GPII 1994 Insegnamenti



Giovanni Paolo II

1994 Insegnamenti


L'omelia durante la Santa Messa nella Basilica Vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Imploriamo la divina benedizione di pace sulle nazioni del mondo intero



1. Cari fratelli e sorelle, carissimi Pueri Cantores, sia lodato Gesù Cristo.

Pueri Cantores, voi siete venuti in questo primo giorno dell'anno 1994 per cantare, e cantando implorare da Dio una benedizione per tutti voi, per le vostre famiglie, per i vostri popoli, per tutto il mondo. Siete venuti, carissimi, per implorare la pace per il nostro continente, per tutti i continenti del mondo. Che il Signore sia con voi e sia con noi attraverso i vostri bellissimi canti.

Passiamo alla meditazione della Parola di Dio.

"Dio mando il suo Figlio, nato da donna..." (Ga 4,4).

Queste parole della Lettera ai Galati si riferiscono al mistero del Natale. E' giusto perciò leggerle nel giorno che chiude l'ottava di questa grande solennità, giorno dedicato alla Maternità di Maria: "Theotokos", Madre di Dio.

E' lei la Vergine di cui parla san Paolo; è ancora lei la donna di Cana di Galilea, di cui riferisce il Vangelo di Giovanni ed è infine lei la madre presente ai piedi della Croce insieme con l'Apostolo prediletto.


2. Dio ha mandato il suo Figlio "perché ricevessimo l'adozione a figli" (Ga 4,5).

Nella notte di Betlemme, Egli provvede alla nascita umana del Verbo mediante la libera collaborazione della Vergine, affinché si compia, in armonia col suo eterno disegno, ciò a cui aspira il cuore dell'uomo: poter rivolgersi a Dio chiamandolo col nome di Padre. Soltanto un figlio può dire a Dio: "Abbà, Padre!" (Ga 4,6).

E' dunque Dio stesso a volere che noi siamo simili a Lui, "figli nel Figlio", che siamo "come Dio" (cfr. Ep 1,5). Tale originaria aspirazione dell'uomo è stata pero distorta fin dall'inizio, diventando il tema della tentazione posta in atto dallo spirito del male.

Come è eloquente quanto san Paolo scrive nel seguito della Lettera ai Galati: "E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!" (Ga 4,6). C'era bisogno di questo doppio invio - quello del Figlio e quello dello Spirito Santo - per realizzare l'intima aspirazione dell'uomo alla comunicazione con Dio. C'era bisogno del Natale! Bisognava che il Figlio eterno fosse concepito per opera dello Spirito Santo e, divenuto uomo, nascesse nella notte di Natale come Figlio di Maria.


3. Nel corso dell'ottava di Natale abbiamo riflettuto su questo e continuiamo a riflettervi ancora oggi in riferimento a Maria. San Luca scrive: "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19). Non poteva non meditarle! Quale donna avrebbe potuto dimenticare il saluto dell'angelo? Con tale saluto l'eterno Padre costituisce Maria Madre del suo Figlio: "Ecco concepirai un Figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù" (Lc 1,31).

Maria, essendo vergine e desiderando rimanerlo, domanda in che modo ciò potrà verificarsi. "Lo Spirito Santo scenderà su di te, - è la risposta dell'angelo - su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35). Questa parola Maria ricorderà, meditandola nel suo cuore durante tutta la sua vita, durante tutta l'eternità.

Oggi celebriamo anche questa eternità di Maria, Theotokos. Capirà così sempre meglio il mistero dell'incarnazione del Verbo di Dio, fattosi uomo nel suo seno verginale.


4. Avvenimento senza precedenti nella storia dell'umanità è il Natale, punto decisivo della storia della salvezza. La prodigiosa maternità di Maria appartiene a questo mistero: giustamente, pertanto, la celebriamo nel giorno ottavo del Natale.

Oggi, poi, ricordiamo un grande momento della storia della Chiesa antica, il Concilio di Efeso, nel quale fu autorevolmente definita la divina maternità della Vergine: Maria è Madre non soltanto della natura umana di Cristo, come affermava Nestorio, bensi vera Madre di Dio, poiché Colui che ha generato è l'unigenito Figlio di Dio.

