GPII 1993 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)


1. E' ancora viva l'eco della celebrazione eucaristica con la quale ieri sera la Chiesa di Roma, a conclusione del Sinodo diocesano, si è aperta al dono sempre nuovo dello Spirito. La Comunità cristiana di questa Città, a cui tutta la Chiesa guarda, durante alcuni anni si è interrogata, ha cercato di leggere i segni dei tempi, si è posta con fiducia e senso di responsabilità di fronte al suo futuro.

In tale cammino essa si è sentita costantemente accompagnata e guidata dallo Spirito di Dio, riproducendo così, in qualche modo, l'icona del primo Concilio tenutosi a Gerusalemme agli albori della storia cristiana, e che rimane prototipo di ogni impegno sinodale nella Chiesa. Come allora, le decisioni assunte, garantite dal carisma dell'autorità ecclesiale, non devono essere viste soltanto come un approdo dell'umano discernimento, ma soprattutto come frutto di quella grazia illuminante che è dono speciale dello Spirito di Dio. Rendiamo, per questo, grazie al Signore risorto ed al suo Spirito vivificante e consolatore.


2. Alla gioia della diocesi di Roma si unisce quest'oggi l'esultanza dell'intero popolo cristiano per l'effusione dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste.

Il racconto degli Atti degli Apostoli ce ne parla con le vigorose immagini del vento e del fuoco. E' in forza di quel dono originario che la Chiesa poté venire alla luce, avviandosi per le strade del mondo. Lo Spirito spingeva e guidava gli Apostoli, li precedeva nel cuore degli ascoltatori e dava forza alla loro testimonianza.

In ogni tempo, ma soprattutto ora, la Chiesa è chiamata a riscoprire la tensione missionaria delle origini. E' un dovere fondato sul preciso mandato di Cristo. E' un'urgenza radicata nell'amore: risponde infatti al bisogno incoercibile dei credenti di condividere la gioia che essi sperimentano, per aver accolto Gesù come Salvatore e Redentore. All'uomo d'oggi, particolarmente bisognoso di certezze non illusorie per dare senso vero alla propria vita, la Chiesa propone Gesù. E la forza di tale proposta è non solo nella sua interna verità, ma anche nell'azione interiore dello Spirito di Dio, al quale i cristiani si abbandonano fiduciosamente.


3. Carissimi fratelli e sorelle, di questo rinnovato slancio missionario Maria è il modello sublime. Proprio domani, a conclusione del "mese mariano", la liturgia ci farà contemplare il mistero della sua visita ad Elisabetta. Il racconto evangelico della Visitazione si può considerare il Paradigma di ogni autentico stile missionario. La Vergine Santa ci appare infatti come donna in cammino, pellegrina sulle strade dell'amore, povera di tutto, ma ricca di Cristo. Quando la Chiesa si avvicina all'uomo con l'umiltà, l'amore concreto e la fede della Vergine, allora non ha bisogno di molte parole per essere convincente. E' lo Spirito che parla in Lei.

A Maria, sostegno e guida di ogni itinerario spirituale ed apostolico, rivolgiamo ora la nostra fiduciosa preghiera.

Data: 1993-05-31 Data estesa: Lunedi 31 Maggio 1993

Ai Vescovi dello Zambia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Evangelizzazione e promozione umana

Cari fratelli Vescovi,


1. E' con grande gioia che saluto voi, Vescovi dello Zambia, a Roma per la vostra visita ad Limina Apostolorum. Vi auguro una piena condivisione della pace e della gioia concesse dallo Spirito Santo, il Paraclito, alla Chiesa di Cristo nella Pentecoste. Sono grato al vescovo De Jong per i devoti sentimenti espressi a vostro nome, e estendo uno speciale saluto al Vescovo Paul Lungu, che sta svolgendo la sua visita quinquennale. La vostra presenza mi ricorda il mio viaggio nello Zambia nel 1989. Tra i miei più cari ricordi ci sono il calore e l'affetto con cui voi e il vostro popolo avete accolto il Successore di Pietro, venuto tra voi per pregare e per gioire della vitalità della vostra fede. Infatti, ricordando quei momenti, faccio mie le parole di San Paolo: "Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù" (1Co 1,4). Rassicurate i vostri sacerdoti, i religiosi e i laici impegnati - in particolar modo i malati, e i bambini e i giovani - del mio amore e della mia stima per loro.

