GPII 1993 Insegnamenti - Discorso durante l'incontro con la cittadinanza nella Piazza Centrale - Magliano Sabina

Discorso durante l'incontro con la cittadinanza nella Piazza Centrale - Magliano Sabina

Titolo: Promuovere una cultura della generosità e del dono per armonizzare il meglio del passato con le esigenze attuali

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Grazie per quest'accoglienza calorosa e spontanea; vi saluto tutti con tanto affetto. Inizio da qui, dall'antica Città di Magliano, ricca di nobili e forti tradizioni religiose e civili, come ha ricordato poco fa il vostro Sindaco, la mia visita pastorale alla Diocesi di Sabina-Poggio Mirteto. La inizio in questa Piazza sulla quale s'affaccia l'antico Seminario diocesano, che celebra quest'anno il quarto centenario di fondazione. Ricambio fraternamente i sentimenti espressi dal vostro Pastore, il carissimo Mons. Salvatore Boccaccio, il quale ha tratteggiato il programma dell'intera giornata, presentandomi, in rapida ma efficace sintesi, le caratteristiche della vostra illustre terra irrorata dal sangue dei martiri, terra fertile ed operosa. Saluto con fraterno affetto il Signor Cardinale Agnelo Rossi, titolare della vostra Chiesa suburbicaria di Sabina-Poggio Mirteto, e Mons.

Marco Caliaro, Vescovo emerito della Diocesi, con gli altri Presuli presenti.

Ringrazio il Signor Sindaco di Magliano, la Dottoressa Paola Fratoni, per le cortesi parole di benvenuto che ha voluto gentilmente rivolgermi a nome del Consiglio Comunale e dell'intera popolazione. Saluto il Signor Prefetto di Rieti, i Sindaci della Sabina e le Autorità civili e militari della Regione, intervenute all'odierno incontro. Non è la prima volta che un Papa viene a visitarvi. Le fonti storiche attestano infatti il passaggio di altri miei predecessori. Avvenne, ad esempio, che nel 1464, Pio II, in viaggio verso Ancona lungo il Tevere, ebbe a transitare in barca sotto Magliano, e la popolazione, saputolo, accorse per salutarlo. Ma oggi, carissimi Fratelli e Sorelle, eccomi fra voi non per un transito obbligato, bensi per una vera e propria Visita pastorale, che mi consentirà di apprezzare maggiormente i vari aspetti della vostra realtà umana e cristiana. Ringrazio con voi il Signore per questa opportunità, e fin d'ora affido a Lui il mio soggiorno sabino.


2. Il vostro popolo, il popolo dei Sabini, è ben noto a quanti studiano le vicende della Roma antica. Restano vive ed eloquenti fra le vostre colline le tracce della sua cultura e della sua storia. Queste ridenti e ubertose terre sono, inoltre, testimoni dell'amore ai campi e dell'attaccamento sincero ai perenni valori dell'uomo, illuminati dal messaggio evangelico, che hanno costituito nei secoli un saldo binomio nella vita e nel costume della vostra gente. Ma oggi, alle soglie ormai del terzo Millennio cristiano, la Provvidenza chiama voi, amate popolazioni della Sabina, a saper leggere i segni dei tempi, e ad agire con illuminato coraggio perché il passato diventi stimolo per una responsabile presa di coscienza delle vostre presenti possibilità in un momento storico di transizione, nel quale, fra difficoltà ed incertezze, si intravedono confortanti prospettive di rinnovato sviluppo. Nell'impegnativa ricerca di risposte nuove ed adeguate alle domande che la società pone continuamente vi è accanto e vi sostiene la Chiesa, Popolo di Dio antico e sempre giovane, che, non identificandosi con alcuna nazione, in tutte si fa presente, e nelle diverse epoche storiche, come un immenso fiume, va raccogliendo nel proprio alveo i valori autentici dei popoli che incontra sul suo cammino. Attingete, abitanti della Sabina, da questo perenne fiume di verità e di santità che ha segnato in profondità la vostra storia, nuovi motivi di crescita e di speranza. Siate riconoscenti a Dio per i doni ricevuti e proseguite uniti sui sentieri della fedeltà al Vangelo e al nobile patrimonio della vostra tradizione.


