GPII 1993 Insegnamenti - Al nuovo Ambasciatore di Romania - Città del Vaticano (Roma)


1. La venuta di Sua Eccellenza nella dimora del Successore di Pietro, per la presentazione delle Lettere che La accreditano primo ambasciatore straordinario e plenipotenziario della nuova Repubblica di Romania dopo quarantacinque anni, è un evento significativo: esso fa parte delle felici conseguenze dei recenti cambiamenti che hanno modificato la situazione dell'Europa e che hanno in particolare permesso la ripresa dei rapporti diplomatici fra la Santa Sede e la nobile nazione rumena.


2. Sono particolarmente sensibile ai sentimenti e alle intenzioni racchiuse nel Suo indirizzo d'omaggio, così come alle sue parole di stima riguardo l'opera della Sede Apostolica e del Successore di Pietro nella vita internazionale. La ringrazio vivamente del cordiale messaggio che mi ha trasmesso da parte di Sua Eccellenza Ion Iliescu, Presidente della Repubblica di Romania. Le saro grato se gli porgerà al Suo ritorno i miei rispettosi saluti e gli auguri che formulo per quanti hanno l'alto incarico di servire la loro patria.


3. Sua Eccellenza ha ricordato il passato cristiano e la lunga tradizione spirituale cui i Rumeni sono rimasti profondamente vincolati come a un tesoro che ha forgiato l'anima di questo popolo, anche durante i momenti più oscuri della sua storia recente, sotto il giogo del comunismo. Il nome stesso del Suo paese ricorda i vincoli saldi e antichi che lo uniscono all'antica Roma; sotto l'impero, infatti, i rapporti cordiali hanno portato alla diffusione della cultura latina sulle coste del Mar Nero, con caratteristiche originali. Le generazioni successive, partendo da questa cultura comune, hanno costituito culture particolari dell'Europa Centrale, e le popolazioni hanno preso coscienza di dover costruire la loro identità nazionale portando il proprio contributo all'unità dell'insieme del continente.


4. Dal mese di dicembre 1989, i dirigenti del Suo Paese si sforzano di consolidare le strutture democratiche dello Stato. La comunità internazionale è consapevole del fatto che questo nuovo processo potrà realizzarsi solo con il sostegno degli altri paesi e con il loro aiuto economico. Il suo Governo, avendo a cuore il rafforzamento dell'entità nazionale, auspica che la Romania, lungi dal chiudersi in se stessa, partecipi attivamente all'Europa. E' ormai al livello di continente, ovvero dell'insieme del pianeta, che bisogna inquadrare i rapporti politici, economici e sociali. Le nazioni più favorite devono essere solidali con quelle che si liberano progressivamente da strutture di governo oppressive. E' infatti nei rapporti reciproci che ogni paese potrà trovare il suo giusto posto nel concerto delle nazioni.


5. Sostenuti nelle loro legittime aspirazioni dai valori fondamentali della pace, del rispetto, della dignità, della persona umana e della dignità dei popoli, persone e gruppi umani partecipano alla costruzione della patria. Il dialogo fra gruppi con sensibilità e costumi diversi, presenti in Romania, dovrebbe permettere a ciascun cittadino di partecipare alla vita nazionale, di portare la propria parte di responsabilità nell'edificio comune, nella nuova era che è ormai iniziata. Questa via del dialogo, a cui la Santa Sede attribuisce un'importanza particolare, è la sola via che rispetta l'uomo, i popoli e le minoranze etniche.


6. Lei ha voluto riferirsi, Signor Ambasciatore, alle nuove disposizioni prese nel Suo paese riguardo la libertà religiosa e la riparazione dei torti commessi dal 1949; la Santa Sede apprezza i gesti che sono stati fatti dal Suo Governo. Essa spera che altri problemi non risolti troveranno una soluzione soddisfacente, frutto di un dialogo perseverante e costruttivo fra le parti interessate.