La verità sulla divina maternità di Maria trovo eco a Roma dove, poco dopo, fu costruita la Basilica di Santa Maria Maggiore, il primo santuario mariano di Roma e dell'intero Occidente, nel quale si venera l'immagine della Madre di Dio - la "Theotokos" - con il bel titolo di "Salus populi romani".


5. "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19). Erano cose della massima importanza: per lei come pure per noi! Per tutta la vita Maria avrebbe continuato a ricordare gli eventi attraverso i quali Iddio la conduceva. Ricordava la notte di Natale, la grande premura di Giuseppe, avvertito da Dio del pericolo incombente sul Bambino, la fuga in Egitto. Ricordava anche quanto aveva udito dalla bocca di Simeone, al momento della presentazione del Bambino al Tempio; e le parole di Gesù, a pena dodicenne, in occasione della prima visita al Tempio: "Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" (Lc 2,49). Tutto questo ricordava, meditandolo nel suo cuore. Si può supporre che in seguito ne abbia parlato agli Apostoli ed ai discepoli, a san Luca e a san Giovanni. In questo modo la verità sulla divina maternità trovo il suo posto nei Vangeli.


6. La Madre di Dio - la "Theotokos" - è diventata così la prima testimone del grande mistero natalizio, del grande mistero pasquale. Prima che gli Apostoli rendessero testimonianza a Cristo crocifisso e risorto, prima che Paolo iniziasse l'evangelizzazione dei pagani, era stata chiamata lei: chiamata ed inviata. La sua testimonianza discreta, materna cammina con la Chiesa sin dalle origini. Ella, Madre di Dio, è anche Madre della Chiesa e, in questa Chiesa, è Madre di tutti gli uomini e di tutti i popoli. Maria è con noi. I suoi santuari testimoniano in ogni angolo della terra la sua mirabile presenza, sensibile alle necessità di ogni uomo, sollecita nel prevenire il male che mette in pericolo non soltanto l'esistenza di individui e di famiglie, ma di intere nazioni.

Non si può spiegare diversamente la presenza della Madonna con le sue discrete esortazioni: - a Guadalupe in Messico; - a Jasna Gora in Polonia e in altri Santuari del centro e dell'Est d'Europa; - a Lourdes ed a Fatima, ed in tanti altri Santuari del mondo, fra i quali quello di Loreto di cui si celebrerà il settimo centenario.


7. "Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio (...) e ti conceda la pace" (Nb 6,25-26). Ci siamo riuniti nella Basilica di san Pietro il primo giorno dell'Anno Nuovo, perché questa benedizione di pace raggiunga le nazioni del mondo intero.

Per questo è tanto significativa, illustri Signori Ambasciatori presso la Sede Apostolica, l'odierna vostra presenza. Voi siete al servizio della causa della pace e della giustizia nel mondo.

La Chiesa segue le problematiche relative a tali fondamentali valori con particolare premura.

In questa Giornata della Pace saluto cordialmente il Presidente dei Pontifici Consigli "lustitia et Pax" e "Co Unum", l'instancabile Cardinale Roger Etchegaray, e tutti i suoi collaboratori e collaboratrici. Saluto anche il Cardinale Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il suo Segretario e gli altri collaboratori, all'inizio di questo "Anno della Famiglia".

Li ringrazio per quanto fanno, perché il ministero petrino a favore della pace e della giustizia possa costantemente sintonizzarsi col ritmo del cuore della Chiesa. Ringrazio il Signor Cardinale Etchegaray in particolare per le sue iniziative, per le visite alle Chiese e Nazioni, specialmente a quelle più travagliate come ultimamente il Burundi. Tale costante sollecitudine consente al Papa di svolgere efficacemente il suo ministero. Si tratta di un servizio d'amore per tutti gli uomini e per tutti i popoli.

