ha seguito la pubblicazione dell'istruzione pastorale sulle comunicazioni, "Aetatis Novae". Questo documento fu destinato a divenire uno strumento di riflessione nelle mani dei vescovi e dei comunicatori cattolici del mondo. Non soltanto le organizzazioni cattoliche internazionali delle comunicazioni, ma anche molte diocesi e Conferenze episcopali hanno già iniziato a metterla in atto formulando piani pastorali per le comunicazioni e includendo le comunicazioni in ogni piano pastorale. Spero che continuerete i vostri sforzi per diffondere la consapevolezza del bisogno di una valida progettazione nel compito di proclamare le verità e i valori del Vangelo attraverso i vari media.

Le vostre relazioni includono anche riferimenti alle nuove realtà. Ci sono, per esempio, molte nuove stazioni radio cattoliche in America Latina, in Africa e in Europa. Ci sono nuove stazioni televisive cattoliche in Europa e in America Latina. Ci sono molte nuove pubblicazioni cattoliche, soprattutto nell'Europa dell'Est. Si stanno facendo nuovi sforzi per assicurare il fruttuoso dialogo con i professionisti dei media, compresi quelli del mondo dello spettacolo, specialmente nell'America del Nord.

In ogni parte del mondo - includendo qui Roma stessa - c'è un numero crescente di centri che provvedono alla formazione necessaria non solo nelle tecniche di comunicazione, ma anche nella riflessione filosofica, teologica e spirituale così necessaria per una valida comunicazione. I comunicatori che si sforzano attraverso i media di servire il bene integrale, sia spirituale che culturale, del loro pubblico necessitano di una riflessione etica e teologica sul modo in cui sono coinvolti nel lavoro delle comunicazioni e sui motivi di questo coinvolgimento. In un certo senso, voi stessi siete venuti insieme per questo preciso scopo: approfondire la vostra propria percezione del particolare posto dei media nella missione salvifica della Chiesa e aiutare gli altri nella Chiesa ad avere questa stessa visione.


3. Voi siete venuti insieme anche per progettare: per progettare come coordinare meglio gli sforzi delle comunicazioni cattoliche in ogni parte del mondo cosicché esse divengano complementari e non competitive, cosicché le preziose risorse siano usate per ampliare i media cattolici, non per duplicarli; per progettare come assicurare il diritto della Chiesa di proclamare il messaggio di Cristo, la verità del Vangelo, attraverso i mezzi di comunicazione. In questo modo state adempiendo al mandato dato al Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali: stimolare sforzi diffusi in tutto il mondo per proclamare il Vangelo attraverso i meravigliosi strumenti che l'uomo ha inventato per accrescere le sue capacità per la comunicazione. L'insegnamento della Chiesa in questo campo può divenire lettera morta se non è ripetuto e attuato, e sono quindi lieto di notare che avete puhblicato una raccolta dei principali documenti conciliari e post-conciliari sulle comunicazioni: il decreto "Inter Mirifica" e le istruzioni pastorali "Communio et Progressio" e "Aetatis Novae". E' incoraggiante anche sentire che avete intenzione di pubblicare presto - nel trentesimo anniversanrio della "Inter Mirifca" - una raccolta dei messaggi che il mio predecessore Papa Paolo VI e io abbiamo pubblicato per le successive Giornate delle comunicazioni sociali.


4. Tra le molte questioni all'ordine del giorno della vostra assemblea, voi state studiando come l'istruzione pastorale Aetatis Novae" debba essere resa effettiva e state esaminando quello che occorre sia fatto per promuovere la sua ulteriore applicazione in ogni parte della Chiesa. Di più avete guardato a certi aspetti importanti come l'educazione di comunicatori cattolici, la promozione di norme morali nella pubblicità, e una maggior coordinazione nel campo della radio diffusione cattolica.

Il rapporto della Chiesa con i media è complesso e richiede una costante riflessione da parte vostra. Da una parte, la Chiesa vede i mezzi della comunicazione sociale come aventi un potenziale infinito non solo per la diffusione dell'informazione, la creazione e la comunicazione dell'arte e della cultura, la ricreazione e il perfezionamento dello spirito umano, ma anche per la crescita e il rafforzamento del regno di Dio. Nello stesso tempo essa è dolorosamente consapevole del danno che può essere inflitto sugli individui e la società dal cattivo uso di questi strumenti (Cfr. IM 1-2). Nelle situazioni concrete, è dovere della Chiesa, dei suoi pastori e dei suoi membri riconoscere e incoraggiare programmi per pubblicazioni che promuovano l'unità, la pace, la virtù e l'amore veramente fraterno. Allo stesso modo, può essere dovere della Chiesa e dei suoi pastori, e anzi di tutti i fedeli, protestare contro programmi e pubblicazioni che sono moralmente biasimevoli e che minacciano di violare l'integrità personale e pubblica e la santità della vita familiare. ll crescente numero di occasioni in cui le guide della Chiesa e i comunicatori si incontrano per uno scambio fruttuoso e per un dialogo possono aiutare i membri della Chiesa a capire i media e il loro particolare "linguggio" più chiaramente.

Esso può aiutare anche i media a raggiungere una migliore comprensione della Chiesa e di ciò che essa fa con la parola e l'azione per comunicare il messaggio e l'amore di Gesù Cristo.

Mi rimane soltanto di incoraggiarvi nel vostro lavoro e di assicurarvi della gratitudine della Santa Sede. Attraverso l'intercessione di Maria, Madre del Redentore, possano i vostri sforzi favorire che un uso sempre migliore dei media da parte dei membri della Chiesa porti abbondanti frutti, cosicché il mondo possa conoscere l'amore creativo, redentivo e santificante del Figlio Divino. Invoco su voi e sui vostri cari i doni di Dio di forza e gioia, e cordialmente imparto la mia benedizione apostolica.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1993-03-12 Data estesa: Venerdi 12 Marzo 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Lettera a padre Jean-Louis Bruguès - Città del Vaticano (Roma)