La maggioranza dei cristiani in Romania appartiene alla Chiesa ortodossa rumena. I cattolici, siano essi di rito romano-bizantino o di rito latino, o di diversa nazionalità, particolarmente ungheresi, desiderano, come in passato, partecipare attivamente alla vita sociale, allo sviluppo sanitario, all'insegnamento ai giovani, che rappresentano l'avvenire della nazione, grazie al benevolo riconoscimento concesso loro dalle autorità. Infatti la vocazione della Chiesa Cattolica di annunciare il Vangelo si esprime soprattutto attraverso le opere caritative. I cattolici hanno a cuore la promozione dei rapporti fraterni con i loro connazionali, indifferentemente dalla loro origine e dalla loro confessione religiosa, in vista dell'intesa cordiale fra tutti che è tanto necessaria nella vita democratica. Colgo questa occasione per rivolgere, attraverso di Lei, i miei cordiali saluti a tutti i fedeli della Chiesa Cattolica presenti nel Suo paese.


7. Al momento di intraprendere la Sua missione di ambasciatore della Repubblica di Romania presso la Santa Sede, Le formulo i miei migliori auguri. Da quando è a Roma, ha potuto scoprire le ricchezze della Città Eterna che hanno delle sorprendenti somiglianze con gli affreschi recentemente scoperti nei dintorni di Costanza. Da parte loro, i nostri rapporti diplomatici, ora pienamente ristabiliti, sono il segno di un vincolo profondo e fiducioso al di là degli avvenimenti storici.

Sia certo, Signor Ambasciatore, che troverà sempre nei miei collaboratori la benevola attenzione e la cordiale comprensione di cui potrà avere bisogno affinché la sua attività sia fruttuosa.

Su Sua Eccellenza, sui suoi connazionali e i loro dirigenti, invoco di tutto cuore abbondanti Benedizioni divine.

Data: 1993-06-08 Data estesa: Martedi 8 Giugno 1993

Ad un gruppo di Vescovi statunitensi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Essere uno in Cristo

Cari fratelli nell'episcopato,


1. "Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene" (Ap 1,4). Vi do il benvenuto questa mattina, pastori eletti per pascere il gregge del Signore (Cfr. LG 21) in Arizona, nel Colorado, nel Nuovo Messico e nel Wyoming.

Questa visita "ad limina" testimonia la responsabilità che condividiamo per tutte le Chiese (Cfr. 2Co 11,28), e il nostro compito comune di custodire la verità che ci è stata affidata dallo Spirito Santo che abita in noi (Cfr. 2Tm 1,14). Stiamo vivendo questo momento di unione fraterna mentre la Chiesa si prepara a celebrare la Solennità del Corpo e del Sangue del Signore. Questa festa solenne ci offre l'opportunità di ribadire che la comunione tra le Chiese particolari nella Chiesa universale è radicata soprattutto nell'Eucaristia, dalla quale "l'unità della Chiesa è simboleggiata e prodotta" (UR 2). In tal modo ci viene ricordato che solo essere uno in Cristo nel suo offrirsi al Padre, reso presente e sacrificato sull'altare della croce, può fare di noi strumenti degni ed efficaci della santificazione dell'amato popolo di Dio.

Infatti, in questi dialoghi "ad limina" con i vescovi degli Stati Uniti ho fatto spesso riferimento al compito dei vescovi di predicare la chiamata alla santità. I miei colloqui con i membri della vostra Conferenza rafforzano in me la convinzione dell'urgente necessità di un autentico rinnovamento spirituale nella vita della Chiesa nel vostro Paese. Anche voi dovete essere persuasi del fatto che lo scopo principale del vostro ministero è quello di condurre le persone a voi affidate "a rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera" (Ep 4,23). il significato e lo scopo di tutti gli altri impegni che vi vengono affidati scaturiscono da questo compito fondamentale.


2. La scorsa settimana, ad un altro gruppo di vescovi ho parlato di alcuni aspetti del Battesimo, della Penitenza e dell'Eucaristia. Oggi desidero parlare del Matrimonio e degli Ordini sacri, due sacramenti previsti per la vita collettiva della comunità ecclesiale. Coloro che ricevono questi sacramenti vengono consacrati dallo Spirito Santo a una missione speciale nella Chiesa, sia come sposi e genitori cristiani sia come pastori di anime (CEC 1534-1535). La generale crisi di valori nella società ha avuto un effetto particolarmente dannoso sul modo in cui questi due sacramenti vengono considerati e vissuti. Ma la Chiesa, come realtà viva e dinamica la cui forza è nel Vangelo "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16), deve reagire per difendere tutta la verità e tutelare la giusta applicazione del disegno di Dio per il matrimonio e il sacerdozio.


