GPII 1993 Insegnamenti - Udienza: al pellegrinaggio della diocesi di Faenza-Modigliana - Città del Vaticano (Roma)


1. A ciascuno di voi il mio cordiale benvenuto. Saluto con affetto il vostro Pastore, Mons. Francesco Bertozzi, che ringrazio per le cortesi parole poc'anzi rivoltemi. Saluto i Sacerdoti che vi accompagnano e tutti voi qui presenti, che rappresentate l'intera Comunità diocesana. Nell'itinerario di preparazione al vostro Sinodo, voi avete voluto compiere una tappa significativa qui a Roma, per visitare i luoghi sacri della Cristianità e per incontrare il Papa, desiderando ascoltare da lui una parola di incoraggiamento e di conferma nella fede e nell'impegno apostolico e missionario. Vi accolgo con vivo piacere e sono lieto di salutare tra voi tre vostri conterranei miei stretti collaboratori, il Card. Pio Laghi, Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, il Card. Achille Silvestrini, Prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, e Mons. Dino Monduzzi, Prefetto della Casa Pontificia. Come vedete, siete ben rappresentati nella casa del Papa ed io vorrei profittare di questa circostanza per esprimere a questi miei validi coadiutori i sentimenti della più sincera riconoscenza.


2. Voi vi state preparando da diversi anni, attraverso successive tappe di riflessione e di approfondimento pastorale, ad un evento di straordinaria importanza per la vostra Diocesi: l'Assemblea sinodale. Essa si celebrerà nella Pentecoste del 1995, ed avrà per tema: "Una Chiesa del Concilio Vaticano II per la nuova Evangelizzazione". Il cammino, che state insieme percorrendo, è lungo ed esigente, ma quanto mai importante per la felice riuscita dell'Assise sinodale. Mi congratulo col vostro Vescovo e con tutti voi per il vostro fervore e, mentre vi assicuro uno speciale ricordo nella preghiera, vi esorto ad intensificare sempre più la collaborazione fra di voi così che il Sinodo possa giungere al suo felice coronamento, ponendosi come evento centrale nella storia della vostra Chiesa per le decisioni pastorali prese e per l'irradiazione della fede che da esso scaturirà a beneficio dell'intero popolo della vostra Regione.


3. Carissimi fratelli e sorelle, l'odierno nostro incontro mi richiama alla memoria il pellegrinaggio diocesano compiuto nel marzo del 1984 durante l'Anno Giubilare della Redenzione. Mi ricordo soprattutto l'intensa giornata trascorsa con voi il 10 maggio del 1986, quando nell'omelia, meditando sul significato del matrimonio cristiano e della famiglia alla luce delle "nozze di Cana", vi ricordavo che il mutuo consenso prestato da un uomo e da una donna cristiani non è soltanto l'espressione di un patto di amore che li coinvolge per tutta la vita, ma è ancor più il "si" detto ad un mistero di fede: il mistero stesso dell'unione mistica e sponsale tra Cristo e la Chiesa, che ci si impegna a testimoniare nella propria vita. Mi piace ripetervi questa considerazione nella prospettiva dell'Anno internazionale della Famiglia, che celebreremo l'anno prossimo. La testimonianza limpida e coerente delle famiglie cristiane è elemento essenziale per l'impegno della nuova evangelizzazione. L'autentica evangelizzazione in vista del Duemila, come voi ben sapete, esige anzitutto una salda adesione alla verità rivelata. Di fronte al diffondersi del relativismo religioso ed etico va costantemente riaffermato, con chiarezza e coraggio, che Gesù Cristo è Via, Verità e Vita. Su di lui il credente deve costruire l'edificio della vita personale, della famiglia, della società, per essere simile all'"uomo saggio" del Vangelo "che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sulla roccia" (Mt 7,24-25). Occorre formare coscienze veramente cristiane. Occorre educare ad un'autentica coerenza di vita, che si alimenti di un assiduo contatto con Cristo. Anche per il cristiano di oggi valgono le parole di san Paolo: "Questa vita che vivo nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Ga 2,20).


