GPII 1993 Insegnamenti - Ai partecipanti ad un Convegno per il Clero - Città del Vaticano (Roma)


1. E' con vivo piacere che vi accolgo in occasione del Convegno promosso dalla Congregazione per il Clero su di un tema particolarmente attuale ed importante per la vita ecclesiale, come è quello delle implicanze del Catechismo della Chiesa Cattolica per la pastorale catechistica in genere e per la redazione dei catechismi locali in specie. Ringrazio il Signor Cardinale José T. Sanchez, Prefetto della Congregazione, per le gentili parole rivoltemi e saluto con affetto i Presidenti delle Commissioni Episcopali per la Catechesi, come pure gli Esperti e i Membri del medesimo Dicastero. In questo tempo pasquale risuonano ancora nel nostro spirito le parole di san Pietro: la pietra scartata dai costruttori "è diventata testata d'angolo. In nessun altro c'è salvezza" (Ac 4,11-12). Gesù Cristo è la salvezza eterna che si è manifestata nella pienezza dei tempi. Egli è la verità che libera; la parola che salva. Per trasmettere a tutti i popoli la buona novella, Egli ha fondato la sua Chiesa con la specifica missione di evangelizzare. Dopo la Pentecoste, la Chiesa ha ottemperato con entusiasmo al mandato del suo divino Fondatore e ha dato inizio alla missione di recare il lieto annuncio della salvezza. Questo è quanto hanno fatto i discepoli del Signore lungo la storia umana. Questo intende fare oggi la Chiesa, impegnata a realizzare, all'inizio del terzo Millennio, la nuova evangelizzazione, utilizzando - a tale scopo - il Catechismo della Chiesa Cattolica, strumento pienamente rispondente ai bisogni dell'epoca attuale.


2. La pubblicazione di tale Catechismo va salutata come una vera grazia del Signore alla vigilia del nuovo Millennio. Nel mondo d'oggi, segnato da preoccupanti processi di secolarizzazione sfocianti spesso nell'ateismo, un mondo nel quale l'accresciuta sete del sacro si manifesta non di rado in forme di soggettivismo o nel pullulare di movimenti religiosi discutibili, si avverte un diffuso bisogno di certezza nella professione della fede e nell'impegno personale di conversione e di vita cristiana. A questo bisogno intende rispondere il recente Catechismo che, per la sua natura di vero e proprio testo catechistico, non mancherà di giovare alla nuova evangelizzazione, presentando integro il messaggio di Cristo, senza mutilazioni o falsificazioni (Cfr. Catechesi Tradendae, CTR 30). La nuova evangelizzazione, la cui sorte è strettamente legata all'impegno catechistico, ha come punto di partenza la certezza che in Cristo si trova un imperscrutabile ricchezza (Cfr. Ep 3,8), che nessuna cultura e nessuna epoca possono esaurire e alla quale gli uomini sono continuamente chiamati ad attingere per orientare la propria esistenza. Tale ricchezza è innanzitutto la persona stessa di Cristo, nel quale abbiamo accesso alla verità su Dio e sull'uomo. Coloro che credono in Lui, a qualsiasi epoca o cultura appartengano, trovano risposta alle domande sempre antiche e sempre nuove che riguardano il mistero dell'esistenza e che sono indelebilmente impresse nel cuore dell'uomo.


3. La nuova evangelizzazione, pertanto, richiede innanzitutto una catechesi che, presentando il piano della salvezza, "sappia chiamare alla conversione" e alla speranza nelle promesse di Dio sulla base della certezza circa la reale risurrezione di Cristo, primo annuncio e radice di ogni evangelizzazione, fondamento di ogni promozione umana, principio di ogni autentica cultura cristiana. E' necessario che i Pastori del popolo di Dio e gli operatori della pastorale prestino un'attenzione speciale alla catechesi, la quale è l'esplicitazione sistematica del primo annuncio evangelico, educazione di coloro che si dispongono a ricevere il Battesimo o a ratificarne gli impegni, iniziazione alla vita della Chiesa e alla concreta testimonianza della carità. La catechesi è dunque un momento di essenziale rilevanza nel progetto ricco e complesso dell'evangelizzazione. Come ho avuto modo di ricordare anche nella Lettera che ho recentemente indirizzato a tutti i Sacerdoti in occasione del Giovedi Santo, nel Catechismo "possiamo trovare una norma autentica e sicura... per lo svolgimento dell'attività catechetica presso il Popolo cristiano, per quella nuova evangelizzazione, di cui il mondo di oggi ha immenso bisogno" (n. 2).


