GPII 1993 Insegnamenti - Lettera per il VII centenario del Santuario della Santa Casa di Loreto

Lettera per il VII centenario del Santuario della Santa Casa di Loreto

Al Venerato Fratello Mons. Pasquale Macchi Delegato Pontificio per il Santuario di Loreto


1. La Santa Casa di Loreto, primo Santuario di portata internazionale dedicato alla Vergine e, per diversi secoli, vero cuore mariano della cristianità, ha goduto sempre speciale attenzione da parte dei Romani Pontefici che ne hanno fatto meta frequente del loro pellegrinaggio e oggetto delle loro cure apostoliche. Io stesso, in due occasioni, ho avuto la gioia di potermi raccogliere in preghiera tra le sue mura benedette.

La ricorrenza ormai imminente, secondo l'antica tradizione del VII Centenario di codesto Santuario, intimamente legato alla Sede Apostolica, mi offre l'opportunità di riconfermare la mia profonda devozione verso la Vergine SS.ma, costi e nel mondo cattolico tanto venerata.

Nelle cose della religione, il centenario non è mai un semplice avvenimento cronologico, ma piuttosto un momento di grazia, in cui si fa memoria riconoscente del passato e ci si protende, con rinnovato dinamismo, verso il futuro.

Nel nostro caso, tale scopo è evidenziato dal fatto che il centenario cade in un momento, in cui la cristianità intera si sta preparando a celebrare il secondo millennio della nascita del Salvatore. Maria fu storicamente l'aurora che precedette il sorgere del Sole di giustizia, Cristo nostro Dio; e tale continua ad essere, misticamente, nella vita della Chiesa, ogni volta che si attende una nuova venuta, in grazia, del Signore.

Come, perciò, negli ultimi giorni dell'avvento liturgico, la Chiesa concentra tutta la sua attenzione su Colei, dalla quale nascerà il Salvatore, così il centenario lauretano ci aiuterà a fare lo stesso durante questo "avvento" che ci porterà al Natale del duemila. Maria - ha scritto S. Bernardo - è la "via regia", per la quale Dio è venuto verso di noi e per la quale noi possiamo, ora, andare verso di Lui (Cfr. Discorso I per l'Avvento 5, Opera, ed. Cistercense, Roma, 1966, p. 174). Ella è, dunque, anche la "via regia" per prepararci al grande appuntamento del bimillenario cristiano.


2. La Santa Casa di Loreto non è solo una "reliquia", ma anche una preziosa "icona" concreta. E' nota l'importanza straordinaria che l'icona ha sempre avuto, specie presso i fedeli delle Chiese orientali, come segno attraverso il quale si opera, nella fede, una specie di "contatto spirituale" con il mistero, per usare un'espressione di S. Agostino (Cfr. Sermo 52,6,16 PL 38,360). Essa "significa" la realtà in senso forte in quanto la "rende presente" ed operante. Quanto più una icona è antica ed ha avuto parte alla vita, alle sofferenze ed alle vicende storiche di un popolo o di una città, tanto più è grande la grazia che da essa deriva. Si tratta di qualcosa che trova la sua spiegazione ultima nel mistero della comunione dei Santi.

Come notavo nella mia Enciclica Redemptoris Mater, le icone "sono immagini che attestano la fede e lo spirito di preghiera del buon popolo di Dio, il quale avverte in esse la presenza e la protezione della Vergine" (RMA 33).

Ebbene, tale è anche, in un certo senso, la Santa Casa di Loreto, la cui storia è intimamente intrecciata non solo con quella della regione marchigiana, che ha il privilegio di custodirla, ma anche con quella dell'intera nazione italiana, che ha celebrato costi, nel 1985, come ultimo significativo evento, un importante Convegno ecclesiale, e dell'intera cattolicità, che ha dedicato alla Vergine Lauretana innumerevoli chiese, cappelle, edicole ed immagini. Una icona consacrata dalla fede e dalla devozione di generazioni di pellegrini, che con le loro mani e con le loro ginocchia ne hanno modellato perfino le pietre. Il respiro universale di codesto Santuario è confermato dal fatto che la Vergine Lauretana, proclamata dal mio predecessore, Benedetto XV, Patrona universale dell'aviazione, viene ovunque invocata dai viaggiatori in aereo, in un abbraccio di pace che unisce idealmente tutti i continenti.