3. Sappiate anzitutto apprezzare il valore della comunità, nei suoi diversi e complementari aspetti umani e religiosi. Essere comunità: quale grande vocazione per la famiglia umana! Ogni generazione è chiamata a impiegare i talenti di cui dispone per quel compito appassionante che è appunto il rinnovamento della vita sociale, valorizzando l'eredità spirituale degli antenati. Solo così è possibile rispondere con intelligenza e lungimiranza alle sfide del presente e del futuro.

Siate comunità! Una comunità viva, aperta ed accogliente. La consuetudine civile e religiosa di questa vostra regione è segnata fortemente dalla sua tipica collocazione geografica: la Sabina è "crocevia", terra di passaggio tra comprensori diversi, e forse più ancora tra "mondi" diversi, come sono l'ambiente rurale e quello urbano. Non è pertanto facile salvaguardare la cultura popolare tradizionale. La Chiesa, cari Fratelli e Sorelle, accompagna e sostiene i vostri sforzi per mantenere viva tale preziosa eredità spirituale. Essa è impegnata con voi nel contrastare un tipo di cultura, basato sul consumo e sull'effimero, che sfocia spesso nella solitudine e nel vuoto, promovendo la cultura della generosità e del dono, capace di ben armonizzare il meglio del passato con le esigenze attuali di ripresa e di rinnovata fiducia.


4. I numerosi e piccoli centri della Sabina richiamano alla mente la cittadina di Nazareth e questo suggestivo contesto ambientale, nel quale ha luogo l'odierno incontro, sembra particolarmente indicato per fare da sfondo alla figura che oggi la Chiesa festeggia: il grande e umile Patrono San Giuseppe, modello di uomo retto e giusto. Lavoratore silenzioso, dedito alla famiglia, uomo del suo popolo; membro attivo della comunità; padre saggio e prudente; abile ed onesto falegname. A San Giuseppe vorrei affidare le preoccupazioni che voi, abitanti della Sabina, insieme a tanti altri lavoratori italiani, nutrite riguardo alla sorte dell'agricoltura e del piccolo artigianato. La Chiesa si sente a voi vicina. Essa partecipa alle ansie di quanti fra voi maggiormente soffrono per le conseguenze della pesante congiuntura che interessa il settore agricolo, così basilare per l'economia nazionale. Si tratta di una crisi resa ancora più dura dalla difficile situazione in cui attualmente versa l'intero sistema produttivo, con effetti talora drammatici per l'occupazione, soprattutto per quella giovanile. I problemi del presente, pur gravi, non spengano, pero, in voi la speranza, né vi portino ad atteggiamenti di chiusura egoistica, nella difesa di interessi particolari! Siano piuttosto stimolo a rinnovare quel senso di autentica solidarietà che costituisce la via maestra per la ripresa e a rinsaldare quell'amore alla terra che contraddistingue la vostra storia.


5. Oggi come in passato il mondo del lavoro ha bisogno di uomini e donne sensibili al bene comune, disponibili alla collaborazione e dediti a diffondere il "Regno" dell'amore e dell'autentica pace. Carissimi Fratelli e Sorelle, siate questo lievito di fiducia evangelica. Siate testimoni di una speranza "che non sarà delusa" (Pr 23,18), perché fondata su Cristo. Abbiate il coraggio di credere, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, che il Signore sta preparando per voi, e per quanti in Lui confidano, un avvenire ricco di promesse. Anzi, operate attivamente per affrettare questo futuro, facendovi carico di quanti versano in situazioni precarie ed espandendo l'orizzonte della solidarietà oltre i confini di questa vostra regione. Possano i giovani, speranza delle vostre comunità, trovare, li dove vivono, saldi riferimenti a quei valori di cui hanno un'insopprimibile sete, e che sono talora tentati di sostituire con surrogati ed alienanti evasioni.

Possano le famiglie prendere coscienza sempre più matura della loro originaria missione, custodendo ed alimentando la fiamma dell'amore coniugale, nel cui alveo cresce e si sviluppa pienamente la vita umana. Gli anziani continuino ad offrire l'apporto della loro esperienza, tesoro inestimabile per le nuove generazioni ed i malati - penso in particolare ai degenti dell'ospedale di questa vostra cittadina - mai si sentano soli o emarginati, giacché la loro sofferenza, alla luce del mistero della Croce di Cristo, acquista valore di universale salvezza.