La vostra visita ad Limina costituisce un'opportunità provvidenziale per approfondire gli stretti vincoli di comunione che uniscono le Chiese particolari nello Zambia con il Vescovo di Roma. In particolar modo chiedo a Dio Onnipotente che la vostra professione di fede presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo vi porti nuova forza per svolgere i compiti e per affrontare le responsabilità del vostro ministero episcopale con fedeltà e carità pastorale.


2. I membri delle Chiese particolari affidate alla vostra cura sono cittadini di una nazione che sta attraversando profondi cambiamenti. Non è difficile comprendere la soddisfazione che il popolo dello Zambia prova di fronte al fatto che importanti cambiamenti politici e sociali si sono verificati pacificamente e con la cooperazione di così tante persone. E' chiaro che i particolari sforzi dei Pastori e dei fedeli, che hanno operato insieme ai cristiani di altre Chiese e di altre comunità ecclesiali, hanno svolto un ruolo importante per garantire un esito positivo a questo periodo di transizione. Ogni sforzo comune di questo genere, come insegna il Concilio, "esprime vivamente quella unione, che già vige tra" i cristiani e, dal momento che unisce tutti nel servizio verso il bene comune, "pone in una luce più piena il volto di Cristo servo" (UR 12).

Come osservano i Padri del Concilio "Tale cooperazione... dovrebbe essere promossa sempre di più" (ibid UR 12).

In tempi di cambiamenti sociali e culturali i Vescovi sentono ancor più vivamente il loro dovere di aiutare i battezzati a vivere la propria consacrazione e la propria missione. Essi fanno ciò leggendo "i segni dei tempi" alla luce del Vangelo, con il suo inesauribile potere di illuminare il vero destino dell'uomo e la natura delle realtà temporali in relazione a quel destino. Voi avete lottato con grande impegno per affrontare questa responsabilità e io desidero lodarvi soprattutto per un'iniziativa in particolare, la pubblicazione della vostra Lettera Pastorale, Mi sarete testimoni.


3. Riconoscere ciò che è stato ottenuto fino a questo momento non diminuisce la consapevolezza del fatto che bisogna ancora percorrere molta strada per raggiungere il giusto ordine sociale cui aspira il popolo dello Zambia. Tenendo presente questo, la vostra Lettera intitolata Il futuro è nostro esorta a una nuova cultura morale e politica di responsabilità. Un'ampia risposta a questa esortazione al rinnovamento etico è essenziale per un sano ordine sociale, in cui la giustizia e la solidarietà divengano i pilastri di un'armoniosa vita nazionale.

Ho osservato nella Lettera Enciclica Centesimus annus che promuovere "l'individuo attraverso l'educazione e la formazione nei veri ideali" è fondamentale per un'autentica democrazia (CA 40). Senza una sana formazione morale nessun cittadini sarebbe in grado di esercitare bene le proprie funzioni politiche. Soltanto se le persone sono prudenti, giuste, moderate e coraggiose, le loro scelte - sia circa i capi, sia circa gli orientamenti politici - possono essere realmente in grado di condurre al benessere della nazione. Tra gli atteggiamenti sani oggi necssari, viene data giustamente priorità alla solidarietà, poiché questa virtù è "la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune; ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti" (SRS 38).


4. Non sono solo i cambiamenti politici nello Zambia che rappresentano per i cattolici sfide per esprimere praticamente la loro vocazione battesimale. I cambiamenti nell'economia e altri elementi del tessuto sociale, come avete osservato, possono far si che i cristiani vivano in difficoltà, in particolar modo la vita familiare cristiana. I problemi economici, uniti alla rapida e intensa urbanizzazione del vostro Paese, danno luogo inevitabilmente a situazioni in cui di fronte alle pressioni che ne conseguono, risposte immorali esercitano una forte attrazione. Il fatto che voi diate la priorità alla cura pastorale delle famiglie dimostra un sano giudizio pastorale. Vi esorto a non smettere mai di sollecitare e di incoraggiare i fedeli a condurre sempre la loro vita secondo i modelli di matrimonio e di vita familiare cristiana. Infatti, come sottolinea l'Esortazione Pastorale Familiaris Consortio: "(Il Vescovo) avrà particolaremente a cuore il proposito di far si che la propria diocesi sia sempre più una vera 'famiglia diocesana', modello e sorgente di speranza per tante famiglie che vi appartengono" (FC 73).

In questo contesto è giusto menzionare due problemi che sono per voi causa di particolare preoccupazione. Il primo è la diffusione del virus dell'AIDS.