Lasciando, perciò, come è doveroso, piena libertà alla ricerca storica di indagare sull'origine del Santuario e della tradizione lauretana, possiamo afferrnare, a buon diritto, che l'importanza del Santuario stesso non si misura solo in base a ciò, da cui ha tratto origine, ma anche in base a ciò che esso ha prodotto. E' il criterio che ci dà Cristo stesso, quando invita i suoi discepoli a giudicare ogni albero dai suoi frutti (Cfr. Mt 7,16).


3. La Santa Casa di Loreto è "icona" non di astratte verità, ma di un evento e di un mistero: l'Incarnazione del Verbo. E' sempre con profonda commozione che, entrando nel venerato sacello, si leggono le parole poste sopra l'altare: "Hic Verbum caro factum est": Qui il Verbo si è fatto carne. L'Incarnazione, che si ricorda dentro codeste sacre mura, riacquista di colpo il suo genuino significato biblico; non si tratta di una mera dottrina sull'unione tra il divino e l'umano ma, piuttosto, di un avvenimento accaduto in un punto preciso del tempo e dello spazio, come mettono meravigliosamente in luce le parole dell'Apostolo: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando il suo Figlio, nato da donna" (Ga 4,4).

Maria è la Donna, è, per così dire, lo "spazio" fisico e spirituale insieme, in cui è avvenuta l'Incarnazione. Ma anche la Casa in cui Ella visse costituisce un richiamo quasi plastico a tale concretezza. "A Loreto - come ebbi a dire nella festa dell'Immacolata di qualche anno fa, durante la recita dell'Angelus - si medita e si riscopre la nascita di Cristo, il Verbo divino, e la sua vita terrena, umile e nascosta per noi e con noi; a Loreto la realtà misteriosa del Natale e della Santa Famiglia diventa, in qualche modo, palpabile, si fa esperienza personale, commovente e trasformante" (Angelus dell'8 dicembre 1987).

Il mistero dell'Incarnazione si compi attraverso alcuni "momenti" che racchiudono, a loro volta, i grandi messaggi che il Santuario lauretano è chiamato a tener vivi nella Chiesa. Essi sono:

-1. il saluto dell'angelo, cioè l'annunciazione

-2. Ia risposta di fede, il "fiat" di Maria e


3. l'evento sublime del Verbo che si fa carne.

Possiamo riassumerli con tre parole: grazia, fede e salvezza, che sono le stesse usate dall'Apostolo per descrivere il mistero cristiano: "Per grazia siete salvi, mediante la fede" (Ep 2,8). La pietà cristiana ha mirabilmente espresso questi tre momenti nella preghiera dell'Angelus, che possiamo considerare, per il suo contenuto, come la preghiera lauretana per eccellenza: "L'angelo del Signore porto l'annuncio a Maria...", "Eccomi, sono l'ancella del Signore...", "E il Verbo si è fatto carne...".


4. Il racconto dell'Annunciazione, con al vertice la grande parola "piena di grazia" (kecharitoméne), proclama la verità fondamentale che all'inizio di tutto, nei rapporti tra Dio e la creatura, c'è il dono gratuito, la libera e sovrana elezione di Dio, tutto ciò insomma che nel linguaggio della Bibbia è racchiuso nel termine "grazia". La grazia di Dio è la spiegazione ultima di tutta la grandezza di Maria e, dietro di lei, del suo castissimo sposo San Giuseppe e della Chiesa intera. La grazia che Maria ha ricevuto non è soltanto qualcosa di intenzionale, una benevola disposizione di Dio nei suoi riguardi, ma è qualcosa di reale, è la "gratia Christi" a lei accordata in anticipo in virtù dei meriti della morte del Figlio. E', in definitiva, lo stesso Spirito Santo. Dire, dunque, di lei che è "piena di grazia" equivale a dire che è piena di Spirito Santo.

La Santa Casa di Loreto, dove ancora risuona per così dire, il saluto "Ave, piena di grazia", è dunque un luogo privilegiato, non solo per meditare sulla grazia, ma anche per riceverla incrementarla, ritrovarla, se persa, mediante i sacramenti. Soprattutto il sacramento della riconciliazione, che ha avuto sempre un posto così rilevante nella vita di codesto Santuario.