6. Carissimi fratelli e sorelle! Grazie nuovamente per l'invito e per la vostra ospitale accoglienza. Auguro di cuore un fruttuoso progresso in ogni ambito del vostro multiforme impegno produttivo. Auspico soprattutto una vostra fraterna e sempre più responsabile crescita negli ideali umani e cristiani. Vi protegga la Madonna, venerata in molti Santuari della Sabina, come ha ricordato opportunamente il vostro Vescovo.

Vi assista San Giuseppe, che oggi vigila su questa mia visita pastorale.

A tutti, con affetto, la mia Benedizione.

Data: 1993-03-19 Data estesa: Venerdi 19 Marzo 1993

Il discorso ai contadini dinanzi al Santuario di Maria Santissima della Lode nella solennità di San Giuseppe - Vescovio di Torri

Titolo: Coniugare cooperazione e sano protagonismo individuale per superare la crisi del mondo agricolo

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Ringrazio il Signore per la possibilità oggi offertami di celebrare con voi la solennità di san Giuseppe, in questa pittoresca cornice, dove l'antica Cattedrale dedicata a Santa Maria della Lode, i resti archeologici di Forum Novum, i tanti carri agricoli e trattori qui fatti convenire, sembrano ricreare il clima di un'antica civiltà, in cui fede e lavoro erano i pilastri di un'armonica esistenza che, pur tra gli stenti, riusciva a trasfondere speranza e gioia di vivere. Sono venuto quest'oggi tra voi per meglio conoscere queste vostre radici culturali; sono venuto soprattutto per cercare di leggere insieme a voi il presente che Iddio ci dona, ricco di luci e di ombre come, del resto, le varie stagioni della vita e le epoche della storia. Sono venuto per guardare con voi verso il futuro! Vi saluto tutti cordialmente, uomini e donne della Sabina, impegnati, a diverso titolo, nel duro lavoro dei campi, e benemeriti di un settore produttivo imprescindibile e fondamentale. Saluto con deferenza i Sindaci del territorio e le altre Autorità civili e militari che hanno voluto essere presenti.

I gonfaloni dei Comuni, le bandiere delle associazioni Coltivatori Diretti, Acli, Movimento Cristiano Lavoratori e di altre organizzazioni di lavoratori, sono il segno di una profonda unità della società civile, che qui si raccoglie a proclamare e difendere i valori, le tradizioni, l'avvenire stesso di questa civiltà contadina. Saluto il Vescovo della vostra diocesi, il carissimo Mons. Salvatore Boccaccio, al quale va la mia riconoscenza per il cordiale invito a trascorrere questa giornata nella Sabina. Il mio pensiero va pure, in questo momento, a Mons. Giovanni Battista Re, mio stretto collaboratore nella Segreteria di Stato, il quale è titolare di questa antica sede episcopale. Ringrazio il Sindaco di Torri in Sabina, il Signor Alessio Bonifazi, per le gentili espressioni che ha voluto riservarmi a nome dell'Amministrazione comunale e dell'intera cittadinanza. Rivolgo un deferente saluto al Ministro Claudio Vitalone titolare del Dicastero del Commercio Estero, che, a nome del Governo, mi ha espresso sentimenti di viva cordialità. Sono grato in particolare al vostro rappresentante, carissimi lavoratori della terra, il quale, manifestandomi a vostro nome affettuosa devozione, non ha mancato di mettere in evidenza i motivi di preoccupazione che oggi pesano sul lavoro agricolo.

E poi la mia riconoscenza del tutto speciale va verso questa famiglia contadina che si è presentata con i figli dandomi il benvenuto nella loro terra.

Benvenuto nel nome di tutte le famiglie. Grazie a questa famiglia e a tutte le famiglie della vostra terra. Desidero rivolgervi subito un cordiale incoraggiamento e un invito alla speranza, non poggianti su analisi e previsioni di ordine socio-economico, ma derivanti dalla fede che abbiamo la grazia di condividere, e che oggi vogliamo rassodare, lasciandoci guidare e ispirare da san Giuseppe, uomo del lavoro, uomo di fede.