4. Carissimi fratelli e sorelle, possa il Sinodo, come una bussola, indicare alla vostra Comunità diocesana il cammino da percorrere in questo tempo difficile ed insieme ricco di singolari possibilità apostoliche. Possa confermare e rafforzare quel sano ed equilibrato realismo cristiano che, alla piena fiducia nell'onnipotenza e nella misericordia dell'Altissimo, unisce un perseverante sforzo nella realizzazione delle Beatitudini. San Pier Damiani, protettore della città di Faenza, in una sua celebre orazione al Crocifisso così pregava: "Togli da me, o Signore, quanto c'è di nocivo o di inetto, di vizioso o di contrario alla tua volontà... Dammi vera fede, speranza ferma, carità non finta. Sia in me umiltà fissa, vita sobria, vera scienza; fortezza, prudenza, giustizia, temperanza: concedimi diritto cammino, meta perfetta!" (Carmina sacra et preces, 12). Le sue parole, alla vigilia ormai della Settimana Santa, vi illuminino e vi guidino verso un più intenso slancio missionario.

Vi accompagnino Maria, la "Madonna delle Grazie", e i Santi della vostra terra e vi sia di conforto e di incoraggiamento anche la mia Benedizione!

Data: 1993-04-03 Data estesa: Sabato 3 Aprile 1993

Omelia durante la domenica delle Palme per la VIII giornata mondiale della gioventù - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Sii benedetta, Croce pellegrinante con i giovani attraverso Paesi e continenti"




1. "Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!" (Mt 21,9).

Oggi, tutta la Chiesa ripete l'acclamazione, che risuonava nelle vie verso Gerusalemme, mentre Gesù di Nazareth si avvicinava alla Città Santa, dalla parte del Monte degli Olivi. In conformità all'annuncio del profeta, Egli si avvicinava "seduto su un'asina, con un puledro figlio di bestia da soma" (Mt 21,5). Oggi, la Chiesa fa eco a quel grido, celebrando la Domenica delle Palme: un ricordo di quelle palme che i pellegrini, venuti a Gerusalemme per la Festa della Pasqua, tagliavano e stendevano sulla via, salutando così il "Figlio di Davide".

"Benedetto colui che viene!". Con questa acclamazione a Cristo si salutano oggi i giovani, la Chiesa dei giovani; questo è appunto per loro un giorno speciale, è il loro giorno! Oggi, io mi sento particolarmente unito ai figli e alle figlie di ogni popolo e nazione e tutti saluto nel nome di Colui che viene: Gesù Cristo - "lo stesso ieri, oggi e sempre" (He 13,8). L'odierna celebrazione è resa anche più solenne dalla presenza del Metropolita del Montenegro e Litorale, Sua Eminenza Anfilochio, e del Vescovo di Backa, Sua Eccellenza Ireneo, venuti a Roma quali delegati del Patriarca Pavle della Chiesa ortodossa di Serbia. Li saluto cordialmente, elevando con essi il canto dell'Osanna al Figlio di Davide, Gesù Cristo Nostro Signore.


2. Cristo entra a Gerusalemme per l'ultima volta, al compiersi ormai del suo pellegrinaggio terreno, e realizza così gli annunci messianici dei Profeti. I Profeti avevano parlato dell'ingresso trionfale di Uno che sarebbe stato al tempo stesso Re e Servo, il quale avrebbe presentato il dorso ai flagellatori e non avrebbe sottratto la faccia agli insulti e agli sputi (Cfr. Is 50,6). Nei giorni successivi, in Gerusalemme tutto questo si è puntualmente verificato. Sono bastati, infatti, pochi giorni, perché l'"osanna" della gioia si cambiasse in grida ben diverse, grida di condanna e di scherno. Non è forse quanto aveva annunciato il Libro del profeta Isaia, grande "evangelista" dell'Antico Testamento? Non è questo che aveva predetto anche il Salmo messianico di Davide? Ecco compiersi in quei giorni quel che già era contenuto nel Salmo 21: "Le mani e i piedi forati" sulla croce, "le ossa contate" in una terribile lotta con la morte, il grido "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?" Tutto questo è già presente nell'odierna liturgia della Domenica delle Palme, che apre la Settimana pasquale della Chiesa, la Settimana Santa, nella quale la Comunità ecclesiale, più che in ogni altro periodo, desidera essere con Cristo e restare accanto a lui per attingere alla profondità stessa del suo Mistero pasquale.