5. Il secondo momento del mistero dell'Incarnazione è, come accennavo sopra, il momento del "fiat", cioè della fede: "Allora Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). E' certamente riferendosi a questo momento che Elisabetta, di li a poco, proclama Maria "beata" per aver creduto (Cfr. Lc 1,45). Il Concilio Vaticano II ci insegna a vedere nella fede, - più ancora che nei suoi privilegi, la vera grandezza della Madre di Dio.

Ella fu la prima credente della nuova alleanza, colei che "avanzo nella peregrinazione della fede" (LG 58). Grazie alla sua fede Maria, come dice S. Agostino, concepi il Cristo "nella sua mente, prima ancora che nel suo corpo" (Sermo 215,4, PL 38,1074).

Il secondo messaggio che risuona tra le mura della Santa Casa è, dunque, quello della fede. A Loreto si è come contagiati dalla fede di Maria. Una fede che non è solo assenso della mente a verità rivelate, ma anche obbedienza, accettazione gioiosa di Dio nella propria vita, un "si" pieno e generoso al suo disegno.

Notavo nella Redemptoris Mater come la fede di Maria continua a trasmettersi in mezzo al popolo cristiano anche "mediante la forza attrattiva e irradiante dei grandi Santuari, nei quali non solo individui o gruppi locali, ma, a volte, intere nazioni e continenti cercano l'incontro con la Madre del Signore, con Colei che è beata perché ha creduto" (n. 28). E questo si applica in modo del tutto singolare al Santuario di Loreto. Non si contano le anime di semplici fedeli e di Santi canonizzati dalla Chiesa che tra le pareti del sacello lauretano hanno avuto la loro "annunciazione" cioè la rivelazione del progetto di Dio sulla loro vita, e, sulla scia di Maria, hanno pronunciato ii loro "fiat" e il loro "eccomi!" definitivo a Dio.

S. Leone Magno diceva che "i figli della Chiesa sono stati generati con Cristo nella sua nascita" (Sermo VI,2; PL 54,213) e la "Lumen Gentium" afferma, a sua volta, che Maria "è veramente madre delle membra di Cristo, perché coopero con la carità alla nascita dei fedeli della Chiesa, i quali di quel capo sono le membra" (LG 53). Questo viene a dire che il "si" di Maria fu, in qualche modo, anche un "si" detto a noi. Concependo il capo, Ella "concepiva", cioè, alla lettera "accoglieva insieme con lui", almeno oggettivamente, anche noi, che siamo le sue membra. In questa luce la Santa Casa nazaretana ci appare come la Casa comune nella quale, misteriosamente, anche noi siamo stati concepiti. Di essa si può dire ciò che un salmo dice di Sion: "Tutti là sono nati" (Ps 87,2).


6. Il terzo momento è, infine, quello dell'Incarnazione del Verbo, cioè della venuta tra noi della salvezza. La preghiera dell'Angelus lo rievoca con le parole sublimi del prologo: "E il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi". Accogliendo con fede la grazia, Maria divenne vera Madre di Dio e figura della Chiesa. "Ogni anima che crede - scrive infatti S. Ambrogio - concepisce e genera il Verbo di Dio... Se, secondo la carne, una sola è la Madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo quando accolgono la parola di Dio" (Esposizione del Vangelo di Luca, II,26, CSEL, 32,4, p. 164).

Qual è, a questo proposito, il messaggio che la Santa Casa di Loreto, quale "Santuario dell'Incarnazione", deve contribuire a diffondere nel mondo? Essa ci richiama alla mente la salvezza nel suo "stato nascente" che è sempre, come si sa, il più carico di suggestione; rende in qualche modo "presente" quell'istante unico nella storia in cui la grande novità fece la sua irruzione nel mondo. Essa aiuta, perciò, a ritrovare, ogni volta, lo stupore, l'adorazione, il silenzio necessari davanti a tanto mistero. Aiuta a far si che l'evento del bimillenario cristiano, che ci apprestiamo a celebrare, sia l'occasione per riscoprire l'immenso significato che l'Incarnazione del Verbo ha per la fede e la vita dei cristiani. Lo stesso contrasto, che si nota a Loreto, tra la povertà e la nudità delle pareti interne della Santa Casa e il suo splendido rivestimento marmoreo, quante cose ci aiuta a capire del mistero dell'Incarnazione! "Gesù Cristo, da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" (2Co 8,9). Nulla esprime meglio la trascendente grandezza delle opere divine quanto la rinuncia e l'assenza di ogni grandezza e apparenza umana. La nudità della Santa Casa di Nazareth annuncia la nudità della croce ed il mistero dell'Incarnazione contiene già "in nuce" il mistero pasquale. Si tratta dello stesso mistero di "spogliazione" e di "kenosi", nel quale Maria è stata intimamente associata al Figlio (Cfr. RMA 17).