2. La fede, proprio come i vostri campi di frumento, i vostri frutteti, i vostri ulivi, ha bisogno di essere coltivata. Non basta averla ricevuta, né è sufficiente conservarla come un oggetto prezioso, nascosto in uno scrigno. Nella prima Lettera ai Corinzi, Paolo parla di un "campo", in cui la parola della predicazione è seminata ed irrigata, affinché poi Dio la "faccia crescere". E alla fine conclude: "Voi siete il campo di Dio!" (Cfr. 1Co 3,5-9). Nessuno più di voi, lavoratori della terra, è in grado di cogliere la pertinenza e la profondità di tale paragone. Voi avete una fortuna diventata ormai rara, specie per quanti vivono nel rumore assordante delle città: quella di toccare con mano ogni giorno il miracolo della natura. A voi è dato di sentire, dentro la vita che sboccia, il mistero perenne della creazione. Se questo è vero per la natura, quanto è ancora più vero sul piano soprannaturale! Nel "campo" dei cuori umani, il miracolo della fede è opera della grazia, dono di Dio. Tutto è grazia! Ma al tempo stesso, la grazia esige l'impegno dell'uomo: occorre dissodare, seminare, irrigare, potare. Ecco la Chiesa, ecco la nostra esistenza cristiana: un "campo", dove il seme della parola di Dio, come nella parabola evangelica del seminatore, deve portare frutto, buono ed abbondante.


3. In tale impegno spirituale, che concerne ogni ambito del nostro vivere, ci è oggi indicato come guida san Giuseppe. Il Vangelo ce lo presenta nella sua attività di carpentiere, e la Chiesa lo ha scelto quale speciale patrono del mondo del lavoro. Noi oggi vogliamo guardarlo soprattutto come solerte operaio nel "campo" della fede. Egli era un "uomo giusto", fedele e docile alla parola di Dio.

La Parola seminata nel suo cuore comporto anche, per lui la fatica e il sudore della coltivazione. Seguendolo nei vari momenti della narrazione evangelica, non è difficile intuire tutto il lavorio della sua fedeltà. Coinvolto da vicino nel mistero dell'Incarnazione, gli fu chiesto di credere a ciò che era umanamente difficile da comprendere. Vide sbocciare in Maria una vita che era d'origine divina, e solo la fede gli permise di non fuggire di fronte al mistero. "Non temere, Giuseppe" (Cfr. Mt 1,20)! L'esortazione dell'angelo apre uno spiraglio sul dramma del suo animo, ci fa intuire le sue paure così umanamente comprensibili, rendendolo a noi vicino.

Al suo primo "si" altri ne seguirono: il mistero, che si dipanava sotto il suo sguardo, lo costringeva ogni momento a rinnovare la sua scelta di fede. Il Vangelo non ci annota le sue parole. Da uomo del lavoro qual era, il suo stile doveva essere quello del silenzio operoso. Fra mille traversie, lasciandosi trasportare dall'onda del mistero, rimase sempre l'uomo giusto, l'uomo che vive di fede.


4. La sua festa ci invita dunque a rinnovare la nostra fede. Per voi, gente dei campi, aver fede è forse qualcosa di naturale. Il vostro contatto immediato con le meraviglie della natura vi offre uno stimolo continuo ad andare col pensiero al Creatore. E tuttavia, anche per voi la fede ha bisogno di essere molto di più di un istinto dell'animo o di una semplice tradizione. Ha bisogno di diventare una "scelta", approfondita nelle sue motivazioni, radicale nelle sue esigenze, testimoniata in tutte le sue implicazioni. Un aspetto importante di tale crescita nella fede, è la vostra capacità di viverla in una sintesi matura col lavoro che svolgete. Non ci si può nascondere che oggi la vita del lavoratore dei campi è un'esperienza difficile. Essa attraversa un passaggio storico particolarmente travagliato ed ha davanti a sé prospettive tutt'altro che incoraggianti.

E' noto, infatti, che l'agricoltura di questa come di altre zone d'Italia è segnata da una fase di dura crisi, sia per i contraccolpi del riassetto economico collegato alle prospettive dell'unità europea, sia per i risvolti di un mercato internazionale, in cui le scelte dei grandi gruppi economico-finanziari multinazionali, non di rado guidate da criteri di puro profitto, sembrano non assicurare all'agricoltura prospettive di sviluppo e di stabilità. In tale orizzonte, se non intervengono adeguate misure di sostegno e di promozione, il lavoro agricolo, nonostante la sua indiscutibile e vitale importanza, rischia di essere sempre più marginale.