3. Ecco Colui, che "pur essendo di natura divina... spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini" (Ph 2,6): simile a tutti e a ciascuno, specialmente a coloro che toccano il fondo stesso del dolore. E' proprio così: mediante ciò che è più difficile e duro nella nostra condizione umana, Lui, Cristo - "pur essendo di natura divina" - in quanto Figlio consustanziale al Padre - Lui, Cristo, "umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,6-8). "Per questo Dio l'ha esaltato..." (Ph 2,9). Il Padre ha esaltato il Figlio.


4. Giovani del mondo intero, questo giorno è il vostro giorno! Giorno da voi scelto per entrare più profondamente nel nucleo del mistero della salvezza, intimamente iscritto nella vita dell'essere umano. E' con tale mistero che ciascuno di noi deve stringere una particolare alleanza di cuore, di preghiera e di vita. Da esso - dal mistero della Redenzione di Cristo - sgorgano le più feconde sorgenti della vita e della vocazione dell'uomo. E' qui che le parole, scelte come pensiero guida della Giornata Mondiale dei Giovani, trovano il loro più sicuro ancoraggio: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10). Quando, in profondo raccoglimento, rileggiamo il testo della Lettera di san Paolo proclamato nella liturgia odierna, - le parole cioè sull'umiliazione di Cristo e sulla sua esaltazione da parte del Padre - ritorna alla mente quanto Egli, il Cristo, ebbe a dire di se stesso, nella parabola del buon Pastore che dà la vita per il suo gregge. "Il Padre mi ama - afferma Gesù - perché io offro la mia vita... Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo" (Jn 10,17-18). Ci troviamo nel cuore stesso del "mistero del Dono": dono gratuito, dono che rende la testimonianza più perfetta alla libertà, dono che costituisce la rivelazione dell'amore pieno che redime e salva. Chi ha fatto di se stesso un tale dono, ha potuto anche dire: "Io sono venuto perché abbiate la vita, ... perché l'abbiate in abbondanza". La pienezza della vita è là dove è la pienezza dell'amore. E dov'è la pienezza dell'amore? Cristo ci ha appunto rivelato tale pienezza, pienezza che ci ha donato e continuamente ci dona: pienezza inesauribile.


5. Un anno fa, in piazza San Pietro si sono incontrati rappresentanti dei giovani d'ogni parte del mondo. Quelli venuti dall'Europa, precisamente dalla Polonia, hanno portato da Jasna Gora in Czestochowa, dove si è svolto l'ultimo raduno mondiale, una Croce "pellegrina", segno delle giornate della Gioventù, per consegnarla ai giovani provenienti dagli Stati Uniti d'America, dato che li, a Denver, nel Colorado, si terrà il prossimo raduno mondiale.

Sii benedetta, Croce pellegrinante con i giovani attraverso paesi e continenti! Sii benedetto, Segno della nostra redenzione. Segno dell'amore infinito. Segno della vita.

In te adoriamo Colui che entra trionfante in Gerusalemme, per introdurre l'umanità intera, - soprattutto i giovani - nel mistero salvifico della sua morte e risurrezione.

Adoriamo Te, che vieni a noi nel Vangelo e nell'Eucaristia, che cammini insieme con noi attraverso paesi e continenti, perché "abbiamo la vita e l'abbiamo in abbondanza".

Data: 1993-04-04 Data estesa: Domenica 4 Aprile 1993

Preghiera mariana al termine della messa - Città del Vaticano (Roma)

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Celebriamo oggi la Giornata mondiale della Gioventù. I giovani avvertono un bisogno prepotente di vita e questa domenica interpreta splendidamente il loro anelito, non solo perché rievoca la gioia festosa degli abitanti e dei pellegrini di Gerusalemme per l'ingresso messianico del Redentore, ma soprattutto perché costituisce la porta d'ingresso nella grande celebrazione della vita che è la Pasqua.

Carissimi giovani, l'odierna domenica, giorno di gioia e insieme di dolore, ricorda con chiarezza che il cammino verso la vita vera esige il coraggio di morire a se stessi, abbandonando i sentieri del peccato per percorrere la strada stretta del Vangelo. Tale esigente itinerario dello spirito è simboleggiato dal pellegrinaggio ideale che stiamo compiendo verso l'Incontro mondiale della Gioventù, in programma a Denver, negli Stati Uniti, dal 12 al 15 agosto.