Tutti i discepoli di Cristo sono obbligati a non lesinare nessun atto di bontà, affinché coloro che soffrono non rimangano privi dell'esperienza della carità cristiana che è il criterio supremo d'azione per i seguaci di Cristo. Allo stesso tempo la Chiesa esorta insistentemente tutti a vivere secondo elevati livelli di condotta morale che soli possono essere espressione dell'autentica divinità della persona umana.

Un secondo importante problema sociale è quello di garantire la giusta posizione delle donne nella società dello Zambia. Il loro ineguagliabile contributo al bene comune merita di ricevere il riconoscimento dovuto. Allo stesso modo è importante che la piena tutela della legge venga loro efficacemente estesa affinché siano tutelati i loro diritti, in particolar modo quelli riguardanti la sicurezza personale, la giustizia economica e l'accesso all'istruzione.


5. Riguardo a questi e ad altri problemi sociali, dovete continuare a trovare ispirazione nella dottrina sociale della Chiesa e a guidare i fedeli a vivere secondo i suoi principi. I vostri sforzi non sono semplicemente una risposta alla pressione degli avvenimenti attuali. Essi nascono da una ferma convinzione circa l'intima connessione fra la missione della Chiesa di predicare il Vangelo e il sostegno che essa dà alla promozione e alla vera liberazione dell'umanità: "Tra evangelizzazione e promozione umana... ci sono infatti dei legami profondi" (EN 31).

La preoccupazione per lo sviluppo sociale risiede nell'animo della lunga tradizione nello Zambia dell'opera della Chiesa per l'istruzione, l'assistenza sanitaria e gli altri servizi sociali. Già molto stimata per il contributo offerto dalle sue scuole, dai suoi ospedali, dalle sue cliniche e da altri simili centri, la comunità cattolica sotto la vostra guida si sta avvicinando al giorno in cui il livello del diretto coinvolgimento ecclesiale nel campo dell'istruzione tornerà ad essere quello di una volta. A causa dell'alta percentuale di giovani nella popolazione dello Zambia, so che non potete fare a meno di avvertire la serietà di questa accresciuta responsabilità, e che farete tutto ciò che potete per garantire la migliore risposta possibile da parte della comunità cattolica. Per quanto riguarda la formazione religiosa dei giovani, desidero rendere omaggio ancora una volta ai catechisti delle vostre diocesi, che offrono a Dio onore e gloria attraverso il loro servizio del Vangelo. Confido pienamente nel fatto che con la pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica voi avrete uno strumento particolarmente adatto per svolgere l'apostolato catechetico e per sostenere tutti coloro che si dedicano a questa opera fondamentale.


6. Il continuo aumento nello Zambia del numero degli aspiranti al sacerdozio e alla vita religiosa richiede un'attenta guida nel selezionare ed educare coloro che si preparano a queste vocazioni. Potete essere certi che se i vostri seminari saranno conformi ai requisiti fondamentali del programma ecclesiastico di formazione sacerdotale - specialmente come sono presentati nel Decreto Conciliare Optatam totius e nell'Esortazione post-sinodale Pastores dabo vobis - essi porteranno eccellenti frutti alle generazioni future. Tra le più importanti qualità coltivate nei seminari, i documenti scelgono l'accettazione amorevole del celibato, uno spirito di povertà e di semplicità e una sollecitudine e uno zelo inesauribili per la salus animarum, soprattutto per la salvezza di coloro che si sono persi o che vivono nel peccato.

La sollecitudine del Vescovo nei confronti della formazione sacerdotale non termina nel giorno in cui egli ordina i suoi figli spirituali. Come ho scritto nella Pastores dabo vobis, "Egli è responsabile di quella formazione permanente che è destinata a far si che tutti i suoi presbiteri siano generosamente fedeli al dono e al ministero ricevuti, così come il Popolo di Dio li vuole e ha il 'diritto' di averli" (PDV 79). Nell'assicurarvi che le vostre diocesi abbiano dei sacerdoti i cui cuori siano formati secondo lo stesso modello del cuore del Sommo Sacerdote, voi state veramente gettando le basi per il futuro benessere della Chiesa nel vostro Paese.