5. Di fronte a problemi così complessi, di natura politica ed economica, la Chiesa non ha soluzioni tecniche da proporre. Spetta agli organi competenti e responsabili, come pure alle benemerite associazioni di categoria, nonché alla stessa attiva partecipazione dei lavoratori dei campi, di individuare soluzioni appropriate. La fede, tuttavia, getta luce sui problemi dell'umana attività, suggerendo principi di riflessione e criteri di giudizio circa la natura, le condizioni, le esigenze e le finalità dell'autentico sviluppo. E' nata così la dottrina sociale della Chiesa, in cui una specifica attenzione è riservata alle problematiche dei contadini. Essa aiuta a cogliere gli aspetti etici fondamentali, che le strategie politiche ed economiche non possono eludere. Va innanzitutto riconosciuta l'importanza e la dignità del settore rurale, rispetto agli altri campi dell'economia. Accanto alle motivazioni di ordine, per così dire, "funzionale", la Chiesa non ha mancato di sottolineare la dignità del lavoro agricolo anche sotto un profilo più interiore, considerandolo come vocazione e missione.

"Nel lavoro agricolo - ha scritto il Papa Giovanni XXIII nella Mater et Magistra - la persona umana trova mille incentivi per la sua affermazione, per il suo sviluppo, per il suo arricchimento, per la sua espansione anche sul piano dei valori dello spirito. E' quindi un lavoro che va concepito e vissuto come una vocazione e come una missione; come una risposta cioè ad un invito di Dio a contribuire all'attuazione del suo piano provvidenziale nella storia, e come un impegno di bene e di elevazione di se stessi e degli altri e un apporto all'incivilimento umano" (Le Encicliche sociali dei Papi a cura di Igino Giordani, Roma 1969, vol. II, p. 53).


6. Partendo da tale prospettiva, rinnovo il mio accorato appello, carissimi Fratelli e Sorelle, affinché si provveda con urgenza ad adeguate politiche di valorizzazione del lavoro agricolo, attente alla sua funzionalità economico-sociale, e soprattutto alla dignità dei lavoratori dei campi. Il rispetto dei lavoratori della terra richiede non soltanto una loro tutela legale e una adeguata remunerazione, ma anche la promozione di un clima, di una sensibilità, che li faccia sentire a pieno titolo protagonisti dei processi produttivi e della vita sociale. Tra le loro difficoltà specifiche, infatti, ho additato nella Laborem exercens "lo sforzo fisico continuo e talvolta estenuante", e "lo scarso apprezzamento, con cui è socialmente considerato, al punto da creare spesso agli uomini dell'agricoltura il sentimento di essere socialmente degli emarginati, e da accelerare in essi il fenomeno della fuga in massa dalla campagna verso la città e purtroppo verso condizioni di vita ancor più disumanizzanti" (LE 21).


7. Il lavoro dei campi richiama alla mente un altro aspetto importante del mondo contadino: è il ruolo che in esso svolge da sempre la famiglia. Non a caso moltissime aziende agricole sono, appunto, a conduzione familiare. Tale tipica tradizione della vita rurale rappresenta certo un fatto di rilevante interesse economico; esso è pero innanzitutto espressione di valori sociali e morali di prim'ordine. Sembra quasi che voi abbiate voluto qui plasticamente evidenziare questo dato tipico della vostra tradizione culturale e religiosa. Questa grande tela ad olio, infatti, rappresenta la "santa Famiglia", che affonda le radici nella terra mentre un volo d'angeli la sospinge verso l'alto. Nella cultura contadina, il valore della famiglia e l'esperienza della fede fanno tutt'uno, e la forte tenuta degli affetti familiari diventa garanzia di stabilità nella più ampia solidarietà che sgorga dalla fede e dall'accoglienza dei valori umani fondamentali.

Da qui scaturiscono ulteriori motivi di riflessione. Ai responsabili della politica agricola, va chiesto con forza di non penalizzare le piccole "aziende famiglia", che in Italia rappresentano la quasi totalità degli impegnati in tale settore. E' necessario indubbiamente evitare la frammentazione che porterebbe ad uno scarso rendimento, a una perdita di competitività, e dunque a una ricaduta negativa sull'economia e sullo stesso tenore di vita dei lavoratori della terra. Ma le considerazioni di ordine economico devono coniugarsi sempre in sapiente equilibrio con le valutazioni di carattere sociale ed umano. Se un frazionamento privo di sbocchi economici non ha futuro, una concentrazione, che strappasse l'agricoltura al suo ancoraggio più naturale, comporterebbe svantaggi di "ecologia umana" non meno disastrosi. Sono piuttosto da appoggiare e promuovere con maggiore convinzione le vie della cooperazione e dell'associazionismo, superando le tentazioni dell'individualismo, e puntando a modelli di sviluppo capaci di congiungere i vantaggi della collaborazione con quelli di un sano protagonismo individuale e familiare.