Un aspetto che deve essere tenuto particolarmente vivo nel Santuario lauretano è quello che riguarda il ruolo dello Spirito Santo negli inizi della salvezza. Grazie ad esso, se da una parte l'Incarnazione annuncia il mistero pasquale, dall'altra prelude già alla Pentecoste. Parlando della fine del secondo millennio, nella mia Enciclica Dominum et vivificantem, scrivevo: "La Chiesa non può prepararsi ad esso in nessun altro modo, se non nello Spirito Santo... Ciò che nella pienezza del tempo si è compiuto per opera dello Spirito Santo, solo per opera sua può ora emergere alla memoria della Chiesa" (DEV 51). E dove si potrebbe parlare con più efficacia del ruolo dello Spirito Santo, "datore di vita", se non nel Santuario lauretano, che ricorda il momento e il luogo in cui Egli compi la suprema delle sue operazioni "vivificanti", dando vita, nel seno di Maria, all'umanità del Salvatore?


7. Ciò che abbiamo detto ci aiuta a vedere più chiaramente quale potrebbe essere la funzione dei grandi Santuari, particolarmente quello di Loreto, nel nuovo contesto religioso di oggi: non luoghi del marginale e dell'accessorio ma, al contrario, luoghi dell'essenziale, luoghi, dove si va per ottenere "la grazia", prima ancora che "le grazie". Oggi è necessario, per rispondere alle nuove sfide della secolarizzazione, che i Santuari siano luoghi di evangelizzazione, vere e proprie cittadelle della fede, nel senso globale che questa parola aveva sulla bocca di Gesù quando diceva: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15). "Si potrebbe forse parlare - scrivevo sempre nella Redemptoris Mater - di una specifica "geografia" della fede e della pietà mariana, che comprende tutti questi luoghi di particolare pellegrinaggio del popolo di Dio" (RMA 28).

E' noto il ruolo determinante che svolsero nella prima evangelizzazione dell'Europa alcuni grandi monasteri, quali centri di spiritualità e veri campi-base nel cammino della fede. I grandi Santuari - divenuti oggi, anche grazie all'accresciuta mobilità umana, luoghi di più grande concorso di popolo - sono chiamati ad assolvere una funzione analoga, in vista della nuova ondata di evangelizzazione, di cui avvertiamo tanto urgente il bisogno per l'Europa e per il mondo. Occorre l'opera sapiente e zelante delle persone poste a servizio dei Santuari e di quelle che accompagnano spiritualmente i pellegrini. Per questo non si raccomanda mai abbastanza la necessità di una adeguata pastorale, aperta alle grandi sfide del mondo e ai segni dei tempi, ispirata alle direttive conciliari e del magistero più recente della Chiesa, soprattutto per quanto riguarda l'efficace amministrazione dei sacramenti e la centralità della Parola di Dio. Quante persone si sono recate ad un Santuario per curiosità, come visitatori, e sono tornate alle loro case trasformate e rinnovate, perché vi hanno ascoltato una parola che le ha illuminate! Vale in modo tutto particolare per i Santuari ciò che Dio dice per mezzo del profeta: "Il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli" (Is 56,7). L'efficacia dei Santuari si misurerà sempre più dalla capacità che essi avranno di rispondere al bisogno crescente che l'uomo sperimenta, nel ritmo frenetico della vita moderna, di un contatto silenzioso e raccolto con Dio e con se stesso. Quale grazia poter fare questo proprio presso la Santa Casa di Nazareth, dove Maria e lo stesso Gesù dedicarono gran parte del loro tempo alla preghiera silenziosa e nascosta.

Mi auguro, dunque, che si avveri sempre più quanto ebbi a dire nell'occasione già ricor

Data: "A Loreto folle innumerevoli, ogni giorno e da tutto il mondo, si accostano al Sacramento della Confessione e dell'Eucaristia e molti si convertono dall'incredulità alla fede, dal peccato alla grazia, dalla tiepidezza e dalla superficialità al fervore spirituale ed all'impegno della testimonianza. Loreto è una sosta di pace per l'anima, è un incontro particolare con Dio; è un rifugio per chi cerca la Verità e il senso della propria vita" (Angelus dell'8 dicembre 1987).