7. Allo stesso modo, rispettando la legittima autonomia degli Istituti di vita religiosa e di vita apostolica, il Vescovo ha delle precise responsabilità pastorali nella cura di coloro che appartengono a queste comunità. Egli dovrebbe essere sempre disposto a sostenere i giovani dello Zambia che aspirano a dedicare tutta la loro vita al servizio del Regno di Dio attraverso l'osservanza dei consigli evangelici. Di particolare valore è il supporto che egli offre ai Superiori nel delicato compito di discernere con prudenza l'idoneità dei candidati all'ammissione alla vita religiosa. Mi unisco a voi anche nell'esprimere l'apprezzamento verso i generosi sacerdoti missionari, Fratelli, Sorelle, donne e uomini laici che lo Spirito ha indotto a venire nello Zambia, portando testimonianza di scambio di doni spirituali fra le Chiese particolari, che è un frutto essenziale di comunione ecclesiale.


8. Cari fratelli Vescovi, le parole che vi rivolgo vogliono essere un incoraggiamento nel Signore. Pienamente consapevole delle fatiche quotidiane del vostro ministero, affido voi e tutto il popolo delle vostre diocesi all'amorevole intercessione di Maria Regina degli Apostoli. Prego incessantemente per la prossima Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, per cui vi state preparando con devoto zelo. Tramite questa importante iniziativa possa la Chiesa nello Zambia e in tutta l'Africa vivere una nuova Pentecoste, per cui i popoli di questo continente saranno tutti pieni di Spirito Santo e canteranno le lodi di Dio in tutta la diversità delle loro lingue e delle loro culture (Cfr. Ac 2,4).

Con questa speranza, imparto con gioia su di voi e su tutti i fedeli la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1993-05-31 Data estesa: Lunedi 31 Maggio 1993




Ai pellegrini di Bergamo in udienza - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nel 30° anniversario della morte di Giovanni XXIII

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di accogliervi in Udienza speciale e di porgere a tutti il mio saluto più cordiale. Ringrazio il vostro Vescovo, il carissimo Monsignor Roberto Amadei, che ha così efficacemente interpretato i vostri sentimenti di fede e di attaccamento al Successore di Pietro.

Con questo pellegrinaggio a Roma voi intendete commemorare il compianto mio predecessore GiovanniXXIII, nel 30 anniversario della sua dipartita da questa terra verso il cielo. Papa Giovanni, figlio eletto della terra bergamasca, esponente di spicco della vostra Comunità civile ed ecclesiale, si distinse sia per le sue doti personali sia per l'impulso impresso alla Chiesa, agli inizi degli anni '60. Si spense, al termine di una penosa malattia che lo avvicino ancor più alla gente, il 3 giugno del 1963.

A ricordo di quella data mesta e ricca ad un tempo di significato, siete tornati oggi sulla sua tomba per pregare, per meditare le sue parole ed i suoi insegnamenti. Siete venuti per incontrarmi ed io sono riconoscente per questo vostro gesto di fede e di devozione, lieto di poter rievocare insieme con voi il volto sorridente e buono del grande ed umile Pontefice bergamasco.

In questa stessa circostanza è vostra intenzione celebrare anche il 25 della inaugurazione. del nuovo seminario, dedicato appunto a Giovanni XXIII, e ringraziare il Signore per la fioritura di vocazioni sacerdotali manifestatasi in questi anni.


2. La vostra presenza, carissimi, risveglia in me le emozioni vissute durante la Visita Pastorale, che ho potuto compiere il 26 aprile 1981 a Sotto il Monte. Sono passati ormai parecchi anni, ma è sempre vivo nella memoria il ricordo dell'itinerario svolto: la concelebrazione all'aperto, la visita ai luoghi familiari e al Museo di Ca' Maitino, e poi la sosta a Bergamo con l'incontro con i giovani, la visita al Seminario e la solenne liturgia al centro della Città, sottolineando la fede, il coraggio, la fiducia di Papa Giovanni, erede del sobrio e mistico patrimonio spirituale dei vostri antenati.

La vostra presenza è richiamo soprattutto a quei primi giorni del mese di giugno del 1963, nei quali il mondo si ritrovo a seguire con commozione la lenta agonia e la morte del Pontefice.

Al tramonto di quel lunedi di Pentecoste, proprio al termine della celebrazione eucaristica, presieduta sul Sagrato della Basilica Vaticana dal Cardinale Luigi Traglia, Vicario di Roma, moriva serenamente il Papa della bontà, dopo quattro anni e sette mesi di pontificato.

Voi siete venuti, carissimi Fratelli e Sorelle, per rivivere nella meditazione e nella preghiera questa pagina importante della storia della Chiesa: la scomparsa del Papa "buono", il Papa del Concilio Vaticano II.