4. La pastorale catechistica trova nel Catechismo della Chiesa Cattolica lo strumento più idoneo in vista della nuova evangelizzazione. E' urgente che ogni catechista, in virtù del suo carisma e del mandato ricevuto dai Pastori, ripeta nelle comunità il compito della Chiesa Maestra, di questa educatrice umile come il suo Signore che conduce pazientemente ogni singolo discepolo ad un progetto di vita, di cui essa non è autrice, ma depositaria e mediatrice. Senza mai dimenticare che è Dio l'educatore del suo popolo, e che è Gesù Cristo l'interiore pedagogo dei suoi seguaci attraverso il dono incessante del suo Spirito, è bene sottolineare un principio che può ispirare l'uso pastorale del Catechismo della Chiesa Cattolica, e che si legge al numero 169 del medesimo CEC 169

"La salvezza viene solo da Dio; ma, poiché riceviamo la vita della fede attraverso la Chiesa, questa è nostra Madre: 'Noi crediamo la Chiesa, come Madre della nostra nuova nascita, e non nella Chiesa come se essa fosse l'autrice della nostra salvezza' (Fausto di Riez, De Spiritu Sancto, 1,2). Essendo nostra Madre, la Chiesa è anche l'educatrice della nostra fede".


5. Il nuovo Catechismo viene dato ai Pastori e ai fedeli perché, come ogni autentico catechismo, serva ad educare alla fede che la Chiesa Cattolica professa e proclama. Esso, pertanto, è un dono per tutti: è rivolto infatti a tutti e si deve fare in modo che giunga a tutti. La straordinaria accoglienza che ha suscitato nel popolo cristiano valga come ulteriore richiamo e incoraggiamento a questo pressante dovere di tutta la Chiesa. Possedendo una sua particolare completezza, tale Catechismo diventa anche "tipico" ed "esemplare" per gli altri catechismi, come testo di riferimento sicuro per l'insegnamento della dottrina cattolica e in modo tutto particolare per l'elaborazione dei catechismi locali.

Esso non può essere considerato solo come uno stadio che precede l'elaborazione dei catechismi locali, ma è destinato a tutti i fedeli che abbiano la capacità di leggerlo, di comprenderlo e di assimilarlo nella loro vita cristiana. In questa prospettiva, esso diviene sostegno e fondamento della redazione di nuovi strumenti catechistici, che tengano conto delle diverse situazioni culturali e insieme custodiscano con ogni cura l'unità della fede e la fedeltà alla dottrina cattolica (Cfr. Fidei Depositum, 4).


6. Il Sinodo del 1977 sulla catechesi ha giustamente affermato che evangelizzare è iniziativa dinamica: si tratta di incarnare il Vangelo nelle culture e di accogliere nel cristianesimo i valori autentici delle stesse culture (Cfr. Messaggio al popolo di Dio, 5). Ciò significa che la catechesi è impegnata a conservare e trasmettere integralmente il depositum fidei contenuto nel Catechismo della Chiesa Cattolica e a diventare fattore attivo nell'inculturazione della fede. Per essere via maestra a tale inculturazione, occorre che la catechesi utilizzi il Catechismo della Chiesa Cattolica alla luce delle verità fondamentali della fede e dei tre grandi misteri della salvezza: il Natale, che mostra il cammino dell'Incarnazione e porta colui che catechizza a condividere la propria vita con colui che viene catechizzato, assumendone tutti i possibili elementi positivi quali storia, costumi, tradizioni e cultura; la Pasqua che, attraverso la sofferenza, porta alla purificazione dai peccati e al riscatto di ogni cultura dalla insensatezza del male e dalla fragilità del limite naturale; la Pentecoste, che, con il dono dello Spirito Santo, rende possibile a tutti comprendere nella propria lingua le meraviglie di Dio, aprendo spazi nuovi di operatività per la fede e per la medesima cultura.