3. Una visione che esprime la presunta autonomia assoluta del giudizio personale pretende di vedere la famiglia semplicemente come una delle numerose istituzioni disponibili, liberamente scelte, il cui scopo è promuovere l'autorealizzazione individuale. Questa visione fa sorgere tentativi di legittimare altre forme di convivenza che rivendicano diritti che appartengono soltanto alle famiglie.

Invece, per la Chiesa, il matrimonio e la famiglia sono realtà sacre. Esse non costituiscono solo uno stile di vita personale, il progetto personale degli individui coinvolti. Il rispetto per la volontà di Dio così chiaramente rivelata nell'ordine della creazione (Cfr. Gn 1,26-28) esige che la Chiesa si opponga a qualsiasi tentativo di ridefinire il matrimonio e la famiglia su altre basi. La Chiesa continua a proclamare che gli autentici valori familiari possono essere costruiti solo sulla base del matrimonio tra l'uomo e la donna come ordinato "da principio" (Cfr. Mt 19,4). I pastori dovrebbero incoraggiare i laici ad assumersi la loro piena responsabilità per la promozione di leggi civili, di politiche nazionali e di istituzioni sociali che difendano e promuovano i diritti e i doveri della famiglia nella sua autentica verità (Cfr. FC 4).

In una recente dichiarazione della Conferenza nazionale dei vescovi cattolici, avete notato con preoccupazione che gli Stati Uniti presentano "il più alto tasso di divorzi, di gravidanze adolescenziali, di denatalità e di aborti nel mondo occidentale" ("Bambini e famiglie al primo posto", II,A). Questi segnali di crisi sociale e morale rappresentano una seria sfida a cui la comunità cattolica deve rispondere con realismo pastorale. Bisognerebbe dedicarsi maggiormente al rafforzamento del senso del matrimonio e della vita familiare tra gli stessi cattolici, in particolar modo tra le giovani coppie che si preparano al matrimonio.

Un ampio ed esauriente programma di preparazione per i catecumeni ha dato eccellenti risultati in molte diocesi degli Stati Uniti. Data l'importanza del matrimonio come sacramento vocazionale attraverso la cui grazia la maggior parte degli uomini e delle donne vengono santificati, e i bambini educati nella vita così come nella fede, è certamente necessaria un'analoga preparazione spirituale per coloro che devono essere sposati "nel Signore" (Cfr. 1Co 7,39). Un rafforzamento del Pre-Cana e di altri programmi, e il coinvolgimento personale di sacerdoti nella preparazione spirituale delle coppie costituirà la base per matrimoni più saldi. Inoltre, proprio come il catecumenato è seguito da un periodo di "mystagogia", così agli sposi novelli dovrebbe essere manifestata una sollecitudine pastorale altrettanto efficace.


4. Quest'anno la Chiesa celebra il 25° anniversario della "Humanae Vitae", in cui Papa Paolo VI ribadi l'insegnamento sull'immoralità di separare - intenzionalmente e con mezzi artificiali - i due intrinseci significati dell'atto coniugale: quello della unione e quello della procreazione. Durante gli ultimi venticinque anni questo insegnamento è stato ripetuto costantemente nella Chiesa (Cfr. , ad esempio, FC 29-33). Il "catechismo della Chiesa cattolica" lo ribadisce chiaramente (Cfr. CEC 2370). Tuttavia una spiegazione insufficiente e inadeguata è almeno parzialmente responsabile del fatto che molti cattolici trovano difficile mettere in pratica questo insegnamento. La sfida consiste nel rendere più conosciuta e apprezzata la dignità e la gioia della sessualità umana vissuta secondo la verità del significato nuziale del corpo. I programmi di preparazione al matrimonio e altri sforzi pastorali volti a sostenere il matrimonio e la vita familiare, dovrebbero presentare alle coppie la piena verità del disegno di Dio affinché vivano il loro amore coniugale con integrità.

Ancora, incoraggio voi e i vostri fratelli vescovi degli Stati Uniti a sostenere con generosità i programmi di pianificazione familiare naturale. Ogni diocesi dovrebbe onestamente esaminare le proprie priorità per comprendere se fornisce i mezzi necessari per rendere più conosciuti i metodi naturali per regolare la fertilità (Cfr. FC 35).