Come non raccogliere oggi in un unico, riconoscente abbraccio quanti con generosità aiutano il Papa nel suo servizio? Penso, tra gli altri, ai rappresentanti della Sede Apostolica nelle varie nazioni, ai membri della Curia Romana, del Governatorato della Città del Vaticano e del Vicariato della Diocesi di Roma. Penso anche a quanti generosamente offrono i loro servizi in questa Basilica che si erge sulla Tomba dell'Apostolo Pietro. Sono lieto oggi, come ho già espresso all'inizio, di salutare i Pueri Cantores che con la loro presenza e le loro voci rendono particolarmente solenne questa Messa.


8. "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando il suo Figlio, nato da donna (...) perché ricevessimo l'adozione a figli" (Ga 4,4-5). All'inizio dell'Anno Nuovo, è necessario ricordarsi che anche questo giorno è compreso nel mistero paolino della "pienezza del tempo".

Oggi, insieme alla divina maternità di Maria, splende davanti a noi la maternità della Chiesa. La Chiesa, infatti, è Madre e lo diventa sempre nuovamente, fissando lo sguardo su Maria, quale suo archetipo: "Ecclesiae typus", come dice sant'Ambrogio (Expos. Lc. II,7; PL 15,1635 D; cfr. LG 63).

Anche la Chiesa, come Maria, vive profondamente, conserva e medita nel suo cuore i problemi dell'intera famiglia umana.

A Maria accorrono i popoli da ogni angolo della terra. Si rivolgono a lei in modo particolare quanti sono maggiormente provati e tormentati: i popoli dell'Africa, del Terzo mondo, e Nazioni della Penisola Balcanica e del Vicino Oriente.

Tutti guardano a lei: la sua divina maternità è diventata il grande patrimonio dell'umanità. Sotto il suo manto materno si ritrovano in qualche modo anche popoli lontani, che non conoscono il mistero di Gesù Cristo. Molti, pur ignorando il Figlio di Dio, sanno della Vergine Maria e già questo li avvicina in qualche modo al grande Mistero del Natale del Signore. Essi si avvicinano così al cuore della Chiesa, come i pastori a Betlemme, per ritornare, poi, come loro, lodando e glorificando Dio per ogni bene contemplato.

Il Capodanno è giorno di lode singolare a Dio, giorno di grande implorazione per ottenere la divina benedizione sull'anno che incomincia e che la Chiesa, in sintonia con l'iniziativa delle Nazioni Unite, intende celebrare con impegno quale Anno della Famiglia. Per questo la presente Giornata ha come tema: "Dalla famiglia nasce la pace della Famiglia umana".

Nel corso del nuovo anno il Signore faccia brillare il suo volto su tutte le famiglie e sia loro propizio.

Il Signore ci benedica e ci conceda la pace. Questo imploriamo con il vostro canto, carissimi Pueri Cantores di tanti Paesi del nostro continente e di tutta la terra.

Sia lodato Gesù Cristo.

Data: 1994-01-01 Data estesa: Sabato 1 Gennaio 1994





Angelus con i fedeli in piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In un orizzonte a tratti minaccioso e fosco la pace rimane la più grande sfida del nostro tempo




1. Oggi, primo giorno del nuovo anno, celebriamo la XXVII Giornata Mondiale della Pace, che ha come tema "Dalla famiglia nasce la pace della famiglia umana". Era ben giusto che, nell'Anno della Famiglia, il tema dell'odierna ricorrenza facesse alla famiglia diretto riferimento. Ed è pertanto anzitutto alle famiglie del mondo intero che desidero far giungere i miei auguri di serenità e di pace, attingendoli a quella sorgente inesauribile di ogni bene che è il mistero del Santo Natale.

Sono auguri cordialissimi, che estendo a tutti i popoli, ad ogni uomo e ad ogni donna.

Anche l'aprirsi di questo nuovo anno, carissimi fratelli e sorelle, ci presenta un orizzonte che, pur non privo di sprazzi di luce, appare a tratti minaccioso e fosco. Non mancano, è vero, incoraggianti segnali di distensione e di pace, ma nonostante ciò, si deve riconoscere che la pace continua ad essere umiliata da conflitti fraticidi che non accennano a placarsi. Essa è ferita dal persistere dell'iniquo divario tra Nord e Sud del pianeta e dall'incubo di una vasta crisi economica che pesa sulle classi sociali meno protette. E' insidiata, inoltre, da un diffuso rigurgito di nazionalismi e localismi, che mettono popolo contro popolo, là dove invece le legittime diversità etniche e culturali andrebbero generosamente integrate con la comune ricchezza dell'universale famiglia umana, nel rispetto della dignità di ogni persona e nell'impegno di una rinnovata solidarietà mondiale.