7. E' chiaro che la fede cristiana non si identifica con nessuna determinata cultura, essendone al di sopra, anche se di fatto può incarnarsi nelle varie culture. Questo comporta che in ogni processo catechistico deve essere considerata e accolta l'iniziativa divina, che dona gratuitamente la fede e favorisce l'espressione umana e culturale che la trasmette. Lo Spirito Santo, che "riempie l'universo e, abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce" (Sg 1,7), è colui che incessantemente fa grazia ad ogni cultura di accogliere e vivere il Vangelo.

Incarnare la fede non è soltanto una inevitabile necessità storica, ma anche condizione necessaria perché la fede venga vissuta, approfondita e comunicata.

Tale azione, inoltre, svolge necessariamente nei confronti delle culture una funzione di purificazione. E' proprio della Parola di Dio indicare all'uomo le due vie: quella del bene e quella del male, invitando ad abbandonare l'uomo vecchio per non essere più schiavi del peccato (Cfr. Rm 6,9-11) e a rivestire l'uomo nuovo creato nella santità della verità. Ciò suppone una catechesi capace di leggere in profondità la condizione umana e di discernere evangelicamente, nella prospettiva del Regno di Dio, i pesci buoni dai cattivi (Cfr. Mt 13,48).

In sintesi, l'utilizzazione del Catechismo della Chiesa Cattolica nella catechesi e nei catechismi locali deve essere guidata da questo principio di comunione: "La compatibilità col Vangelo e la comunione con la Chiesa universale" (RMi 54).

Tale principio, che è stato alla base del vostro lavoro di questi giorni, continui a guidarvi anche in futuro, aiutandovi a realizzare un'opera altamente meritevole, qual è quella di offrire ai vostri fedeli strumenti di catechesi adeguati alle esigenze dei tempi e adatti a realizzare quella nuova evangelizzazione che è la sfida di fronte a cui sta la Chiesa intera alla fine di questo Millennio.

Vi accompagni e sostenga in questo fondamentale ed impegnativo compito la mia Benedizione, che imparto con affetto a voi, al vostro lavoro, ed alle Chiese che rappresentate e per le quali spendete generosamente le vostre energie.

Data: 1993-04-29 Data estesa: Giovedi 29 Aprile 1993

Discorso alla redazione del quotidiano cattolico Avvenire - Roma

Titolo: Nel confronto morale e culturale in atto in Italia ad "Avvenire" è richiesto un impegno di lato profilo

Carissimi fratelli e sorelle,


1. Siate i benvenuti in questa casa, dove il Papa vi accoglie come figli carissimi e come collaboratori preziosi, impegnati su una delle frontiere cruciali dell'attività umana. Saluto e ringrazio per le sue gentili parole il Direttore Lino Rizzi; saluto con lui il Vicedirettore Dino Boffo e tutti i giornalisti che, attivi nelle due redazioni di Milano e Roma, confezionano ogni giorno quel bel giornale che è "Avvenire". Saluto la componente del personale amministrativo e quella dei tipografi. Con l'intera compagine aziendale, saluto i membri del Consiglio di Amministrazione che vi accompagnano. Un significato più completo alla vostra visita è dato dalla presenza del Cardinale Camillo Ruini e dell'Arcivescovo Mons. Dionigi Tettamanzi, rispettivamente Presidente e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, che è l'ente promotore e il principale referente di questa provvidenziale impresa editoriale. Un cordialissimo saluto rivolgo anche al caro. Monsignor Ersilio Tonini. Il fatto che a questa udienza vi accompagnino molte delle vostre famiglie è segno importante di una condivisione di impegni e di ideali. Prova inoltre che la vostra è qualcosa di più di una semplice azienda, è una comunità di lavoro nella quale la soggettività di chi vi opera è implicata fino a coinvolgere i più stretti legami familiari. E' anzi la partecipazione di queste famiglie che induce a dire che qui c'è realmente la famiglia di "Avvenire", idealmente allargata a tutti gli abbonati e a tutti i lettori.