Allo stesso modo, nel vostro ministero dovreste infondere fiducia e speranza nei genitori, sottolineando le gioie e le sfide della loro vocazione. La carità pastorale esige che le strutture della Chiesa si occupino in particolare delle famiglie in difficoltà, delle famiglie divise, delle famiglie monogenitoriali, ma anche che il punto centrale della pastorale della Chiesa sia la famiglia stabile e tradizionale in cui vengano garantite l'educazione, la socializzazione e la trasmissione della fede e dei valori cattolici. La Santa Sede, riconoscendo il valore della proposta delle Nazioni Unite di proclamare il 1994 Anno della famiglia, ha aderito volentieri a quella iniziativa. A livello locale, le diocesi e le istituzioni cattoliche devono cogliere questa opportunità per accrescere i loro sforzi per difendere e promuovere la vita familiare.


5. Riconoscendo le nuove sfide da affrontare nella preparazione degli uomini che diventeranno i sacerdoti per il terzo millennio della cristianità, l'ultimo Sinodo dei vescovi ha trattato a lungo della questione della formazione sacerdotale.

Raccogliendo i frutti di questa discussione ho di conseguenza resa pubblica l'esortazione apostolica "Pastores dabo vobis" al fine di guidare i pastori e tutti gli interessati nel loro compito di rivitalizzare la preparazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale dei seminaristi. Mi sento anche incoraggiato dall'approvazione espressa dalla vostra Conferenza riguardo al rivisto programma di formazione sacerdotale. Questo documento garantisce una solida cornice alla formazione in quanto presenta chiaramente la consacrazione sacramentale come una configurazione a Gesù Cristo così che egli può realmente agire "in persona Christi capitis" e nel nome della Chiesa (CEC 1548-1553).

Nessun altro modo di concepire il sacerdozio rende giustizia alla comprensione che ha la Chiesa delle intenzioni del Signore. Mi rimane soltanto di esortarvi ad essere esigenti nella scelta dei candidati, a fornire sacerdoti opportunamente qualificati per il ministero nei seminari e a non compromettere i livelli necessari alle sfide che oggi i sacerdoti si trovano a fronteggiare. Solamente l'Ordinario può chiamare un candidato al diaconato e al sacerdozio. perciò egli deve sentirsi personalmente responsabile davanti al Signore e davanti alla Chiesa per le decisioni che prende.

Prego affinché l'incremento dei candidati al sacerdozio, che risulta in alcune diocesi, sia l'avvio di una tendenza che si diffonda in tutti gli angoli del vostro grande Paese. I vescovi che conoscono i loro seminaristi e che occupano il loro tempo prendendosi cura di loro come figli spirituali costruiranno delle Chiese forti nella fraternità e nella comunione spirituale. In tal modo, la testimonianza coerente della vostra sollecitudine per le anime, la vostra fedeltà al Vangelo trasmesso all'interno della Chiesa, la vostra gioia interiore e il vostro stile di vita semplice, garantiranno costantemente quell'esempio dal quale gli uomini riescono, per la prima volta, a riconoscere la loro chiamata al sacerdozio.

Affinché la nuova evangelizzazione porti dei frutti, la Chiesa avrà bisogno di sacerdoti la cui vita spirituale è stata forgiata dal senso dell'ascesi, dalla disciplina interiore, dallo spirito di sacrificio e di rinuncia (PDV 48). Laddove ha fatto irruzione una cultura incentrata sull'egocentrismo e sull'auto-indulgenza, è necessario che nella formazione spirituale venga data un'attenzione specifica a queste virtù e disposizioni essenziali.


6. Il ministero sacerdotale contraddistingue l'uomo in modo permanente e indelebile nella sua intima essenza. Non si tratta di una professione o di una carriera in senso secolare. Una certa mondanità, eccessive preoccupazioni finanziarie e atteggiamenti secolari nei confronti del ritiro dal ministero sono tra i fattori che operano contro la promozione di una genuina carità pastorale che promana da una vita interiore ravvivata dallo Spirito (Cfr. PDV 19). I vescovi e i sacerdoti devono fronteggiare insieme queste esigenze e rispondere alle sfide che esse comportano. Allo stesso modo, meritano il vostro incoraggiamento quelle associazioni il cui obiettivo è sostenere i sacerdoti offrendo opportunità di aiuto fraterno e di crescita spirituale, in modo da rinvigorire l'entusiasmo per il loro ministero.