3. Riflettere sulla sua Persona e sul suo peculiare messaggio spirituale: ecco il vostro intento e lo scopo anche dell'odierno nostro appuntamento. Occorre rimanere fedeli ai suoi esempi e al suo Magistero.

Nel discorso pronunciato in occasione della solenne apertura del Concilio, egli ebbe a ricordare chiaramente: "Il grande problema, posto davanti al mondo, dopo quasi due millenni resta immutato. Il Cristo, sempre splendente al centro della storia e della vita; gli uomini o sono con Lui e con la Chiesa sua e allora godono della luce, della bontà, dell'ordine e della pace; oppure sono senza di Lui o contro di Lui, e deliberatamente contro la sua Chiesa: divengono motivo di confusione, causando asprezza di umani rapporti e persistenti pericoli di guerre fratricide" (Discorsi Messaggi Colloqui del Santo Padre Giovanni XXIII, vol. IV, Tipografia poliglotta vaticana, SCV 1963, 579-580).

Ed aggiungeva che lo scopo del Concilio non sarebbe stato discutere questo o quel singolo tema dottrinale, ma prendere coscienza che solo dalla rinnovata adesione a tutto l'insegnamento della Chiesa nella sua interezza e precisione, quale ancora splende negli Atti conciliari da Trento al Vaticano I, i credenti del mondo intero, avrebbero potuto compiere un balzo innanzi nell'annunciare e nel testimoniare la perenne verità del Vangelo di Cristo.

Papa Giovanni fu pastore ripieno di saggezza e di speranza cristiana. Di fronte ad un'assise così importante come quella Conciliare, davanti al futuro cammino della Chiesa irto di non poche difficoltà, egli dette prova di fiducioso ottimismo, dissentendo dai "profeti di sventura che annunziano eventi sempre infausti quasi che incombesse la fine del mondo" (Ibidem., 582) ed affermo di preferire la medicina della misericordia a quella della severità. Egli voleva l'unità ma nella verità, senza compromessi o cedimenti.

Sottolineo in più circostanze la necessità della disciplina dottrinale, liturgica e ascetica per rendere la missione del popolo di Dio realmente efficace e ricca di frutti apostolici, Apri gli orizzonti della Chiesa alle grandi sfide dell'epoca contemporanea. E' in questa luce che trova il suo giusto rilievo l'Enciclica "Pacem in terris", espressione di quell'ardente desiderio che infiammava il suo animo di pastore universale. Pace con Dio nell'adempimento della sua volontà, ricordava Giovanni XXIII, pace con gli uomini nel rispetto dei diritti di ciascuno, perché su ciascuno è segnato lo splendore dell'Altissimo, pace nelle famiglie, ove i coniugi collaborano col Signore nella trasmissione della vita e i figli crescono come virgulti di olivo intorno alla mensa.


4. Carissimi fratelli e sorelle di Bergamo! Papa Giovanni continua a vivere nella nostra affettuosa memoria come autentico Maestro di spiritualità cristiana.

"La mia vita, scriveva nel Giornale dell'anima, deve essere tutta di amore per Gesù ed insieme tutta un'effusione di bontà e di sacrificio per le singole anime e per il mondo". Ed ancora: "Dappertutto c'è da portare lume di carità e di pace". Impariamo da Lui la vera devozione alla Passione di Cristo, al Sacro Cuore di Gesù, a San Giuseppe, alla Vergine Santissima: la devozione a Maria, che come opportunamente sottolineava, rende "più robusta, pronta ed operante la nostra fede, più ardente la nostra carità e più sentito e fecondo l'impegno cristiano: per Mariam ad Jesum" (Radiomessaggio del 27 marzo 1960, in Op.cit., vol. II 1961, p. 259).

Impariamo da Lui ad avere il "senso della Provvidenza" e ad abbandonarci alla Volontà di Dio, che nelle traversie della storia umana guida le sorti della nostra personale esistenza. E' qui la sorgente della pace del cuore.

Accogliendo il suo insegnamento spirituale ed a Lui pensando sempre con venerazione e affetto, vi imparto di gran cuore l'Apostolica Benedizione, che estendo con viva benevolenza all'amata Diocesi di Bergamo!

Data: 1993-06-03 Data estesa: Giovedi 3 Giugno 1993



Per un Convegno del Pontificio Consiglio per la Famiglia - "I diritti della famiglia e i mezzi di comunicazione sociale"


1. Saluto con viva gioia e soddisfazione voi tutti, partecipanti a questo incontro internazionale di studio sul tema: "I diritti della famiglia e i mezzi di comunicazione sociale". Ringrazio il Card. Alfonso Lopez Trujillo per i sentimenti manifestati e per la presentazione che mi ha fatto del Convegno.