2. La pace rimane la più grande sfida del nostro tempo. E' un bene da difendere e promuovere con tenacia, mediante la collaborazione generosa di ogni uomo di buona volontà. Essa, prima che nelle sedi diplomatiche e politiche, deve nascere nell'intimo delle menti e dei cuori.

Un ruolo decisivo per la sua costruzione spetta indubbiamente alla famiglia. E' nella famiglia, infatti, che l'uomo apprende il segreto della pace, sperimentando il calore dell'accoglienza ed esercitandosi giorno dopo giorno nella disciplina degli affetti, nello sforzo della tolleranza, nell'impegno della comunione. Per questo, chi lavora per la famiglia, lavora per la pace! Ai nostri giorni la famiglia deve fare i conti con crescenti difficoltà, che rischiano di turbarne la serenità. Mi auguro che l'Anno della Famiglia "costituisca per tutti coloro che intendono contribuire alla ricerca della vera pace... un'utile occasione per studiare insieme come aiutare la famiglia ad adempiere appieno il suo insostituibile compito di costruttrice di pace" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1).


3. Vergine Santa! Regina della Pace! In questo primo giorno dell'anno la liturgia Ti onora come Madre di Dio, Theotokos, titolo che non esprime solo la tua grandezza, ma costituisce pure la nostra speranza. Tu hai portato nel grembo il Figlio di Dio: a Te Egli non può dire di no.

Ottienici, o Madre, il dono della pace. Genera sentimenti e propositi di pace in tutte le famiglie del mondo. Sii, con la tua potente intercessione, Madre della nostra pace.

Data: 1994-01-01 Data estesa: Sabato 1 Gennaio 1994





Lettera Apostolica "Motu Proprio" per l'istituzione della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali


Le indagini delle scienze sociali (Socialium Scientiarum investigationes) possono efficacemente contribuire al miglioramento dei rapporti umani, come dimostrano i progressi realizzati nei diversi settori della convivenza, soprattutto nel corso del secolo che volge ormai al suo termine. Per questo motivo la Chiesa, sempre sollecita del vero bene dell'uomo, si è volta con crescente interesse a questo campo della ricerca scientifica, per trarne indicazioni concrete nell'adempimento dei suoi compiti magisteriali.

Il centenario dell'Enciclica "Rerum Novarum" ha offerto l'opportunità di prendere più chiara coscienza dell'influsso esercitato da quel documento nella mobilitazione delle coscienze dei cattolici e nella ricerca di soluzioni costruttive ai problemi posti dalla questione operaia.

Nell'Enciclica "Centesimus Annus", commemorativa di tale centenario, scrivevo che quel documento aveva conferito alla Chiesa quasi uno "statuto di cittadinanza" (cfr. CA 5) nelle mutevoli realtà della vita pubblica. In particolare, con quella Enciclica la Chiesa avvio un processo di riflessione, grazie al quale, nella scia della precedente tradizione risalente già al Vangelo, venne formandosi quell'insieme di principi che prese poi il nome di "dottrina sociale" nel senso stretto della parola. Essa si rese conto in tal modo che dall'annuncio del Vangelo scaturiscono "luce e forza" per l'ordinamento della vita della società. Luce, in quanto dal messaggio evangelico la ragione, guidata dalla fede, è in grado di trarre principi decisivi per un ordinamento sociale degno dell'uomo. Forza, in quanto il Vangelo, accolto nella fede, non è solo trasmissione di principi teorici, ma anche comunicazione di energie spirituali per l'assolvimento degli impegni concreti derivanti da quei principi.