8. Carissimi lavoratori agricoli della Sabina, so bene quante preoccupazioni e domande vi portate nel cuore. Tuttavia, se restate ancorati alla fede dei vostri padri e crescete nella solidarietà, non esistono interrogativi per i quali sia impossibile trovare un'adeguata risposta. Siate, pertanto, uomini e donne della speranza! Alla mamma contadina che prima mi ha manifestato, a vostro nome, comprensibili apprensioni di fronte al rischio di perdere, con la serenità economica, i grandi valori della vostra nobile e secolare tradizione, vorrei rispondere affidando a voi tutti questa consegna: non permettete mai che ciò avvenga! Il vigile impegno, la responsabile iniziativa, la collaborazione con le forze politiche e sociali sane e sensibili, il sostegno della Comunità ecclesiale, saranno l'antidoto più sicuro a una tale disastrosa prospettiva. Incoraggio per questo l'attività benemerita svolta in questo senso da alcune associazioni di categoria.

Non dimenticate, infine, di accompagnare lo sforzo quotidiano con il fiducioso ricorso nella preghiera al Signore, alla Vergine Santa, onorata qui a Vescovio col bel titolo di Vergine della Lode, a San Giuseppe e ai vostri Santi Patroni. Quanto più imparerete il segreto della lode di Dio, tanto più troverete luce e forza per costruire un futuro degno dell'uomo.

E' questo il mio augurio sentito, che accompagno con una speciale Benedizione.

Data: 1993-03-19 Data estesa: Venerdi 19 Marzo 1993

Il discorso durante l'incontro con la cittadinanza raccolta nella Piazza principale - Poggio Mirteto

Titolo: Di fronte al pericoloso pluralismo etico urgono ferme convizioni radicate in Cristo

Illustrissimo Signor Sindaco, Carissimi fratelli e sorelle di Poggio Mirteto!


1. Nel pur rapido, ma interessante itinerario in Terra Sabina, sono lieto di incontrarmi anche con voi e di porgere a tutti il mio saluto cordiale ed affettuoso in questa gioiosa coreografia di festa che fa da sfondo al nostro appuntamento. Saluto il Cardinale Camillo Ruini, mio Vicario Generale per la Diocesi di Roma e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che ha voluto gentilmente essere presente a questo nostro incontro. Saluto pure il vostro dinamico Pastore, Mons. Salvatore Boccaccio, e ringrazio di cuore voi tutti, qui presenti, che mi siete venuti incontro con fede e devozione. Sono grato, in particolare, al Sindaco, il Signor Pasqualino Carconi per le deferenti parole con cui mi ha espresso il benvenuto a nome della popolazione mirtense e dei centri vicini. Ringrazio infine il giovane "portavoce" degli studenti e dell'intera gioventù della Sabina, che ha bene interpretato le preoccupazioni e le speranze di un'età in cui ci si affaccia alla vita per costruire il proprio futuro. Voi vedete nella persona del Papa colui che, per volontà di Gesù, è stato posto a "fondamento della Chiesa" e a "garanzia" della verità rivelata.

Ecco i motivi essenziali che danno significato e valore al nostro incontro. Da parte mia, vi porto il mio affetto e l'ammirazione per l'alacrità del vostro impegno civile e cristiano. Vi porto soprattutto l'annuncio della pace del Signore e della sua gioia in questo giorno di festa, nel quale facciamo memoria del suo padre putativo, S. Giuseppe. Incontrandomi con voi oggi, nella storica Città di Poggio Mirteto, definita dal mio predecessore Gregorio XVI - come ha ricordato poc'anzi il Signor Sindaco - "praeclara in Romanam Cathedram fidei", il mio fervido desiderio è che l'odierna Visita pastorale contribuisca a farvi crescere nella fede, nella speranza operosa e nella concreta attenzione alle necessità di tanti fratelli bisognosi.


2. Indubbiamente le questioni sociali e politiche del momento presente sono grandi, complesse e di non facile soluzione. Esse assillano i Responsabili della vita pubblica, le famiglie, gli educatori e quanti hanno il compito di operare per costruire un avvenire sereno e migliore per l'intera società. Esse preoccupano anche voi, cari giovani, che vi interrogate su quale sarà il vostro futuro. La soluzione non verrà che dall'impegno di tutti e di ciascuno. In tale sforzo congiunto, pero, è necessario non dimenticare mai le parole di Gesù, il Rivelatore della Verità e il Redentore dell'umanità: "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?" (Mc 36-37). Gesù avverte con la sua divina autorità: "Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33).