Permettetemi alcune parole di fiducia in relazione alle situazioni che addolorano profondamente voi e tanti altri, e il cui fardello tutti profondamente portiamo (Cfr. Ga 6,2). "Quale anziano come voi e testimone delle sofferenze di Cristo" (1P 5,1), condivido la vostra tristezza e l'amarezza quando coloro cui è affidato il sacro ministero vengono meno al loro impiego, divenendo causa di pubblico scandalo che incrina la fiducia delle persone nei pastori della Chiesa e danneggia la morale cattolica.

Questi fallimenti sono tragici per le vittime e per gli ecclesiastici coinvolti. Dobbiamo ardentemente pregare per tutti coloro che sono condizionati da questa condotta negativa, nella consapevolezza che il nostro Redentore è vicino a coloro che soffrono l'ingiustizia per mano altrui e che la sua misericordia raggiunge i cuori contriti.

Il fallimento di un esiguo numero di ecclesiastici fa si che sia ancora più importante che la formazione dei seminari discerna scrupolosamente il carisma del celibato fra i candidati al sacerdozio. Questa necessità non è soltanto una norma legale transitoria o una condizione imposta esternamente per l'ordinazione, ma un valore profondamente connesso alla condivisione sacerdotale della cura che lo Sposo deve avere al suo corpo, la Chiesa (Cfr. PDV 50).

Sostenendo i loro sano sviluppo psico-sessuale, una solida formazione umana e una crescita nella grazia e nella virtù farà si che i seminaristi accettino gioiosamente e vivano serenamente questo "prezioso dono di Dio" (OT 10), grazie alla quale essi condividono la donazione sponsale di Cristo alla Chiesa (Cfr. Ep 5,25-27), laddove egli ama il suo popolo con cuore puro, generoso e costante (Cfr. PDV 22).


7. In conclusione, i miei pensieri si rivolgono alla Giornata mondiale della gioventù di Denver che si avvicina rapidamente. Li ci uniremo ai giovani di tutto il mondo per professare con Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16); "Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68). Questo è un pellegrinaggio di fede e di amicizia per incontrare Cristo nella città, nella sua eucaristica offerta di sé, nelle sofferenze dei nostri fratelli e sorelle, nelle preghiere del suo popolo. Possa il Salvatore che ha dato se stesso "per la vita del mondo" (Jn 6,51) trovare giovani preparati a incontrarlo, generosamente incoraggiati dalla vostra assistenza e dal vostro entusiasmo. I giovani sono doni speciali per la Chiesa, araldi di speranza e protagonisti della nuova primavera del cristianesimo (Cfr. RMi 86) In quest'èra della Chiesa, lo Spirito Santo perpetua la grazia della Pentecoste, preservando l'unità, guidando i discepoli di Cristo alla pienezza della verità (Cfr. Jn 16,13) e rafforzando la comunione di tutti i fedeli (Cfr. DEV 25). Tuttavia, come il suo sposo e Signore, anche la Chiesa deve passare attraverso un'"ora" terrena (Cfr. Jn 17,19) di grande impegno e lavoro, perfino di sofferenza. Prego affinché Nostra Signora di Guadalupe, protettrice delle Americhe, alla quale affido i sacerdoti, i religiosi e i laici delle vostre diocesi, vi accompagni e vi rafforzi nel vostro ministero. Attraverso la sua mediazione materna possa ottenere per voi una condivisione nella sua fede incrollabile, nella costante speranza e nel fervido amore. Con la mia benedizione apostolica.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1993-06-08 Data estesa: Martedi 8 Giugno 1993



Messa per la solennità del Corpus Domini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoni della vita nuova che Cristo ha portato nel mondo




1. "Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere" (Dt 8,2).

Oggi ci raduniamo per una liturgia del cammino. L'Eucaristia che celebriamo deve diventare la via sulla quale la Chiesa che è in Roma cammina quotidianamente. Cammina così dai tempi degli apostoli. Questa via costituisce memoria di tutte quelle vie per le quali Dio conduceva il suo Popolo nel deserto.

"Il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto... Ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che neppure i tuoi padri avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore" (Dt 8,14 Dt 8,3).

