GPII 1993 Insegnamenti - Discorso ai Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose raccolti nella cattedrale - Agrigento

Discorso ai Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose raccolti nella cattedrale - Agrigento

Titolo: "Diventate sempre più una Chiesa ministeriale per essere sempre più una Chiesa missionaria"

Carissimi fratelli e sorelle!


1. E' motivo di grande gioia per me pronunciare queste parole, lodare Gesù Cristo davanti a voi, essere qui con voi, essere con la Chiesa di Agrigento. Saluto tutti i presenti, tutti quelli che rappresentano la Chiesa ministeriale di Agrigento, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici impegnati nel loro apostolato nelle parrocchie della diocesi di Agrigento. Con affetto saluto il vostro Pastore, il carissimo Mons. Carmelo Ferraro, saluto il Cardinale Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Palermo, vostro Metropolita. Saluto tutti i Vescovi presenti, Vescovi siciliani e Vescovi ospiti, e poi tutti i Presbiteri, preziosi e solleciti collaboratori nel ministero episcopale del vostro Vescovo Carmelo; saluto i Diaconi, che esprimono sacramentalmente la dimensione di servizio propria di tutta la Chiesa; i Religiosi e le Religiose, che il Signore ha scelti come gioiosi annunciatori della radicalità evangelica, attraverso il dono totale della propria vita a Dio e ai fratelli. Saluto gli sposi, che riflettono nella loro intima comunione di vita l'amore sponsale di Cristo per la sua Chiesa, votandosi all'impegnativa missione di educare i figli secondo il cuore di Dio. Saluto quanti esercitano i più diversi ministeri, soprattutto i laici, che generosamente si prestano per il bene delle Comunità parrocchiali, come pure i membri delle aggregazioni ecclesiali e degli organismi diocesani impegnati nell'evangelizzazione e nella testimonianza della carità. E' bello vedere qui raccolta ogni componente della Chiesa agrigentina. E' un singolare spettacolo di comunione, quasi uno squarcio di cielo in questa Cattedrale dedicata all'Assunzione di Maria. Ci sembra di rivivere qualcosa del suggestivo ideale della prima comunità cristiana descritta dagli Atti degli Apostoli: uomini e donne che vivevano come "un cuor solo e un'anima sola", assidui nell'ascolto degli Apostoli, nell'unione fraterna, nella frazione del pane (Cfr. Ac 2,42). E' con quel modello ideale che ci dobbiamo costantemente misurare, specialmente in questo scorcio di secolo, mentre ci prepariamo ai compiti e alle responsabilità del terzo Millennio cristiano. Come potrebbe infatti incidere la nostra parola evangelizzatrice, se non fosse innanzitutto una testimonianza di comunione? Gesù lo ha detto con chiarezza: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35).


2. La Chiesa in effetti riscopre l'essenza della sua missione come "diakonia" rituffandosi costantemente nell'amore. Tutto in essa converge al servizio. Non fu questo lo spirito che pervase il Concilio Vaticano II? Lo sottolineava efficacemente il mio venerato predecessore, Paolo VI, quando affermava: "Tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un'unica direzione: servire l'uomo.

L'uomo in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità. La Chiesa in un certo modo si è dichiarata ancella dell'umanità" (Insegnamenti di Paolo VI, vol. III, 1965, p. 730). Nell'ora magnifica e drammatica della storia che stiamo attraversando, mentre si intravedono i germogli di una nuova primavera del Vangelo, è bello riflettere sui doni del Signore, per accoglierli con cuore aperto e generoso. Mi piace questa mattina farmi eco tra voi delle parole dell'apostolo Paolo, che ai Corinzi scriveva: "A ognuno è data una manifestazione particolare dello Spirito a utilità di tutti" (1Co 12,7). Ed ai Romani diceva: "Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi" (Rm 12,6). E' importante dunque imparare a riconoscere i doni del Signore, per lodarlo e ringraziarlo, e per assumere in modo responsabile il nostro posto nella missione affidataci dalla Provvidenza divina.


3. Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa di Agrigento! Voi avete dinanzi a voi un compito di grande rilievo. Siete una Chiesa di antiche origini, arricchita da una gloriosa schiera di Santi. Voi sapete bene che l'annuncio del Vangelo è una sfida per ogni generazione, sfida tanto più impegnativa in questo nostro tempo di trapasso culturale, in cui i valori tradizionali vengono facilmente messi in discussione in nome di un mortificante relativismo ideale ed etico, che toglie senso vero alla vita e rischia di soffocare la speranza. La storia della vostra Diocesi ha già conosciuto una "rievangelizzazione", operata efficacemente nove secoli orsono dal Vescovo san Gerlando e che voi opportunamente state commemorando con un decennio di celebrazioni. Oggi è necessaria un'impresa simile a quella da lui compiuta, adattandone ovviamente le forme alle esigenze dell'epoca attuale.

L'obiettivo è sempre lo stesso: si tratta ancora una volta di annunciare Gesù, il Redentore dell'uomo, confessandolo come "Via, Verità e Vita" (Jn 14,6), presentandolo come il "centro del genere umano, la gioia di tutti i cuori e la pienezza delle loro aspirazioni" (GS 45). A voi, carissimi Fratelli e Sorelle, è affidato questo annuncio: diventate sempre più una Chiesa ministeriale, per essere sempre di più una Chiesa missionaria.


4. Una preoccupazione dominante dovrà caratterizzare il vostro compito di evangelizzazione: porre il lievito evangelico nell'intimo della vita e della cultura, perché l'accoglienza del Vangelo plasmi i sentimenti e orienti i comportamenti. E' facile, infatti, specialmente nelle regioni di antica tradizione cristiana, che la fede si riduca ad una superficiale verniciatura, incapace di incidere in profondità nella vita. E così si spiega il deplorevole e diffuso fenomeno di una pratica religiosa poco illuminata, che convive con atteggiamenti scarsamente evangelici. Fede e vita non possono camminare su due binari paralleli.

L'annuncio cristiano mira a fare "uomini nuovi". E' pertanto un annuncio che si fa carico dell'interezza dottrinale, senza sconti e dimenticanze. A tal fine può risultare utile alla vostra azione evangelizzatrice una matura riscoperta della parola di Dio ed una approfondita e sistematica conoscenza dell'insegnamento ecclesiale, quale è stato autorevolmente riproposto dal recente Catechismo della Chiesa Cattolica. Ma accanto alla preoccupazione dottrinale, i catechisti, gli educatori, i genitori cristiani, sono chiamati a comunicare un messaggio vitale e coinvolgente, che porti a conoscere Dio facendone in qualche modo esperienza nel contesto della comunità. E' qui il mandato di una catechesi rinnovata, di cui si ha oggi urgente bisogno.


5. So che vi state già attivamente adoperando in questo senso. Ne sono prova gli sforzi di rinnovamento compiuti in preparazione di questa mia visita. Anche il Papa serve a qualche cosa nella Chiesa. Alcuni dicono che serve a riparare le strade... Ma io dico che questa parola è molto buona perché ha anche un senso metaforico. Sappiamo bene chi ha "riparato" le strade, chi ha gridato di "riparare" le strade". Chiesa di Agrigento, prosegui con fiducia nel cammino intrapreso. Lasciati condurre dallo Spirito di Dio. Non ti arrestino gli ostacoli che inevitabilmente troverai lungo la strada. "Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo" (Jn 16,33): te lo ripete il Signore della vita immortale. Lo ripeto anch'io a voi, Sacerdoti, Religiosi e Religiose, perché riscoprendo la vostra appartenenza totale a Cristo diventiate di Lui apostoli intrepidi, perseveranti e generosi. Lo dico a voi, laici, affinché vivendo fino in fondo il vostro sacerdozio regale nell'attiva partecipazione alla ministerialità ecclesiale, siate "sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1P 3,15).

Fate soprattutto in modo che le vostre famiglie diventino "piccole Chiese", scuole di santità e di umanità, fermento evangelico della società. La Vergine Santa vi accompagni. Vi affido tutti a Lei, mentre mi appresto ad incoronarne l'immagine, che sarà posta nel Santuario di Montevago, nel Belice. Possa la Regina del Cielo essere considerata da tutti come un faro nelle tempeste della vita, Madre amorevole che accoglie e custodisce i suoi figli.