8. Ho detto che i Santuari devono essere sempre più luoghi dell'essenziale, in cui si fa esperienza dell'assoluto di Dio. Ma non per questo in essi saranno dimenticati i problemi quotidiani della vita. Il ricordo della vita nascosta di Nazareth evoca questioni quanto mai concrete e vicine all'esperienza di ogni uomo e di ogni donna. Esso ridesta il senso della santità della famiglia, prospettando di colpo tutto un mondo di valori, oggi così minacciati, quali la fedeltà, il rispetto della vita, l'educazione dei figli, la preghiera, che le famiglie cristiane possono riscoprire dentro le pareti della Santa Casa, prima ed esemplare "chiesa domestica" della storia.

Tornano alla mente qui le parole con cui il mio predecessore Paolo VI espresse quella che chiamo "la lezione di Nazareth": "Nazareth ci insegni che cos'è la famiglia, la sua comunione d'amore, la sua austera e semplice bellezza, il suo carattere sacro ed inviolabile, impariamo da Nazareth come è dolce e insostituibile la formazione che essa dà; impariamo come la sua funzione sia all'origine e alla base della vita sociale" (Discorso di Paolo VI a Nazareth, 5 Gennaio 1964).

La Santa Casa ricorda, in pari tempo, anche la grandezza della vocazione alla vita consacrata e alla verginità per il Regno, la quale ebbe qui la sua gloriosa inaugurazione nella persona di Maria, Vergine e Madre. Ai giovani, poi, che innumerevoli pellegrinano alla Casa della Madre, vorrei ripetere le parole che ho rivolto loro in altra

"Camminate verso Maria, camminate con Maria... Fate riecheggiare nel vostro cuore il suo fiat" (Macerata, 19/6/1993).

Possano i giovani rinnovare, alla luce degli insegnamenti della Casa di Nazareth, il loro impegno nel laicato cattolico onde riportare Cristo nei cuori, nelle famiglie, nella cultura e nella società (Cfr. ).

Il giusto sforzo dei nostri tempi per riconoscere alla donna il posto che le compete nella Chiesa e nella società trova anch'esso qui un'occasione quanto mai adatta di approfondimento. Per il fatto che Dio "mando il suo Figlio nato da donna" (Ga 4,4), ogni donna è stata elevata, in Maria, ad una dignità tale che non se ne può concepire una maggiore (Cfr. MD 3-5).

Nessuna considerazione teorica, poi, potrà mai esaltare la dignità del lavoro umano quanto il semplice fatto che il Figlio di Dio ha lavorato a Nazareth ed ha voluto essere chiamato "figlio del falegname" (Cfr. Mt 13,55). Il lavoratore cristiano che ripensa la sua vocazione all'ombra della Santa Casa scopre anche un'altra importante verità: che il lavoro non solo nobilita l'uomo e lo rende partecipe dell'opera creatrice di Dio, ma può essere altresi un'autentica via per realizzare la propria fondamentale vocazione alla santità (Cfr. LE 24-27).

Infine, come non accennare alla "scelta dei poveri" che la Chiesa ha fatto nel Concilio (Cfr. LG 8) e ribadito sempre più chiaramente in seguito? Le austere e umili pareti della Santa Casa ci ricordano visivamente che è Dio stesso che ha inaugurato questa scelta in Maria, la quale, come dice un bel testo conciliare, "primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, che con fiducia attendono e ricevono da Lui la salvezza" (LG 20).

Sempre a proposito di questo tema della povertà e della sofferenza, un posto privilegiato hanno avuto nella storia del Santuario i malati che furono tra i primi ad accorrere pellegrini alla Santa Casa e a diffondere la sua fama tra le genti. Anche oggi la loro presenza, specie nel cosiddetto "treno blanco", è quella che fa vivere al Santuario alcuni momenti vibranti di fede e di intensa devozione.

Dove potrebbero essi, del resto, essere accolti meglio, se non nella casa di Colei che proprio le "litanie lauretane" ci fanno invocare come "salute degli infermi" e "consolatrice degli afflitti"? Accanto a Maria, il credente scopre che "soffrire significa diventare particolarrnente suscettibili, particolarmente sensibili all'opera delle forze salvifiche di Dio offerte all'umanità in Cristo" (Salvifici Doloris, 23).