2. Desidero invitare i giovani di ogni paese alla grande festa della Gioventù che avrà luogo a Denver, ma soprattutto spero di vedere là molti giovani provenienti da tutto il continente americano. Sto facendo questo invito in unione con il card.

Eduardo Pironio, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, che, insieme con l'arcivescovo Francis Stafford, sta presiedendo oggi a Denver le celebrazioni per la Domenica delle Palme. Faccio questo invito in unione con i vescovi di tutte le diocesi degli Stati Uniti, che ringrazio pei tutto ciò che stanno facendo per preparare questo avvenimento che, sono sicuro, segnerà una tappa importante del viaggio verso la nuova evangelizzazione.

Giovani d'America e del mondo, Cristo vi attende a Denver. Li, nelle Montagne Rocciose del Colorado, rivivremo le positive esperienze di Roma, Buenos Aires, Santiago di Compostela e Czestochowa. Seguendo la Croce "pellegrina", il simbolo della Giornata Mondiale della Gioventù, andremo in cerca di Dio, per trovarlo nel cuore di una città moderna, per riconoscerlo in tanti giovani pieni di speranza, per sentire il soffio dello Spirito Santo tra tante razze e culture differenti, tutti uniti nel riconoscere Cristo come la via, la verità e la vita di ogni essere umano. Con grande gioia attendo con ansia quell'importante mostra di fede e giovanilità. Profondamente desidero incontrare ciascuno di voi.


3. Do appuntamento a tutti per il mese di agosto a Denver, luogo in cui celebreremo anche il V Centenario dell'arrivo del Vangelo nel Continente americano. Insieme riaffermeremo il nostro deciso "si" a Cristo e alla sua Chiesa; insieme proclameremo con gioiosa audacia la nostra comune fede; insieme guarderemo al mondo per essere segno e promessa di rinnovata unità.

Alle soglie, ormai, del terzo millennio, Cristo vuole essere ancora, per tutti i popoli dell'America e per il mondo intero, il Dio della vita. A voi giovani si chiede di essere gli apostoli della speranza evangelica, a voi, durante le celebrazioni di Denver, consegnero la fiaccola della nuova evangelizzazione.


4. Oggi, celebriamo la Giornata Mondiale della Gioventù: rivolgo un saluto cordiale a tutti i giovani e li invito a prepararsi al grande incontro di Denver, nel prossimo mese di agosto. Cari giovani, accogliete Cristo che è "la Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6) per portare il suo messaggio al mondo, alle soglie del terzo millennio.


5. Rivolgo un cordiale saluto di benvenuto a tutti i pellegrini, in particolare ai giovani dei paesi di lingua tedesca. Celebrare insieme la settimana santa e la festa della risurrezione di nostro Signore possa renderci di nuovo coscienti che Cristo è per tutti gli uomini la Via, la Verità e la Vita. Cercate nella vostra vita di dare un esempio convincente del fatto che Cristo è figlio di Dio e di essere veri portatori di speranza della nuova evangelizzazione. Spero di poter salutare tutti voi al grande incontro mondiale della gioventù che si terrà nell'agosto di quest'anno a Denver.

[Dopo aver salutato i suoi connazionali polacchi, il Papa ha così proseguito:]


6. La Vergine, Stella dell'evangelizzazione, ci guidi verso questo provvidenziale raduno mondiale dei giovani. Chiediamo a lei di tenerci per mano e di ottenerci fin d'ora una rinnovata gioia pasquale. Domandiamole di far si che Denver rappresenti l'occasione di un incontro privilegiato di Cristo con gli uomini del nostro tempo, soprattutto con i giovani che sono l'avvenire dell'umanità.

[Traduzione dall'inglese, spagnolo, francese e tedesco]

Data: 1993-04-04 Data estesa: Domenica 4 Aprile 1993

Concistoro per due cause di canonizzazione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La perfetta unione con Cristo, cioè la santità

Esultanti per l'avvicinarsi delle feste pasquali, con particolare gioia siamo qui convenuti a questo illustre Collegio; e mentre ringrazio grandemente e volentieri ciascuno di voi per l'aiuto che mi portate nel governo della Chiesa universale, vi porgo, venerabili e dilettissimi fratelli, il mio saluto più vivo nel Signore.