A ciascuno di voi ed a quanti vi sono cari nel Signore la mia Benedizione.

Data: 1993-05-09 Data estesa: Domenica 9 Maggio 1993

Le parole prima del Regina Caeli recitata dalla Loggia del Seminario - Agrigento

Titolo: Il Signore accordi il dono della pace nei Balcani dove da anni si combatte con disumana ferocia

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Vedendo i numerosi fanciulli presenti a quest'incontro di preghiera mariana, mi vengono spontanee alla mente le parole di Gesù: "Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli" (Mt 19,14). Vi saluto tutti con gioia ed affetto, cari ragazzi e ragazze di Agrigento, ed anche voi papà e mamme che li accompagnate. Nella Città "del mandorlo in fiore", voi, cari fanciulli, siete come i fiori della comunità, i figli prediletti del Padre celeste, i cui angeli contemplano il suo volto. Mentre vi guardo con gioia e rendo grazie al Signore per ciascuno di voi, il mio pensiero va ai vostri coetanei del mondo intero, specie a quelli che sono vittime dell'abbandono, della povertà, della violenza. In particolare, vi invito a ricordare e a pregare, insieme a me, per i fanciulli che, in tante parti del mondo, soffrono a causa della guerra. Penso in questo momento soprattutto a quelli coinvolti nel conflitto che interessa i Balcani. Possa il Signore accordare, grazie anche alla sofferenza dei piccoli innocenti, il dono della pace a quella martoriata regione dell'Europa dove da anni ormai si continua a combattere con disumana ferocia. Verso di voi, che siete l'innocenza e la speranza, tutti guardino e non si stanchino di impegnarsi nella ricerca della riconciliazione e della pace!


2. Mi rivolgo ora a voi, cari genitori, che trasmettendo il dono della vita ai vostri figli vi siete assunti il compito primario della loro integrale formazione.

Preoccupatevi non solo che essi crescano bene fisicamente, ma che progrediscano in sapienza e grazia. Educateli innanzitutto, con la testimonianza e l'esempio, alla fede in Dio e alla generosità nel servizio dei fratelli; difendeteli dai pericoli, avviateli alla preghiera ed al contatto vivificante con le sorgenti della salvezza, sosteneteli nell'itinerario della vita cristiana. Auspico che la vostra azione educativa possa trovare un sostegno efficace nell'opera della scuola. Al riguardo, mi è caro rivolgere un cordiale saluto a tutti gli allievi ed insegnanti degli Istituti scolastici della vostra Città, con l'augurio che ogni scuola sia sempre una reale comunità educante, a valido appoggio e qualificata collaborazione delle famiglie, le quali conservano il diritto-dovere insostituibile di preoccuparsi della formazione umana e spirituale dei loro figli.


3. Tra le scuole di Agrigento ce n'è una di singolare interesse e valore: è il Seminario, cuore della Comunità diocesana e fucina di giovani generosi, chiamati da Cristo ad essere suoi ministri. Benedica il Signore il Seminario della vostra Diocesi e ne faccia un vivaio di apostoli per la generazione agrigentina di domani. Benedica i seminaristi, le loro famiglie e quanti si impegnano nella pastorale delle vocazioni. Preghiamo il "Padrone della messe" perché fioriscano in questa vostra terra, alle soglie del nuovo Millennio, molte vocazioni al sacerdozio ministeriale, alla vita consacrata, alle missioni. Affidiamo ogni nostra attesa e desiderio alla Madonna, tanto venerata in Agrigento, rivolgendoci ora a Lei con la preghiera del "Regina Caeli".


4. Nel corso di questa mia Visita in Sicilia non posso non ricordare con particolare commozione coloro che, per affermare gli ideali della giustizia e della legalità, hanno pagato col sacrificio della vita il loro impegno di lotta contro le forze violente del male. La Chiesa, fedele agli insegnamenti di Cristo, è accanto a quanti si adoperano per costruire una convivenza sociale improntata ai valori della concordia e della pace. Essa si sente impegnata ad operare coraggiosamente per divenire autentico segno di speranza per l'intera società, soprattutto per i giovani. Voglia il Signore benedire e proteggere sempre il popolo siciliano.