9. Faccio voti affinché il glorioso Santuario della Santa Casa, che ha avuto una parte così attiva nella vita del popolo cristiano per quasi tutto il corso del secondo millennio che sta per concludersi, possa averne una altrettanto significativa nel corso del terzo millennio che è alle porte continuando ad essere, come per il passato, uno dei pulpiti mariani più alti della cristianità. "Possa questo Santuario di Loreto - come ebbe a dire il mio predecessore Giovanni XXIII durante la sua storica visita - essere sempre come una finestra aperta sul mondo, a richiamo di voci arcane, annunzianti la santificazione delle anime, delle famiglie, dei popoli" (Acta Apostolicae Sedis, 54 [1962], 726).

La Vergine Lauretana dall'alto del suo colle benedica e soccorra tutti i popoli, in particolare quelli che, sull'altra sponda dell'Adriatico, dove è così viva la tradizione lauretana, sono oggi così provati da guerre fratricide! Possa, infine, accogliere sotto il suo manto tutti i cristiani in un gesto materno, ravvivando la nativa vocazione ecumenica di codesto Santuario, che ha radici, secondo la tradizione lauretana, nell'Oriente cristiano.

Nel significarle che intendo anche concedere una speciale indulgenza, a determinate condizioni, a quanti visiteranno codesto Santuario nel corso dell'anno celebrativo del centenario, ben volentieri imparto a lei, venerato fratello, ai membri della Delegazione Pontificia e della Comunità dei Padri Cappuccini, alla città di Loreto ed a tutti i pellegrini che visiteranno o prenderanno parte alle celebrazioni giubilari una particolare Benedizione Apostolica, in pegno di abbondanti grazie celesti.

Dal Vaticano, 15 Agosto, Solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria, dell'anno 1993, 15° di Pontificato.

Data: 1993-08-15 Data estesa: Domenica 15 Agosto 1993




Lettera al Cardinale Sodano per il VI Simposio internazionale sul Patrono della Chiesa universale

Titolo: San Giuseppe: modello di "uomo di fede" di "uomo del lavoro", di "sposo e padre"

Signor Cardinale, Ho appreso con gioia che, nel prossirno mese di settembre, si terrà in Roma un Simposio internazionale su San Giuseppe per studiare, nella scia di altri simili incontri svoltisi in questi anni, gli aspetti dottrinali, liturgici, spirituali, storici, artistici e pastorali della devozione a colui che Pio IX proclamo Patrono della Chiesa universale.

Lo Sposo della Vergine Maria fu chiamato a partecipare con un ruolo specialissimo al mistero dell'Incarnazione del Verbo (Cfr. Redemptoris Custos, 1).

Pertanto, come non si potrebbe parlare di Gesù senza far riferimento alla sua Santissima Madre, così non si può accennare a Gesù ed a Maria senza ricordare colui che, mediante un'autentica, anche se del tutto singolare, forma di "paternità", ebbe il compito di esercitare il ruolo di "padre" presso lo stesso Figlio di Dio (LE 21).

Nell'Esortazione Apostolica Redemptoris Custos del 1989, a cento anni dall'Enciclica Quamquam pluries di Papa Leone XIII, ho avuto anch'io modo di sottolineare il singolare compito affidato dalla Provvidenza a San Giuseppe nel piano della salvezza. E sono lieto che qualificati Simposi, come quello presente, mirino sia ad approfondire il messaggio biblico su di lui, sia ad esplorare il "sensus fidei" del popolo cristiano, quasi ponendosi in ascolto di ciò che lo Spirito Santo, nel corso dei secoli, continua a suggerire alle anime docili alla sua azione, proponendo il Custode del Redentore come patrono e modello dei credenti.

Il Vangelo lo presenta come uomo "giusto" (Cfr. Mt 1,19), chiamato con Maria ad intraprendere un difficile pellegrinaggio di fede, tra parole spesso oscure per l'intelligenza ed eventi che non di rado sembravano andar contro ogni logica e sicurezza umana. Non è forse questa "oscurità" la condizione permanente della fede? E' proprio della fede intrepida di San Giuseppe che la Chiesa ha bisogno oggi per dedicarsi coraggiosamente al compito urgente della nuova evangelizzazione.

San Giuseppe è, inoltre, l'"uomo del lavoro" ed ai nostri giorni il lavoro è più che mai al centro della vita personale e sociale, costituendo anzi la "chiave" della questione sociale (Cfr. LE 3).