La processione del Corpus Domini, la nostra liturgia del cammino, deve essere un ricordo di quelle vie. Durante quarant'anni di cammino nel deserto quelle vie si sono legate con la memoria della "manna" - del cibo che Dio mandava ogni giorno ai figli e alle figlie d'Israele.

Il cibo e la bevanda sono indispensabili per l'uomo in tutte le strade della sua esistenza terrena.


2. "I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti" (Jn 6,49).

Quel pane-manna - nutrimento quotidiano dei pellegrini - era solamente un annuncio. Esso confermava la verità che "l'uomo non vive soltanto di pane, ma di quanto esce dalla bocca del Signore".

Dalla bocca di Dio esce la Parola. La Parola eterna, consustanziale al Padre, si è fatta carne (Cfr. Jn 1,14). In essa ha raggiunto il suo apice la verità sull'uomo. In essa si è svelata anche la verità divina sul Pane della vita eterna - sul cibo e sulla bevanda che la Parola di Dio ha destinato all'uomo pellegrinante per i sentieri della storia, per i diversi deserti del mondo.

Cristo ha detto: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io daro è la mia carne per la vita del mondo" (Jn 6,51).


3. Camminando per le strade della Città Eterna, conserviamo la viva memoria di quelle vie per le quali il Dio dell'Alleanza conduceva il suo popolo attraverso il deserto. Conserviamo la viva memoria di quanto il Signore ha compiuto e continua a compiere nella nostra diocesi che ha da qualche giorno chiuso l'assemblea sinodale. La nostra vocazione di credenti è comunione nella fede. Siamo chiamati a camminare nella comunione testimoniando innanzitutto Cristo. Essere testimoni di Gesù Cristo - della Parola che si è fatta carne. Testimoni di Gesù Cristo, che nella sua carne ha accettato la morte, e dopo aver fatto morire la morte - vive!


4. Vi saluto tutti con affetto, carissimi Fratelli e Sorelle. Saluto il Cardinale Vicario e gli altri Cardinali presenti, i Vescovi Ausiliari e gli altri Vescovi presenti, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i rappresentanti delle parrocchie, delle Associazioni e dei Movimenti di impegno apostolico. Saluto tutti voi che con la vostra presenza avete voluto rendere omaggio al Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo, tesoro inestimabile che la Chiesa custodisce con gratitudine sempre nuova e fervido amore.

Si è unito a questa nostra celebrazione il Patriarca della Chiesa d'Etiopia, Sua Santità Abuna Paulos.

Questa sua partecipazione manifesta la comune fede delle nostre Chiese nell'Eucaristia, come presenza viva di Gesù Cristo tra i suoi discepoli.

Includiamo incluso la persona stessa del Patriarca e l'intera sua Chiesa nella nostra preghiera al comune Signore. Invochiamo con fervore Cristo Gesù, presente nel Sacramento dell'altare, affinché sostenga tutti, cattolici ed ortodossi, nel cammino verso la piena unità.

L'odierna celebrazione riveste per la diocesi di Roma un significato singolare. Si chiude, infatti, con la Santa Messa e la processione del Corpus Domini, l'itinerario di preparazione alla VIII Giornata Mondiale della Gioventù in programma a Denver nel prossimo mese di Agosto.

A voi giovani, che avrete la gioia di prendere parte a così importante appuntamento ecclesiale, affido il "mandato" di testimoniare con gioia la vostra fede a quanti incontrerete.

Il simbolo eucaristico del Pellicano, distintivo che porterete a Denver, e che sarà recato all'altare tra poco durante la processione offertoriale, esprime il senso di questa testimonianza evangelica a voi richiesta. Esso richiama in effetti molto bene il tema della Giornata Mondiale della Gioventù, che per la nostra Diocesi è anche tema del giorno del Corpus Domini: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10). Cari giovani, con la parola e con l'esempio siate testimoni della vita nuova che Cristo ha portato nel mondo.


5. Il mistero dell'Eucaristia, il messaggio eucaristico è verità di Vita: "Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno".

Di fronte al mondo - noi, che partecipiamo all'Eucaristia, e che nella solennità odierna camminiamo nella processione del Corpus Domini - voi giovani, in particolare, che andrete a Denver - dobbiamo essere tutti testimoni.