In questo momento a Roma sono raccolti numerosi ragazzi e giovani delle Scuole Cattoliche, che, a conclusione della loro tradizionale Maratona di Primavera, stanno prendendo parte alla celebrazione della Santa Messa, insieme ad un gran numero di loro coetanei giunti da diverse Nazioni per commemorare il 150 anniversario della Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria. Giovani di Roma e del mondo, in nome della Chiesa, io vi esorto a conservare viva in voi la solidale generosità e l'ardore missionario che caratterizzano il vostro odierno incontro.

Vi saluto con affetto e di cuore vi benedico.

Data: 1993-05-09 Data estesa: Domenica 9 Maggio 1993

Discorso agli imprenditori e alle forze sociali - Agrigento

Titolo: Una nuova "cultura del lavoro" che coinvolga gli uomini in uno sforzo di corresponsabilità, di partecipazione e di solidarietà

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Grazia e pace a voi in abbondanza (1P 1,2). Con queste parole dell'apostolo Pietro, rivolgo a voi e a tutto il mondo del lavoro, che qui rappresentate, il mio più cordiale saluto. Ringrazio il Presidente della Camera di Commercio per le gentili parole che mi ha rivolto; ringrazio le Autorità intervenute a questo incontro, gli imprenditori, i lavoratori, i responsabili di Istituzioni locali, i direttori degli Uffici Pubblici, i componenti della Consulta del lavoro di questa e delle altre diocesi dell'isola. Grazia e pace a voi in abbondanza! Mi piace far oggi risuonare con forza questo augurio nella terra che porta i segni di una storia antica e gloriosa, ma che vive ora un momento non facile a motivo della crisi sociale, economica ed occupazionale che l'attanaglia. Si tratta certamente di problemi complessi e di difficile soluzione. Sappiamo tuttavia che l'uomo, sorretto dalla grazia di Dio, può trovare insospettabili e inesauribili risorse, specialmente quando la fede e la speranza cristiana ne illuminano l'esistenza.


2. Vi ringrazio, cari amici, per la vostra accoglienza. Desidero esprimervi il mio più vivo apprezzamento per quanto, in preparazione alla mia visita, avete generosamente realizzato non soltanto in ambito ecclesiale, ma anche nel più ampio contesto delle forze sociali, che avete chiamato a raccolta spronandole ad una rinnovata tensione ideale, con un appello all'impegno particolarmente per i giovani. Sono lieto che in questa iniziativa la Chiesa agrigentina si sia posta in prima linea, sforzandosi di dare un'anima all'auspicato rinnovamento sociale, in attuazione pure su questo versante della sua vocazione di "sacramento" di comunione (Cfr. LG 1). E come si potrebbe sottovalutare l'importanza del ruolo della Chiesa ai fini di un rinnovamento nel quale, accanto agli aspetti di carattere materiale e strutturale, sono decisivi soprattutto alcuni coefficienti di carattere morale? Nulla infatti si realizza, là dove mancano motivazioni sufficienti per prendere l'iniziativa. D'altro canto, lo stesso spirito di iniziativa finisce con l'essere vanificato se non può contare su un contesto di solidarietà e si scontra sul nascere con l'individualismo e la diffidenza. Sta qui la grande sfida che l'azione educatrice della Chiesa deve saper raccogliere, infondendo nell'opera di rinnovamento del territorio il fermento evangelico.


3. "Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque" (Mt 25,20). Questo rendiconto del servo industrioso, raccontatoci nella parabola evangelica dei talenti, ben si applica all'insieme della vita, della quale Dio ci chiederà conto in rapporto ai doni e alle possibilità ricevute.