2. Apprezzo molto che per la ricorrenza del 25 di fondazione del giornale abbiate deciso di compiere questo pellegrinaggio alla tomba dell'Apostolo Pietro e abbiate nel contempo desiderato di incontrarne il Successore. Con ciò voi esprimete i genuini sentimenti di fede che vi animano e fondano la vostra appartenenza alla Chiesa, e date chiara conferma dell'identità del vostro giornale. Un'identità cattolica che, nel seducente impatto con la cronaca, è ogni giorno da aggiornare e da reinterpretare, ma non può essere mai indebolita né smentita. Grazie all'odierna iniziativa voi avete inteso anche ricollegarvi in maniera precisa e impegnativa con le origini di "Avvenire", giornale che - com'è noto - fu fermissimamente voluto dalla fervida mente del Papa Paolo VI. Egli vide il grande ruolo di un foglio che rispecchiasse l'intero cattolicesimo italiano, registrasse le pulsioni del rinnovamento post-conciliare presenti in tutte le diocesi della penisola e mettesse le Chiese locali in proficuo dialogo tra loro e con la società italiana allora in forte fermento. La ricca tradizione di un cristianesimo vivamente diffuso, ma non alieno talora da difetti campanilistici, doveva imparare a parlare con un'unica lingua. Aveva bisogno di un laboratorio unitario in cui confrontarsi e grazie al quale proporsi all'opinione pubblica nazionale.

Necessitava di un punto di approdo convergente che rendesse più incisiva l'influenza della Chiesa nel paese. Nacque così, sotto i migliori auspici, l'"Avvenire".


3. Ebbene, a venticinque anni di distanza, la felice e provvida intuizione di Paolo VI conserva tutta la sua attualità e la sua carica innovativa, anzi le vede accresciute di nuove motivazioni nella congiuntura storica che l'Italia sta attraversando. Sono questi, infatti, anni di grandi cambiamenti, in cui tutto sembra rimesso in discussione. La società italiana avverte la necessità di un forte rinnovamento anzitutto morale, che può essere assai fecondo, a condizione che non vengano compromesse o disattese le radici e le ragioni di quella civiltà che si è formata in due millenni di storia cristiana. A questo rinnovamento i cattolici italiani, e con essi "Avvenire", sono impegnati a dare tutto il proprio contributo, in spirito di sincera collaborazione con ogni persona e componente sociale che intenda operare per il bene della nazione. Bisogna pero essere consapevoli che oggi è in atto in Italia un confronto non soltanto politico o economico, ma più profondamente morale e culturale, nel quale viene talvolta negata o messa in dubbio la validità e la fecondità della presenza cristiana. Ad "Avvenire" è richiesto quindi un impegno di alto profilo, e il suo ruolo è destinato a crescere, per illuminare le coscienze e per far conoscere con serena chiarezza la verità dei fatti, affinché il popolo italiano possa avere un punto di riferimento che lo aiuti a stare insieme e la testimonianza cristiana in Italia prenda rinnovato slancio, nel nuovo contesto morale, sociale e istituzionale che essa deve contribuire a creare, e rafforzi la sua tensione unitiva, a vantaggio non di un proprio interesse, ma del bene di tutto il Paese. Stimolate dunque e sostenete quei laici cattolici che, senza confusione di ruoli, si sforzano di condurre avanti questa impresa, e favorite il convergere intorno ad essa delle forze migliori della nazione.