Negli ultimi cento anni, la Chiesa ha gradualmente consolidato questo suo "statuto di cittadinanza", perfezionando la dottrina sociale, sempre in stretto collegamento con lo sviluppo dinamico della società moderna. Quando, 40 anni dopo la Rerum Novarum, la questione operaia era diventata un'ampia questione sociale, Pio XI diede con la sua Enciclica "Quadragesimo anno" chiare indicazioni per il superamento della divisione della società in classi. Quando sistemi totalitari minacciavano la libertà e la dignità dell'uomo, Pio XI e Pio XII protestarono con messaggi vigorosi e, dopo la seconda guerra mondiale, quando l'Europa era in gran parte distrutta, ancora Pio XII con ripetuti interventi, e poi Giovanni XXIII con le sue Encicliche "Mater et Magistra" e "Pacem in terris", indicarono il cammino verso la ricostruzione sociale ed il consolidamento della pace. Il Concilio Ecumenico Vaticano II con la Costituzione pastorale "Gaudium et spes" inseri la trattazione dei rapporti tra la Chiesa e il mondo in un vasto contesto teologico e dichiaro che "principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali è e deve essere la persona umana" (GS 25). Negli anni 70, quando con sempre maggiore evidenza si andava rivelando il dramma dei Paesi in via di sviluppo, il Papa Paolo VI, di fronte a una visione economica unilaterale, con la sua Enciclica Populorum progressio traccio il programma per uno sviluppo integrale dei popoli. Nei tempi recenti, con le mie tre Encicliche sociali, ho preso posizione nei confronti di decisivi problemi della società: la dignità del lavoro umano (Laborem exercens), il superamento dei blocchi economici e politici (Sollicitudo rei socialis), in seguito al crollo del sistema del socialismo reale, l'edificazione di un nuovo ordine nazionale e internazionale (Centesimus Annus).

Questa breve sintesi vuole dimostrare che, negli ultimi cento anni, la Chiesa non ha rinunciato alla "parola che le spetta" - come disse Leone XIII - ma che, anzi, ha continuato ad elaborare ciò che Giovanni XXIII ha chiamato la "ricca eredità" della dottrina sociale cattolica.

Un dato emerge con chiarezza dall'esame di questi cento anni di storia: la Chiesa è riuscita a costruire il ricco patrimonio della dottrina sociale cattolica grazie alla stretta collaborazione, da un lato, con i movimenti sociali cattolici, dall'altro, con gli esperti in scienze sociali. Già Leone XIII aveva sottolineato questa collaborazione e Pio XI parlo con riconoscenza del contributo offerto all'elaborazione della dottrina sociale dagli studiosi di quel ramo delle scienze umane. Giovanni XXIII, per parte sua, nell'Enciclica "Mater et Magistra" sottolineava che la dottrina sociale deve sempre sforzarsi di tener conto del "vero stato delle cose", mantenendosi a tal fine in costante dialogo con le scienze sociali. Il Concilio Ecumenico Vaticano II, infine, ha preso chiaramente posizione in favore della relativa "autonomia delle realtà terrene" (GS 36), la quale, oltre la considerazione teologica, è oggetto delle scienze sociali e della filosofia. Questa pluralità di approcci non contraddice in alcun modo gli enunciati della fede. Tale legittima autonomia dovrà, pertanto, essere tenuta nella debita considerazione dalla Chiesa e soprattutto dalla sua dottrina sociale.

Io stesso nell'Enciclica "Sollicitudo rei socialis" ho rilevato che la dottrina sociale cattolica potrà assolvere i suoi compiti nel mondo di oggi soltanto "con l'ausilio della riflessione razionale e delle scienze umane" (SRS 1), perché, nonostante la validità perenne dei suoi principi di base, essa è condizionata nella sua attuazione anche "dal variare delle condizioni storiche e dall'incessante fluire degli avvenimenti" (SRS 3).

Da ultimo, in occasione dell'anno centenario della "Rerum Novarum", ho sottolineato come, dopo il crollo del sistema del socialismo reale, la Chiesa e l'umanità si trovino davanti a gigantesche sfide. Il mondo non è più spaccato in due blocchi nemici e, tuttavia, si trova di fronte a nuove crisi economiche, sociali e politiche di dimensioni planetarie. La Chiesa, pur non attribuendosi la competenza di presentare risposte tecniche adeguate a tutti questi problemi, si sente più che mai obbligata a dare il suo contributo per la salvaguardia della pace e per la costruzione di una società degna dell'uomo. Per far ciò, tuttavia, essa abbisogna di un contatto approfondito e costante con le scienze sociali moderne, con le loro ricerche e con i loro risultati. In tal modo essa "entra in dialogo con le varie discipline che si occupano dell'uomo, ne integra in sé gli apporti e le aiuta ad aprirsi verso un orizzonte più ampio" (CA 59).