Sono lieto di esprimere il mio apprezzamento per l'opportuna iniziativa promossa dal Pontificio Consiglio per la Famiglia in collaborazione con il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali nell'ambito delle manifestazioni ed attività preparatorie dell'Anno Internazionale della Famiglia.


2. Il tema da voi affrontato si rivela oggi di grande rilevanza. Già il Concilio Vaticano II, nel Decreto Inter Mirifica, segnalava l'importanza dei mezzi di comunicazione sociale "che per loro natura sono in grado di raggiungere e muovere non solo i singoli, ma le stesse moltitudini e l'intera società umana" (IM 1). Il Concilio riconosceva i grandi vantaggi che tali mezzi possono offrire per l'arricchimento dello spirito e per la diffusione del Regno di Dio. Ma ricordava anche i danni che frequentemente provocano ai singoli ed alla comunità.

Destinatari e fruitori sono persone di tutte le età e condizioni culturali; cresce, perciò, la possibilità di influenza benefica, ma aumenta anche il rischio di manipolazione. Vengono posti in circolazione stimoli, messaggi, modelli di vita che hanno una grande ripercussione di carattere etico. Grande, pertanto, è la responsabilità dei proprietari, dei direttori, degli amministratori, dei registi, degli autori e produttori, in una parola, di tutti coloro che nel Concilio vengono qualificati come "autores". E' una responsabilità morale che riguarda quella "ecologia umana" di cui si parla nell'Enciclica Centesimus annus (CA 29-30); tali mezzi infatti possono provocare un inquinamento degli spiriti che non è meno preoccupante di quello ambientale.


3. E' necessario, dunque, che sia messa in atto una più stretta collaborazione tra i genitori, ai quali spetta in primo luogo il compito educativo, i responsabili dei mezzi di comunicazione a vario livello e le autorità pubbliche, affinché le famiglie non siano abbandonate a se stesse in un settore importante della loro missione educativa.

In occasione dell'Anno Internazionale della Famiglia si chiedono da più parti leggi che assicurino adeguate politiche familiari. Senza dubbio un ambito decisivo di queste politiche è quello legislativo. Ad esso già alludeva il Concilio che rilevava: "Lo stesso potere pubblico, che giustamente si interessa della salute fisica dei cittadini, ha il dovere di provvedere con giustizia e diligenza, mediante la promulgazione di leggi e l'efficace loro applicazione, che dall'abuso di questi strumenti non derivino gravi danni alla moralità pubblica e al progresso della società" (IM 12).

La Carta dei Diritti della Famiglia, promulgata dalla Santa Sede, afferma testualmente che "la famiglia ha il diritto di esigere che i mezzi di comunicazione sociale siano strumenti positivi per la costruzione di una società, che rafforzi i valori fondamentali della famiglia. Nel contempo la famiglia ha il diritto di essere adeguatamente protetta, specialmente per quanto riguarda i suoi membri più giovani, dagli effetti negativi e dagli abusi dei mass-media" (art. 5, lettera f).

Il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali ha già ricordato, nel suo documento dedicato a Pornografia e violenza nei mezzi di comunicazione sociale: una risposta pastorale, che "i legislatori, gli amministratori, i custodi della legge e i giuristi sono chiamati a rispondere al problema della pornografia e della violenza nei media. Leggi serie devono essere promulgate dove mancano, le leggi ambigue devono essere chiarite e le leggi esistenti devono essere applicate" (n. 28).


4. Quanti danni di enorme gravità sarebbero stati evitati per le famiglie, per la gioventù, per i bambini specialmente, se questi inviti fossero stati ascoltati in tempo. Quante perdite morali e sociali si possono evitare per il futuro se la situazione sarà ponderata seriamente e saranno prese le decisioni urgenti ed appropriate.

In realtà, si devono riconoscere proposte, contenuti e programmi di sano divertimento, di informazione e di educazione complementari a quelli delle famiglie e della scuola. Ciò non toglie, purtroppo, che soprattutto in alcune Nazioni vengano diffusi spettacoli e scritti in cui prolifera ogni sorta di violenza e si compie una specie di bombardamento con messaggi che minano i principi morali e rendono impossibile un'atmosfera seria, che permetta di trasmettere valori degni della persona umana.