4. E' ovvio pero che un giornale adeguato a questi compiti non si improvvisa, non scaturisce da un assemblaggio di energie. Esso ha bisogno - oltre che di un progetto qualificato - di operatori adeguati all'impresa, di giornalisti preparati professionalmente e pronti sul piano della responsabilità specifica che caratterizza il vostro quotidiano. In nulla dovete lasciare a desiderare quanto a professionalità, così da reggere il confronto con qualsiasi altra testata. E' questa scrupolosa dedizione alle esigenze di un lavoro difficile che vi dà titolo per fronteggiare le sfide di una dura concorrenza, con i limitati mezzi economici su cui "Avvenire" può contare. Eppure ciò non basta. C'è da far germinare continuamente il seme dell'originalità cristiana, così che nel quotidiano confronto delle opinioni non manchi il contributo, il punto di vista, l'offerta di illuminazione derivante dall'ispirazione cristiana. L'incontro con Cristo - "il perfetto modello di Comunicatore" (Communio et Progressio, 126) - sia il punto di partenza della vostra vicenda personale e professionale. Mentre il servizio all'uomo - qualunque uomo, specie il meno protetto dalle manipolazioni, e in qualunque fase della vita o circostanza egli si trovi - dev'essere il vostro punto di arrivo e il contenuto inalienabile della missione di giornalisti, che in tal senso non esiterei a definire militanti: militanti, ossia non acquiescenti, per la causa della dignità e della libertà dell'uomo. Più che il denaro, la carriera, il successo voi dovete amare la gente, il pubblico a cui vi rivolgete, perché solo amandolo potete rispettarlo, trattarlo da adulto, da interlocutore serio, da soggetto e non da oggetto a cui vendere comunque il prodotto-giornale. Per questa via potete instillare nei lettori l'inquietudine per la libertà specialmente interiore, l'irrequietezza di fronte ai conformismi opprimenti e mortificanti, la sete di sapere sempre di più e di andare sempre più a fondo nella comprensione delle vicende umane. Se è vero che per certi versi la libertà di stampa è affidata alla capacità personale del giornalista, voi giornalisti di "Avvenire" dovete essere come un presidio collettivo dell'autentica libertà di stampa e di opinione nel nostro Paese.


5. Ma per compiere la sua corsa, non è sufficiente ad "Avvenire" una redazione compatta e motivata. Occorre che non gli manchi il consenso del pubblico, e innanzitutto dei componenti le comunità cristiane, presbiteri, religiosi e laici.

Anche se fate bene a proporvi di raggiungere fasce sempre più ampie di cittadini, suscitando il loro interesse e il loro coinvolgimento, va da sé che i primi interlocutori sono i credenti, in particolare chi fra loro è impegnato a livello ecclesiale o sul piano sociale e politico, e i giovani che vogliono guardare in maniera consapevole alle loro responsabilità di cristiani. Come sarebbe possibile infatti dedicarsi all'inculturazione del Vangelo nelle vicende spesso intricate dei nostri giorni, senza un legame anche culturale con la comunità cristiana, senza poter conoscere il Magistero sociale della Chiesa in maniera diretta e non artificiosamente mediata, senza tener conto di un'elaborazione di pensiero che sia di orientamento per l'azione? "Avvenire" è il compagno di viaggio di ogni famiglia consapevolmente cristiana, è uno strumento indispensabile per quanti si spendono in nome del Vangelo nelle mille attività umane. A ben considerare, meno di qualunque altra testata "Avvenire" dovrebbe avere problemi di diffusione. Per questo unisco volentieri la mia voce a quella della CEI, e faccio appello all'intelligenza e alla sensibilità dei cattolici italiani. "Avvenire" è una risorsa preziosa per rendere più rilevante l'incidenza dei cristianesimo nella società italiana. Le diocesi, stimolate dalle indicazioni del Concilio e dei successivi documenti della Santa Sede, sono chiamate a maturare una "coscienza comunicativa" proprio attraverso la valorizzazione dinamica degli strumenti di comunicazione sociale. Pertanto, "Avvenire" deve trovare un'attenzione privilegiata in ogni Chiesa locale, a partire da quella terra lombarda in cui ha il suo più immediato radicamento territoriale. così, per i religiosi e le religiose e per i responsabili e gli aderenti di ogni associazione e movimento ecclesiale, il quotidiano cattolico dev'essere uno stimato luogo d'incontro, ricercato per l'autorevolezza dei suoi riferimenti, oltre che per lo sforzo di sintesi in cui ogni giorno si cimenta, essendo espressione non di una parte ma dell'intero mondo cattolico italiano. Come voi giornalisti, pur provenendo da itinerari educativi ed ecclesiali diversi, riuscite ad arricchirvi a vicenda approdando ad un'apprezzabile sinergia culturale, così i componenti del vasto associazionismo cattolico, superando distacchi e freddezze, devono identificarsi in questo strumento e farne occasione di quotidiana formazione.