Testimoni della Vita, che è in noi mediante Cristo: nella potenza di quel Corpo che Egli ha dato sulla croce per la vita del mondo e nella potenza di quel sangue, che ha versato per la remissione dei peccati.

Siamo testimoni, testimoni di Cristo!


6. E' per mezzo nostro che Cristo vuole oggi proclamare: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui" (Jn 6,56).

E' per mezzo nostro che Cristo ripete alla generazione contemporanea: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risuscitero nell'ultimo giorno" (Jn 6,54).

Tutto il mistero della Vita viene qui espresso fino alla fine, fino alla pienezza escatologica: l'uomo diventa partecipe della vita eterna mediante il Corpo e il Sangue diCristo. La Vita eterna significa la Vita di Cristo in noi - la nostra Vita per Cristo in Dio.

"Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me" (Jn 6,67).

Noi siamo testimoni: "Theo-fori" - "Christo-fori" - "Pneumato- fori".

La nostra bocca umana pronuncia le parole di lode - esprime la fede della Chiesa - dà testimonianza alla Parola che si è fatta carne "perché abbiamo la vita e l'abbiamo in abbondanza" (Cfr. Jn 10,10).

Verbum - caro - vita - in aeternum! Amen.Data: 1993-06-10 Data estesa: Giovedi 10 Giugno 1993

Al Patriarca della Chiesa Ortodossa di Etiopia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una sola fede in Cristo

Sua santità,


1. E' veramente una grande gioia per me ricevere lei e coloro che l'accompagnano qui oggi. Nel dare il benvenuto a lei, patriarca della Chiesa ortodossa di Etiopia, saluto un amato fratello, colui che rappresenta una Chiesa a cui mi sento molto vicino.

In questo tempo di Pentecoste in cui celebriamo l'effusione dello Spirito Santo, che ha raccolto in uno solo coloro che una volta erano dispersi, vi porgo molto volentieri, cari fratelli, la mano in segno di benvenuto.

La vostra presenza a Roma ci ricorda quella lunga tradizione di pellegrini etiopi, che sin dal Medioevo sono venuti a Roma in gran numero per venerare la tomba del Principe degli apostoli. A loro il mio predecessore accordo sempre cordiale ospitalità dentro il Vaticano stesso. Vedo perciò la vostra visita come un proseguimento di quella venerabile tradizione, ma soprattutto come l'espressione visibile della profonda comunione che stiamo riscoprendo insieme da alcuni anni. Quanto meravigliose sono le opere dello spirito di Dio! Poiché noi, che quasi ci ritenevamo stranieri gli uni gli altri, ora ci scopriamo sempre più strettamente uniti dallo Spirito, che è la nostra riconciliazione e il legame di pace (Cfr. Ep 4,3).


2. La comunione profonda che esiste tra noi, nonostante le vicissitudini della storia, è radicata nelle realtà fondamentali della nostra fede cristiana. Poiché condividiamo la fede trasmessaci dagli apostoli, come anche gli stessi sacramenti e lo stesso ministero, radicati nella successione apostolica. Questo fu energicamente asserito nel magistero del Concilio Vaticano II (Cfr. UR 15).

Per di più oggi possiamo affermare di avere una sola fede in Cristo, anche se per un lungo periodo ciò è stato una causa di divisione tra di noi. Anche se le nostre tradizioni usano formulazioni diverse per esprimere lo stesso ineffabile mistero dell'unione di umanità e divinità nel Verbo fatto carne, le nostre due Chiese in pieno accordo con la fede apostolica riconoscono sia la distinzione che la completa unione di umanità e divinità nella persona di Gesù Cristo, Figlio di Dio. E' così che la Chiesa ortodossa di Etiopia e la Chiesa cattolica confessano la stessa fede in Colui che sempre rimane "La Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6), il Signore e Salvatore del mondo. Tutto ciò deve spronarci a cercare nuove e adatte vie per favorire la riscoperta della nostra comunione nella concreta vita quotidiana dei fedeli delle nostre due Chiese.

Dobbiamo fare tutto il possibile per sanare i ricordi di incomprensione del passato e promuovere nuovi atteggiamenti basati sul perdono, sulla stima e il rispetto reciproci. Dobbiamo respingere tutta l'ostilità e ogni spirito di rivalità tra di noi, cosicché possiamo impegnarci risolutamente, attraverso la collaborazione reciproca, nell'edificazione delle nostre Chiese.