Possiamo tuttavia attingere da questo brano un raggio di luce, anche per comprendere il senso cristiano dell'attività imprenditoriale. E' urgente, infatti, specie in una zona come la vostra a forte tasso di disoccupazione, promuovere una "cultura dell'iniziativa" e, più specificamente, una "cultura dell'impresa". A tal fine bisogna che si riscopra, specialmente tra le nuove generazioni, il gusto della creatività in ogni campo, compreso quello economico. Non ci si può aspettare tutto dagli altri, nemmeno si può pretendere tutto dallo Stato. Nel documento su "Chiesa italiana e Mezzogiorno", i Vescovi hanno auspicato, per la soluzione dei problemi del sud, un nuovo "protagonismo della società civile": "Un'organizzazione forte e autonoma della società civile - essi hanno scritto - costituisce un fattore decisivo e indispensabile per lo sviluppo del Mezzogiorno" (Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno, 21). Certamente, tale prospettiva di crescita ha bisogno di adeguati supporti e di opportune facilitazioni strutturali.

Ma essa deve trovare in un atteggiamento culturale di apertura le sue motivazioni profonde. La visione cristiana può offrire in tal senso un insostituibile contributo e un forte impulso, ricordando che la vita è vocazione: siamo amministratori dei "talenti" che Dio ci ha affidato, e dobbiamo farli fruttificare per realizzare, nel tempo a nostra disposizione, qualcosa di utile e di buono.

Tale vocazione all'iniziativa si rivela, al tempo stesso, come una chiamata al servizio. Inquadrata in una dinamica di amore, essa aiuta chi ha il dono dell'intraprendenza e la responsabilità di un ruolo di guida a comprendere di non dover produrre solo per sé, ma di doversi far carico dei propri fratelli. Una sana cultura di impresa è chiamata pertanto a trovare il giusto punto di equilibrio tra l'efficienza e la solidarietà. Ho scritto nella Centesimus annus che il profitto è legittimo, in quanto "indicatore del buon andamento dell'azienda", ma la vitalità di un'azienda va rapportata anche ad altri fattori, primo dei quali il suo essere un'autentica "comunità di uomini che, in diverso modo, perseguono il soddisfacimento dei loro fondamentali bisogni e costituiscono un particolare gruppo al servizio dell'intera società" (CA 35).


4. Alla cultura dell'impresa così concepita, è necessario che corrisponda una nuova "cultura del lavoro", che coinvolga gli uomini, impegnati a qualunque titolo nell'attività produttiva, in uno sforzo di corresponsabilità, di partecipazione, di solidarietà. Non è più il tempo delle contrapposizioni frontali. Nella crisi sociale ed economica del momento è importante trovare dei punti di incontro, per risolvere adeguatamente i problemi che minacciano la serenità e il futuro dei lavoratori. Una cultura del lavoro, cristianamente intesa, implica il rispetto per la dignità dell'uomo che lavora, per i suoi diritti fondamentali e inalienabili, per gli organismi che lo rappresentano e lo tutelano. Da un maggiore coinvolgimento della soggettività del lavoratore nel processo produttivo, c'è tutto da guadagnare per la salute delle stesse aziende. Bisogna osservare, peraltro, che un'autentica cultura del lavoro non si sviluppa adeguatamente, se non è animata e sorretta da una "cultura della solidarietà", e questa, a sua volta, non potrà essere praticata nel mondo del lavoro, se un tale atteggiamento non cresce contestualmente in tutto il corpo sociale. Vi esorto, pertanto, a perseverare nell'impegno per un generale rinnovamento della politica, orientandola sempre più decisamente all'obiettivo del bene comune, e depurandola da quelle torbide logiche clientelari che inquinano profondamente l'esperienza della democrazia. La lotta decisa alla mentalità e all'organizzazione mafiosa, che pur essendo di una minoranza disonora questa terra e ne mortifica le potenzialità, sia proseguita con fermezza e piena collaborazione.