6. Il vostro - il nostro - giornale compie solo venticinque anni. Esso è nel pieno della giovinezza, lo attendono traguardi di sempre maggiore responsabilità. Non scoraggiatevi di fronte alla grandezza dell'impresa e di fronte alle difficoltà che l'accompagnano; non demordete dal proposito di fare un giornale di qualità e di sicuro affidamento. Perseverate anche quando il pubblico sembrasse premiare prodotti scandalistici e d'effetto, anche quando altri editori e altri giornalisti sembrassero adeguarsi a questa deprecabile tendenza. Talune vostre scelte forse non pagheranno immediatamente, ma voi non desistete. Il Papa, nel ringraziarvi per quanto fate anche in ausilio al suo ministero, vi esorta a restare fedeli alle consegne affidatevi all'origine. Come già vi disse Paolo VI nell'incontro del 27 novembre 1971, vorrei anch'io che in ciascun membro di questa famiglia giornalistica si imprimesse il ricordo dell'odierna udienza come quello di un'"alleanza spirituale", nel comune servizio del Vangelo da annunciare con efficacia nel nuovo areopago dei tempi moderni (Cfr. RMi 37).

In questo spirito vi imparto, propiziatrice, la mia Apostolica Benedizione.

Data: 1993-05-01 Data estesa: Sabato 1 Maggio 1993

Messa con ordinazioni sacerdotali a San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cristo è diventato la porta della salvezza




1. "Io sono la porta delle pecore" (Jn 10,7). La liturgia pasquale del Buon Pastore si esprime con due immagini, che si completano a vicenda. Quella del Pastore, innanzitutto. Cristo dice di se stesso: "Io sono il buon pastore" (Jn 10,11). Sia il Salmo responsoriale che il brano della prima Lettera di San Pietro sviluppano appunto questa immagine liturgica: il Buon Pastore guida il suo gregge ai pascoli erbosi, si prodiga perché le pecore abbiano il cibo e la bevanda nel momento giusto, le custodisce nei luoghi pericolosi, le difende davanti al nemico.

In particolare il Pastore buono è disposto anche ad offrire la vita per le pecore.

Proprio su questo pensiero si sofferma la prima Lettera di Pietro. Essa parla delle sofferenze di Cristo, che "porto i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti" (1P 2,24-25).


2. E proprio qui entra nell'insieme del pensiero della liturgia la seconda immagine: quella di Cristo "porta delle pecore". Il Buon Pastore non solo guida il suo gregge, invitandolo a seguire le sue orme (Cfr. Jn 10,4) Egli lo introduce pure attraverso la porta. C'è dunque un luogo che funge da rifugio per il gregge.

E' una specie di riparo, dove le pecore dimorano e riposano dopo le fatiche del cammino. Il Buon Pastore non solo le introduce in questo rifugio. Lui stesso è la porta. Cristo dice: "Io sono la porta delle pecore... se uno entra attraverso di me, sarà salvo" (Jn 10,7 Jn 9). "Salvo", cioè avrà la vita e l'avrà in abbondanza (Cfr. Jn 10,10). Cristo, Buon Pastore, è diventato la porta della salvezza dell'umanità, perché "ha portato i nostri peccati... sul legno della croce" (1P 2,24).


3. Gli ascoltatori di Pietro apostolo nel giorno di Pentecoste chiedevano soprattutto della Porta attraverso cui passare per arrivare alla salvezza. La domanda era: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?" (Ac 2,37). E la risposta di Pietro: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati" (Ac 2,38). E', dunque, chiaro: entrare attraverso la porta che è Cristo significa: convertirsi. Convertirsi, a sua volta, significa: ricevere il battesimo. Il battesimo è la porta della Chiesa. Attraverso questa porta l'uomo viene introdotto nella salvezza acquistata col sangue di Cristo. Cristo ha istituito il battesimo. Lui stesso - Crocifisso e Risorto - è la porta della salvezza degli uomini per mezzo del battesimo. Nel battesimo riceviamo in dono lo Spirito Santo. Quando gli uomini, che senza loro colpa ignorano questo cammino di salvezza e questa Porta, ricevono anch'essi lo Spirito Santo, anche allora Cristo rimane per essi la Porta. Sotto il cielo, infatti, in nessun altro c'è salvezza (Cfr. Ac 4,12). Cristo è l'unico mediatore tra Dio e gli uomini.