Di fronte ai grandi compiti che riserva l'avvenire, questo dialogo interdisciplinare, già coltivato in passato, dev'essere ora riformulato. In considerazione di ciò, dando attuazione a quanto già annunciato nel mio discorso del 23 dicembre 1991, in data odierna erigo la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali con sede nella Città del Vaticano. Come risulta dal suo Statuto, quest'Accademia è istituita "col fine di promuovere lo studio ed il progresso delle scienze sociali, economiche, politiche e giuridiche, alla luce della dottrina sociale della Chiesa" (art. 1).

Nell'invocare la divina assistenza sull'attività della nuova Accademia, i cui lavori non manchero di seguire con vivo interesse, imparto a tutti i suoi Membri e Collaboratori una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, il 1° Gennaio dell'anno 1994, sedicesimo di Pontificato.

(La Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, come previsto dallo Statuto, è sostenuta da una Fondazione il cui Consiglio è formato da otto Membri.

Essi sono: prof. Herbert Batliner, Presidente; sig. Cornelius Fetsch; prof. Herbert Schambeck; sig. Philippe de Weck; sig. Alfons Horten; rev. p. Arthur Utz, O.P.; mons. Roland Minnerath; dott. Martin Strimitzer.

Sua Eccellenza Monsignor Squicciarini, Nunzio Apostolico a Vienna, è il Rappresentante della Santa Sede presso il Consiglio di Fondazione per la promozione della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.)

Data: 1994-01-01 Data estesa: Sabato 1 Gennaio 1994





Angelus - La famiglia protagonista e fucina di pace per la società

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Ieri abbiamo celebrato la Giornata Mondiale della Pace. Nel Messaggio che ho pubblicato per la circostanza, ho voluto evidenziare il ruolo della famiglia per la costruzione della pace. Il mio auspicio cordiale è che l'Anno della Famiglia, iniziato il 26 dicembre scorso, festa della Santa Famiglia, possa far rifulgere ulteriormente tale sua preziosa e insostituibile funzione.

Non mi nascondo che la famiglia appare essa stessa, non di rado, vittima dell'assenza di pace. Troppe famiglie, a causa dei conflitti che imperversano in alcune regioni del mondo, "sono costrette ad abbandonare casa, terra e beni per fuggire verso l'ignoto; o sono comunque sottoposte a traversie penose che pongono in forse ogni certezza" (Messaggio, n. 3). E come non lamentare quelle altre situazioni non meno dolorose, che attentano al cuore stesso dei rapporti familiari, perché originate non tanto da cause esterne, quanto dall'influsso deleterio di "modelli di comportamento ispirati all'edonismo e al consumismo, che spingono i membri della famiglia alla ricerca di personali giustificazioni piuttosto che di una serena e operosa vita comune" ()? In quante famiglie attecchisce il germe della divisione! Quante coppie vedono sfiorire il loro amore e scivolano sulla china dell'incomprensione reciproca fino alla separazione; quante giungono persino al divorzio, che contraddice il vincolo voluto da Dio come base indistruttibile della vita familiare!


2. Ma nonostante queste minacce esterne ed interne, la famiglia resta l'istituzione che risponde nel modo più immediato alla natura dell'essere umano, ed è pertanto chiamata per vocazione nativa a diventare protagonista della pace (cfr. CA 5). Ad onta di ogni insidia, essa "resta la più completa e più ricca scuola di umanità, nella quale si vive l'esperienza più significativa dell'amore gratuito, della fedeltà, del rispetto reciproco e della difesa della vita" (Messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, n. 1: in "L'Osservatore Romano", 29 dicembre 1993).