Come ben sapete, per antichissima consuetudine dei nostri predecessori e norma di questa Sede Apostolica, quest'opera coadiutrice, che i padri cardinali prestano al Supremo Pastore della Chiesa, si attua specialmente nei Concistori ordinari o straordinari. Oggi, celebrando il rito solenne del Concistoro ordinario, siamo chiamati a esprimere liberamente il nostro voto su alcune proposte di canonizzazione. Veramente Cristo, nel corso dei secoli, suscita uomini e donne sempre nuovi, che mostrano in qual modo, attraverso le vicende del mondo, secondo lo stato e la condizione propria di ciascuno, si possa giungere alla perfetta unione con lui, cioè alla santità.

Vogliate perciò trattare, con attenzione e intima consapevolezza dei vostri doveri, questo importante affare della Chiesa, che riguarda la canonizzazione di due sacerdoti, i cui processi canonici si sono felicemente conclusi. Il primo, il venerabile servo di Dio Giovanni Sarkander, parroco nella diocesi di Olomuc, nel secolo XVI diede chiara testimonianza di vera fede; l'altro, il venerabile servo di Dio, Enrico de Osso y Cervello, presbitero della diocesi di Dertosa, fondo la Compagnia di Santa Teresa di Gesù.

Già conoscete in sintesi la loro vita, le loro opere e virtù, e avete anche dato la vostra risposta. Rimangono ancora da trattare alcune questioni che sono di competenza del Collegio dei cardinali di Santa Romana Chiesa.

Assista queste cause, e tutte le nostre opere e iniziative la beatissima Vergine Maria, che ha a cuore, con la sua carità materna, i fratelli del Figlio suo ancora pellegrini sulla terra, e li aiuti nel mettere in pratica il precetto che Cristo diede nella sua passione, prima di risorgere: "Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato" (Jn 13,14).

[Traduzione dal latino]

Data: 1993-04-05 Data estesa: Lunedi 5 Aprile 1993




In occasione del 50° del primo trasporto degli zingari ad Auschwitz-Birkenau - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera del Papa al Vescovo di Bielsko-Zywiec

Cara Eccellenza, Nei giorni 24-25 aprile, c.a., si svolgeranno - per iniziativa dell'Associazione dei Rom in Polonia - le celebrazioni del 50 anniversario dell'arrivo del primo trasporto di zingari nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, avvenuto nel febbraio 1943. Fu l'inizio di una fase decisiva dello sterminio della popolazione zingara, pianificato dai nazisti.

Ecco, dopo 50 anni da quella tragica data, gli zingari si raduneranno nel campo di Auschwitz, su quel "Golgota dei nostri tempi", per venerare la memoria dei loro fratelli e sorelle uccisi li e in molti altri luoghi di sterminio, in nome di una folle ideologia dell'odio e del disprezzo dell'uomo.

Auschwitz costituisce per noi, uomini del XX secolo, un ammonimento sempre attuale, è un grido drammatico per il rispetto della dignità e degli irrinunciabili diritti sia dei singoli esseri umani che delle intere nazioni.

Questo bisogna ricordare, soprattutto oggi, quando nel cuore stesso dell'Europa, esplodono di nuovo focolai di discriminazione e di odio su base etnica, che generano prepotenza, violenza e spargimento di sangue innocente.

Insieme con tutti i partecipanti alle celebrazioni di Oswiecim, con profonda commozione e venerazione, mi inginocchio su quella terra che nasconde in sé le ceneri delle vittime del genocidio nazista, ricordando in maniera particolare la tragica sorte di Fratelli e Sorelle Zingari, prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. L'ho fatto diverse volte quale Metropolita di Cracovia, oggi lo faccio come Papa.

In questa occasione desidero pronunciare le parole di solidarietà cristiana verso tutto il popolo dei Rom - così dolorosamente provato durante la seconda guerra mondiale - popolo che, purtroppo, anche oggi, in vari paesi, diventa oggetto di pregiudizi, di atti di intolleranza, nonché, addirittura, di palese discriminazione, pur possedendo un innegabile diritto ad un posto degno nella vita sociale e alla sua identità socio-culturale.