I genitori e gli educatori devono diligentemente assumersi le proprie responsabilità, anche in forma associativa, per preservare i propri bambini e gli adolescenti da simili danni. Al riguardo il Concilio ammonisce: "Dal canto loro i genitori ricordino che è loro dovere vigilare diligentemente perché spettacoli, stampa e simili, che siano contrari alla fede e ai buoni costumi, non entrino in casa e che i loro figli li evitino altrove" (IM 10).

E' questa una preoccupazione che ho manifestato anche nella Esortazione Apostolica Familiaris consortio, dove ho accennato al "dovere di proteggere specialmente i bambini e i ragazzi dalle 'aggressioni' che subiscono dai mass-media... I genitori, in quanto recettori, devono farsi parte attiva nell'uso moderato, critico, vigile e prudente di essi, individuando quale influsso esercitano sui figli, e nella mediazione orientativa che consenta di educare la coscienza dei figli ad esprimere giudizi sereni ed obiettivi, che poi la guidano nella scelta e nel rifiuto dei programmi proposti" (FC 76).


5. In questi giorni voi, facendo tesoro della vostra specifica esperienza a diversi livelli di competenza professionale, avete potuto riflettere a fondo sopra questo fenomeno di rilevanza universale e soprattutto avete potuto elaborare suggerimenti circa i modi atti ad offrire un servizio valido ed opportuno alle famiglie in questo settore. Faccio eco volentieri alle vostre preoccupazioni rivolgendo a tutti i responsabili dei mezzi di comunicazione sociale l'invito a far si che le coscienze possano respirare l'aria pura dei valori umani e cristiani di cui ha bisogno la nostra società.

La tentazione di cedere alla esclusiva preoccupazione di ampliare l'"audience" ed il successo si presenta come un ostacolo grave che genera disastri, oggi denunziati con migliore conoscenza, anche quando si tratta di contenuti di per sé seri. La famiglia e la comunità possono e debbono esercitare una dignitosa pressione morale nei confronti dei grandi centri di produzione, non soltanto allo scopo di ottenere decisivi cambiamenti, ma anche per persuaderli che i contenuti validi offerti in modo adeguato possono riscuotere un'ampia accoglienza ed anche un successo più grande.

Nell'esortarvi a proseguire con fiducia il vostro lavoro, sorretti dalla certezza di poter rendere un grande servizio alle famiglie e soprattutto ai loro più giovani componenti, imparto con affetto la mia Benedizione.

Data: 1993-06-04 Data estesa: Venerdi 4 Giugno 1993



Ai membri della Fondazione "Centesimus Annus - Pro Pontefice" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una nuova via per aiutare la Chiesa

Ringrazio il Signor Cardinale Castillo Lara per le amabili parole con cui mi ha presentato i membri della Fondazione "Centesimus annus - Pro Pontifice".

A tutti porgo il mio cordiale saluto, manifestando vivo compiacimento per gli alti ideali, ai quali il nuovo Ente intende ispirarsi.


1. La Fondazione da voi voluta, che sarà sostenuta da un Comitato di aderenti, è una significativa espressione del vostro impegno di fedeli laici. Il Concilio Vaticano II, in quel principale documento che è la Costituzione Lumen gentium, insegna che "è proprio dei laici cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali ed ordinandole secondo Dio... A loro quindi particolarmente spetta di illuminare ed ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo, e crescano e siano di lode al Creatore e Redentore" (LG 31). Non solo sui Sacerdoti e Religiosi, ma anche su tutti i laici, aggiunge la Costituzione, "grava il glorioso peso di lavorare perché il divino disegno di salvezza raggiunga ogni giorno di più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra". Ed esorta: "Sia perciò loro aperta qualunque via affinché, secondo le loro forme e le necessità dei tempi, anch'essi attivamente partecipino all'opera salvifica della Chiesa" (LG 33).

La Fondazione "Centesimus annus - Pro Pontifice" è espressione di tale vocazione laicale, ed è una nuova via che voi stessi aprite per procurare, insieme ai vostri Pastori, sostegno morale e forze materiali per gli interventi della Chiesa nelle più urgenti necessità.