Tutto questo ovviamente non avviene in modo automatico. Urge, proprio a partire dalle famiglie, una rinnovata consapevolezza etica, nel riconoscimento che dall'osservanza della legge morale dipende il vero benessere dell'umanità e l'autenticità stessa della libertà, come ho ricordato nell'Enciclica "Veritatis Splendor". Una famiglia, che si preoccupa di vivere secondo la legge morale, fa al suo interno la prima e fondamentale esperienza di pace, e diventa fucina di pace per il resto della società.


3. Invochiamo Maria, Madre e Regina della Pace.

Ella, durante la sua vita terrena, ha conosciuto non poche difficoltà, legate alla quotidiana fatica dell'esistenza. Ma mai ha smarrito la pace del cuore, frutto anche della santità e della serenità di quel singolare focolare domestico. Voglia Ella indicare alle famiglie del mondo intero la via sicura dell'amore e della pace.

(Il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ad alcuni gruppi presenti in Piazza San Pietro:) Saluto, poi, cordialmente i giovani della Parrocchia del Duomo di Fidenza ed auguro loro che la visita a Roma li aiuti a crescere nella fede e nel senso di appartenenza ecclesiale, per essere protagonisti della nuova evangelizzazione.

Un saluto particolare rivolgo ora ai fedeli della parrocchia di Santa Maria Maggiore in Poirino, diocesi di Torino, i quali, in occasione del quarto centenario della consacrazione della loro chiesa, hanno voluto venire a Roma per ritemprare la loro fede presso le Tombe degli Apostoli. Partecipa al pellegrinaggio anche un gruppo di fedeli della parrocchia di Sàntena.

Questa visita, carissimi, confermi i vostri propositi di coerente vita cristiana per una sempre incisiva testimonianza evangelica.

Data: 1994-01-02 Data estesa: Domenica 2 Gennaio 1994





Al termine della recita dell'Angelus - Città del vaticano (Roma)

Titolo: Si convertano i responsabili e restituiscano le persone rapite all'affetto dei loro cari

In questa prima domenica del nuovo anno desidero rinnovare il mio pressante appello per la liberazione di tutti coloro che si trovano ancora in mano dei loro rapitori. Desidero, in particolare, far giungere l'espressione della mia solidarietà e della mia spirituale vicinanza alle famiglie dei sequestrati, dei quali non si hanno notizie da tempo. Prego il Signore di toccare il cuore di coloro che in qualsiasi modo sono responsabili di tali efferati ed ignobili attentati alla vita umana, perché comprendano il male commesso e, memori della giustizia divina, si convertano e restituiscano le persone rapite all'affetto dei loro cari. Possa la grazia divina infondere in tutti sentimenti di riconciliazione e di pace.

Data: 1994-01-02 Data estesa: Domenica 2 Gennaio 1994






Lettera ai Vescovi italiani - La responsabilità dei cattolici di fronte alle sfide dell'attuale momento storico

Carissimi Vescovi italiani!


1. "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 1,7).

L'attuale momento storico, segnato da eventi di singolare rilevanza sociale, costituisce anche per i cattolici italiani un forte richiamo alla decisione ed all'impegno. Consapevole delle formidabili sfide che emergono dai "segni dei tempi", come Vescovo di Roma mi rivolgo con profondo affetto a voi, Vescovi delle Chiese che sono nella penisola e nelle isole, Vescovi del Nord, del Centro e del Sud d'Italia, per condividere preoccupazioni e speranze e, in particolare, per rendere testimonianza a quell'eredità di valori umani e cristiani che rappresenta il patrimonio più prezioso del popolo italiano. Questa eredità ho voluto ricordare in occasione del messaggio natalizio al mondo e su di essa è nostro dovere soffermarci a riflettere in prossimità ormai della fine del secondo Millennio.

Si tratta, innanzitutto, dell'eredità della fede, qui suscitata dalla predicazione apostolica fin dai primissimi anni dell'era cristiana e presto avvalorata dall'effusione del sangue di numerosissimi martiri. Il seme sparso da Pietro e da Paolo e dai loro discepoli ha messo profonde radici nell'animo delle popolazioni di questa terra, favorendone il progresso anche civile e suscitando fra di esse nuovi e fecondi vincoli di coesione e di collaborazione.