4. Oggi, nella Basilica di San Pietro, ricevono l'ordinazione sacerdotale i diaconi della Chiesa che è in Roma. In questa Roma, in cui, all'inizio della lunga serie di pastori e vescovi si trova Pietro, apostolo di Cristo, suo testimone fino all'effusione del sangue. E' stato lui, per primo, a convertire le "pecore erranti" del mondo antico al Cristo "Pastore e Guardiano delle anime" (Cfr. 1P 2,25). Venite ordinati, figli carissimi, nell'anno in cui giunge a conclusione il Sinodo diocesano di Roma: quel Sinodo del cui insegnamento e del cui spirito di comunione e di missione siete chiamati a farvi interpreti e servitori fedeli. In questo eloquente contesto sinodale il dono dello Spirito Santo, che vi configura a Cristo Buon Pastore, vi dia la forza di essere in mezzo ai vostri fratelli annunciatori e testimoni credibili del Vangelo, parola di verità e di vita: vi aspetta questa città di Roma, che vuole ricevere Cristo attraverso il vostro ministero, vi aspetta il vasto mondo che a questa città è misteriosamente legato.

Il Pontificio Seminario Romano, il Seminario "Redemptoris Mater" e il Centro di formazione presbiterale presso il Santuario della Madonna del Divino Amore, dove avete ricevuto la vostra formazione, oggi gioiscono con voi e con voi rendono grazie a Dio, riuniti in questa Basilica insieme a coloro che, per legami di sangue, di amicizia e di appartenenza ecclesiale, hanno percorso vicino a voi il cammino che vi ha condotti al presbiterato. La grazia di questo giorno ridondi anche sui vostri Seminari, sulle vostre famiglie, sui vostri amici e su tutta la Chiesa di Dio che è in Roma.

5. Cari sacerdoti novelli! L'imposizione delle mani e la preghiera di Colui che, a Roma, è indegno successore di Pietro, vi trasmettono la grazia e il carattere sacramentale del sacerdozio ministeriale. Ogni Vescovo compie il suo ministero come "vicarius Christi". Il Vescovo di Roma, nella storia, era anche chiamato "vicarius Petri". Ricevendo l'ordinazione, meditate profondamente sul mistero del Pastore, che è Porta delle pecore, perché sempre più diventiate degni del tesoro che vi viene affidato.

Colui che ha iniziato in voi questa opera buona, la porti anche al suo compimento.

Amen!

Data: 1993-05-02 Data estesa: Domenica 2 Maggio 1993

Regina Caeli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ascoltiamo il grande annuncio dell'amore di Dio

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Si celebra oggi la "Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni", istituita dal mio predecessore Paolo VI nei primi mesi del suo pontificato. Quest'anno essa è giunta ormai alla sua trentesima edizione. Si tratta essenzialmente di una giornata "di preghiera". La Comunità cristiana è invitata in questo giorno a raccogliersi per invocare dal Signore il dono delle vocazioni e la grazia di una generosa disponibilità del cuore all'azione divina. "Ti ha dato tutto": è questo il tema scelto per l'odierna ricorrenza. Esso intende riproporre alla riflessione dei credenti il grande annuncio dell'amore di Dio, fonte di ogni bene e origine di ogni missione. Dall'accoglienza della gratuita iniziativa divina nasce nell'uomo l'esigenza di rispondere il più generosamente possibile a Colui che ci ha amato al di là di ogni misura.


2. In questo contesto assume particolare rilievo un altro evento che interessa direttamente la Diocesi di Roma: si tratta del dono prezioso dei ventinove nuovi presbiteri, che io stesso ho avuto la gioia di ordinare poc'anzi nella Basilica vaticana. La loro vita, che dovrà essere interamente spesa per il Vangelo, costituirà una grande ricchezza per la Comunità diocesana e ridonderà a vantaggio dell'intero popolo cristiano. Carissimi Fratelli e Sorelle, mentre formulo vivissimi auguri a questi giovani chiamati al servizio dell'altare, vi esorto a ringraziare insieme a me le loro famiglie che li accompagnano in questo giorno di gioia e a domandare al Signore per la Chiesa di Roma, impegnata nel Sinodo a ricercare nuove e coraggiose vie di evangelizzazione, la grazia di una vita autenticamente cristiana e di una generosa testimonianza del Vangelo.