Innanzitutto, pero, mi unisco spiritualmente alla preghiera comune, che avrà luogo a Oswiecim, nella chiesa di San Massimiliano Maria Kolbe. Sarà quella la preghiera per le vittime del genocidio. Desidero che, in questa occasione, non vengano dimenticate anche le vittime della guerra nei Balcani, tuttora in corso, guerra che agli occhi di tutto il mondo miete vittime in maniera così sanguinosa e crudele.

Testimone e guida particolare di tale preghiera sarà San Massimiliano, martire di Auschwitz. Lui, mediante il suo atto eroico di amore del prossimo, non cessa di incoraggiarci tutti: "Vinci con il bene il male" (Rm 12,21). In queste parole di San Paolo, che Massimiliano rese motto della sua vita, si trova il messaggio più profondo dell'anniversario che viene celebrato.

Cara Eccellenza, la prego di voler trasmettere il contenuto di questa lettera ai partecipanti alle celebrazioni di Oswiecim, insieme con la mia cordiale benedizione a tutto il popolo dei Rom in Polonia e nel mondo.

Data: 1993-04-07 Data estesa: Mercoledi 7 Aprile 1993

Lettera ai sacerdoti in occasione del Giovedi Santo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ringraziamo per il dono del nuovo "Catechismo"

"Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre" (He 13,8).

Cari fratelli nel Sacerdozio di Cristo!


1. Mentre oggi ci incontriamo presso le tante Cattedre vescovili del mondo - i componenti delle comunità presbiterali di tutte le Chiese insieme con i Pastori delle diocesi - alla nostra mente ritornano con nuova forza le parole su Gesù Cristo, che sono diventate il filo conduttore del 500 anniversario dell'evangelizzazione del Nuovo Mondo. "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre": sono le parole sull'Unico ed Eterno Sacerdote, che "entro una volta per sempre nel santuario... con il proprio sangue, dopo averci ottenuto una redenzione eterna" (He 9,12). Ecco, sono giunti i giorni - il "Triduum Sacrum" della santa liturgia della Chiesa - in cui, con venerazione ed adorazione anche più profonda, rinnoviamo la Pasqua di Cristo, quella "sua ora" (Cfr. Jn 2,4 Jn 13,1) che è la benedetta "pienezza del tempo" (Ga 4,4). Per mezzo dell'Eucaristia, questa "ora" della redenzione di Cristo continua, nella Chiesa, ad essere salvifica, e proprio oggi la Chiesa ricorda la sua istituzione durante l'Ultima Cena. "Non vi lascero orfani, ritornero da voi" (Jn 14,18). "L'ora" del Redentore, "ora" del suo passaggio da questo mondo al Padre, "ora" della quale Egli stesso dice: "Vado, e tornero a voi"! (Jn 14,28). Proprio attraverso il suo "andare pasquale", Egli continuamente viene e continuamente è presente tra noi, nella forza dello Spirito Paraclito. E' presente in modo sacramentale. E' presente per mezzo dell'Eucaristia. E' presente realmente.

Noi, cari Fratelli, abbiamo ricevuto dopo gli Apostoli questo ineffabile dono in modo tale da poter essere i ministri di questo andare di Cristo mediante la Croce e, nello stesso tempo, del suo venire mediante l'Eucaristia. Che cosa è per noi questo Santo Triduo! Che cosa è per noi questo giorno - il giorno dell'Ultima Cena! Siamo ministri del mistero della redenzione del mondo, ministri del Corpo che è stato offerto e del Sangue che è stato versato in remissione dei nostri peccati. Ministri di quel Sacrificio per mezzo del quale Lui, l'Unico, è entrato una volta per sempre nel santuario: "offrendo se stesso senza macchia a Dio, purifica la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente" (Cfr. He 9,14).

Se tutti i giorni della nostra vita sono segnati da questo grande mistero della fede, quello di oggi lo è in modo particolare. Questo è il nostro giorno con Lui.