Rendere testimonianza a tre grandi eredità Si tratta, poi, dell'eredità della cultura, fiorita su quel comune ceppo nel corso delle generazioni. Quali tesori di conoscenze, di intuizioni, di esperienze sono venuti accumulandosi anche grazie alla fede e si sono poi espressi nella letteratura, nell'arte, nelle iniziative umanitarie, nelle istituzioni giuridiche e in tutto quel tessuto vivo di usi e costumi che forma l'anima più vera del popolo! E' una ricchezza a cui si guarda con ammirazione e, potremmo dire, con invidia da ogni parte del mondo. Gli italiani di oggi non possono non esserne consapevoli e fieri.

Si tratta, infine, dell'eredità dell'unità, che, anche al di là della sua specifica configurazione politica, maturata nel corso del secolo XIX, è profondamente radicata nella coscienza degli italiani che, in forza della lingua, delle vicende storiche, della comune fede e cultura, si sono sempre sentiti parte integrante di un unico popolo. Questa unità si misura non sugli anni, ma su lunghi secoli di storia.

Dai cambiamenti epocali del 1989 ai nuovi scenari dei prossimi anni


2. La situazione sociale e politica, che l'Italia sta vivendo in questa fase delicata della sua storia, risente indubbiamente dei cambiamenti epocali verificatisi in Europa nel corso di quell'anno straordinario che è stato il 1989.

Alla precedente contrapposizione fra i due blocchi, comunemente designati con i nomi convenzionali dell'Est e dell'Ovest, ha fatto seguito un "crollo repentino e veramente straordinario del sistema comunista", dovuto sicuramente a "ragioni di carattere economico e socio-politico", ma più in profondità ad "una motivazione etico-antropologica e, in definitiva, spirituale" (cfr. Dichiarazione conclusiva dell'Assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, n. 1).

Il mutato quadro geopolitico europeo appare così in costante evoluzione, preannunciando per i prossimi anni grandi sfide e nuovi scenari: mentre infatti progredisce, da una parte, il cammino verso l'unità europea, si pone, dall'altra, in modo acuto il problema dei rapporti tra le nazioni e non di rado si registrano rigurgiti di esasperato nazionalismo, soprattutto nei Paesi dell'Est europeo e nei Balcani, come dolorosamente dimostra la triste situazione dei giorni nostri.

Per l'edificazione della nuova Europa sviluppare e rafforzare l'eredità dei padri dell'Europa contemporanea, animati da profonda fede cristiana


3. Ecco perché, proprio a partire da una lettura dei "segni dei tempi" alla luce dei valori di umana e cristiana solidarietà, mi sembra quanto mai importante ed urgente proseguire coraggiosamente lo sforzo di edificazione della nuova Europa, in convinta adesione a quegli ideali che, nel recente passato, hanno ispirato e guidato statisti di grande levatura, quali Alcide De Gasperi in Italia, Konrad Adenauer in Germania, Maurice Schuman in Francia, facendone i padri dell'Europa contemporanea. Non è significativo che, tra i principali promotori della unificazione del continente, vi siano uomini animati da profonda fede cristiana? Non fu forse dai valori evangelici della libertà e della solidarietà che essi trassero ispirazione per il loro coraggioso disegno? Un disegno, peraltro, che ad essi appariva giustamente realistico, nonostante le prevedibili difficoltà, per la lucida consapevolezza che essi avevano del ruolo svolto dal cristianesimo nella formazione e nello sviluppo delle culture presenti nei diversi Paesi del continente.

L'eredità spirituale e politica, tramandata da queste grandi figure storiche, va pertanto non solo custodita e difesa, ma sviluppata e rafforzata.

Occorre una generale mobilitazione di tutte le forze, perché l'Europa sappia progredire nella ricerca della sua unità guardando, nello stesso tempo, "al di là dei propri confini e del proprio interesse" (Dichiarazione cit., n. 11). Potrà così contribuire a costruire un futuro di giustizia, di solidarietà e di pace per ogni nazione, abbattendo barriere e preconcetti etnici e culturali e superando le divisioni esistenti tra Occidente ed Oriente, tra Nord e Sud del pianeta.


GPII 1994 Insegnamenti