3. Mentre guidiamo i nostri fedeli verso la riscoperta della piena comunione, cerchiamo di evitare qualsiasi cosa che possa seminare confusione tra loro. Posso assicurarla che questo è il desiderio dei vescovi cattolici in Etiopia. Cattolici e ortodossi - nel riconoscimento e rispetto reciproci come pastori di quella parte del gregge che è affidata a ciascuno - non possono avere nessun altro scopo se non la crescita e l'unità del popolo di Dio. Questo è ciò che si aspettano i vostri fedeli che sono convinti che "i fratelli, un tempo partecipi delle medesime sofferenze e prove, non devono oggi contrapporsi fra loro, ma guardare al futuro che si dischiude con promettenti segni di speranza" ("Lettera sulle relazioni tra Cattolici e Ortodossi", 31 maggio 1991 n. 2).

Il campo per la cooperazione è vasto. Esso dovrebbe cominciare con un miglioramento nei rapporti fraterni a ogni livello, ma soprattutto tra coloro che hanno il compito della guida. Avendo restaurato questo dialogo di carità tra di noi, possiamo essere più fiduciosi quando chiediamo al Signore con un solo cuore il dono dell'unità, soprattutto in occasione dell'universale Settimana di preghiera per l'unita dei cristiani, il cui tema, come sapete, è preparato ogni anno congiuntamente dal Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani e dal Consiglio mondiale delle Chiese, a cui sin dall'inizio è appartenuta la vostra Chiesa.

Infine, le circostanze del tempo presente ci richiedono di lavorare insieme nel campo pastorale in modo da non porre alcun ostacolo sulla via della "più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura" (Cfr. UR 1).

Penso in modo particolare alla formazione dei futuri sacerdoti e operatori parrocchiali in cui la Commissione cattolica per la collaborazione culturale è già impegnata fornendo borse di studio per studenti ortodossi d'Etiopia in modo che possano proseguire i loro studi e intraprendere specializzazioni; penso anche alla Liturgia, nostra antica eredità, che, per rimanere viva, deve essere accessibile alla gente dei nostri giorni; cito anche, ed è tra i problemi più urgenti, il lavoro pastorale tra gli Etiopi che sono emigrati in Europa e nel Nord America: così pure l'evangelizzazione dei giovani, l'opera di carità tra i rifugiati, e tutte le molte forme di sviluppo, che sono necessarie per ricostruire il paese dopo così tanti e difficili anni.


4. In questa fausta occasione, desidero ripetere a sua santità il profondo rispetto in cui la Chiesa ortodossa d'Etiopia è tenuta dalla Chiesa cattolica per aver mantenuto e preservato durante i secoli il patrimonio della fede e della cultura cristiana. Il battesimo dell'Etiopia che è riportato negli Atti degli apostoli (8,27-39) testimonia le antiche origini della vostra fede cristiana.

Seguendo la sua guida, e con la stessa gioia, il popolo etiope ha abbracciato il Vangelo e gli è rimasto fedele nonostante le molte sofferenze che ha dovuto sopportare, anche recentemente. Lo stretto legame tra la fede e la cultura etiope, la permanenza di antiche tradizioni monastiche, le ricchezze e lo splendore della vostra liturgia: queste sono le molte cose che la Chiesa cattolica osserva con sincera ammirazione.

Miei cari fratelli, da alcuni giorni state andando ai principali luoghi di pellegrinaggio di Roma. Avete già pregato presso la tomba dell'apostolo Pietro e continuerete questo pomeriggio e domani a visitare le grandi basiliche e i preziosi tesori cristiani di questa venerabile città. Sono molto felice anche che stiate cogliendo l'opportunità di visitare le comunità viventi, sia i monasteri che le parrocchie, dove i cristiani cercano di celebrare e mettere in pratica la loro fede. E' mia ardente preghiera che questi incontri spirituali tra le nostre Chiese possano dimostrare pubblicamente la forza del nostro desiderio di piena comunione. Attraverso l'intercessione di Maria la gran Madre di Dio, lo Spirito Santo affretti il giorno in cui potremo ancora una volta mangiare e bere presso la stessa tavola del Signore.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1993-06-11 Data estesa: Venerdi 11 Giugno 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Al nuovo Ambasciatore di Romania - Città del Vaticano (Roma)