Che dire, infine, dell'esempio che Giuseppe offre alle famiglie cristiane? La proclamazione da parte delle Nazioni Unite del 1994 come Anno Internazionale della Famiglia mostra quanto nell'odierna società si avverta la preoccupazione di restituire al nucleo familiare il suo pieno valore. Non v'è dubbio che proprio nella casa di Nazareth, in cui Giuseppe visse la sua singolare vocazione di "sposo" e di "padre", il disegno di Dio sulla famiglia risplenda in tutta la sua luce.

San Giuseppe ci appare, pertanto, quale modello di "uomo di fede", di "uomo del lavoro" e di "sposo e padre".

Auspico di cuore che i lavori del prossimo Simposio Internazionale possano contribuire a mettere sempre più in luce l'attualità del suo esempio per i nostri contemporanei sottolineando particolarmente quella sua tipica soprannaturale "contemplazione", silenziosa ed operosa, che dà senso e sapore alla vita umana.

Nell'assicurare il mio ricordo nella preghiera per Lei, Signor Cardinale, e per quanti prenderanno parte al Convegno, recandovi il loro apporto di teologi, storici, esegeti, studiosi dell'arte e della santità oltre che di sinceri devoti del Custode del Redentore, a tutti imparto di cuore l'Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 21 Agosto 1993.

Data: 1993-08-21 Data estesa: Sabato 21 Agosto 1993




Recita dell'Angelus a Castel Gandolfo - Roma

Titolo: Uniti nell'adesione a ciò che è essenziale

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Attuando un desiderio da lungo tempo coltivato, all'inizio di settembre mi rechero in Lituania, Lettonia ed Estonia, tre illustri Nazioni della regione baltica. Avro così modo di rendere omaggio a popoli che, tra molteplici prove e sofferenze, hanno lottato per riconquistare la loro libertà. Andro soprattutto come pellegrino sulle orme degli antichi evangelizzatori che in quelle terre hanno seminato a piene mani il Vangelo, dando vita ad una cultura cristiana così profondamente radicata da sopravvivere anche a tremende persecuzioni.

Nel contesto storico dell'Europa cristiana, i Paesi Baltici presentano una caratteristica oggi particolarmente significativa per il futuro della comunità ecclesiale e del nostro Continente. In essi si sono incontrati due itinerari di evangelizzazione: l'uno che partiva da Roma e recava l'impronta del cristianesimo d'occidente; l'altro proveniente da Costantinopoli e recante gli apporti della Chiesa orientale. Queste due tradizioni cristiane, convergenti nei contenuti ma varie nelle espressioni, si possono considerare come due "radici" da cui si è sviluppata l'Europa nella sua dimensione spirituale.

Proprio per sottolineare questo duplice aspetto dell'identità cristiana del nostro Continente, ho voluto proclamare con patroni dell'Europa, insieme con San Benedetto, i due grandi apostoli degli Slavi, San Cirillo e San Metodio.


2. Nel primo millennio cristiano tale "dualità" non si oppose all'unità del popolo di Dio; anzi la alimento ed arricchi. In seguito, tuttavia, a causa dell'umana fragilità e sotto l'urto di complesse circostanze storiche, si è verificata una tragica incrinatura della comunione fra queste due grandi tradizioni, ed ulteriori fratture si sono poi manifestate nel corso dei secoli successivi all'interno della cristianità occidentale. Di tali vicende i Paesi baltici hanno fortemente risentito: i cristiani, che mi sarà dato di incontrare nel prossimo pellegrinaggio apostolico, sono divisi in cattolici, ortodossi e protestanti luterani.

Ma lo Spirito di Dio spinge tutti fortemente verso l'unità. Ne è prova il movimento ecumenico che conta in quei Paesi convinti assertori. Poggiando sull'accorata preghiera di Cristo per l'unità dei suoi discepoli- "ut unum sint"- noi confidiamo che verrà presto il tempo in cui i credenti saranno nuovamente "un cuor solo e un'anima sola" (Ac 4,32), nella ferma adesione a ciò che è essenziale ed insieme nel sincero rispetto per le legittime diversità.


3. La mia visita, assume dunque una dimensione ecumenica. Mai come oggi, specialmente al fine di un più credibile annuncio del Vangelo, è necessario che i discepoli di Cristo siano uniti. Si deve tendere a tale traguardo intensificando il dialogo, tutti ponendosi in docile ascolto della parola di Dio e in costante atteggiamento di conversione sempre più profonda a Cristo che è Via, Verità e Vita. L'unità è un dono dall'Alto, da invocare ardentemente.