Avere fiducia in Lui: ecco la grande sfida da raccogliere. Viviamo, in effetti, in tempi segnati sia da una profonda crisi religiosa, che non di rado conduce alla negazione della trascendenza, sia da un vasto pluralismo culturale e religioso, che sfocia spesso in un pericoloso pluralismo etico. In tale situazione di appassionata, anche se confusa, ricerca della verità, la Chiesa non si stanca di annunziare l'eterno disegno salvifico di Cristo, da cui traggono vigore anche quelle virtù umane che sono fondamento di una società realmente giusta e solidale.

Cristo conosce il cuore dell'uomo: egli solo può soddisfare pienamente alle sue esigenze. Egli che ha assicurato agli Apostoli: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo" (Mt 28,20), è la "testata d'angolo" su cui poggia la Chiesa, sostegno essa stessa della comunità familiare e sociale. "In nessun altro c'è salvezza", afferma san Pietro. "Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12).


3. Carissimi fratelli e sorelle, quante cose vorrei dirvi in questo incontro! Il tempo pero è breve e mi limito a lasciarvi una consegna importante per la vostra esistenza. Siate fedeli a Cristo che vi ha scelti come suoi discepoli! Diffondete il suo Vangelo, diventate suoi testimoni, formatevi convinzioni ferme e personalizzate, che si traducano in una specchiata coerenza di vita autenticamente cristiana. San Pietro ripete a noi ciò che scriveva ai primi cristiani: "Non vi sgomentate per paura di coloro (che fanno il male), né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1P 3,14-15).


4. Come concludere questo nostro incontro senza far cenno a san Giuseppe, del quale oggi celebriamo la festa liturgica? Rivolgiamo a Lui ed alla Santa Famiglia di Nazareth il nostro devoto pensiero. Invochiamo la protezione di san Giuseppe per la stabilità e la concordia delle famiglie, per i bambini ed i ragazzi, che qui vedo numerosi e pieni di vitalità, affinché possano camminare sempre sulla retta via della fede, della giustizia, della sollecitudine verso chi è nel bisogno materiale e spirituale. Preghiamolo per la Chiesa, ed in particolare per la vostra Diocesi, perché cresca unita nella dottrina e nella disciplina, nell'amore a Dio e nell'attenzione ai poveri.

Rinnovo a tutti il mio saluto e il mio augurio, e di gran cuore vi benedico!

Data: 1993-03-19 Data estesa: Venerdi 19 Marzo 1993

Le parole rivolte dal Santo Padre ai giovani di Poggio Mirteto - Poggio Mirteto

Titolo: Nel silenzio di San Giuseppe dinanzi al Mistero rivelato c'è tutta la ricchezza spirituale della nostra umanità

Vorrei ancora aggiungere una parola più spontanea.

Da tanti anni desideravo venire in questa leggendaria diocesi di Sabina-Poggio Mirteto e oggi questo desiderio si è potuto realizzare. Sono contento e sono tanto grato a quelli che mi hanno invitato, specialmente al Vostro Vescovo e a tutta la comunità, anche alle Autorità civili che hanno partecipato a questo invito. Ancora vorrei fare una riflessione in occasione della Festa di San Giuseppe, vedendo tanti giovani. Ha parlato a nome vostro un vostro collega e il suo è stato un discorso molto profondo. Ho pensato apppunto che San Giuseppe lo vediamo molte volte come lavoratore, come falegname, e accanto a lui c'è Gesù.

Giuseppe di Nazareth e Gesù di Nazareth, eccoli insieme. E' un simbolo, una cosa simbolica e profonda che tocca tutte le generazioni. E' quasi il trasferimento dei contenuti, dei valori, soprattutto umani, quello che si fa tra i padri ed i figli: Giuseppe e Gesù. Questa è una catena per conservare, per approfondire e per arricchire sempre la nostra umanità.