2. La vostra Fondazione si caratterizza al contempo per la sua particolare vicinanza al Successore di Pietro ed alla Sede Apostolica, in un atteggiamento di intelligente ascolto e di operosa collaborazione. Come persone di fede, voi volete infatti conoscere e fare vostri gli insegnamenti e le direttive della Chiesa, "perché gli uomini siano resi capaci di ben costruire tutto l'ordine temporale e di ordinarlo a Dio per mezzo di Cristo" (AA 7); come operatori altamente qualificati del mondo imprenditoriale e finanziario, voi desiderate mettere a disposizione il vostro patrimonio di esperienze sociali e di competenza professionale, le vostre conoscenze circa la complessa società contemporanea con le sue necessità morali e materiali, e circa gli specifici aiuti di cui ha bisogno, e volete al tempo stesso offrire, secondo le diverse possibilità, un vostro contributo finanziario. Intendete così favorire quella multiforme azione che la Santa Sede compie nel mondo intero per la diffusione del Vangelo di Cristo, parola viva ed efficace di giustizia, di pace e di carità.


3. Lo spirito che anima la vostra Fondazione riceve più specifiche connotazioni nella sua denominazione: "Centesimus annus - Pro Pontifice", e nelle particolari finalità ad essa prefisse.

I valori inculcati dall'Enciclica "Centesimus annus" si riassumono, com'è noto, nel porre al centro di tutto l'ordinamento sociale, in ogni sua espressione, la persona "dell'uomo reale, concreto e storico", il cui vero senso non può essere conosciuto che alla luce di Dio (CA 54-55). Con questa semplice e grande verità sono intimamente connesse numerose altre questioni: anche talune che ad uno sguardo superficiale potrebbero apparire come questioni di natura secolare o addirittura tecnica, ma la cui retta soluzione non può invece, in alcun tempo della storia umana, prescindere da quei necessari presupposti.

Tutta la dottrina sociale della Chiesa, dalla "Rerum novarum" alla "Centesimus annus", ne è una puntuale esposizione e dimostrazione.

Attraverso appropriate iniziative voi intendete dunque approfondire la reale portata degli insegnamenti Pontifici in materia sociale, per conoscerne tutta l'attualità e la benefica efficacia. A tal fine voi vi proponete anche di seguire con attenzione l'attività della Santa Sede e dei suoi organismi centrali, così da rendervi meglio conto di come essa, mentre annuncia la dottrina sociale cristiana e la sviluppa continuamente secondo le esigenze dei tempi, opera anche attivamente per tradurla in pratica per mezzo dei suoi Dicasteri e delle sue Rappresentanze e mediante opere ed iniziative in tutto il mondo.

Non è da dubitare che, se crescerà in voi la consapevolezza dei valori contenuti nella dottrina sociale della Chiesa e la conoscenza della multiforme opera della Santa Sede per trasfonderli nel mondo di oggi, l'irradiazione della vostra Fondazione non resterà circoscritta alle persone che la sostengono materialmente, ma saprà raggiungere altre persone qualificate per l'impegno sociale ed imprenditoriale e saprà renderle partecipi della medesima arricchente esperienza.


4. In questo contesto va inquadrato, in particolare, lo scopo della vostra Fondazione di raccogliere fondi per il sostegno delle attività della Sede Apostolica.

Mi è gradito, a questo proposito, esprimere il mio vivo apprezzamento per la generosità che ciascuno di voi ha già dimostrato nell'intento di assicurare alla Fondazione una buona dotazione iniziale.

Anche per il futuro nutro fiducia che lo Spirito di Cristo farà trovare i modi adeguati per rispondere sufficientemente a tutte le necessità. La carità è virtù propriamente divina. Essa ha questo di caratteristico: distribuendo non si esaurisce, e donando si accresce; è come luce, che il riverbero moltiplica. Non solo dalla fede, ma anche dall'esperienza sono dettate le celebri parole del Papa san Leone Magno: "Non si tema che in tali elargizioni vengano a mancare i mezzi, perché la stessa benevolenza è un grande patrimonio, e non può mancare materia di generosità dove Cristo nutre ed è nutrito. In tutta quest'opera interviene quella mano che spezzando il pane lo accresce e distribuendolo lo moltiplica" (Disc. 10 sulla Quaresima).

Non mi resta, quindi, che auspicare che il vostro impegno porti la Fondazione "Centesimus annus - Pro Pontifice" a traguardi degni della tradizione di generosità dei cattolici italiani, che in stretta unione con i loro Vescovi e con il Romano Pontefice hanno saputo suscitare, in ogni tempo, le più opportune iniziative di bene.

Con tali auspici, vi imparto di cuore l'Apostolica Benedizione, che volentieri estendo ai vostri familiari ed ai vostri collaboratori.

Data: 1993-06-04 Data estesa: Venerdi 4 Giugno 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)