A questa preghiera vorrei invitare con affetto ad associarsi i cari Fratelli e Sorelle ortodossi e protestanti. Possa la Vergine Santa, Madre della Chiesa, ottenerci il dono prezioso di una sempre più reale e fattiva comunione fra tutti i cristiani.

[Appello per la pace in Angola e Sudan:] Vorrei ora invitarvi a non dimenticare le popolazioni di due Paesi dell' Africa, che si trovano tuttora in situazioni particolarmente difficili: l'Angola e il Sudan.Le notizie provenienti dall'Angola, dove continuano violenti combattimenti mi muovono ad unirmi al recente messaggio dei Vescovi del Paese che hanno denunciato le tragiche conseguenze di una guerra assurda e disumana. Con loro mi rivolgo alle parti interessate, perché quelle popolazioni possano finalmente vivere in pace e nella libertà.

Con i Vescovi angolani chiedo: "Fratelli perché vi uccidete?". In nome di Dio, vorrei dire a tutti gli angolani: fate tacere le armi e incontratevi per ricercare le vie della riconciliazione. Disponetevi a parlarvi, accettate di darvi la mano: siete figli dello stesso popolo.

Anche in Sudan continua la divisione e l'impietosa lotta armata. I soccorsi umanitari faticano ad arrivare a destinazione e le popolazioni sono in preda alla disperazione.

Le speranze suscitate dall'incontro di Abuja si sono vanificate e le armi hanno ripreso a sparare. E' questa una strada senza uscita che semina morte e maggior povertà.

Vorrei che la mia voce fosse udita da tutti quelli che hanno qualche potere di decisione, perché facciano il possibile per fermare queste guerre orrende. Vorrei che le mie parole avessero la forza di convincere ciascuno di loro che solo la riconciliazione e la pace permetteranno ai loro concittadini di guardare ai futuro con speranza.

Con voi, affido queste intenzioni e questi voti a Maria Regina della Pace: ottenga dal suo Figlio Benedetto dignità e concordia per tutti i popoli dell' Africa! A tutti auguro di cuore: "Grazia e Pace da Dio Padre e da Cristo Gesù" (Tt 1,4)! [Ai pellegrini di lingua francese:] Saluto con gioia tutti i pellegrini di lingua francese che ci hanno raggiunti in questo mezzogiorno. Che Dio vi benedica e vi protegga durante questi giorni di vacanza! [Ai pelegrini di lingua inglese:] Sono lieto di salutare i visitatori di lingua inglese che si sono uniti per la preghiera dell'Angelus. Prego affinché Dio Onnipotente, il cui amore è eterno, conceda la sua abbondante benedizione a tutti voi.

[Ai pellegrini di lingua tedesca:] Per intercessione di Maria possa Dio attraverso questo messaggio della nostra redenzione riempirvi, cari pellegrini e visitatori di lingua tedesca, di forza e speranza. Sia lodato Gesù Cristo! [Ai pellegrini di lingua spagnola:] Desidero salutare affettuosamente i pellegrini dell'America Latina e di Spagna, in modo particolare il gruppo di Portorico.

Vi affido tutti alla materna protezione della Vergine Santissima e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

[Ai pellegrini di lingua portoghese:] Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua portoghese, con particolare riferimento al gruppo proveniente dalla città di Evora. Evora mi ricorda la mia visita al Santuario della Vergine Maria, Patrona del Portogallo, a Vila Vicosa. In questo giorno dedicato alla maestà di Nostra Signora, rinnoviamoLe, insieme, la nostra testimonianza di filiale fiducia e devozione. A tutti voi, alle vostre famiglie e alle vostre terre: salute, pace e grazia del Signore, con la mia Benedizione! [Ai pellegrini italiani:] Saluto con affetto tutti i pellegrini italiani presenti e quanti sono uniti a noi mediante la radio e la televisione, invocando su di loro e sull'Italia intera la materna protezione di Maria Santissima, che oggi ricordiamo come nostra Regina.

Data: 1993-08-22 Data estesa: Domenica 22 Agosto 1993






GPII 1993 Insegnamenti - Lettera per il VII centenario del Santuario della Santa Casa di Loreto