La realtà nazaretana - Giuseppe, Maria, Gesù - è una realtà profondamente umana: la famiglia. Ogni famiglia è il luogo in cui si fa il trasferimento della tradizione, della buona tradizione umana e cristiana, di tutto quello che è vero, di tutto quello che è buono, che è bello e così sappiamo bene che Gesù cresceva come bambino, come giovane, cresceva accanto a Giuseppe e naturalmente accanto a sua Madre. Ancora viene alla mente il fatto specifico che in tutta la Sacra Scrittura non si è notata nessuna parola di San Giuseppe, solamente il silenzio. Il silenzio: è rimasto silenzioso davanti a quel mistero grande che è a lui era rivelato, come prima a Maria. Questo mistero grande della Incarnazione di Dio, della realtà soprannaturale in senso pienissimo. Ecco Dio che per amore verso noi si fece uomo. Ecco Giuseppe, il destinatario - uno dei primi, anzi il primo, accanto a Maria - di questa grande novità divina, di questo Vangelo, la Buona Novella. Novella trascendente che supera tutte le aspettative umane, che dona all'uomo più di tutto quello che si più donare all'uomo. Dio si dà a noi: questa è la nostra realtà, la verità della nostra vita.

Ed ecco Giuseppe accanto a Gesù, Gesù accanto a Giuseppe sul banco di lavoro. Il falegname più grande e quello più piccolo, più giovane. Insieme abbiamo la rivelazione divina di un mistero davanti a cui si deve mantenere un silenzio, come Giuseppe lo ha mantenuto perchè troppo grande per parlare. Dall'altra parte la realtà umana, il trasferimento dei valori, della tradizione della famiglia, del popolo. Gesù imparava da Giuseppe, lavorava come falegname ed imparava ad essere giudeo, figlio del popolo in cui veniva in questo mondo. Ecco, carissimi giovani, così la festa di San Giuseppe è anche la vostra festa. Voi siete quelli che vivono accanto ai vostri genitori, ai vostri parenti, ai vostri educatori, che vi trasferiscono la scienza, la educazione, un trasferimento di tutto quello che è vero, buono, sublime, gentile, che fa la nostra natura umana e l'arricchisce.

E poi voi, crescendo sempre più, vi preparate, a vostra volta, a trasferire lo stesso contenuto, la stessa tradizione, lo stesso messaggio.

Messaggio umano, i valori umani, e nello stesso tempo messaggio divino: Dio ha esaltato l'uomo, ciascuno di noi, con la sua Incarnazione in Cristo Gesù. Vi auguro di essere portatori fedeli, umili, nobili, di questo messaggio. E poi anche di essere in futuro, già da oggi, quelli che trasferiscono questo messaggio divino ed umano agli altri: ai vostri coetanei oggi e in futuro ai vostri successori, ai più giovani.

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1993-03-19 Data estesa: Venerdi 19 Marzo 1993

Visita all'Abbazia di Farfa - Farfa

Titolo: La visita all'Abbazia di Farfa e al Centro Ecumenico Internazionale delle Suore di S. Brigida

Vi saluto di cuore, cittadini di Farfa, rappresentanti del Signor Sindaco, di questa comunità. Vi ringrazio per i vostri doni e per la vostra presenza. Offro una Benedizione a tutti i presenti e a tutti i cittadini. Saluto i sacerdoti malati che si trovano qui, naturalmente saluto la comunità benedettina che mi ha dato il benvenuto, come tutti voi. Vi ringrazio. Sono molto contento di essere qui.

Fratelli e sorelle, canteremo in eterno la misericordia del Signore! Quella misericordia che Santa Brigida, alle porte della città di Roma, nella sua prima visita, implora commossa per l'intercessione dei Santi Pietro e Paolo.

Misericordia divina che continua ad invocare per la Chiesa tutta, quando giornalmente pellegrinava orante presso la tomba del principe degli Apostoli. Nel grato ricordo della fede di questa donna forte e coraggiosa, che in forza della fede e della verità evangelica si reca anche in questa nobile terra di Farfa, desideriamo anche noi supplicare il Misericordioso perché mostri alla sua Chiesa la via da percorrere per giungere felicemente allo splendore della unità voluta da Cristo Signore, che vive e regna nei secoli dei secoli.

Amen.Data: 1993-03-19 Data estesa: Venerdi 19 Marzo 1993

Omelia dedicata a San Giuseppe Protettore della Chiesa e Custode della Famiglia di Nazareth - Monterotondo

Titolo: La famiglia ed il lavoro diventino, qui e dovunque, germoglio di vita eterna




GPII 1993 Insegnamenti - Discorso durante l'incontro con la cittadinanza nella Piazza Centrale - Magliano Sabina