3. Maria Santissima, a cui è dedicato in modo speciale il mese di maggio appena iniziato, accolga e protegga questi nuovi presbiteri. Lei, "la creatura che più di tutte ha vissuto la piena verità della vocazione, perché nessuno come lei ha risposto con un amore così grande all'amore immenso di Dio" (Es. Ap. PDV 36), assista ed accompagni oggi e sempre i sacerdoti nel loro quotidiano ministero. La sua potente intercessione ottenga dal Signore per la Chiesa universale una rinnovata primavera di vocazioni, che porti ad una messe abbondante di frutti spirituali nel popolo cristiano e favorisca la pace ed il progresso dell'intera umanità.

Maria, Madre della Chiesa e Madre dei sacerdoti, prega per noi!

Data: 1993-05-02 Data estesa: Domenica 2 Maggio 1993

All'Associazione Maestri di Sci - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Trasfondere negli animi la capacità di cogliere l'interiore linguaggio della natura

Gentili Signori!


1. Siate i benvenuti nella casa del Papa. Con grande semplicità e cordialità avete voluto inserire nel programma del vostro Convegno internazionale, che vede riuniti i Presidenti e i legali rappresentanti delle Associazioni nazionali dei maestri di sci, anche questa visita al Successore di Pietro. Ho assecondato volentieri tale vostro desiderio. Incontrarvi mi richiama alla mente la montagna, lo spettacolo delle nevi baciate dal sole e la maestosità dei paesaggi alpini. La montagna è davvero meravigliosa ed avvicina al mistero di Dio. Naturalmente essa non manca di asprezze e nasconde non poche insidie, sicché lo sport, nel quale voi siete maestri, chiede, non meno di altri, l'umiltà dell'apprendimento e la fatica perseverante dell'esercizio. E' una legge dell'esistenza: niente di grande e di bello si realizza, nella vita fisica come in quella spirituale, senza passare per la strettoia di un'ascesi che fortifichi e tempri, rendendo adatti per le più esigenti missioni ed i più eccelsi ideali. A voi auguro non soltanto di gustare fino in fondo l'incanto della splendida natura che abitualmente accostate, ma anche di coglierne le valenze evocatrici di quel "di più", a cui essa sempre rimanda, segnata com'è profondamente dall'orma del Creatore.


2. Tornare alla natura, sottraendosi per un po' al ritmo incalzante e talora ossessivo delle città, permette di ascoltare quel linguaggio antico e sempre nuovo che, attraverso la via della bellezza, solleva l'uomo fino alla soglia del Mistero. Oh, se riuscissimo a fare abbastanza silenzio intorno a noi e dentro di noi per ascoltare questo linguaggio e lasciare che parli al nostro cuore! Ci verrebbe allora spontanea e incontenibile la lode del Salmista: "O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnificenza" (Ps 8,1). E sentiremmo la profonda verità insegnata dal libro della Sapienza, ripresa dall'apostolo Paolo, secondo cui dalla "grandezza e dalla bellezza delle creature per analogia se ne conosce l'autore" (Sg 13,5 Cfr. Rm 1,19-20). Auspico di cuore, gentili Signori, che il vostro appassionante lavoro, a contatto con tante persone, specialmente giovani, non si riduca a una pura trasmissione di competenza tecnica, ma si elevi all'altezza di una testimonianza, offrendovi l'opportunità di trasfondere negli animi la capacità di cogliere e decifrare l'interiore linguaggio della natura. Chi incontra, sul candore delle nevi, la vostra maestria di professionisti dello sci, non soltanto vi impari la capacità e l'ebbrezza dell'intrepido sfrecciare, ma ancor più vi attinga il bisogno di una vita ispirata alla trasparenza e all'equilibrio interiore. Siate maestri di sci, ma anche maestri di vita. Ve ne saranno grate specialmente le giovani generazioni che, nell'odierna crisi di valori, hanno più che mai bisogno di imbattersi non soltanto in abili tecnici, ma in convincenti testimoni di un'esistenza ricca di senso ed illuminata dalla verità e dall'amore.

A tutti imparto volentieri l'Apostolica Benedizione.

Data: 1993-05-03 Data estesa: Lunedi 3 Maggio 1993





GPII 1993 Insegnamenti - Ai partecipanti ad un Convegno per il Clero - Città del Vaticano (Roma)