5. Coraggio, dunque! Lo dico a tutti. Mi rivolgo, in modo speciale, agli imprenditori e ai lavoratori che si fregiano del nome cristiano. La Chiesa che è in Sicilia si sta muovendo all'insegna di un'esaltante missione: "Una presenza per servire". Il battezzato, partecipe della missione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, ha il compito di farsene carico, diventando testimone, nella vita quotidiana e in particolare nel mondo del lavoro, di tale programma. Imprenditori cristiani, questa è l'ora in cui siete chiamati a riconoscervi come amministratori dei doni ricevuti dal Signore, sviluppandoli a favore dei più deboli. Lavoratori e forze vive dell'universo produttivo, non sentitevi destinatari passivi dell'altrui iniziativa, ma responsabili collaboratori nelle imprese come nel pubblico servizio. Giovani, è la vostra ora! Su di voi grava l'incubo della disoccupazione, ma in voi è pure la speranza del futuro. Di fronte ai numerosi problemi incombenti siate capaci di uno sforzo ardimentoso di carità, di una adesione cordiale a Cristo, Redentore dell'uomo, di un impegno supplementare per superare la crisi del momento.

Carissimi fratelli e sorelle, a tutti vorrei domandare di affidarvi con abbandono filiale alla Vergine Santissima, protettrice della vostra terra. Vi sia di conforto poi la Benedizione Apostolica che imparto volentieri a voi, alle vostre famiglie, particolarmente ai disoccupati e a quanti si trovano in più preoccupanti situazioni economiche.

Vi aiuti il Signore a conservare nel cuore la voglia di vivere e il coraggio di sperare.

Data: 1993-05-09 Data estesa: Domenica 9 Maggio 1993

Omelia durante la concelebrazione eucaristica nella Valle dei Templi - Agrigento

Titolo: La fede esige una chiara riprovazione della cultura della mafia che è una cultura di morte, disumana e antievangelica




1. "Signore, mostraci il Padre" (Jn 14,8). Nell'ora culminante e conclusiva dell'attività messianica di Gesù di Nazaret, alla vigilia della sua passione e morte in croce, gli Apostoli riuniti nel cenacolo, e in particolare Filippo, domandano al Maestro: "Signore, mostraci il Padre". Gesù risponde loro: "Chi ha visto me ha visto il Padre... Io sono nel Padre e il Padre è in me" (Jn 14,9 Jn 14,11).

L'ultimo colloquio dei discepoli con il loro Maestro è denso di profondi contenuti; in esso convergono, e in qualche modo vengono racchiusi, gli elementi più profondi della buona Novella. Durante la sua missione terrena Gesù aveva continuamente parlato del Padre, era vissuto sempre unito a Lui, in tutto si era riferito a Lui. Egli, che è totalmente da Lui e per Lui, aveva comandato ai discepoli di pregarlo chiamandolo: "Padre nostro". Al momento dell'ultima Cena, rispondendo alla domanda di Filippo, dice: "Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere... credetelo per le opere stesse" (Jn 14,10-11).


2. Chi è Dio? La risposta a questo interrogativo è senz'altro prioritaria e fondamentale per la vita dell'uomo. Le risposte alle domande: "Esiste Dio?" e "Chi è Dio?" si possono trovare in sovrabbondanza nella Buona Novella enunciata da Cristo. "Il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato" (Jn 1,18). Egli ci ha rivelato Dio nella sua gloria infinita. Pur rimanendo per noi esseri umani sempre un mistero, questo Dio - Padre, Figlio e Spirito Santo - ci permette di chiamarlo per nome. Già nell'Antica Alleanza fu rivelato il suo Nome agli uomini: Jahwè, "Colui che è". Nella rivelazione evangelica questo Nome di Dio, senza perdere l'identità primordiale, è stato in certo senso ulteriormente aperto all'intelligenza dell'uomo: "Colui che è", è Padre, Figlio e Spirito Santo.

Ai credenti è stato dato così di conoscere mediante la fede l'unità imperscrutabile della Trinità.