2. In questo giorno ci ritroviamo insieme, nelle nostre comunità presbiterali, affinché ciascuno possa più profondamente contemplare il mistero di quel Sacramento per mezzo del quale siamo diventati, nella Chiesa, ministri dell'offerta sacerdotale di Cristo. Siamo diventati, nello stesso tempo, servi del sacerdozio regale di tutto il Popolo di Dio, di tutti i battezzati, per annunziare i "magnalia Dei" - le "grandi opere di Dio" (Ac 2,11). E' bene includere, quest'anno, nel nostro ringraziamento un particolare elemento di riconoscenza per il dono del "Catechismo della Chiesa Cattolica". Tale testo, infatti, è anche una risposta alla missione che il Signore ha affidato alla sua Chiesa: custodire il deposito della fede e trasmetterlo integro, con autorevole e affettuosa sollecitudine, alle generazioni che si susseguono. Frutto della feconda collaborazione di tutto l'Episcopato della Chiesa Cattolica, esso viene affidato anzitutto a noi Pastori del Popolo di Dio, per rafforzare i nostri profondi legami di comunione nella medesima fede apostolica. Compendio dell'unica perenne fede cattolica, esso costituisce uno strumento qualificato e autorevole per testimoniare e garantire quell'unità nella fede, per la quale Cristo stesso, all'avvicinarsi della sua "ora", ha rivolto al Padre un'intensa preghiera (Cfr. Jn 17,21-23). Riproponendo i contenuti fondamentali ed essenziali della fede e della morale cattolica, come essi sono creduti, celebrati, vissuti, pregati dalla Chiesa oggi, il Catechismo è un mezzo privilegiato per approfondire la conoscenza dell'inesauribile mistero cristiano, per dare nuovo slancio ad una preghiera intimamente unita a quella di Cristo, per corroborare l'impegno di una coerente testimonianza di vita. Nello stesso tempo, tale Catechismo viene a noi donato come sicuro punto di riferimento per il compimento della missione, affidataci nel sacramento dell'Ordine, di annunziare in nome di Cristo e della Chiesa la "Buona Novella" a tutti gli uomini. Grazie ad esso, possiamo attuare, in maniera sempre rinnovata, il comandamento perenne di Cristo: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20). In tale sintetico compendio del deposito della fede, possiamo infatti trovare una norma autentica e sicura per l'insegnamento della dottrina cattolica, per lo svolgimento dell'attività catechetica presso il Popolo cristiano, per quella nuova evangelizzazione, di cui il mondo di oggi ha immenso bisogno. Cari Sacerdoti, la nostra vita e il nostro ministero diventeranno, di per se stessi, eloquente catechesi per l'intera comunità a noi affidata, se saranno radicati nella Verità che è Cristo. La nostra, allora, non sarà una testimonianza isolata, ma corale, offerta da persone unite nella stessa fede e comunicanti allo stesso calice. E' a questo "contagio" vitale che dobbiamo mirare insieme, in comunione effettiva ed affettiva, per realizzare la "nuova evangelizzazione" che sempre più urge.


3. Riuniti nel Giovedi Santo in tutte le Comunità presbiterali della Chiesa su tutta la terra, ringraziamo per il dono del sacerdozio di Cristo a cui partecipiamo attraverso il sacramento dell'Ordine. In questo ringraziamento vogliamo includere il tema del "Catechismo", perché ciò che contiene e ciò a cui serve è in modo particolare legato con la nostra vita sacerdotale e con il ministero pastorale nella Chiesa.

Ecco - nel cammino verso il Grande Giubileo dell'Anno 2000 - la Chiesa è riuscita ad elaborare, dopo il Concilio Vaticano II, il compendio della dottrina della fede e della morale, della vita sacramentale e della preghiera. Questa sintesi può recare in vari modi sostegno al nostro ministero sacerdotale. può anche illuminare la consapevolezza apostolica dei nostri fratelli e sorelle che, conformemente alla loro vocazione cristiana, desiderano insieme con noi dare testimonianza di quella speranza (Cfr. 1P 3,15), che ci ravviva insieme in Gesù Cristo.