3. Al tempo stesso, questo Dio infinito e misterioso nel suo Unigenito Figlio si è avvicinato all'uomo in modo ineffabile: in Lui, Verbo fatto carne, Dio è diventato uomo. Per questo ora l'uomo può vedere Dio: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Jn 14,9). Ma Dio ha fatto ancora di più: Cristo, il Figlio di Dio, è venuto in mezzo agli uomini come Via al Padre. Egli stesso, che proviene dal Padre e ritorna al Padre mediante la sua croce e la sua risurrezione, diventa per tutti noi la Via. Attraverso di Lui, anche noi "andiamo" al Padre: per Cristo nello Spirito Santo. Mediante Lui possiamo partecipare alla pienezza della Verità e della Vita propria di Dio: Jahwè, cioè "Colui che è" è appunto questa assoluta Pienezza divina, che in Cristo ci viene partecipata. "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Jn 14,6), dice Gesù. In Lui la vita umana ritrova il suo fine ultimo in Dio, che si manifesta quale "dimora" eterna per l'uomo, la cui esistenza sulla terra è come un pellegrinaggio in cerca dell'Assoluto. "Nella casa del Padre mio vi sono molti posti" (Jn 14,2): dunque sono molti coloro che vi abiteranno. Agli interrogativi e alle difficoltà dell'umana intelligenza, che davanti a questa affermazione si domanda come ciò sarà possibile, Gesù risponde: "Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto..." (Jn 14,2). Siamo così condotti al vertice della nostra fede e della nostra speranza: l'attività messianica di Cristo, che annuncia il Vangelo del Regno e realizza il mistero pasquale, costituisce un'unica preparazione alla definitiva comunione con Dio. Mediante tale missione salvifica, il Figlio ci prepara un posto nella casa del Padre. Siamo dunque tutti dei "chiamati", siamo cioè invitati ad abitare nelle dimore eterne, a partecipare e godere di quella pienezza della Verità e della Vita che è Dio stesso.


4. L'invito ad abitare nelle dimore eterne è rivolto a tutti noi, carissimi Fratelli e Sorelle, raccolti in questa incantevole Valle, testimone dell'antica e gloriosa Chiesa di san Libertino. Ci troviamo dinanzi al più grande complesso di templi antichi ancor oggi esistente. Esso ci parla del profondo bisogno di Dio presente nel cuore dell'umanità in ogni epoca e in ogni cultura. E sono lieto di poter leggere ed interpretare con voi questo Vangelo giovanneo dell'odierna domenica. Sono lieto che queste colonne antiche dei templi greci possano ascoltare la viva voce del Vangelo, della Rivelazione cristiana, dopo tanti millenni. Stiamo vivendo, questa sera, al chiudersi della mia visita alla vostra Diocesi, una speciale esperienza di fede e di comunione. Provenienti dalle varie regioni dell'Isola, carissimi fedeli, vi siete raccolti insieme col Successore di Pietro, per rinnovare la vostra adesione a Cristo, "pietra angolare" che struttura l'intero edificio di Dio. Voi siete i testimoni di Gesù, Via, Verità e Vita dell'uomo in questa terra siciliana. La vostra esistenza è chiamata a divenire sempre più segno evangelico della riconciliazione e della risurrezione.


5. Quando l'uomo si apre alla fede, sperimenta che l'egoismo è sostituito dall'altruismo, l'odio dall'amore, la vendetta dal perdono, la cupidigia dal servizio amorevole, l'egoismo e l'individualismo dalla solidarietà, la divisione dalla concordia - così come è chiamato questo antico tempio vicino ad Agrigento -, la violenza dalla misericordia. Ciò avviene quando l'uomo si apre alla fede.

Quando, invece, si rifiuta il Vangelo e il suo messaggio di salvezza, s'avvia un processo di logoramento dei valori morali, che facilmente ha contraccolpi negativi sulla stessa vita sociale. Non è forse da ravvisare in questo la ragione ultima del fallimento di una cultura impostata sul tornaconto personale, che non considera i reali bisogni delle persone, specialmente delle più povere, condannate a rimanere vittime delle ingiustizie di una società sempre più competitiva e sempre meno solidale? La vera forza in grado di vincere queste tendenze distruttive sgorga dalla fede. Questa, pero, esige non solo un'intima adesione personale, ma anche una coraggiosa testimonianza esteriore, che si esprime in una convinta condanna del male. Essa esige qui, nella vostra terra, una chiara riprovazione della cultura della mafia, che è una cultura di morte, profondamente disumana, antievangelica, nemica della dignità delle persone e della convivenza civile.


6. Le gravi situazioni di povertà, che tanta sofferenza hanno provocato nella vostra gente, costringendo un gran numero di uomini e donne a separarsi dagli affetti più cari per emigrare in paesi lontani, hanno favorito l'insorgere e l'espandersi di vere e proprie malattie del tessuto sociale, come il latifondismo e i fenomeni mafiosi. Al tempo stesso, pero, molte persone, proprio in simili condizioni di difficoltà, hanno imparato a soffrire con dignità, a lavorare con tenacia, a non perdere mai la speranza in Dio e nell'uomo. Come in anni trascorsi il popolo siciliano ha saputo superare prove lunghe e dolorose, così anche oggi esso dispone delle risorse necessarie, insieme con il sostegno solidale della Nazione italiana, per rimarginare le attuali ferite, molte delle quali sono il frutto di ataviche condizioni sociali. La Chiesa siciliana è chiamata, oggi come ieri, a condividere l'impegno, la fatica e i rischi di coloro che lottano, anche con discapito personale, per gettare le premesse di un futuro di progresso, di giustizia e di pace per l'intera Isola.


7. Vi sostenga, carissimi, in questo sforzo fraterno e concorde, la grazia divina.

"Volgiti a noi, Signore; in te speriamo" (Sal. resp.): la liturgia ci ha fatto ripetere poc'anzi questa fiduciosa invocazione. Noi speriamo nel Signore: questa è la salda certezza che sorregge i passi di coloro che operano per la giustizia e la pace. Sia questo anche il conforto di tutti voi, pietre vive dell'antico edificio della Chiesa di Dio pellegrinante in Sicilia. Con tali sentimenti sono lieto di abbracciare nel Signore i carissimi Vescovi della Regione, qui presenti insieme col Cardinale Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Palermo. Saluto in particolare Monsignor Carmelo Ferraro, Pastore della Diocesi di Agrigento, che ospita questa solenne celebrazione. Lo ringrazio cordialmente per le cortesi espressioni, che ha voluto rivolgermi a vostro nome. Il mio pensiero si dirige poi al Clero secolare e regolare, ai sacerdoti, alle Religiose e ai Religiosi, ai Membri degli Istituti secolari e delle Società di vita apostolica, come pure ai Laici generosamente impegnati nella vita cristiana nei diversi campi, nelle diverse vocazioni, nei diversi impegni. Rivolgo infine uno speciale, affettuoso pensiero agli ammalati, quelli che sono qui presenti e tanti altri che voglio accomunare nella mia preghiera e nelle mie intenzioni. Rimangono poi i giovani. Hanno vegliato tutta la notte. Dovrebbero essere stanchi ed affaticati, ma non si vede. Si vede la forza.

Da dove è venuta questa forza? Penso che sia venuta dallo Spirito che il Signore non nega a quanti lo pregano. E questi giovani hanno pregato tutta la notte. Vi auguro, carissimi, questa forza, la forza del bene, la forza per superare i disagi, le malattie morali della vostra terra. La forza per un futuro migliore della Sicilia. In questo contesto suonano bene le parole di Pietro Apostolo: "Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose" (1P 2,9) del Signore. Siate tutti apostoli di Colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce.

Questa è la consegna che vi lascio. Specialmente a voi, giovani, e a tutti voi membri di questa splendida comunità cristiana di Agrigento.


8. "Io sono la via, la verità e la vita" (Jn 14,6): come parlo un tempo agli apostoli, così Gesù parla a noi questa sera. Egli aggiunge ancora: "Vi prendero con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via" (Jn 14,3-4), poiché: "Io vado al Padre". Noi tutti, seguendo Cristo, la sua preghiera, il suo Vangelo, ripetiamo stasera "Padre nostro". E' la preghiera della nostra vita. Non solo ci sforziamo di far nostre le invocazioni di questa preghiera, ma vogliamo amare con tutto il cuore e con tutta la vita Cristo, unica Via al Padre.

Signore Gesù, "mostraci il Padre e ci basta" (Jn 14,8).

Amen!

Data: 1993-05-09 Data estesa: Domenica 9 Maggio 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Discorso ai Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose raccolti nella cattedrale - Agrigento