Il Catechismo presenta la "novità del Concilio", collocandola, al tempo stesso, nell'intera Tradizione; è un Catechismo così pieno di quei tesori che troviamo nella Sacra Scrittura e poi nei Padri e Dottori della Chiesa lungo lo spazio dei millenni da permettere a ciascuno di noi di diventare simile a quell'uomo della parabola evangelica "che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52), le antiche e sempre nuove ricchezze del Deposito divino. Ravvivando in noi la grazia del sacramento dell'Ordine, consapevoli di ciò che significa per il nostro ministero sacerdotale il "Catechismo della Chiesa Cattolica", confessiamo con l'adorazione e l'amore Colui che è "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6).

"Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre".

Dal Vaticano, l'8 aprile - Giovedi Santo - dell'anno 1993, quindicesima di Pontificato.

Data: 1993-04-08 Data estesa: Giovedi 8 Aprile 1993

Omelia del Giovedi Santo durante la Messa del Crisma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Veniamo all'altare per riavvivare la grazia ricevuta "per l'impostazione delle mani"!"




1. "Oggi si è adempiuta la Scrittura" (Cfr. Lc 4,21).

Oggi.

Quest'"Oggi" redentore ha una dimensione trinitaria: il "Triduum Sacrum": i tre grandi Giorni in onore dell'impenetrabile mistero di Dio: "Dio... che è, che era, e che viene, l'Onnipotente" (Ap 1,8). Dio: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Triduo messianico del Figlio, diventato uomo per il volere amoroso del Padre, ad opera dello Spirito Santo. Triduum Sacrum. Triduo Sacro di Cristo Gesù, che "ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre" (Ap 1,5-6).

Ci troviamo sulla soglia del Triduum Sacrum.


2. Carissimi, durante questi tre Giorni s'espanderà progressivamente nella Liturgia e nei nostri animi la commovente, sconvolgente verità sul Figlio - Figlio Servo, Servo fattosi per noi obbediente fino alla morte - fino ad una morte terribile, spaventosa come quella di croce (Cfr. Ph 2,8) - morte da cui prenderà inizio l'esaltazione voluta dal Padre: Dio esalterà il Figlio resosi obbediente fino alla morte. Dio esalterà Colui che umilio se stesso dandogli il nome che è al di sopra di ogni altro nome (Cfr. Ph 2,8-9): non c'è altro nome sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati (Cfr. Ac 4,12).

"Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre" (Ph 2,11).

Il nome di Gesù, generato prima di ogni creatura (Cfr. Col 1,15), significa: la gloria di Dio radicata di nuovo in tutto ciò che in Dio ha la sua assoluta origine e il suo ultimo fine. Il nome di Gesù, "primogenito dei morti" (Ap 1,5), significa: risurrezione e vita. Significa potenza. potenza - attraverso la debolezza; vita - attraverso la morte! Ci troviamo sulla soglia di questo mistero che il Triduo Sacro ci ripropone in modo singolare.


3. Come comprendere, come spiegare altrimenti l'odierna liturgia della "Missa Chrismatis"? Chrisma - unzione; L'unzione è simbolo di forza. Questa forza l'uomo la riceve in Cristo crocifisso e risorto. E' forza che ciascuno di noi ottiene nei sacramenti, i quali sono l'azione di Cristo nello Spirito Santo attraverso la Chiesa. Sono l'azione di Cristo che ci ama, di Cristo che "ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue". L'azione di Cristo, "che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre". Siamo oggi qui riuniti in occasione del Giovedi Santo, per ringraziare Cristo, "luce eterna", della nostra peculiare vocazione nel sacramento dell'Ordine. Siamo qui per ringraziare. Siamo per chiedere perdono, per supplicare. Veniamo all'altare per ravvivare la grazia ricevuta "per l'imposizione delle mani"! Rendiamo grazie a Dio per la forza della Redenzione, che Cristo ci ha donato nel sacerdozio: Cristo "primogenito dei morti e principe dei re della terra" (Ap 1,5).

Gesù ha detto: "Vi ho chiamati amici... perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga"! (Jn 15,15-16).

Fratelli carissimi, esiste una forza maggiore di questa divina amicizia? Amen!

Data: 1993-04-08 Data estesa: Giovedi 8 Aprile 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Udienza: al pellegrinaggio della diocesi di Faenza-Modigliana - Città del Vaticano (Roma)